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TEORIE DELLA CRITICA LETTERARIA I metodi non debbono essere considerati procedure rigide; sono, piuttosto, ipotesi di lavoro, tutte da verificare e nel caso da modificare nel corpo a corpo con un determinato testo o gruppo di testi. CAP. 1 1.1 - Al di là della soglia Non necessariamente la teoria lavora in favore della critica; vi sono anche teorizzazioni sull’arte e la letteratura che tolgono terreno all’analisi critica, o ne limitano i poteri. PLATONE (428-348 a.c) si trovano le avvisaglie nella filosofia di Platone. Da un lato nella Repubblica Platone arriva al ripudio e quasi alla censura delle favole false dei poeti: non ad esse ma solo ad imitazioni che propongano buoni modelli sociali deve ispirarsi l’educazione nello stato ideale. Tuttavia Platone stesso aveva offerto una diversa soluzione tutta in favore della differenza inebriante dell’arte: nel dialogo intitolato Jone la poesia è un sacro furore( in greco mania) che apparenta il poeta a un essere divino. Egli è trascinato e alterato (è fuori di mente), il fuoco del suo animo è paragonato alla forza magnetica che tiene uniti gli anelli di una catena. Nozione di sublime gli spunti di Platone torneranno attivi nella nozione di sublime (oltre la soglia). L’arte ha qualcosa che oltrepassa il limite della ragione. L’anonimo trattatista Del Sublime (Pseudo Longino) pone i grandi autori al di sopra delle esistenze comuni in quanto fonti di travolgente entusiasmo. Come l’autore è un posseduto dalla divina ispirazione così l’ascoltatore è travolto dall’irresistibile signoria del suo empito. Il sublime mira all’esaltazione. Questa forza rapinosa può essere oggetto di studio e di insegnamento. Ma il commento agli autori dimostra sempre che la tecnica non basta. Nel greco dello Pseudo Longino il sublime suona Hypsos che significa vetta, altezza: in confronto alla quale il critico rimane sempre a un livello inferiore. EDMUND BURKE (1729-1797) la nozione di sublime la ritroveremo anche nell’inglese Edmund Burke autore di una inchiesta sul bello e il sublime. Il sublime è definito un potere che lungi dall’essere prodotto dai nostri ragionamenti li previene e ci spinge avanti con una forza irresistibile. Il sublime è distinto dal bello ma in entrambi la poesia deve fare impressione, provocare stupore; nel sublime ciò che conta è trasmettere 1

TEORIE DELLA CRITICA LETTERARIA

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TEORIE DELLA CRITICA LETTERARIAI metodi non debbono essere considerati procedure rigide; sono,piuttosto, ipotesi di lavoro, tutte da verificare e nel caso damodificare nel corpo a corpo con un determinato testo o gruppo ditesti.

CAP. 1 1.1 - Al di là della sogliaNon necessariamente la teoria lavora in favore della critica; visono anche teorizzazioni sull’arte e la letteratura che tolgonoterreno all’analisi critica, o ne limitano i poteri.

PLATONE (428-348 a.c) si trovano le avvisaglie nella filosofia diPlatone. Da un lato nella Repubblica Platone arriva al ripudio equasi alla censura delle favole false dei poeti: non ad esse ma soload imitazioni che propongano buoni modelli sociali deve ispirarsil’educazione nello stato ideale. Tuttavia Platone stesso avevaofferto una diversa soluzione tutta in favore della differenzainebriante dell’arte: nel dialogo intitolato Jone la poesia è unsacro furore( in greco mania) che apparenta il poeta a un esseredivino. Egli è trascinato e alterato (è fuori di mente), il fuocodel suo animo è paragonato alla forza magnetica che tiene unitigli anelli di una catena.Nozione di sublime gli spunti di Platone torneranno attivi nellanozione di sublime (oltre la soglia). L’arte ha qualcosa cheoltrepassa il limite della ragione. L’anonimo trattatista Del Sublime(Pseudo Longino) pone i grandi autori al di sopra delle esistenzecomuni in quanto fonti di travolgente entusiasmo. Come l’autore èun posseduto dalla divina ispirazione così l’ascoltatore ètravolto dall’irresistibile signoria del suo empito. Il sublimemira all’esaltazione. Questa forza rapinosa può essere oggetto distudio e di insegnamento. Ma il commento agli autori dimostrasempre che la tecnica non basta. Nel greco dello Pseudo Longino ilsublime suona Hypsos che significa vetta, altezza: in confrontoalla quale il critico rimane sempre a un livello inferiore.

EDMUND BURKE (1729-1797) la nozione di sublime la ritroveremoanche nell’inglese Edmund Burke autore di una inchiesta sul belloe il sublime. Il sublime è definito un potere che lungidall’essere prodotto dai nostri ragionamenti li previene e cispinge avanti con una forza irresistibile. Il sublime è distintodal bello ma in entrambi la poesia deve fare impressione,provocare stupore; nel sublime ciò che conta è trasmettere

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l’affezione fosse pure assente l’idea. I poeti continueranno adaver successo anche senza conoscenza critica. La dottrina deipiaceri guarda con sospetto l’attività che vaglia e esclude (laparola critica deriva dal greco krinein giudicare e separare).

THEOPHILE GAUTIER (1811-1872) per lui il critico non è altro cheuno scrittore fallito, uno a cui è mancato il fiato, il critico èun eunuco obbligato ad assistere ai sollazzi del padrone.

AI GIORNI NOSTRI è invalsa l’idea che la letteratura potrebbefare a meno di tramiti e andare direttamente al rapporto con illettore. Ancora di recente la critica è stata rimproverata diparassitismo.

1.2 – I modelli del dover essere (la forma–trattato)Per lungo tempo il trattato è stato la forma dominante dellariflessione sulla letteratura, configurando un’attività criticavista della costruzione di un modello. Nessun giudizio puòprescindere da un modello derivato dalle esperienze precedenti delcritico ma i modelli possono essere più o meno duttili e aperti.

ARISTOTELE (384-322 a.c.) il prototipo della forma-trattato po’essere visto nella Poetica di Aristotele. Egli considera laletteratura come un modo di rappresentazione. Si tratta sempre diimitazione mentre lo storico deve descrivere le cose realmenteaccadute il poeta deve occuparsi di quelle che possono accadere.Così come il verosimile artistico può convivere con il veroaltrettanto al suo interno sono distinguibili diversi generi. Differenza tra e Platone e Aristotele: Platone mimesi e diegesi.Aristotele estensione della mimesi. Aristotele estende lamimesi, come idea generale della rappresentazione a principiocomplessivo, e articola ulteriormente la riflessione sui generi,prendendo in considerazione oltre i modi i mezzi e soprattutto glioggetti (se le persone imitate sono nobili o ignobili).Quest’ultima alternativa vale a distinguere la tragedia che trattadi grandi uomini dalla commedia che basandosi su caratteripeggiori tocca argomenti bassi e triviali; così allo schemaclassificatorio si sovrappone una gerarchia di valori che vede latragedia alla sommità della scala. Nella Poetica il lavoro dispiegazione tecnica è sempre connesso all’attività giudicante.L’intenzione normativa rivolgerebbe il trattato in avanti verso leopere ancora da fare alle quali è indicato il cammino. Aristotelelega l’ideale della bellezza all’unità dell’opera come coerenza e

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commisurazione delle parti. La bellezza viene enunciata in terminidi organicità: l’opera deve avere la stessa armonia e proporzionedi un organismo vivente. Catarsi sulla questione dell’effetto Aristotele si differenzia daPlatone: la teoria della catarsi non coincide con quella dellamania. La tragedia mediante casi che suscitano pietà e terroreproduce purificazione (katharsis) di questo genere di passioni.Non si ha quindi uno scatenamento dell’emotività ma i sentimentiambivalenti da un lato di partecipazione (la pietà) dall’altro dirigetto (il terrore) suscitati dalla tragedia sono destinati avenire superati e chiarificati in una sorta di presa di coscienzacollettiva degli spettatori.

ORAZIO (65-8 a.c.) l’Arte Poetica di Orazio lascia più margini dilibertà. Fornisce dei consigli piuttosto che delle prescrizioni:la convenienza, l’equilibrio, la non-contraddizione. Orazio ponela funzione della poesia tra la piacevolezza e il valore educativoquindi tra l’utile e il piacevole.

I TRATTATISTI ITALIANI DEL ‘500 furono i principali eredi diAristotele. La Poetica venne rimessa in circolazione prima inversione latina poi nell’originale greco. Si irrigidirono alcuniaspetti ad esempio il criterio dell’unità fissato nelle tre unitàd’azione, di tempo e di luogo. La stessa catarsi venne intesa comepiacere mentale consona alla morale cristiana come purgazionedalle passioni perturbatrici quali l’ira, l’avarizia o lalussuria. Il principio dell’arte come imitazione era ripreso anchenel senso della esemplarità della tradizione classica assunta aguida del rinnovamento culturale. La ricerca sui generi si allargòanche a quelli non trattati da Aristotele come la satira ol’elegia.LODOVICO CASTELVETRO (1505-1571) fu il maggiore degliaristotelici del ‘500. In Castelvetro è assunta a fondamento unalogica della verosimiglianza per condurla alle estreme conseguenzesenza riguardo per nessun idolo. Il semplice verosimile naturaleviene integrato con il ragionevole e gli errori vengono rapportatial giovamento della costituzione della favola.Differenza con Platone in polemica con la concezione platonicadel furore viene esaltata l’autocoscienza.GIORDANO BRUNO (1548-1600) nel versante platonico dellatrattatistica si accentuava il grado di emanazione fantasticadella poesia e il suo valore di chiave esoterica del mondo. Brunone De gli eroici furori affermava che le regole derivavano dalla poesia e

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non si può quindi imporle. Contro la codificazione dei generiletterari ribatteva che ci sono tanti generi quanti poeti.

I TRATTATISTI DEL ‘600 si concentreranno sulla nozione diargutezza.In BALTASAR GRACIAN (1601-1658) autore del trattato L’acutezza e l’artedell’ingegno e in EMANUELE TESAURO (1592-1675) Il Cannocchiale Aristotelico c’èriferimento più all’Aristotele della Retorica che a quello della Poetica. Ilproblema non è più la verosimiglianza quanto l’abilità nell’insaporirecon trovate e soluzioni sempre più audaci, una verità di per sé cruda. Ibarocchi valutano al massimo l’invenzione e la novità. Come scriveGracian l’esito dell’ingegno è un miracolo frutto del sottile ragionare.Il testo rappresenta una sorta di banco di prova in cui l’autore èchiamato a distinguersi per finezza e sottigliezza. L’equilibrio è messoa dura prova e si può arrivare anche ad ammettere la contraddizione comepunto limite dell’ardimento. Il fine che si propongono i barocchi è disollecitare il destinatario con una continua stimolazione tenendolo insospeso per poi sorprenderlo con esiti inaspettati, da cui la meraviglia.NICOLAS BOILEAU (1636-1711) nell’Arte poetica riafferma il modellograziano. L’equilibrio, il giusto mezzo, la naturalezza e l’armoniavengono posti come valori alla luce del buon senso. Predica la chiarezzachiedendo al testo letterario di comunicare senza costringere il lettoread alcuna fatica secondo il valore della scorrevolezza. La razionalitàpropugnata da Boileau non si dimostra attraverso la costruzione di undover essere in sé coerente ma avallata dal rimando al pubblico. Porsi ilproblema del pubblico, di come tenerne desta l’attenzione indica che ilconsenso sui valori artistici va conquistato sul campo.

I TRATTATISTI DEL ‘700GIANVINCENZO GRAVINA (1664-1718) un valido esempio della forma-trattato è la sua Ragion Poetica. Poiché i modelli vanno desunti dagliantichi ma riadattati ai costumi attuali, diventa necessario l’excursusstorico sull’evoluzione dei generi. Poiché la verosimiglianza è dovutaall’incanto che fa prendere per vera la finzione poetica ecco allorachiamata in ballo l’interpretazione che individua sotto al falso il sensovero. Un’interpretazione che restava ancorata all’interno moraleggiantedi una utilità educativa. GOTTHOLD EPHRAIM LESSING nel Laocoonte il lavoro critico va al di ladelle regole e dei precetti. Il criterio classico dell’unità e dellaconvenienza veniva chiamato a confrontarsi con i problemidell’espressione di sentimenti forti come il dolore là dove il canonedella bellezza è messo a repentaglio sui confini del brutto o deldisgustoso. Non è più questione d imitazione piuttosto emergono problemidi datazione perché i rapporti tra gli oggetti critici prescelti non sonodi dipendenza passiva, ma di filiazione somigliante ma differente. IlLaocoonte è più un saggio che un trattato. Contempla divagazioni edigressioni. Quando all’inizio Lessing afferma di voler procedere

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liberamente a fissare sulla carta i suoi pensieri proprio nell’ordine incui si sono sviluppati siamo già entrati nella nuova costellazione dellacritica moderna.

1.3 - Alla ricerca del senso (la forma-commento) L’altro grande modo in cui fin dall’antichità si è esplicata l’attivitàcritica è stato il commento. Mentre la forma-trattato vuole averefunzione di guida, la forma-commento si mette al servizio del testo.Lavorando ai suoi margini e rendendolo più comprensibile, per avvicinarloal lettore e favorire, quindi, il trasferimento della tradizione.Annotazioni di fonte diversa possono convivere e svariare in molteplicidirezioni. Ai giorni nostri nella cosiddetta edizione critica assumeparticolare importanza il commento filologico puntato a stabilire lacorrettezza del testo e la successione dei suoi stati. La prima grandeimpresa filologica fu compiuta dagli alessandrini con la costituzionedefinitiva dei poemi omerici. Il compito del commento è che il gesto concui l’opera viene offerta al lettore comporta l’appianamento delledifficoltà, la risoluzione dei passi oscuri. Là dove il testo noncomunica immediatamente diventa necessaria l’interpretazione. Il nomeclassico dell’arte dell’interpretazione è ermeneutica. Gli antichilessero Omero mediante l’allegoria termine che indica il dire altro. Leassurdità del mito potevano essere intese come un meravigliosorivestimento di concetti morali. Nel medioevo l’interpretazione assumeràun prioritario ruolo culturale: nel cristianesimo la religione si fondasu un libro, la Sacra Scrittura, che parla per enigmi e parabole. Più chealla razionalizzazione del mito l’esegesi biblica tende ad accedere alsenso mistico, al mistero velato nella Parola. Occorre anche riconoscereall’esegesi una produttività inventiva che arrivò ad articolarsi nelladottrina dei 4 sensi: letterale, allegorico (un personaggio rappresentavauna virtù), morale (indicazione per il comportamento) e anagogico (unaproiezione nella prospettiva della storia della salvezza).

DANTE (1265-1321) adottò la dottrina dei 4 sensi soprattutto nellepagine del Convivio mediante l’autocommento che scrive a ridosso deipropri testi come integrazione e aiuto alla comprensione. Dante evidenziail di più di ragione che si ottiene spiegando il senso letterale in vistadel raggiungimento della verità allegorica nascosta sotto il manto dellefavole.

Questo tirar fuori qualcosa di profondo e di non immediatamente visibilenon è senza problemi: infatti una volta che si è perduta la certezza nelsenso immediatamente comunicato, sembra che nulla possa frenarel’arbitrarietà dell’interpretazione. Si può capire ciò che si vuole? Ilsospetto contenuto in questo interrogativo produrrà alle soglie dell’etàmoderna una divaricazione tra commento filologico e interpretazionecritica.

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BENEDETTO SPINOZA (1632-1677) nel suo Trattato teologico-politico sostiene chesi debba distinguere tra verità e senso letterale: è il secondo che puòessere stabilito, mentre riguardo alla prima bisogna lasciare a ognuno ildiritto di giudicare liberamente. Spinosa precisa anche alcuni criteri inbase ai quali elucidare il senso della Scrittura: l’uso della lingua, ilcontesto, la storia dei testi. Ciò che abbiano voluto significare iprofeti sono geroglifici in senso negativo perché il significato nonpossiamo dedurlo ma solo cercare di indovinarlo. È evidente che lapolemica di Spinosa riguarda il fissarsi autoritariodell’interpretazione. Restituisce all’interpreta la sua libertà.

DENIS DIDEROT (1713-1784) anche nella sua Lettera sui sordomutil’illuminista adotta il termine geroglifico, in chiave però positiva.Occorre cogliere quello spirito che anima e vivifica simultaneamentetutte le parti del testo, un tessuto di geroglifici ammucchiati gli unisugli altri che lo dipingono. Ogni poesia è emblematica. Il fatto chequesto livello di comprensione non sia concesso a tutti non toglie che ilnodo decisivo risieda nel geroglifico per quanto delicato e sottile essosia. Diderot ricorda il valore gestuale della comunicazione umana.

ERNST SCHLEIERMACHER (1768-1834) con la sua ermeneutica romantica,all’interpretazione riservata ai passi oscuri si sostituisce unainterpretazione dell’autore, riportando il testo alle caratteristichepsicologiche dello scrittore. Si parla di ermeneutica psicologica.

1.4 – La critica militante e il problema del gusto (le teorie del gusto)ORAZIO nell’Arte Poetica la figura del critico viene evocata control’invadenza e la presunzione dei cattivi poeti. Il poeta deve diventareun Aristarco (archetipo del giudice severo) nel correggere i dettagli. Lafunzione della critica nell’età classica è eminentemente emendatrice.

BOILEAU nell’Arte Poetica la critica si esprime ancora con consigli erimproveri, ma amplificando i toni dello scontro in quella che è ormai labattaglia letteraria.

SAVERIO BETTINELLI (1718-1808) passerà i moderni al vaglio degliantichi, immaginando Virgilio nelle vesti del critico esigente, nelle sueLettere Virgiliane si fa strada la coscienza che nessun modello vada preso inassoluto. Anzi proprio là dove incontra i grandi uomini la critica devefarsi attenta e non confondere la stima che si può provare.

JOSEPH ADDISON (1672-1719) il critico opera con nuovi strumenti. Ladiffusione dei giornali e delle riviste a sfondo culturale e letterariocome il suo The Spectator inglese riuscì a raggiungere un’alta tiraturarivolgendosi a una cerchia molto vasta, comprensiva delle famiglie e delpubblico femminile. La letteratura vi veniva trattata all’interno dellequestioni del costume e della moda, in un tono accattivante e ricreativo.

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Il critico del giornale lavora per guidare il lettore a delle giustescelte. Mentre il commentatore arriva dopo, a cose fatte, e iltrattatista si pone prima dando modelli da seguire, emerge nei primiperiodici letterari la figura di un critico che interagisce con i testiseguendo il farsi della letteratura in atto. Il modo con cui esso siafferma è ormai quello della critica militante. Addison rappresenta iltipo di critico che pretende autorevolezza proprio perché fuori dellamischia, si vuole neutrale spettatore. L’intervento periodico puòfavorire invece la presa di posizioneTale sarà il caso di due periodici in Italia tra loro rivali:GIUSPPE BARETTI (1719-1789) con la sua Frusta letteraria assume i panni diun nuovo Aristarco (anzi il suo alter ego fittizio è AristarcoScannabue). Baretti interpreta la funzione del critico, con un impegnonon arreso ai gusti prevalenti e pronto a schierarsi controcorrente. Ilbersaglio preferito della frusta è l’Arcadia. Contro la manierastereotipata Baretti si richiama ancora di più al buon gusto e al buonsenso. Il suo pregio sta nella straordinaria effervescenza stilistica.PIETRO VERRI (1728-1797) all’insegna della combattività si apriva IlCaffè animato da Verri insieme al fratello Alessandro e a CesareBeccarla. Il Caffè è una rivista di tendenza calata in un progetto dirisveglio intellettuale in cui viene contestato con decisione il valorenormativo dei precetti formali e dello stesso purismo linguistico. Verrisostiene che il critico non deve restringere la prospettiva appigliandosia qualche piccolo difetto ma deve intendere l’effetto d’insiemedell’opera.

Parallelamente all’emergere della critica militante si sviluppa ildibattito sul gusto.DAVID HUME (1711-1776) il filosofo scozzese con la sua Regola del gustomuove dalla constatazione della grande varietà dei gusti e afferma che labellezza che noi percepiamo non è una qualità inerente alle cose ma èlegata al nostro sguardo soggettivo. Essa esiste soltanto nella mente checontempla le cose ed ogni mente percepisce una bellezza diversa. Apartire dal fato empirico che alcune opere ricevono maggiori consensi esono oggetto di una durevole ammirazione, Hume propende a credere cheesista una struttura mentale che induce l’uomo a provare piacere peralcune qualità e dispiacere per altre.BURKE anche lui nel premettere alla sua Inchiesta sul bello e il sublime unsaggio Sul gusto, perveniva all’affermazione che le differenze dei giudizisono differenze di grado che dipendono dalle doti naturali edall’esercizio.Nella Critica del Giudizio di IMMANUEL KANT (1724-1804) poiché giudicarebello qualcosa significa accorgersi dell’accordo dell’oggetto con lenostre facoltà conoscitive, il giudizio rimanda a un senso comune e ciòrende lecita la speranza del consenso e dell’adesione altrui. Perciòsostiene Kant sul gusto non si può disputare ma si può legittimamentecontendere. Il gusto buono è per Kant quello disinteressato. Nel giudizio

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entrano in gioco l’immaginazione e il concetto. E l’esito è un aumento dicarica vitale, di animazione delle facoltà dell’uomo. La poesia è vistacome un’esibizione di un concetto, congiunta con la circolazione di unaquantità di altri pensieri, avente l’effetto di fortificare l’animo.Inoltre, riflettendo sul sublime, Kant mette in luce l’ambivalenza el’interconnessione delle reazioni di piacere e dispiacere, strappandocosì l’arte alla semplice degustazione del piacevole. Il sublime kantianoè stato collegato con la tensione interminabile dell’arte moderna. Kantsuggerisce alcune massime sul gusto: pensare da sé (e quindioriginalmente), pensare largo (nella prospettiva della comunità umana),pensare in modo da essere sempre in accordo con se stessi (in modoconseguente).

1.5 – La comprensione storica (il processo storico) La considerazione dell’origine storica dei testi porta a fissare losguardo sul processo dell’evoluzione.GIANBATTISTA VICO (1668-1744) con la Scienza Nuova è posto in luce ilcondizionamento della storia. Vico cerca di leggere lo sviluppo secondole fasi della vita umana La letteratura, o meglio la poesia, si trovacollocata in una delle fasi iniziali, nell’epoca cosiddetta eroica quandogli uomini in mancanza di categorie intellettuali utilizzavano le favole,i miti e le metafore. Una tale concezione ha il merito di riconoscerealla poesia il suo valore conoscitivo e la sua funzione sociale.

Nel ‘700 italiano vediamo nelle Lettere inglesi di Bettinelli che il ricorsoalla storia serve a giustificare gli addebiti rivolti ai grandi poeti delpassato, ad indicarne i limiti storici. (Imitare Dante, stigmatizzaBettinelli, sarebbe come voler tornare a vestirsi col cappuccio!)

JOHANN GOTTFRIED HERDER (1744-1803) nella sua filosofia lacollocazione dei prodotti culturali nella loro propria casellacronologica è l’indizio di un atteggiamento tollerante chetendenzialmente accoglie la validità di tutti i contributi portati alpatrimonio dell’umanità, nel corso del tempo. Di fronte a ciascuna epocaoccorre porsi non nella posizione del giudice che valuta il vantaggio olo svantaggio ma nell’immersione della simpatia. La storicità apre lastrada alla comprensione giustificativa. La storia si separa dalla critica? La storia letteraria è una brancadella storia o va compresa tra i generi della critica? Nel primo caso ilibri andrebbero trattati al pari dei fatti e degli eventi e quindiinventariati senza gerarchie di valore, sulla base della loro datiticronologica. Il secondo caso invece la storia letteraria verrà vista comeil culmine di una stagione culturale in cui la storia letteraria verràcondotta a concentrarsi sui testi rilevati dal giudizio estetico.

BERTOLT BRECHT (1898-1956) rapportare il testo alle tensioni storichesignifica non farsi illusioni circa il suo disinteresse; per quanto

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l’arte tenga spesso ad apparire superiore alle motivazioni di tipomateriale, è tuttavia lecito interrogarsi sull’interesse dell’arte. Ildrammaturgo tedesco suggerirà l’analisi degli scritti come funzionari daun punto di vista sociale per verificare quanto essi possano giocare indifesa di una certa cultura o avere influenza su determinati strati dellapopolazione e la misura in cui sono in grado di incidere sulla situazionesociale esistente.

CAP.22.1 – La svolta romantica: critica come partecipazioneCon il movimento romantico che nasce in Germania tra ‘700 e ‘800 siassiste a una svolta anche nel ruolo assegnato alla critica. In primoluogo è superata la nozione classica di imitazione: l’artista e loscrittore non dovranno più riprodurre il mondo esterno, ma esprimere unmondo interiore. Rappresentare non la realtà, ma l’idea. Rifiutate leregole, il raggiungimento del risultato artistico resta appannaggio dellagrande personalità: il genio. Di fronte all’opera del genio, la criticanon deve porsi a giudicare da fuori, ma deve entrare nell’opera econtribuire ai suoi effetti. L’immedesimazione e la commozione diventanocardini dell’approccio alla letteratura. Il tentativo di aderire allacostituzione profonda del testo dà inizio ala modernità.

FRIEDRICH SCHILLER (1759-1805) I punti chiave della posizioneromantica sono espressi dal suo saggio Sulla poesia ingenua e sentimentale. Laquestione principale che vi si apre è quella della discontinuità con latradizione: tra gli antichi e i moderni viene tracciato il solco di unadifferenza sostanziale nel modo di fare poesia. La causa di questomutamento è posta da Schiller nella separazione dalla natura. L’uomomoderno non vive in modo naturale e quindi deve cercare la natura fuoridi sé. La poesia sentimentale dei moderni è costretta ad andare allaricerca della naturalezza perduta e a riflettere sulla perdita stessa. Ilmoderno, poiché per lui il reale e l’ideale non possono coincidere, operasu un doppio livello facendo interagire la sensibilità e l’immaginazionedegli oggetti particolari con le idee generali della ragione. Schiller siadopera a suddividere la poesia sentimentale in disposizioni poetiche chediscendono dalla scissione tra reale e ideale: satira (quando l’ideale facontrasto con il reale e lo rende oggetto della sua avversione), elegia(quando c’è oscillazione tra la natura perduta e l’idealeirraggiungibile) e idillio (quando sia conseguito un accordo tale dariconciliare l’ideale e il reale). Schiller mette a confronto lo statod’animo dei moderni rispetto agli antichi. Non sceglie in favore delladinamicità tuttavia quando discorre dell’effetto poetico esprime leproprie notazioni positive in termini di tensione, potenza, forza,impulso, pathos. Bisogna distinguere all’interno del romanticismo due diverse linee:

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JOHANN WOLFGANG GOETHE (1749-1832) la prima linea è incarnata insiemeallo storicismo tollerante di Herder da Goethe secondo il quale lacritica produttiva deve entrare nelle ragioni dell’autore e domandasi checosa ha voluto fare l’autore. Goethe si pone dalla parte di un giudizioche propende al positivo. Egli arriverà a dire che si impara veramentequalcosa solo dai libri che non siamo capaci di giudicare. Dai suoi saggisi ricava anche un’attenuazione nel contrasto tra classicità e modernità.Egli salva la nozione classica dell’arte come imitazione della natura. AUGUST WILHELM SCHLEGEL (1767-1845) la seconda linea che approfondiscela contrapposizione tra classicismo e romanticismo viene da luisviluppata e l’applica in particolare all’evoluzione del dramma. Ilcarattere fondante del romantico sta nella eterogeneità econtraddittorietà degli elementi dell’opera artistica; alla perfezione eall’unità degli antichi, i moderni sostituiscono il valore dellamescolanza e dell’antitesi. Schlegel definisce la poesia romantica unapoesia sempre in divenire, un’attiva tendenza alla sintesi che devetenere insieme poesia e prosa, genialità e critica. Il romantico qui nonè sinonimo di una pura effusione d’affetto ma piuttosto prevedel’intervento decisivo della riflessione. La prospettiva della criticaschlegeliana è quella dello scavo in profondità alla ricerca di un sensoche non appare immediatamente. Da un lato dovrà procedere con lentezza,nelle minime pieghe del testo, all’analisi costante del particolare;dall’altro lato dovrà essere pronto a cogliere con un rapido colpod’occhio il nucleo centrale. Per comprendere veramente un’opera ènecessario ricostruirla nelle parti che la compongono in modo da scoprireed evidenziare il suo carattere peculiare. Il giudizio comporta il fattoche il critico capisca l’autore meglio di quanto l’autore non abbiacapito se stesso, ma per poterlo fare è necessario essere riusciti acapire il modo in cui l’autore capiva se stesso. La critica sarebbe losviluppo dell’autocomprensione dell’autore.Vicino a queste ipotesi è NOVALIS (1772-1801) la critica è per lui ilprolungamento produttivo dell’opera: il vero lettore deve essere l’autoreampliato. Novalis ragiona in termini di strategia e di fisiologia. Nondeve stupire il paragone che lui fa tra l’attività del critico e quelladel medico: il critico tradizionale, che segnala i difetti e lemanchevolezze dell’opera, è come un medico che si limitasse a scoprire lamalattia e a divulgarla con gioia maligna invece di cercare di migliorarela disposizione malferma. Notevole anche l’allusione a un sensofisiognomico del testo: come i tratti di un viso ne esprimono ilcarattere, così il linguaggio è espressione delle idee. Ma la ricerca delsenso, l’interpretazione, è qui qualcosa che ha a che fare conl’eccitazione e la stimolazione delle energie.

In Europa dopo la Restaurazione i valori che prevarranno sono quellidella spontaneità, dello stato emotivo diretto soprattutto al cuore, delsublime tradotto in facile empito e rivolto a un pubblico popolare. Dove

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prevale il patetico la riflessione critica non ha granchè luogo aprocedere.

Al passo con la concezione produttiva dei primi romantici ci sarà:SAMUEL COLERIDGE (1772-1834) secondo lui il genio non è una forzaspontanea della natura né un automa passivamente in preda a raptus chevede in esso invece l’unione del poeta e del filosofo. Il poeta è coluiche mette in attività tutta l’anima dell’uomo.

Più vicino alla linea irrazionalistica platonica appare:PERCY BYSSHE SHELLEY (1792-1822) con la sua Difesa della poesia anche sevede la poesia come ampliamento spirituale verso una serie dicombinazioni insospettate di pensiero preferisce lo strumento principeper il carattere istintivo della facoltà poetica inconsapevole etrasfigurante. MADAME DE STAEL (1766-1817) appiattì le indicazioni dei tedeschiprivilegiando l’aspetto affettivo. Comprendere gli autori equivale aentrare in comunione con il loro stato psicologico e con il loro sensoreligioso. Ma per esprimere il mistero della bellezza non ci sono parole.

Il romanticismo in Italia la naturale esigenza di una letteratura adattaai nuovi tempi trovava risposta nelle nozioni assai adattabili ancora unavolta al patetico.

Più interessante risulta essere il confronto tra ALESSANDRO MANZONI(1785-1873) e GIACOMO LEOPARDI (1798-1837). Sia Manzoni che Leopardiritengono decisivo giudicare l’effetto della poesia. Manzoni al fine digiustificare l’impiego della verità storica nella tragedia sostiene che ifatti reali suscitano in noi un più forte interesse, un’attrazione piùviva, infine una maggiore simpatia per i personaggi del dramma. Ladiscussione sulle unità aristoteliche viene risolta dal Manzoni con ilrifiuto delle regole e la rivendicazione della libertà dell’artista, chedeve attenersi soltanto al soggetto che si è scelto, trattandolo in mododa incidere con la massima potenza al punto da gettare gli uomini fuoridi se stessi. Leopardi valuta la poesia secondo la capacità di suscitarel’interesse. DIFFERENZE TRA MANZONI E LEOPARDI: In Manzoni c’è una sorta disvuotamento (il destinatario è trasportato fuori di sé) in Leopardi unriempimento delle facoltà umane. Manzoni modella la sua teoria su unacatarsi rivolta verso uno scopo morale; per Leopardi l’effetto riguardala sensibilità e la vitalità in modo quasi fisico. Mentre in Manzoni lepassioni vengono sollevate per mostrare come la forza morale possariuscire a dominarle. In Leopardi il valore classico dell’unitàdell’opera è superato dal valore del movimento e del contrasto. Manzonidà ai problemi sollevati dal romanticismo la soluzione più tradizionalementre Leopardi risulta il più affine alla concezione dinamica propriadella linea Schiller-Schlegel-Novalis.

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2.2 – letteratura e storiaLa nozione della critica come partecipazione spingeva a prendere in esameanche il momento temporale in cui ciascuna opera era stata pensata eprodotta. Prima le indicazioni sul clima e sull’ambiente geografico poitroverà sempre più spazio il disegno della natura dei tempi con riguardoalla vita sociale. Ripercorrere le tappe della storia letterarianazionale era evidentemente un modo per risvegliare la coscienza unitariadella nazione. Non bisogna dimenticare l’interesse del romanticismo perle origini.

UGO FOSCOLO (1778-1827) in questa prospettiva cade ad esempio il viesorto alle storie di Foscolo del quale è utile tener presente l’esigenza diun libro che da un lato spieghi le cause della decadenza dell’utileletteratura e dall’altro non si astenga dal giudizio sugli autoriintervenendo più nel merito che nel numero degli scrittori. Perché quitocchiamo alcuni problemi di rilievo: l’esigenza di una linea storica chemetta ordine nei fatti e il superamento di una storiografia meramentecompilativi. Ci sono 2 rischi: il rischio di imporre alla storia unmodello di evoluzione ideale aprioristico e il rischio di ridursi a unpellegrinaggio tra i capolavori.

Anche per HEGEL l’arte nel suo complesso rappresenta una fase nella vitadello spirito umano destinata ad essere superata nel progresso verso ilcompimento dello Spirito assoluto. Nei gradi di questo progresso l’artedeve cedere il passo alla religione e alla filosofia. È la mortedell’arte. L’arte ha cessato di essere il bisogno supremo dello spirito.La storicità ha il cammino segnato: le fasi devono esattamente derivaredal dispiegamento delle potenzialità insite nell’idea. Le fasi sono 3: lafase iniziale (l’arte simbolica dell’Oriente e dell’antico Egitto)sarebbe caratterizzata dal prevalere della forma; la fase centrale(l’arte classica greco-romana) dall’armonia e dalla mediazione tra i duetermini; la terza e ultima fase (l’arte romantica, che in Hegel vienegeneralizzata a coprire tutta la produzione artistica dopo l’avvento delcristianesimo) dal prevalere del contenuto.

FRANCESCO DE SANCTIS (1817-1883) riflettendo sulla storiografiaprecedente non troverà accettabili né le idee preconcette di chi hagiudicato tutto già in partenza né l’aggregazione estemporanea di uninforme compilazione piena di lacune e di prestiti e giudizi superficialie frettolosi e partigiani. De Sanctis riuscì a rendere ricco di contrastie denso di spessore teorico il tracciato delle grandi linee della stria enello stesso tempo a mantenerlo aperto ai risultati dell’indagineempirica. Nella parte conclusiva della sua Storia propone di unire le duetendenze, quella ideal e quella storica , speculazione e investigazione,costruzione mentale e ricerca concreta. De Sanctis subisce l’influssohegeliano ma ne ribalta il modo di procedere:<non è la storia ad

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adattarsi allo svolgersi dell’idea, ma l’idea a estrinsecarsi secondo lecondizioni poste dalla situazione storica. Il suo disegno storico metteal centro soprattutto il problema del cambiamento culturale, dellaelaborazione di una nuova cultura. Finchè questa nuova cultura nonappare, la letteratura non riesce a compiere nessuna svolta decisiva.Perché l’arte è un fatto sociale, un risultato della cultura della vitanazionale. Perciò, alle spalle dello storico che colloca gli autorisecondo la posizione che hanno avuto nello sviluppo evolutivo, devesempre agire il critico con il suo giudizio di valore. La genesidell’opera è lo sviluppo organico, naturale, vivo, di un certo contenutoin una certa forma. Mentre lo storico ha modo di apprezzare molti autoriil critico è quasi sempre insoddisfatto per via degli ostacoli di naturastorica che hanno impedito la riuscita perfetta. Lo sviluppo culturale equello delle tecniche letterarie trovano il loro punto di confluenzanella personalità dell’autore. Essa diventa centrale nella Storiadesanctiana e lo stesso giudizio critico il più delle volte consiste nelvedere quale ruolo vi prevale: se l’uomo (quando il nuovo contenuto vienecolto ma rimane grezzo e non realizzato), l’artista (quando lo scrittoreraggiunge l’armonia ma la applica dall’esterno) o il poeta (è loscrittore capace di trovare l’unità e la compenetrazione tra forma econtenuto). Permane l’idea dell’organicità formale ma ciò che fa vivere esviluppare il contenuto non è soltanto la carica emotiva, il sentimento.Quando il sentimentale prende tutto il campo e detta legge addirittura adun genere in tale ripiegamento interiore diventa impossibile raggiungerela cosa. Se la base del poeta è l’uomo nel contenuto devono intervenirecon forza tutti gli aspetti della personalità, non solo della vitaintellettuale ma anche della vita attiva. La base del contenuto è moralee politica. L’entusiasmo che il critico apprezza negli autori sitrasmette alla sua stessa scrittura. Il suo interesse per la personalitàdell’autore arriva a personificare l’autore stesso e a chiamarlo in causadirettamente facendolo dialogare con l’epoca attuale. L’uso del tu tendea coinvolgere il lettore nell’attraversamento delle opere. I giudiziemessi da De Sanctis sono legati a un certo gusto e i suoi criteri nonmancano di legami con le concezioni romantiche e idealistiche. Ma ci sonoalcuni aspetti che rendono questo tentativo di storia letteraria tuttoramolto interessante: come mette in luce le linee dell’evoluzione nellaloro parabola ma anche nel loro intreccio sottolineando attraverso unaserie di confronti le diverse vie praticabili e i loro contrappostirisvolti culturali. Ma soprattutto per la capacità di richiamare lastoria sociale non giustapponendola meccanicamente alle opere, maamalgamandola strettamente alla valutazione dei testi entrando e uscendodalla sfera letteraria secondo le necessità del proprio discorso.

Critica russa:VISSARION BELINSKIJ (1810-1848) andò legando sempre più la proprialettura dei testi con il livello generale della situazione sociale estorica. Considera i testi letterari sempre immersi nella vita pubblica.

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In questa ottica quelli che esteticamente sarebbero difetti potrannoapparire addirittura pregi. L’arte esprime la società e ne tratteggia ilquadro fedele. Lo sguardo critico di Belinskij anticipa il realismo.

NIKOLAJ DOBROLJUBOV (1836-1861) con lui la letteratura continuerà adessere collegata alla vita reale. Egli comincia a porsi il problema dellapoliticità del testo. Sostiene che non è necessariamente compitodell’autore dare oltre al problema anche la soluzione. Il critico inquesta prospettiva non è tanto il giudice dell’opera quanto l’avvocatoche ne perora la causa. Il miglior metodo critico è quello che lascia allettore la possibilità di pervenire alla sua conclusione da solo.

2.3 – Sull’esempio della scienzaA ‘800 inoltrato una sorta di sindrome scientifica si propaga per tutti irami del sapere letterario. A un ideale di scientificità si ispira tuttauna serie di ricerche: edizioni critiche, studi sulla fortuna ediffusione degli autori. Senza nulla togliere al sorriso della bellezzal’esame minuto dei dati e la soluzione su base empirica dei singoliproblemi producevano opere di gran mole.

ALESSANDRO D’ANCONA (1835-1914) sostiene che la “tela” deve esseretessuta mettendo in ordine i fatti senza voli ambiziosi.

HIPPOLYTE TAINE (1828-1893) con la sua Filosofia dell’arte si pone davantialle opere come a dei fatti dei quali è necessario indagare le cause. Laprima mossa è quella della contestualizzazione storica a partire dalpresupposto che l’opera non è isolata ma sta in relazione alle altreopere dell’autore, a quelle della sua scuola, alla cultura e al gusto diun’epoca e può essere spiegata solo rifacendosi all’insieme da cuidipende. Per comprenderla esattamente dobbiamo avere un’idea dello statogenerale dello spirito e dei costumi del suo tempo che ne sono la causaprincipale. La scienza non condanna né perdona: constata e spiega. Lecreazioni dell’immaginazione umana devono trovare tutta la lorogiustificazione e il loro posto e Taine dice che la prima operazionedello storico nel mettersi nei panni delle epoche passate non può nonessere un moto di simpatia. Il giudizio di valore è recuperato da Taineaffermando che gli stessi caratteri naturali possono essere ordinatigerarchicamente; alcuni sono più notevoli e più dominanti di altri. Leopere vanno valutate secondo i caratteri che esse principalmenteadottano. Taine offre 3 scale di riferimento: l’importanza (la prioritàal carattere che ha la maggiore invariabilità nel tempo), l’utilitàmorale dei caratteri distinguendo tra salutari e nocivi e la combinazionedegli elementi nell’opera e gli effetti dello stile. Il criterio dettodella convergenza degli effetti tiene parecchio del vecchio idealeclassico dell’unità dell’opera e della simmetria delle sue parti.

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FERDINAND BRUNETIERE (1849-1906) un altro tentativo di avvicinarescientificamente i fenomeni letterari è quello compiuto da lui. Ilmodello scientifico è ripreso dalla teoria dell’evoluzione della speciedi Darwin. Si tratta di una prospettiva storica ma essa pare piuttostosvolgersi all’interno dell’orizzonte letterario. Rispetto a Taine quidiventa più importante trovare il posto adeguato per l’opera nella catenaevolutiva che non trovare il modello umano cui è riferibile. Le cause cuimaggiormente si attiene sono di natura endogena, risiedono nella vita deigeneri. Il critico francese vede nella fissazione un fatto positivo. Ilmomento migliore nell’evoluzione sarà infatti quello in cui il genererealizza se stesso fino alla pienezza e perfezione dei propri mezzi.L’imperativo “a classificare” non impedisce di giudicare. Come già inTaine le premesse scientifiche si piegano a ospitare il giudizio, cheanzi Brunetiere ritiene fondamentale e vorrebbe fondato oggettivamente.

PAUL BOURGET (1852-1935) nei suoi saggi seppur in modo generico sievidenzia un atteggiamento osservatore. L’analisi mette a fuoco icontemporanei e vi legge lo stigma negativo dei comportamenti moderni.Valutando gli intrecci delle singolarità psicologiche con l’atmosferamorale dell’epoca. Queste ricerche preparano il terreno in cui sisvilupperà il successivo filone della critica psicoanalitica.

ALEKSANDR VESELOVSKIJ (1838-1906) è sua una delle posizioni piùinteressanti generate dallo scientismo ottocentesco. In polemica con ifrancesi lamenta che il metodo delle ricerche storiche spesso prende unpo’ come capita gli elementi sociali o psicologici che si trovasottomano, risolvendo poi i problemi dello sviluppo storico conl’apparizione del grande uomo cui l’ambiente finisce per fare da sfondo oda piedistallo. Invece il metodo comparativo che propone procede medianteil confronto di molte serie di fenomeni. Emergono delle sorprendentisomiglianze tra opere distanti nello spazio o nel tempo. Come nellinguaggio noi adattiamo alle nostre esigenze una lingua che troviamo giàfatta, così gli scrittori utilizzano forme preesistenti depositate nellatradizione. Alla sua teoria dà il nome di Poetica storica. Poetica perchéal modo di quella aristotelica riscontra alla base della letteratura deimodelli costanti. Storica perché vede nella storia extraletteraria lamolla della trasformazione e della reinvenzione delle forme. Le formecostituiscono un serbatoio stabile al quale i contenuti che emergonostoricamente possono attingere. Ciò che accomuna opere di generi, diculture e di epoche diverse è la somiglianza di certi schemi d’azione cheVeselovskij chiama intrecci. Egli propone di distinguere motivi eintrecci. Per motivi si intendono le formule che l’immaginario degliuomini elabora in risposta ai problemi della vita. Di fronte al sorgeredi nuove esigenze le formule diventano più complesse e si combinano negliintrecci. Sono le forze storiche che decretano la ripresa e ilrinnovamento dei vecchi intrecci facendo irrompere in essi dei nuovimotivi.

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2.4 – Impressionismo ed eclettismoL’esercizio del mestiere del critico accademico conservava il potere dicolui che dispensa posti agli autori facendoli entrare nella storia.Dall’altro lato il critico giornalista fungeva invece da consiglierepubblico a indirizzare i lettori. In entrambi i casi diventa decisival’autorità di colui che assurge ad arbitro del gusto. La criticaimpressionistica che si diffonde nell’800 consiste nel rendere normativoil risultato dell’incontro con il testo. Il critico dà conto deglieffetti che il testo provoca su di lui e da conto che il piacere o ildispiacere che egli ha avvertito debba essere provato anche dagli altri.Nel comunicare le proprie impressioni il critico ricorre ad una scritturache a sua volta deve imprimersi e imporsi all’attenzione deldestinatario. Le principali mosse retoriche sono l’evocazione con cuiviene resa presente in modo vivace la scena o l’ambiente dell’opera. Ilparagone con cui il comportamento dell’autore è colto attraversoun’immagine e l’intervento personale in cui l’io del critico si fa avantia raccontare le circostanze che hanno accompagnato la sua lettura.

CHARLES BAUDELAIRE (1821-1867) considera il poeta il migliore di tuttii critici. Al critico viene richiesta una capacità creativa analoga aquella dello scrittore.

OSCAR WILDE (1854-1900) nel suo Il critico come artista la critica èriscattata dalla concezione comune che la vuole subalterna all’opera ericeve essa stessa il rango di creazione. Per lui si tratta di unacreazione entro una creazione. La critica può considerarsi indipendentedall’opera. Un critico artista di questo genere non si applica allaspiegazione quanto piuttosto a fare più intenso il mistero. Sua dote nonsarà affatto il rigore ma il temperamento. La critica con la c maiuscolaprende il ruolo di guida e coincide infine con lo Spirito del mondo.

CHARLES-AUGUSTINE SAINTE-BEUVE (1804-1869) è il più importanterappresentante della critica giornalistica, soprattutto per rubricasettimanale. Egli eccelle nella conversazione critica, cioè un discorsolibero di toccare vari livelli e di servirsi di disparati apportimetodologici. Il suo approccio procede all’insegna dell’eclettismo. Muovealla ricostruzione dell’epoca, dell’ambiente, della cerchia in cui è natoogni autore focalizzando il suo interesse sulla persona dello scrittore.L’atteggiamento scientifico e non giudicante deve portare a conoscere unuomo. Per questo versante la critica va a coniugarsi strettamente con labiografia. In quella che egli chiama la critica fisiologica èl’individuo-talento a finire al centro del quadro. La forma prediletta dalui è il ritratto letterario. Il critico biografo deve raffigurare ilgenio nella sua posa dei giorni migliori. Significa dare le sembianzefisiche dell’autore. Il critico deve trasferirsi nel suo autore come unasorta di metamorfosi arrivando quasi a identificarsi e a convivere con

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lui. Sainte-Beuve contempera e usa con moderazione criteri diversi. Passadall’erudizione all’impressione, dalla storia alla psicologia, dallaclassificazione alla valutazione. In lui, versatile poligrafo, la criticagiornalistica finisce per accordarsi con la critica accademica.L’interesse per la nascita di nuovi talenti non configge con la funzioneprofessorale di vegliare sul mantenimento della tradizione.

GIOSUE’ CARDUCCI (1835-1907) in Italia sarà lui ad assommare in sé lefigure del poeta-critico e del critico-professore. Carducci non sisottrarrà al dettaglio delle ricerche erudite e la raccolta deimateriali. Il valore poesia rimane al di là dell’erudizione.

A cavallo tra biografia, storia e partecipazione si muove il danese:GEORG BRANDES (1842-1927) delle sue opere si ricorda l’allargamentofuori dei confini nazionali, verso la letteratura europea, e ilragionare per linee di tendenza raggruppando gli autori nelle correntiprincipali.

Vicino a Sainte-Beuve è l’americano:HENRY JAMES (1843-1916) noto come narratore ma attivo anche comecritico sul suo terreno preferito, cioè l’arte del romanzo, intende lafunzione del critico come aiuto ravvicinato al lavoro dell’autore: lacritica va esercitata con rispetto e addirittura con tenerezza. Occorreproiettarsi ed immergersi nel testo. L’autore va assimilato intimamente ecompreso nella sua concezione di fondo, nel suo progetto. A ciòconcorrono sia le indicazioni biografiche che le immagini. Particolari iparagoni zoomorfi utilizzati da James. L’aspetto interessante della suacritica è la distinzione tra soggetto ed esecuzione per cui invece digiudicare della moralità o meno del soggetto si tratta di rendersi contodelle difficoltà superate per realizzarlo.

2.5 – L’apprezzamento esteticoL’età moderna è caratterizzata anche dall’affermarsi dell’estetica. Sullato dell’estetismo non mancano posizioni ricche di risvoltiproblematici.

EDGAR ALLAN POE (1809-1849) nei suoi scritti circola un’idea dibellezza con la maiuscola come avvicinamento a un’essenza metafisica chenon si può cogliere in poesia che per brevi indistinti barlumi. Getta lebasi del simbolismo. Ma poiché la bellezza tende a coniugarsi conl’originalità bisogna considerare la tecnica che ha analizzato nelcommento nella sua Filosofia della composizione.

BAUDELAIRE afferma che il bello è sempre bizzarro. Non più un idealeeterno ma mosso dalla contraddizione, in quanto aperto al relativo, altranseunte, alla rapida trasformazione della modernità: una bellezza chefa i conti con la contingenza e la storicità.

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WALTER PATER (1839-1894) per lui essenziale non è solo avvertire labellezza ma anche spiegare e analizzare l’impressione ricevuta.L’apprezzamento dei punti elevati, dei vertici, dei momenti eletti,conduce al collegamento extrastorico tra gli artisti di genio, tuttiugualmente ospiti nella casa della bellezza e tuttavia ciascuno secondoil proprio modo. La bellezza è relativa e non se ne può dare unadefinizione astratta. Il fascino è qualcosa di peculiare, l’incanto èunico, la bellezza singolare. Pater ricorre alla biografia.

Il principale problema è come rapportare la sfera estetica agli altrisettori dell’analisi filosofica. Sul posizionamento dell’esteticaall’interno dell’elevazione dello Spirito i filosofi dell’idealismodivergono: SCHELLING le dà il rango principale. Le attribuisce ilpotere di risolvere con l’intuizione ogni contraddizione, nell’identitàdi una infinita armonia. mentre HEGEL ne fa un grado inferiore. La perfetta trasparenzadell’interno nell’esterno si riscontra soltanto nell’arte classica. Ildinamismo del libero gioco delle facoltà, che c’era nell’esteticakantiana non si ritrova nell’estetica schellinghiana. Neppurenell’estetica hegeliana da cui, invece, si sviluppa un tipo di criticatesa a fissarsi sull’idea contenuta nell’opera, accreditando ilcontenutismo.

ARTHUR SCHOPENHAUER (1788-1860) considera l’arte come un’intuizionecontemplativa che astrae l’uomo dalla sua vita abitudinaria dove egli ètrascinato dalla cieca volontà di vivere. Dunque l’arte poiché riesce aliberarci dalla schiavitù del volere è un conforto che fa dimenticareanche se solo momentaneamente i travagli della vita.

FRIEDRICH NIETZSCHE (1844-1900) la bellezza estetica serve a renderetollerabile il peso dell’esistenza. La bellezza è un trucco della forzaprimordiale per consentire alla vita di continuare. Egli propose diabbandonare la figura del critico erudito per passare alla figuradell’ascoltatore estetico.

BENEDETTO CROCE (1866-1952) a partire dalla Estetica egli lavora asuddividere l’attività dello Spirito in diversi ambiti: l’esteticarisulta così separata dal pensiero concettuale, come la sfera economico-pratica da quella della morale. Secondo la dialettica dei distinti l’arteviene distinta dalla logica: essa è conoscenza, ma conoscenza pre-logica,intuitiva, che non adopera concetti bensì immagini. L’arte è intuizione.Croce terrà costantemente a escludere dal bello i livelli di riflessionepiù elaborata e paradossalmente un sistema di pensiero verrà messo inopera per recuperare la posizione del lettore ingenuo. Croce vedenell’intuizione qualcosa di già pacificato. Il sentimento contemplato èdestinato a essere risolto e sperato per virtù dell’arte. L’intuizione

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artistica è un momento superiore alla semplice percezione e sensazione.L’intuizione valida è quella già corredata della sua espressione quindigià in qualche modo formata. Per Croce non è un processo che porti dalcontenuto alla forma ma i due aspetti debbono emergere insieme.L’estetica crociata perviene al privilegiamento della forma ma loscrittore non deve andare per nulla alla ricerca della forma migliore.L’espressione non può essere trovata già pronta in regole prefissate. Dalpunto di vista crociano l’estetica non può giovarsi di alcun metodocomparativo: i paragoni tra due artisti diversi danneggiano l’uno el’altro. Croce ad escludere molti dei modi di approccio al testo che sierano imposti nell’800. non ammette la spiegazione attraverso le causeesterne. L’opera letteraria non può essere riassorbita nella storiaperché le intenzioni dichiarate dell’autore non sono ritenute sufficientiin quanto l’intuizione è al di là della consapevolezza. Anche i ponti tracritica e biografia risultano tagliati. Croce riduce l’importanzadell’erudizione. Nell’estetica l’unica soluzione possibile sembra quelladella compartecipazione. Non resta che ricreare l’opera in noi. Il metodocritico proposto da Croce coinciderebbe con l’immedesimazione fino allastretta identità. Eppure nemmeno in questa forma il movimento dellacomprensione perde di mira il giudizio. La critica che Croce deriva dalleproprie convinzioni estetiche è sempre volta all’apprezzamento. Percontrassegnare il valore artistico Croce sceglierà il termine poesiadivenendo sinonimo di bello. Con la Poesia Croce riesce ad articolaremaggiormente l’operazione critica. Accanto al bello è possibilerintracciare il caratteristico cioè quel motivo generatore che permettedi definire lo stato d’animo fondamentale di ciascun autore. Nella Poesiaviene puntualizzata la connessione tra estetica e storia. Ciò noncomporta però né la spiegazione dell’arte attraverso i mutamenti socialiné la sua connessione con la sfera pratica. L’unico orizzonte storicoconcepibile è quello di una comunione eterna delle opere belle. Laposizione di Croce fu a lungo egemone in Italia e non senza influssi sulresto d’Europa. Certo, i seguaci di Croce resero più elastico il suometodo o ritornando all’arte come sentimento o puntando sulladegustazione di singoli frammenti avulsi dall’insieme.

2.6 – La transizione del primo novecentoGUSTAVE LANSON (1857-1934) l’erudizione, le cognizioni esatte epositive sono fondamentali ma il fine ultimo è aiutare la comprensione eil godimento dei testi.

KARL VOSSLER (1872-1949) nei suoi scritti ecco che si affaccia lanozione di stile.

RENATO SERRA (1884-1915) e GIOVANNI BOINE (1887-1917) portaronol’impressionismo critico alle estreme conseguenze ma con soluzioni permolti versi opposte.

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SERRA arrivò a seguire le impressioni fino al vero e proprio raccontodella lettura. Egli porta attenzione a tutta una serie di datisull’autore e sui suoi luoghi prediletti. Come avveniva nel precedentecaso dell’eclettismo di Sainte-Beuve, Serra non avverte contrasto:infatti per lui le impressioni stesse sono fatti né più né meno che idati biografici. Ad essere esclusa è semmai l’emissione del giudizio, equesta è una distinzione con Croce. Proprio per non prevaricare l’opera,Serra le offre molto spazio attraverso l’abbondanza di citazioni dirette.E non volendo apparire un giudizio esterno, si attesta spesso sulrilevamento degli effetti prodotti dal testo. Il metro del valore non èil bello definito filosoficamente come per Croce ma l’incanto che l’operaha saputo creare catturando il lettore. Un altro termine che Serra usacome contrassegno positivo è la felicità. Felice è sia il risultatoconseguito dall’opera sia lo stato che essa procura. La differenza daCroce su questo punto si riduce di molto: l’ideale di Serra è unaletteratura improntata alla sobrietà felice dei classici e alla civiltà.BOINE risulta per molti aspetti il contrario di Serra. Per Boine ilgiudizio è essenziale a costo di esercitarlo in maniera drastica. Quelladi Boine vuole essere una nuova frusta letteraria ed infatti l’AristarcoScannabue di Baretti viene rievocato espressamente. Una frusta che siesercita soprattutto sulla narrativa commerciale ma anche sulla poesia dimaniera. Il rifiuto viene formulato portando all’eccesso lapersonalizzazione del discorso propria della critica impressionistica.Con Croce Boine intrattenne una dura polemica sulle pagine della rivistafiorentina “La Voce”. Contro Croce Boine propone di sostituire cometermine della valutazione positiva al bello il grande. Boine va allaricerca dell’uomo e non del poeta. Ma il riferimento all’uomo non finiscein un sereno biografismo, piuttosto a Boine interessano il travagliointerno della personalità e il dissidio che rompe la sublimazione evitalizia i morti schemi letterari. L’ipotesi di scrittura che Boine comecritico rintraccia riceve il nome di lirica. Ma in un senso molto diversodall’uso fattone da Croce. In Serra la presa del testo è considerata allastregua di un magico incantesimo al quale ci si deve abbandonare. InBoine invece il rapporto è visto come una scossa, un urto.

ALBERT THIBAUDET (1874-1936) ribalta la critica fisiologica di Sainte-Beuve proponendo la sua Filosofia della critica, articolata nei tre ramidella critica professionelle, parlée e d’artiste. Sia la criticauniversitaria che quella svolta sulla stampa hanno per compitol’inventario; solo che l’una lo espleta sul passato l’altra sul presente.La critica giornalistica a sua volta è il punto alto di quella criticaparlée. I diversi tipi di critica inquadrano competenze diversificate masecondo lui non mancano di relazioni ed è anzi utile la loro correzionereciproca.

PAUL VALERY (1871-1945) è un lettore molto attento a ricostruirel’interiorità dell’autore. Ma ciò lo porta a contestare la validità della

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critica biografica poiché i fatti esterni non hanno nessun necessarioriferimento al lavorio mentale che produce l’opera. Con la sua concezionedella poesia come arte del linguaggio, pendolarmente oscillante tra suonoe senso, Valere consegna al futuro strutturalismo il problema delrapporto tra significante e significato. È posto così il problema dellalibertà dell’interpretazione. Il poeta francese si esprime contro lapassività nella lettura.

THOMAS STEARNS ELIOT (1888-1965) secondo lui la poesia contiene già alsuo interno il germe del lavoro critico e nondimeno il critico deve avereun senso fattuale estremamente sviluppato. Gli strumenti principali sonosoprattutto l’analisi e il confronto. L’importanza della prospettivastorica è che il presente può essere compreso solo rispetto al passato.

VIRGINIA WOOLF (1882-1941) la polemica riguarda il fatto che le donnevengono scarsamente considerate nel mondo letterario e in partenza hannomolte meno possibilità di accedere alla scrittura. Quando la Woolf sioccupa delle scrittici può prevalere l’interesse biografico e campeggiarela ricostruzione della figura autoriale. Oppure l’uso dell’immaginazioneper entrare nelle vicende come se si partecipasse ad esse. O ancoral’impiego di metafore vivide. La Woolf vorrebbe calarsi nel lettorecomune e tuttavia continua ad affidare al critico di professione uncompito di supporto e di stimolo, non di autorità, ma di aiuto aspecificare meglio le impressioni confuse della lettura. Di fattol’atteggiamento di simpatia e di adesione non è sufficiente: la lottacontro i pregiudizi e le emarginazioni ha bisogno anche di un momentogiudicante. La Woolf consiglia di non esitare al giudizio più severo.

CAP.33.1 – L’apporto della linguisticaFERDINAND DE SAUSSURE (1857-1913) ha chiarito 3 distinzioni:

1. i termini significante e significato si individuano i duelivelli su cui si impegneranno le discipline della fonologia (chestudia i tratti distintivi e l’articolazione dei significanti) edella semantica (rivolta all’analisi dei significati)

2. i termini langue e parole langue sta a indicare il codice cioèil sistema della lingua mentre la parole è chiamata a designare ilmessaggio

3. la coppia sincronia/diacronia la sincronia si riferisce allostato della lingua in un determinato momento mentre la diacronia èrivolta a comprendere i processi di cambiamento e di mutazione.

LOUIS HJELMSLEV (1899-1965) ha distinto espressione e contenuto i duelivelli del significante e del significato. Con la linguistica si èdiffusa anche una mentalità scientifica. È nata una critica che non esitaa servirsi di schemi, anche grafici, per classificare i propri dati edefinirne i legami di affinità, di differenza o di opposizione.

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3.2 - Le spie dello stileNell’esercizio concreto della critica è stato possibile utilizzare glispunti dell’analisi linguistica. Oggetto di studio è quel trattolinguistico che più contraddistingue l’autore e fa del suo stile qualcosadi riconoscibile. La nozione di stile è passata a designare l’aspettoindividuale della lingua. E critica stilistica sarà allora quella chetende alla determinazione delle peculiarità che rendono significativa lafigura di un singolo autore o addirittura di un singolo testo.

LEO SPITZER (1887-1960) egli mise a punto il metodo della stilistica.Parte dal presupposto che esiste sempre un rapporto reciproco tra statointeriore e fatti di linguaggi. Il critico partendo da qualche tratto chesi trova sulla superficie verbale deve arrivare ai centri emotivi. Sitratta di cogliere l’emersione espressiva che Spitzer denomina spiastilistica e di ricondurla alla radice psicologica d’origine. Il criticoparte armato delle proprie impressioni che gli segnalano un particolarecome decisivo ai fini dell’interpretazione. Il cosiddetto clic che faaccendere la spia e mette in azione l’analisi, può non essere evidente edimmediato. Spitzer raccomanda di leggere e rileggere con pazienza.Inoltre questo elemento linguistico va sempre sottoposto a una verifica:deve dimostrare di non essere un fatto contingente e isolato ma undenominatore comune. Parola e opera dovrebbero ritrovarsi legate in unaarmonia prestabilita. Spitzer ha teorizzato un movimento pendolare dalparticolare al generale, dalla circonferenza al centro del cerchio eviceversa denominandolo circolo filologico. I problemi inerenti allastilistica sono soprattutto le remore a risolvere l’atto criticonell’analisi linguistica. Una volta avuto accesso attraverso le spie alcentro dell’opera le carte possono tornare in mano all’impressioneestetica. L’uso normale della lingua, chiamato anche standard o gradozero, è difficilmente accertabile in modo definitivo. Si tratta distabilire quali scelte lo scrittore ha compiuto in quei punti dellalingua che essendo più elastici offrono la possibilità di diversesfumature. Ma nessuno può trasferirsi nella mente dell’autore per sapereesattamente quali scelte abbia compiuto e su quali alternative.

L’unico modo oggettivo è quello su cui ha puntatoGIANFRANCO CONTINI (1912-1990) le uniche scelte reali operatedall’autore sono quelle documentate sotto forma di correzioni.ERICH AUERBACH (1892-1957) successore di Spitzer dispiega tutta laversatilità del proprio metodo che è quello della campionatura. MentreSpitzer coglie come significativo un piccolo elemento all’interno deltesto, Auerbach preferisce lavorare su un campione abbastanza estesocontenente tutte le caratteristiche fondamentali dello stile. Mimesis è ungrande excursus storico che mette a confronto diverse soluzionistilistiche. Secondo Auerbach ogni testo prende posizione rispetto ailivelli stilistici e alla loro gerarchia: o promuovendo la separazione

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(distanziando lo stile sublime dallo stile basso) o come nel medioevo enell’età moderna favorendo la mescolanza. Il testo è comprensibile egiudicabile solo secondo i parametri del suo proprio tempo. Quellaauerbachiana è una stilistica storicizzante. La situazione sociale spiegalo stile.

WILLIAM EMPSON (1906-1984) ha analizzato nei testi poetici leambiguità in tutti i loro tipi, ne distingue 7, riuscendo a cogliere inparafrasi l’oscurità e la ricchezza di passi particolarmente ardui, senzaescludere il momento apprezzativi. Empson considera sia la creativitàindividuale che la convenzione collettiva.

ALLEN TATE (1899-1979) e CLEANT BROOKS (1906-1994) esponenti del NewCriticism. Più che un compatto indirizzo metodologico abbiamo a che farecon un’area di prospettive critiche associabili in base al comuneinteresse per la lettura ravvicinata con la molteplicità dei significatidel linguaggio poetico, affrontando la complessità del paradosso edell’ironia e tenendo presente l’uso figurativo della parola in poesia.

3.3 – Il metodo formaleROMAN JAKOBSON (1896-1982) VICTOR SKLOVSKIJ (1893-1984) JURIJ TYNJANOV(1894-1943) diedero vita alla teoria del metodo formale. SecondoSklovskij il nostro modo di vedere le cose è reso ottuso dall’abitudine.Per risvegliare la capacità di visione è necessario che l’osservatore simetta in una prospettiva inedita e sorprendente. Anche i formalisti assumono la nozione di scarto, di deviazione dellanorma. I formalisti affrontarono la questione mediante lacontrapposizione tra linguaggio letterario e linguaggio pratico: illinguaggio pratico adopera le parole come mezzi per realizzare i variscopi della vita. Invece nel linguaggio letterario la parola non è piùmezzo ma fine in se stessa. Gli scarti indagati furono principalmente ilritmo e la rima in poesia e l’intreccio in narrativa.

OSIP BRIK (1888-1945) ha distinto l’impulso ritmico dalle leggi dellametrica in modo da poter avviare l’analisi del verso libero.

Allo stesso modo nell’ambito dell’intreccio SKLOVSKIJ individua diversischemi di costruzione a gradini (quando la storia procede per aggiuntesuccessive), ad anello (quando ad una azione fa seguito una contrazione),con intrecci paralleli, l’inserimento di novelle in una cornice e cosìvia. Viene privilegiato l’aspetto tecnico. I formalisti si adoperano aportare alla luce i segreti di fabbricazione, cercando di vedere conquali procedimenti l’opera organizzi i propri materiali. Sklovskijporterà all’estremo questa impostazione fino a considerare ininfluenti imateriali e a ritenere che le motivazioni tecniche siano le unichedecisive. In questa ottica, in cui il contenuto dell’opera è la sua

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forma, si comprende l’interesse di Sklovskij per la messa a nudo delprocedimento e in generale per la parodia.

Il compito che si sono posti i formalisti non è valutare ma spiegarecom’è fatto un testo. Il critico come esperto inteso a dar conto delfunzionamento dei meccanismi letterari. Un tentativo di osservare più davicino le funzioni dei singoli elementi testuali venne compiuto da PROPPsul corpus delle fiabe russe di magia. Scoprì che vi era un unico schemaattuato in modo diverso in ogni fiaba. C’è una costante che Proppindividua come una funzione del racconto a cui dà il nome di proibizione.L’analisi morfologica mostra che le fiabe di magia si basano su unnumero limitato di funzioni da cui ogni fiaba attinge per comporre lapropria sequenza.

Per Sklovskij la letteratura non avanza in linea retta ma per scarti esalti continui.

Tynjanov diede alla sistematicità l’estensione più ampia. Per lui l’operaletteraria è un sistema e un sistema è la letteratura. L’evoluzioneletteraria dovrà essere considerata come un avvicendamento di sistemi. Laletteratura è vista come costruzione verbale dinamica. Accanto al terminechiave di sistema assume grande importanza la funzione. Tynjanov tiene adistinguere autofunzione un elemento assume passando da un’operaall’altra nel percorso della tradizione letteraria e co-funzione èdata dai rapporti con gli altri elementi dell’opera-sistema. Una funzioneè soggetta a mutamento: ad esempio un arcaismo che in una certa epocaviene usato seriamente per nobilitare l’espressione può riceveresuccessivamente una funzione contraria ed essere usato in sensoparodistico e dissacrante. Tynjanov riconosce l’importanza delladiacronia e non manca di additare il problema con le funzionilinguistiche. La letteratura trae materiali dal costume per rompere gliautomatismi della tradizione. Inversamente i fenomeni letterari una voltaesaurita la loro funzione nel campo dell’arte possono rientrare nelcostume.

3.4 – Sistema e funzione: verso lo strutturalismoLe nozioni di sistema e funzione saranno ulteriormente arricchite alCircolo linguistico di Praga cui collaborò anche Jakobson. Nei praghesicompare il termine struttura che verrà poi ripreso da MUKAROVSKY (1891-1975). Mukarovsky considera la funzione in quanto relazione dell’artecon il mondo sociale e storico. La sfera dell’estetica e quindi anche laletteratura hanno una funzione che varia nel tempo. L’opera non comunicasingole realtà ma si rivolge alla coscienza del fruitore come un tuttosolidale. E solo in quanto tale essa ha un significato riferibile alcontesto complessivo dei fenomeni sociali. Tutte le componenti dell’operavanno considerate come portatrici di significato in quello che Mukarovsky

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chiama il processo semantico e devono diventare oggetto di considerazioneper chi voglia rintracciare il senso complessivo.

CLAUDE LEVI-STRAUSS (1908-vivente) è il fautore del vero e propriostrutturalismo affermatosi in Francia. Il metodo viene applicato a tuttigli ambiti dell’attività umana, non solo a quelli propriamente connessial linguaggio, come i miti, ma anche ai rapporti di parentela, alleusanze, all’alimentazione. Si tratta di individuare gli elementicostitutivi di ogni fenomeno e di specificarne le relazioni, disponendoliin uno schema di classi che si oppongono e si combinano fra loro.Applicando una logica binaria Lévi-Strauss riconduce fenomeniappartenenti a culture anche molto distanti a strutture elementari ossiaa un codice di base che darebbe nei diversi luoghi soluzioni ecombinazioni diverse, seguendo una struttura profonda comune a tutti: lastruttura dello spirito umano. Lo strutturalismo trova che tutto è segno,non solo i linguaggi veri e propri ma anche le espressioni non verbali,l’abbigliamento, l’immagine pubblicitaria, le buone maniere. Vedere comefunziona un testo significa valutarlo positivamente, perché funzionabene.

TZVETAN TODOROV (1939-vivente) parlando della poetica strutturale hascritto che in essa l’opera è vista solo come manifestazione di unastruttura astratta della quale essa è solamente una delle possibilirealizzazioni. È possibile che il testo venga considerato meno importantedelle regole che esso implica. Qualsiasi realizzazione sarebbe giàcontenuta nel sistema generatore che lascerebbe l’unica libertà divariare le combinazioni. Qui verrebbe a costituirsi il dominio a parte diuna scienza della letteratura nettamente separata dall’interpretazionecritica. Ma ci sono state anche ricerche più limitate, su generiristretti: così accade a Todorov sul fantastico posto sul filodell’esitazione tra strano e meraviglioso e confinato a rigore nel soloperiodo dell’800. pure piuttosto controversa era la differenza trasemiologia e semiotica (la prima dovrebbe studiare i segni di tipolinguistico, cioè codificati. La seconda ogni tipo di significazione.

ROLAND BARTHES (1915-1980) è uno dei più rappresentativi esponentidello strutturalismo francese. Rifiutava la storia letteraria proprioperché ridotta a un seguito cronachistico di autori. La critica per luiconsiste nel decifrare la significazione e nell’aprire l’opera non comel’effetto di una causa ma come il significante di un significato. Barthesdava alla struttura soprattutto il valore di strumento metodologico. Egliha messo gli strumenti analitici al servizio di una lettura rapsodicatendente a costellare il testo nella dispersività di un commento aperto atutti i sensi possibili.

GERARD GENETTE (1930-vivente) le sue ricerche insieme a Barthesdisegnano un arco evolutivo che cerca di uscire dalle strettoie del

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metodo strutturale. Genette ha provveduto a contrastare l’illusione cheil testo letterario potesse essere considerato come un oggetto chiuso e asé stante ed ha puntato sul rapporto del testo con altri testi cherisulta particolarmente utile nel caso della parodia.

3.5 – Il privilegio del significanteIn un celebre intervento del 1958 intitolato Linguistica e poetica JACOBSON siproponeva di rispondere alla domanda fondamentale che cosa è che fa di unmessaggio verbale un’opera d’arte. Qualsiasi situazione comunicativaprevede un mittente che invia un messaggio a un destinatario. A questiJacobson aggiunge come indispensabili: un contesto, un codice e uncontratto (un canale). Le rispettive funzioni che lui individua sono:MITTENTE funzione EMOTIVADESTINATARIO funzione CONATIVACONTESTO funzione REFERENZIALEMESSAGGIO funzione POETICACONTATTO funzione FATICACODICE funzione METALINGUISTICAJacobson ipotizza un ordine gerarchico delle funzioni che preveda unafunzione dominante. Ad esempio nello slogan la funzione dominante èquella conativa. Nella poesia è dominante la funzione poetica. Anche nonnella poesia si è rivalutata la funzione poetica dapprima secondaria main questo nuovo clima culturale considerata dominante. Jacobson risaleagli aspetti fondamentali del comportamento linguistico, individuati oranella selezione e nella combinazione. Quando parliamo compiamo unaselezione tra ttt le parole che potremmo usare in un determinato puntodella frase, e poi mettiamo insieme in un certo ordine combinatorio itermini prescelti. La selezione è fondata sull’equivalenza dei terminipossibili, mentre la combinazione prevede che , per essere compatibili, itermini debbano svolgere ruoli diversi. Il sistema dei significanti tramala propria rete organizzativa sopra quella della grammatica e dellasintassi della lingua. E sebbene Jacobson parli di sovrapposizione delprincipio di equivalenza sulla successione delle parole tuttavia eglimostra in definitiva il prevalere della scansione specifica dei ritmi edei suoni sulla forma usuale. Compare l’ipotesi di un legame latente trasuono e significato

JURIJ LOTMAN (1922-1993) definisce l’arte letteraria un sistema disimulazione secondario. Secondario perché utilizza dei materialipreesistenti nella lingua naturale e di simulazione perché purrealizzandosi nella sequenza lineare della scrittura, si organizza inmodo da configurare con i suoi rapporti interni una rappresentazionedella realtà, una simulazione del proprio contenuto. Lotman propone, perdefinire l’opera d’arte letteraria, la nozione di segno integrale. Mentrenella lingua naturale il testo è composto da segni ciascuno dei quali èportatore di significato ed è a sua volta scomponibile in elementi (lelettere delle parole) che di per sé non significano nulla, nell’arte

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verbale il significato è dato soltanto dal testo preso per intero. Ciòvuol dire che il testo diventa segno e che i segni che lo compongono nediventano gli elementi. È al livello semantico-lessicale che Lotmanattribuisce il valore di strato base non eludibile su cui si innestanotutti gli altri contributi al senso complessivo. L’apporto deisignificanti è considerato quindi non tanto in chiave di autonomia totalema come aumento della ricchezza del gioco semantico, come incrementodell’informazione portata dal testo.

3.6 – La scienza del raccontoLe ricerche compiute da Propp nel campo delle fiabe verrà estesoall’intero universo del romanzo dalla narratologia. L’approfondimentodegli spunti di Propp poteva seguire due vie: la prima diretta adeterminare gli sviluppi dell’azione, la seconda volta a stabilire irapporti tra i personaggi posti alla base della vicenda.

CLAUDE BREMOND (1929-vivente) nella sua Logica del racconto prende lemosse dall’impossibilità di decidere in anticipo la successione dellefunzioni. Propp aveva potuto stabilire un ordine di precedenza perché sitrovava a lavorare su un materiale fortemente stereotipato e soggetto aregole fisse. Bremond ritiene che l’unità minima della narrazione non siala funzione isolata ma la sequenza che raggruppa più funzioni. Lasequenza elementare sarebbe dunque un processo in 3 tempi composto davirtualità, passaggio all’atto e conclusione. Quanto al montaggio diqueste sequenze elementari nella sequenza complessiva Bremond individua 3modi caratteristici: il testa a coda quando ogni situazione di arrivooffre la possibilità di ripartire con una nuova sequenza), la sacca(quando la sequenza si interrompe per dar luogo a una sottosequenza chesi svolge al suo interno), la legatura (quando due sequenze si sviluppanosimultaneamente o parallelamente). I ruoli narrativi dei personaggivengono suddivisi in attivi e passivi. Gli agenti a loro volta siscindono tra volontari e involontari.

ALGIRDAS GREIMAS (1917-1992) nei suoi personaggi vengono riconosciutiruoli o funzioni: un soggetto, un oggetto, un destinatore che predisponel’oggetto per un destinatario cui si possono aggiungere un aiutante e unoppositore. Per un totale di 6 attanti a costituire quello che Greimaschiama il modello attanziale.

TODOROV arriverà addirittura a tradurre l’intreccio in formulealgebriche

GENETTE toccherà a lui con il Discorso del racconto del 1972 asistematizzare l’analisi degli aspetti e dei modi della narrazioneuscendo dalla mera sequenza delle vicende. Vi sono alcuni problemi che lostudio dell’intreccio non riesce a toccare, ad esempio quellodell’enunciazione. Chi racconta la storia? Un narratore intradiegetico o

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extradiegetico che può avere parte o no nella vicenda e quindi potràessere omodiegetico o eterodiegetico.

BARTHES accanto alle funzioni egli suggerisce di considerare anchedegli indizi che sono quelle notazioni spesso appena accennate a indicareil carattere dei personaggi e l’atmosfera della vicenda, e servono apreparare gli sviluppi della storia. Inoltre Barthes distingue tra lefunzioni quelle cardinali o nuclei da quelle di riempimento che offronoall’interprete dettagli non trascurabili. Barthes indica la necessità diun passaggio dalle macrostrutture alle microstrutture verso il modo diorganizzare i significati, dove le analisi della poesia e della prosa sicongiungono.

3.7 – Semantica - semioticaDel metodo messo in campo da GREIMAS sono da ricordare soprattutto alcunenozioni basilari: la suddivisione del significato in semi, il formarsi dicatene coordinate di semi dette isotopie, la connessione ai semi dimarche valutative.

Sulla scia di queste indicazioni greimasiane si sono mossi alcunistudiosi belgi dell’Università di Liegi raccolti sotto la sigla delGRUPPO M i quali hanno riclassificato nei termini della semanticastrutturale l’antichissimo bagaglio della retorica. I ricercatori diLiegi passano a individuare 4 possibili forme di deviazione: soppressione(quando viene tolto un elemento), aggiunzione (quando l’elemento vieneaggiunto), soppressione-aggiunzione (la sostituzione di un elemento conun altro) e permutazione (invertire l’ordine degli elementi). La metaforaè intesa come soppressione-aggiunzione nel significato di una parola, larima è vista come aggiunzione ripetitiva a livello dei suoni. Il Gruppo Mha precisato la propria ipotesi teorica nella Retorica della poesia. Nel testopoetico le metafore e le altre figure produrrebbero un proliferare disemi secondari che vanno a formare varie catene di isotopie. Mentre illinguaggio normalmente si basa su una sola isotopia, la poesia è dotatadi poli-isotopia. Tali reti semantiche possono essere ricondotte a 3grandi ambiti: un triangolo che ha per vertici l’uomo, il cosmo e illinguaggio stesso (anthropos, cosmos e logos).

Il modello Greimasiano è il quadrato semiotico dove il termine chiave sisviluppa in una dialettica più aperta e complessa combinandosi con itermini contrari e contraddittori.

3.8 – La cultura come universo di segniMARIA CORTI (1915-2002) ha considerato la comunicazione letterariacome scampo di tensioni tra istanze alla codificazione e spintetrasformatrici.

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CESARE SEGRE (1928-vivente) ha riattivato l’interesse verso la storiadel confronto tra scrittori col sistema semio-letterario.

Il Gruppo di Mosca e Tartu raccolto attorno a Lotman e a Uspenskijsostengono che se ogni testo non può essere pienamente compreso nel suovalore altro che in rapporto al contesto culturale in cui si inscrive, èallora alla cultura in quanto sistema dei sistemi che l’analisi deve inultima istanza giungere. La cultura risulterà dal modo di sommarsi e diorganizzarsi dei diversi codici e sarà interpretabile come sistema disegni sottoposto a regole strutturali. Sono queste le basi dellaculturologia. Secondo LOTMAN il modello culturale consiste essenzialmentein uno schema spaziale. Lo spazio viene suddiviso a opera di unafrontiera che serve a distinguere i valori dai disvalori: il grupposociale dai nemici, i vivi dai morti, le divinità buone da quellecattive. Le vicende dell’eroe sono significative perché e in quanto loportano ad attraversare alcune importanti barriere del modello culturale.I personaggi possono essere vincolati (che sono legati a una particolarezona e non possono oltrepassarla) oppure mobili (che assurgono al rangodi protagonisti e di forze trainanti dell’azione narrativa). Peridentificare i tipi culturali Lotman ha avanzato varie proposteutilizzando le categorie tratte dalla linguistica. La classificazione piùarticolata è quella approntata prendendo in considerazionel’atteggiamento rispetto al segno. Questi versanti in linguisticaricevono il nome di paradigma e sintagma. Si aprono 4 possibilità:privilegiamento del primo aspetto o del secondo o di nessuno dei due o ditutti e due. Lotman legge lo svolgimento della cultura russa prima delsec. XX come successione di 4 tipi:

nel medioevo predomina l’aspetto pragmatico il segno èfortemente valorizzato a scapito di ciò che non è segno

con i secoli XVI-XVII si impone la cultura del praticismo isegni non sono più presi per il rapporto con un livello superiorema per il posto che occupano in un piano determinato. È questo iltipo sintagmatico dove predomina la capacità di combinare eorganizzare i segni

l’illuminismo rappresenta il caso del rifiuto di entrambi gliaspetti

tra il secolo XVIII e XIX con l’instaurarsi della società borgheseprende piede un modello culturale che concilia l’aspettoparadigmatico con quello sintagmatico.

Perché una cultura dopo aver funzionato bene a un certo punto vienesostituita da un’altra la risposta degli studiosi russi è che ildinamismo non sia imposto da cause estranee ma che sia intrinsecamenteconnesso alla cultura. Senonchè una volta inteso il dinamismo unaproprietà ineliminabile della cultura, si finisce per ritenere ilcambiamento un fatto naturale, insomma per deresponsabilizzare le forzeculturali. Nell’ultima fase della sua attività Lotman ha indicato ilpunto di passaggio tra i diversi stati con l’immagine dell’esplosione.

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L’arte è un’esplosione di senso che accade senza preavviso in un datomomento temporale. La semiotica ha consentito a Lotman di toccare ilpunto di congiunzione tra letteratura e comportamento.

CAP.44.1 – La concezione materialistica della storiaLa comprensione della letteratura ha ricevuto un potente impulso inseguito alle analisi del materialismo scientifico fondato da KARL MARX(1818-1883) e FRIEDRICH ENGELS (1820-1895) la loro teoria forniva laprecisa indicazione di dove cercare le radici, il motore del processostorico. Tale ruolo era attribuito a una motivazione sociale e a unnucleo profondo di natura economica. Secondo questo punto di vista,l’aspetto propriamente umano non si trova nel linguaggio o nellasignificazione, ma nel lavoro e nell’organizzazione legata alle necessitàdell’attività lavorativa. Le istituzioni e pratiche culturali vannocomprese nel loro intreccio con la base materiale socio-economica di cuisono espressione. La coscienza che si illude della propria indipendenzafinisce per rappresentare i rapporti reali in modo distorto e deformato.Questa falsa coscienza viene dai due autori denominata ideologia. Vienemesso in campo lo sguardo sospettoso della critica dell’ideologia. Marxavverte che non la critica ma la rivoluzione è la forza motrice dellastoria. Come mai noi gustiamo con intatto piacere le opere degli antichi,oggi che il quadro della vita sociale è completamente mutato? Per lateoria, che viene risolta da Marx ricorrendo all’idea di un particolarefascino che l’arte greca conserverebbe in quanto legata alla fanciullezzastorica dell’umanità.

4.2 – Letteratura e politicaIl collegamento con i gruppi e le classi che compongono la società puòessere tracciato riferendosi semplicemente all’estrazione socialedell’autore o al tipo di pubblico al quale egli dichiara di rivolgersi.Così accade del pari per lo studio dei raggruppamenti intellettuali e deiloro strumenti collettivi (riviste, manifesti). Anche quando ingloba insé l’analisi dell’opera, in ogni caso la sociologia della letteraturaprocede a un rilevamento oggettivo della collocazione sociale che puòmuoversi in parallelo ma non sostituire il giudizio critico vero eproprio. Non si tratta di emettere una valutazione che riguardila<letteratura presa a sé, ma di includer la sfera letteraria nellaquestione più generale del senso della storia. Occorre ragionare su unavalutazione politica. Alla distinzione tra bello e brutto propria delgiudizio estetico, verrà anteposta l’alternativa tra una direzioneprogressista o rivoluzionaria e l’inversa direzione reazionaria oconservatrice. Di fatto la politicità della letteratura è stata spessointesa come meccanica sottomissione del valore estetico al valorepolitico. Ciò ha comportato una forte svalutazione del letterario. Inrealtà nella politica culturale dei partiti comunisti negli anni centralidel ‘900 il valore estetico non venne annullato o superato, quanto

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piuttosto ridotto e strumentalizzato. Se il giudizio che si dà diun’opera è “bella ma reazionaria” ciò equivale ad ammettere che ilgiudizio politico negativo non riesce a escludere il giudizio esteticopositivo. L’opera, se pure è reazionaria, nondimeno rimane bella. Ilpiacere estetico confinato nella sua zona franca sopravvive intatto, conla conseguenza di limitare gravemente la portata della criticadell’ideologia.

ANTONIO GRAMSCI (1891-1937) il suo tratto peculiare è l’articolazionedella critica su 3 livelli tra loro interconnessi ma non sovrapponibili:la politica, la cultura e la letteratura. In carcere Gramsci avviòun’ampia riflessione teorica e storica comprendente anche i problemidegli intellettuali e della letteratura, che rimase consegnata allepagine dei Quaderni. La sua preoccupazione principale sembra essere quelladi evitare sia l’autonomia del giudizio letterario sia l’intromissionedel giudizio politico. Gramsci ritiene opportuno distinguere il livelloin senso stretto politico da quello letterario e inserirvi in mezzo, comeuna sorta di spazio mediatore, il livello della cultura. Per capire benequale sia il ruolo della cultura nella teoria e nel metodo gramsciani ènecessario considerarla nelle sue due facce, quella rivolta verso lapolitica e quella rivolta verso la letteratura. Quella rivolta allapolitica egli difende il valore rivoluzionario della cultura e quindil’importanza della lotta in ambito culturale. La vittoria del fascismoaveva convinto Gramsci che il processo rivoluzionario sarebbe stato lentoe complesso. Solo l’intervento nella cultura, cioè l’azione volta aconseguire l’egemonia nell’ambito del senso comune, avrebbe creato unterreno favorevole alla battaglia politica vera e propria. Nei Quaderni delcarcere Gramsci riflette su una sconfitta epocale del movimentorivoluzionario: gli è ormai chiaro che non basta la presa di potere senon c’è il consenso e quindi l’egemonia culturale. Egli sviluppa unaforte attenzione per l’organizzazione della cultura e si preoccupa distabilire la connessione tra i gruppi intellettuali e i più vasti gruppisociali. Tra politica e cultura deve stabilirsi una dialettica e non pernulla Gramsci rintraccia nella politica culturale un ulteriore livellointermedio. Il raccordo tra l’opera letteraria e l’epoca storica non èsufficiente. L’attribuzione socio-storica rischia di saltare il problemaartistico. A parità di condizioni possiamo avere qui un artista e làquello che Gramsci definisce umoristicamente un semplice untorello.Questa disparità tra artista e untorello vale a dire il diverso grado diqualità delle opere, indica che il lavoro istruttorio del giudizio nonpuò dirsi concluso se non perviene a toccare il livello estetico. Non puòprescindere dagli altri livelli e soprattutto dal livello culturale chegli è più vicino e gli è direttamente collegato. Gramsci non accetterebbemai una valutazione estetica puramente svincolata dal terreno dellacultura. Il sospetto che il metodo crociano di distinguere drasticamentetra poesia e non poesia conduca in uno sterile rifiuto della gran partedella produzione letteraria spinge Gramsci ad attribuire alla critica la

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funzione di cogliere gli aspetti propositivi anche nelle opere minori.Una critica delle tendenze deve essere l’obiettivo del discorso sullaletteratura. Ciò che è possibile fare è lottare per la formazione di unanuova cultura per una nuova vita morale così da creare il retroterra dacui nasceranno nuove opere d’arte. Il livello culturale svolge un ruolotrainante nel giudizio. Gramsci interroga l’interconnessione dei valoriculturali e dei valori estetici nelle opere. Questo rapporto è espressoda Gramsci anche attraverso la tradizionale relazione tra forma econtenuto. Riflettendo sul fatto che l’opera è un processo e che ognicambiamento nel contenuto deve determinare un cambiamento nella forma,Gramsci perviene a ipotizzare una priorità relativa del contenuto edunque in esso dei valori culturali.

In reazione a Croce procedeva in Italia anche il percorso dellostoricismo critico portato avanti da LUIGI RUSSO (1892-1961), NATALINOSPEGNO (1901-1990) e WALTER BINNI (1913-1997).

4.3 -Gramsci e i diversi livelli di giudizio criticoL’articolazione della critica su tre livelli, tra loro interconnessi ma non sovrapponibili, è il “ il tratto peculiare della impostazione data daAntonio Gramsci (1891-1937) all’approccio “sociale” al fatto letterario. La preoccupazione principale di Gramsci sembra quella di evitare sia l’autonomia del giudizio letterario, sia l’intromissione del giudizio politico.Poiché il politico tende a produrre un’azione verso un determinato fine futuro, è inevitabile che veda nel letterato qualcosa di attardato e non risolto, così, per forza di cose “il politico non sarà mai contento dell’artista e non potrà esserlo”.Per capire quale sia il ruolo della cultura nella teoria e nel metodo gramsciani è necessario considerarla nelle sue due facce:

1- verso la politica Gramsci difende il valore rivoluzionario dellacultura e quindi l’importanza della lotta in ambito culturale. Secondo Gramsci c’è un’eccezione positiva dell’ideologia, che concerne quella “storicamente organica” e necessaria a una determinata struttura economica e sociale; e un’eccezione negativa,nel caso delle “ ideologie arbitrarie” per le quali vale l’analogiacol velo di un’apparenza vana e fuorviante. Solo l’intervento nellacultura, avrebbe creato un terreno favorevole alla battaglia politica vera e propria.

2- verso la letteratura Gramsci sviluppa una forte attenzione per lì”organizzazione della cultura” e si preoccupa di stabilire la connessione tra gruppi intellettuali e più vasti gruppi sociali. Ilraccordo tra l’opera letteraria e l’epoca storica non è sufficiente; l’attribuzione socio-storica rischia di saltare il “problema artistico”: a parità di condizioni possiamo avere qui un “artista” e là quello che Gramsci definisce umoristicamente un “semplice ritornello”. Questa disparità tra “artista” e

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“untorello”, vale a dire il diverso grado di qualità delle opere, indica che il lavoro istruttorio del giudizio non può dirsi concluso se non perviene a toccare il livello estetico.(Gramsci non accetterebbe mai una valutazione estetica puramente svincolata dal terreno della cultura).

Gramsci attribuisce alla critica la funzione di cogliere gli aspetti propositivi anche nelle opere minori; una critica delle “tendenze” dev’essere l’obiettivo del discorso sulla letteratura. Sarebbe infatti non solo vano ma “assurdo” pretendere di far spuntare nuovi geni artistici: ciò che è possibile fare è, lottare per la formazione di una “nuova cultura”, per “una nuova vita morale”, così da creare il retroterra da cui nasceranno, nuove opere d’arte.

Riflettendo sul fatto che l’opera è un “processo” e che ogni cambiamento nel contenuto deve determinare un cambiamento nella forma, Gramsci perviene a ipotizzare una priorità relativa del contenuto, e dunque in essodei valori culturali.

Attraverso l’interpretazione del canto x dell’inferno di Dante, Gramsci affronta il problema della “struttura” e ne afferma l’essenzialità per lacomprensione del testo. Gramsci oppone che, senza la conoscenza della pena, il dramma di Cavalcante sarebbe incomprensibile e quindi ne subirebbe danno l’intero esito della scena dantesca. La conclusione è, che il “brano strutturale” è necessario e ineliminabile; “non è solo struttura” ma anche “poesia”. Esu di esso cada l’accento “estetico”.

4.4 – Rispecchiamento e prospettiva in LukàcsGYORGY LUKACS (1885-1971) la sua è un’estetica sistematica. L’idea chel’arte debba rispecchiare fedelmente la realtà è tributaria della nozionearistotelica di mimesi. Lukacs la adatta e la aggiorna alla luce delletesi marxiste: non si dovranno più tradurre in immagini plastiche overbali determinati oggetti o situazioni della vita reale, ma cogliereattraverso l’arte le proprietà del momento storico della società umana,dei conflitti di classe e dei rivolgimenti rivoluzionari che vi sisvolgono. La totalità che l’arte è chiamata a rappresentare non èsoltanto quella dell’esistente, deve anche porre in evidenza la direzionedel futuro. È ciò che Lukacs chiama la prospettiva. Uno scrittore cheraggiunge un simile rispecchiamento della realtà può essere definitorealista. Alla critica viene demandato il ruolo valutativo di giudicarela giustezza del contenuto delle opere, ovvero l’adeguatezza delrispecchiamento rispetto alla verità storica. Nelle intenzioni di Lukacsla teoria del rispecchiamento doveva esaltare l’apporto conoscitivodell’arte. Mentre il sapere scientifico e quello storico partono dalsingolo fenomeno per giungere alla legge universale, il rispecchiamentoartistico si appoggia su una categoria intermedia tra singolarità e

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universalità, che non è più il singolo fenomeno e non ancora l’essenzadispiegata nell’universale. È un termine medio tra i punti di partenza edi arrivo del processo conoscitivo. In sede letteraria ala categoria delparticolare corrisponde il tipico: esso è l’accadere individualeorientato nel giusto rispecchiamento rispetto alla totalità storico-sociale. Il giusto rispecchiamento deve dar conto della viva dialetticadel reale: il tipo viene caratterizzato dal fatto che in esso convergonotutte le contraddizioni più importanti, sociali e morali e psicologichedi un’epoca. Una tale tipicità esige che il personaggio sia dotato di unavisione del mondo che sia costruito con una fisionomia intellettualefortemente caratterizzata. Personaggio, carattere, intreccio: unprivilegiamento del genere narrativo. È prevalentemente con il romanzoche il suo metodo può produrre risultati. E in particolare con il romanzostorico. Perché ci sia un autentico realismo i richiede che i fattiraccontati non siano fine a se stessi ma che rinviino allarappresentazione delle forze sociali portanti dell’epoca. La letteraturarealista si distingue non soltanto da quella irrealista ma anche dallariproduzione fotografica delle cose così come si presentano. La polemicadi Lukacs contro il naturalismo e contro le poetiche moderne cheprocedono per somma di dati sensoriali senza volerli organizzare einterpretare. Egli pone in alternativa narrare e descrivere. Mentre nelnarrare ogni aspetto è focalizzato sul nucleo drammatico della vicendacon una forte partecipazione dell’autore che si trasfonde poi inpartecipazione del lettore, nel descrivere prevale il distaccodell’osservatore. Bertold Brecht fa un’obiezione alla posizione di Lukacssostenendo che proprio per rispondere all’esigenza di giungere al fondodella causalità sociale bisogna provare sperimentalmente i nuovistrumenti formali: una forma che andava bene in passato può non andarbene per oggi, non si può usare lo stesso specchio per rispecchiareepoche diverse. Nella concezione di Lukacs il mutamento storico vieneconsiderato come mutamento del contenuto da rispecchiare, ma lo specchiorimane di per sé immutabile. Lo svolgimento letterario per Lukacs prendela fisionomia di una ricorsività ciclica. Questo ciclo corrispondesecondo l’impostazione marxista all’arco dell’evoluzione storico-socialedelle forze propulsive della borghesia che vengono sostituite dalle forzefresche del proletariato. Lukacs risolve anche il problema marxiano delperdurante effetto delle opere del passato: che si tratti di Ulisse o diDon Chisciotte, il nostro interesse di lettori rimane vivo perché leavventure dell’eroe ci hanno rivelato i tratti essenziali della vitaumana. Così la teoria lukacsiana che tanto sembrerebbe rivoluzionariarisulta piuttosto conservatrice. Accetta le gerarchie di valore ereditatedalla tradizione e rimane anche ferma alla visione romantica del genioinconsapevole, del grande artista che raggiunge con un balzo intuitivo lavera realtà delle cose.

4.5 – Gli studi sociali di Francoforte

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Un’angolatura diversa pervenne dallo studio sociale dell’arte nellaScuola di Francoforte con MAX HORKHEIMER (1895-1973), HERBERT MARCUSE(1898-1979) e THEODOR ADORNO (1903-1969). Anche per i francofortesil’arte e la letteratura vanno considerate nell’ambito della società chele produce. Mentre nella visuale del marxismo la sovrastruttura venivaguardata con sospetto perché lontana dalla realtà, gli studiosimodificarono questa concezione alla luce della nuova esperienza sociale.Essi ebbero modo di vedere i regimi del fascismo e del nazismo e le primeavvisaglie del consumismo neocapitalista. I nuovi fenomeni della culturadi massa convinsero i francofortesi che l’ideologia non era pericolosatanto per il suo distacco dalla prassi, quanto esattamente all’oppostoper il fatto di essere ormai troppo dipendente dall’ottica utilitaria delmercato. Con l’industria culturale la cultura viene fatta rientrare tra idivertimenti eventualmente allestiti per il tempo libero e in tal modoviene svilita, uniformata e neutralizzata. Se i prodotti culturalivengono proposti a un pubblico indifferenziato viene a cadere anche ladistinzione tra cultura borghese e cultura proletaria. I francofortesicolgono la caduta di prestigio dell’arte e della letteratura nellesocietà industriali avanzate. Altri mezzi di comunicazione. I mass media,salgono in primo piano.

MARCUSE l’arte raccoglie quella promessa di felicità che viene semprepiù disattesa da un sistema sociale alienante e repressivo. Egliconsidera la società moderna come un apparato dominato dalla logica delguadagno, che non ammette perciò la felicità se non nella forma deldopolavoro, del riposo in vista di un ulteriore sfruttamento. Ma ilpiacere che la bellezza suscita è negata dal regime utilitaristico: ènecessario secondo lui liberare l’esperienza estetica dalle incombenzeideali di cui è stata caricata, e restituirla invece al momento dellafelicità sensibile. Negli anni ’50 Marcuse si appoggerà alla psicoanalisiper precisare l’arte come ritorno del represso e come serbatoio delleistanze di liberazione. Ma se il condizionamento sociale è essenzialenegativo, per assumere la giusta posizione nel suo tempo l’arte dovràtagliare i ponti proprio con ciò che la determina e la deprime. Le opered’arte rappresentano quel che esse non sono. Ciò vuol dire che la lorostoricità sta nel modo con cui si pongono fuori della situazione storicaa loro toccata. L’arte è dunque rivoluzionaria per sua stessa natura.Mentre per Lukacs l’arte è rivoluzionaria perché rispecchia fedelmente leforze della prassi che tendono alla rivoluzione, invece, nel teoricofrancofortese la testimonianza che l’arte rende riposa nella forza diresistenza alla prassi, a qualunque genere di prassi. Adorno respinge ilprogetto di demistificazione portato avanti dal marxismo inteso aricondurre le creazioni spirituali ai moventi materiali. In questo quadroproprio l’arte autonoma verrà apprezzata esattamente nel suo essere privadi scopo. Nell’epoca moderna l’arte percorre le soluzioni estremistedell’avanguardia e nella dissonanza esprime il conflitto tra la vocazionealla conciliazione e la vocazione alla verità che rende impossibile una

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sintesi felice. Sulla considerazione del carattere rivoluzionariodell’arte per Marcuse questo carattere risiede nella conservazionepositiva delle istanze utopiche che possono così ritornare disponibiliall’azione liberatrice. Per Adorno si tratta di capacità negativa. L’arteè pensata per principio come estranea in quanto tale al mondo empirico.Sebbene Adorno si adoperi a mantenere il rapporto tra la criticitàdell’arte e la situazione storica. L’efficacia dell’opera sta nellapartecipazione allo spirito, il quale contribuisce al cambiamento dellasocietà in processi sotterranei e si concentra nelle opere d’arte.

WALTER BENJAMIN (1892-1940) presenta una soluzione alquanto difformepolemicamente distante da quella di Lukacs. L’autore è egli stesso unproduttore e non può quindi essere collocato all’esterno del mondoproduttivo, né il compito di rispecchiare il mondo (Lukacs) né con quellodi rifiutarlo (Adorno). In fondo in Lukacs e in Adorno pur nelladiversità c’è un modello comune che consiste nel porre il nesso trasocietà e arte privilegiando uno dei due termini sull’altro. Benjamininvece si sforza di considerarli su un piano paritario. L’importante èstabilire come si situa nei rapporti di produzione. Benjamin conferisceun ruolo fondamentale alle innovazioni tecniche. Assume un atteggiamentomeno pessimistico di quello di Adorno riguardo agli esiti del mondomoderno. La comparsa nell’epoca moderna di nuovi mezzi come lafotografia e il cinema non solo ha aggiunto ulteriori campi di attività,ma soprattutto ha cambiato il modo di porsi dell’arte rispetto alpubblico. La riproducibilità tecnica moderna porta le opere verso ilpubblico con molto maggiore disponibilità di quanto non accada al pezzounico. Nelle moderne arti riproducibili Benjamin vede invece avanzarequello che egli chiama il valore espositivo ossia la possibilità diun’esperienza più diffusa, libera e disinibita dei prodotti artistici.Così viene superato l’atteggiamento individuale verso l’arte e la visionecomunemente accettata per cui l’ispirazione arriva solo nello stato diraccoglimento. L’opposto è il lato collettivo della creatività, cheBenjamin va a rintracciare nei modi organizzativi degli scrittori, nelloro riunirsi in gruppi e in tendenze, come nelle avanguardie. La sceltadella giusta tendenza politica non garantisce il valore letterario. Latendenza deve essere accoppiata alla qualità dell’opera di volta in voltaverificata e dimostrata sul testo in questione. Questa ottica impediscela meccanica sovrapposizione della politica alla letteratura. Ilcontenuto esplicito su cui insisteva la teoria lukacsiana delrispecchiamento, non pare a Benjamin l’ultimo livello del senso di untesto. Benjamin riprende dall’antica esegesi la nozione di allegoria e nefa il principio della costruzione complessiva dell’opera che agisceattraverso la frammentarietà e la tensione contraddittoria delle sueparti. Al contrario del simbolo l’allegoria teorizzata da Benjaminelabora il suo discorso trasformando i personaggi e gli oggetti in segnidi una scrittura e il tal modo li estrania dal mondo naturale. Benjaminsostiene l’idea che l’opera d’arte serve a risvegliare le forze assopite

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e a renderle disponibili per l’azione collettiva e ciò caratterizza anchel’atteggiamento del critico verso le opere del passato. La distanzatemporale è vista da Benjamin all’insegna della discontinuità, inpolemica con lo storicismo che considerava la storia uno sviluppo linearee continuo. Il critico non deve limitarsi a ricostruire, incasellando leopere nella sequenza del loro tempo di origine per sprigionare da esseciò che ancora interessa il presente.

ERNST BLOCH (1885-1977) ritiene che l’attimo vissuto sfugga allaconoscenza e che perciò qualcosa di non ancora conscio permangasotterraneamente come spinta al rinnovamento nel presente. Ciò ècollegato da Bloch alla speranza utopica rivolta al futuro. Leaspirazioni umane alla felicità, rifiutate e sconfitte nel passato,continuano a rivolgere il loro appello nell’ora attuale. Così, quella cheera per Marx una difficoltà appare nella teoria benjaminiana affattonaturale. Ma più che del fascino del passato in blocco, Benjamins’interessa di quei particolari quasi cancellati e resi muti dallastoria, da cui si manifesta l’utopia soffocata dalle classi dominanti.Tra il passato e il presente è messa in atto una convergenza di tensioni:da un lato il passato vale se ha la forza d’urto per mettere in crisi ilpresente, dall’altro lato l’interprete situato nel presente deve esserepronto a mettere in discussione la gerarchia dei valori consolidati nellatradizione. Il critico deve passare a contropelo la storia. Benjamin hadedicato a Baudelaire una larga parte del proprio lavoro nella fasecruciale degli anni ’30. egli si muove sulle connessioni di forma econtenuto. Scende nella minuzia all’interno del testo andando a scoprirein un singolo verso la parola su cui si concentra il significato dellafrase. Ma è pronto a uscire all’esterno per collegare le figureletterarie ai fenomeni della società e dell’ambiente. La connessione delparticolare alla totalità non può essere preordinata in anticipo ma deveper Benjamin venir fuori ricavando dai testi al maggior grado possibiletutta l’energia che essi potenzialmente contengono.

4.6 - Benjamin: l’autore come produttoreNegli anni Trenta, assume particolare rilievo la posizione sostenuta da Walter Benjamin, teorico e saggista nato a Berlino nel 1892, morto suicida nel 1940 in circostanze drammatiche, nel tentativo di espatriare clandestinamente per sfuggire ai nazisti.Benjamin tenne una conferenza a Parigi nel 1934: L'autore come produttore. L'autore è egli stesso un produttore e non può quindi essere collocato all'esterno del mondo produttivo, né con il compito di rispecchiare il mondo (Lukàcs), né con quello di rifiutarlo (Adorno).L'importante non è stabilire qual è la posizione dì un'opera “rispetto ai rapporti di produzione dell'epoca”, ma piuttosto chiedersi come si situa nei rapporti di produzione.Benjamin conferisce un ruolo fondamentale alle innovazioni tecniche, . Mentre per Adorno le trasformazioni della tecnica servono a un dominio

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sempre più capillare, per Benjamin esse pongono di fronte a un bivio: possono essere sfruttate o in senso produttivo o in senso distruttivo. Ciascun momento storico si trova di fronte alla biforcazione di una alternativa in cui diventa determinante la scelta politica.Mentre le forme classiche si basano sull’unicità dell’opera, nellafotografia o nel cinema l’opera può riprodursi in un infinito numero di copie tutte perfettamente equivalenti all’originale, chedi per sé non esiste più. ". Nelle moderne arti riproducibili Benjaminvede invece avanzare quello che egli chiama il «valore espositivo», ossiala possibilità di un'esperienza più diffusa, libera e disinibita dei prodotti artistici.L'opposto è un atteggiamento collettivo, che si estrinseca in Benjamin nell'interesse per i modi organizzativi degli scrittori, per il loro riunirsi in gruppi e in tendenze.La scelta della giusta tendenza politica non garantisce il valore letterario; la tendenza deve essere accoppiata alla qualità dell'opera e questa somma di tendenza + qualità non può essere data per scontata ma divolta in volta verificata e "dimostrata" sul testo in questione.La tendenziosità politica, si realizza in un'esposizione pedagogica; il contenuto esplicito, non pare a Benjamin l'ultimo livello del senso di untesto. Non solo egli considera nella tecnica il punto di interpenetrazione tra forma e contenuto.Benjamin riprende dall'antica esegesi la nozione di allegoria, riscattandoladal discredito in cui era caduta per opera dell'estetica romantica e idealistica, che l'aveva considerata un semplice gioco enigmistico. Anzi,rispetto al passato Benjamin amplia la nozione stessa di allegoria, e ne fa il principio della costruzione complessiva dell'opera.Al contrario del simbolo l'allegoria teorizzata da Benjarnin elabora il suo discorso trasformando i personaggi e gli oggetti in segni di una scrittura e il tal modo li estrania dal mondo naturale.Il critico non deve limitarsi a ricostruire deve strappare le opere dal loro tempo di origine per sprigionare da esse ciò che ancora interessa ilpresente; c’è un «nocciolo conoscitivo» che dal passato si proietta versoil presente.Ernst Bloch (1885-1977), ritiene che l'«attimo vissuto» sfugga alla conoscenza e che perciò qualcosa di «non-ancora-conscio» permanga sotterraneamente come spinta al rinnovamento nel presente. Ciò è collegato da Bloch alla speranza utopica verso il futuro. Tra il passato e il presente è messa in atto una convergenza di tensioni: da un lato il passato vale se ha la forza d'urto per mettere in crisi il presente; dall'altro lato l'interprete situato nel presente deve essere pronto a mettere in discussione la gerarchia dei valori consolidati nella tradizione. critico deve passare "a contrappelo" la storia.«Leggere tra le righe» è in questo caso la parola d'ordine adottata da Benjamin. il Benjamin critico lavora ad individuare il nucleo principale di un testo in qualcosa che si fa scorgere solo marginalmente, ma che funge da motore nascosto della composizione, innervandola nel suo

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complesso. Gli «oggetti essenziali non appaiono mai, o quasi, in forma didescrizioni».Benjamin ha dedicato a Baudelaire una larga parte del proprio lavoro nella fase cruciale degli anni Trenta. Scende nella «minuzia», all'interno del testo, andando a scoprire in un singolo verso la parola su cui si concentra il significato della frase; ma è pronto ad uscire all'esterno, per collegare le figure letterarie ai fenomeni della societàe del suo ambiente. In questo movimento pendolare c'è un atteggiamento costante, che è quello di collegare i «motivi» in una «costellazione» facendo emergere al centro di essa il principio unificatore, il nocciolo sostanziale e profondo.che la connessione del particolare alla totalità non può essere preordinata in anticipo ma deve, venir fuori ricavando dalle opere al maggior grado possibile tutta l'energia che esse potenzialmente contengono.

4.7 – Marxismo e strutturalismoJEAN-PAUL SARTRE (1905-1980) nel suo pensiero il legame conl’esistenzialismo conduceva a una concezione rilevante la specificitàdell’avvenimento storico che non si esaurisce nella situazione ma tende asuperarla. Di qui il valore della libertà, il progetto rivolto al futuro.È un’analisi che convince quando ragiona in termini di gruppi sociali edi collettivi.

GOLDMANN propone una sociologia della letteratura. Egli vuole rintracciare illegame tra letteratura e società. Riferire i contenuti a una visione delmondo, o alla coscienza collettiva di un determinato gruppo sociale (comefarebbe Lukacs), risulta insufficiente se non addirittura fuorvianteperchè la coscienza può essere alienata e distorta. Con un uso deltermine struttura molto più vicino a quello strutturalista che non aquello marxista, Goldmann ipotizza che esista sempre una omologia tra lastruttura mentale e culturale indotta dalle forme della vita collettiva ela struttura del testo letterario. Queste strutture sono nello stessotempo formali e inconsce, è compito del critico e dell’interpreteriscontrarle. Tra ‘800 e ‘900 Goldmann rintraccia il passaggio a nuovefasi dello sviluppo sociale che si riverberano sulle strutture narrative.Goldmann definisce il suo metodo strutturalismo genetico. Esso si basasui due movimenti congiunti della comprensione e della spiegazione.Mentre la comprensione rimane ancora al giudizio di fatto, spiegarel’opera negli orizzonti della storia significa darne un giudizio divalore. Goldmann ritiene indispensabili entrambi i livelli, e in ciòrisiede il suo tentativo di sintesi tra marxismo e strutturalismo. Ilprimo livello, la comprensione, è quello comunemente praticatodall’indagine strutturalista, il secondo, la spiegazione, è quello piùproprio delle correnti ispirate dal marxismo. Senonchè, la propostagoldmanniana da un lato non scende nei particolari del testo rimanendo al

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rilevamento di strutture molto generali e generiche. Dall’altro latofinisce per legare troppo strettamente le opere alla loro epoca facendopassare in secondo piano, nella omologia obbligata tra società eletteratura, i caratteri discordanti e conflittuali.

Per ALTHUSSER la struttura è una rete di rapporti che attraversa tuttigli ambiti della realtà, che egli definisce totalità complessa. Il suosforzo è teso a liberare l’azione rivoluzionaria da tutti i valorirassicuranti, in particolare egli attacca lo stalinismo per il suogenerico umanesimo, che impediscono di fare i conti con la realtà dellalotta di classe. La teoria, in quanto attività di conoscenza scientifica,viene nettamente opposta all’ideologia come soluzione immaginaria eillusoria. Althusser è convinto che anche il testo letterario-artisticopossa mantenere una propria carica critica che si situa al livello dellastrutturazione del testo. Più che ordinare gli elementi in classi diventaimportante vedere i rapporti e i non rapporti interni di forza tra glielementi della struttura dell’opera.

4.8 – Il problema dello specifico letterario in della VolpeLa più convincente teoria dello specifico artistico e letterario è venutada GALVANO DELLA VOLPE (1895-1968) in particolare dalla Critica del gustodella Volpe sostiene che la conoscenza non può essere suddivisa in unlivello intuitivo e in un livello razionale, ma è un intreccio disentimento e di logica. Perciò viene a cadere la possibilità di assegnarealla letteratura il livello relativo all’intuizione, all’emozioneimmediata. La specificità letteraria risiede nell’aspetto tecnico, nelmodo con cui è organizzato il linguaggio poetico. Della Volpe rovesciacompletamente l’impostazione dei formalisti: mentre quelli vedevano nellinguaggio un mezzo unico adibito a fini diversi qui al contrario c’èl’identità del fine raggiunto con mezzi diversi. Della Volpe elabora unoschema complesso: una tripartizione dove il linguaggio comune èconfrontato con quello della filosofia e della scienza. Della Volpepropone di distinguere, in base alla tecnica semantica, 3 tipi dilinguaggio che egli individua nei termini: equivoco, univoco e plurivoco.Il linguaggio comune è equivoco. Il linguaggio scientifico e filosofico èunivoco. Il linguaggio poetico è plurivoco o anche detto polisenso cioèil testo poetico o letterario significa nel suo insieme. Non c’ècontrapposizione per della Volpe tra discorso e poesia. Sono due modiparalleli e paritari. Della Volpe ribalta la tradizionale ripartizione diforma e contenuto attribuendo alle idee il livello formale e al materialelinguistico e immaginativo quello del contenuto. Della Volpe è tra iteorici di ispirazione marxista, quello che ha maggiormente rivendicatoil carattere anche intellettuale dell’arte. Della Volpe ribatte che lefigure retoriche e in particolare la metafora non possono mai esserecomprese correttamente se si fa a meno del nesso intellettuale su cui sifondano. La chiave semantica della poesia che egli mette in opera prevedeche gli effetti di suono, di musicalità e di ritmo non venga conferito un

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senso indipendente ma soltanto un apporto ausiliario. Poiché della Volpeassegna alle idee la responsabilità formale dell’opera, al criticotoccherà di dare parere sulla validità delle idee e delle loro forme; ilche comporta la valutazione del grado di complessità e di organicità chele idee hanno raggiunto. Ma nello stesso tempo del grado di incidenzastorica attuale delle idee e della loro necessità storica.

4.9 – Il lavoro dei segniL’origine della semiotica moderna risale all’800 con CHARLES SANDERSPEIRCE (1839-1914) al posto del significante e significato proponesegno, oggetto e interpretante.

Il nesso tra semiotica e marxismo verrà stretto più a fondo negli anni‘60/’70, in Italia a opera di FERRUCIO ROSSI-LANDI (1921-1985) cose eparole sono prodotte insieme in quella realtà complessiva che eglidenomina riproduzione sociale che è l’insieme dei processi per mezzo deiquali una comunità o società sopravvive, accrescendosi o almenocontinuando ad esistere. Una volta articolato il ciclo produttivo nelletre fasi produzione-scambio-consumo l’intervento dei segni verbali siconcentrerà nella fase di mezzo, nello scambio. Affinché due oggettimateriali vengano scambiati è necessario che i due uomini che se liscambiano si servano di sistemi segnici. Produzione e comunicazione,dunque, sono intrecciate e incastrate l’una nell’altra. La comunicazioneè vista dentro e addirittura al centro del meccanismo produttivo-riproduttivo. Certo il lavoro linguistico non manca di provocareproblemi. Se c’è una alienazione linguistica come uscirne? Rossi-Landirisponde che nell’ideologia si aprono due strade alternativa: da un latole ideologie conservatrici che fanno perno su un valore ritenuto ancorada costruire. Egli sostiene che il realismo corrisponde ai codicidominanti, è quel messaggio che il pubblico capisce ed accetta subito efacilmente come proprio. Mentre per contro l’avanguardia indica queimessaggi dotati di un’esigenza di aumento della quantità d’informazione edi rinnovamento comunicativo, implicando un rinnovamento sociale. Leazioni compiute dai personaggi possono essere utilmente comparate conquei sistemi di segni non verbali che sono i comportamenti. Icomportamenti non sono retti da codici definiti ma da programmi. Laletteratura spesso ha il merito di portare a galla e rendere visibile laprogrammazione della comunicazione non verbale. La valutazionedell’autore deve riguardare il suo grado di eccedenza. L’autore èproduttore ma solo come ingranaggio di una macchina più grande di luianche nel senso (come in Benjamin) che produce novità e consapevolezza.Il lavoro dei segni può anzi deve essere anche lavoro sui segni.

CAP.55.1 – L’analisi del profondoL’indirizzo critico assume una nuova impostazione dopo l’avvento dellapsicoanalisi. I termini e i concetti della psicoanalisi provengono dalle

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innovazioni introdotte da SIGMUND FREUD (1856-1939) nel trattamento dellemalattie mentali alle soglie del ‘900. Freud affrontava i casi clinicinon attribuendone le cause a disfunzioni cerebrali, ma cercandone ilmotivo in accadimenti traumatici dell’esistenza trascorsa. Il medicodoveva vestire i panni dell’analista attraverso un minuzioso lavoro diinterpretazione e di scavo delle espressioni meno controllate,soprattutto i sogni e le libere associazioni.Freud portò avanti leipotesi che andarono a costituire l’apparato scientifico dellapsicoanalisi innanzitutto con la nozione di inconscio. La psicoanalisiafferma che le ragioni del comportamento umano risiedono in piccola partenella coscienza, mentre sono molto più forti i moventi inconsci. Freuddescrive l’inconscio come il luogo delle pulsioni. Nell’inconscioagiscono le forze aggressive e le energie vitali primarie.. lapsicoanalisi è dunque un metodo interpretativo che non accetta leapparenze immediate e non si stupisce di dover mettere in mora ciò che ilparlante dice e asserisce di voler dire. Alla triade coscienza-preconscio-inconscio si aggiunse una nuova terna formata da Io (ilserbatoio primario dell’energia psichica contenente le pulsioniereditarie, innate e quelle rimosse), Es (è la parte della psiche incontatto con l’esterno attraverso la percezione) e SuperIo (è solo inparte cosciente ed è costituito da quei divieti che l’Io è statocostretto ad accettare e ad introiettare). Così dall’osservazione delledevianze e delle anomalie la psicoanalisi giungeva a costruire una teoriadei processi costitutivi della psiche. E poteva andare anche oltreapplicando le proprie scoperte alle aree delle scienze umane, ivicompresa la letteratura. La sorte della società moderna dipende per Freuddall’esito di grandi conflitti tra le istanze profonde dell’uomo: da unlato tra principio del piacere e principio di realtà, dall’altro tra erose pulsioni di morte. Una certa attenzione alla letteratura è presentenella psicoanalisi fin dalle origini. Il punto di partenza della ricercafreudiana era stato l’interpretazione dei sogni. Di fronte al raccontodel sogno l’analista si comporta come un critico letterario che cechi diritrovare il senso al di là della lettera del testo.

5.2 – La concezione dell’arte in FreudFreud ha scritto che per la psicoanalisi i poeti sono alleati preziosi inquanto essi sanno in genere una quantità di cose fra cielo e terra che ilnostro sapere accademico neppure sospetta. Non c’è da stupirsi che egliutilizzi accanto ai casi clinici anche le finzioni della letteratura oche si abbandoni a disgressioni nel campo dell’arte. Per lui l’arte e lascrittura creativa si trovano in una posizione privilegiata quasi a metàstrada tra la coscienza e l’inconscio. Freud sottolinea che la tragediagreca su Edipo si incentra sul complesso psichico dell’attrazione per lamadre e dell’odio verso il padre,ma lo mostra secondo la cultura deltempo come conseguenza ineluttabile della volontà esterna del destino. Isogni a cocchi aperti ci ricompensano dei desideri che la realtà non èstata in grado di soddisfare. L’arte sarebbe un tipo speciale di

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fantasticheria che si distingue per essere un atto di comunicazione,mentre la fantasticheria vera e propria è un’attività privata chedifficilmente si confessa. Allo scrittore dunque è concesso il privilegiodi esporre pubblicamente senza vergogna le proprie fantasticherie. Freudha proceduto con grande cautela nel trasferire le scoperte dellapsicologia del profondo al campo della letteratura e dell’arte. Inparticolare egli ritiene che su un punto la psicoanalisi non possa dirnulla, cioè sul problema dell’origine dell’arte. Il dono meraviglioso checontraddistingue l’artista rimane un enigma e la psicoanalisi non siintromette nella questione della valutazione estetica. Lo spettatorecondannato a un’esistenza piena di rinunce e di frustrazioni è portato aidentificarsi con l’eroe che vede sulla scena. La convinzione che ilcomportamento di un personaggio di finzione possa essere analizzato alostesso modo di quello di una persona e l’idea che il personaggioprotagonista risulti il portavoce diretto dell’autore, assegnatario deiproblemi interiori di quello. Sebbene Freud non abbia sottovalutatol’importanza dei materiali anonimi nella sua opera, è stato prevalentel’interesse per la figura dell’autore, da raggiungere al di làdell’opera. Freud pur incoraggiando l’uso della psicoanalisi al serviziodella biografia era consapevole delle difficoltà di un’indagine condottain assenza del soggetto in esame e operante con documento non sicuri,parziali e lacunosi. L’analisi di Freud ci insegna a indovinare cosesegrete e nascoste in base a elementi poco apprezzati e inavvertitidell’osservazione.

5.3 – Psicoanalisi dell’autore, psicoanalisi del personaggio opsicoanalisi degli effettiI continuatori di Freud guardarono molto di più ai materiali che nonall’effetto. Sarà quindi il nesso personaggio-autore o, semmai, ilrapporto tra i motivi letterari e le strutture psichiche, a predominarenei primi tentativi di critica letteraria ispirati alla psicoanalisi.Molti di questi tentativi furono affidati alle pagine della rivista Imagonata nel 1912.

OTTO RANK (1884-1939) ha dedicato al tema del doppio un saggio in cuisi propone di spiegare le ripetute apparizioni di un personaggio in tuttoidentico al protagonista, che lo sostituisce, lo perseguita e lo conducealla morte. Tutti i casi del doppio entrano a far parte secondo lui diuna costellazione psichica dominata dalla scissione dell’Io. Il tema deldoppio è stato trattato da quasi tutti i romantici. Il saggio dà il primoposto a Hoffmann (definito per eccellenza il poeta del doppio) e a Poeoltre che a Maupassant, Dostoevskij e Oscar Wilde, prevalentemente autoridella letteratura fantastica. Ma mentre Freud si adopera a spiegarel’effetto sinistro di inquietudine o di terrore indotto da questi e altrisimili racconti, Rank procede invece a ritroso, dall’opera all’autore. Lafrequentazione del tema del doppio viene ricondotta alla psiche degliautori. Ma questa propensione verso la psicoanalisi dell’autore non

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esaurisce il lavoro del critico, che passa in un capitolo successivo adanalizzare le analogie del tema letterario con le produzioni delfolklore. Così arricchito di spessore, il tema letterario può esseremesso in rapporto con un meccanismo psichico di portata generale chetravalica le epoche e i generi.

GEORG GRODDECK (1866-1934) sviluppa il tentativo di interpretare laproduzione anonima e popolare sulla base di un rinvenimento quasiossessivo della simbologia sessuale.

MARIE BONAPARTE (1822-1962) si distingue l suo lavoro sulla lineadella psicoanalisi applicata alla biografia su Edgard Allan Poe. Lacritica psicoanalitica si trova ad utilizzare l’opera in funzione dellabiografia e a dare per scontata l’identificazione dell’eroe con l’autore.

ERNEST JONES (1879-1958) ha puntato sulla psicoanalisi il suo saggiosu Amleto. Jones svolse le sue riflessioni seguendo l’indicazionefreudiana dei rapporti sotterranei tra Amleto ed Edipo. Da un lato nonmanca la biografia di Shakespeare. Jones applica il metodo comparativomettendo in relazione la trama di Amleto con i temi primordiali dei mitie delle leggende.

Nel secondo dopoguerra i critici mostrano una maggiore libertà d’azionerispetto ai canonici schemi freudiani, ma in definitiva l’impostazione difondo e i problemi affrontati restano gli stessi.

JEAN PAUL SARTRE propone una psicoanalisi esistenziale, un’indaginesull’individuo autore che non sia solo rivolta alle cause riposte nelpassato, ma si interroghi sulla scelta della posizione nel mondo che ilsoggetto in questione ha compiuto, nella situazione in cui si è trovato,tra le tecniche e i ruoli, facendo i conti con l’ideologia della suaclasse. Sartre ricade nel modello della ricerca biografica: le opere sonofunzionalizzate alla ricostruzione della totalità dell’autore.

In Italia GIACOMO DEBENEDETTI (1901-1967) anche se mantiene l’idea delpersonaggio come emissario dell’autore, l’attenzione a certeconfigurazioni di immagini conduce in prossimità della critica tematica.

KATE MILLET (1934-vivente) critica femminista, devia dall’ortodossiapsicoanalitica propendendo non verso l’indagine eziologia ma verso ladenuncia radicale dell’ideologia maschile.

BRUNO BETTELHAIM (1903-1989) rappresenta il terzo ramo della criticaispirata alla psicoanalisi che considera la questione degli effettimanifestato nello studio delle fiabe. Il testo della fiaba è quello piùadatto ai bisogni del piccolo lettore per esteriorizzare in modocontrollabile i propri conflitti interiori e così lo aiuta a strutturare

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la personalità. L’ipotesi di Bettelhaim che la rielaborazione immaginariasia utile a ridurre la dannosità del materiale inconscio e a fare in modoche parte delle sue energie servano a scopi positivi potrebbe applicarsiin generale a tutta la finzione letteraria.

5.4 – Nella rete delle immaginiGià nell’Interpretazione dei sogni Freud aveva notato la presenza di simbolicioè rappresentazioni inconsce.Questo aspetto verrà approfondito da CARL GUSTAV JUNG (1857-1961) eglicollaborò con Freud per poi staccarsene e fondare quella linea dellaricerca che prenderà da lui il nome di junghiana. La deviazione di Jungconsiste proprio nella considerazione dell’inconscio collettivo, unostrato dell’inconscio più profondo di quello individuale, un repertoriodi immagini ancestrali presenti da sempre nell’uomo. Queste immaginiarcaiche e originarie sono denominate da Jung archetipi. Quanto aiproblemi letterari,che Jung affronta nel saggio Psicologia e poesia, lacreazione artistica è considerata una delle migliori vie di accesso allarealtà psichica soprattutto quando si tratti di creazione visionaria.Nell’ottica junghiana il grande poeta è colui che riesce a superare lacoscienza singola per far parlare gli archetipi, secondo l’esigenzapsichica della collettività. Da ciò discende un atteggiamento didisponibilità nei confronti dell’opera: lasciamo che l’opera d’arteagisca su di noi come ha agito sul poeta. Per comprenderne ilsignificato, bisogna lasciarsi plasmare da lei come essa ha plasmato ilpoeta. Riemerge qui il modello platonico: l’effetto non va spiegato, maci si deve abbandonare ad esso. La versione della psicoanalisi offerta daJung ha molto stimolato lo studio dell’immaginario collettivo.

GASTON BACHELARD (1884-1962) secondo lui il regno della fantasia èdiviso in 4 grandi ambiti che corrispondono ai 4 elementi primordiali:fuoco, aria, acqua, terra. Ogni scrittore è portato a propendere nellascelta dei propri temi e delle proprie metafore più verso l’uno o versol’altro elemento. La ricerca bachelardiana ha affrontato le fantasie sulrapporto tra l’uomo e la dimensione spaziale. Bachelard propone dichiamare topo-analisi tale indagine sulle forme spaziali. Bachelardappare del tutto disposto a farsi assorbire nel potere dell’immagine. Asuo modo di vedere non bisogna ricondurre le immagini al passato malasciarsi prendere dal loro scaturire e cioè dalla novità che essemostrano al momento della lettura. Si può capire, allora, il progressivodistacco di Bachelard dalla psicoanalisi. Ma non è solo contro lapsicoanalisi che va a parare il discorso bachelardiano. Esso sembraescludere in generale qualunque atteggiamento critico esplicativo. Alcritico letterario si sostituisce la figura del lettore appassionato chepuò cogliere l’espansione immaginativa del testo grazie allo slanciodella simpatia e dell’ammirazione.

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JEAN-PIERRE RICHARD (1922-vivente) affronta particolarmente l’universoimmaginario di ciascuno scrittore di cui tratta, traendo dall’opera glielementi base, il modo con cui vengono rese le reazioni, le forme o icolori preferiti dalla fantasia dell’autore. Siamo però fuori dellacritica psicoanalitica propriamente detta perché questi aspetti vanno acostituire l’insieme esistenziale dell’essere di uno scrittore e nonl’inconscio.

Il problema dell’immagine non era sfuggito alla critica psicoanaliticapiù ortodossa. Il miglior esempio di psicocritica è di CHARLES MAURON(1899-1966) in polemica con la critica tematica sostiene che non ci sipuò limitare a inventariare le immagini ricorrenti di uno scrittore, mabisogna ricondurle ai processi inconsci corrispondenti. Non tutte leimmagini usate da un autore abbiano uguale importanza: ve ne sono alcuneche tornano con tale insistenza da poter essere definite metaforeossessive. Per scoprire quali siano è necessaria l’analisi del testo. Leparole e le immagini vengono raggruppate secondo le sfumature affettive.Se si sovrappongono altri testi a quello di partenza si scopre che questarete di associazioni è costante. Le reti da lui individuate sono un’altracosa rispetto alla tecnica letteraria di cui chi scrive può averecoscienza: sono in comunicazione diretta con la realtà psichicainconscia. Con ulteriori passaggi, dalla rete delle immagini vengonoestratte le figure mitiche sulla quale le varie opere ritornanoossessivamente. È raggiunto così il mito personale ovvero il fantasma piùfrequente in uno scrittore. Certo non prende per buoni i personaggiimmediatamente riconoscibili, ma li ricava dall’analisi delle immagini.Tuttavia alla fine i risultati dell’analisi sono rapportati non alleistituzioni letterarie ma alle vicende biografiche dell’autore.

5.5 – Psicoanalisi e struttura del linguaggioCon le reti individuate da Mauron, la psicoanalisi si avvicina allestrutture linguistiche. E non poteva mancare interscambio tra l’analisidel profondo e quella del linguaggio.

Il punto di massimo contatto tra psicoanalisi e strutturalismo vieneraggiunto in Francia dalla teoria diJACQUES LACAN (1901-1981) egli identifica l’inconscio con illinguaggio. Ogni soggetto umano viene a costituirsi con l’accesso allinguaggio. Il linguaggio non ci appartiene, lo troviamo già tuttocostituito. Nella teoria di Lacan l’inconscio è visto come linguaggio.Nelle manifestazioni dell’inconscio, quando ciò che diciamo o facciamoappare come qualcosa di estraneo alla nostra coscienza, noi non loriconosciamo per nostro. Allora viene in evidenza questa voceimpersonale, che Lacan definisce il discorso dell’Altro. Il desiderio èvisto come una catena di significanti in cerca di significato. Va notatoperò che l’importanza attribuita al linguaggio non rafforza la certezzadell’analisi, anzi turba la posizione stessa dell’analista. La teoria

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lacaniana è radicalmente pessimista: il soggetto nel suo accedere allinguaggio, si scinde irreparabilmente e non può mai raggiungere un sensointegro e definitivo. L’essere umano è sospinto dal vuoto, dalla mancanzaa essere. All’immaginario e al simbolico è associato un terzo termine: ilreale. Ma il reale non è la realtà, è qualcosa di irraggiungibile che puòsolo fare irruzione come perdita di senso. Le ipotesi lacaniane possonoessere applicate alle situazioni letterarie. In più hanno suscitatointerpretazioni riguardo ai giochi verbali sulle lettere o alleparticolari dislocazioni dei significanti nel testo. Ma non solo: l’ideadel significante dominante o del grande Altro ha condotto anche verso lapsicoanalisi della politica e la reinterpretazione delle formazioniideologiche dell’immaginario collettivo.

È soprattutto negli anni ’70 che si è svolto il tentativo di applicare lapsicoanalisi ai livelli linguistici dell’opera letteraria. Un ruoloimportante è stato tenuto dal Gruppo attorno alla rivista TEL QUEL, ruoloconnesso anche alle realizzazioni testuali della scrittura.

JULIA KRISTEVA (1941-vivente) nelle sue proposte risulta chiaro ilpunto di distacco dallo strutturalismo. L’individuazione del codice non èpiù sufficiente ma bisogna riuscire a vedere l’intero processo dicostituzione di ciò che ella chiama la significanza. Qui la psicoanalisiè d’aiuto. Si tratta infatti di guardare al di sotto delle strutture perpercepire gli spostamenti di energie pulsionali che attraversano lapratica del linguaggio e possono arrivare a deformare e a sconvolgere lasuperficie dell’espressione rompendo la catena significante e lastruttura della significazione. La Kristeva distingue in un primo tempotra feno-testo (indica la superficie del livello codificato dellinguaggio comunicativo) e geno-testo (indica la profondità delle fasidinamiche della produzione del testo). Adotterà in un secondo momentoun’analoga opposizione tra simbolico e semiotico dove il primo terminericopre l’area del linguaggio organizzato e il secondo gli aspetti in cuiemerge la violenza delle cariche pulsionali. Gli aspetti linguistici cherendono leggibile l’istanza delle pulsioni è il dispositivo fonematica emelodico del linguaggio poetico. Va precisato che la Kristeva allude afenomeni fonici e ritmici diversi da quelli della retorica e dellametrica classica. Ella mette in relazione il livello fonico-pulsionalecon quello semantico-cosciente.

In questi esiti degli anni ’70 le scoperte della psicoanalisi sonoutilizzate in senso rivoluzionario nella contrapposizione diretta tra lepulsioni e la repressione sociale. Altrettanto il linguaggio poeticoviene anteposto al linguaggio comunicativo. Nella situazione culturalefrancese elementi di psicoanalisi entreranno a far parte anche delbagaglio teorico del poststrutturalismo.

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JEAN-FRANCOIS LYOTARD (1924-1998) e GILLES DELEUZE (1925-1995) reinterpretano l’inconscio in termini di zone di tensioni, di campi diforze, insomma nel quadro di una meccanica delle pulsioni e degliinvestimenti affettivi connessa alle grandi macchine sociali (leistituzioni, il potere,…). Lyotard di recente ha contribuito alladiffusione della nozione di postmoderno. Deleuze ha trovato neimeccanismi testuali il riscontro dell’inconscio concepito come macchinadesiderate. Anch’egli con il rischio di un’estetizzazione del marginale.

5.6 – Il ritorno del represso in letteraturaFRANCESCO ORLANDO (1934-vivente) con la teoria freudiana della letteraturascarta gli scritti freudiani più famosi. Il miglior ausilio per ilcritico è trovato nella ricerca sul motto di spirito: la parola arguta, labarzelletta sono viste come esempio di comunicazione letteraria. Mentreil sogno o il lapsus sono manifestazioni dell’inconscio che sfuggonoalla nostra volontà, nella battuta spiritosa l’inconscio si manifesta inuna comunicazione linguistica intenzionalmente rivolta a qualcuno,analogamente a quanto accade per le più reputate produzioni letterarie.Orlando sottolinea che Freud da un lato vede nel ricorso al motto dispirito un modo per aggirare la censura ma dall’altro ritiene che latecnica della battuta sia inscindibile dai contenuti e comporti essastessa un profitto di piacere. Queste indicazioni freudiane possonoessere estese a tutto il campo della letteratura. Mentre Freud parla diritorno del rimosso, le pulsioni censurate, Orlando preferisce parlare diritorno del represso, allargando a comprendere le censure imposte daforze sociali e storiche. Questo attacco alla repressione può avvenire informe non solo inconsce ma anche di consapevole e progettatarivendicazione. Orlando istituisce tutta una gradazione del ritorno delrepresso i letteratura. Si va dall’assenza di consapevolezza, in cui ilritorno del represso è inconscio e quindi oscuro all’autore stesso; alritorno del represso conscio ma non accettato, quando l’autore lottaall’interno del proprio testo contro i contenuti che vi emergono; alritorno del represso accettato ma non propugnato, che prevede ilriconoscimento da parte della coscienza dell’autore fino ai casi dimaggiore consapevolezza, che sono quelli della cosiddetta letteraturaimpegnata: il ritorno del represso propugnato ma non autorizzato e infineil ritorno del represso autorizzato proprio della contesa tra diverseposizioni culturali. Questa suddivisione è per Orlando uno strumentooperativo e non una griglia di classificazione delle opere. A differenzadella gran parte della critica psicoanalitica, Orlando lega strettamentel’emersione dei contenuti alla considerazione della specifica tecnicadella letteratura. La società consente allo scrittore la finzione e ilgioco con il linguaggio: è quindi possibile, secondo Orlando, applicarela formula del ritorno del represso alla stessa forma del testoletterario definendolo il ritorno del represso formale. I vari giochi deltesto sono riconducibili nel loro insieme agli spostamenti del legame trasignificante e significato sotto il termine usato in retorica antica di

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figura. Se gli spostamenti e le deviazioni tra significanti e significatisono in eccesso, il testo diventa completamente oscuro. È quello cheaccade in certe manifestazioni dell’inconscio come il sogno. Orlandoritiene che ogni figura debba essere ricondotta a un principio diorganizzazione generale come strumento appropriato a esprimeredeterminati contenuti. Orlando ritiene che i significanti vadano semprevisti quali portatori di significati. Il livello del contenuto e quellodella forma ricevono pari attenzione e risultano collegati fra loro.L’idea freudiana che il piacere prodotto dalla tecnica linguistica rendaaccettabili certi contenuti non consentiti, viene così rielaborata esviluppata. In Orlando la letteratura come formazione di compromesso fa iconti soprattutto con i divieti formulati dalla società. La critica,allora, recupera la prospettiva storica che andrebbe altrimenti perduta.La manifestazione linguistica di tipo letterario è, secondo Orlando,l’esito di uno scontro di forze psichiche, che sono leggibili nel testocome significati in contrasto.

CAP.66.1 – La lettura come esperienzaLa critica, in quanto offre le coordinate per avvicinarsi a un testo ecapirlo, ha sempre di mira la lettura. La lettura sta sempre a valle (come finalità della critica) ma anche amonte: il critico non è altro che un lettore come tutti gli altri, ma inpiù propone la sua interpretazione ed esperienza. E’un rapporto “a due”nel quale il testo non ha la possibilità di controbattere, per cui ilcritico-lettore ha tutta la responsabilità di quanto accade. Il critico è al servizio dell’autore, ma più che altro è un servo-padrone.I nodi legati alla lettura di un testo sono tuttora dibattiti aperti e loscetticismo accompagna ogni critica che è dichiaratamente soggettiva. Macome difendere i diritti di un testo dalla libertà del suo interprete? Incosa il critico si differenzia da un lettore comune? Cosa lo autorizza arendere pubblica la sua esperienza? Dal punto di vista storico, come siricostruisce il mutare dell’orizzonte nella ricezione del testo?All’interno del testo poi, com’è l’atteggiamento del lettore? Siimpadronisce del testo per intenderlo a suo piacere o si lasciacondizionare e quindi percorre il sentiero previsto che è implicito neltesto? Intorno a questi nodi si è svolto dunque il dibattito sullacritica nella seconda metà del Novecento. Gli sviluppi novecenteschihanno tratto il loro fondamento teorico soprattutto nelle “filosofiedella vita”: la fenomenologia di Edmund Husserl (1859-1938) el’esistenzialismo di Martin Heidegger (1889-1938).Da Husserl e dal suo metodo di apertura ai fenomeni e al mondo dellavita, la critica di indirizzo fenomenologico ha ripreso l’atteggiamentodi continua interrogazione tra il ricercatore e “la cosa”.

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Da Heidegger e dalla sua concezione dell’esistenza come “comprensione”dell’essere-nel-mondo è sorto il ritorno all’ermeneutica (è l’arte diintendere e interpretare i testi e i documenti antichi).L’attenzione sul momento della lettura si è diffusa in varie forme.Secondo il saggista belga GEORGES POULET (1902-1991) la lettura deveessere l’incontro di due coscienze: se l’essenza dell’opera è lacoscienza soggettiva che si manifesta in essa, allora la “coscienzacritica” deve prestarsi a ospitare questa coscienza altrui. La letturaconsiste per Poulet nel cedere il posto a un altro essere, per poterlocomprendere intuitivamente.Diversa angolatura per l’italiano LUCIANO ANCESCHI (1911-1996) la suacritica e la sua ricerca, di ispirazione fenomenologia, puntano ariconoscere le particolarità dei fenomeni, ma anche a individuare lelinee portanti di una data situazione (le “direzioni vettoriali” o le“istituzioni”).

6.2 – Il caso BlanchotNel clima letterario prodotto dall’esistenzialismo un posto a partemerita il critico francese MAURICE BLANCHOT (1907-2003) considera laletteratura “assurda” e “paradossale”. Lo “spazio letterario”, appuntoper essere tale, dovrebbe portare chi gli si avvicina all’esperienzalimite della perdita di se stesso. Flaubert, Mallarmè, Kafka, Rilke,Proust vengono letti in questa chiave come coloro che aprono l’accesso aun’ “alterità negativa” (uso di termini quali “morte”, “notte”, “abisso”,“oscuro”). Partendo dalla constatazione che per scrivere bisogna esseresoli, Blanchot sviluppa all’estremo il rapporto della parola letterariacon la solitudine e col silenzio. Ma la solitudine e il silenzio sono incontrasto, appunto, con la parola. Perciò, si interroga Blanchot, “come èpossibile la letteratura?”. La letteratura poggia dunque su unaparadossale ambiguità che va intesa come compresenza di significato eassenza di significato. L’opera rappresenta dunque un conflitto internofra il vuoto dell’angoscia e il tentativo di comunicare. Ma, mentrel’autore, spinto dal vuoto, non può che continuare a scrivere, l’opera,una volta compiuta si distacca dal suo autore per finire nelle mani dellettore, che libera definitivamente l’opera dal suo autore. L’ingressonello “spazio letterario” comporta per il lettore il rischio dellaperdita delle proprie certezze, l’opera è dunque il luogo della perditadelle sicurezze del suo lettore. Il lettore è chiamato a “partecipare”all’opera ma l’opera, in quanto manifestazione del vuoto, lo tiene adistanza. La lettura si gioca quindi tra fascinazione ed estraneità. Ilgiusto modo di leggere deve accettare questo gioco: sarà più vicinoall’opera colui che “mantiene integra” la distanza e “la riconosce operasenza di lui”. Questo è, per Blanchot, il metodo della “discrezione”.L’opera è quindi, secondo lui, inattaccabile dalle interpretazioni: lacritica è un tramite non solo inutile, ma anche dannoso quando sifrappone fra l’opera e il lettore dettandogli le norme dell’approccio altesto. Il giudizio del critico sarebbe anche colpevole di coprire il

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vuoto costitutivo della letteratura, di spostarne lo spazio paragonandol’opera a qualcosa d’altro, fosse la morale o le regole di estetica,violando quell’”ambiguità essenziale”. Per assurdo l’opera “più èapprezzata, più è in pericolo”. Se invece messa da parte e dimenticatal’opera può preservarsi intatta da strumentalizzazioni. Ma è naturalmenteun paradosso perché Blanchot è un critico e lavora per promuovere i suoiautori prediletti, quindi non può non ammettere che esiste un compitopositivo della critica, a patto che questa lasci alla profonditàdell’opera la possibilità di manifestarsi.

6.3 – Il dibattito sull’ermeneuticaRipresa nell’Ottocento, è soprattutto nel Novecento che l’ermeneutica(l’arte di intendere e interpretare testi e documenti antichi), con lafilosofia esistenzialista di HEIDEGGER, assurge a modello generale.Heidegger vede un aspetto ermeneutico (interpretativo) nella situazionedell’uomo “gettato” nel mondo: l’agire in una determinata situazionenecessita prima di una “comprensione” della situazione stessa; questacomprensione globale viene prima di ogni analisi dei particolari. Il“circolo ermeneutico” (da una visione del tutto si procede versol’individuazione dei particolari per poi tornare al tutto) ècaratteristico di ogni esperienza umana. Su questa linea tracciata da Heidegger si è mosso un altro pensatoretedesco, HANS GADAMER (1990-2002). Per Gadamer, la comprensione diqualsiasi messaggio parte da un “pregiudizio”: noi ci accostiamo a untesto avendo già idea di quello che troveremo. Per Gadamer il pregiudizionon nasce da un’esperienza soggettiva ma dipende da un sostrato culturalecomune a tutti. L’interprete (un esperto) ha il compito di mediare ilrapporto tra l’opera del passato e i lettori di oggi. Il lavorodell’esperto illustra ciò che il testo voleva dire tanto quanto un attoreo un musicista “attualizzano” un testo teatrale o uno spartito. PerGadamer il dovere del critico è dunque quello di consentire alla paroladi superare il divario storico e di parlare ancora. Ma la ricostruzionestorica (il senso “originario” rispetto ai lettori del suo tempo) èsemplicemente impossibile; il critico deve però permettere un adattamentoall’orizzonte attuale e contemporaneo, una “fusione d’orizzonti” che vedel’interpretazione come un “dialogo” fra passato e presente. In “Verità emetodo” (1960), la sua opera più importante, se l’interpretazione deveassomigliare all’apertura di un dialogo con il testo, le regoleprefissate di un qualsiasi metodo applicato sarebbero disturbanti.L’interpretazione deve assolvere il suo compito di interpretazione nelmodo meno appariscente possibile: “paradossalmente un’interpretazione ègiusta proprio quando è capace di scomparire”. Per Gadamer il giudizioestetico (l’opera è bella o brutta) è secondario, infatti la coscienzaestetica viene chiamata a intervenire solo in un secondo momento.Il grande successo delle sue tesi, soprattutto negli anni ottanta, sispiega proprio come reazione all’egemonia delle tesi degli annisessanta/settanta (marxismo e strutturalismo).

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Dunque l’ermeneutica, con la sua intima unità di comprendere einterpretare, riduce il peso della critica e ne limita di molto glistrumenti. Ma non è mancato anche un animato dibattito che si è snodatosu 3 punti:

1) Un primo problema è quello dell’attualizzazione del testo. Sel’ermeneutica è “l’arte di far parlare di nuovo qualche cosa”, essaadatta e traduce il senso alla situazione attuale dell’interprete.Noi uomini del presente cerchiamo di entrare in dialogo con ciò cheè stato scritto nel passato intendendolo non nel suo sensooriginario ma, mediato dalla tradizione, come se si stesserivolgendo a noi in questo momento. Questo sradicamento delleintenzioni dell’autore ha suscitato le obiezioni di ERIC HIRSCH(1928-vivente). Contro la continua variabilitàdell’interpretazione, Hirsch pone l’esigenza di riconoscere ognivolta, quale interpretazione sia più valida; l’unico criterio è, asuo parere, il ricorso al significato “originario” che l’autore hainteso trasmettere nella situazione “originaria”. Gadamer sostieneinvece che ormai che questo significato è andato definitivamenteperduto; dal canto suo, Hirsch non dice che questo sia possibile madeve essere almeno l’obiettivo al quale approssimarsi. Hirsch portapoi ad esempio negativo l’interpretazione dell’Amleto da parte diFreud. Freud legge l’Amleto in base al “complesso di Edipo”attribuendo al protagonista un desiderio inconscio nei confrontidella madre; ma questo è sicuramente un tipo di significato estraneoalla cultura di Shakespeare e perciò l’interpretazione freudianadeve essere rifiutata. Dunque per Hirsch la sola comprensione nonesaurisce l’interpretazione.

2) Sul nodo problematico del rapporto tra comprensione e spiegazione èintervenuto anche il francese PAUL RICOEUR (1913-vivente) hatentato di accostare ermeneutica e strutturalismo. Sostiene che laspiegazione del testo non può essere considerato un momentosecondario e una semplice esposizione di quanto si è compreso. Ilpunto di partenza di questo recupero delle procedure esplicative stanella concezione del simbolo. Il simbolo, in quanto contiene moltisensi nascosti, fa appello all’interpretazione, ma il dischiudersidell’inesauribile ricchezza di senso propria del simbolo dovràpassare, secondo Ricoeur, attraverso l’identificazione delle formecodificate rispetto alle quali il simbolo stesso esorbita. In questaprospettiva, l’analisi strutturalista non è più una concorrentedell’ermeneutica, ma dovrebbe diventare un’utile tappa nel camminoverso il senso. Tuttavia è l’ermeneutica a prevalere: per Ricoeurcome per Gadamer, il linguaggio non è un “oggetto” ma una“mediazione”, il che vuol dire che coglieremo il senso solo dallavisuale “chiusa” dei codici, a quella “aperta” del concreto atto dilinguaggio.

3) JURGEN HABERMAS (1929-vivente, Scuola di Francoforte) intrecciando un confronto con le posizioni ermeneutiche di Gadamer,

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dissente da esse sull’accettabilità della tradizione: i valori dellatradizione non devono essere presi per buoni solo perché hanno avutola forza di giungere fino a noi. Habermas non dà per scontata lavalidità dell’autorità sancita dalla tradizione. Il contenziosoriguarda anche la questione del “pregiudizio” che, secondol’ermeneutica, non può essere eliminato (Gadamer propende per ipregiudizi che ci uniscono perché “del senso comune”). Per Habermasi pregiudizi legittimati dalla tradizione disconoscono la forzadella riflessione. Per Habermas la lettura deve essere quindiriflessiva.Il dibattito non è chiuso: Gadamer ha risposto alle obiezioni diHabermas affermando che il riconoscimento dell’autorità non ènecessariamente qualcosa di costrittivo e opprimente. Questadiscussione, tuttora aperta, è una delle più interessanti e ha fattonascere decisive questioni di fondo: accettare la tradizione inblocco anche nelle gerarchie, o tradizioni non conformiste ealternative penalizzate dalla storia dei “vincitori”?

6.4 – Dal poststrutturalismo alla decostruzioneLe nuove strategie di lettura si sono sviluppate in seguito alla crisidello strutturalismo: la pretesa scientifica di considerare il testo comeun oggetto da analizzare ha sviluppato, per reazione, la sfiducia nellapossibilità di segnare con certezza i suoi limiti.Il poststrutturalismo vede nell’idea di un testo “chiuso” enell’attribuzione di un senso un atteggiamento riprovevole: laprevaricazione della ragione tende a escludere tutto ciò che cade fuoridai codici razionalizzabili. Il discorso qui eccede dalla criticaletteraria. I due massimi esponenti del poststrutturalismo sono infattiun epistemologo, MICHEL FOUCAULT (1926-1984) e un filosofo, JACQUESDERRIDA (1930-2004). Tuttavia per la formulazione delle loro teoriericorrono alla letteratura intesa come linguaggio non strettamenterazionale.Gli “eventi discorsivi”, secondo Foucault, non vanno ricondotti alleastratte regole da cui discendono in quanto esecuzione di un codiceimmutabile; agli enunciati va restituita la loro singolarità. Glienunciati devono essere utilizzati come documenti, reperti archeologici,da cui individuare le pratiche sociali e culturali di una storia. Dal canto suo Derrida ritiene che lo strutturalismo abbia guardatosoltanto la “forma” e non la “forza” presente sotto le strutture. Se laprofondità è irraggiungibile bisogna attenersi alle sconnessioni, allecrepe, alle incongruenze. Il punto d’appoggio è l’equivocità dellinguaggio: tutto può essere interpretato in modi diverso e persino alcontrario. Il senso di un testo non potrà mai essere definito quindi unavolta per tutte. Il testo è “aperto”, anche altri testi possonoinnestarsi in esso.Il testo viene “decostruito”, ossia viene smembrato, per mostrarnel’intima disfunzione, mettendo alcune parti contro altre e sviluppando le

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conseguenze di questa “doppiezza”. La brillante intelligenza di Derridasfocia spesso nel gioco di parole. Particolare attenzione è statadedicata ai percorsi di “mislettura”, cioè i fraintendimenti a cui iltesto va inevitabilmente incontro durante la sua fruizione. Il“derradaismo” arriva fino oltreoceano diffondendo una tendenza“decostruzionista”.PAUL DE MAN (1919-1983) belga trasferitosi negli USA, giunge perfino aformulare la “teoria del fraintendimento”. Muovendo dalla considerazionedel doppio livello del senso, letterale e figurato, de Man vede questo“doppio senso” non come arricchimento dei significati ma come unconflitto, una reciproca negazione; i livelli del testo non collaboranofra di loro ma si smentiscono reciprocamente ed è “impossibiledeterminare quale dei due prevalga sull’altro poiché non esiste l’unosenza l’altro”. Questo scetticismo di fondo conduce dubitare chel’interpretazione possa mai chiudersi sul raggiungimento di una verità.Ciò non comporta, tuttavia, l’abbandono dell’attività critica e neppurel’assoluta libertà dell’interprete nei confronti del testo.

6.5 – Il relativismo delle interpretazioniAnche il critico più convinto della qualità delle proprie ipotesi sa beneche in futuro nuove prospettive metteranno in luce aspetti del testo cheoggi non si è in grado di percepire. Un criterio di validità assoluto epermanente non esiste. Nel dibattito in corso negli Stati Uniti, la teoria per cui ogni letturaè una “mislettura” sembra annullare la differenza fra i fraintendimenti(che comunque si appoggiano al testo) e le invenzioni di pura fantasia.Se alcuni critici pongono quindi come fondamento che l’interprete èobbligato a non falsificare, altri assumono posizioni opposte. STANLEYFISH (1938-vivente) ritiene che tutto sia “relativo” al punto di vistadell’osservatore. E’ il lettore che, sulla base dei propri modelliacquisiti, scorge in una serie di segni il testo letterario. Fish nel suorelativismo preferisce sostituire al verbo “leggere” il verbo “scrivere”:è il lettore che scrive il testo. “C’è un testo in questa classe?” è il titolodel suo libro più noto e “no”, risponde Fish, “un solo testo non esisteperché ogni lettore mette in atto modelli interpretativi differenti”.Non si possono quindi redimere controversie sulle interpretazioni inquanto anche le caratteristiche “oggettive” in realtà sono già effettidella particolare angolatura adottata. La posizione di Fish può essere assegnata al pragmatismo: il significato (ola verità) di un testo esiste solo all’interno della situazione che siviene a creare nella lettura. A differenza del decostruzionismo, che vedenella lettura un messaggio costitutivamente ambiguo, Fish sostiene che ilsignificato è sempre unico, ma è esattamente quel significato che ilmetodo da noi scelto ci consente di ottenere. Secondo Fish è impossibileredimere le controversie delle interpretazioni anche ricorrendo alla“lettera” del testo: non esiste un significato “letterale”.

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Ma allora il numero di interpretazioni è infinito? No, risponde Fishpoiché nessuno inventa il proprio metodo interpretativo. Ognuno sceglie esi orienta fra i metodi già inventati da altri, aderendo a una “comunitàinterpretativa”. Niente però ci garantisce che le interpretazioni cheapparirebbero oggi assurde possano domani risultare plausibili: basta cheriescano a persuadere e ad avere successo per creare una nuova “comunitàinterpretativa”.

6.6 – La teoria della ricezione e il lettore nel testoLa scelta metodologica nota come “Teoria della ricezione”, sorta inGermania presso l’università di Costanza (da cui il nome Scuola diCostanza), mette a fuoco il momento della lettura non per “relativizzare”l’interpretazione, ma per vederne la base nell’attività dei soggetti cheleggono. La Scuola di Costanza trova i suoi principali esponenti in HANSJAUSS (1921-1997) e WOLFANG ISER (1926-vivente). JAUSS rintracciava la crisi della storia letteraria nella mancataconsiderazione della prospettiva dei lettori e notava come gi stessimetodi della critica marxista e formalista tardassero a rendersi contodell’importanza della “ricezione” e dell’ “efficacia” dell’opera. Guardandounicamente alla ricezione ci si limiterebbe alla registrazione dellafortuna di un opera o di un autore, secondo i gusti del pubblico.L’efficacia invece vuole evidenziare l’impatto dell’opera sul pubblicoanche a dispetto dei gusti vigenti. Per calcolare l’efficacia Jaussinserisce la nozione di “orizzonte d’attesa”. Il rapporto fra opera èlettore è infatti condizionato da ciò che il lettore si aspetta, sullabase delle opere del passato e dei generi letterari. E’ dunque possibileche tra “ricezione” ed “efficacia” ci sia disparità o, che proprio ilvalore innovativo di un’opera condizioni negativamente la suaaccoglienza. Contraddicendo la concezione di Gadamer per cui classica èquell’opera che da sempre è in grado di rendersi comprensibile allettore, Jauss fa notare che spesso quelli che oggi appaiono comeclassici indiscutibili hanno avuto difficoltà ad affermarsi, a causadella delusione delle attese dei contemporanei. Jauss finisce per modificare nel tempo le proprie concezioni, lasciandopiù spazio all’estetica, cioè alla “godibilità” dell’opera. In polemicacon Adorno, l’ “esperienza estetica” viene rilanciata in quantoliberazione dell’uomo dai propri vincoli quotidiani. Recentemente si èrifatto all’ermeneutica, articolando la lettura de testo in tre stadi: ilprimo livello, di “comprensione estetica”, costituirebbe la percezionedel testo; il secondo livello prevede la riflessione in cui si tornaall’intero componimento per un’interpretazione globale; il terzo livellocorrisponde allo studio della ricezione sopra illustrato. Attraversoquesta articolazione in livelli, Jauss ha conferito spessore alla suateoria. L’altra importante direzione della Scuola di Costanza è stata seguita daISER. Più che “ricezione”, Iser preferisce parlare di “risposta”: iltesto fornisce gli stimoli a cui il lettore è chiamato a rispondere. Il

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fatto letterario possiede due polarità: quello “artistico” e quello“estetico”. L’opera occupa lo spazio intermedio e il significato derivadall’interazione fra testo e lettore. Il testo presenta margini di“indeterminatezza” che vengono colmati dal lettore, il qualepartecipa alla formazione del senso portando le proprie esperienze.L’opera suscita nella fantasia del lettore immagini mentali che integranoil testo. Nessuna descrizione è mai talmente dettagliata da nonconsentire l’intervento della nostra immaginazione.Iser considera importanti anche le strategie che il testo dispiega lungol’asse temporale. Ogni frase, a causa della sua indeterminatezza, generadelle aspettative. Una completa saturazione delle aspettative è pocoprobabile e soprattutto farebbe cadere l’interesse del lettore. Perché cisia “coinvolgimento”, secondo Iser, è necessario che le nostreaspettative non ottengano piena soddisfazione. I critici, di fatto, “nonfanno altro che cercare di tradurre il loro coinvolgimento in unlinguaggio referenziale”.Anche l’italiano Umberto Eco (1932-vivente) ha analizzato la“cooperazione” del lettore. Secondo Eco il lettore è nel testo, nel sensoche il testo prevede già in partenza il suo ruolo e il suo apportopartecipativo. Elaborata in contemporanea con quella di Iser, la teoriadi Eco sembra lasciare minori spazi alla fantasia del lettore: mentreIser parla di “lettore implicito”, Eco crea il ruolo del “lettoremodello”, quel lettore previsto dal testo per la realizzazione dei suoieffetti. Delle competenze del “lettore modello” si suppone faccia parteanche un bagaglio di “sceneggiature”, ossia quelle sequenze canoniche chepossiamo prevedere come sviluppi probabili di determinate situazioni (Es:se in una comica compare una torta per noi è presumibile che verrà tiratain faccia a uno dei personaggi).Secondo Eco, l’interpretazione di un testo consiste proprio nel mettersinei panni del “lettore modello”, nell’accettare di giocare il giocopredisposto dal testo.

CAP.77.1 – Bachtin e la letteratura pluridiscorsivaTra i critici al confine delle grandi correnti del Novecento,una delle figure principali è MICHAIL BACHTIN (1895-1795) lasua posizione non allineata né al formalismo, né alla criticamarxista dominante nella cultura sovietica gli costò una duraemarginazione. Il punto di partenza di Bachtin è la concezione del linguaggio come“dialogo”. Qualsiasi parola, secondo Bachtin, è dialogica: più cheesprimere l’interiorità del parlante, è diretta a raggiungerel’interlocutore e viene quindi impostata per questo scopo. Perciòl’analisi di un testo basata solo su elementi linguistici è consideratada Bachtin come un esame parziale. Bisogna capire rispetto a qualidiscorsi (letterari e non) il testo intende intervenire ed assumereposizione. Bachtin preferisce parlare di “senso” piuttosto che di

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“significato”. Qui sta la sua distanza dal formalismo, che ritagliaprocedimenti verbali staccati dal senso complessivo e non riflette finoin fondo il loro coordinamento interno all’opera, né la relazione con lelingue “sociali”. Il linguaggio invece deve essere collegato con lasocietà e con la storia (sotto questo aspetto Bachtin si avvicina moltoal materialismo storico). Ancora contro il formalismo, la sua opinione èche nessun testo sia mai autonomo e autosufficiente: non solo ogni parolaè già stata detta da altri, ma ogni “enunciazione” interviene in discorsiche pre-esistono. Da ciò si deduce che il testo deve essere consideratocome l’anello di un a catena e dunque va collocato nell’avvicendarsidella tradizione, variegata e composita. La tradizione non è costituitasoltanto da testi: Bachtin sottolinea l’importanza dei “generi”, cioèdelle “forme tipiche” che si vengono accumulando nel tempo. Nella suaottica i “generi” costituiscono una ricca molteplicità di vie possibili .Non parla solo di “generi letterari”, ma di “generi di discorso”: igeneri della “grande letteratura” coesistono con la lingua “colloquiale”,“burocratica”, “oratoria”, “giornalistica”, ecc. I confini tra i generidevono consentire scambi e interferenze. Non sono codici fissi maprincipi organizzativi elastici e plasmabili. Nei “generi” circolanoanche altre caratterizzazioni che determinano l’appartenenza dei parlantidei parlanti ai ceti professionali e sociali. Nella prospettiva diBachtin la “pluridiscorsività della lingua” è un valore: il testo puòchiudersi nel “monolinguismo” di u unico stile o aprirsi al“plurilinguismo”, alla concretezza della “parola viva”. Questa secondaipotesi è appannaggio del romanzo, per lui l’unico genere ancora “giovanee in divenire”. Poiché il romanzo contiene in sé tutte le “voci” (delnarratore e di tutti i personaggi diversi), contiene anche tutti i“generi” di discorso orale (conversazione, oratoria,…) o di scrittura(documenti, lettere, memorie,…). Per Bachtin “il romanzo è l’unione deglistili; la lingua del romanzo è il sistema delle lingue”. Questa sua ideadel romanzo trova la massima concretizzazione nel suo studio suDostoevskij, visto come il culmine del romanzo “polifonico”; egli hasaputo dare la parola, attraverso i suoi personaggi, a una grandequantità di linguaggi e di punti di vista facendoli interagire fra loro.Nei suoi studi ha posto particolare attenzione nel ricostruire la culturapopolare espressa nel carnevale e nelle manifestazioni folkloristiche,analizzando il “sentimento carnevalesco del mondo” che si sviluppaparallelamente e contro la cultura “ufficiale”. I caratteri dellatradizione carnevalesca (ribaltamento comico dei rapporti gerarchico-sociali, la mescolanza e il contatto familiare, il superamento deicontrari) penetrano nella letteratura “dal basso” attraverso i generiminori quali la satira, il comico, il grottesco. Il vero epicentro del“riso generale” è però l’autore francese rinascimentale Rabelais, l’altroautore a cui Bachtin ha dedicato una copiosa ricerca.

7.2 – L’approccio “mitico” di Frye

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Lo studio del canadese FRYE (1912-1991) è volto ad attenuare ledivisioni metodologiche: il critico non deve restare confinato in ununico metodo. Frye si rivolge all’indietro, alle radici del fenomenoletterario; non si interroga sugli effetti (sulla riuscita) ma piuttostosulle cause. Frye ricerca la “causa formale”, ossia quelle formeelementari che le opere, di epoca in epoca, continuano a utilizzare e ariadattare. Frye denomina queste forme elementari “archetipi”, derivatodalla psicanalisi di Jung. Questo tipo di critica assume il nome di“critica archetipica”. L’archetipo per Frye è un’immagine tipica oricorrente che si può riscontrare in diverse opere e che può servire acollegarle fra di loro. Gli archetipi si collegano non solo alle immaginima anche alle azioni che si ripetono sempre uguali. Il mito per Fryedisegna l’archetipo a livello dell’organizzazione del testo. Anche laproduzione moderna è legata al mito (Moby Dick di Melville), una storiamoderna di caccia alla balena che può essere fatta confluire nella nostraesperienza immaginativa di mostri e draghi. Solo il contenuto delle operemuta, ma la forma (il modello mitico) rimane identica.La convergenza di Frye con la tendenza metodologica del formalismo edello strutturalismo non si ritrova solo nella concezione della soliditàdelle forme ma anche nell’atteggiamento da assumere davanti al testo:anche Frye rifiuta i attenersi alle immediate reazioni del gusto e crede,invece, nella “presa di distanza”. Come per un quadro, anche nella poesiaè necessario fare un passo indietro per vedere le forme archetipiche chedischiude. Per dare ordine alla molteplicità delle forme Frye ricorrealle “radici rituali” della letteratura. Come religione e folklore sonocaratterizzati da dalle scadenze cicliche delle stagioni, così Fryesuddivide i miti in una quadripartizione che corrisponde al ciclostagionale. Nell’ambito letterario: la rinascita primaverile della naturaè la commedia; al rigoglio e alla maturazione dell’estate corrisponde ilromance (il romanzo d’avventura); l’autunno coincide con la tragedia; ilrigore dell’inverno trova il corrispettivo nelle “forme negative” dellasatira e dell’ironia, dove il riso demolisce e segna la definitivascomparsa dell’eroico.Qui si delineano le differenze fra della teoria dei generi di Frye equella di Bachtin.Mentre Bachtin sottolinea la storicità delle forme e la rivalità dellelinee fino al rovesciamento della superiorità gerarchica di un generesull’altro, Frye adotta un modello ciclico in cui la vita dei generi èsostanzialmente extrastorica. Per ciascun genere è prevista un’evoluzioneinterna, ma secondo un arco “naturale” di crescita destinata alla crisi eal tramonto.Il modello della teorizzazione di Frye rimane la Poetica di Aristotele,sia pur attualizzata mediante la psicanalisi junghiana. Frye afferma che“l’attenzione della lettura si muove contemporaneamente in duedirezioni”: l’una “centrifuga” che va verso le cose esterne, l’altra“centripeta” da cui cerchiamo di sviluppare alle parole il senso. Dallaprima direzione emergono le descrizioni e le informazioni, dalle seconda

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direzione le parole assumono significato per i rapporti che intrattengononel contesto.In merito al problema dell’interpretazione, Frye ritiene che debbaseguire un cammino progressivo, passando dal significato “letterale”,all’imagery (il complesso delle immagini di un testo) e da questa all’“archetipo” presente nella tradizione letteraria per giungereinterrogarsi sul “centro ordinatore” degli elementi archetipici. SecondoFrye, la grande letteratura è quella che ripropone di riassumere in sé lediverse facce del mito. Per Frye sono quindi scritture “totalizzanti” laDivina Commedia di Dante o il Paradiso perduto di Milton o la Bibbia, il “mitocentrale della cultura occidentale”.

7.3 – La “relazione critica” in StarobinskiCome per Frye, anche STAROBINSKI (1920-vivente) incentra il discorsosu una unità immaginativa (“tema” o “simbolo”) che permette dicosteggiare linguistica e psicanalisi. Secondo Starobinski “non bastainventare” i temi che rientrano nell’immaginario di un autore, bisognainterrogarsi su quale “tema” abbia più rilevanza. Questa ricerca del temapiù insistente accomuna Starobinski alla critica psicanalitica. Ilcritico è convinto che soltanto dall’esame dell’opera, e non e non solodalle esperienze passate dell’autore, possa dispiegarsi “sotto lo sguardodell’osservatore perspicace” una grande “ricchezza di significati”.Uno dei temi su cui il critico si è particolarmente impegnato è quellodel clown, non un tema singolo ma piuttosto una costellazione tematica:dal saltimbanco alla ballerina, dagli acrobati agli altri personaggi delcirco. Da quanto è emerso dai suoi studi il clown non è un sempliceargomento da trattare, gli autori vi si identificherebbero al punto dascorgervi il proprio ritratto e di vedervi rispecchiata la propriacondizione in un’epoca in cui la società conferisce loro sempre menoprestigio. Il suo studio perviene alla scoperta di un archetipo piùantico: il clown tragico, quello deriso e umiliato, il “doppioemblematico del Cristo”, la “vittima innocente”.Il clown è assolutizzato da Starobinski come portatore di assurdità purae della totale assenza di significato che, potendo essere riempita inqualunque modo, costituisce un modello di completa libertà (o anarchia).Sul dilemma fra “oggettivismo” e “soggettivismo” Starobinski argomentache c’è sempre una “interdipendenza tra l’interpretazione dell’oggetto el’interpretazione di sé”, per cui il critico, parlando di un libro, parlaanche inevitabilmente della propria posizione. Perfino colui cheassumesse la massima imparzialità “oggettiva” interverrebbe pur sempre inmaniera “soggettiva”.

CAP.88.1 – La difesa del canone e del valore dei classiciIl critico è un superlettore un uberleser, sostanzialmente diverso da unqualunque lettore per il piccolo particolare di essere provvisto di unasensibilità senza pari che gli consente di entrare nell’autore, di

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rivivere la sua esistenza e per tal via far partecipare gli altri almistero glorioso della creazione. Anche grazie a una speciale capacitàespositiva: non c’è Grande Critico che non sia anche Grande Scrittore.Poiché uno dei problemi del mondo dominato dal consumo è il suo eternopresente e quindi la perdita della memoria storica, lo studio dellaletteratura tende al recupero del passato. Paradossalmente, mentre ilaudatori dell’attualità, nel cosiddetto postmodernismo, dichiaranol’impossibilità del nuovo e la fine della storia, l’idea del progressosembra inevitabilmente costretta ad atteggiamenti conservatrici, didifesa e tutela, addirittura di pietas. Ora, il salvataggio dei classiciconsiste nel dare loro ancora la parola. Si apre qui la direzione di unacritica come dialogo che vuole recepire quanto il testo ha ancora dadirci. Il discorso critico deve rispettare il testo, il testo che iltempo ha impregnato di significato, è circondato da un’aura sacrale.Tanto che non lo si chiamerà più testo ma opera. Parlare di opera vuoldire connotarla da subito con un valore d’alto livello.

GEORGE STEINER ( 1929-vivente) insiste a configurare il rapporto conil testo nei modi della confidenza e dell’accoglienza, come se sitrattasse di un interlocutore che viene da lontano cui rispondere concortesia e tatto. L’umanesimo di Steiner è tinto di istanze religiose. Lascrittura è vista come un atto di creazione che fa sorgere dal nulla unmondo. E in questo rivaleggia con il divino. Il critico deve ritenersisempre inferiore nei confronti della creatività artistica e scontare unruolo gregario come di chi vive attraverso esperienze altrui, di secondamano. Eppure il suo intervento è necessario e finisce per ottenere unposto modesto ma vitale. Di fato secondo Steiner l’opera è di gradosuperiore alle sue interpretazioni. Però nel momento in cui il grandepatrimonio letterario rischia di sprofondare nel silenzio il compito delcritico sebbene di rango inferiore diventa molto importante.

Nel periodo recente la rivendicazione della rilevanza della letteraturasi è andata appuntando soprattutto sulla questione del canone. Canone èuna parola che proviene dalla terminologia religiosa. Cos’è un canoneletterario? È l’insieme dei libri che sono reputati fondamentali.Stabilire il canone è una scelta difficile a volte dolorosa. Un individuosolo è poco per fare un canone.

HAROLD BLOOM ha suscitato scalpore quando ha preteso di fissarenientemeno che il Canone occidentale, riunendo nel suo volume del 1994 gliautori imprescindibili della nostra tradizione. Gesto di presunzione,gesto drastico e senza mezze misure, che restringe l’olimpo dei classicia 26 unità, attorno ai giganti Shakespeare e Dante. Perciò in Bloom,sebbene la letteratura si disponga per grandi ere, la storia non è quellacollettiva bensì consiste essenzialmente nel legame autonomo che icapolavori intrecciano tra loro, collegandosi da cima a cima. Questaprospettiva è in aperta polemica contro la diffusione nelle università

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americane dei seguaci delle poetiche politiche (femminismo,postcolonialismo o neomarxismo), da lui denominate la scuola critica delrisentimento. Li definisce dei lemmings accademici che stanno conducendoallegramente alla distruzione del piacere della lettura e al livellamentodelle discipline letterarie. Attribuire al critico responsabilitàpolitiche è come pretenderle da un giocatore di baseball. Riserva unaparticolare avversione a Gramsci ritenuto colpevole per aver stretto ilegami tra testo e gruppo sociale. Ironizza sul marxismo. Il trattamentodella grande opera, secondo Bloom, non può consistere in altro che nelcriterio dell’eccellenza estetica. Abbiamo allora una critica piuttostotradizionale che pone in primo piano il giudizio. Una critica che vuolemisurare i punti alti, i vertici. Sul piano critico, la concentrazionesui valori massimi conduce verso la venerazione, il culto: pieno diriferimenti religiosi nell’organizzazione stessa dei suoi libri, Bloomperviene a una religione della letteratura dove i grandi autori vanno acostituire una Bibbia laica. A guardar bene, il protagonista non ènemmeno più l’opera, ma l’autore, la grande personalità, il Genio, cuiBloom dedica il suo più recente volume. La ripresa dell’autore,penalizzato nelle metodologie del ‘900, porterebbe verso la criticabiografica. Il critico non cerca di capire quanto della vita dell’autoresi sia travasato in quello che egli ha scritto, bensì viceversa quantol’opera abbia influito sul suo autore. L’arte è così importante daprevalere sulla vita: i personaggi hanno più vita degli esseri viventi.Il suo atteggiamento è assai comune nel campo degli studi letterari,anzi, è la naturale reazione di chi difende il proprio campo di attività.Vediamo svilupparsi l’elogio della letteratura come testimonianza checorrobora la coscienza civile, rinsalda la memoria storica e apre alsenso di tolleranza. Un nutrimento culturale.

8.2 – Critiche femministeLa polemica del femminismo non risparmia il campo letterario: indiziato èproprio il canone, l’elenco degli autori più validi, che è costruito sulpregiudizio. Il primo compito della critica femminista sarà allora quellodi reclamare pari dignità per le scrittrici. Per quanto non sino mancatigli attacchi al fallocentrismo e le immagini combattive verso l’idolo,negli studi di genere è prevalsa nettamente la volta alla riscoperta ealla riproposta delle scrittrici ingiustamente sottovalutate dallacritica ufficiale. Si determina una sorta di circuito chiuso nelprivilegiare il discorso di una donna su un’altra donna, rivolto alledonne. Secondo il femminismo più oltranzista il maschio femminista èquello più sospetto. La richiesta d inserimento nel canone dellescrittrici, si fonda sull’argomento che esse ne sono state tenute fuoriin quanto donne; l’argomento perciò è più forte quanto più si dimostrache non c’erano altri motivi di esclusione e che i loro testi eranoaltrettanto validi di quelli maschili. Per paradosso, il risalto polemicoè maggiore se si mantengono gli stessi criteri di giudizio canonici e sidà scarso peso all’analisi del testo. D’altra parte, tutte le

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caratteristiche che possono essere attribuite alla scrittura al femminilerischiano di assomigliare a poetiche già presenti nella tradizione. Ilricorso alla figura dell’autrice, insito nel filone principale delfemminismo, produce una stretta equazione tra autrice-narratrice-protagonista, che conduce una volta di più nei paraggi della criticabiografica. Il femminismo è tutt’altro che monolitico. Come sul pianodelle scelte letterarie si può passare dal racconto minimalista delquotidiano e delle piccole percezioni alle punte del canto e dellapoesia, dall’autobiografismo alla riscrittura, oppure dal piacere dellalettura alle complicazioni dello sperimentalismo, altrettanto nellacritica varia l’atteggiamento. Uno dei punti che dominano il dibattitofemminista è il pericolo dell’essenzialismo cioè l’attribuzione alla donadi una essenza naturale ben definita e data una volta per tutte. Cosasignifica affermare l’essere donna? Il soggetto femminile è diviso,spaccato, ma per ciò stesso più capace di disinvestimento e quindi diautocritica. La Kristeva rilegge il fondamento freudiano del complesso diEdipo, facendo notare che,<mentre il maschio rimane attaccato alla figuramaterna, il desiderio della bambina passa dalla madre al padre. Questaesplosione dell’identità porta da un lato a letture decostruttive cheesplorano le pieghe del testo e il gioco di dentro-fuori del soggettofemminile rispetto ai codici vigenti. Porta anche, su un altro versante,per la china dell’antirazionalismo a un avvicinamento della critica allascrittura d’invenzione.

HELENE CIXOUS (1937-vivente) il suo saggio principale Il riso della medusaesalta le qualità sovversive della scrittura al femminile come una forzadirompente. Apparentandosi al misticismo la Cixous mette in atto unlinguaggio immaginoso e un tono esortativo che risulta trascinante.L’esaltazione della poesia e dei poeti si riflette in un comportamento diconsonanza verso il testo. Anzi nel femminismo si direbbe di sorellanza.La Cixous come larga parte del femminismo, insiste sulla corporeità, ledonne sono corpo più dell’uomo, e tuttavia inclina a una euforia edempatia molto spirituale che si accosta alquanto allo sbocconeoumanistico.

Sul versante anglosassone il femminismo tende ad articolarsi inconnessione con l’emergere di altre marche di marginalità, in particolarequelle segnate dalla scelta sessuale e dalla razza (studisull’omosessualità, travestimento, razzismo verso le minoranze e imigranti postcoloniali).

BELL HOOKS (1952-vivente) è tra le rappresentanti del femminismo nero.La scrittrice afroamericana percorre entrambe le direzioni: una rivoltaal passato, della linea patrilineare che recupera la funzionetradizionale della donna e il focolare come spazio domestico, e quellarivolta al futuro, del soggetto disponibile a forme di legame nuove emolteplici.

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GAYATRI CHAKRAVORTY SPIVAC (1942-vivente) la Spivac si pone alcrocevia dei metodi: psicoanalisi e marxismo, decostruzione, femminismo epostcolonialismo. La psicoanalisi e la decostruzione servono a toglierequalsiasi illusione di identità chiuse o fondamentaliste e scopronol’eccesso della donna. Il marxismo riconduce il discorso alla sua radicesociale, ma fornisce anche l’indicazione del valore come forma senzacontenuto. Il femminismo allargato su scala mondiale scopre il radicaledislivello tra le donne occidentali, privilegiate e quelle del Terzomondo. Il postcolonialismo si appunta sul problema del soggettosubalterno (ripreso da Gramsci) e della difficoltà di rappresentarlosenza incorrere in sovrapposizioni paternalistiche. L’escluso deverestare irraggiungibile (tipo la cosa in sé di Kant), per poterinterrompere il continuo ricaricarsi del meccanismo di sussunzione(ricondurre da un concetto particolare ad uno più generale). Per laSpivac leggere un testo è anche sempre leggere il mondo. Il suoatteggiamento critico va al di là del vissuto autobiografico, assumealtri possibili sensi allegorici e soprattutto di allegoria politica. Direcente la Spivac ha scritto che proprio perché si basa su unafigurazione irriducibile, non immediatamente permeabile dalla letturaveloce, la letteratura è ciò che sfugge al sistema.

8.3 – Postcolonialismo e cultural studiesIl fenomeno della globalizzazione si è ripercosso nella sfera letterariaproducendo un eccezionale allargamento geografico. Non è più possibileragionare dall’interno di una sola cultura, senza considerare i rapporticon l’esterno e gli apporti delle minoranze interne. In questo contestoassume sempre più importanza l’ottica della letteratura comparata e ildibattito teorico-letterario proveniente dal Terzo mondo si sviluppanelle correnti riconducibili al postcolonialismo. È evidente che l’uscitadi interi mondi dalla servitù coloniale determina la ricerca e ilrecupero della loro cultura originaria.

Un antesignano della decolonizzazione è FRANTZ FANON (1925-1961) vedeva nella negritudine e nell’arabismo delle forme di reazione ancoravenate di razzismo, sia pur rovesciato.

In quale lingua scrivere? Se si sceglie la lingua nativa si guadagna ilcontatto con la base primordiale, ma si perde in diffusioneinternazionale. Molti autori inseriscono nel testo termini locali nontradotti per comunicare al lettore occidentale, che non può comprenderli,l’impressione di una distanza e la portata del genocidio culturalecausato dal colonialismo (questo effetto è stato definito un gapmetonimico).

Le tendenze postcoloniali recenti si sono orientate su due assi: quellodella polemica e quello della ibridazione. Sul primo fronte spicca EDWARD

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W. SAID (1935-2003) in cultura e imperialismo c’è una critica postcolonialepienamente sviluppata in forma di ermeneutica del sospetto. Si può vederein Said qualche propensione al contenutismo e un indubbio privilegiamentodella narrativa. Ma bisogna riconoscere una grande forza argomentativi eil merito di collegare il testo al contesto esterno. La letteratura èfatta da esseri umani e va quindi sempre ricollocata nel mondo, rimessain situazione. Ciò non elimina il suo valore estetico, ma lo comprendemeglio attraverso il contrappunto tra l’opera e le condizioni che nehanno determinato l’esistenza. L’atto critico consisterà nel vedere iltesto come un campo dinamico di parole e non come un blocco statico. Iltesto di per sé non è mai un oggetto finito e sta al critico e alla suaposizione politica prolungare certe diramazioni e non altre. In favoredell’interculturalità Said parla anche di traveling theory, una teoria inviaggio, fatta di spostamenti e interscambi. Nell’esilio di Said ilcontinuo confronto culturale mette in crisi le identità l’identità vienea trovarsi nel mezzo. L’adattamento necessario verso la cultura deidominatori è però attraversato dal rigetto e dalla imitazione deviante:si va dal writing back di talune riscritture che rivoltano dal punto divista dello schiave i capolavori occidentali.

EDOUARD GLISSANT (1928-vivente) sostiene che la diversità èsoprattutto nella distinzione tra culture ataviche e culture composite:le culture ataviche sono quelle che si arroccano attorno a un mitofondatore e si definiscono in base all’espulsione violenta dell’altro. Leculture composite sono quelle che traggono la loro forza dall’aperturaalla relazione di svariate componenti, sviluppando un gusto dellacaoticità e dl cambiamento. La ricerca delle radici va: alla radice unicao al rizoma, radice senza centro e aggrovigliata. Parola d’ordine è alcreolizzazione, non soltanto l’inserimento nel testo del lessico delcolore locale ma anche un’ulteriore attività di impasto linguistico.Glissant non è propriamente un critico, ma la sua oetica è piena diindicazioni e di termini che possono essere assai utili ad affrontare lenuove forme letterarie della globalizzazione, nella prospettiva di ucambiamento dell’immaginario. Sul piano letterario il richiamo al baroccocontiene sia l’idea di una commistione dei generi tradizionali.Creolizzare vuol dire anche superare le convenzioni e disfare i generi

Sovrapponendosi al postcolonialismo si è affermata di recente negli USA iCULTURAL STUDIES è necessario tracciare una breve storia: l’attenzionededicata alla letteratura nell’ambito dello studio della cultura è natain Inghilterra e poi si è trasferita in USA subendo alcune modifiche.L’inizio può essere imputato al gallese Raymond Williams (1921-1988) cheha allargato la considerazione della cultura nel quadro del marxismoestendendo la nozione di egemonia di Gramsci e individuando i diversistadi e rapporti interni mediante la distinzione tra forme culturalidominanti, residuali o emergenti. Inoltre Williams vedeva l’apporto dellaletteratura come contributo al mutamento delle strutture del sentire o

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del sentimento. Su queste basi si sviluppava soprattutto la ricerca sullacultura della classe operaia e sulla cultura popolare. Nel successivosviluppo in USA la voga dei cultural studies ha perduto l’attenzioneverso la funzione letteraria di ammortizzatore sociale, di contenimento edi compensazione. Si entra in una situazione in cui il livello alto e ilbasso si sono mescolati e il popolare si riferisce all’intera gamma delpubblico ormai reso indifferenziato. Negli USA i cultural studies tendonoad inglobare qualsiasi differenza culturale, le donne, i neri e glihandicappati secondo grandi e piccole ripartizioni tuttavia moltostemperata nella misura dell’esistente. Una volta che il termine culturasostituisce l’ideologia non si è più in grado di operare una critica: lapluralità delle culture relative alle diverse tribù viene accettata daicultural studies con l’ottica neutrale dell’antropologo. Si tratta solodi differenti stili di vita. Il problema non è tanto il livellamentoquanto il fatto che né il capolavoro né il tascabile usa e getta venganosottoposti alla demistificazione.

8.4 – L’interpretazione politica e l’inconscio ideologico Nel mondo odierno continua a essere pressante la questione politica. Perquanto evidenti le enormi disparità e i laceranti conflitti che agitanoil mondo la loro analisi è tutt’altro che facile. Nella comunicazionededuttiva la finalità ideologica finisce per scomparire. L’ideologia siconfigura adesso in molti modi: non è più rappresentata solo dallamenzogna ma passa anche attraverso la verità parziale e soprattuttoattraverso il sottointeso che viene trasmesso dalle immagini. Il valorepolitico delle rassicurazioni dell’io spinge alla connessione tra ilmarxismo e la psicoanalisi.

FREDRIC JAMESON (1934-vivente) ha parlato di inconscio politico. Laletteratura e l’arte vanno lette come sintomi della storia. Il criticodeve ricondurre i problemi che incontra sulla superficie del testo a unsottotesto di tipo socio-economico. Jameson articola l’ideologia nei suoielementi costitutivi detti ideologemi che sono qualcosa che sta a metàstrada tra un concetto e un’immagine. In ogni caso uno schema elementaredi distribuzione del materiale immaginario, quale è ad esempio la nettadivisione tra bene e male, buoni e cattivi. Per questa via diventapossibile tornare a considerare i generi letterari. Nel romance antico lasoluzione dell’intreccio è data dall’intervento della magia, in epocamoderna la funzione magica viene sostituita da altre forze, nel westerndall’abilità del pistolero, nella fantascienza dalla tecnologia,…I generisono archetipi che attraversano le epoche, ma quello che conta in essi èla parte variabile, nella quale possiamo scoprire l’azione della storia.L’ideologia ha nel testo fratture e scompensi. Il marxismo in Jameson èproprio quel metodo che è capace di superare e inglobare in sé gli altrimetodi, inserendoli nell’orizzonte della storia della formazione sociale.Nei 4 livelli letterale, allegorico, morale e anagogico sostituisce ilmorale con la lettura psicologica e l’anagogico con una storia della

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salvezza puramente terrena, quindi con il livello storico-sociale. Ognitesto letterario è il prodotto di una condizione determinata rispettoalle cui contraddizioni cerca di dare risposta mediante le invenzionidell’immaginario quindi è il sintomo di un disagio subito e porta dentrodi sé i semi del tempo cioè una proiezione verso il futuro. Una voltaconstatato il passaggio del capitalismo alla sua terza fase detta tardocapitalismo caratterizzata dallo sviluppo informatico e multinazionale,dalla simbiosi tra il mercato e i mass media allora la cultura adeguata aquesto nuovo stadio risulterà il postmoderno. Per paradosso ilpostmoderno nasce con l’affermarsi della modernizzazione su tutti i suoiavversari: è il moderno assoluto. Altro paradosso: proprio nel mentrevede mescolarsi il paradigma della produzione con quello semioticoJameson ristabilisce il nesso del marxismo classico tra base esovrastruttura in modo ferreo: data la base del tardo capitalismo non cipuò essere che una sovrastruttura, il postmoderno. Proprio la negazionedella realtà figura come il realismo dei nostri tempi. La figuraintellettuale che prevale è quella dell’osservatore che si dedica allacartografia cognitiva.

TERRY EAGLETON (1943-vivente) propone di riordinare i vari lati dellaquestione della nozione di ideologia. Per lui ideologico è un insulto chesignifica arroccato su idee fisse. Vedere l’ideologia dappertutto è unmodo per svuotarla e convivere con essa. Sfaccettata e flessibilel’ideologia si mostra come campo complesso e conflittuale di significato.La critica è ciò che ci permette ancora di riconoscere gli interessioggettivi che agiscono nei discorsi. Ora la letteratura non può esseredefinita di per sé ma solo in rapporto al complesso delle pratichesociali. Ha bisogno di un termine intermedio che è l’estetica dotata diuna sua specifica ideologia: l’ideologia dell’estetica. In quantomediatrice l’estetica ha sempre due facce una rivolta al latointellettuale della costruzione e dell’analisi, l’altra radicata nellasensibilità materialistica del corpo. Il suo interesse nei confronti diBenjamin deriva soprattutto dalle intuizioni sulla corporeità dellinguaggio. Il corpo è ciò che tutti abbiamo in comune. L’estetica puòelevarsi nei cieli della sublimazione, della distinzione di classe maaiutare a costruire il soggetto della sfida e dell’alternativa.L’autonomia trasforma l’arte in una entità separata, costituisce unrifugio e rappresenta l’immagine del soggetto non alienato e dellosviluppo della sensibilità umana. C’è in questo posizionamento centraledell’estetica molto di Kant riletto attraverso Marx sicchè lo spaziodella mediazione diventa anche spazio di conflitto. Il discorso, diceEagleton, è strategico. Vale a dire che per prima cosa dobbiamo chiedercinon quale sia l’oggetto o come dobbiamo analizzarlo ma perché vogliamoindagare su di esso. L’ironia per Eagleton fondamentale e connaturata alrivoluzionario. Egli parla del critico come clown e il suo stile ècontinuamente percorso dall’humor.

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JUAN CARLOS RODRIGUEZ (1944-vivente) la sua interpretazione dellapoesia classica è sulla base della matrice ideologica. A differenza diJameson in Rodriguez l’epoca non genera una sola poetica bensì due: cisono sempre due letterature e quindi un gioco di alternative. Le diversepoetiche si trovano incluse nella produzione ideologica. Si determina quiun rapporto profondo con la psicoanalisi sulla centralità del problemadell’io o meglio dell’io sono, l’identità. La storicità radicale cheRodriguez assegna alla letteratura sta proprio nella misura della suapartecipazione alla produzione dell’io, all’invenzione del soggetto.Soprattutto la poesia nella sua funzione di rifugio dell’animacontribuisce alla costruzione di un mondo privato ritenuto autentico.Stretto tra i due inconsci e tirato da parti opposte dalle richiestesociali, l’io soffre la crisi e la rottura ma questo vuol dire anche chepuò staccarsi dall’identità che gli è stata assegnata. Il testo è capacedi rifiuto, può pronunciare la sillaba del no e nella modernitàletteraria questo atto sovversivo può svolgersi secondo la linea dellosvuotamento. Nel secondo ‘900 tutto sembra condurre alla diminuzione delcarattere contrastivo e alternativo. Il capitalismo avanzato haprovveduto a privare di sostanza gli ambiti della politica e dellafilosofia. L’io ormai non solo è funzionale alla produzione ma èdiventato esso stesso un mezzo di produzione: si andrebbe verso un nuovofeudalesimo dove è importante l’appropriazione sociale dell’intero uomo.

EDOARDO SANGUINETTI (1930-vivente) è in Italia il principalerappresentante della resistenza e dell’efficacia del marxismo. Egli haposto a base del suo discorso critico l’equazione tra ideologia elinguaggio. La storia non è dietro ma dentro il testo. Perciò ladecifrazione dei segni non può mai essere esentata da un interrogativopolitico. Decifrare vuol dire capire la coerenza di un testo, capire daquale sistema o codice è retto. Il critico deve procedereall’interpretazione in quanto il testo si presenta in modo nontrasparente con l’aspetto dell’enigma. Solo che questa ambiguità non èuna dote intrinseca ma è il prodotto di una attività sociale. Riprendendolo storicismo assoluto di Gramsci Sanguinetti afferma che il critico hada farsi storico, scrittore di cose.

8.5- L’oggetto testoTenersi all’oggetto-testo significa lo studio empirico della letteraturanei suoi aspetti concreti, nelle sue istituzioni, nella sociologia delpubblico. La considerazione della letteratura come forma di interazionecomunicativa può sfatare alcuni miti, compreso quellodell’interpretazione giusta ma rischia di cadere comunque in un mitoquello dell’osservazione scientifica. Certo la statistica può illustrarela reazione dei lettori e la loro risposta a determinati fenomeni econsente di avviare una psicoanalisi sperimentale del lettore. Con illettore statistico si rimane tuttavia sempre a un livello descrittivo diemozioni e impressioni immediate, non di effetti a lunga scadenza.

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Un’altra via oggettiva è quella intrapresa dalla critica genetica che sioccupa di studiare i dati di archivio degli stati preparatori dei testi.Mentre l’interesse primario della filologi era di determinare qual è ilvero testo, la critica genetica sembra far sparire l’unicità del testonella miriade dei suoi materiali in progress mettendo in evidenzapiuttosto i testi virtuali, quello che il testo avrebbe potuto essere.Già cominciano ad avventurarsi un poco di più nei problemi interpretativii lavori che riguardano le strutture dei testi, in particolare narrativi.Essendo il mercato interessato soprattutto al romanzo è questo il latoprivilegiato anche dalle ricerche teoriche e metodologiche. Gli studi suimodi della trama o sui mondi possibili creati dalle storie, mettono alcentro proprio quegli elementi che costituiscono l’attrazione delromanzo di consumo sul lettore più ingenuo. Si conferma il ruolonaturale di mediazione e di compensazione del racconto. Nel frattempoanche la semiotica è andata oltre lo smontaggio narratologico delleazioni per affrontare la questione delle passioni. L’analisi basata sullenozioni di tema o di genere può consentire utili attraversamenti econnessioni tra epoche distanti, diverse aree geografiche e culturali. Lacritica tematica sembra in grado di raccogliere e rendere più aderenti altesto le istanze della psicoanalisi. Quanto ai generi non sono piùconsiderati come caselle da classificazione ma entrano nel testo comecomponenti dinamiche. Proprio questa eterogeneità del testo può spingerel’analisi critica ancora più a fondo verso le più minute manifestazioni ei piccoli indizi. Dalla struttura vista come quadro in cui tutti glielementi dovevano trovare posto si passa alle strutture nel senso che itesti funzionerebbero proprio nella inesatta sovrapposizione di almenodue o più modelli. Dalla funzione al disfunzionamento in quanto si trattadi rinvenire non già l’accordo e il parallelismo ma le smagliature dellacomposizione, le discordanze, i contrasti. Ecco la grande scommessa della critica oggi: appassionare di nuovo allalettura, in un momento in cui il testo letterario è trascurato eaffrontato solamente per obbligo scolastico. Far questo attraversol’allenamento del rovello del lavoro critico. Se leggere è leggersiallora è chiaro che la cultura dominante del mercato non ha bisogno direndere consapevoli i consumatori. Dobbiamo imparare a leggere. Laletteratura può funzionare come momento consolatorio o compensativo, comeaddestramento alla sopportazione dei danni reali, oppure può affrontareil trauma mostrandolo e diffondendolo in forma di urti e spezzature ancheformali e linguistiche stimolando la reazione. Imparare a leggere vuoldire investire attenzione e concentrazione per leggere tra le righe laposizione dell’oggetto-messaggio che ci sta di fronte. Forse potremosentirci coinvolti e trovare dentro di esso qualcosa che riguarda moltoda vicino anche noi e gli stringenti appelli della nostra tantoproblematica attualità.

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