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Il risparmio dei corpi dei cittadini nelle parole di Pericle1
Una serie di affermazioni attribuite a Pericle da Tucidide e da Plutarco deli-
neano una coerente visione strategica in cui un criterio centrale nelle scelte
tattico-strategiche è quello della massima riduzione possibile delle perdite umane,
anche a costo di un maggiore dispendio di risorse, e perfino di una riduzione dei
vantaggi strategici di breve periodo: «non deve essere compianta la perdita di case
e terra, ma quella degli uomini» (Thuc. I 143, 5); «ai suoi concittadini [Pericle] soleva
sempre ripetere che, per quanto dipendeva da lui, sarebbero vissuti in eterno» (Plut.
Per. 18, 1); «Nessuno […] dei cittadini ateniesi ha vestito, per causa mia, il mantello
nero» (Plut. Per. 38, 4); «Attento, Pericle: sei al comando di uomini liberi, di Greci,
di cittadini ateniesi» (Plut. Praec. ger. reip. 813d).
La coerenza reciproca di tali affermazioni, il loro distacco netto dalla visione tra-
dizionale (secondo cui la morte in battaglia è per se fonte di onore),2 il loro rap-
porto, a loro volta, con altri aspetti dell’ideologia democratica periclea, mostra che,
molto probabilmente, ci troviamo di fronte a materiale genuinamente riconducibile
a Pericle: di tutto ciò ci siamo occupati in altra sede.3 Ma se queste sono le dichia-
razioni di principio, resta allo storico il problema di capire quanto esse ebbero con-
creta applicazione. In genere, l’unico caso preso in effettiva considerazione è quello
del 431 (con le parole di Pericle in Thuc. I 143, 5), quando Pericle evacua la popola-
zione dell’Attica entro le Lunghe Mura per rifiutare lo scontro oplitico ed evitare le
maggiori perdite umane ad esso connesse: facendo ciò, da un lato contravviene al-
1 Il presente testo sviluppa quanto affermato in un contributo apparso in MediterrAnt 17, 2014 dal
titolo Pericle, la guerra, la democrazia e il buon uso del corpo del cittadino. Lì abbiamo proposto un’analisi
delle affermazioni di carattere generale di Pericle sulle proprie scelte strategiche legate alla riduzione
delle perdite umane, la cui manifestazione più nota, ma non l’unica, si ha nel 431 a.C. (di seguito, tutte
le date si intendono a.C.). Qui, invece, si concentrerà l’attenzione sulla concreta applicazione di tali
principi nel caso dell’assedio di Samo, in cui le fonti disponibili permettono anche la ricostruzione di
una vivace polemica sulle modalità impiegate da Pericle nell’assedio.2 Vd. in ambito ateniese, Hyp. epit. 28 (i caduti «erano paides aphronoi, ora sono divenuti andres
agathoi»: morire permette di divenire un aner agathos!); per la tradizione spartana, Pericle, la guerra, cit.,
§ 5, nn. 117 e 123.3 Ibid., §§ 3-5.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO
DEL CITTADINO: L’ASSEDIO DI SAMO
Gianfranco Mosconi
«mediterraneo antico», xvii, 2, 2014, 573-608
l’imperativo morale della «challenge to battle»4 caro alla tradizione dell’oplitismo;
dall’altro rimane fedele al principio secondo cui «non deve essere compianta la per-
dita di case e terra, ma quella degli uomini», e quindi, per evitare perdite, rinuncia
alla difesa dei beni presenti nella chora abbandonati alle devastazioni dei Pelopon-
nesiaci (sostanzialmente, coltivazioni ed edifici, ovvero, come dice lo stesso Pericle,
«terra e case»), con le maggiori spese che ciò comporta. Ma in realtà crediamo cheuna condotta strategica guidata da analoghi principi, pur nella diversità di situazionispecifiche, si possa agevolmente rintracciare in numerose fra le iniziative militari ri-conducibili a Pericle: confermando con ciò il giudizio complessivo di Plutarco inPer. 18, 1, secondo cui «en tais strategiais Pericle andava procurandosi fama soprat-tutto per la sua asphaleia». Lo stesso Plutarco presenta (Per. 18-23) vari esempi di ini-ziative belliche o scelte strategiche condotte sotto il segno dell’asphaleia: cioè rifiu-tando l’alea dello scontro diretto, se non in condizioni di assoluta superiorità nu-merica (la questione merita un approfondimento a sé, che qui non occorre affron-tare).5
1. Plut. PER. 27, 1
In queste pagine ci occuperemo di un solo caso: l’assedio di Samo, ultima fasedella repressione della rivolta dell’isola, nel 440-439.6 È un caso particolarmente in-teressante, anche perché vi sono tracce di esplicite dichiarazioni di Pericle in difesadella conduzione strategica da lui adottata, e, nello stesso tempo, di repliche insenso contrario: da testimonianze apparentemente slegate, spesso liquidate dagli
GIANFRANCO MOSCONI574
4 Vd. W.K. Pritchett, The Greek State at War. Part II, Berkeley-Los Angeles-London 1974, 147-155, conle correzioni di H. van Wees, La guerra dei Greci. Miti e realtà, Gorizia 2009 (trad. it. di E. Peru; ed. orig.London 2004), 193-196, 207-213. Ma lo stesso van Wees, il quale afferma che la strategia di Pericle nel431 rientrava «nella gamma delle risposte convenzionali» (210), si trova ad ammettere che, durantetutta la storia greca, «la pressione morale verso una sortita per combattere, invece che nascondersiverso le mura, era di certo forte» ogni qualvolta non c’era evidente disparità di forze rispetto agli at-taccanti (208). Questa era appunto la situazione del 431; in ogni caso, le reazioni degli Ateniesi e le ac-cuse di viltà a Pericle (a noi note da Tucidide e dai testi comici: vd. Pericle, la guerra, la democrazia, cit.,§ 2) mostrano che la strategia di Pericle fosse percepita dai contemporanei come una clamorosa viola-zione di una regola non scritta: cfr. le considerazioni nel commento a Thuc. II 13, 2 in U. Fantasia (acura di), Tucidide. La guerra del Peloponneso. Libro II, Pisa 2003, 265 s. Le stesse parole e il tono di Peri-cle nel I discorso in Tucidide (vd. in particolare Thuc. I 143, 5 sub fine) mostrano che egli stesso perce-piva la propria proposta come rivoluzionaria.
5 Cfr. Fr. Schachermeyer, Pericle, Roma 1985 (trad. it. di Perikles, Stuttgart 1969), 144: Pericle «preferìdi gran lunga evitare le battaglie che avevano in sé qualcosa di imponderabile; non ambì dunque a mo-strarsi esperto nella tattica, ma predilesse la strategia […]. Ma riteneva anche qui sempre possibile l’e-lemento fortuito, da cui metteva in guardia».
6 Sulla cronologia assoluta di questi eventi Ch.W. Fornara-D.M. Lewis, On the Chronology of the Sa-
mian War, JHS 99, 1979, 7-19, con rettifiche di D.B. Meritt, The Samian Revolt form Athens in 440-439 B.C.,PAPhS 128, 2, 1984, 123-133, partic. 128 ss. Cfr. P. Karavites, Enduring Problems of the Samian Revolt, RhM128, 1985, 40-56; G. Shipley, A History of Samos 800-188 B.C., Oxford 1987, 112-120.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
studiosi come meri aneddoti frutto di invenzione, si può insomma ricostruire un vi-
vace dibattito, con una coerenza complessiva che spazza via molti dubbi ipercritici
sull’affidabilità di tale materiale.
Nel corso dell’ampia trattazione relativa alla guerra samia (Per. 24-28),7 scrive Plu-
tarco che Pericle, nel momento in cui ritorna a Samo (da cui si era allontanato con
sessanta navi per bloccare il possibile arrivo di navi persiane),8
«dopo aver vinto e costretto alla fuga Melisso che gli si era schierato contro, subito iniziò a
cingere d’assedio [)Ã,ˆ6 4)5-)8)$;-*)] i nemici, volendo avere la meglio e prendere la città
per mezzo di spese e tempo piuttosto che con le ferite e i pericoli dei suoi concittadini
[(%4Ì1� .%Ú ;5>1� 0�//31 ¢ 85%˜0%7- .%Ú .-1(˜13-6 8�1 43/-8�1 4)5-')1"7,%- .%Ú791)/)�1 81 4>/-1 &39/>0)136]» (Plut. Per. 27, 1).
Appare qui evidente la stessa scala di valori che anima la strategia del 431: la li-
mitazione della perdita di vite dei cittadini giustifica un maggiore dispendio econo-
mico; perciò (come nel 431) occorre ridurre al minimo gli scontri (lo scontro opli-
tico; il sanguinoso assalto alle mura) in cui, per la loro natura, maggiore è il rischio
per i combattenti di rimanere feriti o uccisi.9 Se nel 431, in un contesto difensivo, le
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7 Fonti in lingua originale e in inglese nel sito diretto da M. Berti, demo.fragmentarytexts.org, sezione
‘The Revolt of Samos’; utile G.F. Hill, Sources for Greek History between the Persian and Peloponnesian
Wars, Oxford 1897, 137-146 (revised edition by R. Meiggs and A. Andrewes, Oxford 1951).8 Sulle alterne vicende della ribellione samia v’è l’ampio resoconto in Thuc. I 115, 2–117, 3, ripreso
in Plut. Per. 25-28. Dopo una prima rivolta della città, l’intervento ateniese abbatte il regime oligar-
chico, instaura la democrazia e impone la consegna di ostaggi; poco dopo, tuttavia, la fazione oligar-
chica riprende il controllo della città, libera gli ostaggi, passa all’aperta ribellione e perciò mette in
mare una flotta; con la flotta samia si scontra, presso l’isola di Tragia, la flotta ateniese guidata da Pe-
ricle, la quale risulta vincitrice. A questo punto, gli Ateniesi «sbarcati e ottenuta una vittoria con la fan-
teria, assediarono la città con tre mura e contemporaneamente la bloccarono dal mare»: così Thuc. I
116, 2. Su questa fase, Plut. Per. 26, 1 è ancora più dettagliato: dopo aver guadagnato il controllo del
mare con la vittoria di Tragia, e dopo essersi impadronito del porto, Pericle dapprima inizia una sem-
plice e meno impegnativa poliorkia, che non impedisce ai Samii di «tentare delle sortite e combattere
davanti alle mura»; solo in seguito, quando arriva «una seconda flotta più numerosa», Pericle procede
a bloccare ogni possibilità di uscita dei Samii dalle mura (viene appunto usato il verbo katakleio).
Quando però Pericle si allontana con sessanta navi per contrastare l’arrivo di navi persiane giunte ad
appoggiare la rivolta samia, i Samii riescono a spezzare il blocco, e ad avere il controllo del mare in-
torno all’isola, per quattordici giorni. «Ma al ritorno di Pericle furono nuovamente chiusi dalla flotta»
(Thuc. I 117, 2): le parole di Plut. Per. 27, 1 si collocano in questo momento della vicenda, quando Pe-
ricle è ritornato e l’assedio riprende (vd. il 4!/-1 di Thuc. I 117, 2) senza essere più interrotto (l’asse-
dio, infatti, era stato iniziato da Pericle prima della momentanea riscossa samia, durata due settimane
e comunque limitata solo al lato del mare: Thuc. I 116, 2 e Plut. Per. 26, 1). 9 Se il kindynos in Plut. Per. 27, 1 è il rischio per eccellenza, quello di morire, appare notevole che
siano presi in considerazione anche i traumata, visto che le ferite acquisite in battaglia, ben oltre l’età
periclea, erano oggetto di vanto in quanto prova della prothymia del guerriero, fino ad essere esibite
per farsi eleggere stratego: vd. Xen. mem. III 4, 1; cfr. Plut. mor. 187c (Timoth. 2) su Carete che si van-
tava in pubblico di una ferita riportata in battaglia. In questa attenzione anche alle ferite, vedrei una
manifestazione di quella attenzione al ‘corpo del cittadino’ che corona la sezione costituzionale del lo-
gos epitaphios (cfr. Pericle, la guerra, la democrazia, cit., § 5).
maggiori spese sono provocate dalla rinuncia alla protezione dei beni materiali e al
mancato utilizzo dei terreni agricoli, qui, in un contesto offensivo, entra in gioco in-
vece il fattore ‘tempo’, che incide a sua volta sulle spese (la maggiore durata del-
l’assedio, chiaramente, ne aumenta i costi in termini di vettovagliamento delle
truppe, manutenzione della flotta per il blocco via mare, perdita di tributi; del re-
sto, che ‘il tempo è denaro’ è concetto già presente nella riflessione greca).10 La for-mulazione binaria «per mezzo di spese e di tempo» appare pienamente giustificata.
La strategia di accerchiamento praticata a Samo (evitando i rischi di un qualche tentativo diespugnazione per assalto) troverà del resto un parallelo, ma su un scala ben più ampia, all’i-nizio della guerra del Peloponneso nel versante offensivo della strategia periclea. Sappiamoinfatti (Thuc. II 7, 3) che uno degli obiettivi strategici degli Ateniesi (ma qui ‘Ateniesi’ pro-babilmente vuol dire ‘Pericle’) era quello di rendersi alleate le isole e le città costiere «nelleregioni intorno al Peloponneso, Corcira, Cefallenia, l’Acarnania, Zacinto, con l’intento difiaccare tutt’attorno il Peloponneso [4"5-2 81 �)/34>11+731 .%8%43/)0#7318)6]»:11
come a Samo, anche qui si tratta di accerchiare l’avversario e ridurlo alla resa, non però conl’attacco diretto, bensì esaurendone le risorse (i raids lanciati da Pericle contro il Pelopon-
neso non puntano infatti allo scontro risolutivo, ma alla devastazione del territorio evitando
rigorosamente il confronto diretto).12
1.1. Plut. Per. 27,1 e il Pericle tucidideo
Ma se è evidente il rapporto concettuale con le altre affermazioni di Pericle so-pra citate e per lo più tramandate da Plutarco, in Plut. Per. 27, 1 ritroviamo ancheconcetti centrali nel Pericle tucidideo, con corrispondenze perfino lessicali.
Chronos. Il primo è il tempo: fattore fondamentale delle scelte strategiche di Pe-ricle nel 431 quali esposte in Tucidide (la disponibilità di tempo, cioè la capacità diresistenza nel tempo, è ciò che potrà dare la vittoria ad Atene). Nel I discorso in Tu-cidide, Pericle fa intendere chiaramente che la strategia da lui proposta si fonda suun maggiore impiego di tempo (cioè di denaro) rispetto alle aspettative dei Pelo-ponnesiaci, e che proprio perché i Peloponnesiaci non hanno tempo, essi sono mag-giormente disposti a rischiare la vita (I 141, 5: i Peloponnesiaci sono più disponibili
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10 �3/98)/Ó6 A1!/=0% )∂1%- 8Ù1 ;5>131, «il tempo si spende a grandissimo prezzo»: Teofrasto inD.L. V 40. Cfr. R. Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Milano 200014, 431, nr. 922.
11 Cfr. i progetti strategici delineati da Alcibiade in Thuc. VI 90, 3: sconfiggere i nemici (katapole-
mein), «assediando intorno [perix poliorkein] il Peloponneso con le navi e nel contempo, con l’esercito,andando all’assalto da terra, conquistando alcune città con la forza e altre bloccandole». Alcibiade, conl’impetuosità propria al personaggio, aggiunge, alla strategia dell’accerchiamento navale, l’attacco di-retto (e sanguinoso) via terra. Il verbo katapolemein in Thuc. II 7, 3 è interpretato come ‘far guerra a’e non ‘sconfiggere’ (come in VI 90, 3) da Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 241, ad loc. (che richiamaThuc. IV 1, 2 e 86, 5).
12 Vd. Thuc. I 143, 4-5 per il principio generale; casi concreti in II 25 s., 56; III 16, ecc. Cfr. H.D. West lake, Seaborne Raids in Periclean Strategy, in Id., Essays on the Greek Historians and Greek History,Manchester 1969, 81-100 (= CQ 39, 1945, 75-84), partic. 97 ss. Sui raids nella storia militare greca, daOmero in poi, van Wees, La guerra dei Greci, cit., 204.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
a combattere sacrificando la vita che spendendo il denaro, perché quest’ultimo po-
trebbe esaurirsi prima della fine della guerra, «specialmente nel caso in cui, come è
probabile, essa risulti per loro più lunga del previsto»);13 se i Peloponnesiaci possono
vincere «contro tutti Greci» «in una sola battaglia» (0Û~ 0Ì;�: Thuc. I 141, 6), e
quindi puntano ad una guerra che si risolva rapidamente, l’obiettivo di Atene deve
essere appunto usare il tempo contro i nemici.14 Viceversa, nel 431, l’indugio appare
fonte di disonore, una manifestazione di viltà, ai molti Spartani che premono per
una immediata entrata in guerra;15 d’altro canto, uno dei presupposti della strategia
peloponnesiaca, condiviso da molta parte dell’opinione pubblica greca, è che la
guerra non sarebbe durata a lungo, perché Atene non avrebbe resistito più di uno,
due, tre anni alla tradizionale tattica di devastazione della chora.16
Ma il tempo come fattore centrale delle scelte strategiche ritorna anche in altre
frasi attribuite a Pericle, note dalla tradizione confluita in Plutarco e non limitate
solo alle circostanze del 431. Stando a Plutarco (Per. 33, 5), nel 431, mentre l’esercito
spartano devasta le campagne di Acarne, Pericle cerca «di calmare quanti in città vo-
levano combattere» e giustifica su basi strettamente razionali la scelta di lasciare de-
vastare le coltivazioni senza reagire, appunto ponendo come criterio guida il
tempo, cioè «dicendo che gli alberi potati e tagliati ricrescono rapidamente
[8%;"=6], mentre gli uomini, una volta che sono morti, non si sostituiscono facil-
mente».17 Un quindicennio prima, Chronos è addirittura personificato, come «il più
saggio consigliere», nelle parole che Pericle rivolse pubblicamente, durante l’eccle-
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13 Cfr. Thuc. I 141, 3: la povertà costringe i Peloponnesiaci a far guerra solo per breve tempo; vd.
pure I 142, 1; 9.14 D’altra parte, quando c’è bisogno di rapidità, i Peloponnesiaci non sanno farne uso, per via della
lentezza delle decisioni e delle contribuzioni di denaro (141, 7: «impiegano molto tempo a riunirsi»; 142,
1: «indugeranno perché i loro contributi sono lenti; e in guerra le occasioni favorevoli non aspettano»).
Come osserva L. Kallet-Marx, Money, Expense, and Naval Power in Thucydides’ History 1-5.24, Berkeley-
Los Angeles-Oxford 1993, 12, il tempo è un elemento di differenziazione fra guerra navale e guerra ter-
restre: una flotta richiede «time-consuming drilling and preparation», mentre le truppe di terra pote-
vano essere raccolte solo per brevi periodi, «only when need arose»; le guerre di terra non richiede-
vano spese per la preparazione e per il mantenimento della flotta, spese indipendenti dall’effettivo im-
piego della flotta stessa (cfr. ibid., 10). 15 Vd. la coppia di discorsi a Sparta alla vigilia della dichiarazione di guerra: il re Archidamo, che
propone di aspettare ancora (Thuc. I 82, 1 e 84, 1), rifiuta la concezione comune che considera «viltà
se, molti come siamo, non assaliamo subito una città isolata» (I 83, 1); l’eforo Stenelaida invita a «non
indugiare» (I 86, 2) e a vendicarsi «in fretta» (I 86, 3).16 Gli Spartani «avevano creduto di poter distruggere in pochi anni la potenza di Atene se ne aves-
sero saccheggiato la terra» (Thuc. V 14, 3); fra i Greci, «all’inizio della guerra», ci si aspettava che Atene
avrebbe potuto resistere un anno, o due o tre al massimo «se i Peloponnesii avessero invaso il paese»
(Thuc. VII 28, 3): cfr. U. Fantasia, La guerra del Peloponneso, Roma 2012, 67 s. Lo stesso Archidamo in-
vita all’attesa proprio perché non condivide «quella speranza di poter finire presto la guerra se deva-
steremo il loro paese» (Thuc. I 81, 6): cfr. U. Bultrighini, Il “pacifismo” di Archidamo: Tucidide e i suoi in-
terpreti, RCCM 33, 1, 1991, 5-28, partic. 19.17 La frase è assente nella corrispondente narrazione in Thuc. II 21-22 e Diod. XII 42, 6; può deri-
vare dalla tradizione sui ‘detti’ di Pericle (cfr. Ph.A. Stadter, A Commentary on Plutarch’s Pericles, Chapel
Hill-London 1989, 310, ad loc.).
sia, a Tolmide per invitarlo ad «aspettare» (anamenein) prima di condurre la spedi-zione in Beozia del 447:18 campagna che fu tanto ‘fuori tempo’ (Plutarco scrive 7ˆ13Ã()1Ú .%-5�: Per. 18, 2) da condurre alla disfatta di Cheronea. E il tempo, stavoltainsieme al denaro, ritorna nella notizia data da Plutarco sulla scorta di Teofrasto(Plut. Per. 23, 2),19 secondo cui Pericle inviava ogni anno dieci talenti a Sparta percorrompere i magistrati spingendoli a rinviare la guerra: Teofrasto (a cui sembraopportuno attribuire anche la frase participiale retta da ‹13?0)136), infatti, affermache Pericle inviava questo denaro «non per comprare la pace, ma il tempo in cuipreparatosi in tranquillità poter fare la guerra nel modo migliore [&)/8$31]». La pre-cisazione è importante: il denaro speso da Pericle non serve a comprare la pace;20 ildenaro serve a comprare il tempo, e il tempo a sua volta serve a condurre la guerra‘al meglio’ (cioè vincendo con il minimo di perdite). È la medesima coppia concet-tuale, tempo e denaro (e il loro sapiente utilizzo per una migliore conduzione diuna guerra futura), chiamata in causa per l’assedio di Samo; è lo stesso atteggia-mento che anima sia il I discorso in Tucidide (vd. i passi richiamati supra) sia il di-scorso di Pericle in oratio obliqua che precede lo scoppio delle ostilità nel 431 (Thuc.II, 13, 2, sull’importanza dei preparativi per la guerra; 3-6 sul denaro disponibile perla guerra).
Dapane. II secondo elemento lessicale degno di nota è la (%4!1+, cioè la capa-cità e la volontà di spendere la ricchezza posseduta in vista di un fine preciso (aSamo, la tutela dei cittadini dal pericolo). È un concetto fondamentale in Tucidide(che evidenzia come la base del potere di Atene sia non il semplice accumulo di ric-chezza, ma «the continued and massive use of money»)21 come anche nel Pericle tu-cidideo (cfr. ad es. I 141, 3; I, 141, 4; 142, 1; 143, 1).
C’è un ulteriore elemento da considerare: l’affermazione di Pericle in Plut. Per.
27, 1, come propugna il buon uso del corpo del cittadino, così propugna un buonuso della ricchezza e del denaro: la ricchezza, il denaro, sono strumenti per l’azione,non fini a se stessi. Da questo punto di vista, Plut. Per. 27, 1 riflette una concezioneanaloga a quella espressa in un noto passo dell’Epitafio (Thuc. II 40, 1), là dove Pe-ricle afferma che nella democrazia ateniese il ploutos è (deve essere) usato «come op-
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18 Plut. Per. 18, 2-3; l’episodio non è altrimenti noto (cfr. Stadter, Plutarch’s Pericles, cit., 212, ad loc.),come molto del Pericle a noi noto da Plutarco! Ma la frase di Pericle è definita to mnemoneuomenon: lafonte di Plutarco la presentava come una ‘frase celebre’?
19 Theophr. fr. 87 Fortenbaugh. Probabilmente dall’opera politika pros tous kairous: una riflessionesul ruolo del tempo nell’azione politica (Stadter, Plutarch’s Pericles, cit., ad loc.).
20 Ciò fa cadere le accuse di incoerenza a volte sollevate dagli studiosi fra le affermazioni sul ‘ri-sparmio dei corpi dei cittadini’ e quanto sappiamo della politica estera condotta dallo statista: cfr. Pe-
ricle, la guerra, la democrazia, cit., § 3.2.21 Cito da Kallet-Marx, Money, Expense, cit., 6 (c.vo nostro), ove si mostra come nei primi due libri
della sua opera Tucidide insista sul fatto che il potere di Atene si fonda sulla periousia chrematon e sulladapane; cfr. ibid., 78: la periousia chrematon è necessaria per la guerra navale, purché diventi dapane. Illegame fra dapane e potenza militare si manifestava visibilmente, ad Atene, anche a livello sociale, conle trierarchie e nel legame fra disponibilità economiche familiari e accesso ai ruoli di comando mili-tare: cfr. J.K. Davies, Wealth and the Power of Wealth in Classical Athens, Salem, N.H. 1981, 151-167.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
portunità di azione, non come pretesto per vanto di parole». Nel contesto dell’Epi-
tafio l’affermazione si riferisce all’utilizzo del ploutos all’interno della polis, in parti-colare da parte dei singoli cittadini, e non alle scelte economiche di Atene in ambitomilitare, ma la conduzione dell’assedio di Samo da parte di Pericle risponde allastessa logica, perché la ricchezza (qui quella della città) viene considerata non come
bene da accumulare per se, ma come strumento di azione in vista di un fine (in que-
sto caso, la preservazione del corpo dei cittadini, bene primario sia sul piano eco-
nomico che politico).22
Perigenesthai. Terzo elemento degno di attenzione è il verbo 4)5-')1"7,%-: as-
sieme all’analogo 4)5-)�1%-, questo verbo è utilizzato più volte in Tucidide nei di-
scorsi di Pericle o comunque in riferimento alle scelte dello statista, ed ha il valore
di «avere la meglio»; non però annientando il nemico, ma solo ‘superandolo nel
tempo’, cioè resistendo più a lungo senza subire danni,23 sicché v’è chi ha reso i
due verbi come «uscire indenni da una prova».24 E, in effetti, la strategia di assedio
scelta da Pericle contro Samo a questo serve, cioè ad ‘uscire indenni’ dall’assedio,
senza eccessive perdite: l’utilizzo del verbo nella frase riportata in Plut. Per. 27, 1,
dunque, corrisponde perfettamente all’uso del Pericle tucidideo. Ma non basta. Il
4)5-')1"7,%- di Plut. Per. 27, 1 richiama anche la periousia chrematon, il ‘surplus di
denaro’ su cui insiste il Pericle tucidideo come fattore centrale nella conduzione
delle guerre, in due passi in cui lo statista intende dare ragione della strategia adot-
tata (Thuc. I 141, 5; II 13, 2, in oratio obliqua: «in guerra si vince soprattutto con la
gnome e con periousia chrematon»),25 così come Plut. Per. 27, 1 appare la spiegazione
della scelta strategica di condurre l’assedio con una periteichisis. Ora, il
4)5-')1"7,%- di Plut. Per. 27, 1 è, nei fatti, il frutto di una periousia chrematon: essa
consente agli Ateniesi di sostenere così a lungo un assedio tanto costoso quanto
quello di Samo (sui costi vd. infra), superando (perigignesthai) con la propria pe-
riousia le risorse economiche degli avversari (che pure avevano avuto tempo di pre-
pararsi).26
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22 Cfr. Kallet-Marx, Money, Expense, cit., 18: anche in Tucidide la dapane (per flotta e arche), «as op-
posed to its mere display is a prominent theme»; in tale contesto, la studiosa ricorda le parole di Peri-
cle in Thuc. II 40, 1.23 Cfr. LSJ, 4)5-'$'130%-: «to be superior to others, prevail over»; cfr. 4)5Û)-0- II.: «to be superior to
another, surpass, excel». Entrambi i verbi vogliono dire anche ‘sopravvivere’: cfr. ibid., 4)5Û)-0- III.1
(«survive») e 4)5-'$'130%- II. («live over, survive, escape»). Nell’insieme, dunque, il senso è ‘avere la me-
glio sopravvivendo allo scontro’.24 Cfr. Fantasia, La guerra del Peloponneso, cit., 64, che richiama l’attenzione sull’uso dei due verbi,
come espressione delle prospettive di Pericle allo scoppio della guerra del Peloponneso circa il rico-
noscimento della posizione egemonica di Atene. Nei brani tucididei in cui si riportano le parole o il
pensiero di Pericle i due verbi ricorrono in I 144, 1 (perieinai); II 13, 9 (perieinai); II 62, 1 (perigenesthai);
II 65, 7 (perieinai) e 13 (perigenesthai); cfr. Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 293, 335, 507.25 Su cui D. Rokeah, ��� ��� ��������. Thucydides and Pericles, RFIC 91, 1963, 282-286.26 Lo si ricava dai molti antefatti precedenti l’erezione della periteichisis da parte di Pericle (Thuc. I
115, 2-117, 1).
1.2. Plut. Per. 27, 1: genuina affermazione di Pericle
Ora, nonostante il preciso rapporto (concettuale e lessicale) con molte altre af-fermazioni periclee, è notevole che il passo non sia stato in genere valutato come
testimonianza del pensiero di Pericle.27 Anzi, per l’autore del più autorevole e po-
deroso commento moderno alla Vita Periclis, Ph. A. Stadter, il participio
&39/>0)136 con gli infiniti ad esso subordinati in Per. 27, 1 è solo espressione del
pensiero di Plutarco: la frase (%4Ì1� Ö &39/>0)136 sarebbe «Plutarch’s own ex-
planation, to emphasize the themes of Pericles’ A7:!/)-% and control of the citi-
zens».28 Stadter (ibid.), richiama Diod. XII 28, 2, secondo cui Pericle, dopo essere ri-
tornato a Samo ed aver ripreso l’assedio per terra e per mare, faceva «continui as-
salti [prosbolai]», ma non si vede perché la testimonianza di Diodoro Siculo debba
essere preferita a quella di Plutarco. Rispetto al quadro articolato che ci presenta
Plutarco, l’affermazione di Diodoro, infatti, è un rapido inciso, che sembra voler il-
lustrare l’energia profusa da Pericle nella campagna (vd. espressioni come
&39/>0)136 )∞ 8"/36 79185�<%- .8/., 8%;?1 in XII 28, 2; H1)5'�6 in XII 28, 3): la
menzione dei continui attacchi può essere non la testimonianza di un fatto, ma solo
una maniera comoda per rafforzare l’idea che Pericle mette il massimo sforzo nel
sottomettere Samo; soprattutto, come è stato rilevato, per Diodoro Siculo «presso-
ché ogni assedio si riduce ad un 4537&3/Ï6 791);)�6 43-)�1, ad un assalto conti-
nuo, e ciò rende di scarso valore la sua testimonianza in questo ambito».29 Non ba-
sta: militarmente, su un arco di otto mesi, i continui attacchi di cui parla Diodoro,
in assenza di altre precisazioni, non hanno alcun senso; semmai, ci aspetteremmo
la menzione di uno o di alcuni attacchi in forza, giocati sull’effetto sorpresa, e/o fa-
voriti da espedienti vari, e comunque preceduti dalla realizzazione di opere funzio-
nali alla penetrazione delle truppe, come gallerie sotto le mura (come fanno i Per-
siani assediando Barce, in Hdt. IV 200, 2; cfr. Aen. Tact. 37) o terrapieni per rag-
giungere l’altezza delle mura (come i Peloponnesiaci contro Platea in Thuc. II 75, 1)
o altro.30 Aggiungeremo che Tucidide in I 117, 2-3 (dove parla del ritorno di Pericle
GIANFRANCO MOSCONI580
27 Fra i pochi studiosi che hanno considerato il passo, M. Bettalli, Il controllo di città e piazzeforti in
Tucidide. L’arte degli assedi nel V secolo a.C., ASNP, s. III, 23, 1993, 825-845, partic. 845, considera Plut. Per.
27, 1 un commento di Plutarco, ma a n. 81 osserva che è «sorprendente che una frase così chiara ed
efficace» provenga dal racconto di Plutarco sull’assedio di Samo, «ricco di incoerenze e contraddizioni»
sulla strategia di blocco. Ma tale fatto si spiegherebbe bene se appunto la frase provenisse da chi di ‘as-
sedi con blocco’ se ne intendeva bene, Pericle appunto.28 Stadter, Plutarch’s Pericles, cit., 252. Altri commenti non prendono in considerazione il passo da
questo punto di vista: vd. H.A. Holden (Ed.), Plutarch. Life of Pericles, London 1894; B. Perrin (Ed.), Plu-
tarch’s Cimon and Pericles, New York 1910; Fr. Blass (Hrsg.), Themistokles und Perikles (O. Siefert und Fr.
Blass [Hrsg.], Plutarchs Ausgewahlte Biographieen 3), Leipzig 18832; A. J. Podlecki (Ed.), Plutarch. Life of
Pericles, Bristol 1987. 29 Bettalli, Controllo di città e piazzeforti, cit., 832 n. 31 (con altri argomenti per l’inaffidabilità di Dio-
doro Siculo).30 Vd. Y. Garlan, Recherches de poliorcétique grecque, Paris 1974, 125-136; P.B. Kern, Ancient Siege Warfare,
Bloomington, Ind., 1999, 89-134; B. Strauss, Naval Battles and Sieges, in Ph. Sabin - H. van Wees - M.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
a Samo e della ripresa dell’assedio) conferma il quadro plutarcheo e smentiscequello diodoreo: l’ateniese non parla mai di tali «continui attacchi» né di attacchi via
terra tout court, mentre menziona uno scontro navale avvenuto durante l’assedio (I
117, 2); dal suo resoconto si ricava che Samo non viene espugnata con un assalto,
ma che capitola al nono mese, come si deduce dall’uso di H.43/-35."30%-31 e dal-
l’affermazione che i Samii «si rassegnarono ad un accordo» (4537);@5+7%1¡03/3'$~), circostanza che ha senso solo se l’accordo avviene prima dell’espugna-
zione della città.32 Vi è forse un modo per salvare l’affermazione di Diodoro, po-nendola in accordo con il testo plutarcheo: se le prosbolai menzionate da Diodorosono avvenute per mezzo delle macchine d’assalto create da Artemone e citate inDiod. XII 28, 3 (si tratta di krioi, ‘arieti’ e khelonai, ‘testuggini’), allora tali assalti –diversi per svolgimento da una banale e tradizionale scalata alle mura – dovevanocomportare perdite umane ridotte, perfino essendo «continui» come vuole Diodoro(vd. quanto osservato infra sull’uso delle macchine da guerra, § 2.2).
Per quanto fin qui detto, si può affermare che qui ci si trovi di fronte a materiale
genuinamente riconducibile a Pericle: cioè che Per. 27, 1 riprenda il contenuto di unaaffermazione effettivamente fatta da Pericle (per un caso analogo nella Vita Periclis
si veda Per. 31, 1, ove il participio P'3?0)131 con quanto segue potrebbe essere in-terpretato come una ‘Plutarch’s explanation’ se non avessimo il riscontro di Thuc.I 140, 4-5, quasi ad verbum).33 Tale affermazione poteva trovar posto in un discorsorivolto alle truppe stesse raccolte a Samo o all’assemblea riunita ad Atene, o all’ini-zio dell’impresa per illustrare la strategia da lui adottata nella campagna contro l’i-sola ribelle (come nel caso del primo discorso di Pericle in Tucidide per la guerradel Peloponneso), o, più probabilmente, durante una nuova fase delle operazioni,quando appunto Pericle decide di procedere alla periteichisis, o per giustificare (aSamo o al ritorno in patria) le proprie scelte, di fronte alle rimostranze ricevute(come avviene con il terzo discorso di Pericle in Tucidide). Del resto, le scelte mili-tari compiute dagli strateghi erano oggetto di discussione (e contestazione) pub-blica, tanto da avere dirette conseguenze sulla carriera politica degli strateghistessi;34 numerose erano le occasioni in cui uno stratego poteva essere chiamato più
581
Whitby (Eds.), The Cambridge History of Greek and Roman Warfare. Volume I: Greece, the Hellenistic World
and the Rise of Rome, Cambridge 2007, 223-247, partic. 237-239; van Wees, La guerra dei Greci, cit., 227-231.31 Vd. LSJ s.v.: «force a besieged town to surrend, force to capitulate»; cfr. Thuc. I 94, 2 e, in particolare,
134, 2 (in connessione con /-0�, «costringere alla resa per fame»). Sul lessico degli assedi e la distin-zione fra il blocco e l’espugnazione ottenuta con un atto di forza, cfr. Garlan, Poliorcétique, cit., 4-6.
32 Una città espugnata non fa una homologia: è alla mercé del vincitore. Sul trattamento riservato
alle città espugnate e a quelle che si arrendevano vd. Strauss, Naval battles and sieges, cit., 240 s. e Kern,
Ancient Siege Warfare, cit., 135-161.33 Vd. Stadter, Plutarch’s Pericles, cit., 283 s., ad loc. 34 Sulle occasioni in cui uno strategos illustrava pubblicamente i propri piani, vd. D. Hamel, Athe-
nian Generals. Military Authority in the Classical Period (Bibliotheca Classica Batava 182), Leiden-Boston-
Köln 1998, 5-14. Sulle carriere politiche condizionate da scelte militari: M.H. Hansen, Athenian Demo-
cracy in the Age of Demosthenes, Oxford 1991, 36 s., 115 s.
e più volte a difendere il proprio operato, davanti all’ekklesia o alla boule, oppure in
tribunale;35 tali giustificazioni delle proprie scelte potevano assumere anche forma
scritta, nelle epistolai con cui gli strateghi informavano boule ed ekklesia dell’anda-
mento delle operazioni di guerra.36 Noi ignoriamo quanto di tale materiale fosse di-
sponibile negli anni successivi e sia poi confluito nella tradizione storiografica o bio-
grafica: ma sarebbe comunque aprioristico ragionare come se tale materiale non sia
mai esistito o non abbia lasciato traccia alcuna, in particolare per personaggi cen-
trali e ‘chiacchierati’ come Pericle.
Si può perfino azzardare un’ipotesi sulla precisa occasione in cui Pericle potrebbe
aver fatto tale affermazione. Al ritorno in patria, lo stratego era tenuto a fornire il
rendiconto delle spese sostenute durante la campagna militare,37 con un atto defi-
nito da Plutarco ¡ 8�6 785%8+'$%6 A43/3'-70>6 proprio in relazione a Pericle
dopo la campagna contro l’invasione spartana dell’Attica guidata dal re Plistoanatte
nel 446; da questo rendiconto proviene il celebre H6 8Ù ("31 con cui Pericle ‘spiegò’
la spesa di dieci talenti per corrompere il re spartano.38 Anche dopo la campagna di
Samo Pericle dovette presentare l’apologismos delle spese sostenute: di fronte alle
obiezioni di chi riteneva tali spese ingiustificate, perché frutto di una strategia
troppo ‘cauta’ ed economicamente costosa (obiezioni che in patria avranno ripreso
quelle già avanzate dalle stesse truppe durante la campagna: vd. Per. 27, 2, su cui in-
fra, § 3.1), l’apologismos poteva essere una occasione appropriata in cui motivare le
proprie scelte (anche sul piano ideale). Se l’apologismos della strategia del 446 ha la-
sciato traccia perfino ad verbum, perché ciò non potrebbe essere avvenuto anche con
l’apologismos della strategia del 439, almeno a livello di contenuti, cioè di quella che
Tucidide (i 22, 1) avrebbe definito la xympase gnome? Di certo, il fatto che una delle
clausole della resa dei Samii prevedeva che le somme versate dai Samii ora e in fu-
turo erano richieste esplicitamente come rimborso delle spese sostenute per l’asse-
GIANFRANCO MOSCONI582
35 I tre casi si presentano nella vicenda degli strateghi delle Arginuse, come mostra Xen. Hell. I 7, 2-
4: degli strateghi implicati nella battaglia delle Arginuse, uno viene subito condotto nel dikasterion ap-
pena tornato in patria, ad opera del prostates tou demou Archedemo, per appropriazione indebita e per
la sua condotta come stratego, e il tribunale ne decreta immediatamente l’arresto (§ 2); «dopo ciò» gli
altri riferiscono nella boule «sulla battaglia navale e sulla violenza della tempesta» (§ 3); quindi, una
volta arrestati, sono condotti a difendersi dinanzi all’ekklesia (§ 4). Sulle varie circostanze in cui gli stra-
tegoi erano chiamati a giustificarsi di fronte al demos si veda Hamel, Athenian Generals, cit., 115-160; cfr.
J.T. Roberts, Accountability in Athenian Government, Madison 1982, 14-29 (vd. pure 55-83, ch. iv, sull’uti-
lizzo di tali occasioni come strumenti della «factional strife»). 36 Come la lettera inviata dagli strateghi della battaglia delle Arginuse subito dopo lo scontro: Xen.
Hell. I 7, 4. Questa lettera viene mostrata da Teramene in assemblea come prova contro gli strateghi:
il che mostra che era stata regolarmente archiviata (cfr. pure Xen. Hell. I 7, 17). Nel § 6, poi, riportando
le argomentazioni con cui si difesero gli strateghi incriminati, si passa al discorso diretto, in un pas-
saggio di particolare rilevanza e pathos: quasi riportando ad verbum una frase effettivamente pronun-
ciata, non necessariamente attinta da documenti ufficiali, ma rimasta nella memoria dei presenti per
la sua incisività. Lo stesso può essere avvenuto con molte delle ‘massime’ di Pericle qui discusse. 37 Vd. Hamel, Athenian Generals, cit., 126-130; sulle euthynai cfr. Roberts, Accountability, cit., 24-26.38 Plut. Per. 23, 1: la frase è ricordata da Aristofane nelle Nuvole (v. 859), ventitré anni dopo il fatto.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
dio (Thuc. I 117, 3; IG I3, 363),39 e non un generico pagamento di tributi,40 può ben
essere spiegato anche in termini di politica interna, come mossa di Pericle per mo-
strare che il suo dispendioso assedio non avrebbe gravato sulle casse statali; nello
stesso tempo, ricorda l’attenzione dello stesso Pericle per la contabilizzazione delle
spese militari quale emerge in Plut. Per. 27, 1 e altrove (Thuc. I 140-144; II 13, 2-9). Di
certo, sappiamo da Thuc. II 13, 3 che Pericle parlò pubblicamente delle spese soste-
nute per un altro assedio, quello di Potidea (l’altro costosissimo assedio avviato ma
non concluso da Pericle: vd. infra, § 2.1): l’unica impresa militare citata in quell’oc-
casione, probabilmente proprio per i suoi costi eccezionali.41
Se è troppo evanescente l’apologismos, resta il fatto che, dopo la vittoria su Samo,Pericle pronunciò un logos epitaphios che fu ammirato (H,%90!7,+)42 e pubblica-
mente contestato (Plut. Per. 28, 4-6): prova del fatto che le parole di Pericle non do-
vevano limitarsi ai soliti temi di circostanza, ma dovevano caratterizzarsi per affer-
mazioni di un certo impatto sull’uditorio43 (come del resto avviene nel logos epi-
583
39 Per Diod. XII 28, 3-4 il pagamento imposto da Pericle ai Samii rimborsa 8Ï6 )∞6 81 43/-35.$%1')')1+0"1%6 (%4!1%6.
40 Nel caso dell’assedio di Taso, Thuc. I 103, 1, ricorda le stesse condizioni imposte a Samo per
quanto riguarda abbattimento delle mura e consegna della flotta, ma per i chremata usa una formula-
zione più vaga che sembra riferirsi al phoros («pagare subito quanto bisognava e contribuire [pherein]
in futuro»). Si ipotizza che comunque vi sia stato il pagamento di una indennità per le spese (cfr. S.
Hornblower, A Commentary on Thucydides, I, Oxford 1991, 158, ad loc.): ma la differente formulazione
tucididea nei due casi, Samo e Taso, appare comunque degna di attenzione. Nel caso dell’assedio di
Potidea, non vi fu invece alcuna richiesta di indennità: cfr. Kallet-Marx, Money, Expense, cit., 186. 41 Vd. Fantasia, Tucidide, cit., 279, comm. ad loc.42 Lo dimostra il fatto che se ne sono conservati alcuni frammenti: uno ad opera di fonte contem-
poranea, quale Stesimbroto di Taso (FGrHist 107 F 9, apud Plut. Per. 8, 9); un altro, il celeberrimo pa-
ragone dei giovani caduti in guerra con la primavera, è presente nella Retorica di Aristotele, in I 7,1365a, 32 ss.; come osservava P. Treves (Herodotus, Gelon, and Pericles, CPh 36, 1941, 321-345, partic. 322)è degno di nota che è proprio ricorrendo a frasi tratte dal discorso per i caduti di Samo che autoricome Stesimbroto e Ione intendono mostrare il potere dell’eloquenza di Pericle. Alla guerra controSamo si riferisce ancora un altro apoftegma pericleo, ricordato in Aristotele: «la similitudine di Periclesui Samii, che assomigliano ai bambini che inghiottono il boccone, e intanto piangono» (rhet. III 4,1407a, 2 ss.; segue immediatamente la frase periclea sui Beoti, paragonati ai lecci, che si abbattono aterra da sé stessi). È utile ricordare che il discorso per i caduti di Samo è il primo logos epitaphios ate-niese testimoniato dalle fonti (vd. N. Loraux, L’invention d’Athènes. Histoire de l’oraison funèbre dans la
«cité classique», Paris-La Haye-New York 1981, 9 e 64): segno del suo rilievo ideologico. Molti i politici di cui si conservano apoftegmi, probabilmente pronunciati in origine all’interno di
discorsi assembleari: vd. le varie frasi di Cimone in Plut. Cim. 16, 3 e 16, 10 (che può ben provenire da
una demegoria). Numerosi gli esempi nella Retorica di Aristotele: detti di Androzione e di Demostene
(probabilmente il generale di V sec.: rhet. III, 4, 1406b-1407a); metafore attribuite a politici e di conte-
nuto politico (Leptine, Cefisodoto con quattro esempi, Ificrate con due esempi, Licoleone, Pitolao
con due esempi, Esione; due le frasi di Pericle: sui giovani caduti a Samo e su Egina «cispa nell’occhio
del Pireo»: rhet. III 10, 1411a-b); una frase di Ificrate, per un processo o un rendiconto (III 15, 1416a, 7
ss.); una risposta di Sofocle a Pisandro in relazione all’istituzione dei Quattrocento (III 18, 1419a, 26 ss.),
e varie risposte di Sofocle in tribunale (III 15, 1416a, 14 ss.). Come riteneva Fr. Blass (Die attische Bered-
samkeit, I, Leipzig 18872, 35), è verosimile che i detti periclei citati da Aristotele siano a lui giunti pertradizione orale ateniese.
43 Cfr. E. Federico, ������ � �. Spietata retorica di guerra nel discorso di Pericle per i morti di
taphios trasmesso da Tucidide). Considerando che Plutarco ne parla immediata-mente dopo aver menzionato il logos epitaphios per i caduti a Samo, probabilmenteè sempre da questo logos che proviene una orgogliosa esaltazione della rapidità dellavittoria su Samo attribuita a Pericle da Ione di Chio (Plut. Per. 28, 7 = Ion FGrH 392
F 16).44 Del resto, le parole pubbliche di Pericle lasciavano il segno, anzi, come af-fermava Eupoli, erano «un pungiglione nell’animo degli ascoltatori» (e moltiesempi lo dimostrano);45 nello stesso tempo la repressione della rivolta di Samo (cuiPlutarco dedica ben 4 capitoli, 25-28, sui 39 dell’intera Vita Periclis) fu evento checolpì l’attenzione della pubblica opinione contemporanea e della tradizione succes-
siva (lo dimostrano lo spazio che vi dedica Tucidide46 e i vari episodi tramandati in
GIANFRANCO MOSCONI584
Samo, IncidAntico 5, 2007, 95-116, partic. 96. L’articolo in genere insiste sugli elementi di ‘terribilità’ edi scandalo che doveva avere il discorso, in particolare (99-107) per l’affermazione secondo cui i caduti«erano diventati immortali come gli dèi» (Stesimbrot. Thas., FGrHist 197 F 9 apud Plut. Per. 8, 9, su cuivd. infra, § 4.2); vi si sottolinea molto la ‘retorica di guerra’, del discorso, ma, a parere di chi scrive, visono molti elementi che invece ricollegano anche l’epitaphios samio alla ‘razionalità economica e stra-tegica’ periclea (ma su ciò vd. infra, nelle varie note).
44 L’appartenenza è data in genere come sicura: cfr. L. Weber, Perikles samische Leichenrede, «Her-mes» 57, 1933, 375-395, partic. 382 s.; F. Jacoby, Some Remarks on Ion of Chios, CQ 41, 1947, 1-17, partic. 13-15; Loraux, L’invention d’Athènes, cit., 70; Stadter, Plutarch’s Pericles, cit., 262 s., ad loc.; E. Federico, ‘Syn-geneia, dike, hegemonia ap’isou’. L’impero etico di Ione di Chio, in L. Breglia - M. Lupi (a cura di), Da
Elea a Samo. Filosofi e politici di fronte all’impero ateniese, Atti del convegno di Studi, Santa Maria CapuaVetere, 4-5 giugno 2003, Napoli 2005, 183-224, partic. 208 s. Notiamo che Plutarco, citando Ione di Chioche parla dell’esaltazione (mega phronein) di Pericle, utilizza l’aoristo del verbo (:531�7%-): il che fapensare non ad una frase ripetuta più volte, ma una singola affermazione fatta in un’unica occasione:e quale se non il logos epitaphios, pubblico, cui Ione o la sua fonte avrebbero potuto assistere?
45 Eup. fr. 102 K.-A., 7, su cui cfr. J. Schwarze, Die Beurteilung des Perikles durch die attische Komödie
und ihre historische und historiographische Bedeutung, München 1971, 131 s.; altri testi contemporanei sulla
efficacia dell’oratoria periclea sono Crat. fr. 324 K.-A. (per cui cfr. Schwarze, ibid., 89) e Thuc. I 139, 4;
frutto di diretta tradizione orale (Platone nasce appena un anno dopo la morte di Pericle) è il giudi-zio in Pl. Phaedr. 269e (cfr. R. Nicolai, L’eloquenza perduta. Tradizioni antiche sulle orazioni di Pericle, QS44, 1996, 95-116, partic. 102 s.). Una sezione della Vita plutarchea è dedicata all’oratoria di Pericle, spe-cie alle sue ‘frasi celebri’ (Per. 8, 7-9), indicate, assieme ai decreti, come unici resti dell’eloquenza peri-clea: cfr. Nicolai, L’eloquenza, cit., 109-11. In totale, si contano otto ‘massime’ periclee in Plutarco: vd.Ph.A. Stadter, Thucydidean Orators in Plutarch, in Ph.A. Stadter (Ed.), The Speeches in Thucydides, Cha-pel Hill 1973, 109-123, partic. 118.
46 Vd. Hornblower, Commentary, cit., 187 s., ad 115, 2-117: il resoconto di Tucidide, eccezionalmenteampio, risalta rispetto al silenzio di Tucidide su altri eventi degli anni ’30; esso, nei fatti, chiude la Pen-
tekontaetia, segno della «its perceived importance» (188). Cfr. da ultimo M. Wecowski, In the Shadow of
Pericles: Athens’ Samian Victory and the Organisation of the Pentekontaetia in Thucydides, in A. Tsakmakis-M. Tamiolaki (Eds.), Thucydides Between History and Literature (Trends in Classics - Supplementary Vo-lumes 17), Berlin-New York 2013, 153-166: per Wecowski, nel dare tanto risalto alla guerra samia, Tuci-dide riflette l’ideologia imperiale di Pericle e la sua visione della storia ateniese come auxesis tes poleos
la cui akme si compie proprio con la vittoria su Samo. Sul peso di Samo entro l’impero ateniese: R.P.Legon, Samos in the Delian League, «Historia» 21, 1972, 145-158 e L. Gallo, Samo e Atene, in Breglia-Lupi(a cura di), Da Elea a Samo, cit., 247-258.
47 Fra cui la battuta sul demos di Samo polygrammatos nei Babilonesi (collocazione non casuale) diAristofane (fr. 71 K.-A. apud Plut. Per. 26, 4). Una battuta di commedia, destinata ad essere colta al volodal pubblico, è la testimonianza più evidente della persistenza dell’impresa samia nella memoria col-lettiva ateniese ancora quindici/venti anni dopo gli eventi.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
Plutarco):47 tutto permette di pensare, dunque, che in Plut. Per 27, 1 si possa ascol-tare la voce dello stesso Pericle.
2.1. Carattere innovativo e costi eccezionali dell’assedio di Samo
In effetti, la scelta di assediare un’intera città con una vera e propria circonvalla-zione sembra costituire una novità: la periteichisis ateniese a Samo è la prima atte-stata per un esercito greco.48 Nulla di simile è ricordato per i precedenti casi di po-
liorkia attuati da Atene durante la Pentekontatia (su cui peraltro abbiamo informa-zioni fin troppo frammentarie): perché si potesse parlare di una poliorkia, era suffi-ciente impedire agli assediati l’afflusso di beni via mare e la piena disponibilità delterritorio extramuraneo,49 ad esempio con uno o più accampamenti nei pressi dellacittà assediata.50 E, peraltro, notevole è la scelta di procedere subito con la peritei-
chisis, rinunciando ad ogni tentativo di accelerare i tempi e ridurre le spese (comead es. i Peloponnesiaci nell’assedio di Platea: II 75-78).
Si potrebbe pensare che il 4)5-)8)$;-*) di Plutarco – che si diffonde ampiamentesulle vicende della guerra a Samo e non dipende da Tucidide51 – sia affermazioneerronea, frutto di un anacronismo (peraltro, un periteichisma è usato dieci anni dopocontro Platea).52 Ma non è così. Infatti, anche la formulazione usata da Tucidide in
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48 A.W. Lawrence, Greek Aims in Fortification, Oxford 1979, 41. 49 Sul fatto che, nella pratica e nel lessico di V sec. (Erodoto e in particolare Tucidide) una poliorkia
non implica la costruzione di una cinta d’assedio vera e propria ma può indicare anche solo l’ostacolo
al pieno controllo del territorio da parte di un esercito attaccante, vd. Garlan, Poliorcétique, cit., 5 (cita
Thuc. VI 90, 3; VII, 28, 3; VIII 40, 1; VIII 56; VIII 61, 1).50 Vd. Garlan, Poliorcétique, cit., 107. Una poliorkia intesa in questo senso è la prima misura attuata
da Pericle: vd. Plut. Per. 26, 1. In seguito, per l’erezione dei tria teiche, l’accampamento ateniese sul ter-
ritorio samio, considerato al sicuro, non venne difeso neppure da palizzate (apharkton), per cui fu fa-
cilmente attaccato a sorpresa dai Samii con una sortita improvvisa fatta però via mare, con navi, du-
rante l’assenza di Pericle: Thuc. I 117, 1. Anche nell’assedio di Mitilene, ad una prima poliorkia con due
accampamenti, segue l’erezione di un vero periteichisma (Thuc. III 6, 1-2 e 18, 4). 51 Cfr. supra, § 1, n. 8. Merita di essere notato che Plutarco usa periteichizein in Per. 27, 1 come se fosse
l’avvio di una nuova fase delle operazioni (vd. l’imperfetto 4)5-)8)$;-*) con valore ingressivo), quasi a
distinguerla dal katakleiein di 26, 1: la differenza potrebbe implicare che la periteichisis comportò vere e
proprie opere murarie, rispetto ad un primo blocco attuato senza un vero teichos? In effetti, il verbo ka-
takleien è usato dallo stesso Tucidide, sebbene per un momento successivo, quando Pericle blocca di
nuovo Samo anche via mare (I 117, 2: 8%�6 1%97Ú .%8)./�7,+7%1): anche qui si parla di un blocco in
cui non vi è nessun teichos; lo stesso valore ha katakleiein in Thuc. I 109, 4 (sulla coppia katakleiein/po-
liorkein qui e in Thuc. I 109, 4 vd. E.W. Robinson, Thucydidean Sieges, Prosopitis, and the Hellenic Disaster
in Egypt, ClAnt 18, 1999, 132-152, partic. 143 s.). Riguardo al 4)5-)8)$;-*) di Per. 27, 1, invece, Stadter, Plu-
tarch’s Pericles, cit., 252, ad loc. pensa che Pericle eriga una circonvallazione «for the second time» (ma
perché? forse perché la prima circonvallazione era andata distrutta ad opera dei Samii?). In ogni caso,Thuc. I 116, 2, attribuisce l’erezione dei tria teiche già allo sbarco ateniese a Samo dopo la vittoria di Tra-gia (prima cioè dell’assenza di Pericle dall’isola); l’eventuale discrepanza fra Tucidide e Plutarco, in ognicaso, si riduce ad un intervallo di poco più di 14 giorni, cioè al periodo in cui Pericle lascia Samo perbloccare il possibile arrivo di navi fenicio-persiane (vd. Thuc. I 117, 1-2 e Plut. Per. 26, 1-3).
52 La periteichisis appare divenuta pratica comune durante la guerra del Peloponneso: Garlan, Po-
liorcétique, cit., 107-108.
I 116, 2 (gli Ateniesi «assediavano la città con tre mura»: H43/->5.391 85-7Ú8)$;)7-), proprio con la precisazione sui 85-7Ú 8)$;)7-,53 differenzia questo dagli al-tri assedi di cui lo storico parla nella Pentekontaetia (nella selettiva narrazione tuci-didea della Pentekontaetia, precisazioni come questa sono vieppiù significative):54 ciò
mostra, seppur indirettamente, che l’assedio di Samo non fu una poliorkia come le
altre ma si caratterizzò, agli occhi degli stessi contemporanei, per l’imponenza delle
opere d’assedio (e non, e.g., per la sua veemenza e/o durata); se Tucidide sentì il bi-
sogno di ricordare questo particolare, fu forse perché in esso, con il suo peso fi-
nanziario e la sua ‘novità’, vedeva una ulteriore conferma della crescita della po-
tenza ateniese che è il Leitmotiv e lo scopo della sua narrazione in I 89-117.
In accordo con Plut. Per. 27, 1, varie fonti confermano l’effettiva dispendiosità
della campagna di Samo (di cui l’assedio fu la più parte), con cifre attorno ai 1300
talenti.55 Sono cifre che incidevano pesantemente sul bilancio statale:56 il che può
spiegare quanto potessero essere oggetto di contestazione. Una spesa simile è ri-
cordata per l’assedio di Potidea, avviato nel 432 e concluso nell’inverno 430/429
poco dopo la morte dello stratego, quindi condotto sotto la piena leadership di Pe-
ricle e verosimilmente seguendo gli stessi principi: 2000 talenti.57 Ma è davvero no-
tevole – e non finora considerato – il fatto che l’assedio di Samo, in proporzione alla
durata (otto o nove mesi contro la trentina impiegati per Potidea), fu molto più co-
stoso: è possibile calcolare che ogni mese di assedio, a Samo, costò oltre 140 ta-
lenti,58 e a Potidea una cifra mensile fra i 60 e i 65 talenti circa, e ciò nonostante i
GIANFRANCO MOSCONI586
53 Le ‘tre mura’ di cui parla Tucidide sembrano riferirsi alle mura sui tre lati terresti della polis di
Samo (il quarto essendo quello sul porto, di cui Pericle si impadronisce già dopo la battaglia di Tra-
gia: cfr. Plut. Per. 26, 1). Certo sorprende che Tucidide non parli semplicemente di un teichos: intende
una triplice cinta muraria? La dispendiosità della periteichisis periclea ne sarebbe ancor più accresciuta.
Ma l’ipotesi è improbabile in un’età così alta: vd. Garlan, Poliorcétique, cit., 114.54 Sulla selettività della Pentekontaetia tucididea vd. Hornblower, A Commentary on Thucydides, cit.,
133-134: Tucidide sceglie gli eventi funzionali a descrivere la crescita del potere ateniese.55 Vd. IG I3, 364 = R. Meiggs - D. Lewis, A Selection of Greek Historical Inscriptions to the End of the
Fifth Century B.C. Revised Edition, Oxford 1988, nr. 55, ove si fornisce la cifra di 1276 talenti; commento
a 151. Altre fonti antiche sui costi per l’assedio: Isocr. or. 15, 111; Diod. XII 28, 3; Nep. Timoth. 1, 2. Ma
vd. Fornara, Chronology of the Samian War, cit., 12: i testi epigrafici verosimilmente si riferiscono ai co-
sti per l’intera campagna.56 Più del doppio dei 600 talenti annui di entrate dagli alleati (phoros + indennità da Samo + altri
introiti) nel 431; ca. un settimo di tutte le riserve alla medesima data: vd. Thuc. II 13, 3 con il commentoad loc. di Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 268. Cfr. van Wees, La guerra dei Greci, cit., 386, per altri cal-coli simili.
57 Thuc. II 70, 2, su cui Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 520 ad loc.; cfr. Isoc. or. 15, 113 (2400 talenti);Diod. XII 46, 3 (oltre 1000). Per Fantasia, ibid., il motivo di tale costo superiore al normale potrebbeessere che a Potidea i soldati erano pagati il doppio (vd. Thuc. III 17, 4); ma in proporzione alla durata,ad essere costato di più è l’assedio di Samo. Sulle spese per Potidea vd. anche Thuc. II 76, 2; III 19, 1.
Sui costi degli assedi Garlan, Poliorcétique, cit. 122-125. 58 La cifra non cambia molto includendo il breve periodo (due mesi ca.) che precede l’inizio del-
l’assedio propriamente detto, con l’invio della flotta ateniese che combatte a Tragia; e neppure inclu-
dendo i costi, ridotti, del primo intervento ateniese, quello con cui fu stabilito un regime democratico
a Samo: vd. nota successiva. In ogni caso, nelle spese per l’assedio vanno incluse anche quelle per le
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
consistenti effettivi impegnati nelle operazioni. La decisione di costruire una vera epropria periteichisis, composta dai tria teiche di cui parla Thucidide (cui si aggiungela flotta impegnata nel blocco ek thalasses: Thuc. I 116, 2) giustifica questa eccezio-nale dispendiosità (che non apparirebbe spiegata dal solo vettovagliamento dell’e-sercito assediante); l’andamento delle spese per la campagna mostra l’impennatadei costi in connessione con l’erezione della periteichisis.59
2.2. Un’altra novità: l’uso di macchine d’assedio
La notizia, riportata subito dopo in Plut. Per. 27, 3 (Eforo, FGrHist 70 F 194), circal’uso di «macchine d’assedio meravigliose per la loro novità»,60 opera del mechanikos
Artemone, appare coerente con la strategia periclea attuata a Samo,61 sotto treaspetti: la costruzione di queste macchine contribuisce a spiegare sia il tempo (ne-cessario alla loro concezione e messa in opera)62 che il denaro che Pericle dichiaradi voler spendere per l’assedio di Samo (così come ben si accorda con il fatto che
ogni mese si sia speso a Samo più del doppio di quanto speso in un altro assedio
pure ricordato per la sua dispendiosità, quello di Potidea);63 la decisione stessa di ri-correre non alle tecniche tradizionali ma a mechanai fa sì che il ‘risparmio dei corpi’
auspicato da Pericle sia militarmente efficace sul piano offensivo, e non consista
587
navi, in totale quasi 150, che attuarono il blocco via mare, parte integrante dell’assedio stesso (vd. la
formulazione in Thuc. I 116, 2 con la puntualizzazione F0%). 59 Lo si può dedurre da IG I2, 293, con l’analisi in Fornara, Chronology of the Samian War, cit., 12-13.60 Cfr. Diod. XII 28, 3, che egualmente attribuisce la creazione delle mechanai usate a Samo a Arte-
mone di Clazomene; Plin. nat. VII 56, 202 attribuisce ad Artemone l’invenzione di testudines. Delle me-
chanai per Samo, invece, non fa menzione Thuc. I 116, 2-117. Nonostante la questione cronologica sol-
levata da Eraclide Pontico, citato subito appresso da Plutarco (27, 4; cfr. infra, in nota), e nonostante il
silenzio di Tucidide, l’affidabilità di Eforo è difesa da Garlan, Poliorcétique, cit., 132-134. Viceversa, spesso
la notizia è stata considerata «tutto sommato poco attendibile» (così Bettalli, Controllo di città e piaz-
zeforti, cit., 832, senza motivazioni); Kern, Ancient Siege Warfare, cit., 95 rifiuta la notizia eforea soste-
nendo che, se ci fossero state tali mechanai, Tucidide le avrebbe menzionate: ma è un argumentum ex
silentio assai debole, considerando la palese selettività della Pentakontaetia tucididea (cfr. F.E. Winter,Greek Fortifications, Toronto and Buffalo 1971, 307: questo è proprio il genere di notizie che non ci si
aspetta in Tucidide; del resto, arieti sono usati nell’assedio di Platea, e in tal caso Thuc. II, 75 ss. ne
parla senza nessun riferimento ad una particolare novità). La provenienza di Artemone dalla Ionia può
lasciar pensare che egli abbia derivato parte delle sue ‘invenzioni’ dal mondo persiano, allora assai più
avanzato del mondo greco nelle tecniche d’assedio (sull’argomento vd. Kern, Ancient Siege Warfare,
cit., 29-61): come osserva Lawrence, Greek Aims in Fortification, cit., 42, ciò aggiunge plausibilità alla no-
tizia.61 Diversamente parla di incoerenza Bettalli, Controllo di città e piazzeforti, cit., 845 n. 81, in quanto
la strategia di blocco è incompatibile con l’uso di macchine per l’assalto. Ma quanto scriviamo nel te-
sto può armonizzare periteichisis, volontà di ridurre le perdite, e uso delle macchine (cfr. pure supra,
1.2). 62 Colpiscono, al riguardo, le osservazioni di Sun Tzu, L’arte della guerra, 3, 4, sul tempo necessario
a costruire macchine d’assedio e terrapieni: un motivo in più perché il bravo generale eviti l’attacco a
città fornite di mura (3, 3-4).63 Un ulteriore indizio che induce a dare credibilità alla notizia circa l’impiego di queste mechanai.
solo in una passiva attesa; nello stesso tempo, l’impiego di macchinari come arietie testuggini64 coopera al risparmio dei corpi, perché l’uso di arieti rende inutile che
i soldati tentino la ‘tradizionale’ scalata alle mura (con i pericoli che comporta: cfr.
ad es. Eur. Phoen. 1149 ss., 1156 ss.) mentre le testuggini garantiscono protezione.
Su un piano più generale, noteremo ancora una volta che una singola scelta mi-
litare, l’utilizzo immediato e dispendioso delle mechanai a Samo, è comunque anche
espressione di un complessivo atteggiamento ideale e politico. Il fatto che Pericle ri-
corra appunto non alla tradizione militare consolidata, tentando una espugnazione
con i mezzi impiegati di solito (dalle scale d’assedio alle rampe fino al puro e sem-
plice attacco in massa, in cui si conta sulla mera superiorità numerica),65 ma a me-
chanai definite dalla fonte «meravigliose per la loro novità»66 costituisce una appli-
cazione concreta di quel gusto per la novità (in guerra) che i Corinzi attribuiscono
agli Ateniesi in Thuc. I 70, 2, ma anche di quella importanza del prodidachthenai e
del logismos come presupposto dell’azione che Pericle vanta come caratteristica ate-
niese (Thuc. II 40, 2-3: dal contesto è chiaro che ci si riferisce in particolare alle
azioni di guerra) e della paraskeue come presupposto della vittoria (Thuc. II 13, 2).67
Nello stesso tempo, il ricorso senza indugi a strumenti che sono prodotto della te-
chne68 pone in secondo piano il ruolo della arete del combattente tradizionale, quella
stessa arete, che, unita alla tenacia (liparie), aveva permesso agli Ateniesi di espu-
gnare il campo trincerato dei Persiani a Platea:69 cosicché l’invenzione della cata-
GIANFRANCO MOSCONI588
64 Sono le due tipologie citate esplicitamente da Diod. XII 28, 3 per l’assedio di Samo. Gli arieti si
ritroveranno poi utilizzati nel 429 dai Peloponnesiaci per l’assedio di Platea: Thuc. II 76, 4 su cui Gar-
lan, Poliorcétique, cit., 137-138 (ma vd. 136-137 sulla primitività delle mechanai usate dai Peloponnesiaci nei
primi anni della guerra del Peloponneso). Secondo Lawrence, Greek Aims in Fortification, cit., 42, le me-
chanai usate da Pericle a Samo costituiscono la prima attestazione in ambito greco della combinazione
dell’ariete con una protezione mobile: è ciò in particolare a permettere di parlare di ‘novità’.65 Sui metodi d’assalto alle mura prima della fine del V sec., cioè della diffusione delle macchine
d’assedio, vd. Lawrence, Greek Aims in Fortification, cit., 39-41 (lancio di proiettili, di frecce, di giavel-
lotti; scale; tentativi di sfondamento delle porte; in seguito, per lo più a partire dalla guerra del Pelo-
ponneso, rampe per raggiungere l’altezza delle mura; tunnel). 66 Definizione cui si accorda l’affermazione in Diod. XII 28, 3 secondo cui Pericle fu «il primo» a far
costruire macchine d’assedio di tale tipo. Eforo (FGrHist 70 F 63) attribuisce a Milziade l’uso di mecha-
nemata nell’assedio di Paro: ma la notizia, ammesso che non sia un anacronismo, non contraddice il
passo plutarcheo (che rimonta sempre a Eforo), visto che a Samo nuovo è il tipo di mechanai utilizzate,
non l’uso di mechanai in sé (che potrebbero essere semplici scale: vd. Thuc. V 7, 5; cfr. Bettalli, Con-
trollo di città e piazzeforti, cit., 837, n. 52). Molto probabile invece l’anacronismo in Nep. Milt. 7, 2, che
attribuisce all’assedio di Paro da parte di Milziade l’uso di vineae e testudines.67 Cfr. i passi richiamati da Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 395, ad 40, 2-3: I 144, 4 (la vittoria sui
Persiani è dovuta alla gnome e alla tolma); II 65, 2 (l’audacia deve fondarsi su xynesis e gnome). 68 Appunto la techne è presentata da Pericle in Thuc. I 142, 9 come caratteristica propria dei mari-
nai ateniesi. 69 Hdt. IX 70, 2: non c’è una competenza specialistica, ma sono doti «molto generiche», come os-
serva Bettalli, Controllo di città e piazzeforti, cit., 831 n. 24. Nel racconto erodoteo, non a caso, non c’è
menzione di mechanai, ancora assenti all’epoca, e neppure di scale, forse anch’esse non ancora note
(cfr. van Wees, La guerra dei Greci, cit., 227-228).
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
pulta fu considerata, a Sparta, come «la fine del coraggio tra gli uomini».70 Così aSamo, nel 440/39, si realizza concretamente quella svalutazione del ceto opliticoche il Vecchio Oligarca71 imputava al regime democratico come conseguenza delmaggior peso dato alle forze navali e ai teti che ne erano il nerbo. Per di più, ciò av-viene in un contesto di guerra terrestre: si può dire che le macchine d’assedio di Ar-temone siano il corrispettivo terrestre delle triremi ateniesi, perché come queste ul-time massimizzano l’importanza dei fattori tecnologici ed economici, la gestionestatale delle risorse finanziarie, l’efficacia militare di individui non addestrati alla fa-lange,72 mentre minimizzano il ruolo dell’addestramento oplitico e della tradizio-nale arete individuale.73 Ovviamente, non dobbiamo stupirci se le novità introdottea Samo si diffusero presto, per naturale emulazione: a Platea, dieci anni dopo, i Pe-loponnesiaci usano arieti e circonvallazione (ma con indugi rivelatori: vd. Thuc. II77, 2; II 78, 1-2).
Considerato tutto ciò, non sorprende che l’attività di Artemone come ingegnerelasciò un segno nella memoria collettiva: lo mostrerebbe la menzione di Artemonein Ar. Ach. 850 (un quindicennio dopo i fatti di Samo)74 e il fatto che probabilmentefu proprio questo Artemone a divenire oggetto dell’espressione proverbiale ¡4)5-:>5+836 G58"0=1 (forse attraverso una menzione in commedia?).75 Che poi lozoppo mechanikos Artemone sovrintendesse alla costruzione delle mechanai facen-
589
70 Vd. Plut. reg. imp. apoph. 191e (Archidamo III). Sull’opposizione fra mentalità oplitica e assedio(per blocco o con mechanai) vd. M.M. Sage, Warfare in Ancient Greece. A Soucebook, London 1996, p. 107
e C. Sierra Martín, Asedio y insularidad en la strategia de Pericles, in J. Vidal - B. Antela (Eds.), Fortifica-
ciones y Guerra de Asedio en el Mundo Antiguo, Zaragoza 2012, 55-76, partic. 72. 71 [Xen.] Ath. 2, 1: il peso degli opliti è limitato a quanto serve per prevalere sulle forze di terra de-
gli alleati, che però sono indeboliti dall’essere ‘isolati’ fra loro per effetto della talassocrazia ateniese.A Samo avviene proprio questo.
72 Cfr. B. Strauss, Democracy, Kimon, and the Evolution of the Athenian Naval Tactics in the Fifth Century
BC., in P. Flensted-Jensen - T. Heine Nielsen - L. Rubinstein (Eds.), Polis & Politics: Studies in Ancient
Greek History, Copenhagen 2000, 315-326, partic. 317. 73 Cfr. ibid., 316: «the word arethe was as closely associated with the hoplite phalanx as techne was
with the fleet», con rimando a Pl. leg. 704d-707c, Isoc. pac. 102-103, panath. 115-116, antid. 64, Phil. 61.Sulla techne delle marinerie come contrapposta alla arete degli opliti: P. Vidal-Naquet, La tradition de
l’hoplite athenien, in P. Vernant (Éd.), Problemes de la guerre en Grece ancienne, Paris 1968, 161-181.74 Vi si cita un Artemon periponeros, dove è evidente il gioco di parole con periphoretos: vista la men-
zione da parte di Aristofane come di un personaggio contemporaneo, deve dunque trattarsi dell’Ar-temone mechanikos e non dell’Artemone periphoretos messo alla berlina da Anacreonte (vd. nota suc-cessiva).
75 Paroemiogr. II 41, 4: l’interpretamentum presenta come equivalenti due possibilità. La prima è cheil proverbio si riferisca all’Artemone di VI sec. Periphoretos, egli pure di Samo, satireggiato da Ana-creonte (fr. 27 L.-P.), come voleva Eraclide Pontico, citato appunto in Plut. Per. 27, 4; la seconda è checi si riferisca all’Artemone mechanikos, di cui si dice che «zoppo che era, era portato in giro a vederele mechanai». Dei due personaggi, il più noto a livello comune era l’ingegnere: oltre alla battuta diAristofane, può farlo pensare il fatto che il mechanikos fu effigiato in una statua da Policleto (Plin. nat.
XXXIV 56: Policleto scolpì un Artemona qui periphoretos appellatus est: la notizia si riferisce, dato il con-testo cronologico, all’Artemone mechanikos, senza possibilità di confusione con l’Artemone di VIsec.). Nulla impedisce che lo stesso epiteto di Periphoretos sia stato dato al più tardo Artemone pro-prio sulla base del più antico omonimo: così Stadter, Plutarch’s Pericles, cit., 254, ad loc. L’ipotesi è sup-
dosi portare in una portantina dà un ultimo tocco al quadro: è un individuo inabilealla falange, trasportato come un effeminato,76 ad essere fondamentale per la con-quista!
3.1. La reazione dei soldati ateniesi alla strategia periclea per l’assedio di Samo
Come poi avverrà nel 431 (Thuc. II 21-22, Plut. Per. 33, 4-8), questa strategia at-
tenta al calcolo del rapporto fra costi e benefici ma rivoluzionaria nella scala di va-
lutazione, prudente nello spendere i corpi dei cittadini ma invece prodiga di tempo,
di denaro (e di mechanai), fu accettata con difficoltà: come ci informa Plutarco su-
bito appresso (Per. 27, 2),
«poiché era un’impresa [J5'31] trattenere gli Ateniesi, irritati dall’attesa [85-&�] e desiderosi
di combattere [0!;)7,%- 453,90390"1396], Pericle, diviso l’esercito in otto gruppi,77 orga-
nizzò un sorteggio. Al gruppo che estraeva la fava bianca dava modo di banchettare e star-
sene liberi da impegni mentre gli altri si affannavano [)Ã=;)�7,%- .%Ú 7;3/!*)-1 4%5)�;)8�1 E//=1 859;30"1=1]78 ».
Perfino se ciò comporta un maggior rischio di morire per i singoli, i soldati al co-
mando di Pericle accettano a fatica non solo di affrontare i disagi naturalmente con-
nessi ad un assedio,79 ma soprattutto di venir meno alla tradizionale etica militare
GIANFRANCO MOSCONI590
portata dalla notorietà dell’Artemon periphoretos anacreonteo, come mostra il gioco di parole in Ar.
Ach. 850. 76 Cfr. Garlan, Poliorcétique, cit., 133.77 Perché i gruppi sono otto e non, e.g., dieci come le tribù? Secondo il bisogno di truppe attive ogni
giorno (i 7/8)? 78 Il participio 859;30"1=1 è congettura del Sauppe in luogo del tràdito 0%;30"1=1, sulla base del
confronto con Thuc. I 126, 8 (gli Ateniesi «logorati» dall’assedio a Cilone e ai suoi asserragliati sull’A-
cropoli; assedio definito prosedria); 85?;=, come gli affini 85?=, 859;>=, bene esprime la progressiva
consunzione delle energie e dell’entusiasmo dei combattenti provocata da un paziente assedio (cfr.
LSJ, s.vv.); potrebbe essere accettabile, visto il precedente 85-&�, anche 85-&30"1=1. La correzione si è
imposta nelle successive edizioni della Vita Periclis: il tradito 0%;30"1=1, infatti, contraddice quanto
detto subito prima, cioè che Pericle non fa combattere i soldati ateniesi che pur vorrebbero farlo e che
per questo sono irritati dalla tribe, dall’inattività di chi attende. La lezione manoscritta è comunque in-
teressante come elemento di storia della cultura, perché riflette chiaramente la difficoltà di chi ha in
seguito trasmesso il testo plutarcheo nell’immaginare che il tempo dell’assedio sia trascorso, per i sol-
dati ateniesi, in una sostanziale assenza di scontri (impiegato nella costruzione della periteichisis e delle
mechanai e in assalti alle porte, però con arieti coperti dalle chelonai); la tradizione manoscritta, per così
dire, non ha capito il modo pericleo di condurre l’assedio e l’ha ‘banalizzato’. Lo stesso è avvenuto nel
resoconto diodoreo dell’assedio di Samo: vd. supra, § 1.2,.79 Disagi portati sulla scena ateniese da Eschilo, nell’Agamennone, 555-566. Sui fattori che potevano
rendere sgradita, per gli assedianti, la prospettiva di un assedio vd. Strauss, Naval Battles and Sieges, cit.,
243-244: l’impegno per le opere di circonvallazione, la necessità di dimorare all’aperto (cfr. Pl. symp.
220a-b per l’assedio di Potidea), le difficoltà di approvvigionamento (cfr. Pl. symp. 219e), i rischi di epi-
demie e malattie (Thuc. VII 47, 2; II 58, 3 a Potidea). Strauss osserva che, visto che gli assedi erano «un-
pleasant and expensive», «it is no wonder that they were avoided when possible» (Naval Battles, cit.,
243): in quest’ottica, tanto più sorprendente ed oggetto di ‘wonder’ dovette apparire la decisione di Pe-
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
loro familiare, per la quale l’indugio (Plutarco parla di tribe) volto a ridurre il rischio
di morire è interpretato come manifestazione di viltà e la vita del combattente,
quindi, ha minor valore che altri aspetti (prontezza della reazione bellica; rispetto
della tradizione; risparmio di fondi pubblici; desiderio di evitare le fatiche e i disagi
connessi alla tribe e alle opere richieste da un assedio).
Si noti che quel che i soldati chiedono non è semplicemente tornare a casa (come
talora in situazioni simili),80 ma combattere senza indugi, nel segno di quella tradi-
zione che vede nell’indugio una manifestazione di debolezza o viltà: vengono in
mente quegli Spartani che, dopo la battaglia di Platea del 479, danno subito l’assalto
al campo trincerato dei Persiani, appena arrivano, senza essere esperti di teichoma-
chia, senza aspettare l’arrivo degli Ateniesi poco distanti e specialisti negli assalti alle
mura, e soprattutto senza che nessuna necessità strategica imponga tanta fretta, ma
anzi esponendosi, con tale comportamento, ad avere la peggio rispetto ai Persiani
asserragliati, rischiando morte e ferite (Hdt. IX 70, 1-2). Non a caso Plutarco defini-
sce gli Ateniesi trattenuti da Pericle nell’assedio di Samo come 453,90390"1396: la
prothymia è spesso utilizzata a definire l’ardore guerriero di chi non si risparmia e si
getta nella mischia o va all’assalto senza troppi calcoli.81 Il che è coerente con le cir-
costanze, perché le proteste, per come è strutturato il testo di Plutarco, sembrano
collocarsi quasi all’inizio delle operazioni; il malumore dei soldati non è frutto di
stanchezza o dei disagi dopo un lungo assedio, ma l’impazienza di chi ritiene che la
strategia dovrebbe essere diversa.82 Ed infatti, anche nel caso in cui si procedesse ad
un assedio, ci si aspettava che almeno si tentasse una serie di vigorosi assalti alle
mura, non una paziente attesa: non una periteichisis, ma una teichomachia, come
quella che gli stessi Ateniesi avevano lanciato contro il campo persiano di Platea
(Hdt. IX 70),83 o come gli assalti lanciati proprio contro le mura di Samo dagli Spar-
591
ricle di sottoporre, fin dall’inizio, i suoi concittadini al disagio di un assedio pur di ridurre il rischio di
perdite umane. In ogni caso, quello che emerge è che, nella concezione strategica tradizionale, la ri-
duzione del rischio di morire in un assalto è meno importante rispetto alla riduzione delle spese e dei
disagi materiali.80 Vd. per es. l’insofferenza degli assedianti ateniesi a Sesto e romani a Veio per la necessità di tra-
scorrere l’inverno lontano dalla patria e dalle famiglie (su cui rispettivamente Hdt. IX 117 e Liv. V 5, 2,
6 con le fini considerazioni di Bettalli, Controllo di città e piazzeforti, cit., 829 e n. 16; si aggiunga, sugli
assedi invernali, Polyaen. strat. II 18).81 Vd. ad es., proprio in un contesto di assedio con assalti (gli Spartani a Pilo), Thuc. IV 11, 3 e 12, 3; cfr.
Hdt. V 49, 1, VIII 86. La prothymia come qualità propria di alcuni combattenti compare in Plut. Cim. 6, 1.82 Si noti che il problema, secondo Plutarco, è semplicemente la tribe: un fattore di disagio psico-
logico, non materiale, come avviene in parte nel 431 (cfr. pure l’atteggiamento di Ettore in Hom. Il.
XVIII 287). L’impazienza delle truppe ateniesi a Samo ha lasciato perplessi gli studiosi, che non ne
hanno colto il legame con la violazione delle ‘regole’ compiuta da Pericle: vd. il tono dubbioso di Gar-
lan, Poliorcétique, cit., 114. Sorprende come, in tutt’altro contesto storico, anche Sun Tzu (L’arte della
guerra, 3, 5) sottolinea l’irritazione come effetto della lunghezza dell’assedio: ma è l’irritazione del ge-
nerale, che alla fine lancia i suoi uomini all’assalto provocando la morte di un terzo delle truppe.83 Ad iniziare l’assalto al campo fortificato dei Persiani sono dapprima gli Spartani, che tentano l’e-
spugnazione «pur non essendo esperti di teichomachein»; anche gli Ateniesi non si limitano a bloccare
gli accessi al campo, bensì procedono con energia: «quando però arrivarono gli Ateniesi, la teichoma-
tani nel 522, con vari parziali successi (Hdt. III 54-55). Al contrario, nonostante la ri-
conosciuta competenza ateniese nella teichomachia (per cui gli Spartani li avevano
chiamati per prendere Itome nel 462),84 nonostante il pericolo che la rivolta di Samo
rappresentava per l’hegemonia ateniese,85 Pericle non tenta neppure una espugna-
zione di forza (con le perdite umane che essa può determinare),86 ma obbliga i suoi
ad una lenta periteichisis, meno eroica, finanche più faticosa e sgradevole per i sol-
dati ridotti al ruolo di manovali,87 ma comunque più sicura.88 Mentre Pericle av-
viava la lenta periteichisis, aderì o aveva già aderito alla rivolta anche Bisanzio;89 in-
tanto i Samii cercavano sostegno presso i Peloponnesiaci (Thuc. I 41, 2). Molti, ad
Atene e fra le truppe a Samo, anche fra i sostenitori di una politica imperialistica,
avranno pensato che la strategia di Pericle fosse pericolosamente lenta, che biso-
gnasse fare presto, anche a costo di perdite maggiori.
3.2. Il tempo libero degli assedianti: svago pericleo e sorteggio democratico
La strategia di Pericle, anche in questo caso come sarà poi allo scoppio della
guerra del Peloponneso, è quindi una scelta consapevolmente controcorrente ri-
spetto alla tradizionale scala di valori; ed è peraltro una scelta che si oppone ad un
sentire largamente condiviso, evidentemente anche in ambienti non aristocratici.
Di certo, in Plut. Per. 27, 3 ritroviamo molto del Pericle a noi noto da Tucidide:
GIANFRANCO MOSCONI592
chíe divenne vigorosa e durò a lungo. Infine, con il valore e la tenacia, gli Ateniesi scalarono il muro,
lo abbatterono e di lì i Greci si riversarono dentro» (Hdt. IX 70, 2). Un assalto al muro di un campo
persiano, con gli Ateniesi protagonisti, si ha anche a Capo Micale (Hdt. IX 102, 3).84 Vd. Thuc. I 102, 1: gli Ateniesi «apparivano essere capaci a teichomachein». Cfr. Kern, Ancient Siege
Warfare, cit., 95: nel V sec. gli Ateniesi «outstripped other Greeks in siege warfare». Cfr. la nota ad loc.
di A.W. Gomme, A Historical Commentary on Thucydides, I, Oxford 1945, 301-302.85 Cfr. D. Kagan, The Outbreak of the Peloponnesian War, Ithaca-London 1969, 170-172. 86 Come osserva van Wees, La guerra dei Greci, cit., 227, «l’assalto alle mura delle città provocava
più vittime di qualsiasi altro tipo di combattimento»; così anche Bettalli, Controllo di città e piazzeforti,cit., 845. Le fonti notano spesso la connessione fra vigore degli assalti e numero di vittime. Treesempi: nell’assedio persiano ad Eretria del 490, «in un attacco poderoso contro le mura molti cade-vano per sei giorni da entrambe le parti» (Hdt. VI 101, 2); Diod. XI 32, 3 rileva che nell’assalto alcampo persiano a Platea del 479 furono molti i Greci feriti e «non pochi» i caduti, per i proiettili sca-gliati dall’alto della palizzata; nelle Fenicie di Euripide (409 a.C.), in una scena che ovviamente ha uncarattere tipico, si sottolinea il gran numero di vittime, da entrambe le parti, durante l’assalto allemura di Tebe, tanto da irrorare il suolo di sangue (1149-1151). Fra i pericoli di un assalto vi era anchela possibilità di subire un contrattacco, se gli assediati sfruttavano un momento favorevole per uscirefuori dalle mura, con il rischio di ulteriori gravi perdite per gli assedianti: vd. Eur. Phoen. 1187-1195;una periteichisis rispondeva a questo problema. In tutt’altro contesto, cfr. Sun Tzu, L’arte della guerra,
3, 5: gli assalti alle mura vanno evitati, perché provocano la morte di un terzo delle truppe, senza nep-pure giungere all’espugnazione.
87 Vd. Garlan, Poliorcétique, cit., 113.88 Sugli elementi di novità nelle scelte ossidionali di Pericle rispetto all’arte degli assedi di V sec. in-
terverrò in altra sede.89 Thuc. I 115, 2. Sulla tempistica Fornara, Chronology of the Samian War, 8: Bisanzio probabilmente
si aggiunse in una fase di poco successiva.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
l’ergon (!) di trattenere gli Ateniesi desiderosi di combattere ricorda la situazione de-
scritta da Tucidide in II 21-22,1;90 l’idea che l’impegno bellico del soldato (come
quello che vorrebbero mostrare gli Ateniesi a Samo, smaniosi di combattere) sia
inutile se non attentamente finalizzato ad un preciso scopo, ci ricorda quei passi
dell’Epitafio del 431, in cui si condanna la epiponos askesis (Thuc. II 39, 1) e la ponon
melete (39, 4) in quanto fonte di inutile prokamnein (39, 4), in cui si criticano hoi aiei
mochtountes (ibid.), in cui si esalta la rathymia anche nel kindyneuein bellico (ibid.), ri-
gettando ogni accusa di malakia (40, 1).91
Ma è ‘pericleo’ anche il modo con cui il gruppo di non-combattenti di volta in
volta sorteggiato trascorre il suo turno libero, potendo )Ã=;)�7,%- .%Ú 7;3/!*)-1.
Questi turni di riposo non sono semplicemente un intervallo vuoto fra un turno e
l’altro di servizio per mangiare e dormire,92 ma rappresentano un ‘tempo libero’ ar-
ricchito da occasioni di piacevole svago e di convivialità:93 sembra l’applicazione,
nell’accampamento ateniese a Samo, delle parole con cui Pericle, nell’Epitafio,
esalta la piacevolezza della vita nell’Atene democratica (Thuc. II 38, 1-2 e 40, 1) e in
particolare le «moltissime occasioni di riposo dalle fatiche» di cui godono gli Ate-
niesi grazie ad agones e thysiai (Thuc. II 38, 1),94 occasioni che appunto forniscono
schole ed euochia come quelle di cui godono le truppe a Samo (le thysiai, in partico-
lare, costituivano, nei fatti, occasioni di banchetto a spese pubbliche); sembra la re-
plica, in tempo di guerra e ad un gruppo ristretto, di quell’offerta costante di «spet-
593
90 Si noti che, per il 431, Tucidide (II 21, 3) attribuisce l’irritazione contro Pericle e l’impulso ad uscir
fuori a combattere alla popolazione ateniese nel suo complesso (si parla di polis, cui segue una terza
persona plurale senza soggetto esplicito; in II 21, 1-2 si parla de ‘gli Ateniesi’, con un cenno al ruolo de-
gli Acarnesi, direttamente coinvolti). Che non si tratti di semplificazione operata da Tucidide, ma di
un dato di fatto, è dimostrato dal fatto che Pericle «non convocava né l’ekklesia né alcuna riunione per
evitare che, mossi dalla collera invece che dalla ragione, prendessero decisioni sbagliate» (Thuc. II 22,
1): se Pericle evitava di convocare l’ekklesia, parte dal presupposto che la proposta di uscire a battaglia
avrebbe avuto la maggioranza dei voti. Per i poteri costituzionali di Pericle in Thuc. II 22, 1 vd. E.F.
Bloedow, Pericles’ Powers in the Counter-Strategy of 431, «Historia» 36, 1, 1987, 9-27 e Hamel, Athenian Ge-
nerals, cit., 6-12. 91 Si ricordi l’accusa di malakia rivolta da Platone a chi affida la guerra alle mechanai (Pl. leg. VI 778e-
779a): vd. Pericle, la guerra, la democrazia, cit., § 2.92 Nell’assedio di Platea avviato nel 429 dai Peloponnesiaci (in cui si arriva alla periteichisis solo a
malincuore), i lavori per il terrapieno procedono a turni, giorno e notte «continuamente», con gruppi
che faticano mentre altri dormono e consumano i pasti (Thuc. II 75, 3: —4131 .%Ú 7�831 %X5)�7,%-;espressione ben diversa rispetto alla formulazione di Plut. Per. 27, 2), in un contesto in cui non c’è spa-
zio per la schole, sotto il duro controllo degli ufficiali spartani (ibid.).93 Notiamo comunque che momenti di riposo erano elemento costante della vita in accampamento
(cfr. van Wees, La guerra dei Greci, cit., 184): gli Ateniesi che si scontrano con Pisistrato, dopo il pasto
si dedicano ai dadi e al sonno (Hdt. I 63, 1); gli Spartani intervallano gli esercizi con diatribai e ana-
pauseis, ‘conversazioni’ e ‘riposi’ (Xen. Lac. 12, 5). Tuttavia, l’euochia e la schole di Plut. Per. 27, 2 sono
qualcosa di ben più connotato. 94 Sul valore del riposo e della rilassatezza nell’ideologia democratica periclea D. Musti, Demo -
kratía. Origini di un’idea, Roma-Bari 1995, 103-118; sull’edonismo pericleo 118 ss. Tale edonismo è stret-
tamente legato alla rivendicazione dei ‘diritti del corpo’: ibid., 127. Sul legame fra accettazione del pia-
cere e ideologia democratica D. Braund, The Luxuries of Athenian Democracy, G&R, ii s., 41, 1994, 41-48.
tacoli, banchetti, processioni» assicurata da Pericle alla cittadinanza ateniese (Plut.
Per. 11, 4: tali iniziative sono considerate come un mezzo per ingraziarsi il demos). In
entrambi i casi la tradizione presenta tutto ciò come uno strumento di consenso per
Pericle, ma compiuto a spese pubbliche (Plutarco parla di svaghi ‘forniti’ da Pericle,
evidentemente attingendo dai fondi per la campagna: vd. 4%5)�;)). D’altra parte,
la notizia lascia intravedere un abbozzo di supporto logistico gestito dal comando
centrale, con una qualche parziale fornitura di vettovaglie ai soldati:95 un segno di
crescita del ‘pubblico’ coerente con altri aspetti della democrazia periclea.
Che una parte delle spese esorbitanti per l’assedio di Samo siano collegate anche
alle spese per l’euochia e la schole con cui Pericle vinse l’irritazione delle truppe? L’i-
potesi può apparire stravagante, ed anzi metodologicamente infondato il fatto di
conferire tanta fiducia alla notizia contenuta in Plut. Per. 27, 2, notizia che si sarebbe
tentati di considerare un aneddoto fittizio.96 In realtà, altre testimonianze confer-
mano l’euochia di cui parla Plutarco: Alessi di Samo (autore forse di età ellenistica,
ma verosimilmente ben informato, data l’origine locale) ricordava, in un fram-
mento dei suoi Samion Horoi, che il santuario di Afrodite detto en kalamois o en he-
lei, a Samo, era stato fondato proprio dalle «hetairai attiche che avevano accompa-
gnato Pericle quando assediava Samo, avendo lavorato bene in quella circostanza».97
L’euochia (a spese pubbliche!) con cui Pericle aveva alleggerito l’attesa delle truppe
era stata tanto generosa e dispendiosa – almeno secondo questa tradizione – da la-
sciare tracce monumentali! D’altra parte, lo svago fornito da Pericle alle truppe al-
l’assedio di Samo trova un parallelo nella concessione fatta alle truppe ateniesi im-
pegnate a Potidea, cui fu data una paga doppia:98 una misura che, verosimilmente,
risponde alla medesima esigenza di vincere l’irritazione delle truppe, obbligate ad
una lunga permanenza fuori della patria.99
Merita un cenno anche il fatto che la soluzione adottata da Pericle per placare l’a-
nimosità degli Ateniesi si fondi proprio sul sistema del sorteggio, il che costituisce
un unicum,100 notevole sotto due riguardi. In primo luogo, l’uso del sorteggio, così
GIANFRANCO MOSCONI594
95 Ancora nel IV sec., spesso i singoli soldati si approvvigionavano da sé: van Wees, La guerra dei
Greci, cit., 176-81. 96 Stadter, Plutarch’s Pericles, 252 ad loc., pensa appunto possa trattarsi di un aneddoto fittizio.97 FGrHist 539 F 1, apud Ath. XIII 572f. Notizie su Alessi di Samo in Jacoby, FGrHist III b1, 460 e III
b2, 272. Se pure la notizia fosse tendenziosa o esagerata, essa sarebbe rivelatrice di come fu ricordatol’assedio di Samo per i suoi costi. Agli aspetti economici dell’approvvigionamento delle truppe distanza a Samo può essere connesso il fr. 256 K.-A. di Eupoli: ma l’interpretazione del fr. non può es-
sere affrontata in questa sede. 98 Thuc. III 17, 3: due dracme al giorno (una per l’oplita, una per il suo servitore), invece che una
dracma come ai marinai (VI 31, 3 e VIII 45, 2). 99 Coglie un nesso fra introduzione della paga e lunghezza degli assedi Kern, Ancient Siege Warfare,
cit., 94. Cfr. van Wees, La guerra dei Greci, cit., 386-388, partic. 388. L’introduzione della paga ai soldati
è collocata poco prima della guerra del Peloponneso da W.K. Pritchett, The Greek State at War, I,
Berkeley 1974, 7-13: gli anni dell’assedio di Samo!100 La divisione in gruppi di lavoro è pratica corrente nei lavori di costruzione dei periteichismata,
ma riferita ai lotti di lavoro, affidati ognuno ad un gruppo, e non ai turni di riposo: vd. i passi tucidi-
dei in Garlan, Poliorcétique, cit., 113 con le note 1 e 2 (non vi si considera Plut. Per. 27, 2).
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
intimamente legato alla quotidianità democratica,101 sembra voler rafforzare la con-
notazione politica della strategia d’assedio, tanto più che tale sorteggio si svolge
con la fava bianca, cioè con lo stesso strumento usato per designare il prescelto nel-
l’attribuzione delle cariche pubbliche: ne risulta un oggettivo parallelo fra la strate-
gia periclea, che per sorteggio assegnava il privilegio di non consumarsi in un asse-
dio vissuto dalle truppe con irritazione, e la condizione di cittadini ateniesi, che con
un sorteggio con la fava bianca potevano aspirare alle più alte cariche.102 Più pro-
saicamente, la scelta di Pericle di attribuire l’euochia e la schole per sorteggio,
creando una sorta di lotteria a premi, sembra fatta apposta per introdurre un ele-
mento di distrazione nella monotona tribe lamentata dalle truppe d’assedio: anche
in questo piccolo particolare, il racconto plutarcheo è coerente. Se tutto ciò davvero
rimonta a Pericle, e non è invenzione della tradizione (ma l’onere della prova spetta
agli scettici), troveremmo qui una ulteriore piccola dimostrazione di quella sa-
pienza nell’indirizzare abilmente sentimenti e reazioni delle masse che fonti di va-
ria età attribuiscono concordemente a Pericle (Thuc. II 65, 8-9 ripreso in Plut. Per.
15, 1; ma vd. anche il (-%4%-(%'3'�1 in Per. 11, 4, ove appunto si parla delle feste e
dei banchetti istituiti da Pericle per controllare il demos).
4.1. Dopo la vittoria, Pericle reagisce alle critiche:
il tempo impiegato nell’assedio è stato ben poco in proporzione all’obiettivo
Una ulteriore conferma che Plut. Per. 27, 1 riflette concezioni autenticamente at-
tribuibili a Pericle la fornisce la già menzionata testimonianza da Ione di Chio in
Plut. Per. 28, 7 (FGrH 392 F 16 = fr. 110 Leurini2),103 che converrà ora citare per esteso:
«Ione afferma che Pericle fu incredibilmente orgoglioso d’aver sconfitto i Samii, perché – di-
ceva Pericle – mentre Agamennone104 aveva conquistato una città barbara in dieci anni, egli
aveva conquistato i primi e più potenti degli Ioni in nove mesi».105
595
101 Il sorteggio caratterizza la democrazia estrema: Arist. pol. VI 1317b, 20 ss., 1318a, 1 ss.; per Atene
[Xen.] Ath. 1, 3. 102 Anche questo particolare avrebbe lasciato traccia nella memoria collettiva ateniese, a giudicare
dalla notizia antiquaria riportata in Plut. Per. 27, 3: dalla fava bianca la cui estrazione indicava il gruppo
destinato al riposo, sarebbe sorto l’uso di definire ‘bianca’ la giornata trascorsa in un piacevole riposo.
Plutarco è l’unica fonte a dare questa spiegazione sull’origine della ‘giornata bianca’: vd. al riguardo
Stadter, Plutarch’s Pericles, cit., 253, ad loc., che ipotizza ci si trovi di fronte ad una ipotesi di Plutarco o
di uno scoliasta a Eup. fr. 182 K.-A., ove l’espressione era usata. Ma se in qualche modo la tradizione
associava l’espressione all’espediente pericleo, ciò sarebbe un’ulteriore traccia dell’impatto della stra-
tegia periclea sull’immaginario collettivo e una conferma dell’attendibilità di Plut. Per. 27, 2. 103 La testimonianza di Ione di Chio è ricordata anche in Plut. de glor. Ath. 8, 350e. 104 Il paragone fra la vittoria di Pericle su Samo e la vittoria di Agamennone su Troia può trarre
spunto anche da una similarità di situazioni: come gli Achei, anche gli assedianti Ateniesi hanno un
campo presso il mare, con le navi attraccate lungo la costa (non hanno però una palizzata di difesa,
come quella che gli Achei ad un certo punto costruiscono nel decimo anno di guerra); come gli Achei,
gli Ateniesi subiscono un attacco alle navi che colpisce alcune imbarcazioni e rischia di porre fine al-
È evidente che l’affermazione risponde proprio alle critiche ricevute durante lacampagna per l’eccessiva cautela delle operazioni d’assedio,106 e il tono enfaticodella vanteria (congruente con quella megalauchia che proprio Ione attribuiva a Pe-ricle)107 può ben riflettere la durezza delle critiche ricevute in precedenza: tornatoin patria da vincitore, Pericle lascia da parte le considerazioni ideali a difesa dellapropria strategia, ma fonda la sua replica non sulla valutazione dei possibili rischibensì su quanto effettivamente avvenuto. Ora può dichiarare che quella che agli
Ateniesi, mesi prima, appariva lentezza, a conti fatti va considerata invece rapidità,
se commisurata all’oggetto della conquista;108 ora può rivendicare, per la propria
GIANFRANCO MOSCONI596
l’assedio (vd. Thuc. I 117, 1); in entrambi i casi, tale contrattacco degli assedianti sfrutta la momenta-
nea assenza del personaggio più decisivo fra gli assedianti (Achille per la propria arete, Pericle per la
propria gnome). 105 In Thuc. I 117, 3 si afferma che Samo fu espugnata «al nono mese», espressione ripresa in Plut. Per.
28, 1: ma ‘al nono mese’ da quale momento? Fornara, Chronology of the Samian War, cit., 9 e 13, ritiene
che questi otto mesi siano considerati a partire dall’inizio dell’assedio in Thuc. I 116, 2 (sulla base del ri-
correre di poliorkein in Thuc. I 116, 2 e expoliorkein in I 117, 3, ma anche del confronto con testi epigra-
fici). In Plut. Per. 28, 7 = FGrHist 392 F 16 si riporta il vanto di Pericle di aver preso Samo «in nove mesi»
(0+7Ú1 H11"%): la differenza fra ‘al nono mese’ (=otto mesi e 1-4 settimane) e ‘in nove mesi’ è comun-
que di meno di un mese. Si può pensare che Pericle abbia arrotondato per eccesso il suo vanto, per non
incorrere in correzioni altrui. Oppure che i nove mesi pieni di cui parla Pericle comprendano anche le
prime operazioni ateniesi contro la rivolta, quelle precedenti l’avvio della circonvallazione (arrivo a
Samo, battaglia di Tragia, sbarco sull’isola e scontro di terra: vd. Thuc. I 116, 1-2) la cui durata è calco-
labile in un mese circa (vd. lo schema in Fornara-Lewis, art. cit., 13): nei fatti, Pericle si vanta di aver
vinto Samo, e quindi è normale che egli consideri l’intera campagna, non il solo assedio.106 Federico, ������ � �, cit., 113 s., interpreta il vanto di Pericle sui soli nove mesi della cam-
pagna contro Samo come un modo per giustificare le ingenti spese e per «convincere l’opinione pub-
blica ateniese dell’opportunità della spedizione contro Samo e anche della sua economicità» (113); nelle
parole di Pericle «l’economicità della strateia contro Samo risalta dal suo enfatizzato carattere di
guerra-lampo». In realtà è vero l’opposto: le modalità della spedizione contro Samo apparvero all’o-
pinione pubblica più lente e caute del dovuto, e i costi maggiori furono imputati proprio a tale cautela
giudicata eccessiva, come mostra il quadro presentato da Plut. Per. 27, 1-4. Né si può parlare di «di-
battito» contro la spedizione samia dovuto «all’impressionante numero di caduti» (ibid., 113), perché di
tali grosse perdite le fonti non danno notizia, e perché anzi è chiaro da Plut. Per. 27, 1 che Pericle si
vantava semmai di aver minimizzato le perdite. 107 Dichiarazioni pubbliche come questa, volte a difendere orgogliosamente le scelte compiute
(come poi sarà il caso del terzo discorso di Pericle in Tucidide), possono spiegare il duro giudizio di Ione
di Chio sul modo con cui Pericle si rivolgeva agli interlocutori, «arrogante e superbo», caratterizzato da
megalauchiai, hyperopsia, e periphronesis verso gli altri, e opposto alle qualità che Ione apprezzava in Ci-
mone, «il tatto, la mitezza e la gentilezza» (Ion. FGrHist 392 F 15 = fr. 109 Leurini2, apud Plut. Per. 5, 3).
Il rapporto fra i frr. 15 e 16 di Ione è già implicitamente suggerito dalla numerazione della raccolta dello
Jacoby; cfr. A. Mele, Gli Eleati tra oligarchia e democrazia, in Breglia - Lupi (a cura di), Da Elea a Samo, cit.,
9-30, poi 23; S. Cataldi, Filosofi e politici nell’Atene del V secolo a.C., in Breglia - Lupi (a cura di), Da Elea a
Samo, cit., 95-150, partic. 103; Federico, Syngeneia, cit., 208 s. La differenza colta da Ione fra i due leaders
può essere legata ad effettivi tratti caratteriali, come vuole Ione, ma può anche spiegarsi in relazione al
differente rapporto dei due personaggi con la tradizione: pacifica accettazione da parte di Cimone; su-
peramento, negazione, se non aperta contestazione nel caso di Pericle. Ione interpreta forse in chiave
psicologica le inevitabili conseguenze di differenti atteggiamenti ideologici. 108 Il vanto di Pericle è in accordo con l’importanza che gli Ateniesi della seconda metà del V sec.
attribuivano al controllo di Samo: vd. Thuc. VIII 76, 4; vd. supra, n. 46; cfr. A.J. Podlecki, Perikles and
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
strategia, il merito non solo di ‘risparmiare i corpi’, ma anche di essere più frut-
tuosa di modi di far la guerra più ortodossi, più ardimentosi, ma in realtà meno ef-
ficienti:109 molti fra il pubblico, compreso lo stesso Pericle, non avranno mancato di
notare che i nove mesi impiegati per Samo erano meno della metà degli oltre due
anni impiegati per Taso da Cimone,110 pur fautore di una condotta strategica fon-
data sulla prothymia111 e conforme al tradizionale codice di comportamento guerre-
sco, che impone di affrontare l’agone bellico senza indugi.112 La frase di Pericle in
Ione di Chio – fonte contemporanea agli eventi113 – si incastra perfettamente con i
concetti in gioco in Plut. Per. 27, 1, e lo spostamento di prospettiva (dall’elogio della
lentezza alla rivendicazione ex post di una rapidità proporzionata all’avversario) col-
lima perfettamente con i diversi momenti in cui si collocano le due affermazioni:
qui siamo in presenza di materiale pienamente affidabile; è infatti troppo coerente
per essere frutto di invenzione ex post. D’altro canto, la svalutazione della guerra di
Troia114 riprende l’atteggiamento svalutativo di Pericle nei confronti della tradizione
597
his Circle, London-New York, 1998, 118-131. Similmente, per Isocrate (paneg. 54-72) la vittoria di Atene,
sola, contro i Persiani a Maratona è superiore a quella di tutti i Greci contro Troia, perché compiutasi
in un solo anno invece dei dieci necessari per la seconda (cfr. paneg. 83). Comparazione simile con la
guerra di Troia in Hyp. epit. 35, ma sui rapporti di forza e non sui tempi.109 In effetti, l’assedio di Samo non è lungo per gli standard dell’epoca, come nota Kern, Ancient
Siege Warfare, cit., 94.110 In Tucidide, l’episodio di Taso (I 100, 2-101, 3) e quello di Samo, posti ad apertura e chiusura della
seconda sezione della Pentekontaetia, svolgono la funzione di manifestare al lettore la crescita della po-
tenza di Atene, che impiega due anni per sottomettere Taso e, un ventennio dopo, solo nove mesi per
la ben più potente Samo: vd. Ph.A. Stadter, The Form and Content of Thucydides’ Pentecontaetia (1.89-
117), GRBS 34, 1993, 35-72, partic. 56.111 Cfr. Plut. Cim. 6, 1. La prothymia caratterizza gli Ateniesi a Samo, ansiosi di combattere (vd. Plut.
Per. 28, 2): gli opliti ateniesi al comando di Pericle vorrebbero combattere ‘alla vecchia maniera’, ten-
tando almeno in prima battuta una serie di arditi assalti alle mura (su questo aspetto mi riprometto di
intervenire in altra sede).112 Si veda la narrazione della campagna culminante con la duplice (!) battaglia dell’Eurimedonte in
Plut. Cim. 12-13; cfr. già prima il «bisogna uscire» di Milziade, padre di Cimone, nel 490, e l’attacco in
corsa a Maratona (Hdt. VI 112, 1).113 Ci si è chiesti quali motivazioni abbiano spinto Ione a ricordare la frase di Pericle: vi si è vista
una critica alla persona di Pericle ( Jacoby, Ion of Chios, cit., 16) o all’arroganza dell’imperialismo peri-
cleo (G. Huxley, Ion of Chios, GRBS 6, 1965, 29-64, partic. 34 s.; G. Ugolini, Sofocle e Atene. Vita politica
e attività teatrale nella Grecia classica, Roma 2000, 44 n. 2). In ogni caso, considerando come le parole di
Pericle sono ben inserite in una problematica più ampia, non si può considerare questa frase «una ma-
levola invenzione» di Ione, «fautore della politica cimoniana» per mettere Pericle in cattiva luce (così
Banfi, Pericle nel pensiero antico, cit., 68): tale scetticismo preconcetto colpisce perfino fonti contempo-
ranee agli eventi (soggette a verifica da parte dei contemporanei stessi). A favore della «storicità dell’i-
perbole periclea» anche Federico, Syngeneia, cit., 208-209 (Ione, presente quando Pericle pronunciò l’e-
pitafio, forse lasciò nelle Epidemiai «una sua, per noi probabile, apomnesis del discorso pericleo per i ca-
duti di Samo»). Una notazione a margine: se non sapessimo che fonte della frase di Pericle è Ione di
Chio, si potrebbe credere – sulla base del confronto con Isoc. paneg. 54-72 – che Plut. Per. 28, 7 sia in-
venzione di Plutarco o di una sua fonte animata da intenti retorici: una ulteriore prova che molto di
questo materiale non merita uno scetticismo meccanico.114 Sulla guerra di Troia nella tradizione dei logoi epitaphioi, ove i Troika non sono ricordati fra i suc-
epico-omerica in nome della visibile superiorità (per potenza e sviluppo tecnico) del
presente,115 cosa ben evidente nell’Epitafio del 431.116
4.2. L’immortalità dei caduti ateniesi a Samo
Il confronto irriverente con una figura centrale del mito quale Agamennone è in
linea con il carattere al limite dell’empietà di un’altra affermazione periclea che
viene con certezza dal logos epitaphios per i caduti di Samo (la fonte è Stesimbroto
di Taso, FGrHist 107 F 9, citato da Plut. Per. 8, 9): «pronunciando dalla tribuna l’elo-
gio dei caduti, Pericle affermò che essi erano divenuti immortali come gli dèi»,117 in
quanto, come gli atti di culto rivolti agli dèi e i benefici da loro elargiti sono indizi
della loro immortalità, «lo stesso vale per coloro che sono morti per la patria».
Il tema dell’immortalità dei caduti per la patria è topico (già in Tirteo si afferma
GIANFRANCO MOSCONI598
cessi ateniesi mitici dato il ruolo marginale di Atene nell’epos iliadico, vd. Loraux, L’invention d’Athè-
nes, cit., 69-72; in particolare, la Loraux (70) accosta la battuta di Pericle in Plut. Per. 28, 7 all’uso che
gli oratori ateniesi successivi fanno della guerra di Troia come «un repoussoir, destiné à mieux rehaus-
ser la valeur des combattants athéniens» (vd. ad es. Hyp. epit. 33 e 35). Cfr. Weber, Perikles samisches Lei-
chenrede, cit., che vede nei riferimenti alla guerra di Troia nelle parole degli Ateniesi in Hdt. VII 161 e
IX, 27 temi topici del logos epitaphios in connessione con l’epitafio samio di Pericle (sulla questione: Lo-
raux, L’invention, cit., 71-72).115 Cfr. M. Wecowski, ‘L’Auxêsis d’Athènes’: Hérodote, Thucydide et un aspect de l’idéologie athénienne du
Ve siècle (Diss. Écoles des Hautes Études en Sciences Sociales & Université de Varsovie), 2000, 276: Pe-ricle inverte il rapporto fra ‘età degli eroi’ e ‘tempo presente’ istituito nell’epos omerico.
116 Vd. Thuc. II 41, 4, e l’omissione dei successi ateniesi in età mitica in Thuc. II 36, 1-2. Il tema dellaconsiderazione dei Troika nella frase periclea in Plut. Per. 28, 7 è sviluppato nell’analisi di Federico,������ � �, cit., 111 s., con giusta evidenziazione della presenza di una «visione ‘progressista’della storia» (p. 112). Sull’atteggiamento del Pericle ‘tucidideo’ verso il passato mitico vd. le osserva-zioni di Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 360 (ad II 34-47), 371 (ad II 36, 1), 402 s. (ad II 41, 4). È un at-teggiamento del tutto diverso da quello riscontrabile negli altri logoi epitaphioi a noi giunti, ma invececondiviso, come noto, dal Tucidide dell’Archaiologia (vd. I 10, 3 e I 21, 2): vd. Fantasia, Tucidide, cit., 371;cfr. ibid., 360: la simile svalutazione del passato mitico nell’epitafio pericleo e nell’opera tucididea, può«rimandare ad una visione storica comune e ad un comune patrimonio di idee nati essenzialmentedalla riflessione sullo sviluppo della potenza ateniese a partire dalle guerre persiane». Il fatto che unatale svalutazione dell’eccellenza dei Troika ricorra in una affermazione periclea che ci viene non da Tu-cidide, ma da altra fonte, coeva, costituisce la migliore conferma che il Pericle anti-omerico di Tuci-dide è fededegno (lo rilevava già Loraux, L’invention, cit., 70). Alcuni interpreti hanno invece visto op-posizione fra il riferimento alla tradizione omerica in Plut. Per. 28, 7 (FGrHist 392 F 16) e l’atteggia-mento di totale disinteresse verso Omero mostrato dal Pericle tucidideo (così Treves, Herodotus, Gelon
and Pericles, cit., 324-325, che infatti nega la possibilità di ricondurre al Pericle storico l’epitaphios logosin Tucidide: 322-326); in realtà, il richiamo ai dieci anni della guerra di Troia in FGrHist 392 F 16 costi-tuisce un espediente per magnificare il successo ateniese a Samo confrontandolo con un dato ben notoall’uditorio, senza una reale attribuzione di affidabilità alla tradizione omerica; in ogni caso, comuneè la svalutazione del passato mitico.
117 Cfr. Eup. fr. 384 K.-A.: un coro di gherontes rimpiange la città di un tempo, in cui «gli strateghivenivano dalle migliori casate, erano i primi per stirpe e per ricchezza, e ad essi rivolgevamo preghierecome a dèi: e infatti lo erano davvero. Così vivevamo sicuri [A7:%/�6]; ora invece partiamo per lecampagne militari, ovunque ci porti il destino, scegliendoci, come strateghi, gli scarti». Pericle trasfe-risce la ‘divinizzazione’ dagli strateghi di famiglia illustre alla totalità dei caduti.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
che chi è morto per la patria rimane hypo ges…athanatos: Tyrt. fr. 12, 32-34 W.)118 equindi a prima vista non dovrebbe suscitare sorpresa (Plutarco, decontestualiz-zando il testo, si limita a registrare la citazione da Stesimbroto nella sezione dedi-cata all’eloquenza di Pericle, come uno dei pochi ‘detti’ che ne testimoniano l’effi-cacia). Ma in realtà due aspetti, fra gli altri,119 colpiscono la nostra attenzione (evi-dentemente, anche quella di contemporanei come Stesimbroto, il quale altrimentinon avrebbe sentito il bisogno di conservare memoria di tali affermazioni): il primoè che Pericle attribuì ai caduti a Samo non la tradizionale immortalità dei defunti
eccellenti nel mondo ctonio né quella, ideologicamente innocua, nel ricordo da
parte dei vivi (quella di solito menzionata nei logoi epitaphioi ateniesi),120 bensì una
athanasia esplicitamente paragonata a quella degli dèi (immortali .%,!4)5 83ˆ6,)3?6); il secondo aspetto, anche più interessante, è che Pericle non si limitò ad una
semplice enunciazione dell’athanasia, ma sentì il bisogno di arrivare a ‘dimostrare’
tale athanasia a beneficio dei concittadini, fra cui i parenti dei caduti.121 Per la net-
tezza con cui viene dichiarata l’athanasia dei caduti, e per il carattere celeste di tale
athanasia, l’epitafio del 439 si distacca dalla restante tradizione dei logoi epitaphioi122
e, semmai, si avvicina alla concezione dell’epigrafe del 432 per i soldati caduti nel
primo anno di assedio a Potidea (IG I2, 945, l. 6): «l’aither ha accolto le loro anime,
la terra i loro corpi» (un riflesso delle concezioni di Pericle?).123
Inserendo FGrHist 107 F 9 sullo sfondo del Pericle che conosciamo, vi sono due
ulteriori elementi che rendono peculiare il passo: il primo è che la menzione degli
dèi contrasta con un Pericle che tende a sminuire o tacere il ruolo del ‘divino’ nella
sfera umana (in tutti e tre i discorsi periclei, in Tucidide, manca una minima men-
zione degli dèi, anche quando ovvia);124 il secondo è la netta differenza125 rispetto al-
599
118 Cfr. Simon. 121 D.; Hyp. epit. 27, ma soprattutto 35 e 43.119 In Federico, ������ � �, cit., 101-107, sono illustrati gli elementi ‘scandalosi’ (l’attribu-
zione dell’athanasia agli dei sulla base di congetture; l’attribuzione dell’athanasia propria degli dèi ai
caduti per la patria; la democratizzazione della condizione di heroes) e i presupposti culturali (echi pro-
tagorei; uso dei tekmeria per congetturare sull’invisibile come in Tucidide) del passo.120 Vd. Loraux, L’invention d’Athènes, cit., 116. 121 Ragionamento simile in [Dem.] 50 (epit.), 34, ma con molta «hésitation» (Loraux, L’invention
d’Athènes, cit., 117, n. 248). Qui, infatti c’è solo una athanasia nell’Ade, al servizio delle divinità infere,
o l’equiparazione agli eroi nelle Isole dei Beati.122 Loraux, L’invention d’Athènes, cit., 117, considera l’epitafio del 439 il primo esempio di quella «ré-
ticence rationalisante» sul tema dell’immortalità dei caduti che caratterizzerebbe tutte le manifesta-
zioni del genere logos epitaphios. Ma gli elementi sopra ricordati spingono a vedere nell’epitafio per i
caduti a Samo più una eccezione che una conferma di tale «réticence».123 Così R. Goossens, Euripide et Athènes, Bruxelles 1962, 52. Sul topos R. Lattimore, Themes in Greek
and Latin Epigraphs, Urbana 1962, 27 e 31. 124 Come ad es., in particolare, nella menzione di agones e thysiai in Thuc. II 38, 1: cfr. Musti, De-
mokratía, cit., 119, che parla di «rappresentazione tutto sommato ‘laica’» di momenti legati alla sfera
religiosa. Rientrano nello stesso atteggiamento i rapporti con Protagora e Anassagora (Plut. Per. 4, 6-
6, 4; 36, 4-6) e vari episodi rivelatori (ad es. Plut. Per. 6, 2 ss.; 35, 2; 38, 2).125 La differenza è notata da Federico, ������ � �, cit., 101-103, senza ipotesi di spiegazione
al riguardo. Considerando che la testimonianza di Stesimbroto appare essere una citazione ‘letterale’
l’epitafio pronunciato da Pericle nell’inverno 431/0, in cui lo statista afferma che la
ricompensa per i caduti per la patria sarà l’ageron epainos e un taphos episemotatos
(Thuc. II 43, 2).126 Il tono delle sezioni consolatorie dell’epitafio del 431/0, che nontenta di negare o minimizzare il dolore dei parenti con richiami ad una qualche ‘im-mortalità’ consolatoria (esemplare Thuc. II 44, 2), appare anch’esso opposto allaspavalda eroizzazione dei caduti proposta nel logos samio. Perché questa diffe-
renza?127 Si può pensare che essa rifletta una evoluzione di Pericle, che, dopo i pro-
cessi per empietà che colpiscono il suo entourage negli anni ‘30, si comporta con cau-tela nei riferimenti all’ambito religioso, evitando trovate retoriche atte a suscitare ir-ritazione. Ma è pure possibile che l’insistenza del logos epitaphios del 439 sull’im-
mortalità dei caduti e su una loro equiparazione agli dèi (qualcosa, ripeto, peculiare
rispetto al Pericle ‘laico’ che conosciamo altrove) sia stato una sorta di tentativo di
occultare, con la athanasia sillogisticamente dimostrata, quel paradosso logico che
è la morte del cittadino in guerra.128 Si tratterebbe, insomma, di una reazione al
clima di tensione e alle voci critiche sui costi della campagna samia (in termini di
denaro pubblico e di ‘corpi di cittadini’) che sono il retroterra delle frasi periclee in
Plut. Per. 27, 1 e Per. 28, 7.
5.1. La replica di Elpinice: Pericle è responsabile della morte di ‘molti e valenti cittadini’
E, in effetti, al vanto di Pericle in Plut. Per. 28, 7 (risposta alle critiche implicite in
Per. 27, 1), e all’occultamento della morte dei caduti a Samo attraverso la loro van-
tata athanasia, non mancarono repliche anche dopo la vittoriosa conclusione della
campagna. Lo rivela un episodio riferito ancora da Plutarco: dopo che Pericle ha
pronunciato il logos epitaphios per i caduti ed è sceso dalla tribuna (pochi minuti
dopo aver pronunciato le parole riportate da Stesimbroto di Taso in FGrHist 107
F 9),
GIANFRANCO MOSCONI600
del discorso per i caduti a Samo, osserviamo che non appare lecito neppure attribuire la differenza fra
i due logoi epitaphioi alla penna di Tucidide nel riportare (riscrivere, come vorrebbero alcuni) il logos
epitaphios del 431: se Pericle avesse menzionato l’athanasia dei caduti anche nel 431/0, non si vede per-
ché Tucidide avrebbe dovuto omettere tale elemento in un testo che, invece, conserva molte altre af-
fermazioni esplicitamente ‘controcorrente’ (ad es. Thuc. II 37, 1; 39, 1; 41, 1) e si presenta come ‘con-
trocorrente’ fin dall’inizio rispetto alle regole del genere logos epitaphios (Thuc. II 35, 1 e 3; 36, 4). 126 Cfr. anche Thuc. II 35, 1: si parla solo delle timai per la sepoltura a spese pubbliche. Sulla stessa
linea in genere la tradizione dei logoi epitaphioi ateniesi: vd. Loraux, L’invention d’Athènes, cit., 113-118.
Così, nell’epitaphios di Lisia, si ribadisce la natura mortale dei caduti, e il dolore per i parenti; «im-
mortale» è il loro ricordo, «che non invecchia»; non immortali, sono celebrati nei canti come immor-
tali per il loro valore; la loro assimilazione agli dei si limita agli onori che ricevono, come gli agones
(Lys. 2, 79-81). Cfr. la netta negazione dell’immortalità dei caduti in Pl. Menex. 247d, 5-6.127 Non è l’unica differenza fra l’epitafio del 439 e quello del 431: vd. A.B. Bosworth, The Historical
Context of Thucydides’ Funeral Oration, JHS 120, 2000, 1-16, partic. 3-4.128 Cfr. Pericle, la guerra, la democrazia, § 5: nella morte del cittadino in guerra si manifesta la mas-
sima tensione fra le esigenze del pubblico (per cui qualcuno deve sacrificarsi per il bene comune) e
quelle del privato, che morendo rinuncia alla propria stessa esistenza e a quei benefici per i quali com-
batte.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
«mentre tutte le altre donne gli stringono la destra e gli cingono il capo di corone e nastri
come un atleta vincitore,129 Elpinice130 si accosta a Pericle e gli dice [6]: “Che ammirevoli im-
prese, o Pericle, e degne di corone! Ci hai portato alla morte tanti valorosi cittadini [P0�143//3ˆ6 .%Ú A'%,3ˆ6 A4@/)7%6 43/$8%6], non per combattere contro i Fenici o contro i
Medi, come mio fratello Cimone, ma per assoggettare una polis alleata e appartenente alla
nostra stessa stirpe”». (Plut. Per. 28, 5-6).
In relazione alla frase attribuita ad Elpinice in Per. 28, 6, non è una ipotesi azzar-
data che fonte della notizia sia proprio Ione di Chio,131 attraverso le sue Epidemiai:132
egli viene citato subito appresso in Per. 28, 7 proprio per una frase di Pericle pro-
nunciata dopo la vittoria su Samo, e quindi nello stesso contesto temporale dell’e-
pisodio di Elpinice;133 Ione è autore ben introdotto nella cerchia cimoniana (Plut.
Cim. 9, 1; cfr. 5, 3), a Cimone favorevole e ostile a Pericle come avviene nella frase
di Elpinice (in un caso mette i due ad esplicito confronto: Plut. Per. 5, 3);134 a lui si
deve anche memoria di un logos pubblicamente pronunciato da Cimone (Plut. Cim.
16, 10), come pubblica fu la frase della sorella di Cimone.135 Meno probabile è la
601
129 L’immagine si inserisce nella tradizionale rappresentazione della guerra come scontro agonale
(su cui cfr. supra, § 1): non a caso è usata da Plutarco per Cimone vittorioso all’Eurimedonte (Cim.
13, 3). 130 Sulla figura di Elpinice J.K. Davies, Athenian Propertied Families (600-300 B.C.), Oxford 1971, 302 s.;
C. Mossé, Stratégies matrimoniales et fonctionnement de la vie politique à Athènes (Ve-IVme siècles), in J. An-
dreau - H. Bruhns (éd.), Parenté et stratégies familiales dans l’antiquité romaine, Actes de la table ronde,
Paris, 2-4 octobre 1986, Roma 1990, 545-554; ora U. Bultrighini, Cimone, sua sorella, in U. Bultrighini - E.
Dimauro (a cura di), Donne che contano nella storia greca, Lanciano 2014, 441-528, con imprenscidibile
analisi del ruolo politico di Elpinice, specie negli anni ’60 e ’50 del V sec. a.C. (e dell’atteggiamento,
ostile, di Plutarco al riguardo); vd. in partic. 471-473 sulla frase di Elpinice in Plut. Per. 28, 6, di cui si
sottolinea la «più che probabile storicità» (472).131 Il passo è compreso nelle raccolte dei frr. di Ione di Chio: vd. FGrHist 392 F 16 e fr. 110 Leurini2.
Ancora per l’attribuzione a Ione di Chio vd. Federico, Syngeneia, cit., 210 ss. (forse troppo audaci le de-
duzioni circa l’atteggiamento di Ione verso la politica estera ateniese ricavate da questa attribuzione,
pur sempre ipotetica: vd. in particolare 213 e 217). 132 Nelle Epidemiai si è visto il canale letterario attraverso cui Ione diede espressione al suo dissenso
verso l’imperialismo ateniese nei confronti degli alleati portato avanti da Pericle: così Federico, Synge-
neia, cit., 195-196 e ss. Non è un caso se l’idea espressa da Elpinice, che i ‘naturali avversari’ di Atene
dovessero essere i barbari e non gli altri Greci, compresi gli alleati subordinati alla hegemonia ateniese,
ricorre in più luoghi della Vita Cimonis plutarchea: vd. in particolare Plut. Cim. 18, 3 (Cimone volevache gli Ateniesi «ricavassero legittimi proventi con l’importazione in Grecia di ricchezze tolte ai loronaturali nemici»); sul significato ideologico del passo Federico, Syngeneia, cit., 199-200. Sulle Epidemiai,L. Leurini, Le ������ di Ione di Chio, AFLC 43, 1985, 5-13; cfr. G. Huxley, Ion of Chius, GRBS 6,1985, 29-64.
133 Se Plut. Per. 28, 7 è frase dal logos epitaphios per i caduti a Samo (vd. supra § 1.2, n. 44), allora lafrase di Pericle precederebbe di poche decine di minuti la replica di Elpinice.
134 Per i rapporti fra Cimone e Ione: L. Piccirilli, Cimone in Ione di Chio, QS 49, 1999, 267-271; inqua-dramento sull’atteggiamento complessivo di Ione di Chio verso Pericle in Banfi, Pericle nel pensiero an-
tico, cit., 65-71. È stato ipotizzato che i motivi di contrasto fra Pericle e Ione di Chio fossero anche dicarattere personale: vd. Cataldi, Filosofi e politici, cit., 102 e n. 48 (con rimando a Telecl. fr. 18 K.-A. +Ion fr. 94 Leurini2).
135 Una ulteriore conferma della vivacità del dibattito relativo alla guerra di Samo, e dell’attenzione
conservazione attraverso Stesimbroto di Taso, il cui atteggiamento verso Cimone èmeno univoco, se non ostile (cfr. Plut. Cim. 4, 5 e Them. 2, 4).136
Un ulteriore elemento rafforza l’attribuzione della frase ad un livello di pieno Vsec.: il fatto che vi si utilizzi il termine Medoi e non Persai; ciò è in accordo con l’usoprevalente di Medoi per designare i Persiani fino agli anni ‘70 del V sec., uso che siconserva però in modo consistente ancora fino alla metà dello stesso secolo,137 finoad essere soppiantato da Persai (come si può riscontrare, ad es., in Tucidide, a parteche nei riferimenti a ta Medika su cui vd. subito appresso); ciò conferma l’attribu-zione della frase di Elpinice al V sec. (cioè ad Elpinice stessa). Ci si potrebbe chiedereallora perché, ancora nel 439, Elpinice utilizzi appunto Medoi e non Persai. Ma pro-
prio l’uso di questo termine costituisce ulteriore indizio di una frase effettivamente
riconducibile ad Elpinice: l’uso di Medoi può giustificarsi come la conservazione di
un’abitudine linguistica acquisita decenni prima da parte della ormai vecchia Elpi-
nice (doveva essere poco più giovane di Cimone, quindi nata poco dopo il 510: vd.Plut. Cim. 4, 4); né si deve escludere che vi sia un voluto richiamo alla tradizionedelle prime guerre anti-persiane (fra 490 e 480), che saranno sempre definite, tradi-zionalmente, come ta Medika.138 Che proprio in una frase attribuita ad Elpinice e pro-
GIANFRANCO MOSCONI602
dello ionico Ione a tale vicenda, è data dal fatto che anche il dramma satiresco Omphale di Ione di Chio(frr. 22-38 Leurini2) è stato ricollegato alle critiche contro Pericle suscitate dalla guerra di Samo: vd. Ca-taldi, Filosofi e politici, cit., 104.
136 Poiché Stesimbroto è citato da Plut. Cim. 14, 3-5 = FGrHist 107 F 5 per l’episodio di Elpiniceche supplica Pericle di non far processare Cimone, alcuni studiosi hanno ritenuto Stesimbroto fontedi tutte le notizie di Plutarco su Elpinice: vd. S. Accame, Stesimbroto di Taso e la Pace di Callia, MGR8, Roma, 1982, 125-152, partic. 128; S. Cagnazzi, Stesimbroto fonte di Plutarco, in Ead., Tendenze politi-
che ad Atene. L’espansione in Sicilia dal 458 al 415 a.C., Bari 1990, 109-121, partic. 117; cfr. Bultrighini, Ci-
mone, sua sorella, cit., 469 e n. 38 (su Stesimbroto fonte di Plut. Per. 28, 4-7) e 484-491 (per una com-plessiva – e condivisibile – valutazione positiva di Stesimbroto come fonte). Bultrighini, art. cit., 488
s., rileva che obiettivo di Stesimbroto è comunque «colpire e denigrare Pericle», non Cimone che èsolo una figura di contorno, e tale obiettivo è raggiunto mostrando che «Pericle trattava non con ilpresunto grande avversario politico Cimone, ma con una donna». Questo è vero; ma l’episodio inPlut. Cim. 14, 3-5, mostrando una situazione in cui Cimone deve la sua salvezza politica ad unadonna, che si muove con scandalosa libertà, ben si adatta all’atteggiamento critico di Stesimbroto
verso Cimone e la sua pochezza intellettuale, noto ad es. da Plut. Cim. 4, 5 (cfr. Bultrighini, art. cit.,
489 n. 83) e insieme risulta utile a dipingere un Pericle donnaiolo (Accame, Stesimbroto, cit., 128, col-
lega FGrHist 107 F 5 a Plut. Per. 13, 15, sulle accuse a Pericle di avere rapporti con donne di condi-
zione libera). Viceversa, l’Elpinice di Per. 28, 7 è in una luce positiva, nel propugnare la lotta controi Persiani e nel rigettare l’imperialismo ateniese, e le sue parole presentano l’opera di Cimone comerivolta solo contro i barbari, là dove lo stesso Cimone aveva represso la rivolta della ionica e sygge-
nes Taso: Stesimbroto, che veniva da Taso, non avrebbe avuto interesse a riportare una frase che in-
vece, ‘dimenticando’ la repressione di Taso, poneva l’azione politica cimoniana in una luce assolu-
tamente positiva. 137 Cfr. D.F. Graf, Medism: the Origin and Significance of the Term, JHS 104, 1984, 15-30, partic. 19.138 Così Graf, Medism, cit., 19: dopo il 450 ca. «‘Mede’ as an idiomatic term was normally part of
the fossilized and stock language reserved for allusions to, and descriptions of, the earlier period ofconflict with Persia»; sull’uso di ta Medika come termine standard per le ‘guerre persiane’ vd. ibid., 19-20. Per l’uso di Medoi e Persai nelle fonti di V sec. esemplare è Thuc. I 14, 2 (ta Medika indica le guerrepersiane e nella stessa frase si dice che Dario �)57�1 H&%7$/)9)). I Medoi sono quelli del 490-480 an-
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
nunciata ben dopo il 450 sia usato Medoi appare ancor più notevole considerando
che, dopo il 470, gli usi di Medoi per i ‘Persiani’ risultano spesso legati alla celebra-
zione o commemorazione di imprese cimoniane: come fa Simonide sia per i Persiani
sconfitti da Cimone all’Eurimedonte (FGE, 46 Page = AP. VII 258) sia per quelli at-
taccati da Cimone a Cipro nel 451 (FGE, 45 Page; cfr. Diod. XI 62, 3 e Aesch. 3, 183).139
L’affermazione di Elpinice è efficace sul piano concettuale e retorico, perché col-pisce proprio l’aspetto più qualificante della strategia periclea: il risparmio di corpi
dei cittadini. Elpinice ritorce contro Pericle proprio il concetto (da lui propagandato
mesi prima) che le vite dei cittadini abbiano grande valore e debbano perciò essere
trattate con attenzione (si noti il dativo etico P0�1), e nello stesso tempo sposta ac-
cortamente i termini del confronto: il risparmio delle vite dei cittadini viene sì chia-mato in causa, ma non come valore in sé; esso infatti viene contrapposto da Elpi-
nice non al dispendio di tempo e denaro in guerra, in qualsiasi guerra (come fa Pe-
ricle), bensì ad una specifica tipologia di guerra, quella contro una polis140 greca, la-sciando intendere che la guerra contro il barbaro, essa sì, giustificherebbe il di-spendio di vite di cittadini.141 Ora, lo stesso Cimone aveva subito accuse per le con-sistenti perdite provocate dalle sue campagne antipersiane (lo mostra Arist. Ath.resp. 26, 1, che mostra l’esistenza di una vivace polemica sulle perdite umane inguerra),142 per cui il tema dei ‘caduti in guerra’ coinvolgeva tanto Pericle quanto Ci-mone; però, Elpinice, proprio ricollegandosi con grande abilità al vanto di Pericle
sul risparmio dei corpi nell’assedio di Samo (= Plut. Per. 27, 1), differenzia la gravità
delle morti di cittadini ateniesi in guerra sulla base del criterio non del loro numero,
ma del nemico contro cui si combatte. Criterio che ovviamente gioca a favore delle
campagne di Cimone, condotte appunto «contro i Medi e i Fenici» da lei ricordati.143
603
che quando ormai si usa correntemente Persai: vd. ad es. Thuc. III 62, 1-2; cfr. C.J. Tuplin, Medism and
its causes, «Transeuphratene» 13, 1997, 155-185.139 Esempi in Graf, Medism, cit., 19, che ricorda però anche l’uso di Medoi in Meiggs-Lewis, Greek
Historical Inscriptions, I, cit., nr. 34 (scontri fra navi ateniesi e Persiani in Egitto) e nr. 40 (esuli da Eritre
accolti dai Persiani). Utilizzi di Medoi nella seconda metà del V sec. (Ar. eq. 478; pax 105; thesm. 337) si
riferiscono ad una collaborazione coi Persiani: un uso politicamente connotato, che evoca situazioni
del periodo 490-470 ca. (cfr. Tuplin, Medism, cit., 156-162). 140 Forse, nella frase di Elpinice, è voluto anche il gioco lessicale fra politai (di Atene) e polis (di
Samo), tutti vittime della rovinosa politica di Pericle. 141 Cfr. Federico, Syngeneia, cit., 211: la differenza rimarcata da Elpinice non sta «nella responsabilità
di aver mandato a morte molti Ateniesi […] ma nel tipo di guerra rispettivamente condotto». Federico
arriva alla stessa analisi qui proposta pur non occupandosi affatto delle scelte periclee sul ‘risparmio
dei corpi’ a Samo: il che è una conferma.142 Ampia analisi in C. Bearzot, Cimone, il disastro di Drabesco e la svolta democratica del 462/1. A pro-
posito di Aristotele, AP, 27, 1 [in realtà 26, 1], AncSoc 25, 1994, 19-31; cfr. ora Bultrighini, Cimone, sua so-
rella, cit., 515 s. 143 Vd. ad es. Plut. Cim. 18, 1: la campagna condotta nel 451 da Cimone contro Egitto e Cipro (Medi
e Fenici, appunto) è un modo per indirizzare l’impegno militare ateniese contro i barbaroi «nemici per
natura», piuttosto che contro altri Greci. Federico, Syngeneia, cit., 215, ipotizza che questo passo sia de-
rivato anch’esso da Ione e presupponga le vicende di Samo; di certo, la frase di Elpinice si accorda con
il modo in cui Cimone e/o i suoi presentavano le proprie scelte di politica estera. Non è forse un caso
In realtà, vantando i suoi successi sui Samii, era stato involontariamente lo stesso
Pericle ad evocare l’opposizione ‘guerra contro Greci vs. guerra contro i barbari’,
centrale nel giudizio di Elpinice. Appunto per celebrare la rapidità della propria
campagna samia, infatti, Pericle aveva giocato sulla contrapposizione fra la propria
vittoria, ottenuta su «i primi e più potenti degli Ionii» e quella conseguita da Aga-
mennone sui Troiani, barbari e quindi militarmente più deboli: ma lo aveva fatto
senza un giudizio morale sui due tipi di guerra, in una prospettiva ‘tecnica’ (il
tempo necessario ad una guerra è proporzionale alla potenza dell’avversario; anche
in una guerra offensiva, è lecito combattere contro ogni avversario, barbaro o greco
che sia); Elpinice rovescia anche sotto questo aspetto la valutazione proposta da Pe-
ricle, dando maggior valore alla guerra sui barbari che a quella sui syggeneis Samii144
(in una prospettiva che tiene conto della liceità delle guerre, se offensive, a seconda
di chi sia oggetto dell’attacco).145 Insomma: le motivazioni di Pericle durante la
campagna samia in Plut. Per. 27, 1, la sua vanteria a campagna conclusa in Per. 28, 7,
la (immediata?) replica di Elpinice in Per. 27, 6 (che risponde insieme a Per. 27, 1 e 28,
7) sono concettualmente connesse, in un modo così coerente e così sottile che non
paiono essere invenzione aneddotica.
5.2. La vuota risposta di Pericle ad Elpinice e ulteriori repliche di Pericle a Elpinice
(o ad argomentazioni analoghe)
L’affondo di Elpinice è così efficace che Pericle avrebbe risposto ricorrendo ad un
debolissimo argumentum ad hominem sulla vecchiaia della donna: «Alle parole di El-
pinice, si dice che Pericle, sorridendo tranquillo, abbia replicato con il verso di Ar-
chiloco: “Visto che sei vecchia, non dovresti ungerti di profumi”» (Plut. Per. 28, 7;
Archil. fr. 27 D. = 205 W).
La dura (ma generica) risposta di Pericle riecheggia quella, di tono e contenuto
analogo, con cui Pericle aveva congedato Elpinice in occasione del processo dopo la
GIANFRANCO MOSCONI604
che la stessa contrapposizione fra i trofei eretti vincendo sui barbari e quelli eretti vincendo su Greci
si ritrova nell’Epitaphios di Gorgia (fr. 82 B 5b D.-K. apud Philostr. VS I 9, 5): un testo pronunciato per
un pubblico ateniese da un autore vicino alla cerchia cimoniana (vd. fr. 20 D.-K. apud Plut. Cim. 10). 144 Sui temi della symmachia e della syggeneia centrali nelle parole di Elpinice, e sulla polemica degli
ambienti cimoniani contro la gestione periclea dell’egemonia ateniese che si coglie nella testimo-
nianza di Ione vd. Federico, Syngeneia, cit., 210-215 (partic. 214, con rimando a Plut. Cim. 6, 2 sulla mi-
tezza di Cimone verso gli altri greci dell’alleanza antipersiana).145 Pericle si era imposto sulla scena politica proprio accusando Cimone in occasione delle sue
euthynai come stratego nella guerra contro Taso (così Arist. Ath. Resp. 27, 1, che lascia pensare ad ac-
cuse sulla conduzione della campagna; in Plut. Cim. 14, 3 si afferma che Cimone, che non aveva attac-
cato la Macedonia, sarebbe stato accusato di essere stato perciò corrotto da Alessandro I: ma è possi-
bile che la corruzione fosse un sospetto, e che l’accusa fosse limitata alle scelte di carattere militare);
inoltre, secondo Stesimbroto di Taso, la stessa Elpinice aveva tentato di dissuadere Pericle dal portare
Cimone in tribunale, senza che Pericle accogliesse la sua richiesta, almeno esplicitamente (Cim. 14, 5
= FGrHist 107 F 5). Così, criticando Pericle come stratego, Elpinice vendicava il fratello sullo stesso ter-
reno su cui Pericle aveva contestato Cimone e nello stesso tempo vendicava se stessa per l’affronto su-
bito da Pericle oltre vent’anni prima.
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
campagna di Taso: secondo Stesimbroto, alle richieste di Elpinice, Pericle «sorri-
dendo le disse: “sei vecchia, Elpinice, vecchia, per trattare affari così importanti”»(Cim. 14, 5 = FGrHist 107 F 5; anche in Per. 10, 6, senza indicazione della fonte)146. Inentrambi gli episodi Pericle risponde «sorridendo» e richiama la vecchiaia comecondizione che sconsiglia quanto Elpinice sta facendo. Qui la genericità di conte-nuto e la scarsa contestualità autorizzano scetticismo sulla storicità della citazione,che pare una invenzione almeno in uno dei due casi147: vista la menzione di Ste-simbroto come fonte in Cim. 14, 5, è verosimile che la risposta di Pericle in Per. 28,7 sia derivata da quella, e sia solo il modo con cui Plutarco o la sua fonte riusciva alasciare allo statista l’ultima parola.148 Ma anche se si trattasse di una invenzione,questo stesso fatto, mostrando che risposta non vi fu o non si conservò, rivelerebbe
una effettiva difficoltà di Pericle a replicare sul punto richiamato dalla sua pubblicaaccusatrice.149
605
146 La battuta sulla ‘vecchiaia’ di Elpinice potrebbe collegarsi alla voce secondo cui «Pericle rice-vette, come compenso per aver fatto rimpatriare Cimone [dopo l’ostracismo], l’andare a letto con El-pinice» (Ath. XIII 589f; una versione più ‘casta’ del ruolo di Elpinice nel richiamo di Cimone in patriain Plut. Per. 10, 5). Dicendo ‘Sei vecchia’, Pericle (o il personaggio ‘Pericle’ creato dalla tradizione) negache Elpinice possa usare la seduzione femminile per i suoi obiettivi politici. Su FGrHist 107 F 5: G. Va-notti, Plutarco ‘lettore’ di Stesimbroto di Taso. (Nota a FGrHist 107/1002 F 5 = Plutarco, Cimone XIV), inL. Gazzano - G. Ottone - L. Santi Amantini (a cura di), ‘Ex fragmentis per fragmenta historiam tra-dere’, Atti della seconda giornata di studio sulla storiografia greca frammentaria, Genova 8 ottobre2009, Tivoli (Roma), 2011, 61-87; vd. ora Bultrighini, Cimone, sua sorella, cit., 446-460, il quale propone,persuasivamente, che la sprezzante risposta di Pericle in Plut. Cim. 14, 5 sia stata inventata e diffusa adarte dallo stesso Pericle, per troncare, dopo il suo voltafaccia al processo contro Cimone, ogni sospettosu un suo cedimento alla seduzione di Elpinice.
147 Cfr. Davies, Athenian Propertied Families, cit., 303, «dittography or adaptation must be presumed». 148 Così anche Bultrighini, Cimone, sua sorella, cit., 457-458 e 466-473, il quale osserva come, in Per.
28, 7, «la testimonianza implica […] il sostanziale silenzio di Pericle» (470) e attribuisce il riutilizzo dellafrase archilochea per l’episodio del 439 a.C., riutilizzo fatto «in modo improprio e strumentale» (457),proprio alla volontà di Plutarco, che opera una «difesa d’ufficio di Pericle messo alle strette da unadonna» (472). Tuttavia sarebbe sempre possibile ipotizzare (ma questa valga come mera ipotesi) chedavvero, a distanza di quasi vent’anni, Pericle abbia riutilizzato – provocatoriamente – la medesima re-plica, ancora più efficace sul piano personale visto che ormai, nel 439, Elpinice aveva quasi set-tant’anni. Del resto, non rispondere sul punto significa non riconoscere legittimità all’interlocutore:cosa che non sorprende, essendo Elpinice una donna, tenuta al silenzio. È infatti il silenzio che reca‘ornamento’ ad una donna, proclama a Tecmessa l’Aiace di Sofocle (Aiax 293); alla luce del passo sofo-cleo, si comprende meglio il senso del verso citato da Pericle: Elpinice, invece del silenzio, usa comeornamento (‘profumi’) inopportune parole. In ogni caso, anche se Pericle avesse effettivamente riuti-lizzato la frase di vent’anni prima, ciò mostrerebbe che, sul punto, non aveva argomenti da opporre.
149 Cfr. Bultrighini, Cimone, sua sorella, cit., 472: Pericle viene rappresentato come incapace di repli-
care (per Bultrighini, la fonte ostile a Pericle è Stesimobroto, là dove chi scrive propende per Ione: maciò non muta il punto centrale, che Pericle appare ‘sconfitto’ dalla critica di Elpinice). Vd. pure F. Mat-
taliano, Donne e drammi in politica tra Grecia e Roma, «≈5036. Ricerche di storia antica», n.s. 3, 2011, 77-
104, partic. 89: Pericle appare «preoccupato di sottrarsi a un confronto verbale potenzialmente dan-
noso per la sua immagine pubblica»; la sua immagine, qui, risulta «artificiosa e stereotipata» (la Mat-
taliano attribuisce l’atteggiamento di Pericle al fatto che Elpinice era compromessa da numerosi scan-
dali; piuttosto, la reazione si spiega perché essa coglieva nel segno).
Elpinice e Thuc. II 45, 2: una notazione. Proprio la conclusione di questo episodio, con un Pe-
ricle privo di una vera risposta, illumina quell’invito alle donne «che ora saranno vedove» a
non far assolutamente parlare di sé, neppure «per il merito», invito che chiude l’Epitafio del
431.150 Se l’anonimato femminile è certo una concezione propria dell’ideologia civica, que-
sto non trova paralleli in questa forma negli altri logoi epitaphioi giuntici;151 nell’Epitafio del
431 Pericle non dà spazio ai sentimenti delle donne, mentre invece aveva tenuto in conto
quelli degli altri parenti dei caduti,152 così come ne tiene conto la frase a lui attribuita in Plut.
Per. 38, 4.153 Si potrebbe pensare che Pericle fosse stato ammaestrato dall’esperienza del 439,
in cui, una volta concluso il logos epitaphios per i caduti a Samo, si era ritrovato al centro di
due contrapposti fronti femminili, e che per questo, chiudendo in quel modo il discorso del
431, avesse voluto pubblicamente bloccare sul nascere ogni situazione simile ed evitare in
particolare interventi ostili da parte di donne parenti dei caduti;154 il fatto che Pericle non vo-
glia che si parli delle donne neppure «riguardo alla loro arete» si adatterebbe bene al fatto
che un intervento come quello di Elpinice sia stato biasimato da alcuni ma elogiato da parte
di chi ne condivideva il contenuto. Di certo, parlando nel 439 in occasione del logos epitaphios
(per una guerra così ‘innovativa’ come quella di Samo), Elpinice violava più di un tabù: l’in-
tervento in pubblico di una donna, tanto più ‘scandaloso’ avendo per oggetto il governo
della polis (sfera interdetta alle donne);155 la libera espressione del dolore e del lutto, in par-
ticolare femminile, per i caduti in guerra, che la polis greca si affanna a reprimere;156 l’uso
GIANFRANCO MOSCONI606
150 Thuc. II 45, 2: Pericle si rivolge alle mogli dei caduti. Le altre donne, «le parenti», sono menzio-
nate in Thuc. II 34, 4, come presenti (solo?) al momento della sepoltura, per le lamentazioni: cfr. N.
Loraux, Le madri in lutto, Laterza, Roma-Bari 1991 (trad. it. di Les mères en deuil, Paris 1990), 17 s. No-
tiamo, in Tucidide, il nesso gerarchizzante 8)Ö.%ÚÖ: la richiesta alle donne di non essere inferiori alla
loro natura è secondaria rispetto al non far parlare di sé. 151 Negli altri epitafi le vedove sono menzionate solo in quanto bisognose di futura assistenza e
cura: lo evidenzia Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 421, ad Thuc. II 45, 2, citando ad es. Lys. 2, 75, Pl.
Menex. 248c.152 Cfr. Fantasia, ibid., 419: «la brevissima sezione dedicata alle mogli dei caduti non solo è intro-
dotta quasi come una concessione alle esigenze del genere, ma non ha nulla di realmente consolato-
rio». Fantasia sottolinea la particolarità di questa condanna al silenzio in termini così netti, e la ricon-
duce ad atteggiamento di Tucidide (ibid., 419 s.). 153 Analisi in Pericle, la guerra, la democrazia, cit., § 3.2.154 L’idea è suggerita da A.B. Bosworth, Historical Context of Thucydides’ Funeral Oration, cit., 3; vd.
ora anche Bultrighini, Cimone, sua sorella, cit., 474-476: Thuc. ii 45, 2 potè essere, per Pericle, lasciato
senza risposta da Elpinice nel 439 a.C., quasi una sorta di «rivincita sulla rivale/interlocutrice (proba-
bilmente morta nel frattempo)». Osserva Fantasia (a cura di), Tucidide, cit., 421, ad Thuc. II 45, 2, che
l’invito all’anonimato femminile «si comprende meglio tenendo presente che esso è rivolto a donne di
status sociale elevato (i caduti del 431 sono essenzialmente i cavalieri periti a Frigia: cfr. 22. 2 […]) a cui
la condizione vedovile può conferire una posizione di maggiore indipendenza e visibilità e intorno alle
quali potrebbero nascere conflitti e tensioni». Pericle già nel 439 aveva dovuto fronteggiare, in Elpinice,
una donna ‘di status sociale elevato’ e di notevole ‘indipendenza e visibilità’: ragionevole che in Thuc.
II 45, 3 egli muova anche dall’esperienza concreta del 439. 155 Elpinice costituisce un’eccezione a quanto afferma Loraux, Le madri in lutto, cit., 28-30, secondo
cui le manifestazioni del lutto femminile per i caduti in guerra non hanno assunto mai un contenuto
‘politico’ o di protesta. 156 Una norma soloniana limitava le manifestazioni del lutto femminile (Plut. Sol. 12, 8; 21, 5-6). Vd.
Loraux, Le madri in lutto, cit., cap. II, 11-30 (partic. 27: «le manifestazioni del lutto non devono interfe-
rire sul funzionamento delle istituzioni politiche»). Cfr. P. Cartledge, The Silent Women of Thucydides:
PERICLE E IL BUON USO DEL CORPO DEL CITTADINO
del momento della sepoltura dei caduti (consacrato alla ricomposizione dell’unità civica)
per una contestazione politica proprio sulla validità di quelle morti.157
Il ‘botta e risposta’ fra Elpinice e Pericle dopo la guerra di Samo forse non finì
con la scialba risposta di Pericle conservata/inventata in Plut. Per. 28, 7: infatti due
detti periclei si collocano bene come controreplica al j’accuse di Elpinice (chiara-
mente tali detti potrebbero essere stati pronunciati in altri momenti ma sempre in
relazione ai fatti di Samo, come risposta a critiche analoghe).158
Il primo è la «frase di Pericle relativa ai Sami, che assomigliavano a bambini che
accettano un pezzetto di pane, e però piangono» (Arist. rhet. III 4, 1407a, 1). Impro-babile l’appartenenza al logos epitaphios, dato il tono ironico della similitudine, assaipoco adatto al tipo di discorso, per definizione solenne e magniloquente (vd. le iro-nie di Pl. Menex 234c-235c); è invece possibile che si tratti di una battuta pronunciata
proprio dopo la rampogna di Elpinice in Per. 28, 5-6, o comunque in risposta a cri-
tiche provenienti da ambienti ‘cimoniani’: una battuta che minimizzava la durezza
delle condizioni imposte ai Samii, mostrando che erano ingiustificate le lamentele
sulla repressione della rivolta (come quelle di Elpinice).159 Il secondo detto pericleo
che ‘risponde’ ad Elpinice è la definizione di Samo come «canale di scolo di Atene»
(aporyx tes poleos),160 poco consono al logos epitaphios per il tono sarcastico: la sygge-
neia che per Elpinice rendeva inaccettabile la guerra contro Samo viene degradata
ad un rapporto di derivazione, in cui i Samii non solo sono presentati come meri
discendenti degli Ateniesi (di per sé tenuti a prestare omaggio alla loro metropolis),
ma peggio ancora come loro ‘scarto’, ‘scolo’. Il che punta a giustificare la repres-
sione della rivolta e la perdita di cittadini ateniesi che Pericle si vantava di aver ri-
607
2.45.2 re-viewed, in R.M. Rosen - J. Farrell (Eds.), Nomodeiktes. Greek Studies in Honor of Martin Ostwald,
Ann Arbor 1993, 125-132.157 Anche in altri momenti questa donna, per la sua condizione sociale, aveva assunto una libertà
di manovra eccezionale per una donna ateniese della sua epoca: cfr. Plut. Cim. 4, 6 e 8 e 14, 5 (donna,
esce di casa, autonomamente dal fratello e dal marito, per recarsi alla dimora di un altro uomo, Peri-
cle, in occasione del processo per i fatti di Taso). Sul ruolo politico di Elpinice Bultrighini, Cimone, sua
sorella, cit. Del resto, Plutarco è interessato alle mulierum virtutes e al ruolo delle donne in politica: vd.
F. Le Corsu, Plutarque et les femmes dans les Vies parallèles, Paris 1981 (per Elpinice 34-53), e l’analisi ‘fun-
zionale’ di K. Blomqvist, From Olympias to Aretaphila. Women in Politics in Plutarch, in J. Mossman (Ed.),
Plutarch and his intellectual World, London 1997, 73-97.158 La guerra contro Samo fu un «salto di qualità» nel comportamento di Atene verso gli alleati (D.
Musti, Storia greca, Roma-Bari 1990, 353). Naturale che la polemica sia stata accesa e prolungata. 159 Lo nota Federico, ������ � �, cit., 109, che ipotizza però l’appartenenza della battuta al-
l’epitafio samio (108). 160 La frase è attribuita in Ath. iii 99d a Demade (fr. 28 De Falco), assieme ad altre due frasi di De-
made che riprendono massime periclee. In Phld. rh. I 181 S. la massima è attribuita a Pericle, con la
precisazione to palai (da cui si ricava che ci si riferiva alla derivazione dei Samii da Atene all’epoca della
colonizzazione ionica) ed è ricordata assieme a quella su Egina «cispa del Pireo». L’attribuzione a Pe-
ricle è in genere data per certa: vd. E. Poddighe, La questione samia tra Alessandro e Atene: “libertà dei
Greci”, QS 66, 2007, 29-54, partic. 29-31; Federico, ������ � �, cit., 110 (si attribuisce la frase al
logos epitaphios samio, cosa che invece appare improbabile per i motivi sopra illustrati nel testo).
dotto al minimo e che invece Elpinice, indifferente al problema in sé, stigmatizzava
perché ‘utilizzata’ per un cattivo fine.161
Università della [email protected]
Abstract
La strategia adottata da Pericle nel 431 a.C. è guidata anche dal principio generale di ridurre
al minimo rischi e perdite umane non necessarie, anche a costo di un maggiore dispendio
di denaro, di beni materiali, di tempo (come Pericle afferma in Thuc. I 143, 5). Questo prin-
cipio, espresso in diverse affermazioni attribuite a Pericle, ha applicazione effettiva in parti-
colare nell’assedio di Samo del 440-439 a.C. L’analisi di Plut. Per. 27-28 mostra la coerenza del
Pericle plutarcheo a Samo (attento alla limitazione del numero di caduti e al ruolo del de-
naro e del tempo in guerra) con il Pericle tucidideo e con l’ideologia democratica, e per-
mette di ricostruire (attraverso fonti coeve come Ione di Chio) un intenso dibattito suscitato
dall’impostazione strategica di Pericle, attraverso varie dichiarazioni pubbliche di Pericle e
della sorella di Cimone Elpinice.
Parole chiave: Pericle, Plutarco, Samo, guerra d’assedio, Elpinice
The military strategy chosen by Pericles in 431 B.C. was also determined by the general
principle of avoidance of unnecessary risks and casualties, even though this choice required
spending more money, goods, and time (as Pericles says in Thuc. I 143, 5). This principle,
shown in several statements attributed to Pericles, is particularly evident during the siege of
Samos (440-439 B.C.). The analysis of Plut. Per. 27-28 reveals how the strategic behaviour
of the Plutarchean Pericles at Samos (careful to limit casualties and waste of money and
time in warfare) is consistent with the Thucydidean Pericles as well as with the democratic
ideology of the time. Furthermore, it makes it possible to retrace a strong public discus-
sion about the Periclean strategic line (using contemporary sources like Ion of
Chios) through the public declarations by Pericles and Cimon’s sister, Elpinice.
Key-words: Pericles, Plutarch, Samos, siege warfare, Elpinice
GIANFRANCO MOSCONI608
161 Aristofane allude alla marchiatura a fuoco dei prigionieri samii nei Babilonesi (fr. 71 K.-A.), oltre
dieci anni dopo, probabilmente proprio per stigmatizzare il comportamento duro dei leaders ateniesi
verso gli alleati. Ulteriori tracce di polemiche attorno al comportamento di Pericle verso Samo si pos-
sono rintracciare nei tre frr. di Duride relativi alla guerra samia: FGrHist 76 FF 65, 66, 67 (il fr. 65 in-
colpa Aspasia per lo scoppio della guerra; il 66 menziona la marchiatura a fuoco dei prigionieri): in
particolare il fr. 67 (= Plut. Per. 28, 1-3) attribuisce a Pericle l’uccisione dei trierarchi e degli epibatai di
Samo. Della veridicità della notizia dubita già Plutarco, loc. cit., visto che «non ne ha fatto menzioneTucidide, né Eforo né Aristotele»; alcuni studiosi vedono comunque in questa tradizione non una ma-
levola invenzione duridea (come vorrebbe Plutarco), ma accuse rivolte a Pericle da oppositori interni
negli anni dell’immediato dopoguerra: cfr. al riguardo F. Landucci Gattinoni, Duride di Samo e l’impe-
rialismo ateniese, in Breglia - Lupi (a cura di), Da Elea a Samo, cit., 225-245, partic. 234.