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Volume 143 2015, fascicolo 1 2015 LOESCHER EDITORE TORINO

Prossimità geografica e prossimità spaziale nelle espressioni formulari epiche sull'Oceano

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Volume 143 2015, fascicolo 1

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L O E S C H E R E D I TO R ETO R I N O

Prossimità geografica e Prossimità sPaziale nelle esPressioni formulari

ePiche sull’oceano*

Abstract: While both the homeric and the non-homeric epics employ the same formulaic system to express the idea of proximity to the river ocean, the contextual semantics of the expressions in question seem to be different. While the homeric narrator treats the ocean in a scenic way, that is, as a concrete entity spatially related to action (especially to the idea of movement), in the non-homeric epics the same expressions are often used to convey a more abstract idea of extreme geographical distance.

Keywords: homer, hesiod, Cypria, geography, formulaic diction

Cypria fr. 32 Bernabé (26 Davies, 30 West) richiama la nascita delle gorgoni e la collocazione geografica della loro dimora:

τῶι δ’ ὑποκυσαμένη τέκε Γοργόνας, αἰνὰ πέλωρα,αἳ Σαρπηδόνα ναῖον ἐν ὠκεανῶι βαθυδίνηινῆσον πετρήεσσαν.

L’uso della preposizione ἐν prima di Ὠκεανῶι è una correzio-ne di Lehrs accettata dall’editore al posto del tradito ἐπί e motivata dall’uso ampiamente attestato di ἐν+nome del mare per la localizza-zione delle isole. gli altri editori recenti1 adottano la lezione ἐπ’ dei codici. Parlato 2007, 13 sgg. e 2010, 295 sg. difende la forma tràdita dai manoscritti, sostenendo sulla base di alcuni paralleli che l’uso della preposizione ἐπί esprime l’indeterminatezza che accompagna in molti esempi la menzione delle località poste nei pressi del mi-tico fiume Oceano e si conforma al valore di ἐπί+dativo nel senso

* ringrazio il prof. alberto Bernabé e gli anonimi referees della rivista per le preziose e utili osservazioni in merito a questo lavoro. assumo, in ogni caso, la piena responsabilità di quanto affermato.

1 Davies 1988, West 2003, cfr. West 2013, 127 sg.

rfic, 143, 2015, 5-34

6 Pietro verzina

di «auprès de» (Chantraine 1953, 108): l’espressione del v. 2 vuole indicare piuttosto la prossimità dell’isola di sarpedone all’oceano che non la collocazione della stessa al suo interno; essa va ricompresa nell’ambito della tipica sequenza epica ‘soggetto + verbum incolendi + localizzazione determinata + localizzazione indeterminata’, chia-ramente ravvisabile nel frammento. Questa spiegazione è supportata dalla studiosa con alcuni esempi epici2 e, al di là della scelta testuale, è utile alla comprensione del passo, in cui si hanno degli esseri mitici, le gorgoni, e un’isola mitica, altrimenti sconosciuta3, di cui si vuole esprimere la localizzazione favolosa.

L’uso della preposizione ἐπί in riferimento a fiumi e coste è docu-mentato nell’epica4 (vedi anche infra). si potrebbe aggiungere che la preposizione ἐν viene usata raramente per esprimere lo stato in luogo riguardo all’Oceano: gli unici casi di uso con ἐν sono Il. 8, 485 ἐν δ’ ἔπεσ’ Ὠκεανῷ λαμπρὸν φάος ἠελίοιο e Od. 20, 65 ἐν προχοῇς δὲ

2 Si trovano parecchi esempi in cui ἐπί è associato al nome di un’isola presso un fiume anche al di fuori dell’epica, anche se non sempre nel senso che come si vedrà è ipotizzabile per il frammento. Vedi ad es. Procop. De bellis 8, 20, 4, 1 Βριττία δὲ ἡ νῆσος ἐπὶ τούτου μὲν Ὠκεανοῦ κεῖται.

3 si conoscono altre entità geografiche con questo nome (vedi Sch. ap. rhod. 1, 211-15, p. 26 Wendel) e si conosce un’isola atlantica detta Σαρπηδονία (vedi Stesich. fr. S86 PMGF ap. Sch. ap. rhod. 1, 211-15, p. 26 Wendel) che è certo la stessa isola qui menzionata (cfr. Debiasi 2004, 116): erodiano (2, 914, 15 lentz), subito prima di questi versi dei Cypria, riporta un verso di Sofocle che menziona una Σ α ρ π η δ ὼ ν πέτρα, che è probabilmente la stessa rupe tracia di cui parla Ferecide (sempre nello scolio citato, fgrhist 3 f 145 = Pherecyd. fr. 145 fowler), e che però il mitografo chiama Σαρπηδονία πέτρα. Questo significa che l’alternan-za Σαρπηδών / Σαρπηδονία era comune. Per i rapporti dell’Oceano con la geografia epica e dei Cypria in particolare vedi Debiasi 2004, 111-122, per l’oceano in esiodo e in omero cfr. arrighetti 1975, showleh 2009 (vedi anche infra).

4 cfr. chantraine 1953, 108: tra gli esempi citati vedi soprattutto Il. 11, 712 ἐπ’ Ἀλφειῷ, in ragione del contesto. Gli altri esempi, cui si possono aggiungere espressioni come Il. 5, 598 ἐπ’ ὠκυρόῳ ποταμῷ ecc., indi-cano prossimità materiale alle coste e non semplice prossimità geografica (vedi infra per una più precisa definizione di questa distinzione). vi sono esempi abbastanza antichi anche in alcuni epigrammi funerari epigrafici: vedi CEG 1, 145, 1 sg. χαροπὸς τόνδ’ ὄλεσεν Ἄρες / βαρνάμενον παρὰ ναυσὶν ἐπ’ Ἀράθθοιο ῥοϝαῖσι (Corcira, ca. 600? a. C.) (ringrazio uno degli anonimi referees della rivista per la segnalazione di questo passo). vedi anche CEG 1, 114, 1 ἐπ᾽ Ἀσοποῖ δὲ δαμασθὲς (Beozia, 479 a. C.).

7Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

βάλοι ἀψορρόου Ὠκεανοῖο, e si esprime in entrambi un movimen-to5 fisico verso l’oceano concepito come realtà materiale, e non uno stato in luogo funzionale a una pura collocazione geografica. l’uso di ἐν Ὠκεανῷ per la collocazione a l l ’ i n t e r n o d e l l e a c q u e d e l l ’ o c e a n o si ritrova più tardi6, ma mai nell’epica.

Per cui, data la lettura di Cypria fr. 32, 2 Bernabé come segue:

αἳ Σαρπηδόνα ναῖον ἐπ’ ᾽Ωκεανῶι βαθυδίνηι

tradurrei il frammento intero in questo modo: «giacendo con lui ge-nerò le Gorgoni, orribili mostri / che abitavano Sarpedone p r e s s o l’Oceano dai gorghi profondi, / isola petrosa»7. rimane a mio parere da aggiungere qualcosa per spiegare l’uso specifico della preposi-zione ἐπί unitamente a qualche precisazione sugli usi formulari e le loro sfumature semantiche, che permettono di apprezzare particolari impieghi e diversi valori connotativi dei riferimenti alle entità geo-grafiche nell’epica arcaica.

La migliore conferma dell’uso di ἐπί in associazione al nome dell’oceano sembrerebbe venire dal passo dell’Odissea nel quale circe dà le istruzioni per il raggiungimento dell’ade, Od. 10, 508-5128:

5 Per l’uso di ἐν+dativo con verbi di movimento in Omero cfr. Chan-traine 1953, 101 sg.

6 ad esempio nel brano di erodiano (2, 914, 15 lentz) che cita Cypria fr. 33 Bernabé (καὶ ἡ νῆσος ἰδίως ἐν Ὠκεανῷ Γοργόνων οἰκητήριον οὖσα ὡς ὁ τὰ Κύπρια φησί·) e che di certo ha fornito un argomento lin-guistico per la correzione del frammento.

7 West 2013, 127 cita la posizione di Parlato 2010 sulla correttezza di ἐπί ma non fa menzione del valore semantico dato alla particella. Lo stesso West 2003, 107 traduce il v. 2: «who dwelt on sarpedon on the deep-swirling Oceanus», perciò dando all’espressione in questione il valo-re di determinazione geografica abbastanza concreta e non indeterminata (secondo le definizioni riprese da Parlato 2010, 295). nella traduzione di Davies 2001, 49 si coglie il significato di ἐπί di cui si è parlato: «who dwelt on Sarpedon, by the deep-edying Ocean». La traduzione di Bernabé 1979, 172 è la seguente: «que habitaban, sobre el Océano de profundos torbellinos, Sarpedón», quindi, sebbene sia dato un valore di localizzazio-ne geografica alquanto precisa («sobre»), la punteggiatura e la disposizio-ne sintattica (cfr. Parlato 2007, 17) rendono esplicitamente anche in questo caso le intenzioni semantiche di riferimento indeterminato, ed evitano di legare ἐπί / ἐν al verbo ναίω.

8 cfr. Parlato 2007, 13.

8 Pietro verzina

ἀλλ’ ὁπότ’ ἂν δὴ νηῒ δι’ Ὠκεανοῖο περήσῃς,ἔνθ’ ἀκτή τε λάχεια καὶ ἄλσεα Περσεφονείηςμακραί τ’ αἴγειροι καὶ ἰτέαι ὠλεσίκαρποι,νῆα μὲν αὐτοῦ κέλσαι ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ,αὐτὸς δ’ εἰς Ἀΐδεω ἰέναι δόμον εὐρώεντα.

si ha un’espressione identica a quella dei Cypria nella seconda parte del verso 511, ma l’uso in questo luogo a mio parere non dà un parallelo perfetto a livello semantico.

Si sta parlando dell’approdo della nave di Odisseo (v. 511 νῆα … κέλσαι), che nelle istruzioni di Circe sarà già passato attraverso l’oceano (v. 508) e sarà arrivato alla costa boscosa dove dimora Per-sefone (v. 509 sg.), e subito dopo il v. 511, dedicato all’approdo, si indica il proseguire di odisseo a piedi (v. 512, cfr. Od. 11, 21 sg. e infra). in questo caso un richiamo all’oceano come indeterminata e vaga entità geografica nel v. 511 sarebbe un uso alquanto pleonastico, poiché la posizione dell’Ade presso l’Oceano è stata già determinata nei versi precedenti, e quindi la traduzione «presso l’Oceano» risul-terebbe inadeguata.

La menzione dell’Oceano pare doversi legare ad αὐτοῦ, confor-memente all’uso, documentato pochi versi prima nello stesso libro odissiaco, di Od. 10, 96 αὐτοῦ ἐπ’ ἐσχατιῇ («lì sul promontorio») o di Il. 21, 17 αὐτοῦ ἐπ’ ὄχθῃ («lì sulla spiaggia»)9. In questi casi, così come in alcune occorrenze di ἐπί con nomi di fiumi (vedi Il. 7, 133 ἐπ’ ὠκυρόῳ Κελάδοντι; 5, 598 ἐπ’ ὠκυρόῳ ποταμῷ) la prossimità al fiume o alla costa non è una indicazione puramente geografica, ma indica materialmente la riva10. ritengo quindi che circe voglia stabilire che Odisseo deve approdare «là sull’Oceano» (αὐτοῦ … ἐπ’ Ὠκεανῷ), ovvero sulle sue coste11. il riferimento all’oceano nel

9 αὐτοῦ è usato in questo senso anche con altre preposizioni: cfr. la formula αὐτοῦ ἐνὶ Τροίῃ ecc.

10 La cosa è confermata chiaramente dalla lettura dei contesti dei luoghi citati (è chiarissimo in Il. 5, 598 sg. στήῃ ἐπ’ ὠκυρόῳ ποταμῷ ἅλα δὲ προρέοντι / ἀφρῷ μορμύροντα ἰδών). In questi passi ἐπί è usato sen-za idea di movimento, ma vedi infra e cfr. Od. 10 ἔνθα δ’ ἐπ’ ἠπείρου βῆμεν, Hes. Op. 624 νῆα δ’ ἐπ’ ἠπείρου ἐρύσαι ecc. (l’uso di ἐπί+gen. è in questo caso sinonimico a ἐπί+dat., cfr. Chantraine 1958, 108). Cfr. n. 4.

11 Non sulla costa opposta, che non è contemplata nell’epica: cfr. Heu-beck 1989 ad Od. 9, 14-19. Quindi è preferibile tradurre δι’ Ὠκεανοῖο περήσῃς con «andare attraverso l’Oceano» e non «attraversare l’Ocea-

9Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

verso in questione è strettamente legato al verbo κέλλω, ed è quindi associato a un verbo di movimento. l’espressione può essere acco-stata alla formula ἐπὶ ῥηγμῖνι θαλάσσης, usata spesso ed anche con verbi di movimento, come βαίνω12; in ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ certo non c’è l’indicazione della costa, ma questo tratto semantico è fornito dal verbo κέλλω, che significa appunto «approdare»13, senza contare il fatto che l’ἀκτή è nominata subito prima (v. 510), e il significato di ἐπί+dat. in relazione alla costa è evidente in quanto «in connection with verbs of motion ἐπί [+ dative] […] made explicit that the motion ended in rest, in staying at a definite place»14.

Tradurrei quindi così le istruzioni di Circe a Odisseo in Od. 10, 508-512: «Ma quando con la nave passerai attraverso l’Oceano, / lì troverai una costa bassa e i boschi di Persefone, / e alti pioppi e salici che perdono frutti: / a p p r o d a p r o p r i o l à s u l l ’ O c e a n o , / e va’ tu stesso nell’umida dimora di Ade»15. seguono a questi versi le indicazioni sul riconoscimento dell’ingresso dell’ade che odisseo dovrà raggiungere (la rocca al confluire dei fiumi, v. 515). Questa interpretazione è confermata dalla lettura dei primi versi del libro seguente dell’Odissea, quando odisseo esegue alla lettera le indica-zioni di circe16: dopo aver detto 11, 13 ἡ (sc. la nave) δ’ ἐς πείραθ’ ἵκανε βαθυρρόου Ὠκεανοῖο, dove dimora il popolo dei Cimmeri di cui si parla digressivamente nei versi immediatamente seguenti, odisseo racconta in 11, 20-22:

no». Per il viaggio di Odisseo nell’Occidente e nell’Oceano vedi anche arrighetti 1975, 146-177.

12 cfr. chantraine 1953, 108; su questa espressione vedi anche infra.13 cfr. lsJ s. v. il verbo e i suoi composti sono usati sia specificando la

nozione di «costa», sia senza: cfr. Od. 9, 148; 11, 20.14 gonda 1957, 5.15 in alcune delle traduzioni del v. 511 il valore di prossimità spaziale

con contatto è sottolineato (Di Benedetto: «Là fa’ approdare la nave in riva all’Oceano profondo», Calzecchi Onesti: «Tira in secco la nave in riva all’Oceano dai gorghi profondi»), in altre sottinteso (cfr. ad es. Privitera: «Là tu approda la nave, sull’Oceano dai gorghi profondi»), mentre in altre ancora sembra che l’espressione sia intesa come generica determinazione di prossimità geografica (murray: «there do thou beach thy ship by the deep eddying Oceanus»).

16 Per la connessione fra i due passi cfr. De Jong 2004a ad 11, 1-50, che riconosce la rispondenza quasi del tutto precisa degli atti di odisseo alle istruzioni a livello narrativo, pur senza soffermarsi sul valore locativo dell’oceano.

10 Pietro verzina

νῆα μὲν ἔνθ’ ἐλθόντες ἐκέλσαμεν, ἐκ δὲ τὰ μῆλαεἱλόμεθ’· αὐτοὶ δ’ αὖτε παρὰ ῥόον Ὠκεανοῖοᾔομεν, ὄφρ’ ἐς χῶρον17 ἀφικόμεθ’, ὃν φράσε Κίρκη.

Quando sbarcano odisseo e i compagni si trovano proprio s u l l e r i v e del mitico fiume, chiaramente richiamate, avendo evidente-mente il complemento introdotto da παρά il significato di «lungo il corso dell’Oceano»18 (vedi anche infra).

Quindi ritengo che il parallelo di Od. 10, 511, pure utile in gene-rale alla collocazione dei luoghi mitici nella geografia immaginaria omerica e all’uso dell’oceano in questo senso, funzioni poco come termine di confronto di Cypria fr. 32, 2 Bernabé a livello semantico e sintattico. malgrado la corrispondenza letterale con l’espressione tràdita del poema ciclico, con cui il rapporto formulare è indubbio, la formula omerica non è da annoverare nei casi in cui l’Oceano è usato come un riferimento geografico i n d e t e r m i n a t o (nel senso esposto supra). È tutto l’episodio omerico a esprimere, in più versi, la collocazione geografica dell’episodio ai confini del mondo, non la singola espressione di Od. 10, 511 o quella di Od. 11, 21, che hanno un significato più ristretto e concreto.

La preposizione ἐπί in Omero è associata spesso all’Oceano, ma non in maniera paragonabile a Cypria fr. 32, 2 Bernabé. con verbo di movimento la preposizione è associata a genitivo e accusativo (Il. 3, 5 πέτονται ἐπ’ ὠκεανοῖο ῥοάων, 18, 239-240 Ἠέλιον δ’ ἀκάμαντα βοῶπις πότνια Ἥρη / πέμψεν ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥοὰς ἀέκοντα νέεσθαι, Il. 23, 205). Gli usi con ἐπί+dativo in Omero sembrano essere in genere legati a una determinazione fisica dell’oceano, visto materialmente come fiume, come appunto in Od. 10, 511 o in Od. 23, 244, dove Atena trattiene l’Aurora ἐπ’ Ὠκεανῷ per prolungare la notte (pur trattandosi in quest’ultimo caso di uno stato in luogo, vedi anche infra).

Troviamo solo un caso nell’epica in cui ἐπί è associato all’Oceano in maniera paragonabile a Cypria fr. 32, 2 Bernabé, ovvero hes. Th. 816:

δώματα ναιετάουσιν ἐπ’ Ὠκεανοῖο θεμέθλοις

17 Sc. la rocca da raggiungere a piedi indicata in 10, 515, come è chiaro dal contesto e da quanto segue.

18 cfr. chantraine 1953, 122. Per il passo in questione cfr. heubeck 1989 ad loc: «beside the stream».

11Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

Questo verso fornisce un valido parallelo, in cui l’espressione è usata per una determinazione di generica prossimità all’oceano e con un verbum incolendi, senza idea di movimento e senza che la pre-posizione indichi una relazione spaziale precisa in rapporto al luo-go citato. Alcune traduzioni di questo passo danno ad ἐπί valore di «sopra», in ragione del valore attribuito al termine θέμεθλα, spesso tradotto come «fondo dell’Oceano»19. ritengo piuttosto che il termine θέμεθλα evidenzi l’insistenza di Esiodo sulla nozione di e s t r e m i -t à della collocazione delle dimore mitiche di cui sta parlando, spe-cificamente significativa nel contesto da cui è tratto il verso, in cui il concetto di limite estremo è diffusamente espresso20: il termine θέ-μεθλα infatti si avvicina molto più al significato più astratto di ῥίζαι «radici, fondamenta» che a quello di «fondale»21. si tratta quindi di un’iperbolica lontananza, all’estremo del già estremo oceano (vedi infra). Qualunque accezione si scelga, in questo caso la preposizione ἐπί sembra indicare una localizzazione indeterminata senza indica-zione spaziale precisa, come dimostra l’associazione ad un verbum incolendi (ναιετάω), conformemente a molti altri luoghi esiodei22.

come termine di confronto di Cypria fr. 32, 2 Bernabé, espres-sione a livello semantico indubbiamente più simile rispetto a Od. 10, 511 è Hes. Op. 170 sg., che costituisce il terzo e migliore parallelo:

καὶ τοὶ μὲν ναίουσιν ἀκηδέα θυμὸν ἔχοντες ἐν μακάρων νήσοισι παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην

19 cfr. Hymn. Orph. 17, 3 ὃς ναίεις πόντοιο βαθυστέρνοιο θέμεθλα, riferito a Poseidone. le traduzioni del verso esiodeo oscillano tra i due valori di ἐπί, «sopra» (Evelyn-White: «[They] have their dwelling upon Ocean’s foundations», Most: «[They] live in mansions upon the fundations of Ocean», Arrighetti: «Abitano le loro dimore, sul fondo dell’oceano») e «presso» (Colonna: «Hanno la loro dimora presso il fondo dell’Oceano»).

20 cfr. Th. vv. 727 sg., 731, 736-738, 809, 812, 814. cf West 1966 ad Th. 720-819 e ad locc.

21 cfr. West 1966 ad loc. e ad Th. 728, 736-739, 738. nell’epica, cfr. soprattutto Il. 14, 493 e 17, 47 (vedi anche infra). anche gli scoli omerici considerano l’uso di θέμεθλα sinonimico a quello di ῥίζαι, «radici» (Sch. D Il. 14, 493, cfr. lfgre ad loc.). Il termine θέμεθλα parrebbe designare quindi il concetto di ‘primissime scaturigini’ dell’oceano, e in ogni caso il termine pare richiamare appunto la nozione di limite estremo. vedi anche infra.

22 Per il concetto di lontananza estrema nella dizione esiodea vedi anche infra.

12 Pietro verzina

Nel v. 171 per designare la posizione di i s o l e mitiche è usato appunto un complemento introdotto da παρά, e quindi una determi-nazione di prossimità: queste isole mitiche si trovano all’estremità della terra, presso il mitico fiume oceano.

Per esprimere stato in luogo παρά è usato in genere col dativo. West 1978, ad Op. 171 nota che l’uso παρ’ Ὠκεανὸν appare al-quanto singolare in associazione alle isole dei beati, in quanto «the preposition suits a shore better than islands».

La determinazione di prossimità all’Oceano è espressa alcune vol-te con παρά+acc. in Omero, ma in Od. 24, 11 πὰρ δ’ ἴσαν Ὠκεανοῦ τε ῥοὰς καὶ Λευκάδα πέτρην indubbiamente l’idea è di moto a luogo23. in Il. 16, 150-151 τοὺς ἔτεκε Ζεφύρῳ ἀνέμῳ Ἅρπυια Ποδάργη / βοσκομένη λειμῶνι παρὰ ῥόον Ὠκεανοῖο (raffron-tabile al già citato Od. 11, 21), se pure il contesto genealogico può spiegare la similarità al caso esiodeo, un significato di e s t e n s i o -n e o comunque un valore concretamente spaziale del complemento è verosimile («Pascolando su un prato (situato) l u n g o la corrente dell’Oceano» oppure «Pascolando lungo la corrente dell’Oceano, su un prato», vedi infra). in hes. Op. 170 sg., invece, la collocazio-ne delle isole dei beati non può essere «lungo l’Oceano» (da qui la perplessità di West) né esprimere una posizione precisa rispetto al fiume o alle sue coste, ma l’indicazione è senza dubbio di generica prossimità24, e l’equivalenza e complementarietà metrica all’espres-sione formulare di Cypria fr. 32, 2 Bernabé, che ha ἐπί e si riferisce a un’isola, lo confermano25. Dando tale valore a παρά («presso l’Oce-ano dai gorghi profondi») ogni anomalia del complemento nel passo esiodeo scompare.

Rispetto agli usi di παρά+dat. e παρά+gen., l’uso di παρά+acc. per determinare semplice prossimità senza idea di movimento o estensione è considerato secondariο, ma attestato anche in Omero, dove in certi casi è equivalente a παρά+dat26. riguardo all’oceano

23 cfr. chantraine 1953, 121 sg.24 cfr. Parlato 2007, 16.25 cfr. anche Ilias Parva fr. dub. 32, 2 Bernabé [ἐς μακάρων ν]ή̣σ̣ους

τ.[.].ινπομ[.] Ὠ̣κεαν[ ].26 Cfr. Chantraine 1953, 122: «Finalement, παρὰ et l’accusatif, même

sans qu’il y ait ni idée de mouvement ni idée d’extension, a fini par signi-fier ‘la proximité’ et s’est ainsi trouvé très proche de παρά accompagné du datif».

13Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

esiodo lo attesta in un altro caso, Th. 282 Ὠκεανοῦ παρὰ πηγάς (cfr. anche fr. 180, 4 Merkelbach – West Ἕρμον πάρα δ̣[ινήεντα), che è posto in un contesto genealogico ed ha evidentemente lo stesso valore di generica prossimità geografica27, come accade altre volte nelle localizzazioni delle nascite (vedi infra). esiodo pare quindi pre-ferire l’uso dell’accusativo con παρά piuttosto che il dativo o il ge-nitivo per esprimere le determinazioni di stato in luogo in questi casi: in Op. 171 potrebbe usare senza problemi *παρ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ, ma evidentemente l’uso dell’accusativo è preferito, mostrando una naturale espansione a spese del dativo. Per questi motivi dobbiamo considerare παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην equivalente a un’analoga espressione con παρά+dat., e quindi individuare uno stesso comple-mento espresso da παρά+dat./(acc.).

Op. 171 παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην, quindi, rende non solo il si-gnificato dell’espressione di Cypria fr. 32.2 Bernabé, ma fornisce anche un parallelo formulare, come lo sono senz’altro anche Od. 10, 511, che è pressoché identico, e Th. 816, di certo in rapporto con questi passi. È dunque verosimile ritenere tale uso formulare28. l’uso di ἐπί nel verso dei Cypria è determinato dall’esigenza di mantenere aperta la sillaba finale di ναῖον, mentre nel verso esiodeo una vocale provocherebbe la sinalefe della ι finale di νήσοισι29, da cui l’uso del-la variante con παρά in Op. 17130.

27 cfr. Parlato 2007, 15 sg. West 1978 rimanda al passo nel commento ad Op. 171, nell’esemplificare come παρά sia adatto a una spiaggia più che a un’isola, considerando evidentemente παρὰ πηγάς come determi-nazione di estensione. Ciò a mio parere non è corretto: in Op. 171 quel che importa è dire che Pegaso nasce «presso le sorgenti dell’Oceano» e da lì viene il suo nome, e non certo che nacque «lungo le sorgenti dell’Oce-ano». Come in Op. 171 quel che importa a Esiodo è una determinazione di generica prossimità, e l’uso di παρά nei due passi è di conseguenza perfettamente equivalente.

28 cfr. Pavese – Boschetti 2003 ad. Od. 10, 511, ma l’espressione ha mol-ti altri paralleli: Il. 5x ποταμὸς βαθυδίνης ||, Hes. Th. 133 τέκ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην ||, Th. 338 τε καὶ Ἠριδανὸν βαθυδίνην ||, fr. 193, 9 ἀπ’ Ἀλφειοῦ βαθυδίν̣[εω ||, Hymn. Hom. Ap. 139 ἐς Ἀλφειὸν βαθυδίνην ||.

29 La desinenza breve -οις del dativo non è utilizzabile in alcun caso con la formula seguente, per motivi metrici.

30 È significativo che ἐν / ἐν(ί), metricamente equivalente a ἐπ’, non rientri nelle opzioni, a dimostrazione del valore semantico che ha l’espres-sione e del mancato interesse a una determinazione della posizione dell’i-sola all’interno del fiume oceano.

14 Pietro verzina

anche Od. 10, 511 esige l’impiego della vocale iniziale di ἐπί. Ma poiché supra si è detto che questo uso è semanticamente differente, rimangono da confrontare il passo esiodeo di Op. 171 e Cypria fr. 32, 2 Bernabé. Poiché non è raro che gli usi linguistici dei frammenti ciclici siano considerati imitativi e posticci31, si potrebbe a questo punto credere che l’espressione di fr. 32, 2 Bernabé sia stata impro-priamente adattata dal poeta dei Cypria a partire da un uso più proprio con παρά con cui si esprimeva l’indeterminata prossimità geografi-ca all’oceano; oppure si potrebbe postulare che le due preposizioni esprimano valori e sfumature diversi.

in realtà, prescindendo dal caso di Od. 10, 511, si può credere che l’espressione formulare fosse adattabile secondo gli usi senza muta-re di significato, approfittando del valore equivalente che possono avere gli impieghi di παρά+dat./(acc.) ed ἐπί+dat., che è solo im-plicitamente previsto da chantraine 1953, 108 sg. e che può essere dimostrato.

L’equivalenza delle due preposizioni è definibile a partire dal con-fronto di alcuni passi che riguardano fiumi o rive.

Per quanto riguarda le rive in generale, in omero l’equivalenza delle due preposizioni è attestata nella già citata formula ἐπὶ ῥηγμῖνι θαλάσσης (Il.+Od.: 11x; Hymn. Hom. Ap.: 3x), che in due soli casi (Il. 2, 773, Od. 4, 449) si trova nella forma con παρά. La forma con ἐπί si trova usata sia con verbi di movimento sia senza, ed in vari casi è attestata la forma κοιμήθημεν ἐπὶ ῥηγμῖνι θαλάσσης, da con-frontare con l’uso sinonimico di Od. 4, 449 ἑξῆς εὐνάζοντο παρὰ ῥηγμῖνι θαλάσσης. Chantraine 1953, 121 dà a quest’ultima forma con παρά il valore di «lungo la spiaggia». Tuttavia, dato il contesto di Il. 2, 77332, è ampiamente plausibile che in questo caso la preposi-zione indichi una semplice prossimità alla riva. Per quanto riguarda invece Od. 4, 449, il significato di «lungo la spiaggia» è assicurato dall’avverbio ἑξῆς (detto di alcune foche che si mettono a dormire

31 cfr. curti 1993 (in particolare p. 43). in alcuni casi la complicazione sintattica causata dall’impiego formulare è una spiegazione accettabile. alcuni usi un po’ ‘duri’ che si riscontrano nei frammenti dei Cypria si spiegano a partire da un particolare uso formulare: cfr. Bernabé 1996 ad fr. 9, 1 ecc.

32 Vv. 773 sg.: λαοὶ δὲ παρὰ ῥηγμῖνι θαλάσσης / δίσκοισιν τέρποντο καὶ αἰγανέῃσιν ἱέντες.

15Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

«in fila»), ma proprio perché il tratto semantico è dato da questo av-verbio non è necessario presupporlo per la preposizione, che avrebbe in questo modo un valore pleonastico33. in ognuna delle occorrenze, nessuna esclusa, la forma παρά / ἐπί è giustificata da motivi metrici. non va escluso che la modifica formulare possa essere in alcuni casi semanticamente determinata34, ma dall’analisi delle occorrenze com-plementari di questa espressione formulare appare chiaro che l’uso è intercambiabile e motivato dalla metrica.

altre prove vengono dall’associazione delle due preposizioni.In Hes. fr. dub. 343, 11 sg. Merkelbach – West si ha τὴν μὲν

ἔτικτε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε / πὰρ κορυφήν, Τρίτωνος ἐπ’ ὄχθηισιν ποταμοῖο: in v. 12 l’equivalenza di παρά+acc. ed ἐπί+dat. può arguirsi già dal loro uso sinonimico. Anche in questo caso si nota la predilezione di Esiodo per l’accusativo con παρά per esprimere stato in luogo35. inoltre l’espressione della seconda parte del verso è confrontabile con Il. 4, 474-476 ὅν ποτε μήτηρ / Ἴδηθεν κατιοῦσα παρ’ ὄχθῃσιν Σιμόεντος / γείνατ(o)36. in entrambi i casi si parla di una nascita «presso un fiume», senza significato di movimento, ed è chiaro quindi che παρά ed ἐπί sono un elemento complementare della dizione per esprimere, in associazione col dati-vo, stato in luogo senza idea di movimento, e il cui impiego dipende da necessità metriche, che determinano evidentemente l’uso di ἐπί o παρά nella seconda parte dei due versi citati.

33 vedi infra per un ulteriore esempio di παρά+dat. nel supposto senso di «lungo». In ogni caso Chantraine, per quanto non lo citi nel paragrafo su ἐπί (§153, p. 108 sg.), è incline a dare anche a ἐπὶ ῥηγμῖνι θαλάσσης il significato di «lungo la spiaggia», poiché cita Od. 15, 499 (ἐπὶ ῥηγμῖνι κτλ.) a confronto di Il. 2, 773 e Od. 4, 449 (p. 121), e quindi tende a rico-nosce in ogni caso l’equivalenza di questi usi.

34 in Od. 10, 511 e 11, 21, nell’ambito di due «narrazioni specchio», l’uso delle formule rispettivamente con ἐπί+dat. o παρά+acc. in associa-zione all’Oceano è ovviamente da considerare una modifica ad hoc oltre che una necessità metrica, in quanto nel secondo caso il complemento con παρά serve a dire che Odisseo e i compagni si muovono «lungo l’Ocea-no». In Omero quindi le formule con ἐπί e παρά possono avere diverso significato. vedi anche infra.

35 Altri esempi di παρά+acc. per le rive dei fiumi senza idea di movi-mento o di estensione sono Il. 4, 487 e 6, 34 (cfr. Parlato 2010, 296), hes. fr. 13, 1-2 Merkelbach – West ὤικεε δ’ Ὠλενίην πέτρην ποταμοῖο παρ’ ὄχθας / εὐρεῖος Πείροιο.

36 cfr. Od. 6, 97.

16 Pietro verzina

Molto interessante è anche il caso di Od. 13, 407 sg. αἱ δὲ νέμονται / πὰρ Κόρακος πέτρῃ ἐπί τε κρήνῃ Ἀρεθούσῃ. Come nel verso di Esiodo, v’è qui una evidente associazione delle preposizioni, che non hanno significato di movimento o estensione e sono usate con un verbum incolendi.

I passi citati mostrano inoltre come ἐπί+dat. abbia impiego in as-sociazione ai fiumi37.

un altro verso omerico associa le due preposizioni, questa volta con verbo di movimento: Il. 20, 39 ἄλλοτε πὰρ Σιμόεντι θέων ἐπὶ Καλλικολώνῃ (detto di Ares). Chantraine 1953, 121 pone anche la prima parte di questo verso come secondo e ultimo esempio del signi-ficato di «le long de» detenuto secondo lo studioso in un numero mi-noritario di casi da παρά+dat. (vedi supra), quindi presupponendo la traduzione «correndo lungo il Simoenta presso/su/(lungo) Bellacolli-na». Che accettiamo o meno il valore di «le long de», a mio parere da scartare, possiamo confrontare il verso con Od. 13, 407 sg. e hes. fr. dub. 343, 11 sg. in cui l’entità marina e l’entità terrestre hanno ordine capovolto in dipendenza di un’identica successione di preposizioni.

la conferma dell’equivalenza delle due preposizioni viene da un altro passo epico che designa propriamente l’oceano come entità lon-tana e localizzazione generica: in Hymn. Hom. Aphr. 227 ναῖε παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοῇς ἐπὶ πείρασι γαίης si ha un ulteriore esempio di associazione delle due preposizioni con entità fluviale ed entità ter-restre.

come si vede, la dizione epica preferisce il mantenimento della sequenza παρά … ἐπί, e l’associazione delle preposizioni all’entità terreste o fluviale è semanticamente indifferente, dipende solo dalla struttura metrica dei termini da impiegare. il valore delle preposizioni è quindi identico, e il loro uso intercambiabile38. se esaminiamo la ti-pologia dei luoghi indicati in questi passi (entità terrestre + entità flu-viale), date le equivalenze ἐπὶ Καλλικολώνῃ : ἐπὶ πείρασι γαίης : πὰρ Κόρακος πέτρῃ : πὰρ κορυφήν = πὰρ Σιμόεντι : παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοῇς : ἐπὶ κρήνῃ Ἀρεθούσῃ : Τρίτωνος ἐπ’ ὄχθῃσιν ποταμοῖο, possiamo stabilire la piena equivalenza e complementa-

37 cfr. a proposito dei nomi di città sch. Il. 21, 87 erbse, citato in Par-lato 2010, 296.

38 cfr. anche Od. 24, 11 πὰρ δ’ ἴσαν Ὠκεανοῦ τε ῥοὰς καὶ Λευκάδα πέτρην, in cui παρά+acc. è associato tanto all’Oceano quanto all’entità terrestre nel moto a luogo.

17Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

rietà formulare di ἐπί+dat. = παρά+dat./(acc.). In alcuni casi l’uso di ἐπί pare essere preferenziale39.

L’intercambiabilità tra ἐπί+dat. e παρά+dat./(acc.) per localizza-zioni di entità geografiche, in particolare fiumi (indipendentemente dai valori assunti in particolare con l’Oceano) è quindi ben attestata.

si possono quindi collocare le varianti delle espressioni formulari dal significato indeterminato «(lontano) presso l’Oceano» in questo modo:

a) forma ᴗ 4– ᴗ ᴗ 5– ᴗ ᴗ 6– ᴗ || in consonante (doppioni):

παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην || (Op. 1x)πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο || (Th. 3x)

a1) forma ᴗ 4– ᴗ ᴗ 5– ᴗ ᴗ 6– – || in vocale:

ἐπ’ Ὠκεανοῖο θεμέθλοις || (Th. 1x)ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ || (Cypria 1x)

b) forma ᴗ 2– ᴗ ᴗ 3– ᴗ ᴗ 4– | :

παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοῇς | (Hymn. Hom. Aphr. 1x)

c) forma 4– ᴗ ᴗ 5– ᴗ ᴗ 6– ᴗ || :

Ὠκεανοῦ παρὰ πηγάς || (Th. 1x)

Per tutte queste espressioni non omeriche (tranne che per la for-ma c) la formularità è confermata anche dall’esistenza di equivalenti espressioni formulari di diversa connotazione semantica (vedi infra),

39 Nella maggior parte dei casi citati l’uso di ἐπί non è determinato dalla metrica e sarebbe facilmente sostituibile con παρά/πάρ, che invece è uso obbligato. Ad ogni modo l’uso di ἐπί è a propria volta obbligato dalla variatio e dalla sequenza ricorrente παρά … ἐπί. L’uso di ἐπί pare essere comunque preferenziale in hes. Th. 816 δώματα ναιετάουσιν ἐπ’ Ὠκεανοῖο θεμέθλοις, poiché sarebbe stato pienamente utilizzabile *ναιετάουσι παρ’ Ὠκεανοῖο θέμεθλα/-οις senza il ricorso al ν efel-cistico. L’impiego di ἐπί potrebbe essere giustificato anche dal diverso valore della preposizione in questa espressione (vedi supra), ma come si è detto anche in questo caso il significato pare essere di generica localiz-zazione.

18 Pietro verzina

soprattutto omeriche40. come si vede si tratta quasi sempre di espres-sioni usate in chiusura di esametro (tranne che per b).

le forme a) e a1) sono verosimilmente formulari e hanno come si è visto corrispondenze omeriche41. La forma πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο || rispetto a παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην || secondo la mia interpreta-zione è un doppione42, poiché il significato «di là dell’Oceano» ha lo stesso valore generico di collocazione geografica43, considerato an-che il fatto che in Th. 274 la formula πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο || è usata per localizzare le gorgoni, proprio come in Cypria fr. 32, 2 ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ.

L’espressione ἐπ’ Ὠκεανοῖο θεμέθλοις di Hes. Th. 816, anche se si può confrontare con alcune strutture formulari omeriche che usano il termine θέμεθλα a fine verso ed è quindi essenzialmente formula-re44, non è attestata altrove per l’Oceano; tale uso è verosimilmente determinato da motivazioni espressive e semantiche particolari rife-rite alla collocazione estrema dei centimani cotto e gige (vedi su-pra), che giustificano il mancato uso economico di παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην, utilizzabile senza fare ricorso al ν efelcistico nella parola precedente, o anche di ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ usando lo stesso ν. in ogni caso l’espressione, pur come modifica ad hoc, è di certo in rapporto con le altre forme, con le quali sembra condividere anche il significato di generica prossimità della preposizione (vedi supra).

40 altre espressioni non omeriche che confermano la formularità delle espressioni elencate presentano usi in cui non sono coinvolti complementi di luogo (ad esempio sono formule che parlano dell’oceano personificato). L’espressione Ὠκεανοῖο ῥέεθρα in Th. 695 è usato come soggetto, quin-di senza preposizione e senza valore locativo. altre espressioni formulari (comprese Th. 133 Ὠκεανὸν βαθυδίνη e 776 ἀψορρόου Ὠκεανοῖο) si riferiscono all’oceano come divinità personificata, spesso all’interno di un discorso genealogico, e non hanno valore geografico. altri esempi in cui non sia implicata una nozione di prossimità geografica attestano dunque la formularità delle espressioni in questione: cfr. hes. Th. 133, 338, Hymn. Hom. Herm. 139 ecc. Per la serie completa delle formule dedicate all’oceano nell’epica sia omerica che non omerica cfr. mureddu 1983, 29 sgg.

41 cfr. mureddu 1983, 29 sgg. e infra.42 sulle defezioni di esiodo al principio dell’economia cfr. edwards

1971, 55-73, che comunque non cita queste formule, e mureddu 1983, passim.

43 cfr. Parlato 2007, 15.44 Il. 14, 493 κατ’ ὀφθαλμοῖο θέμεθλα || e 17, 47 κατὰ στομάχοιο

θέμεθλα ||; in entrambi casi segue, come in Esiodo, un genitivo in -οιο.

19Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

il caso b) (Hymn. Hom. Aphr. 227 παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοῇς) ha pa-ralleli formulari, soprattutto omerici45.

nel caso di c) Th. 282 il valore di generica prossimità geografica in contesto genealogico è perfettamente conservato, e di certo il valore semantico è assai affine a quello che presentano le formule prece-denti. che anche in questo caso si tratti di una formula in funzione complementare è possibile, tuttavia non può essere accertato per via dell’occorrenza unica nell’epica. Poiché la menzione delle πηγαί è funzionale all’etimologia del nome di Pegaso (vedi supra), è piena-mente plausibile che si tratti di una creazione ad hoc.

troviamo dunque alcune espressioni formulari formalmente equi-valenti a quelle citate46, ma che tendono a indicare movimento d a o v e r s o l ’ o c e a n o oppure l u n g o l e s u e c o s t e , implican-do spesso, come si è già esemplificato, raggiungimento o contatto. Tale uso è riscontrabile in particolare in Omero (mi limito a citare le varianti formulari con παρά ed ἐπί):

παρὰ ῥόον Ὠκεανοῖο || = Il. 16, 151 βοσκομένη λειμῶνι παρὰ ῥόον Ὠκεανοῖο (moto per luogo o estensione)47; Od. 11, 21-22 αὐτοὶ δ’ αὖτε παρὰ ῥόον Ὠκεανοῖο / ᾔομεν (moto per luogo)

παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοάων || = Od. 22, 197-198 οὐδὲ σέ γ’ ἠριγένεια παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοάων / λήσει ἀνερχομένη χρυσόθρονος48 (moto da luogo)

ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥοάων || = Il. 3, 5 (γέρανοι) πέτονται ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥοάων (moto a luogo)

ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ || = Od. 10, 508 νῆα μὲν αὐτοῦ κέλσαι ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ (moto a luogo)

45 cfr. Il. 18 πέμψεν ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥοὰς ἀέκοντα νέεσθαι, Od. 24, 11 πὰρ δ’ ἴσαν Ὠκεανοῦ τε ῥοὰς καὶ Λευκάδα πέτρην, Th. 841 πόντός τ’ Ὠκεανοῦ τε ῥοαὶ καὶ τάρταρα γαίης, Cypria fr. 9, 10 ἄλλοτ’ ἀν’ Ὠκεανὸν ποταμὸν καὶ πείρατα γαίης (vedi infra). cfr. faulkner 2008 ad loc. conformemente alla sua interpretazione dell’Inno, olson 2012 ad loc. ritiene, a mio parere incorrettamente, l’uso di Hymn. Hom. Aphr. 227 imitativo.

46 tutte le espressioni citate di seguito sono formulari: cfr. mureddu 1983, 29.

47 vedi supra.48 cfr. chantraine 1953, 123.

20 Pietro verzina

ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥέεθρα || = Il. 23, 205 sg. … εἶμι γὰρ αὖτις ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥέεθρα (moto a luogo)

ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥοὰς | = Il. 18, 240 πέμψεν ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥοὰς ἀέκοντα νέεσθαι (moto a luogo)

(παρά) Ὠκεανοῦ τε ῥοὰς | = Od. 24, 11 πὰρ δ’ ἴσαν Ὠκεανοῦ τε ῥοὰς καὶ Λευκάδα πέτρην (moto a luogo).

La stessa cosa è verificabile anche per tutte le altre menzioni omeriche dell’oceano, con altre preposizioni e anche al di fuori di espressioni formulari49. in nessun caso, comunque, troviamo in ome-ro una menzione dell’oceano in uno stato in luogo come semplice e generica determinazione di prossimità geografica nel senso delle succitate formule non omeriche. nel già citato Od. 24, 11-13 (secon-da Νέκυια) il raggiungimento dell’Oceano e dei confini del mon-do è raccontato riassuntivamente in tre versi, e in v. 11 || πὰρ δ’ ἴσαν Ὠκεανοῦ τε ῥοὰς si vede come παρά+acc. abbia significato di moto a luogo (vedi supra). Nel verso seguente (14) si dice ἔνθα τε ναίουσι ψυχαί, εἴδωλα καμόντων. La dimora delle anime nei defunti non è localizzata tramite un’espressione formulare o anche solo idiomatica, ma tre versi pienamente narrativi raccontano pre-ventivamente il viaggio e il raggiungimento dell’Oceano, che è lo scenario presupposto. Questi casi sembrano implicare un diverso mo-dello di utilizzo dell’oceano nella narrazione e nella dizione, ed una conseguente diversa concezione delle formule corrispondenti: vero-similmente il narratore omerico non prende in considerazione i valori semantici utilizzati invece da Cypria 32, 2 ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ || o hes. Op. 171 παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην ||, in quanto egli dà, come si è visto negli esempi citati, un valore narrativo del tutto differente a simili determinazioni di luogo.

49 cfr. Il. 1, 423; 8, 485 (vedi supra); 14, 311 πρὸς δῶμα βαθυρρόου Ὠκεανοῖο; 17, 240 (vedi supra); 18, 402 περὶ δὲ ῥόος Ὠκεανοῖο; 19, 1 ἀπ’ Ὠκεανοῖο ῥοάων; Od. 10, 508 δι’ Ὠκεανοῖο περήσῃς (vedi supra; cfr. Panyas. fr. dub. 31, 2 Bernabé Ὠκεανοῦ ποταμο[ῖο δι’] εὐρέος ὑγ[ρ]ὰ κέλευθα); 11, 13 ἐς πείραθ’ ἵκανε βαθυρρόου Ὠκεανοῖο (vedi supra e infra), 639 τὴν δὲ κατ’ Ὠκεανὸν ποταμὸν φέρε κῦμα ῥόοιο; 12, 1 λίπεν ῥόον Ὠκεανοῖο; 19, 434; 20, 65 ἐν προχοῇς δὲ βάλοι ἀψορρόου Ὠκεανοῖο; 23, 244 (vedi supra), 347. In tutti questi casi è presupposto un movimento «da», «verso» o «lungo» l’Oceano, e il fiume è quindi è uno scenario dell’azione.

21Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

a questo uso si contrappone la concezione sfruttata in particolar modo nella dizione formulare50 usata al di fuori dei poemi omeri-ci (o almeno in quanto dell’epica non omerica è giunto sino a noi): l’Oceano in questo caso è visto come un posto lontano, senza idea di movimento e sempre in relazione a una localizzazione di una qualche entità mitica. Esso tende cioè ad essere concepito come punto di rife-rimento della geografia immaginaria più che come scenario dell’azio-ne: Cypria fr. 32, 2 ἐπ’ Ὠκεανῷ βαθυδίνῃ indica la localizzazione (dell’isola delle) delle Gorgoni, così come Th. 274 πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο, mentre Th. 816 ἐπ’ Ὠκεανοῖο θεμέθλοις localizza la dimora di cotto e gige51, Op. 171 παρ’ Ὠκεανὸν βαθυδίνην le isole dei beati, Hymn. Hom. Aphr. 227 παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοῇς la dimora di titone ed eos: in tutti questi casi la formula si usa in associazio-ne a un verbum incolendi (ναίω, ναιετάω); Th. 215 πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο localizza il giardino delle Esperidi, Th. 294 πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο localizza la stalla di Orto ed Eurizione e quindi un’impresa di eracle, Th. 282 Ὠκεανοῦ παρὰ πηγὰς localizza il luogo di nascita di Pegaso (vedi supra).

Dato che i valori alternativi delle proposizioni ἐπί e παρά ren-derebbero possibili indifferentemente entrambe le sfumature di si-gnificato, è chiaro che la divergenza non è determinata da difformità linguistiche tra le varie tradizioni poetiche, ma da una diversa inter-pretazione delle formule, che implica l’uso di una diversa sfumatura semantica delle stesse preposizioni. Quando l’oceano o le sue com-

50 al di fuori di espressioni formulari, negli Inni l’Oceano come luogo è citato pochissime volte, e soprattutto in relazione all’aurora e al tramonto (cfr. Hymn. Hom. Herm. 68, 185, cfr. Hymn. Hom. 32 (Selene) 7), uso che si ritrova anche in omero (vedi infra). In questi casi l’uso formulare è però evitato (cfr. vergados 2013 ad Hymn. Hom. Herm. 184 sg.). in esiodo al di fuori delle espressioni formulari citate l’Oceano è spesso menzionato come personaggio, mentre in alcuni casi è anche in scena materialmente come fiume: cfr. Th. 292, dove comunque esso è usato per localizzare lo scenario dell’azione; cfr. anche Panyas. fr. dub. 31, 2 Bernabé Ὠκεανοῦ ποταμο[ῖο δι’] εὐρέος ὑγ[ρ]ὰ κέλευθα. Il fatto che in questi casi non si usino espressioni formulari potrebbe confermare la tendenza a riconoscere nelle espressioni formulari usate un certo valore connotativo, cioè di mera prossimità geografica, che si oppone alla connotazione in senso spaziale che invece troviamo in omero. Per un altro caso di formula sull’oceano nei Cypria vedi infra.

51 Cfr., due versi prima, 814 Τιτῆνες ναίουσι, πέρην χάεος ζοφεροῖο.

22 Pietro verzina

ponenti divengono scenario dell’azione, e la sua presenza concreta di fiume sia presupposta, le preposizioni e i relativi complementi pren-dono valori precisi di relazione spaziale. in altre parole, le formule tradizionali vengono diversamente interpretate in virtù dell’ampio spettro semantico della preposizioni.

la persistenza e la coerenza di tale diversa interpretazione risulta-no particolarmente evidenti nel confronto tra i già citati hes. Th. 281 sg. τῷ μὲν ἐπώνυμον ἦν, ὅτ’ ἄρ’ Ὠκεανοῦ παρὰ πηγὰς / γέν(το) e Il. 16, 150-151 τοὺς ἔτεκε Ζεφύρῳ ἀνέμῳ Ἅρπυια Ποδάργη / βοσκομένη λειμῶνι παρὰ ῥόον Ὠκεανοῖο. L’Oceano è usato in due simili contesti genealogici. tuttavia, mentre in esiodo il verbo γίγνομαι è associato direttamente al complemento escludendo valori spaziali («aveva questo nome poiché nacque p r e s s o le sorgenti dell’Oceano»), in Omero la presenza di un piccolo ma significativo dettaglio scenico, βοσκομένη λειμῶνι, assicura al complemento, che ad esso piuttosto che direttamente al verbo al verbo ἔτεκε si lega, un certo valore spaziale, acquisendo παρά il significato di «lungo» (vedi supra).

Possiamo quindi definire in questi termini i due modelli di utilizzo narrativo delle espressioni tradizionali comuni: nel primo modello le preposizioni o l’avverbio πέρην indicano nello specifico p r o s s i -m i t à g e o g r a f i c a ; nel secondo, rappresentato principalmente nei poemi omerici, le preposizioni indicano invece p r o s s i m i t à s p a z i a l e . Mentre nel primo l’Oceano sembra per così dire essere scrutato da lontano, nel secondo si prevede sempre l’esistenza ma-teriale del fiume o delle sue componenti (coste, corrente ecc.) come elementi scenici: l’Oceano è scrutato da vicino o, in ogni caso, da un punto di vista narratologico, è sempre messo in rapporto con l’azione scenica52. È inoltre importante rilevare come tale divergenza sia lega-ta in particolare alle espressioni formulari.

hes. Th. 816 e Hymn. Hom. Aphr. 227, come anche Cypria fr. 9, 10 Bernabé ἄλλοτ’ ἀν’ Ὠκεανὸν ποταμὸν καὶ πείρατα γαίης (su cui

52 Il concetto di ‘indeterminato’ che è stato attributo alle espressioni che troviamo al di fuori dell’epica omerica (cfr. supra e Parlato 2007, che concepisce il valore di ‘indeterminato’ soprattutto in opposizione al valo-re ‘determinato’ di più precise collocazioni geografiche), quindi, non va inteso solo come mancanza di una localizzazione geografica precisa in funzione evocativa, ma si definisce appunto in senso narratologico come mancanza di un valore concretamente scenico di tale elemento.

23Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

vedi anche infra), possono aggiungere qualcosa al discorso. in Hymn. Hom. Aphr. 227 e in Cypria fr. 9, 10 i πείρατα della terra sono as-sociati all’Oceano, che li segna; essi, per così dire, si richiamano a vicenda53. si può osservare come tale concetto della geografia arcaica sia specificamente veicolato dalla dizione epica. la determinazione di confine ed estremità è anche implicita nell’uso di πέρην nella for-mula citata supra: l’avverbio ha una evidente connessione etimologi-ca con πεῖραρ54. in Th. 816 ἐπί è connesso ai θέμεθλα dell’Oceano, che, qualunque significato vogliamo a esso dare, è un elemento volto a una determinazione di estremità (vedi supra)55. anche in Od. 11, 13, ἡ δ’ ἐς πείραθ’ ἵκανε βαθυρρόου Ὠκεανοῖο, a dire il vero, si citano i limiti dell’Oceano, ma il tratto semantico di ‘limite’ è al di fuori dell’espressione formulare (βαθυρρόου Ὠκεανοῖο || 4x), a cui viene appunto aggiunto (cfr. anche Il. 14, 198 sg.).

La citazione dei «limiti dell’Oceano» ha un evidente ruolo di enallage, poiché è l’Oceano stesso a segnare il limite del cosmo. Il richiamo al significato di «confine» è quindi un valore connatura-to alla dizione che usa i valori di prossimità geografica, e per così dire integrato in essa. Benché a livello geografico la collocazione dell’oceano e delle entità ad esso correlate possa risultare abbastanza determinata56, ciò che intendono esprimere le formule legate all’uso suddetto è soprattutto una determinazione di lontananza estrema, ot-tenuta tramite la citazione quasi convenzionale e di un certo valore iperbolico dell’Oceano che segna i confini del mondo, cioè l’ultimo posto raggiungibile col pensiero. una simile connotazione si confor-

53 Per i rapporti tra πείρατα γαίης ed Oceano, che sono considerati prevalentemente nella loro collocazione occidentale, cfr. arrighetti 1975, 146-213, in particolare 146, 177-185, 193-195, West 1966 ad Th. 335, showleh 2009.

54 cfr. chantraine 1999 s. vv. πεῖραρ e πέρα. Cfr. anche Th. 275, dove alla formula πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο segue || ἐσχατιῇ πρὸς νυκτός. cfr. anche West 1966 ad Th. 767 su πρόσθεν.

55 cfr., nello stesso contesto di hes. Th. 816, il già citato Th. 814 πέρην χάεος ζοφεροῖο. Cfr., nello stesso contesto, πρόσθεν a v. 813 (cfr. West 1966 ad loc. e ad Th. 767).

56 Debiasi 2004, 117 sg. rileva come la menzione dell’oceano possa essere legata a rapporti storici con l’occidente, con cui i commerci euboici potevano fungere da mediatori. Questa possibilità non nega che la menzio-ne dell’oceano, che segnava i confini del mondo, potesse avere un ruolo convenzionale nella dizione epica, ruolo confermato dalle formule citate.

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ma senza dubbio ad un gusto narrativo più fantastico ed esotico57, ma anche più catalogico e meno puramente narrativo, in cui le entità geo-grafiche sono mirate alla contestualizzazione puntuale e nozionistica più che alla narrazione dilatata e scenica degli eventi, che è invece la modalità prediletta dal narratore omerico58.

Come si è osservato, i due usi tendono ad essere esclusivi nei ri-spettivi ambiti di utilizzo, ma ritengo preferibile parlare appunto di tendenze. sebbene una modalità sia prevalente in omero e un’altra in poemi che possiamo solo convenzionalmente riunire sotto l’etichetta di «non omerici», non è in questo caso necessario chiamare in causa la teorica separabilità di repertori o sistemi formulari nell’ambito del-la poesia epica greca arcaica, postulata in genere a partire da criteri cronologici o ambientali e da gruppi di formule non comuni59. È pre-feribile invece parlare di due modelli di impiego (o di interpretazio-ne) di un repertorio formulare in larga parte condiviso, riscontrabili entrambi nell’ambito della narrativa orale e il cui utilizzo viene de-terminato soprattutto da orientamenti narrativi ed espressivi. natural-mente un uso più scenico, e di conseguenza più vario e differenziato

57 cfr. Parlato 2007, 15.58 sulla modalità narrativa omerica in forma ‘scenica’ e sulla sua pe-

culiarità narratologica cfr. richardson 1990 (in particolare 9-35), De Jong 2004b ecc. la narrazione di esiodo e degli Inni, quanto più tende ad essere catalogica e ad allontanarsi dalla pura narrazione, tanto più si allontana dalla forma scenica, se non per brevi sezioni. la presentazione temporale nella poesia religiosa e didascalica tende per propria natura a non essere ‘singolativa’, ma piuttosto ‘iterativa’ e ‘omnitemporale’, e fa più uso del sommario e della pausa ritmica rispetto alla pura narrazione: cfr. nünlist 2004, 26, 30, 33; 2007a, 43-48, 49-52, 2007b, 53-62 ecc.

59 Per la separabilità del gruppo formulare non omerico dal gruppo for-mulare omerico (un problema postosi sin dai primordi degli studi sulla formularità, vedi Parry 1971, 279 sg., 444 sg. ecc.), al di là delle varie ipotesi storiche sulla genesi dei due distinti gruppi (che hanno suscitato parecchie discussioni), vedi soprattutto notopoulos 1960, Pavese 1972, 1974, 1998 ecc., Janko 1982, 12 sg., 25-8 e passim, mureddu 1983. Per un sunto vedi edwards 1986, 207-218. Per esiodo vedi in particolare edwards 1971, hoekstra 1975, 60-88, per gli Inni a livello generale vedi notopoulos 1962, cantilena 1982, in particolare 26-33, oltre ai vari lavori monografici sui vari inni (soprattutto l’Inno a Demetra e l’Inno ad Afro-dite). il problema per il Ciclo è stato trattato solo incidentalmente (vedi ad es. notopoulos 1960, 192; 1964 28-31, Dihle 1970, 148), e in genere questi poemi sono inclusi nel gruppo di esiodo e degli Inni secondo un criterio cronologico-ambientale.

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(in cui cioè le preposizioni assumono valori spaziali differenti l’uno dall’altro)60 si addice all’eccezionalità narrativa dell’epica omerica ed alle sue necessità sceniche, mentre al di fuori di essa alle espres-sioni formulari considerate è legato un valore connotativo, quello iperbolico-geografico, che è invece abbastanza uniforme61.

ma la dipendenza dei suddetti valori da una diversa interpretazione narrativa e dalla concreta attività compositiva implica che il confine fra le due accezioni possa in alcuni casi farsi particolarmente sottile, come si è già avuto modo di notare. Esaminare alcuni casi particolari che si collocano tra le due accezioni aiuta anzi a meglio comprendere gli usi che si collocano invece agli estremi opposti, e a ricostruire il processo di differenziazione in atto.

un caso-limite omerico, ad esempio, potrebbe essere quello delle espressioni formulari dedicate al sorgere dell’aurora dalle correnti dell’oceano (in particolare Il. 19, 1 e Od. 22, 19762). in casi come questi la menzione dell’Oceano è in qualche modo indice della loca-lizzazione geografica dell’aurora stessa. D’altro lato, in questi casi si rappresenta concretamente l’aurora nell’atto di uscire dalle cor-renti del fiume, e il complemento (moto da luogo) contenuto nelle espressioni formulari (non usate a questo fine in scene simili, né ad altri scopi, nella poesia non omerica63) dipinge ancora una volta un elemento scenico, per quanto convenzionale. in omero rimare chiaro il rapporto di movimento tra l’aurora e la corrente oceanica da cui essa si solleva, che è un sito concreto dove ella può anche essere

60 È verosimilmente dovuto almeno in parte a ciò il fatto che troviamo internamente ai poemi omerici tante espressioni sull’oceano metricamente equivalenti: mentre in alcuni casi potrebbe trattarsi di doppioni, in altri tali espressioni, pur geneticamente correlate, esprimono relazioni spaziali di-verse. Cfr. ad esempio παρὰ ῥόον Ὠκεανοῖο || «lungo la corrente dell’O-ceano» con παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοάων || «verso le correnti dell’Oceano», che sono metricamente equivalenti ma non semanticamente intercambiabili.

61 Possiamo interpretare la differenza in termini di originalità del nar-rare omerico rispetto alla tradizione (per questo concetto, da un punto di vista e da presupposti tuttavia abbastanza diversi, cfr. recentemente fin-kelberg 2012. cfr. anche il classico studio di nagler 1975, 1-63). tuttavia la scarsità di attestazione dell’epica non omerica impedisce di apprezzare fino a che punto sia corretto pensare che il narratore omerico agisca in questo senso. vedi anche infra.

62 ringrazio uno degli anonimi valutatori della rivista per avermi segnalato la particolarità di questi passi.

63 cfr. vergados 2013 ad Hymn. Hom. Herm. 184 sg. e supra, in nota.

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trattenuta, come accade in Od. 22, 244. È istruttivo anche il confronto con Il. 18, 239-242, in cui era al contrario ricaccia a forza il sole ἐπ’ Ὠκεανοῖο ῥοὰς (vedi supra) per far terminare il giorno. Quindi, se pure la localizzazione dell’Aurora è chiara dall’allusione, questo dato non è l’obiettivo primario della scena rappresentata né dell’uso formulare. significativamente, quando si parla di eos nel già citato Hymn. Hom. Aphr. 227 ναῖε παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοῇς ἐπὶ πείρασι γαίης, l’uso è ben distinguibile come convenzionale localizzazione di dimora lontana (con stato in luogo). al contrario, vediamo che nel brano omerico in cui si parla della dimora dell’aurora (Od. 12, 1-4) non vengono usate formule siffatte, e, secondo il procedimento sopra esposto, la collocazione geografica in questione viene esposta dif-fusamente in più versi, mentre l’espressione formulare che riguarda l’Oceano presente in questo brano è riferita al procedere della nave ed ha un’accezione prettamente s p a z i a l e (Od. 12, 1 sg. αὐτὰρ ἐπεὶ ποταμοῖο λίπεν ῥόον Ὠκεανοῖο / νηῦς).

il caso di Cypria 9, 10 Bernabé ἄλλοτ’ ἀν’ Ὠκεανὸν ποταμὸν καὶ πείρατα γαίης è abbastanza singolare64 e fornisce un altro caso-limite interessante e utile alla comprensione e alla conferma di quanto detto fin qui.

abbiamo visto che l’espressione contenuta in Cypria fr. 32, 2 Ber-nabé aderisce alla modalità che ho ipotizzato essere predominante nella poesia non omerica, e come sia in particolare vicina all’uso esiodeo, ciò che è ben comprensibile nel contesto genealogico da cui è tratto il frammento. Tuttavia non bisogna dimenticare che, sebbe-ne il cosiddetto Ciclo epico comprenda un gruppo di opere spesso

64 Per la formularità del verso, simile al già citato Hymn. Aphr. 227, cfr. Bernabé 1996 ad loc. πείρατα γαίης si trova spessissimo nell’epica a fine verso. L’espressione Ὠκεανὸν ποταμόν si trova in Od. 11, 639 τὴν δὲ κατ’ Ὠκεανὸν ποταμὸν φέρε κῦμα ῥόοιο in identica sede metrica. L’espressione pare un doppione rispetto al più usato Ὠκεανοῖο ῥοάς. Nel passo omerico, tuttavia, l’uso può essere dovuto alla ricorrenza di ῥόοιο a fine verso, che avrebbe reso inopportuno Ὠκεανοῖο ῥοάς (cfr. Mureddu 1983, 30 e n. 60). in Cypria fr. 9, 10 Bernabé l’uso è ben spiegabile a livello fonico-espressivo se si considera che i vv. 10-12 mantengono un ricercato parallelismo (vedi anche infra), che prevede un sostantivo analo-gico prima della pentemimere (|| ἄλλοτ’ ἀν’ Ὠκεανὸν …/ || ἄλλοτ’ ἀν’ ἤπειρον …/ || θηρί’, ὅσ’ ἤπειρος …) e che rende inservibile il sostantivo ῥοαί. Soprattutto è fortissimo il parallelismo dei vv. 10-11. Le influenze dei cola contigui possono interferire con l’economia del sistema formula-re: cfr. lord 1960, 50 sg.

27Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

di incerta definizione (anche per lo stato frammentario in cui sono trasmesse), un tratto che caratterizza tali poemi è senza dubbio una vocazione prettamente narrativa.

Per quanto riguarda i Cypria, ci rendiamo conto di ciò, oltre che dall’argumentum opera di Proclo, da alcuni frammenti del poema, soprattutto i frammenti lunghi, cioè i frr. 1, 4 (che tuttavia contiene un catalogo di fiori), 5, 15 e 25 Bernabé, e in particolare dal fr. 9 Bernabé, il più lungo dei Cypria conservatosi, che, dopo aver riferi-to sommariamente le origini di elena da zeus e nemesis (vv. 1-3), compie una epische Regression un cui si narra scenicamente la ‘fuga magica’ di nemesis dall’accoppiamento col padre degli dei. ecco l’ultima parte del frammento, Cypria fr. 9, 6-12 Bernabé:

κατὰ γῆν δὲ καὶ ἀτρύγετον μέλαν ὕδωρφεῦγε, Ζεὺς δ’ ἐδίωκε – λαβεῖν δ’ ἐλιλαίετο θυμῶι – ἄλλοτε μὲν κατὰ κῦμα πολυφλοίσβοιο θαλάσσηςἰχθύι εἰδομένην πόντον πολὺν ἐξοροθύνων,ἄλλοτ’ ἀν’ Ὠκεανὸν ποταμὸν καὶ πείρατα γαίης,ἄλλοτ’ ἀν’ ἤπειρον πολυβώλακα· γίγνετο δ’ αἰνὰθηρί’, ὅσ’ ἤπειρος πολλὰ τρέφει, ὄφρα φύγοι νιν.

Nel v. 10, l’associazione dell’Oceano ai πείρατα γαίης nella loca-lizzazione delle tappe della fuga garantisce che anche in questo caso il richiamo al mitico fiume è determinato dall’intenzione di esprimere un’iperbolica lontananza: l’Oceano è citato per rilevare fin dove si spinge zeus a inseguire nemesis, che gli sfugge fino ad arrivare ai confini della terra, quindi i l p i ù l o n t a n o l u o g o p o s s i -b i l e , e la similarità al più volte citato Hymn. Hom. Aphr. 227 ναῖε παρ’ Ὠκεανοῖο ῥοῇς ἐπὶ πείρασι γαίης, che è come si è detto uno dei più chiari esempi di uso dell’oceano come determinazione di prossimità g e o g r a f i c a senza riferimento scenico e spaziale, aiuta a comprendere quale siano i presupposti formulari65 di questo verso.

L’uso tuttavia è pregnante, poiché la menzione dell’Oceano e dei confini della terra è coinvolta nella Ringkomposition che abbraccia gli scenari della fuga di nemesis. essi sono organizzati in forma chia-

65 non considero il rapporto tra i due passi di natura imitativa. la va-riazione dei due cola è operata con espressioni formulari attestate altrove (Ὠκεανὸν ποταμόν, καί πείρατα γαίης, vedi n. 64). Non bisogna perciò fare l’errore di considerare il verso dell’Inno ad Afrodite come il punto di partenza dell’espressione di 9, 10.

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stica: nei versi precedenti (vv. 8 sg.) si menziona il mare, nemesis si muta in pesce e dunque lo scenario è sottomarino; nel v. 10 sono ri-chiamati l’oceano e i confini della t e r r a ; quindi (vv. 11 sg.) si chiu-de l’elenco di scenari con la t e r r a f e r m a (ἤπειρον πολυβώλακα). si ha una struttura siffatta: ‘mare : trasformazione in pesce = terra : trasformazione in «bestie che la terraferma (ἤπειρος) nutre»’ (quindi bestie terrestri66); al centro il v. 10 ἄλλοτ’ ἀν’ Ὠκεανὸν ποταμὸν καὶ πείρατα γαίης fa da chiave di volta: la prima parte del verso si rivolge al riferimento marino dei vv. 8 sg., la seconda a quello terre-stre dei vv. 11 sg.67

i passaggi di zeus e nemesis sono dunque organizzati in sen-so tematico prima che scenico: cfr. anche v. 6 κατὰ γῆν δὲ καὶ ἀτρύγετον μέλαν ὕδωρ, che insieme al verso seguente costituisce un secondo ‘sommario appositivo’68 della scena. tuttavia che la successione dei luoghi sia organizzata tematicamente non nega che il racconto possa essere altresì scenico: il narratore non elabora un sommario del fatto, ma organizza i luoghi nella successione della nar-razione, quindi nella scena, secondo le proprie categorie di pensiero, e non può ricostruirsi la presupposizione di un diverso ordinamento spaziale-cronologico. La narrazione è quindi scenica, sebbene via via il ritmo vada accelerando.

66 È anche possibile che l’ultimo verso costituisca un sommario apposi-tivo di tutta la scena, e che le bestie invocate siano quelle frutto di ognuna delle trasformazioni, quindi anche quelle marine (cfr. anche West 2013 ad loc.). Sebbene ἤπειρος designi solo la terraferma, il fr. 9, 12 ha indubbi rapporti con versi quali Hymn. Aphr. 5 ἠμὲν ὅσ’ ἤπειρος πολλὰ τρέφει ἠδ’ ὅσα πόντος ed Hes. Th. 582 κνώδαλ’ ὅσ’ ἡπείρος δεινὰ τρέφει ἠδὲ θάλασσα, verso formulare che potrebbe essere stato modificato in vista della chiusa. La mancata citazione del mare, tuttavia, è possibile che sia volontaria, ed è plausibile che l’autore abbia voluto designare solo le bestie terrestri. Per i riferimenti formulari del passo cfr. anche Parlato 2007, 1-13.

67 cfr. griffin 1977, 50 e West 2013 ad loc. non credo che il verso rompa l’armonia della scena, al contrario, come ho detto, tende all’armo-nia con la disposizione chiastica. È vero tuttavia che il parallelismo fonico del v. 10, che dovrebbe costituire un elemento centrale, col verso seguente crea un certo sbilanciamento. vedi anche supra, in nota.

68 Il primo è quello dei vv. 1-3, che costituiscono un sommario dell’in-tero brano della fuga e dell’accoppiamento (che forse continuava oltre il frammento, cfr. Cypria fr. 10 Bernabé). cfr. soprattutto richardson 1990, 31-35 sui sommari appositivi omerici.

29Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

che parte concreta hanno l’oceano e i confini della terra in questa rappresentazione scenica? Benché il v. 10 voglia esprimere un riferi-mento ai confini del mondo come luogo estremo e quindi designare un’estrema lontananza, la preposizione ἀν(ά) utilizzata ed il conte-sto suggeriscono che, per quanto l’accenno sia fugace, l’oceano può essere concepito, così come gli altri luoghi attraversati da Nemesi presenti nell’elenco, come scenario dell’azione, similmente a quanto avviene in Od. 11, 13 ἐς πείραθ’ ἵκανε βαθυρρόου Ὠκεανοῖο, in cui però come si è detto il rimando alla nozione di confine cade al di fuori dell’espressione formulare.

L’uso della preposizione ἀνά è stato discusso per la sua presunta atipicità. Secondo Curti 1993, 44 l’uso della preposizione è anomalo in quanto non attestato per le entità acquatiche, e stimolato dal gusto per i membri paralleli, quindi dall’uso di ἀν’ ἤπειρον al verso se-guente. non bisogna tuttavia trascurare le implicazioni semantiche di tale parallelismo: l’associazione dell’attraversamento dell’oceano all’attraversamento della terraferma dei vv. 11 sg. ha un indubbio va-lore narrativo, per quanto forzato o singolare: l’inseguimento avviene nei confronti dell’Oceano così come nei confronti dell’ ἤπειρος, cioè «per tutto l’Oceano, attraverso tutto l’Oceano», conformemente al valore di ἀνά+acc. che mi pare più probabile in questo caso69.

la stranezza dell’associazione di tale preposizione a un’entità ac-quatica può essere considerata, oltre che determinata dall’analogia, frutto della scarsa dimestichezza della dizione dell’epica non ome-rica nel considerare l’oceano nei suoi concreti elementi costitutivi, ovvero come vero e proprio corso acquatico. ciò che può indurre a considerare strano l’impiego, ad ogni modo, è senza dubbio l’ingiu-stificata convinzione che il complemento presupponga un rapporto con la superficie, mentre invece anche in ἀν’ ἤπειρον (così come in altri esempi in Chantraine 1953, 91 come ἀν’ ἄστυ, ἂμ πέδιον, ἀν’ Ἑλλάδα) il rapporto del movimento dei personaggi con la superfi-cie può essere del tutto indifferente o non contemplato. inoltre non è forse superfluo immaginare che l’inseguimento avvenga in volo, come parrebbe suggerire la distinzione di questo passaggio rispet-to alla precedente menzione del mare (v. 8 sg. ἄλλοτε μὲν κατὰ κῦμα πολυφλοίσβοιο θαλάσσης / ἰχθύι εἰδομένην πόντον πολὺν ἐξοροθύνων), in questo caso indicando il complemento lo spazio ae-

69 cfr. chantraine 1953, 91, lsJ s. v. ἀνά «throughout».

30 Pietro verzina

reo s o p r a l ’ o c e a n o attraversato, e spingendo forse a un’in-terpretazione alternativa di ἀνά. Nei versi precedenti, nonostante al κατά di v. 9 non sia attribuibile il significato di «sotto», l’insegui-mento è subacqueo, dato che Nemesis si è tramutata in pesce70. Dato che in v. 11 sg. l’inseguimento è terrestre, un tratto aereo non sarebbe strano ed è plausibile che sia presupposto, ma è difficile provare che ἀνά abbia questo valore specifico, essendo molto verosimile il valo-re di «throughout» (LSJ, s. v.), in assimilazione al verso seguente71. Quale che sia il reale valore della preposizione, non si può negare che essa intenda esprimere un rapporto di prossimità s p a z i a l e .

anche la seconda parte del verso tradisce una volontà di impiego scenico degli elementi in questione. rispetto ad Hymn. Hom. Aphr. 227 ἐπὶ πείρασι γαίης la variazione è certo spiegabile con la ne-cessità della consonante di καί determinata dall’uso di Ὠκεανὸν ποταμόν (determinato a sua volta dal parallelismo dei cola). l’im-piego dell’accusativo è spiegabile col fatto che, una volta usata la congiunzione καί al posto di ἐπί, per motivi semantico-grammaticali l’ἀνά di inizio verso, che si trova a reggere entrambi i complementi, non può reggere il dativo72. Ma la variazione è spiegabile anche sul piano prettamente espressivo: il narratore ha più interesse a dire che z e u s s e g u e n e m e s i s a i c o n f i n i d e l l a t e r r a piut-tosto che dire che l ’ o c e a n o s i t r o v a a i c o n f i n i d e l -l a t e r r a o dare una statica collocazione geografica al fatto mitico, valore che è invece usato in Hymn. Hom. Aphr. 227, in cui viene indicata una dimora lontana.

Secondo Curti 1993, 44 l’uso di ἀνά con πείρατα γαίης è ano-malo in quanto sarebbe proprio la determinazione di ‘limite estremo’ espressa dalla formula a rendere accettabile il solo uso con ἐς73.

70 Così anche a 9, 6 dove la preposizione è la medesima e una formula molto comoda come εὐρεα νῶτα θαλάσσης è possibile sia stata evitata proprio per evitare il riferimento a una superficie.

71 ulteriore alternativa sarebbe considerare affine l’espressione di Cypria fr. 9, 10 Bernabé all’uso erodoteo ἀνὰ ποταμόν nel senso di «con-trocorrente», possibilità improbabile (Curti 1993, 44) ma che mostra co-munque come la preposizione vada in ogni caso legata a una determinazio-ne di rapporto spaziale con gli elementi scenici.

72 Infatti col dativo ἀνά indica staticità, mentre in questo caso (Zeus insegue Nemesis) è adatto a reggere l’accusativo (Cfr. LSJ s. v.).

73 In realtà, mentre si trova spesso ἐπὶ πείρασι γαίης, l’accusativo πείρατα γαίης è attestato solo due volte (Hes. Op. 168, Od. 4, 563) in un

31Prossimità geografica e Prossimità sPaziale

L’uso può essere sì considerato forzato (anche se in ultima analisi una reggenza di ἀνά per zeugma non costituirebbe niente di parti-colarmente anomalo) ma l’impiego della preposizione è in ogni caso significativo, e va considerato nelle sue conseguenze espressive. Nell’evitare l’utilizzo di ἐπί può essere vista la minore propensione dell’autore all’uso di una determinazione di prossimità puramente ge-ografica, tipica delle espressioni non omeriche sull’oceano, mentre l’assimilazione dei πείρατα γαίης agli altri scenari ove si svolgono trasformazioni e inseguimento intende rendere un valore nuovo che superi anche il concetto di semplice moto a luogo esprimibile con ἐς. È come se il confine acquisisse, per così dire, uno spessore.

Pare quindi legittimo vedere nell’impiego della preposizione in Cypria fr. 9, 10 Bernabé l’intenzione di esprimere un rapporto spa-ziale, e non solo geografico, tra l’inseguimento di nemesi e ciò che ne costituisce nel verso in questione lo scenario, ovvero l’oceano e i confini della terra. nel luogo citato si nota quindi questa dop-pia tensione nell’impiego degli elementi geografici in questione, e l’unione dei due usi espressivi esaminati in questo lavoro: se da un parte l’Oceano è un luogo lontano evocato dalla dizione come limite estremo in una determinazione di prossimità geografica, dall’altro si predispone ad essere, una volta raggiunto, scenario dell’azione come qualunque altro luogo dotato di proprie caratteristiche, tramite una determinazione di prossimità spaziale e non più solo geografica. È come osservare in atto, insieme a tutte le trasformazioni di nemesis, la trasformazione dell’espressione formulare.

nell’esaminare i valori espressivi dell’uso di repertori formulari può dunque essere utile fare riferimento a criteri narratologici. È normale del resto che un poema come i Cypria, per quanto il fr. 9 sia da consi-derare, soprattutto nella prima parte, esiodeo74, sia più votato alla pura narrazione scenica e sia quindi più propenso a usare come scenario concreto dell’azione, e quindi in senso spaziale, le nozioni geografiche veicolate dalle espressioni formulari, mentre in un altro brano dello stesso poema, il più volte citato Cypria fr. 32, 2 Bernabé, l’uso della stessa determinazione di luogo è puramente esiodeo e catalogico.

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complemento di moto a luogo, e nel resto dei casi funge da complemento oggetto.

74 cfr. Debiasi 2004, 113 sgg., West 2013, 81.

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