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Personalizzare il welfare Riccardo Prandini Charles F. Sabel

Personalizzare il Welfare

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Personalizzare il welfare

Riccardo Prandini

Charles F. Sabel

I saggi analizzati mettono in luce la crisi del welfare state nella attuale era della globalizzazione e vogliono rappresentare spunti di riflessione circa la possibilità, sperimentata in alcuni Paesi europei ed extra europei, di creare percorsi virtuosi tesi alla personalizzazione di beni e servizi, che chiamano tutti gli attori coinvolti all’avvio di un cammino partecipativo e collaborativo.

Gli autori analizzano diverse modalità di governance, orientate a rivedere il welfare come social investiment, capace di essere sostenibile e non solo economicamente, di analizzare i nuovi rischi sociali, di ottimizzare le diverse forme di solidarietà nel più ampio concetto di sussidiarietà, per la costruzione di una società responsabile e consapevole.

Sabel pone l’attenzione sul sistema scolastico finlandese per presentare un modello di governance che risponda al tema della personalizzazione del welfare.

Egli evidenzia alcuni fattori chiave quali:

• applicazione del life-long learning per contribuire allo sviluppo della comunità;

• valorizzazione del sistema scolastico quale opportunità di autonomia pedagogica;

• didattica speciale per alunni con difficoltà di apprendimento;

• monitoraggio da parte di diversi soggetti con lo scopo di verificare i piani formativi di ciascun alunno;

• utilizzo di strumenti di auto-riflessione e correzione con gli stakeholder.

Dall’esperienza maturata in Finlandia, egli individua tre insiemi di motivazioni per cui i servizi devono essere personalizzati:

apprendere quale opportunità di indirizzare le nuove competenze, personalizzando le abilità acquisite; personalizzazione dei servizi, adeguandoli alla eterogeneità della popolazione; condizioni di disabilità quale valorizzazione e potenziamento delle abilità di ciascuno.

Dall’analisi degli aspetti innovativi emersi, vi sono alcune indicazioni che possono contribuire alla radicale trasformazione dei servizi che mirano alla personalizzazione:

nuove professioni quelle cioè capaci di sapere coniugare la capacità analitica con quella sostanziale, capace di adattare le nuove esigenze ai mutamenti sociali; nuova organizzazione che avvii percorsi di co-responsabilità tra i diversi soggetti coinvolti, migliore circolarità dei flussi e condivisione delle strategie da adottare; nuove forme di rendicontazione, la prova di accountability, introducendo meccanismi di correzione delle criticità emerse.

Prandini, nella trattazione del fenomeno della personalizzazione, introduce il termine del Movimento della personalizzazione per indicare :

• la crisi del modello Principale/Agente, cioè la relazione tra il governo politico di un paese e l’Amministrazione pubblica territoriale, non più regolata da un principio gerarchico;• il passaggio da idea del welfare ad idea di social investment.

Le innovazioni di una politica sociale passano attraverso la diffusione di storie e visioni di società capaci di catturare l’attenzione dei cittadini, quello che viene definito il tema delle “ narrazioni riflessive”, comunicazione sociale utile per risolvere qualcosa che è deficitaria.

Punto cardine è la persona, intesa come medium del sistema dei nuovi servizi sociali, le cui potenzialità del soggetto fanno leva sulle opportunità sociali da cogliere, superando il concetto di individualizzazione (perseguimento di logiche di servizio ben definite) a beneficio della personalizzazione che include le persone all’interno di reti sociali, con il supporto della comunità.

Un servizio personalizzato si configura quale interfaccia riflessiva se è capace di comprendere:

l’impegno pubblico della comunità a realizzare il valore comune; Il piano personalizzato quale attore attivo per la realizzazione del valore; coerenza con il contesto socio-familiare di riferimento.

Elemento innovativo per la personalizzazione dei servizi è dato dalla applicazione dei personal budget (scelta supportata e personalizzata del fruitore di servizi), differenti dai direct payment (somma di denaro destinata ad acquistare servizi) che mirano alla promozione di uno stile di vita autonomo del cittadino/utente il quale contribuisce alla riduzione dei costi per l’assistenza socio-sanitaria del Paese.Essi si propongono di avviare percorsi di:

capacitazione ed empowerment dei destinatari; ottimizzazione di costi e risorse; coinvolgimento rete familiare e/o care giver; crescita della competizione e concorrenza nel mercato dei servizi di cura; motivazionali per gli operatori coinvolti alla elaborazionedel piano personalizzato.

I personal budget presentano, anche, spunti di criticità in quanto possono andare in contro a rischi legati, soprattutto a:

a. complesse procedure e logiche burocratiche contraddittorie;b. informazioni carenti e non esaustive date ai cittadini;c. carente controllo sulla qualità delle modalità di informazione;d. reale libertà di scelta dei soggetti;e. non adeguata varietà di soluzioni nel mercato locali di servizi di cura;f. non adeguato controllo delle fasi del processo di implementazione dei servizi di cura ai soggetti coinvolti;g. eccesso di attenzione sui meccanismi fiscali a scapito della qualità del servizio.

Implementare positivamente i personal budget implica che le organizzazioni devono superare la paura del rischio sia sul piano finanziario sia su quello strettamente legato alla reputazione e pubbliche relazioni.

Personal Personal budgetbudget

La trasformazione è possibile lì dove vengono prese in considerazioni alcuni variabili, strettamente connesse tra loro quali: coinvolgimento attivo del cittadino/utente, della rete familiare e dei care giver; informazione chiara delle procedure e dei servizi da attivare; sostenibilità delle risorse; controllo e rendicontazione dell’intero processo; sostegno e formazione staff training impiegato.Nelle nuove forme di partecipazione Orlandini, nella analisi della personalizzazione dei servizi nel contesto italiano, definisce il termine della co-produzione : produrre servizi coinvolgendo i cittadini a partecipare alla progettazione, erogazione e valutazione dei servizi insieme ai professionisti.La co-produzione si differenzia dal modello tradizionale in quanto le dimensioni fondamentali che la caratterizzano si possono così semplificare.

Modello tradizionale Dimensione Risposta

ConsistenzaBurocratica

Coinvolgimento Passivo Origine Compliance Impatto Negativo Attività Individuali

Nuovo Modello

Dimensione Rispostaa. Consistenza Partecipativab. Coinvolgimento Attivoc. Origine Cooperazioned. Impatto Positivoe. Attività Collettive

Il concetto di co-produzione si esplica attraverso l’analisi di tre semantiche e le applicazioni nelle politiche sociali.La prima rileva la partecipazione attiva dei cittadini e lo spirito cooperativo attraverso la sinergia, la flessibilità, gli input istituzionali e dei cittadini.La seconda prende in esame il termine della cooperazione, con il contributo del Terzo Settore, in:• co-governance, cooperazione tra istituzioni, cittadini ed organizzazioni private;• co-management, l’amministrazione pubblica produce servizi collaborando con i privati;• co-produzione, volontarietà degli utenti nel procurarsi benefici attraverso i servizi, nella logica di una collaborazione orizzontale.Le relazioni tra gli utenti ed i professionisti sono caratterizzati da: interdipendenza (nell’ottica del mutuo-aiuto), sostituzione, completamento.La terza semantica prende in esame la reciprocità, co-produzione intesa quale processo relazionale stabile e duraturo tra diversi soggetti.

La co-produzione si avvia in contesti con una ampia pluralità di soggetti coinvolti, su mezzi e scopi definiti reciprocamente, su conoscenze tacite ed inespresse formalizzate, inserendosi in ampi scenari di governance.

Orlandini esamina una esperienza in Italia dove si è avviata la co-produzione di servizi, pur nella disarticolazione e mancanza di pianificazione.Le esperienze di co-produzione avviate hanno attuato l’elaborazione di piani personalizzati per migliorare condizioni di vita di soggetti più deboli, attraverso relazioni reciproche e network tra pari, nell’ottica del fare insieme, con il coinvolgimento attivo di Utenti Familiari Esperti – UFE – dando vita a reti comunitarie tra pari, chiamati nella co-produzione di tutte le pratiche. Co-produzione, in stretta correlazione con la personalizzazione dei servizi, quindi, come bene relazionale, che si connota come una strategia capacitante e condivisa per una finalità personalizzata.

Dall’analisi dei saggi scaturiscono diverse riflessioni legate al welfare state in cui viviamo e la comparazione con altri Paesi europei ed extra europei che hanno avviato, da anni, percorsi virtuosi tesi alla personalizzazione dei servizi.

I diversi tentativi di avviare una social policy orientata al superamento dei modelli tradizionali per una nuova visione del welfare, risultano timidi e sporadici, non programmati e, pertanto, non durevoli nel tempo, contestualizzati solamente in alcune aree territoriali del nostro paese. Sicuramente la complessità delle procedure, l’eccessiva burocratizzazione nella pubblica amministrazione, la carenza di informazioni esaustive e chiare, la carente ottimizzazione delle risorse, l’approssimazione dei sistemi di valutazione e rendicontazione, rallentano tale processo.

Si dovrebbe pensare ad un salto di qualità, guardando con realismo i nostri processi deficitari rispetto al continuo mutamento dei bisogni e delle esigenze della popolazione; trasformazione diventa oggi l’imperativo categorico per “cucire su misura” servizi efficienti, efficaci, capaci di guardare l’individuo come soggetto portatore di interessi comuni, ma che necessita di interventi personalizzati che lo pongono al centro dell’intero processo.

Strategia vincente è il mix delle diverse forme di personalizzazione, realizzabile attraverso:

il coinvolgimento attivo nelle scelte; la partecipazione alla progettazione, erogazione e valutazione dei servizi; la creazione di reti solidali; aderenza del piano personalizzato con il contesto socio-familiare di appartenenza; azioni di accompagnamento e sostegno di uno staff motivato e formato.

Non possiamo pensare ad un welfare state che non sia capace di riconoscere l’esigibilità dei cittadini, nell’ottica di un cambiamento culturale della società dove le persone ed il contesto vitale, rappresentano i punti cardine per la creazione di comunità solidali.