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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ARCHEOLOGIA SUBACQUEA E PAESAGGI COSTIERI MODULO Metodologie della ricerca archeologica dei giacimenti subacquei e dei paesaggi costieri TECNOLOGIE NELLO SCAVO: SUBACQUEO DA CAPO CHELIDONIA AD ARCHEOMAR, PASSANDO PER CROTONE E L'ALBANIA Oristano, Dr. ssa Stefania Atzori

Tecnologie nello scavo subcqueo_da Baratti ad Archeomar, passando per Crotone e l'Albania

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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN

ARCHEOLOGIA SUBACQUEA E PAESAGGI COSTIERI

MODULO

Metodologie della ricerca archeologica dei giacimenti subacquei e dei paesaggi costieri

TECNOLOGIE NELLO SCAVO: SUBACQUEO DA CAPO CHELIDONIA AD

ARCHEOMAR, PASSANDO PER CROTONE E L'ALBANIA

Oristano,

Dr. ssa Stefania Atzori

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Inquadramento generale: metodo e strategia.

Dal 1960 l’archeologo può scendere sott’acqua: comincia l’epoca dei grandi scavi

sistematici, che propongono soluzioni innovative; lo scavo di Capo Chelidonia infatti segnò

una svolta: fu il primo ad essere diretto da un archeologo subacqueo nel pieno rispetto dei

metodi e delle finalità della ricerca archeologica.

Fu anche banco di prova ufficiale per l’operatività dell’ Institute of Nautical Archaeology,

l’istituto americano dell’Università del Texas, che diverrà negli anni successivi una delle

strutture più all’avanguardia per questo genere di interventi1.

Nel 1976 lo scavo della Secca di Capistello fu teatro di una nuova conquista

dell’archeologia submarina ovvero la profondità: il relitto, greco di III sec. a. C., si trovava

infatti ad una profondità di 60-100 m.

L’equipe archeologica collaborò con un gruppo di professionisti che utilizzavano una

miscela respiratoria diversa, con tavole decompressive completamente differenti da quelle

usuali; la Secca di Capistello fu un importante banco di prova per valutare la possibilità di

lavorare su un sito archeologico con gli standard di sicurezza dell’immersione

professionale e senza compromettere i requisiti di scientificità richiesti da un’indagine

archeologica2.

Furono effettuate immersioni con la campana “Robertina I” e con un piccolo

minisommergibile per l’esplorazione e la documentazione fotografica del sito; con la

televisione a circuito chiuso fu possibile osservare i tecnici della Sub Sea ed impartire loro

specifiche direttive.

Sono solo due degli esempi che è possibile portare ad esemplificare il sostegno dato dalle

soluzioni tecnologiche ad uno scavo subacqueo che rispetti criteri di scientificità,

completezza nella documentazione e sicurezza.

Riflettendo sulla rassegna proposta da Tortorici3 a proposito del dibattito inerente il

progresso delle tecniche e degli strumenti per lo scavo subacqueo si rileva la sospensione

di tali considerazioni a partire dalla metà degli anni ’80 e per tutto il decennio degli anni

’90, quando più acceso si fa il dibattito sulle fasi metodiche e sulle strategie proprie di uno

scavo terrestre4.

Tortrici auspica caldamente una convergenza delle posizioni riguardanti le metodologie

dello scavo subacqueo e di quello terrestre e allo stato attuale si può dire che in qualche

1 G.F. BASS, 1967 2 D. FREY 1978 3 E. TORTORICI 1996 4 E. TORTORICI 1996, P. BARKER, 1977, P. BARKER, 1986

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modo ciò sia avvenuto, con la sempre più diffusa adozione, anche in ambito subacqueo, di

metodologie proprie dell’Archeologia dei Paesaggi5.

Si ritiene oltremodo evidente questo processo nelle fasi di prospezione e gestione della

documentazione, dove oltre all’applicazione di metodiche inerenti i rapporti spaziali, le

teorie statistiche e l’archeologia quantistica, è sempre più consueto l’uso di strumenti e

tecnologie specializzate che consentono un nuovo punto di vista, anche se non certo

l’unico valido, all’intera raccolta di informazioni e alla loro sintesi6.

Posto che per una corretta lettura del contesto e necessario che ogni progetto di ricerca

preveda un determinato approccio tale da chiarire la formazione e la trasformazione del

sito in esame; per tale motivo, sono stati definiti i vari tipi di ambiente subacqueo e tutti i

fattori che possono averlo condizionato7.

Prendendo atto che alcuni metodi descritti possono essere più opportuni di altri, sulla base

delle esperienze affrontate si e potuto constatare come la combinazione delle varie

metodologie (dirette e strumentali) possa fornire ottimi risultati.

L’approccio diretto (rilievo diretto) consente un esame autoptico e permette di avanzare

soluzioni di interpretazione attraverso l’esame dei particolari, cogliendo valori dimensionali

e costruttivi.

L’approccio strumentale (multibeam, side scan sonar) chiarisce ipotesi spaziali e puntuali

di distribuzione di reperti.

Tortorici8 evidenzia l’inizio di un mutamento di concezione dell’ ambito subacqueo da

contesto chiuso a processo in continuo divenire, che ben si adatta ad un’indagine per

stratigrafie orizzontali quale quella proposta appunto dall’archeologia dei paesaggi.9

Approccio diretto e strumentale divengono in tal modo complementari, al servizio della

possibilità di dare conto o meno ad un quesito storico, che rimane costantemente base e

meta della ricerca.

Se rileviamo in molti studi di settore uno spazio marginale concesso ai mezzi del rilievo

strumentale, spazio lasciato con maggiore larghezza alla fase interpretativa e descrittiva

dei record e delle fasi individuate, è per la semplice ragione che gli strumenti sono

appunto mezzi di cui l’archeologia, anche quella subacquea, si serve per giungere allo

5 F. CAMBI, 2003, F. CAMBI, N. TERRENATO, 1994; S. CAMPANA, M. FORTE 2001; A. DE GUIO 1985; A. DE GUIO, L. FOZZATI, A. ROSSO 2003; A. GUIDI, 2005; AA.VV., 1992; M. BERNARDI 1992 6 D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009; L. FOZZATI, A. ROSSO 2003; E. FELICI, 2002 7 S. ORLANDI 2004 8 E. TORTORICI 1996 9 F. CAMBI, 2003, F. CAMBI, N. TERRENATO, 1994; S. CAMPANA, M. FORTE 2001; A. DE GUIO 1985; A. DE GUIO, L. FOZZATI, A. ROSSO 2003

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scopo di capire, interpretare e documentare, non sono la metodologia, ma appena una

parte degli strumenti che la mettono in pratica10.

Per quanto a volte la loro complessità necessiti di personale ulteriormente specializzato, il

loro utilizzo proficuo presuppone un imprescindibile corretto approccio metodologico, che

porta ad una scelta meditata della strategia più corretta a seconda del contesto indagato.

Quando la metodologia viene messa in subordine rispetto ai mezzi, con ogni probabilità i

dati da questi ricavati saranno viziati e parziali nella migliore delle ipotesi.

Trattando di mezzi tecnologici sarà dunque anche necessario considerare con obiettività i

casi in cui non sono imprescindibili, o anzi si possano ottenere risultati più precisi

mediante il rilievo diretto, quando per esempio l’errore del dato strumentale sia tale da

compromettere la correttezza del record stesso11.

La scelta della strategia e nuove risorse a confronto.

Considerate le condizioni alle quali sia meglio limitare l’uso della rilevazione strumentale, è

giusto ammetterne l’indubbia utilità, specie in operazioni a respiro territoriale ampio:

alcune strumentazioni offrono una visuale complessiva dei fenomeni che sarebbe difficile

ottenere in altro modo, mostra ipotesi spaziali e concede valutazioni integrate di dati12.

Dato per assunto che la fase di documentazione pervade l’intero processo di conoscenza,

la prospezione e le fasi di assunzione preliminare di dati già noti, sono momenti di grande

importanza: la stessa attività di prospezione può portare a prodotti già compiuti in se stessi

e di grande significato per la ricerca13.

Documentazione di complessivi fenomeni di criticità, mappature estensive di siti, fasi di

avvicinamento a cartografie di censimento hanno grande importanza nel processo di

conoscenza di un territorio, pur senza giungere, per qualsivoglia motivo, alla fase di

apertura di un cantiere di scavo14.

L’implementazione di una base geocartografica su piattaforma G.I.S. è sempre più spesso

dunque un supporto utilissimo nella gestione dei dati, sia quelli di base, come la

cartografia, sia quelli derivati dalle diverse fasi di ricerca (acquisizione di dati pregressi,

sintesi delle stesse prospezioni, dati di scavo)15.

10 A. GUIDI, 2005 11 M. FORTE 2002; G. MACCHI JÀNICA 2001. 12 F. FACCENNA, E. FELICI 1996; D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009 13 S. CAMPANA 2001; S. CAMPANA, M. FORTE 2001; A. DE GUIO, L. FOZZATI, A. ROSSO 2003; R. FRANCOVICH 2001; VALENTI M., 1989 14 D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009; F. CAMBI, 2003; F. CAMBI, N. TERRENATO, 1994; A. DE GUIO 1985; M. FORTE 2002; G. LEOPARDI 1992 15 F. D’ANDRIA, 1987; A. D’ANDREA 2000; G. AZZENA-M. TASCIO 1996; M. FORTE 2002; G. MACCHI JÀNICA 2001.

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Utilizzare una base G.I.S. come mero contenitore, finalizzato alla visualizzazione, può

avere alcuni vantaggi pratici, ma l’abituale complessità del mezzo comunica che un uso di

questo tipo comporta lo sfruttamento di una percentuale molto bassa delle potenzialità

dello strumento16.

Figura 1: maschera per il trattamento gis del progetto ARCHEOMAR

In questo caso sarebbe bene considerare supporti software a struttura più basilare che

consentano le stesse condizioni di visualizzazione integrata dei record, funzioni di

research, interrogabilità continua dei dati, visualizzazione di allegati pur mancante di

soluzioni per l’elaborazione alta a livello statistico e spaziale automatico17.

Potrebbe sembrare di avere in mano “un’ arma spuntata” ma piuttosto che viziare dati

semplici con le complessità di funzioni che non occorrono, vale la pena di elaborare

direttamente i dati e conclusioni scevre dalla statistica: un semplice programma di

database menagement può offrire queste possibilità, pur mancando della parte

cartografica18 .

I supporti G.I.S. possono divenire efficaci attuatori di esperienze spaziali, quantitative,

distributive e qualitative nel rilevamento e nella sintesi dei dati: la sola possibilità di poter

lavorare su un dato situato nello spazio geografico che gli appartiene, con una scala

16 G. MACCHI JÀNICA 2001, M. W. MEHRER 2002,; G. MOSCATI 1998 17 Cfr. per quest’argomento le teconologie GIS utilizzate in D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009 e in A. PASQUA RECCHIA 2009, oltre che G. VOLPE 2008; A. DE GUIO 1992 18 V. FRONZA 2000; M. L. MANCINELLI 2004,; A. RICCI 1983

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appropriata e particolari immediatamente aggiornabili, offre una vasta gamma di

opportunità19.

Partendo dall’imprescindibile dato oggettivo, la sua interpretazione in chiave statistica e

messa in rapporto con il contesto storico e fattuale di provenienza può riservare

interessanti livelli interpretativi.

Questo a patto che la documentazione di base non sia approssimativa: la stessa scelta dei

supporti cartografici che stiano alla base della piattaforma può avere il suo peso; fruire di

cartografia I.G.M. in formato immagine raster, raster o vettoriale, già cambia di molto la

precisione di partenza del progetto20.

Rileviamo in una fase del progetto Liburna e da parte di uno dei suoi direttori, Giuliano

Volpe,21 questa preoccupazione posta non come un particolare di secondaria importanza,

ma come presupposto per la validità dei dati di base. (fig. 2)

Figura 2: Area coperta dal progetto LIBURNA

In questo caso o si accetta la variabile di errore data (in caso questa non pregiudichi

irreparabilmente i risultati delle analisi), e in questo caso la variabile deve essere

quantificata per avere una considerazione concreta nel corso delle indagini, o non la si

19 D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009; G. MACCHI JÀNICA 2001 20 M. FORTE 2002 21 “L’elaborazione G.I.S. e stata convenzionalmente estesa alle aree indagate nel 2007- 2008 (Baia di Porto Palermo, Baia di Valona), ma questa realizzazione ha riscontrato notevoli difficoltà data l’irreperibilita di un supporto cartografico digitale istituzionale: i dati input su cui e stata condotta l’implementazione sono, infatti, dati raster e vettoriali (puntuali e lineari) derivanti da cartografia digitale e georeferenziata, relativa alla zona indagata…..” Volpe 2008

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ritiene tollerabile in questo caso occorre cercare o nuovi dati o nuove soluzioni, sino al

cambiamento di strategia gestionale.

Nella prima ipotesi deve essere comunque dichiarato e palese il grado di affidabilità del

dato, sarebbe dunque consigliabile inserire in ogni tabella relativa agli shape una colonna

interamente dedicata alla scala di valutazione di questo dato22.

Analogo problema può presentarsi con la strumentazione GPS, spesso utilizzata, come

anche nel caso più sopra citato, per georeferenziare evidenze catastabili: il numero dei

satelliti sfruttabili al momento del rilievo e le capacità dello strumento vanno attentamente

considerate e rilevate, appena poco meno dei dati stessi23.

In caso di una buona base cartografica recente, la possibilità di operare confronti con

cartografia precedente o di epoca storica, ugualmente georeferenziabile, è un dato di

assoluto rilievo24. (fig..3)

Figura 3 Confronto diverse linee di riva presso Margherita di Savoia in Puglia

Sia per l’opportunità di operare confronti fattivi non derivati esclusivamente da analisi

geomorfologica (comunque necessaria) sulle variazioni della linea di costa, sia per avere

la possibilità di verificare la passata presenza di anomalie non più presenti nella

cartografia attuale25.

Un’ operazione di questo tipo è stata sperimentata nel corso del progetto di prospezione di

8 km. della costa crotoniate26, che ha messo in relazione ed evidenziato visivamente le

22 G. MACCHI JÀNICA 2001; 23 S. CAMPANA, M. FORTE 2001; F. COLOSI, R. GABRIELLI, D. PELOSO, D. ROSE 2001; R. GABRIELLI 2001 24 A. D’ANDREA 2000; E. FELICI, 2002; G. LEOPARDI 1992; G. MANNELLA, G. DE ALESSIO, 1988 25 A. FIORAVANTI 1985; G. MARASCO 1996; C. PALAGIANO 2004 26 D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009, pag.5 fig. 3

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variazioni della linea di costa rilevate in levate successive della cartografia I.G.M. del

1870, 1927 e 1950.(fig.4)

Figura 4: area della prospezione presso Crotone con individuazione delle 7 aree di ricognizione e delle diverse

linee di riva Ciò pur tenendo conto che le levate più antiche non hanno la possibilità di una

georeferenziazione più precisa di una misura maggiore di 1 km di lunghezza della costa; il

rilevamento dunque è stato operato con tratti di questa lunghezza appunto con

aggiustamenti successivi della rettificazione della carta.

Ci sono dunque offerte come si vede delle soluzioni alla carenza di precisione del dato,

anche se in questo un lavoro di questo tipo deve aver sacrificato del tempo per operare gli

aggiustamenti: soppesando le due variabili si è ottenuto un risultato interessante, in

mancanza al momento di una possibilità di accurata analisi geomorfologica.

L’aggiunta alla base implementata di carte nautiche e batimetriche può dare ottimi risultati

unitamente ad analisi di dati aerofotografici e satellitari, utilizzati già da parecchi decenni

nel caso della fotografia aerea e di recente resi assai più agevoli dalla loro liberalizzazione

nell’uso27.

27 G. ALVISI, 1989; S. CAMPANA, E. PRANZINI 2001; G. CERAUDO 1999; M. FORTE 2001; C. MUSSONN, R. PALMER, S. CAMPANA 2005; F. PICCARRETA, G. CERAUDO 2000

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Figura 5: foto aerea che mostra con evidenza il porto di Baia sommerso.

In caso di prospezione di siti a profondità maggiore le strumentazioni dette echo sounder

systems possono dare risultati estremamente utili nella ricognizione indiretta di fondali

abbastanza alti28.

Si tratta di tecnologie basate sui coni di rifrazione delle frequenze sonore emesse dallo

strumento che viene trascinato da un’imbarcazione su rotte prestabilite, il feedback è

costituito da restituzioni di dati grezzi di vari formati, interpretabili anche in forma

tridimensionale29.(fig.5)

Figura 6: sistema di funzionameto degli ecosounders

28 G.F. BASS, 1967; J.P. DELGADO 1997; A. DE GUIO1989; F. FACCENNA, E. FELICI 1996; F. LAMENZA 2002 29 E. FELICI, 2002; D.FREY 1978; F. LAMENZA 2002 a; E. LINDER, H. EDGERTON 1986;

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Il cosiddetto SSS o Side Scan Sonar (un sonar a scansione laterale), munito di un

trasduttore ricevitore che provvederà a creare delle strisciate bidimensionali (di recente

anche tridimensionali) dei dati del fondale30.

Potremo avere in questi due casi un dato grezzo riportato con una strisciata su carta

chimica e tale dato andrà interpretato necessitando di competenze specifiche, oppure (nel

caso di restituzioni digitali con un SSS ad alta risoluzione), avremo la digitalizzazione del

dato grezzo con la resa realistica del fondale.(fig.6)

Figura 7: resa grezza e lavorata dei dati derivati dal Side Scan Sonar

Il sonar a scansione laterale è solo una delle diverse soluzioni di resa del fondale marino

mediante tecnologie che sfruttano la rifrazione delle onde sonore in un raggio ben

determinato31.

Al sonar a scansione laterale può essere integrato sia il Sub bottom profiler (SBP) che

crea come dato grezzo una nuvola di punti che viene in seguito rielaborata perché dia

un’immagine della superficie sottomarina, che il Multi Beam Echosounder (MBES), che ne

restituisce in grazzo una caratterizzazione cromatica e può, per una maggiore precisione

essere combinato nella sua azione con l’SSS32.(fig.7)

30 F. LAMENZA 2002; 31 E. FELICI, 2002; L. LONG,; H.G. DELAUZE 2002; G. MARASCO 1996; 32 A. PASQUA RECCHIA 2009; A. ROSSO 1997; V. SALARIS 2003-04;

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Figura 8: Azione e resa del Sub Bottom Profile

La ricognizione della costa cotoniate per ovvi motivi di bassa profondità non ha fatto uso di

questi sistemi, scegliendo una ricognizione diretta e utilizzando semplice strumentazione

ARA33, corredata di attrezzature accessorie per il rilievo fotografico, topografico e

manuale.34

In ogni modo i dati confluivano giornalmente nella piattaforma G.I.S. che ha inoltre

sfruttato un software open source con sistema client/service che consentisse

l’aggiornamento da entità esterne al progetto e appositamente abilitate, il tutto mediante

web35.

Tornando alle molteplici possibilità di rilievo manuale o strumentale, il progetto Liburna,

per il rilievo delle evidenze ha scelto un teodolite laser (TOPCON GTS 226) corredato di

prisma ottico grazie alla presenza a terra di punti di riferimento.

Il sistema gode di condizioni quasi mai possibili in mare aperto con l’appoggio del rilievo a

capisaldi fissi con un sistema di ancoraggio esterno rispetto agli oggetti sommersi da

posizionare36.

Volpe ritiene ancora in fieri la piattaforma G.I.S. realizzata, anche questa con un software

open source, che ha l’indubbio merito di una grande comunicabilità, eppure anche le

problematiche che lo portano a fare queste valutazioni rappresentano situazioni

33 “ARA: acronimo di autorespiratore ad aria, attrezzatura da immersione composta da un erogatore, una bombola contenente aria compressa, ed un GAV (giubbotto

ad assetto variabile).”

34 “Ogni archeologo era dotato di un GPS portatile, di una macchina fotografica digitale scafandrata, di palina metrica, rondella, lavagnetta per prendere appunti e

misure, il tutto disposto su piccoli canotti gonfiabili che era possibile trainare senza sforzo al seguito. In caso di manufatti rinvenuti sul fondo marino, ogni subacqueo

era così in grado di prendere nota delle dimensioni, scattare fotografie, annotare osservazioni personali, e rilevarne le coordinate.”

35 D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009 36 G. VOLPE 2008

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metodologiche di estrema consapevolezza dello standard necessario ad un prodotto

scientifico di qualità37.

Fin’ora ci si è occupati di situazioni precipue della fase prospettiva e in parte della gestione

dei dati per mezzo di sistemi informativi territoriali, ma il rilevo strumentale è stato

ampliato, mantenendo sempre le doverose attenzioni alla qualità del risultato, anche nei

suoi prodotti più tipici, ovvero piante e rese delle evidenze subacquee.

Si è già rilevata la presenza di apparecchiature fotografiche scafandrate nelle operazioni

del progetto crotoniate, tecnologia sempre in continuo rinnovamento ma metodica non

nuovissima in realtà38.

Particolarmente recenti sono invece le tecniche legate alla fotogrammetria avanzata detta

non convenzionale e al Laser Line scanner System39, che integrano le tecniche

fotogrammetriche, i foto mosaici e il successivo foto raddrizzamento: il tutto necessita

assolutamente d’essere solo il complemento del rilievo manuale, che continua a

rappresentare la tecnica a maggior precisione.

Figura 9: resa di analisi da laser scanner aerofotografico

37 S. ORLANDI 2004; G. MOSCATI 1998; M. W. MEHRER 2002; L. LONG,; H.G. DELAUZE 2002 38 D. MARINO D. BARTOLI M. CORRADO D. LIPEROTI D. MURPHY 2009 39 L. LONG,; H.G. DELAUZE 2002

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Trovandosi nella necessità di documentare un'area molto ampia come quella di uno scavo

archeologico, senza rinunciare alla precisione dei particolari, si ricorre alla costruzione dei

cosiddetti "mosaici" fotografici40. Essi consistono nel montaggio dì varie fotografie che

abbracciano le zone contigue della medesima area. Oltre a realizzare il fotomosaico

dell'intera area dì scavo, con riprese di dettaglio si documentano i particolari significativi

portati in luce nel corso dello scavo (reperti singoli, situazioni di scavo particolarmente

interessanti,ecc.)41.

Le fotografie per un fotomosaico devono essere scattate in modo zenitale, cioè

mantenendo la fotocamera esattamente perpendicolare al fondale, e "raddrizzate", una

volta importate sul computer. Il raddrizzamento dell'immagine è necessario perché ogni

foto, soprattutto lungo i bordi, reca delle inevitabili deformazioni prodotte dall'obiettivo

della fotocamera.

Con le immagini "raddrizzate" è possibile comporre un fotomosaico digitale, che offre una

pianimetria in scala dello scavo a completare la tradizionale documentazione su carta

millimetrata, frutto di misurazioni condotte manualmente. Sul fotomosaico digitale

l'archeologo riporta tutti i dati utili, creando una mappa dettagliata o pianta tematica: le

quote metriche (per evidenziare l'accumulo dei materiali dei carico, gli eventuali

innalzamenti o abbassamenti dei fondale, ecc.), i limiti delle unità stratigrafiche ed i reperti

presenti (le anfore e i vari tipi di ceramica, i laterizi, i frammenti di pietra riconducibili alla

zavorra di carico, i resti di legno pertinenti allo scafo dei relitto, ecc.), opportunamente

caratterizzati con colori diversi.

40 G.F. BASS, 1967; G.F. BASS 1973; R. BONO 2000;; W. BOEHLER & A. MARBS 2002;; G. CERAUDO 1999; A. DE GUIO1989; P. DELL’AMICO, 1997; F. FACCENNA, E. FELICI 1996; E. FELICI, 2002; P. FERRIS SMITH, 1984;; A. FIORAVANTI 1985; A. GOTTARELLI, 1987; D. REBIKOFF 1972;; E. TORTORICI 1996; G. VOLPE 2008 41 A. CARRIER, GUILLOMET 1981;

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Figura 10: fotomosaico ricavato da strisciate aerofotogrammetriche dellarea crotoniate, sono ancora in evidenza

nei colori blu, giallo e rosso le differenti linee di riva dal 1897 a quelle odierne Per dire di avere eseguito un rilevamento fotogrammetrico non è sufficiente unire la parte

centrale delle foto e mostrare il collage del sito o del relitto: manca infatti ogni possibilità di

ricavare la reciproca disposizione spaziale degli oggetti fotografati42.

Coppie di fotografie scattate con strumentazioni specifiche consentono, invece, la

restituzione immediata in laboratorio, non solo della pianta, ma anche dell'altimetria, con

metodi analoghi a quanto viene eseguito con l'aerofotogrammetria43.

Nel caso di aree ristrette, come un relitto, invece, è possibile utilizzare dei supporti

metallici relativamente semplici e usare due fotocamere subacquee o adoperare coppie di

fotografie spostando ogni volta l'apparecchio a distanze note e costanti44.

Si stanno affacciando, tuttavia, alcune nuove tecnologie che sono operativamente

semplici, ma sofisticate nell'elaborazione dei dati: è il caso del TV-Trackmeter sistema

sperimentale della Tecnomare, realizzato in collaborazione con Agip, Ansaldo, Saipem,

42 W. OEHLER, M. BORDAS VICENT & A. MARBS 2003; W. FERRI 1992 43 V. SALARIS 2003-04 44 W. OEHLER, M. BORDAS VICENT & A. MARBS 2003; W. FERRI 1992;

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Enea, che può operare fino a 300 metri di profondità e che può essere collegato a unità

mobili filoguidate o autonome come i vari Filippo, Pluto eccetera45.

Già in funzione a Sirmione, sul lago di Garda, in un cantiere dello Stas (Servizio tecnico

per l'archeologia subacquea del Ministero Beni Culturali e Ambientali), un'attrezzatura di

rilevamento per punti composta da quattro unità fisse, un trasduttore mobile collegato

tramite filo alla unità di base che fa capo a un computer in grado di elaborare direttamente

il segnale emesso in immersione tramite un pulsante, calcolarne la posizione assoluta

rispetto ai punti fissi e rappresentarla graficamente tramite un plotter.

Una volta perfezionata, in questo modo, si potrebbe ottenere l'immediata restituzione in

scala, su carta, di un reperto o di una struttura semplicemente seguendone i contorni

mantenendo premuto il pulsante emettitore46.

Con il procedere dello scavo la mappa si compone progressivamente di vari quadrati.

In caso di situazioni a grandi profondità, già dagli anni ’70 erano disponibili

minisommergibili o comunque mezzi automatizzati che consentissero per così dire, una

parte di lavoro da poter delegare e dirigere a distanza, da un’ imbarcazione in superficie47.

Attualmente occasionalmente per situazioni dai 50 m. in poi e in condizioni particolarmente

agevolate è possibile fare uso dei ROV.(fig.10)

Figura 11: ROV Romeo

45 A. GOTTARELLI, 1987 46 LUIGI DELL'AGLIO; F. LAMENZA 2002; L. LONG,; H.G. DELAUZE 2002; A. PASQUA RECCHIA 2009; V. SALARIS 2003-04 47 G.F. BASS 1973

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Ovvero stazioni sommergibili di ridotte dimensioni e dotate di una molteplice

strumentazione atta al rilievo di diverse caratteristiche inerenti il sito indagato.

Il compito fondamentale di un ROV (Remotely Operated Vehicle) è quello di consentire ad

un operatore in superficie di interagire con l'ambiente sottomarino: un compito così

complesso è in realtà scomponibile in molte attività estremamente differenti48.

Possiamo qui elencare le principali attività, andando da quelle più "primitive" o

fondamentali a quelle più "evolute" o accessorie:

- controllare il funzionamento dei propulsori, mantenendo per ciascuno di questi la spinta

impostata;

- acquisire i dati dei sensori di bordo e filtrarli, per ottenere informazioni affidabili

sull'ambiente circostante il veicolo;

- gestire l'impiantistica di bordo, effettuando commutazioni di alimentazioni o segnali e

verificando il buon funzionamento degli apparati;

- controllare l'assetto ed il movimento del veicolo, utilizzando le letture dei sensori per

stabilire le spinte da richiedere ai propulsori. L'assetto e il movimento da mantenere sono

comandi ricevuti dai livelli superiori;

- integrare i dati dei sensori per stimare la posizione del veicolo rispetto all'ambiente

circostante;

- determinare, sulla base della posizione stimata e dei comandi ricevuti dai livelli superiori,

una sequenza di assetti e movimenti da fare assumere al veicolo.

Non tutte queste attività sono necessariamente svolte dal ROV, anche se la sua capacità

di svolgerle fornisce un parametro di valutazione della "qualità" del veicolo.(fig 10)

48 F. LAMENZA 2002; F. LAMENZA 2002 a; L. LONG,; H.G. DELAUZE 2002; R. BONO 2000

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Figura 12: schema del doppio funzionamento di un ROV

I compiti non eseguibili dal sistema di elaborazione del robot rimangono a carico

dell'operatore umano.

Questi dovrà, nel caso ottimale, definire il piano della missione da svolgere, nel caso

intermedio fornire orientazioni e velocità del veicolo durante l'intera missione e, nel caso

meno evoluto, fornire in continuazione indicazioni delle spinte da esercitare dai vari

propulsori.

La potenza di elaborazione dei sistemi di calcolo attualmente presenti sul mercato è tale

che tutti i compiti descritti in precedenza potrebbero essere svolti da un singolo

calcolatore, ma l'architettura di un ROV è per sua natura distribuita49.

Infatti, essendo il veicolo lontano dall'operatore, non è conveniente raggruppare tutte le

funzioni di controllo né sul veicolo né in superficie, perché in entrambi i casi sarebbe

necessario portare un numero enorme di connessioni lungo il cavo.

Nel primo caso (operatore lontano dal calcolatore), bisognerebbe far giungere all'elemento

lontano dal sistema di elaborazione tutti i collegamenti necessari ad acquisire i comandi,

nel secondo (veicolo lontano dall'unità di calcolo), i collegamenti necessari ad attuare i

comandi e acquisire i sensori.

49 L. DELL'AGLIO 2001

18

Occorre pertanto suddividere il sistema di elaborazione, collocandone una parte a bordo

del veicolo ed una parte in superficie e collegando i due sottosistemi con un adeguato

impianto di comunicazione.

La divisione dei compiti fra il sistema sottomarino e quello di superficie è abbastanza

elastica: infatti se è certo che il sistema sottomarino si deve occupare di controllare i

propulsori, acquisire i sensori e controllare gli impianti di bordo ed è altrettanto assodato

che il sistema di superficie deve acquisire i comandi dell'operatore e presentargli la

situazione del veicolo, i vari compiti di controllo della guida (mantenimento delle grandezze

cinetiche e dinamiche) e di controllo della navigazione (raggiungimento dei punti della

traiettoria) possono risiedere sia nell'unità sottomarina sia in quella di superficie50.

L’utilizzo di simili stazioni, estremamente dotate ma estremamente complesse,

necessariamente corredate di personale specifico e in grado di raccogliere una messe

variegata dati elaborabili, deve necessariamente essere indirizzata ad un ben preciso

standard di progetti e con la chiara consapevolezza sia dei vantaggi, che delle interferenze

che possono comportare nell’attuazione del progetto scientifico51.

Fin’ora non si è trattato delle librerie di dati da raccogliere nei vari databases di

archiviazione, la maggior parte dei quali costituiscono solitamente l’apparato tabellare

degli shape della piattaforma informativa52.

Le tecniche per la costruzione di database hanno mantenuto nel tempo caratteristiche

costanti e non sono effettivamente recenti, al pari della già citata fotografia subacquea, per

entrambi vale l’uso che se ne fa di volta in volta, l’interpretazione metodologica che si

sceglie di dare all’utilizzo di un mezzo e non di un altro53.

Così la foto ripresa può essere o non essere accompagnata dalla video ripresa, entrambe

posso essere restituite e complementate a seconda della finalità per cui verranno utilizzati

i risultati delle restituzioni, così come accade per le varie tipologie di sonar dalle

caratteristiche multiformi e variabili.

Così si può scegliere di costituire una base di dati che sia unicamente e direttamente

quella della piattaforma informativa, o rendere questa più snella ma comunque integrata

da hyperlinks e farla affiancare da databases esterni associabili del tutto o in parte.

50 A. PASQUA RECCHIA 2009 51 A. PASQUA RECCHIA 2009; L. LONG,; H.G. DELAUZE 2002 52 A. RICCI 1983; S. ORLANDI 2004; M. W. MEHRER 2002 53 V. FRONZA 2000

19

Non sempre è semplice rendere in modo efficace la documentazione grafica in una

piattaforma informativa, specie per quella ottenuta attraverso il rilievo manuale, dato che

quella ottenuta da strumentazione restituisce solitamente dati riversabili.

Dunque anche in questo caso sta nel mezzo in funzione di una scelta metodologica, il

discrimine che orienterà verso l’una o l’altra scelta, sempre nella priorità di precisi standard

qualitativi.

Uno dei progetti che in Italia sta riassumendo in se ciò di cui stiamo trattando è il progetto

ARCHEOMAR54 che riunisce indagini compiute secondo uno standard e una metodologia

unificata nel sud della penisola: “Censimento dei beni archeologici sommersi nei fondali

marini delle coste delle regioni Campania, Basilicata, Puglia e Calabria”.(fig.11)

Figura 13: area coperta dalla prima trance del progetto ARCHEOMAR

Il progetto ha di recente visto una sua estensione alle regioni Toscana e Lazio.

Il progetto, articolato in varie fasi utilizza la maggior parte delle strumentazioni più sopra

descritte e le integra in un unico fine di documentazione e censimento del patrimonio

sommerso della costa delle regioni indicate, sotto il patrocinio del Ministero per i Beni

Culturali.(fig.12)

54 A. PASQUA RECCHIA 2009

20

Il fine dichiarato palesemente è la connessione tra conoscenza, documentazione e tutela,

in accordo con il principio che sarebbe auspicabile una tutela in situ delle emergenze

archeologiche subacquee.

Ancora sul piano metodologico il progetto si caratterizza per gli aspetti di integrazione di

conoscenze, ricerca originale, operatività, scalabilità, esportabilità: una interessante

innovazione gestionale è rappresentata dal SAVS, un sofisticato sistema informatico che

controlla costantemente l’avanzamento del progetto alimentato on line dai dati prodotti

come outputs delle varie fasi, e governato dal Gruppo di monitoraggio.

E’ implementato con un rigido sistema di controllo di qualità e dei livelli di servizio, che

garantisce all’Amministrazione di ottenere risultati con il massimo di efficienza ed efficacia.

Sul piano dei contenuti le componenti essenziali, che definiscono le quattro diverse

fasi previste, sono:

1. Raccolta dati informativi pregressi e loro valorizzazione – costituzione del GIS

2. Rilevazione e prospezioni dirette in mare

3. Interpretazione e restituzione dati, distribuzione del sistema alle Forze dell’Ordine

(Nuclei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Guardia di Finanza-Unità Navali,

Capitanerie di Porto), formazione, pubblicazioni scientifiche;

4. Diffusione dell’informazione, sensibilizzazione, pubblicazioni, comunicazione e

divulgazione.

Sono stati anzitutto raccolti e sistematizzati i dati informativi provenienti da quattro

precedenti progetti Sono stati infatti raccolti anche tutti quei dati “nuovi” sul patrimonio

sommerso esistenti nelle più diverse sedi.

Per “dato nuovo” s’intende un dato non ancora espressamente ricercato e utilizzato come

dato archeologico subacqueo, ovvero anche quei dati in possesso delle singole

Soprintendenze coinvolte ma non ancora informatizzati nei precedenti progetti e

soprattutto non ancora posizionati con sistema GPS (Global Position System), nonché i

dati in possesso di altri enti o altre amministrazioni (archivi grafici e fotografici). I dati così

ottenuti sono stati riversati in una “scheda di sito archeologico subacqueo”.(fig. 13)

21

Figura 14: parte della fase di archiviazione dei progetti precenti

La Fase 2 è quella di ricerca diretta in acqua. E’ stata una precisa scelta progettuale e

scientifica l’esclusione di ricerche generalizzate “al buio”, in quanto le anomalie

eventualmente riscontrabili vanno a comporre un quadro complessivo che non può essere

verificato nell’ambito del progetto.

La scelta dei siti da indagare rispetto alle schede rilevate è stata operata secondo priorità

tecnico scientifiche che hanno privilegiato anzitutto i relitti, le strutture e gli aggregati di

oggetti

La metodologia impiegata è essenzialmente di tipo sperimentale: fissare il punto

topografico delle aree archeologiche sommerse e riportarle su apposita mappa al fine di

rendere possibile la tutela dei siti stessi. Pertanto, una volta acquisite le necessarie

informazioni preliminari la metodologia consiste nell’effettuare una prospezione

strumentale dall’imbarcazione.

Nelle operazioni in mare, parte largamente prevalente del progetto, è stata impiegata la

più imponente flotta e le più sofisticate strumentazioni mai utilizzate nel Mediterraneo per

ricerche archeologiche:

• 3 navi oceanografiche attrezzate con laboratori in grado di effettuare le più complesse

analisi di geologia marina: 10 apparati side scan sonar, 3 sub bottom profiler, 5

magnetometri, sonde multiparametriche, strumenti di rilievo topografico all’infrarosso e

laser, sistemi topografici satellitari DGPS;

22

• 3 unità minori per rilievi in acque poco profonde;

• 3 veicoli da immersione per ricerche filoguidate (ROV)

• 1 sottomarino REMORA 2000, unico sottomarino nel Mediterraneo configurabile per

missioni archeologiche fino 610 metri di profondità, in grado di condurre in immersione due

persone.

A seconda delle circostanze, a partire dal nord delle due coste, tirrena e adriatica, con la

scorta di accuratissimi piani di sicurezza, i mezzi navali hanno operato secondo il

seguente schema:

- posizionamento a mezzo GPS (Global Positioning System) del sito e/o dell’area di

massimo ingombro (dati utili alla Soprintendenza competente per la richiesta di formale

ordinanza alla locale Capitaneria di Porto);

- rilevamento dell’area a mezzo side scan sonar (sonar a scansione laterale) con o senza

connessione con sub-bottom profiler (profilatore del substrato), preceduto o meno da

rilevamento con magnetometro per rilevare la presenza di masse di metalli (ferro, rame,

bronzo etc.);

- documentazione fotografica e/o cinematografica di tipo professionale;

- trattamento dei dati su supporto cartaceo e informatizzato.

La terza fase prevede la sistematizzazione dei dati raccolti in mare e di quelli documentari

(data entry) in un sistema informativo nonché attività di formazione e di aggiornamento per

il personale proprio e per il personale degli organi di tutela e vigilanza.

Si realizzerà quindi un sistema di gestione distribuito dalla struttura centrale alle sei

Soprintendenze e alle Forze dell’ordine con la conseguente produzione di cartografia,

produzione di chartplotter con GPS satellitare differenziale, produzione di CD relativi a

spazi marini omogenei per la diffusione attraverso le singole Soprintendenze, produzione

di filmati e altro materiale per la comunicazione e la sensibilizzazione.(fig.14)

La quarta fase prevede le pubblicazioni scientifiche, la diffusione dell’informazione

mediante seminari regionali, la divulgazione e la sensibilizzazione. E’ un complesso di

attività finalizzato a avvicinare ad un pubblico vasto le tematiche dell’archeologia

subacquea, attraverso la presentazione, secondo appositi modelli divulgativi, dei risultati

del progetto.

In quest’ultimo caso la strumentazione tecnologica viene impiegata al servizio di un

progetto di vastissimo respiro, che in qualche modo potrebbe “attutire” tra la vastità

dell’area d’indagine e l’effettiva qualità dei mezzi impiegati quel margine di errore che in un

progetto di minore portata potrebbe essere oltremodo deleterio.

23

Conclusioni.

Quella offerta vuol rappresentare una rivista delle possibilità oggi offerte all’archeologia

subacquea in fatto di mezzi tecnologici strumentali, mezzi da affiancare senza dubbio alla

rilevazione manuale ogni volta che ciò sia possibile in condizioni di sicurezza e rispetto

degli standard di precisione richiesti.

Il metodo resta in ogni caso la base imprescindibile sulla quale muovere, la griglia

quadrettata su cui deve poggiare un’indagine con la variabile di imprecisione ridotta al

minimo range possibile.

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