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Pensiero primitivo e società moderna in Lucien Lévy-Bruhl e Ernesto de Martino

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L'ArchivoltoStudi di scienze dell'uomo

SOCIETA' MODERNA E PENSIERO PRIMITIVO

a cuta diAndrea Bixio e Tito Marci

L'ArchivoltoStudi di scienze dell'uomo

SOCIETA' MODERNA E PENSIERO PRIMITIVO

a cura diAndrea Bixio e Tito Matci

ffi#: &eRubbettin

keys words: LÉVv-BRUHLANTRoPoLoGIA. SocIoLoGIA

MENTALITÀ PRIMITIVAV

Copyright Istituto Luigi SturzoVia delle Coppelle 3500186 [email protected]ÍituîqI-rrr;gif lr=$uoo

O 2008 - Rubbe[ino Edirore88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10 - Tel. (0968) 6664201vww'rubbettino.it

Indice

Andrea BixioPresentazione

Andrea BixioAntropologia e pensielo contempotaneo

Roberto CiprianiLéoy -Bruhl : una rilettur a

Carlo PrandiLe ragioni di un libro

Tito MarciSu alcuni problemi della socíologia storica tra aaanguardiear tis tiche ed e tnolo gia

Giovanni CasadioAlcune riflessinni d'ordine storiografico suII' influenzadel pensiero dí Lucien Lévy-Bruhl

Davide De Sanctis

Quattro quesiti sulla dimensione pre-logica

Dario AltobelliPensiero primitiuo e società moderna in Lucien Léoy-Bruhl e

Ernesto d.e Martino

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TO7

Dario Altobelli

Pensiero primitiao e società moderna

in Lucien Lévy-Bruhl e Ernesto de Martino

Dario Altobelli

Nella sua puntuale ricognizione dell'opera del filosofo e

sociologo francese Lucien Lévy-Bruhl37, Carlo Prandisottolinea la coerenza e la compattezza di una riflessione che

si è lungamente interrogata sul "pensiero primitivo", sullesue modalità e caratteristiche. Opportunamente Prandidimostra come le polemiche che accompagnarono le diversetappe di studio di Lély-Bruhl fossero fondate su una letturaparziale dell'opera tendente ad assolutizzare lacontrapposizione tra una mentalità primitiva o prelogica e

una mentalità moderna o logica. In tale ripensamento critico,i concetti fondamentali di "legge di partecipazione","partecipazione mistica" ed "esperienza mistica", introdottidal sociologo francese, vengono ripresi indicandone i precisiluoghi di esplicazione nell'opera e trovando una spiegazionemeno manualistica e piir aderente al dato teoretico dellostudioso.Su questi problemi e sulla consistenza di un autonomopensiero primitivo dotato di caratteri suoi propri non fu,come noto, soltanto il sociologo francese a muoversi nellaprima metà del Novecento: altri nomi vengono alla mente,fra cui, per non citare che alcuni, Emile Durkheim e MarcelMauss, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, Ernst Cassirer,Kàroly Kerényi, Mircea Eliade. Dai primi anni del Ventesimosecolo il concetto di primitivo trovò una grande diffusione evenne assunto come uno dei problemi centrali nella

37 C. Prandi, Lucíen Léty-Bruhl. Pensiero primítioo e società moderna,

Edizioni Unicopli, Milano, 2006.

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Darío Altobelli

riflessione di numerosi studiosi afferenti a campi disciplinaridiversi. 11 tema" che per tutto I'Ottocento era stato posto inrelazione soprattutto con 1e forme culturali delle societàtradizionali e folkloriche europee, trovava adesso un fertileterreno di verifica e nuove sollecitazioni dalla conoscenzasempre piìr approfondita delle società extraeuropee. Esso

veniva impostato su rinnovate e piìr complesse basiepistemologiche e filosofiche che conducevano ad ampiericadute interdisciplinari, basi soltanto in parte coincidenti ocondizionate da una preesistente impostazione positivista edevoluzionistica, quanto piuttosto aperte a germi direlativismo culturale e attraversate da fermentiirrazionalistici38. In tale temperie culturale, che qui si intendeappena evocare, Lucien Lévy-Bruhl seppe certamentecogliere, se non anticipare, alcuni dei temi centrali neldibattito scientifico dell'epoc4 sviluppandoli all'interno diun coerente e coeso plogetto intellettuale che vennercalizzato mediante una straordinaria capacità, riconosciutaanche dai suoi awersari, nel padroneggiare innumerevoli edeterogenei materiali etnologici3r.Nella prospettiva qui sommariamente delineat4 vorreisoffermarmi sul modo in cui I'opera di Lucien Lévy-Bruhl

38 In una bibliografia molto ampia, vedi almeno J. Clifford, I fruttipuri impazziscono. Etnoglqf.a, Ietteratura e qrte nel secolo XX, BollaaBoringhieri, Torino, 1993 (ed. or. 1988).3e Tra le opere di Lévy-Bruhl alle quali ci riferiamo,vedi inparticolare Psiche e società primítíae, Newton ComptorL Rom4 1970(ed. or. 1910); La mentqlità primitioa, Einaudi, Torino, 1966 (ed. or.'1922); L' anima primitiua, Boringhieri, Torino, 1 962 (ed . or . 1.927) .

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Dario Altobelli

venne assunta da Ernesto de Martino ne1 proprio percorsointellettuale e di ricerca. Senza avere owiamente la pretesadi esaurire un argomento di tale complessiti ma provando asuggerire un possibile percorso di riflessione, mi concentreròin particolare su alcuni momenti dell'opera dell'etnolog<rcampano nei quali il confronto con I'opera di Lévy-Bruhl èstato impostato in maniera direttaao. Da questa breve analisirisultelà come le critiche portate da de Matino a Lévy-Bruhle, piìr in generale, alla scuola sociologica francese classica,che segnano i suoi esordi di studioso, si legano in manierasignificativa alla elaborazione della sua originale prospettivametodologica e teorica.Piuttosto che con una delle opere maggiori di de Martino,queste note possono prendere awio con un suo lavorolaterale nella produzione maggiore: un'antologia critica dalui curata, pochi anni pdma della scomparsa,significativamente intitolata Magia e ch:iltà (1962)41. Questotesto resta a mio al'viso esemplare sia nel delineare ilpanorama culturale europeo prima menzionato, attraverso la

a0 Nell'ampia letteratura critica su Ernesto de Martino, ricordiamoalcuni contributi considerati classici: il numero monografico de ..Laricerca folkÌorica,>, 3, 1986; P. e M. Cherchi, Ernesto de Maftino. Dallacrisi d.ella presenza aIIa comunità umana, Liguori, Napoli, 1987;l'Introduzione di C. Gallini a E. De Martino, La fne del mondo.Contributo all'analísi delle apocalissi culturali, a cura di C. Galìini,Einaudi, Torino, 1977; l'Introduzíone di Luigi M. Lombardi Satrianialla raccolta di de Martino, Furore simbolo ualore, tl Saggialore,Milano, 1980 (I ed. 1962).al E. de Martino, Magia e cíuiltà, Garzanti, Mllano, "1962.

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Dario Aliobe Ili

selezione e la presentazione di numerosi brani di studiosiesponenti di spicco dei piu vari ambiti disciplinari, sia

nell'articolare le linee di una riflessione, a quel punto del suo

percorso di ricerca ormai ampiamente definit4 intorno al

problema del concetto di magia nella civiltà occidentale e in

quelle extraoccidentali. Fra gli studiosi inseriti nella raccolta

figurava ovviamente lo stesso Lucien Lévy-Bruhl che venivapresentato con parole di estremo equilibrio:

Nella sua prima formulazione la teoria di Lévy-Bruhl tendeva a

contrapporre la mentalità "primitiva" alla mentaìità "occidentale",

la prima dominata dalla "legge di partecipazione", la seconda dal"principio di identità" operante per eccellenza nel discorso dellescienze positive. Vi sarebbero state quindi "due logiche", rette

ciascuna da principi diversi [...]. All'asprezza di questa primaformulazione, che praticamente scindeva l'umanità in due

tronconi, e che in ultima istanza codificava la incomprensibilità delmondo cosiddetto "primitivo", tenne dietro una formulazione pir)

temperata, secondo la quale pensiero magico e pensiero razionalediventavano due "strutture", due modi di sperimentare la realtà e

di percepire i fatti, ciascuno dei quali condizionava la qualità

dell'esperito o vissuto, e che erano entrambi presenti

nell'occidentale come nel primitivo, per quanto il modo mistico o

mitico o magico, fosse meglio analizzabile nelle civiltà cosiddette

primitive, e il modo razionale nella civiltà occidentalea'?.

Questo moderato e tardo giudizio, del quale vorreisottolineare soprattutto l'impiego del termine "struttura" che

riprenderemo successivamente, non lascia trapelare il solco

a2 Ivi, p.79.

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Dario Aìtohclli

profondo e irriducibile nell'impostazione dei due pensatod e

le tappe di un confronto aspro che a quel punto era ormaigiunto a conclusione.Certamente de Martino colse per tempo e pienamentenell'opera di Lévy-Bruhl il carattere di novità e la legittimitàscientifica di considerare il "pensiero primitivo" secondo unalogica autonoma, dotata di caratteri suoi propri, degna, percosì dire, di essere pensata; ma allo stesso tempo, fin da

subito I'etnologo campano tenne dietro a tale direzione diricerca differendo radicalmente dal sociologo francese e

criticandolo senza mezze misure.Nel suo primo libro Naturalismo e storicismo in etnologiaa3

(1941) era presentato un lungo e denso Saggio critico sulprelogísmo di Létty-Bruhlaa. In pagine serrate e attraversate dauna notevole forza argomentativa che molto deve al

magistero crociano, de Martino rilevava innanzitutto negliesponenti della scuola sociologica francese, a partire dalcapostipite Emile Durkheim, un difetto nella <soliditàspeculativa>, la caduta frequente in un ,,palese

intellettualismo", la non assunzione, nei propri quadriteorici, "di una forma teoretica non concettuale(l'intuizione)", I'assenza di una "distinzione tra logicaspeculativa e logica empirica", oltre alla grave mancanza "disenso storico)) per la quale questi studiosi <la storiamortificarono negli schemi della sociologia"a5. L'"esorbitante

a: E. de Martino, NattLralismo e storicisnrc nell'etnologin, Argo, Lecce,

1997 (l ed. Laterza, Bari, "1947).

4 lvi, pp. 62-71.6.a5 Ivi, p. 65.

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Ilario Altobclli

naturalismo', di questi pensatori legato a un "sostanzialeantistoricismo>a6 era all'origine della concezione di Lévy-

Bruhl per la quale la società era intesa come insieme di

costrizioni esteriori esercitate sulf individuo mediante una

supposta "legge di partecipazione". In questo modo, secondo

il giovane studioso napoletano, un'intera parte dell'umanità

era di fatto trasformata in un qualcosa <che, come tale, non

può in alcun modo diventare, Per noi, oggetto di storia"47.

Come si vede, in queste paginq ben oltre il bersaglio

polemico di Lévy-Bruhl, de Martino Portava una critica

serrata al cuore stesso del1a scuola sociologica francese: alla

concezione di una distinzione, ritenuta fallace, tra collettivitàe individuo, tra raPpresentazioni collettive e individuali-Merita leggere un ampio brano in merito.

Infatti (e la nostra critica può facilmente estendersi ad ogni forma

di socioìogismo), se per società si intende l'insieme delle condizioni

storiche in cui deve inserirsi I'atto dell'individuo, la società non

esiste per sé, come ipostasi trascendente all'individuo, ma

rappresenta, nella libertà dell'atto individuale, il momento

dialettico della necessità. Ogni atto, certamente, nasce in

circostanze storiche determinate: tuttavia ogni atto, nel suo

prodursi, non ripete nrrl la situazione storica su cui cresce, ma vi

aggiunge un valore nuovo. Ciò posto, la società rappresenta

l'essere, e la volontà individuale il dover essere in cui queÌl'essere

continuamente si risolve e si accresce: e non è lecito, neppure Perurì attimo, spezzare questo nesso dialettico nella duplice ipostasi diun individuo fuori della storia e di una società che preme

46 Ivi, p. 95.a7 lvi, p. 67.

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T)rrio Altobclli

sull'individuo dall'esterno, e che sull'individuo esercita una forzadi obbligazione alla quale non può sottrarsi: in un certo senso tuttoè sociale, cioè storicamente condizionato, e in altro senso tutto è

opera individuale. La scuola sociologica francese spezza nelle duesopradette ipostasi il concreto processo dello spirito infinitamenteprogrediente nelle sue infinite individuazioni, e immagina unindividuo astratto costretto a ripetere, nei suoi atti, quel che

comanda la mentalità collettiva. Sfugge così I'incremento che la

tradizione riceve dalla coscienza individuale, e si determina unorientamento essenzialmente antistorico. Ottenuta la dupliceastrazione dell'individuo e della mentalità collettiva non resta

infatti che proseguire ulteriormente nelle astrazioni e costruire unapsicologia individuale accanto ad una psicologia collettiva o

sociologia: il problema storiografico non è neppure sfioratoa8.

Questo errore di impostazione non soltanto lasciava inevasiuna serie di problemi, fra cui quello decisivo relativo al

passaggio dal pensiero primitivo a quello culto nella storia ealla possibilità stessa di una loro distinzione precisa, ma

faceva sì che il pensiero primitivo fosse presentato dalsociologo francese come <<una classe di fatti mentali" intermini di (un tutto indifferenziato"ae.Proprio nella critica a questa indifferenziazione concettuale,de Martino poteva alla fine osservare che

Lévy-Bruhl, sebbene non ami le distinzioni e le limitazioni per

difetto di senso storico e di consapevolezza speculativa, ar.alizza

a8 Ivi, pp. 86-7.ae Ivi, p. 104.

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lf ario Altobelli

nel fatto il corflportnnlento dell'intelletto astratto nella cerchín delle

culture magiche5o,

Nella conclusione del saggio de Martino anticipava e

definiva il percorso della ricerca successiva proprio a partireda una delimitazione dell"'indifferenziato" proposto daLévy-Bruhl: essa si sarebbe orientata a una individuazionedella "funzione storica del magismo", cioè a

determinare se e in quale misura il magísmo possa essere considerato

come pedagogía della fiurzione identificante trel suo uso prutíco, se e ít1

quale mísura il magismo abbia concorso n liberare la potenza laica

dell'ínteIIetto51.

Veniva così annunciata la ricerca delle condizioni diaffermazione storica e culturale di un intelletto "che appare anoi come un dato sempre posseduto nelle stesse condizioni"e che invece ha ,,la sua storia e tale storia sarebbe opportunodichiarare>s2: siamo, come si vede, nel clima del Mondo

magico.

Le critiche mosse al sociologo francese non si tradussero,owiamente, in una censura dell'opera. Successivamente,

anche questa è storia ben nota, da condirettore con Cesare

Pavese della celebre Collana Viola dell'editore Einaudi, de

Martino accolse due testi, L'anima primitiaa e I quaderní,

rispettivamente terzo e diciottesimo titolo, tradotti da Anna

so 1ùidem, corsivo nel testo.5r Ivi, pp. 104-5, corsivo nel testo.5, Ivi, p. 105.

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Dario Altobelli

Macchioro, moglie dello studioso napoletano, ed entrambida lui stesso prefati, il secondo anche da MauriceLeenhardt53.

Venendo quindi all'impianto teoretico de II mondo magico(1948)5a, libro definito da Cesare Cases in una celebreintroduzione <masso erratico> nel pensiero italiano delNovecento55, proprio nella diversa concezione che orientaval'impostazione del problema del pensiero primitivo qualepensiero magico, tema che in questo libro veniva per laprima volta affrontato estesamente, è possibile cogliere laradicale diversità nell'orientamento dei due studiosi. InLévy-Bruhl il pensiero primitivo era assunto nella suaglobalità in relazione a una visione complessiva della societàe dei fatti umani che affermava la îorza della societàsull'individuo per il tramite di rappresentazioni collettiveche si sarebbero imposte sul singolo. Era l'idea che i fattisociali si impongono meccanicisticamente sulle individualiprospettive e attitudini, sino quasi a far scomparirel'individuo in quanto tale, nei suoi livelli di autonomia, diinterpretazione e di libertà rispetto ai quadri mentali,cognitivi, culiurali presenti in un dato ambiente sociale. In

s3 Sulle vicende delÌa "Collana viola" cfr. P. Angelini (a cura di),Cesnre Paaese - Ernesto de Martino. La collana ríola. Lettere 1945-1950,Bollati Boringhieri, Torino, 1991.5a E. de Martino, II nondo mngico. Prolegomeni a una storiq del

magísmo, Bollati Boringhieri, Torino, 2003 (I ed. Einaudi, Torino,1948).5s C. Cases, Introduzíone a E. de Martino, II nondo nngico ciI., pp.VII-LII, p. XLVIII.

lt7

Dario Altobelli

de Martino, al contrario, tale pensiero diventava "magico",

cioè osservato principalmente nella dinamica individuale.L'ottica veniva centrata su1 singolo individuo, sulla sua

capacità, intesa come conquista storico-culturale, di esserci

nel mondo, di affermare la propria presenza culturale in undeterminato contesto quale aalore che deve essere

continuamente affermato in quanto esposto alla cdsi in ogni

momento del suo esistere.

Sul piano del metodo, la lettura delle società di interesse

etnologico, condotto da entrambi gli studiosi attraverso

f impiego di un'imponente letteratura specialistica,

conduceva il sociologo francese a una concettualizzazione e

a una astrazione da molteplici casi particolari a categorie piuampie e onnicomprensive, nelle quali venivano poiindividuate le diverse specifiche realizzazioni dei fattiricercati, osservati nei domini sociali del religioso e del

magico, del politico e del giuridico, dell'economico,

dell'artistico e del mitico. In de Martino, invece, la letteratura

veniva letta ricercando gli esempi che awalorassero la tesi

incentrata srri concetti della presenza e della crisi sempre inagguato e, per questa via, le modalità di riscatto, orientate in

senso magico, variamente dispiegate dalle umanità nella

storia. Come è stato osservato, in tale ProsPettiva "il dramma

della presenza singola" evoca la comunità umana(soprattutto nclla forma del suo emissario-mediatore, losciamano, chiamato a risolvere quel dramma dopo averlo già

incarnator)56.

56 lvi, p. XXIIL

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Dario Altobelli

La differenza radicale qui indicata trovava inoltre ulterioriragioni specifiche, fra le quali quelle individuate da deMartino nelle particolari vicende storiche e culturali dellediverse umanità. Con specifico riferimento allo studiosofrancese, de Martino osservava, dtornando sulle ultimeparole che chiudevano il Saggio sul prelogismo di Léuy-Bruhl,

che

considerare come paradigmatico il rapporto presenza-mondoquale si manifesta nella nostra civiltà equivale ad assumere comeuna struttura metafisica della realtà ciò che è soltanto un risultatostorico determinatosT.

L'intera operazione scientifica di Lévy-Bruhl venivaconsiderata all'interno di un pift generale erroreepistemologico:

In fondo il "prelogismo" non è una teoria:he interpreta e spiega ilmondo magico, ma piuttosto una reazione tipica della mentalitàoccidentale, ancora prigioniera della propria limitazionestoriografica, di fronte all'aspetto incomprensibile di quel mondoFs.

E ancora in un altro passo significativo veniva osservato:

Lévy-Bruhl assume a priori che l'esperienza dell'individuo come

unità sia comune a noi e al mondo magico, e limita la differenzaalla rappresentazíore: menhe noi ci rappresenteremmo esattamentela nostra individualità così come è realmente, cioè come unità, la

s7 E. de Martino, Il mondo mngico cil., p.205.sB Ivi, p. 206.

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I.Jario Altcbelli

persona magica, prigioniera di rappresentazioni tradizionali

collettive, non si riconoscerebbe nella sua realtà, e si darebbe inpreda a deliranti immaginazioni, rappresentandosi come un luogo

di partecipazioni mistiche e di legami simPatici, come un'unità

labile rispetio aÌ resto deÌ mondo, e non incompatibile, in se stessa,

con la dualità o la pluralità delle esistenze. Poiché per noi

l'individuo come presenza unitaria è un dato ovvio che si

accompagna senza rischio apprezzabile nella nostra vita

quotidiana, e che comunque, in quanto dato, non forma problema

culturale e dramma storico, Lévy-Bruhl assume che ìo stesso

accada anche nel mondo magico, avallando così l'assurda tesi che

solo l'idea e Ia rappresentazione dell'individuo magico sia diversa

dalla nostra, ma non la realtì1, cioè il sentimento dell'unità

individuale, la presenza. Ora proprio da questa posizione

antistorica procede necessariamente la radicale incomprensione del

mondo magico5e.

La pagina veniva chiusa affermando che nella comprensione

del mondo magico <in realtà l'ostacolo che qui si rende

operoso è soltanto la nostra boria culturale, che estolle a

dignità metafisica il nostro modo storico di essere Presentinel mondo)ó0.

Non va dimenticato, peraltro, che ne 1l mondo magico de

Martino affrontava il problema del magismo e della sua

efficacia ammettendo un diverso statuto di /ealfà dvestito dai

fenomeni magici o paranormali all'interno di determinate

coordinate storiche e culturali. Nel confronto con la civiltàoccidentale, il mondo magico veniva studiato certo come una

5e lvi, p. 207 , corsivi nel testo.60 Ibidem.

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Dario Alkrhelli

determinata epoca storica dell'umanità, ma al di fuori di unquadro evolutivo: come un'alternativa piuttosto che comeuna fase precedente in una storia progressiva. Da questopunto di vista, agli occhi di de Martino Lévy-Bruhl potevasembrare anche vittima di un equivoco, o meglio, di unerrore tipicamente positivista: l'idea che la modernità avesse

per sempre dissolto i "fantasmi" del "pensiero primitivo"relegandoli, tutt'al piir, nel mondo folklorico e popolare o

soprawiventi come relitti nelle società evolute.Si può tornare allora a quel temperato giudizio nei confrontidi Lévy-Bruhl visto nell'antologia citata all'inizio: esso

apparirà ancora meno morbido una volta che lo si sia fattorientrare nel quadro teorico-metodologico in cui de Martinoricapitolava il problema di cui trattiamo a partire da alcuniassunti cardinali.In primo luogo, nel mondo magico non vi era di fatto unareale alternativa tra magia e scienza in quanto tale mondoculturale era privo di quelle decisive esperienze storichedella civiltà occidentale che venivano indicate nellarivelazione cristiana, nel Rinascimento, nella "fondazionegalileiana e baconiana delle scienze della natura" e nelle

"rivoluzioni democratiche promosse dalla borghesia e dalproletariato>6r. Questi grandi eventi avevano determinatol'esistenza di un aut aut fra magia e scienza inevitabile per gliuomini occidentali, ma incomprensibile o non presente peîquelli di altre civiltà.

61 Questa e le citazioni successive sonoMngia e ciaíltà c11., pp.283-287.

Martino,

121

tratte da E. de

Dario Aliobelli

In secondo luogo "l'alternativa occidentale magia-religione"

aveva determinato un "falso problemar, quello di "una"pura magia"" da contrapporre alla ""pura religione",.

Invece,

il momento magico diventa percepibile di volta in volta nel suo

esatto significato storico solo quando venga giudicato neìla

dinamica di un particolare contesto culturale, nel plesso vivente di

una civiltà, nella concretezza di una definita epoca morale ementale.

Similmente al significato della magia naturale

rinascimentale, che era stato individuato soltanto quando

essa venne inserita criticamente e storiograficamente nel

circuito culturale dell'epoca62, per intendere il senso di altre

"magie" si sarebbe dovuto fare altrettanto:

cioè immettere il magico in una dinamica culturale piìr vasta, che

include la forma della società, i momenti critici della vita

individuale e collettiva che hanno corso in tale società, il raPPorto

fra questi momenti critici e iì Patrimonio di comportamenti

tecnico-razionali di cui la civiltà in questione dispone per

fronteggiarli, le crisi determinate dalle situazioni critiche che

restano senza adeguata risposta tecnico-razionale, il ricorso alla

protezione di un orizzonte metastorico e di gesti e parole

ritualmente potenti che comunichino con tale orizzonte, e infine la

qualità della reintegrazione secondo valori che ha Iuogo attraverso

62 Vedi in ivi, E. Gariry Magía e astrologia nella cultura del

Rinoscímento (pp. 15-31) e P. Rossi, Francesco Bacone: dalla magia alla

scíenza (pp . 33-54) .

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Dario Altobelli

la mediazione della protezione magica. Al di fuori di questaconcreta dinamica culturale i comportamenti magici astrattamentedefiniti restano inerti per il pensiero storico: accomunano nellaindffirenza di una identica "struttura" la magia naturale delRinascimento, I'opus operatum del sacramentalismo cattolico, ipoteri miracolosi ottenuti mediante la pratica yogica, le pratiche disciamani e stregoni, la jettatura napoletana, il vario folklore dellecampagne europee, la sensibilità affiorante nel vario irrazionalismocontemporaneo, e infine i ritualismi dello schizofrenico e certiaspetti della mentalità infantiled.

In questo brano ritroviamo I'indífferenziato, vistooriginariamente in Lély-Bruhl, accostato al concetto distruttura, a indicare senza esitazioni f insufficienzaconcettuale e metodologica di generalizzazioni di fenomenispecifici avulsi da puntuali contestualizzazioni storiche e

culturali. Il magismo andava invece valutato nella sua

efficacia storica e considerato all'interno della dinamicaculturale piì.r ampia nella quale tale modalità era finalizzalaalla <reintegrazione definita delle crisi individuali',.Con un'apertura alle incertezze della storia" secondo unaconsapevolezza temalizzala nel concetto di etnocentrismo

critico inteso quale necessaria attitudine dell'uomooccidentale ad assumere criticamente le proprie categorieantropoiogiche e analitiche nel viaggio verso I'alterità, senza

desiderio di sowertirle o smentirle, de Martino concludevala sua antologia riferendosi alle emergenze, pir) che allesoprawivenze della magia nella società occidentale, cioè di

63 Corsivi nostri.

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Dario Altobelli

un "pensiero primitivo" nella società moderna. Infatti,

sebbene nel mondo occidentaie la scelta si fosse orientata

decisamente ,,verso i poteri della consapevolezza, della

persuasione, del prestigio morale, della poesia, della scienza,

della vita democratica, del simbolismo civile in pieno

accordo con un umanesimo integrale e col senso della

storiao, e aPPunto perciò relegando ai margini la magia e i

suoi apparati, tuttavia questa scelta non Poteva dirsi né

conclusa né definitiva. Oltre che come relitto individuabile

nelle società folkloriche,

il momento magico riaffiora nell'opus operutum del

sacramentalismo cattolico, nella mistica del capo, nel "culto della

personalità", nella superstiziosa Potenza attribuita all'iúer

burocratico nel quadro delle pesanti armature degli stati moderni'

Anche per queste ragioni la magia era intesa certo come

un'opzione non pirì percorribile, e non di meno essa restava

ancora da comprendersi nella sua efficacia in tutte le altre

civiltà ne1le quali ..sta invece come sole che illumina la fatica

del pieno giorno".A distanza di anni, in un'opera che sarebbe rimasta allo stato

di meraviglioso abbozzo, La fine del mondo6a, de Martino

sarebbe tornato sui medesimi problemi, amPliando Però ilcampo di osservazione e alzando ancora la Posta in gioco. In

quest'opera incompiuta, certamente piìr che in ogni altra

precedente, de Martino dava, tra l'a1tro, una definizione de1

problema del pensiero magico e primitivo di cui venivano

64 E. de Martino, La fine clel mondo cit.

124

Dario Altobelli

ricercati compiutamente i termini decisivi tanto nelladimensione individuale quanto in quella socio-culturale,tanto in quella psicologica quanto in quella politica,approntando un mosaico sfaccettato le cui tessere sarebberorimaste in larga parte sparse e non collocate. Nella vastamole di materiali raccolti, trova ancora spazio, sebbenemarginalissimo e come bersaglio polemico ormai sconfitto,Lucien Lévy-Bruhl. A parte alcune occorrenze in cui ilsociologo francese veniva citato insieme ad altri studiosi6s,un brano sembra consumare compiutamente la critica allasua opera:

L'adattamento alla realtàIl difetto delle teorie costruite sul concetto di "adattamento allarealtà" sta nel fatto che si considera la "realtà" nel senso delrealismo ingenuo, come ordine dato che I'oggetto riflette nelpensiero o nel quale il soggetto si inserisce organicamente conI'azione. Questo realismo ingenuo può certamente bastare ai finidel medico pratico [...]. Ma appena si esce dall'ambito strettamentepsichiatrico, e si cerca di porre a confronto i dati clinici con quellistorico-religiosi, la filosofia realistica pirì o meno contenuta nellaespressione "adattamento aìla realtà" genera tutta una serie diconfusioni, e soprattLrtto la impossibilità di distinguere fra deliri e

formazioni culturali storicamente definite. La conseguenza assurdache ne deriva è che il normale, il sano, così come li consideriamonell'uso corrente modemo, rappresentano in tutte le civiltà

6s Di particolare interesse per quanto si è detto il brano 127 relativoalla centralità di Das Heílige (1917) di Rudolf Otto nell'inaugurare

"un periodo della storia culturale europea> intorno ai temi delsaco, del mito, del rito, del primitivo, del magico (ivi, p. 258).

t2s

Dario Altobelli

primitive e in tutte le grandi religioni storiche eccezioni rarissime;

o addirittura non hanno luogo negli stadi piir remoti della vita

culturale del genere umano. I fatti di mentalità primitiva catalogati

nella vasta silloge del Lévy-Bruhl, e quelli clinici che sono registrati

nei quadri nosografici delle opere di psichiatria si confondono

insieme risPetto alla loro qualità psichica, onde nasce la

conclusione che il razionalismo moderno, assunto come standard

di saniià mentale, sarebbe sorto dai grandi deliri collettivi delle

epoche trascorse, e si contraPPorrebbe ai deliri attuali che

governano i primitivi ancora viventi nell'ecumene66.

La necessità di assumere come cliterio non la "realtà", ma la

"realtà storica" ribadita nel frammento successivo6T rinviav4in un vasto quadro scientifico ed epistemologico, anche

all'esperienza radicale dell'incontro etnografico e alla

..duplice tematizzazione della storia Propria e della storia

aliena" da condurre

nel proposito di raSSiungere quel fondo universalmente umano in

cui il "proprio" e l"'alieno" sono sorpresi come due possibilità

storiche di essere uomo, quel fondo, dunque, a partire dal quale

anche "noi" avremmo Potuto imbroccale la strada che conduce alla

umanità aliena che ci sta davanti nello scandalo iniziale

dell'incontro etnograficoó8.

66lvi, p. "178.

e7 .Per uscite dall'înpasse occorre assumere come criterio Per

clistinguere il sano dal malato non Ia "realtà" ma la "realtà

storica"> (ibidem).d lvi, p. 391.

t26

Dario Altobelli

Ricompreso all'interno del problema più generale, sia eticoche epistemologico, inerente la relazione antropologica traosservatore e osservato, il pensiero primitivo e magico,individuato nelle società di interesse etnologico, nelle societàtradizionali o nei comportamenti deliranti di singoliindividui delle società moderne, poteva allora essere

espressione di un mondo altro, speculare e

drammaticamente altemativo a quello dello studioso. Macon quest'ultimo brano, che rinvia ad altre e diverse apertureproblematiche, può concludersi il breve excursus nell'operademartiniana e nel confronto istituito con gli studi e con ilpensiero di Lucien Lévy-Bruhl.

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