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Campisano Editore Fare e disfare Studi sulla dispersione delle opere d’arte in Italia tra XVI e XIX secolo a cura di Loredana Lorizzo Saggi di storia dell’arte

Per una storia delle lotterie e delle vendite all’incantodi opere d’arte in Italia tra Cinque e Seicento, in Fare e disfare. Studi sulla dispersione delle opere d'arte in Italia

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Campisano Editore

Fare e disfareStudi sulla dispersione delle opere d’arte in Italia tra XVI e XIX secolo

a cura di Loredana Lorizzo

Saggi di storia dell’arte

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Progetto graficoGianni Trozzi

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In copertina,François Bunel II (attribuito),L’inventario della bottegadi un mercante d’arte, particolare,1590 ca., L’Aja, Maurithuis

Il volume è stato realizzato con ilcontributo del Dipartimento di Scienzedel Patrimonio Culturale / DISPAC

dell’Università degli Studi di Salerno

Il testo ha superato la procedura di accettazione per la pubblicazione basata su meccanismi di revisione soggetti a referees terzi.

Fare e disfareStudi sulla dispersione

delle opere d’arte in Italia tra XVI e XIX secolo

a cura diLoredana Lorizzo

introduzione diMario Alberto Pavone

Campisano Editore

I saggi contenuti in questo volume indagano aspetti della lunga storiadella dispersione del patrimonio artistico che, com’è noto, hainesorabilmente segnato la sorte delle grandi collezioni, così come ha influito sul formarsi di nuovi nuclei, con continui passaggi espostamenti da una dimora all’altra. Si è voluto quindi evocare questofrenetico tragitto di opere (pittoriche, scultoree, grafiche) attraverso unsingolare dipinto di area nordica che mostra, simbolicamente, ladiaspora dei pregiati oggetti. In questo caso essi, prosaicamente portatiin spalla dai facchini, escono dalla bottega di un mercante; una figuraspesso nodale per il complesso e variegato mondo che gli autori deisaggi hanno ricostruito, partendo sempre da casi specifici eripercorrendo il fenomeno tra Cinquecento e Ottocento, dal Nord al Sud della penisola italiana.A conclusione di questo lavoro, che ha visto la partecipazione di espertistudiosi e di giovani allievi dell’ateneo salernitano che hanno dedicatoall’argomento le loro tesi dottorali, desidero esprimere la miariconoscenza a Mario Alberto Pavone che, con generosità, ha volutocoinvolgermi in questa iniziativa da lui ideata; sono grata a Maria GiuliaAurigemma per i sempre lungimiranti consigli, a Francesca Cappellettiper la sua grande disponibilità, a Maria Celeste Cola, Natalia Gozzanoe Isabella Cecchini per aver discusso a lungo con me di lotterie edincanti. Ringrazio inoltre per il concreto sostegno generosamenteofferto il Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturaledell’Università degli Studi di Salerno e il direttore Mauro Menichetti,sempre attento alle esigenze e ai tempi della ricerca. Questo progettoeditoriale non avrebbe visto la luce senza l’interesse e la consuetaprofessionalità di Graziano Giovanni Campisano e Enrico D’Andrassi,ai quali va la mia più sincera gratitudine.

Loredana Lorizzo

p. 7 IntroduzioneMario Alberto Pavone

11 Collezioni private a Ferrara nel Seicento.Una ricerca in corsoFrancesca Cappelletti

23 A margine di una celebre dispersione.Nuovi commenti sui Camerini di Alfonso I d’Este: documenti e appunti sul trasferimento a Modena della decorazione della via Coperta (1598-1640)Barbara Ghelfi

35 I Baccanali di Bellini, Dosso e Tiziano nella collezioneAldobrandini: indiscrezioni di un diplomatico estenseCecilia Vicentini

45 ‘Galleria di pitture del Signor Cardinale Tommaso Ruffo’:presenza e significato nella città di FerraraRanieri Varese

65 Proposte in merito all'individuazione di alcuni dipinti della collezione ferrarese del cardinale RuffoTiziana Ferrara

75 Per una storia delle lotterie e delle vendite all’incantodi opere d’arte in Italia tra Cinque e SeicentoLoredana Lorizzo

87 Le collezioni dei Ruffo di Scilla tra la Calabria e NapoliAgatina M. A. Marino

Indice

115 La traccia iconografica come tramite di individuazione: il caso De MatteisValentina Lotoro

139 Fortuna e sfortuna del patrimonio pittorico umbro del Sei e Settecento tra l’età napoleonica e la fine dell’OttocentoCristina Galassi

163 Indice dei nomi

Gran parte della storia della dispersione delle collezioni d’arte traCinque e Sei cento è collegata al fenomeno del commercio artistico, chein questo periodo appare in crescente espan sione. All’aumento delleopere d’arte dispo nibili nei circuiti mercantili corrispose ben presto l’e-sigenza di met tere a punto nuove strategie di mercato e di sperimentaretecniche di vendita, spesso già utilizzate per altri tipi di merci. Si tenteràin questa sede di tracciare una breve storia delle vendite all’incanto edelle lotterie di opere d’arte in Italia attraverso alcuni esempi più omeno noti al fine di mostrare che tali pratiche furono in uso nel nostropaese tanto quanto nei Paesi Bassi e in Olanda, da sempre riconosciutedalla storiografia come antesignane di questo tipo di vendite 1.

Arte al lotto...

Nei Paesi Bassi la prima lotteria di oggetti artistici di cui abbiamonotizia si svolse a Bruges già all’inizio del XV secolo. In Olanda ne fu or -ga nizzata una ad Utrecht nel 1446. All’inizio sembra che questo tipo divendite fosse piuttosto occasionale e che non fossero ancora sottopostead una regolamentazione giuridica; ben presto però ne furono norma-lizzati i canoni ed esse entrarono a far parte della vita quotidiana dei cit-tadini, come mostra uno straordinario disegno del pittore olandeseWillem Buytewech datato intorno al 1620, ove è ritratta una piccola follaradunata di fronte ad un padiglione effimero allestito sulla piazza anti-stante la Nieuwe Kerk de L’Aja; al suo interno sono stati esposti i premidella lotteria mentre il banditore è intento a raccogliere i bollettini in unbussolo. Come si può notare dal disegno, i lotti erano composti soprat-tutto da suppellettili d’argento, armi, abiti, pietre preziose e gioielli,anche se non mancavano i quadri incorniciati, che ben si distinguonoappoggiati sullo sfondo (fig. 39a-b).

Per una storia delle lotterie e delle vendite all’incanto di opere d’arte in Italia tra Cinque e Seicento

Loredana Lorizzo

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76 Una xilografia colorata documenta una lotteria di suppellettili d’ar-gento indetta ad Amsterdam nel 1562 dalle autorità cittadine per finan-ziare la costruzione di un nuovo reparto dell’ospizio dei pazzi, che sisvolse tra il 14 e il 15 agosto (fig. 40). L’estrazione dei premi, come mo -stra un dipinto di Gilles Coignet conservato presso l’Historical Museumdi Amsterdam, avvenne di notte, al cospetto di molte persone nella piaz -za adiacente all’edificio, addobbata per l’occasione con un padiglioneeffimero decorato 2. Bisognerà attendere il 1559 per assistere alla primalotteria di quadri organizzata a Malines dal pittore di origine italianaClaude Dorizi, il quale ottenne dalle autorità cittadine di poter esporregli oggetti in casa propria per ben quindici mesi. I partecipanti avevanola possibilità di acquistare un biglietto d’ingresso che consentiva lorolibero accesso alla lotteria per tutto il tempo della sua durata3. Qualcheanno prima, nel 1550, ad Ancona il ben più noto pittore Lorenzo Lottoaveva organizzato una messa «al lotto e ventura» di trenta quadri di suaproprietà, per far fronte alle proprie difficoltà economiche. La lotteriaprevedeva l’abbinamento di ogni dipinto ad un numero che sarebbe poistato estratto a sorte. Il valore complessivo dei quadri calcolato dall’ar-tista doveva fruttargli un reddito di 400 scudi ma in realtà ne ricavò solo44, visto che riuscì ad aggiudicare appena sette tele, pur avendo vendu-to 884 biglietti, come egli stesso racconta nel Libro di spese diverse 4.

Un importante documento dimostra come la vendita al lotto di og -getti artistici non fosse una pratica utilizzata solo da privati ma che inItalia come nelle Fiandre essa aveva assunto ben presto una codificazio-ne precisa e che fu spesso utilizzata per la vendita delle grandi collezio-ni. Il 13 settembre 1570 una parte della prestigiosa raccolta del cardinaleRodolfo Pio da Carpi consistente in «statue libraria et anticaglie» fuimmessa sul mercato antiquario romano dai suoi eredi, oberati daidebiti, attraverso un «lotto» pubblico posto sotto l’amministrazionedel l’agente Antonio Benamati di Prato. Purtroppo non si sono conser-vati gli incartamenti che riguardano l’esito della lotteria e neppure l’e-lenco de gli oggetti in vendita. Si sa però che l’anno successivo, nel 1571,la licenza papale fu estesa a comprendere nel lotto anche denaro, inequivalenza di beni mobili, in modo da ottenere una sorta di modernacartolarizzazione dell’eredità, consistente nell’emissione di polizze delvalore di due giuli per un totale di 4000 scudi, garantiti attraverso unacedola bancaria 5.

Alcuni anni dopo, tra il 1639 e il 1641, si tentò di vendere a Roma unaparte della collezione del cardinale di Cremona Desiderio Scaglia attra-

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O77verso una lotteria pubblica. Settantadue dipinti provenienti dalla galle-

ria del defunto cardinale, in deposito in casa di un suo creditore, AntonFrancesco Farsetti, furono messi a lotto da un mercante di nome Lelio.A que sto scopo furono emesse 10 polizze contenenti ciascuna un nume-ro di quadri elencati «separatamente col nome, giusto prezzo di essi cal-culato il tutto col parere di diversi pittori». Ad esse dovevano corrispon-dere 400 biglietti, venduti a cinque scudi l’uno per un totale di 2000scudi. Nell’eventualità che parte dei lotti rimanessero invenduti sisarebbe diminuito il valore complessivo escludendo le polizze più alteper raggiungere la cifra di 1000 scudi. Significativamente, nell’intesta-zione del documento si precisa che il lotto doveva essere «della qualità,prezzo et autore che abasso sarà narrato, che si specifica, acciò ognunoche vorrà correre la sua fortuna sii certo non essere defraudato». Nellaparte conclusiva si annotava inoltre che «quelli che voranno favorire, ecorrer la fortuna al sopradetto Lotto, si haveranno da sottoscrivere nelpresente foglio, ò altro simile, dichiarando per quante polize voglionoparteciparci». Anche l’esito di questa lotteria rimane misterioso ma l’e-pisodio dimostra la validità di una prassi di vendita consolidata nel con-testo italiano 6.

Il pittore Nicolas Régnier, nativo di Maubege ma da molti anni resi-dente a Venezia, il 27 ottobre 1665 chiese al Consiglio dei Dieci di potercondurre una lotteria pubblica della sua «degna scielta di Pitture, checome gioie pretiose d’insigni, e celebri Sogetti vengono anche con par-ticolare diligenza da mè custodite, e conservate» 7. Le lotterie avevanouna lunga tradizione in Laguna tanto che il senatore Marin Sanudo nel1522 annotava nel suo diario: «La terra e tutto Rialto è pieno di lothi néad altro si atende» 8, segnalando come tra i premi vi fossero «zoè panide seda e di lana, quadri, fodre de più sorte, argenti numero grandissi-mo, e di belle cosse, perle grosse et belle zoie di più sorte, pater nostridi ambracan et fino un gato mamon vivo, cavalli, chinee etc fornide ettutto si mette a lotho» 9. Sembra però che, tra 1552 e 1711, ne fossero stateautorizzate solo sei 10.

Nello stesso anno di Régnier, tentò di avviare un lotto lo «strazzariol»Antonio del Pesce, che sottopose la sua richiesta al Consiglio dei Dieciil 17 aprile 1665 auspicando la vendita di duecento dipinti tra antichi emoderni. La lotteria non fu però autorizzata perché le opere furonoconsiderate dagli stimatori poco più che copie se non falsi 11. Lo stessoavvenne per la lotteria proposta dall’erede dell’antiquario e gioiellierefrancese Gilberto Budry che, come attestano le parole dell’agente medi-

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78 ceo Paolo Del Sera, offrì alla Serenissima solo opere: «tutte strazze, cioécopie, et cose finte antiche, non essendovi pure una testa, che sia buonaoriginale; io so che tutte (e sono una grandissima quantità) sono statestimate da due pittori ducati 1.500 in circa, ora [il genero di Budry] leapprezza ducati 60.000, dico sessantamila, dicendo haver pitture di tut-ti valent’homini che sono stati al mondo, ond’è divenuto la favola diVenetia, a risico di farsi tener per matto» 12.

Nel caso di Régnier il valore considerevole della collezione, apprez-zata dai conoscitori e dunque appetibile sul mercato, consentì ai Consi -glieri di approvarne la messa al lotto. L’artista, nella supplica conservatanell’Archivio di Stato di Venezia, conscio della difficoltà di ottenere dal-la lotteria l’esito sperato chiese, con straordinaria eleganza verbale, dipoter «trasportar l’essere della mia Casa sotto questo felicissimo Cielo»per procedere all’«aperta di un publico Lotto» indicando che «il repar-to delle gratie» ovvero dei lotti «sarà al numero di 65 come dall’acclusanotta si può vedere». Régnier, desideroso di dimostrare da straniero lasua devozione alla nazione che lo aveva ospitato, rassicurava così i con-siglieri che era sua intenzione investire il ricavato della lotteria «ne’publici depositi, che saranno aperti perche tutto offerisco ad’oggetto diconservare, et mantenere in essere la mia posterità sotto questo invittoDominio, verso il quale, come tengo consacrata la mia vita, così ancocon l’esborso del denaro presento generoso deposito, de miei più puriaveri». Il 22 dicembre 1665 il Consiglio, allettato dalla proposta, si accer -tò del valore dei dipinti giudicandoli «di stima et consideratione essen-do li detti delli più celebri autori antichi»; chiese comunque che primadi procedere fossero «fatte le stime delli detti quadri con strettà pontua-lità et inoltre rimossa ogni fraude ch’in ciò potesse esser fatta, così nellaqualità de quadri come nel numero de bollettini et in somma con ledovute circospetioni, che si ricercano et in particolare far che il danaroresti impiegato nei pubblici depositi».

Régnier, ad ulteriore conferma della sua onestà verso la Repubblica,presentò il 16 luglio 1666 una seconda supplica ove precisò di voler evi-tare che «queste pitture, che son gioie» finiscano «in luoghi esteri, comeseguirebbe con la vendita delle medesime» e quindi si dichiarò prontoa «metter li quadri ove mi sarà comandato et del prezzo, mi rimetto adogni più rigoroso esame del valore delle medesime [...] rimettendomianco al beneplacito di Vostra Eccellenza il battermi cinque per centodelle stime che fossero fatte» 13. Il 4 dicembre 1666 la lotteria finalmentefu eseguita, come dimostra il prezioso libretto a stampa che illustra gli

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O79Ordeni et regole stabilite dai Provveditori del Comune per il suo svolgi-

mento, ove è fissato il prezzo di ciascun bollettino in quindici lire e diecisoldi ciascuno, dispensato «alla Bottega in Rialto di D. Fran cesco diRossi Orefice all’Insegna di Sant’Alessandro» 14.

È evidente che la lotteria, per il suo stimato valore artistico ed econo-mico, fu prudentemente pilotata dal governo veneziano che ne auto-rizzò l’esecuzione solo dopo essersi assicurato, oltre al lecito svolgimen-to, il sicuro guadagno che ne avrebbe ricavato la Serenissima 15, seguen-do un criterio, avviato fin dal XIV secolo, che prevedeva la manipolazio-ne del gioco del lotto al fine di incrementare le entrate statali 16.

...e all’incanto

Un’altra procedura consueta per la dismissione delle collezioni eral’asta pubblica. Sappiamo che a Pisa sin dalla fine del Cinquecento esi-steva in centro città uno spazio chiamato «loggetta» destinato all’astadei beni mobili e immobili, fornito di un apposito banditore, dove sivendeva un po’ di tutto, dai tessuti ai mappamondi, dai gioielli ai librie, naturalmente, i quadri 17. A Firenze la situazione non era diversa 18,così come anche a Venezia il sistema era molto praticato 19: il proprieta-rio dei beni o il proponente dell’asta doveva qui registrarsi presso il tri-bunale della Giustizia Vecchia, dove gli veniva rilasciata una «bolletta»e un inventario degli oggetti in vendita. I luoghi destinati agli incantierano Rialto e San Marco 20. In Sicilia si assisteva a procedimenti simili;a Palermo, ad esempio, le aste si tenevano nella piazza della Loggia,precisamente all’interno della Loggia dei Genovesi ove «si fanno gl’in-canti, per vendersi gabelle ed altre cose d’importanza». Tra le aste piùrilevanti vi fu sicuramente quella dei beni di Emanuele Filiberto di Sa -voia, principe e viceré, morto di peste nell’estate del 1624 21; ma si ricor -dano anche quella dei beni del mercante fiorentino Peri Felice Rossetti,svoltasi il 3 ottobre 1620 sotto la sorveglianza del genero Anto nio dellaTorre, mercante genovese, e della vedova Onofria; o quel la dei beni didon Antonio d’Aragona e Moncada, duca di Montal to e principe diPaternò, eseguita il 21 luglio 1631, ove furono posti al pubblico incantotrecentotrenta dipinti 22.

Un documento del 16 marzo 1591 attesta che a Roma le «robbe levatedi casa» di un affittuario del fiammingo Pietro Vran furono da lui «subi-to portate in piazza per bandirle al più offerente» 23, comprovando unmetodo comune di alienazione dei beni, soprattutto in caso di debito.

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80 Tra gli acquirenti dei vari oggetti disponibili, tra i quali abiti e armi,compare anche l’antiquario Ippolito Vitelleschi, noto per la sua raccol-ta di statue antiche della quale tentò di entrare in possesso a più ripreseanche il cardinale Mazzarino 24; Vitelleschi scelse un ferraiolo usato,pagandolo tredici giuli e mezzo. Pur apparendo ai nostri occhi un com-portamento insolito, era in realtà piuttosto frequente per il ceto abbien-te ac quistare abiti di seconda mano. Ad esempio, nel 1630 monsignorAsca nio Filo marino, maestro di camera di Francesco Barberini, com-prò dall’ebreo Salomone Toscano un cappuccio di pelle di ermellinousato, acquistando contemporaneamente da altri mercanti sete, coramie tappeti preziosi 25.

Si metteva all’asta ogni sorta di oggetto e naturalmente i quadri nonfacevano eccezione. La pratica della vendita all’asta delle collezioni eraabbastanza comune. Nel 1593 a Roma vengono esitati in tal modo i benidel pittore Girolamo Muziano, attraverso il metodo dell’estinzione del-la candela vergine 26, incredibilmente in uso ancora oggi, come attestanoi vigenti articoli 73 e 74 del Regio decreto del 1924. I termini di aggiudi-cazione degli oggetti in vendita erano stabiliti dal battitore per il tempoche impiegava una candela vergine a consumarsi. Le aste duravano ingenere più giorni e venivano impiegate tante candele quanti erano i lottiin vendita. L’asta «a lume di candela» dei beni del principe di SulmonaFilippo de Lannoy, eseguita a Napoli per conto del tribunale dellaVicaria, durò dal 15 ottobre 1600 al gennaio del 1602, prevedendo quindiun grande dispendio di candele vergini. I registri compilati dai due ban-ditori ci restituiscono l’entità dei beni, tra i quali figurano dipinti, mobi-li intarsiati in avorio, diamanti e smeraldi, corniole, vasi in cristallo dirocca e diaspro orientale, candelabri in lapislazzulo, gioielli, tessuti rica-mati, apparati e armi 27. Esecutori materiali della vendita, che fruttò unintroito di quasi quindicimilanovecento ducati, furono i mercantiAndrea Saprio e Alessandro de Rossi, probabilmente le ga ti alla Vicaria,luogo tradizionalmente deputato alla vendita di dipinti. Nella tela attri-buita a Carlo Coppola e conservata nel Museo Nazio nale della Certosadi San Martino di Napoli, ove il tribunale è raffigurato nel suo assettoseicentesco (fig. 41a) si scorge infatti, sulla destra del portone dell’auste-ro palazzo, l’ingresso del negozio di un rivenditore di quadri, che haesposto la sua merce appendendola sul muro esterno. Si no tano cinquetondi con ritratti, due paesaggi, due quadri grandi di formato verticalecon figure e un avventore che sta per varcare la soglia della bottega (fig.41b). Nella piazza antistante la vita scorre, tra piccole risse, viaggiatori

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O81che smontano dalle carrozze, banchi del mercato e con dannati che

espiano la loro pena tra l’indifferenza generale, come il malcapitato chepende dalla forca issata all’ingresso, a monito perenne della funzioneche il tribunale è chiamato impietosamente a svolgere.

Come attestano altri resoconti di vendite recentemente rintracciati,fu rono alienate all’incanto molte delle più prestigiose raccolte d’artero mane. La quadreria del cardinale Alessandrino Michele Bonelli, adesem pio, fu alienata tra il febbraio e il maggio del 1599. Antonio PioBo nel li, nipote ed erede del cardinale, affidò la vendita al cugino Mi -chele Ghislieri che, a transazione avvenuta, gli versò la somma ricavatacon un pagamento presso il banco del Monte di Pietà. I di pin ti furonodivisi in diciotto lotti di varia consistenza numerica e qualitativa e furo-no aggiudicati ai maggiori esponenti del collezionismo romano, tra iquali il cardinale Benedetto Giustiniani e Asdrubale Mat tei. Dai docu-menti emerge inoltre che un gruppo di tele fu ceduto «per esecuzione»e «ad istanza», ossia secondo una richiesta fatta pervenire a una pub-blica autorità. L’indicazione lascia supporre che la collezione fosse sta-ta affidata alla gestione di un’autorità giudiziaria a probabile tutela deicreditori 28. Gli eredi spesso ricorrevano alla vendita all’asta dei beni deipropri cari sia per fare fronte ai debiti sia per evitare il rischio di unospoglio camerale, un procedimento che, dopo l’emissione della bolla diClemente VIII del 1596 cosiddetta dei Baroni, consentiva ai creditori ditutelarsi dando loro facoltà di rendere esecutivi i sequestri ordinati daigiudici ordinari e di provvedere alla vendita forzata delle proprietàmobili e immobili dei debitori. Il procedimento della vendita all’astapermetteva altresì di camuffare sotto spoglie legali vere e proprie ope-razioni di appropriazione di beni, acquisiti a prezzi molto inferiori alloro valore reale. In questo senso appare significativo seguire lo svolgi-mento delle aste dei beni del cardinale Francesco Maria del Monte edel cardinale Francesco Sforza di Santafiora, operazioni finanziarescaltramente condotte in porto dai Barberini, i quali riuscirono ad otte-nere a prezzi stracciati gran parte dei più importanti pezzi delle dueceleberrime collezioni.

Il resoconto dell’asta Del Monte, di cui ho potuto ricostruire lo svol -gimento grazie al rinvenimento del conto bancario dell’erede del car-dinale, monsignor Alessandro del Monte, vescovo di Gubbio, de po -sitato presso il Banco di Santo Spirito di Roma, è significativo. Il pro-cedimento di vendita, che Alessandro del Monte fu costretto ad intra-prendere per estinguere i numerosi debiti contratti dallo zio, durò dal-

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82 l’ottobre 1626 al maggio 1628. I lotti furono esposti nel giardino dellaresidenza che il cardinale possedeva in via di Ripetta e la vendita fugestita dal Banco di Santo Spirito 29. Le opere più significative furonoaggiudicate ai tre fratelli Barberini, i cardinali Antonio e Francesco, eTaddeo; a più riprese i nipoti del pontefice acquistarono dipinti di Ca -ra vaggio come la Santa Caterina (Madrid, Museo Thyssen Borne misza),i Bari (Forth Worth, Kimbell Art Museum) (fig. 42) e il Suonatore diliuto (New York, Me tro politan Museum), e i più importanti pezzi anti-chi, come il famoso vaso attico di vetro con cammei bianchi dettoPortland (Lon dra, British Museum). Quel che restava della collezionefu spartita tra i principali membri della famiglia pontificia, comeCassiano del Pozzo e monsignor Prospero Fagnani, che funsero proba-bilmente da prestanome dei Bar be rini; si aggiunsero eminenti perso-naggi della curia, come il cardinale Carlo Emanuele Pio di Savoia e ilcardinale Scipione Borghe se, a dimostrazione che la vendita Del Mon -te fu compiuta sotto la sorveglianza di Urbano VIII e assunse un fortevalore politico, segnando la fine di un’epoca. Dall’elenco riportato nellibro contabile di Francesco Barberini, dove sono enumerate le ventot-to tele provenienti dall’asta delmontiana, si ricava che il costo di ognipezzo, di cui è riferito sia il valore di stima sia il prezzo effettivamentepagato dal cardinale, subì un forte ribasso, dal 30 fino al 75 per centodel valore, che corrisponde ad una svalutazione media del prezzo ini-ziale stimato dai periti pari al 61 per cento. Tra i compratori si segnalala presenza di monsignor Ascanio Filoma ri no che acquistò all’incantodue lotti nel 1628: un crocifisso d’argento e un quadro raffigurante SanFrancesco, originale del Caravaggio, pagato settanta scudi. Il dipintofu venduto il 25 maggio e il 30 maggio il Banco del Monte di Pietà, suordine di Filomarino, emise il pagamento a favore di Alessandro DelMonte. La somma fu versata sul suo conto al Banco di Santo Spirito il2 giugno di quell’anno. Parteciparono all’asta anche mercanti di pro-fessione come l’ebreo Simone Dell’Arpa che comprò «robbe» per po -co più di duemila scudi tra l’aprile e il dicembre del 1626 30, e un taleIppolito che propongo oggi d’identificare nel già menzionato collezio-nista Ippolito Vitelleschi il quale, appassionato frequentatore di aste, siaggiudicò quarantotto quadretti raffiguranti «Habiti di Nationi diver-se» per 30 scudi; essi corrispondono verosimilmente ad altrettante xilo -grafie tratte dal celebre volume di Cesare Vecellio, edito per la primavolta a Venezia nel 1590 e contenente raffigurazioni di uo mini e don nedi vari popoli e nazioni di ceti e classi sociali diverse (ad esempio le

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O83cortigiane veneziane), ritratti nei loro abiti e costumi caratteristici.

Il comportamento dei Barberini si fece ancora più sfrontato nel casodella collezione Sforza di Santafiora. L’intera raccolta, che comprende-va capolavori come lo Sposalizio di Santa Caterina di Correggio o laFornarina di Raffaello (fig. 43), fu messa all’asta nel 1630 e, dopo reiteratitentativi di vendita apparentemente falliti, fu acquistata in blocco percinquemila scudi da un mercante, Pietro Rapaccioli, che già aveva incustodia gli oggetti presso la sua bottega alla Rotonda. Le ricerche han-no dimostrato che Rapaccioli altro non era che un prestanome deiBarbe rini i quali tramite il banco Sacchetti, pochi mesi dopo, gli resti-tuirono la cifra, entrando così in possesso di tutti i pezzi 31. Dall’edittocon cui fu bandita l’asta si possono ricavare importanti notizie circa leprocedure di vendita. Vi si legge infatti che «tutti quelli che voglionoattendere alla compra [...] debbano in termine di cinque giorni [...] farle loro offerte [...] e che passato detto termine si verrà alla deliberazionedi quel le a favore di chi haverà fatto migliore, e maggiore offerta, o sipiglierà altro espediente, che si giudicherà più necessario». Seguiva poil’elenco delle opere poste in asta, con precisi riferimenti agli autori.

Da questa breve ricostruzione emerge con chiarezza l’entità di unfenomeno come quello delle lotterie e delle vendite all’incanto di opered’arte ancora poco indagato dagli studi sul mercato dell’arte italiano,che pure negli ultimi anni si sono arricchiti di molti nuovi contributi.Questo primo sondaggio ha evidenziato come in Italia, così come nelleFiandre, tale fenomeno fosse regolamentato da una rigorosa legislazio-ne e che vi fossero coinvolte precise figure mercantili che fungevano,ad esempio, da banditori durante gli incanti o da prestanome per terzinegli acquisti più rilevanti. È chiaro inoltre che un sistema di venditacosì articolato assicurava un guadagno certo al possessore dei beni,proprietario, erede o mercante, che poteva contare sull’introito deriva-to dalla vendita dei biglietti del lotto, quando gestiva una lotteria inprima persona, o acquistare ad un prezzo forfettario un maggior nume-ro di oggetti nel corso di un’asta. In un contesto come quello sei cen -tesco nel quale la professione mercantile era regolata da leggi assaivaria bili questo aspetto non doveva essere considerato di poco conto 32.Il lotto o la vendita pubblica consentiva una maggiore circolazione del-le merci nonché una esposizione prolungata degli oggetti contribuen-do alla loro visibilità. Statue, rilievi e vasi antichi, dipinti autografi digrandi maestri, tavole dal fondo oro, mobili intagliati, avori, argenti egioielli normalmente non accessibili al pubblico divenivano fruibili

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84 suscitando curiosità e bramosia. La dinamica innescata dall’esposizio-ne contribuiva così alla conoscenza delle singole opere, rendendolemaggiormente appetibili agli occhi degli avidi collezionisti.

NOTE

1 N. DE MARCHI, The Role of Dutch Auctions and Lotteries in Shaping the Art Market(s) of17th Century Holland, in «Journal of Economic Behavior and Organization», 28, 1995, pp.203-221; sul fenomeno delle lotterie in Italia tra fine Cinque e primo Seicento si vedaE. WELCH, Shopping in the Renaissance: consumer cultures in Italy 1400-1600, New Haven,Yale University Press, 2005, pp. 203-208; eadem, Lotteries in Early Modern Italy, in «Past andPresent», n. 199, may 2008, pp. 71-111.

2 N. MIDDELKOOP, Gillis Coignet and the Amsterdam Lottery of 1592: Locating anExtraordinary Night Scene, in «Journal of Historians of Netherlandish art», vol. 2, 1-2, 2010,edizione on line consultabile sul sito http://jhnalive.pielabmedia.com/index.php/.

3 Su questa lotteria si veda S. RAUX, Art on drawings: Lotteries of Works of Art in theSixteenth-Century Southern Netherlands, in Art Auctions and Dealers. The Dissemination ofNetherlandish Art during the Ancien Régime, a cura di D. Lyna, F. Vermeylen, H. Vlieghe,Turnhout 2009, pp. 5-22.

4 L. LOTTO, Libro di spese diverse con aggiunta di lettere e d’altri documenti, a cura diP. Zam petti, Venezia-Roma 1969, pp. 345-347. S. MASON, Ritratti, perizie, acquisti e vendite:l’artista nel collezionismo e nel mercato del Cinquecento, in Il collezionismo d’arte a Venezia:dalle origini al Cinquecento, a cura di M. Hochmann, R. Lauber e S. Mason, Venezia 2008,p. 115.

5 C. MAZZETTI DI PIETRALATA, L’eredità di Rodolfo Pio sul mercato antiquario: indagininegli archivi notarili romani, in Alberto III e Rodolfo Pio da Carpi, collezionisti e mecenati, attidel convegno (Carpi 22-23 novembre 2002), a cura di M. Rossi, Udine 2004, pp. 136-161.

6 F. RANGONI, In communis vita splendidus et munificus: la collezione di dipinti del cardina-le di Cremona Desiderio Scaglia, in «Paragone Arte», serie terza, anno 35, n. 52, 2001, pp. 47-100; eadem, Fra’ Desiderio Scaglia, Cardinale di Cremona: un collezionista inquisitore nellaRoma del Seicento, Gravedona (Co) 2008.

7 Sulla collezione Régnier si veda A. LEMOINE, Nicolas Régnier (alias Niccolò Renieri) ca.1588-1667: peintre, collectionneur et marchand d’art, Paris 2007, pp. 195-201.

8 M. SANUDO, I diarii di Marino Sanuto, a cura di R. Fulin et al., 58 voll, 1879-1903, vol.XXXIII, col. 8, cit. in WELCH, Lotteries in Early Modern Italy..., cit., p. 83.

9 Ibidem, p. 98.10 LEMOINE, Nicolas Régnier... cit., p. 201 segnala un documento dei Provveditori del

Comun che elenca le lotterie esitate in questi anni. WELCH, Lotteries in Early Modern Italy...,cit., p. 87, sottolinea che in genere a Venezia le autorità tendevano a scoraggiare le lotterieprivate.

11 LEMOINE, Nicolas Régnier... cit., p. 201.12 I. CECCHINI, Quadri e commercio a Venezia durante il Seicento. Uno studio sul mercato

dell’arte, Venezia 2000, p. 200.13 I documenti relativi alla lotteria, resi noti da P. L. FANTELLI, Nicolò Renieri “Pittor

Fiamengo”, in «Saggi e memorie di storia dell’arte», 9, 1974, p. 77-115, sono ora pubblicatiin forma integrale da LEMOINE, Nicolas Régnier... cit., pp. 350-351. Sulla procedura delle sti-me a Venezia si veda I. CECCHINI, I modi della circolazione dei dipinti, in Il collezionismo d’ar-te a Venezia: il Seicento, a cura di S. Mason, L. Borean, Venezia 2007, pp. 148-151.

14 Uno di questi libretti fu inviato al cardinale Leopoldo de’ Medici dal suo agente PaoloDel Sera, con annotazioni e valutazioni personali su ogni singolo dipinto; per la trascrizionedelle note di Del Sera si veda LEMOINE, Nicolas Régnier..., cit., p. 354. Segnalo che un libretto

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O85simile fu approntato per la vendita al lotto dei beni del cavalier Benedetto Salvatico nel 1657,

si veda Ordeni, & regole stabilite dall’illustrissimi signori Proueditori di commun, et confirma-te nell’eccelso Conseglio di dieci. 1657 adi 19 nouembre. In materia di vn lotto del signor caua-lier Benedetto Saluatico, [Venezia]: stampati per Gio. Pietro Pinelli, stampator ducale.

15 Sul sistema di regolamentazione delle lotterie lagunari si veda G. DOLCETTI, Le bische eil giuoco d’azzardo a Venezia: 1172-1807, Venezia 1903, pp. 229-232; A. FIORIN, Lotto, Lotte -rie e altro ancora, in Fanti e denari: sei secoli di giochi d’azzardo, catalogo della mostra a curadi A. Fiorin, (Venezia, Casinò Muni cipale, 15 gennaio-28 aprile 1989), Venezia 1989, pp. 122-136. LEMOINE, Nicolas Régnier..., cit., pp. 201-204.

16 A. OLIVIERI, Jeu et capitalisme à Venise, in Les Jeux à la Renaissance, a cura di P. Ariès,J. C. Margolin, Paris 1982, pp. 151-162.

17 P. CAROFANO, F. PALIAGA, Pittura e collezionismo a Pisa nel Seicento, Pisa 2001.18 E. WELCH, From Retail to Resale: Artistic Value and Second-Hand Market in Italy (1440-

1550), in The Art Market in Italy (15th – 17th Century), atti del convegno (Firenze 19-20-21giugno 2000) a cura di M. Fantoni, L. C. Matthew, S. F. Matthews-Grieco, Modena 2003, pp.283-299.

19 Un «publico inchanto» di oggetti appartenenti alla collezione di Jacobello del Fiore èricordato a Venezia nel 1439, si veda R. Lauber, Memoria, visione e attesa. Tempi e spazi delcollezionismo artistico nel primo Rinascimento veneziano, in Il collezionismo d’arte a Venezia:dalle origini al Cinquecento, a cura di M. Hochmann, R. Lauber e S. Mason, Venezia 2008,pp. 44-45.

20 I. CECCHINI, Collezionismo e mondo materiale, in Il collezionismo d’arte a Venezia..., cit.,pp. 165-191; eadem, I modi della circolazione dei dipinti.., cit., pp. 141-165.

21 M. B. FAILLA, C. GORIA, Committenti d’età barocca: le collezioni del principe EmanueleFiliberto di Savoia a Palermo e la decorazione di palazzo Taffini d’Acceglio a Savigliano, Torino2003.

22 Sulle aste siciliane seicentesche si veda V. ABBATE, La grande stagione del collezionismo.Mecenati, accademie e mercato dell’arte in Sicilia tra Cinque e Seicento, Palermo 2011, pp.108-116.

23 Archivio di Stato di Roma, Tribunale Criminale del Governatore, Processi, b. 54, f. 9.24 P. MICHEL, Mazarin, prince des collectionneurs: les collections et l’ameublement du cardi-

nal Mazarin (1602 - 1661): histoire et analyse, Paris 1999, pp. 71-72. 25 L. LORIZZO, La collezione del cardinale Ascanio Filomarino: pittura, scultura e mercato

dell’arte tra Roma e Napoli nel Seicento con una nota sulla vendita dei beni del cardinal DelMonte, Napoli 2006, pp. 118-119.

26 P. TOSINI, Girolamo Muziano 1532-1592: dalla maniera alla natura, Roma 2008, pp. 533-535.

27 A. AMENDOLA, I Caetani a Roma, Napoli e Caserta: un inedito inventario e un “giovanepittore casertano” aiutato da Andrea Sacchi, in Ricerche sul ’600 napoletano, Saggi e documen-ti 2009, Napoli 2009, p. 7.

28 M. C. COLA, Palazzo Valentini a Roma: la committenza Zambeccari, Boncompagni,Bonelli tra ’500 e ’700, Roma 2012, pp. 60-66.

29 LORIZZO, La collezione del cardinale Ascanio Filomarino..., cit., pp. 53-63.30 Sull’attività del rigattiere Simone dell’Arpa, con bottega a Montegiordano, si veda anche

A. AMENDOLA, I Caetani di Sermoneta: storia artistica di un antico casato tra Roma e l’Europanel Seicento, Roma 2010, p. 59.

31 L. CALZONA, La collezione occultata, in I Barberini e la cultura europea del Seicento, attidel convegno, (Roma 7-11.12.2004), a cura di L. Mochi Onori, S. Schütze, F. Solinas, Roma2007, pp. 71-82.

32 Sull’argomento mi sia consentito rimandare al mio recente volume, Pellegrino Peri. Ilmercato dell’arte nella Roma barocca, Roma 2010. Si vedano inoltre i saggi contenuti in TheArt Market in Italy..., cit., per un più ampio raggio geografico e cronologico.

39a-b. Willem Buytewech, Lotteria a ’S-Gravenhage (L’Aja). Parigi, Fondation Custodia, F. Lugt collection (inv. 2893), intero e particolare

40. Herman Jansz. Muller, Lotteria. Amsterdam, Rijksmuseum

41a-b. Carlo Coppola(attribuito), Il Tribunaledella Vicaria. Napoli, MuseoNazionale dellaCertosa di SanMartino, interoe particolare

42. Michelangelo Merisida Caravaggio, I bari.Fort Worth, KimbellArt Museum

43. Raffaello Sanzio, La Fornarina. Roma,Galleria Nazionaled’Arte Antica dipalazzo Barberini