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Massimo Miglio, Storie di Roma nel Quattrocento

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ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO

NUOVI STUDI STORICI - 98

MASSIMO MIGLIO

STORIE DI ROMA NEL QUATTROCENTO

ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO

PALAZZO BORROMINI

PIAZZA DELL’OROLOGIO

2016

Nuovi Studi Storici collana diretta da

Girolamo Arnaldi e Massimo Miglio

Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redattore capo: Salvatore Sansone

ISSN 1593-5779 ISBN 978-88-98079-42-1

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PREMESSA

Queste Storie di Roma sono in qualche modo una continuazione deidue volumi Scrittori, scritture e storia del 1991 e 1993. Anche in questocaso una raccolta di saggi; una tipologia di volume che mi sembra partico-larmente felice per segnalare e seguire un percorso di ricerca.Ho quasi sempre studiato Roma, una città letta soprattutto attraverso

le sue fonti e in particolare quelle narrative, con la loro complessa artico-lazione e stratigrafia di scrittura. In qualche momento potrà sembrareun’attenzione quasi ossessiva, che ha spinto a incrociare le fonti, a una loroanatomia del profondo e a un confronto serrato, quasi una dissezione.Sono state sicuramente un rovello personale, che ha costretto a volte aripetere interi periodi nella scrittura dei diversi contributi, quasi comecomponenti portanti, da non modificare, di un’architettura.Lavoro necessario per scrostarle dalla pigrizia degli storici del passato,

a volte tanto ripetitivi da trasformare le fonti in luoghi comuni.I contributi sono stati scritti tra 1996 e 2008; molti sono relazioni a

convegni e conservano per questa ragione, ma soprattutto per volontà pre-cisa, una scrittura discorsiva, lontana dalle abitudini e dalle preoccupazio-ni accademiche. Sono stati lasciati nella loro redazione originale, se nonper minime modifiche formali; così come la bibliografia non è stata aggior-nata. Va però notato che un aggiornamento si può già verificare nella lorosuccessione cronologica: ho lavorato per questo aspetto in un ambienteprivilegiato, dove qualche amico ha accolto i suggerimenti e prodotto edi-zioni e contributi su temi che erano essenziali per la storia della città: è suc-cesso ad esempio per la Vita di Niccolò V del Manetti, citata all’inizio nellavecchia edizione muratoriana e quindi in quella dei R.I.S3. A loro debbodire grazie, come a molti altri. Del resto Roma nel Rinascimento e la suaRassegna bibliografica permettono una facile messa a punto bibliograficae consentono di muoversi con tranquillità nella sussultoria letteratura sto-riografica che a momenti è parossistica. Anche quest’ultimo aspetto vanotato, se messo a confronto con il deserto storiografico romano degli anni

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Ottanta. Del deserto e dell’esplosione sono stato testimone, stanco e anno-iato, in qualche momento, dei tanti replicanti. Una raccolta di saggi può sembrare un atto di presunzione; io lo vivo

con semplicità, convinto che la loro versione prima ha avuto lettori rari econ la speranza che, raccolti insieme, possano dare un’immagine della cittàdiversa dalla tradizione.

Roma, agosto 2015

MASSIMO MIGLIO2

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NOTA ALLA RISTAMPA

I saggi compresi in questo volume sono stati pubblicati per la prima volta in:

Lorenzo Valla e l’ideologia municipale romana nel De falso credita et ementitaConstantini donatione, in Italia et Germania. Liber Amicorum Arnold Esch,cur. H. Keller - W. Paravicini - W. Schieder, Tubingen 2001, pp. 225-236

Dedicare al pontefice: immagini di traditio in codici del Quattrocento, in Immagi -nare l’autore. Il ritratto del letterato nella cultura umanistica. Convegno distudi (Firenze, 26-27 marzo 1998), cur. G. Lazzi - P. Viti, Firenze 2000, pp.81-87

Niccolò V, in Enciclopedia dei Papi, 2, Roma 2000, pp. 644-658Niccolò V umanista di Cristo, in Umanesimo e Padri della Chiesa. Manoscritti e

incunaboli di testi patristici da Francesco Petrarca al primo Cinquecento.Catalogo della mostra (Firenze, febbraio-agosto 1997), Roma 1997, pp. 77-84

Niccolò V. Leon Battista Alberti. Roma, in Leon Battista Alberti e il Quattrocento.Studi in onore di Cecil Grayson e Ernst Gombrich. Atti del Convegno interna-zionale (Mantova, 29-31 ottobre 1998), cur. L. Chiavoni - G. Ferlisi - M.V.Grassi, Mantova 2001, pp. 47-64

L’immagine del principe e l’immagine della città, in Principi e città alla fine delMedioevo, San Miniato 1996 (Centro di studi sulla civiltà del Medioevo, SanMiniato. Collana di studi e ricerche, 6), pp. 315-332

Principe, architettura, immagini, in Il Principe Architetto. Atti del Convegno inter-nazionale (Mantova, 21-23 ottobre 1999), cur. A. Calzona - F.P. Fiore - A.Tenenti - C. Vasoli, Firenze 2002, pp. 41-53

Da san Tommaso, a Tommaso, a Niccolò V: la biografia del pontefice, in Dignitas etexcellentia hominis. Atti del Convegno Internazionale di Studi su GiannozzoManetti (Georgetown University – Kent State University: Fiesole – Firenze,18-20 giugno 2007), cur. S. U. Baldassarri, Firenze 2008, pp. 221-230

La Roma del cardinale Margarit, in Il cardenal Margarit i l’Europa Quatrecentista.Actes del Simposi Internacional (Universitat de Girona, 14-17 de Novembre2006), cur. M. Vilallonga - E. Miralles - D. Prats, Roma 2008, pp. 17-33

Savonarola di fronte ad Alessandro VI e alla Curia, in Una città e il suo profeta. Firenzedi fronte al Savonarola, cur. G.C. Garfagnini, Firenze 2001, pp. 109-118

L’Infant romà, «Revista Borja. Revista de l’Institut Internacional d’EstudisBorgians», 2 (2008-2009); Els fills del senyor Papa. Cinquè centenari de la mortde Cèsar Borja (1507-2007). Actes del II Simposi Internacional sobre elsBorjan (València-Gandia, 21-23 novembre 2007), cur. M. Toldrà, pp. 39-53(edizione elettronica)

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Venezia vista da Roma nel Tardo Medioevo, in La diversa visuale. Il fenomenoVenezia osservato dagli altri, cur. U. Israel, Roma 2008, pp. 75-87

Pio II e il papato nel Quattrocento, in Pio II Piccolomini. Il Papa del Rinascimentoa Siena. Atti del Convegno Internazionale di Studi (5-7 maggio 2005), cur. F.Nevola, Siena 2009, pp. 17-24

Una biografia pontificia per immagini. Sisto IV e l’Ospedale di Santo Spirito, «IlVeltro», 5-6 (2001), pp. 111-123

Restauri. Palmieri, Alberti e Manetti: opere a confronto, in Leon Battista Alberti,Architetture e committenti. Atti dei Convegni internazionali del Comitatonazionale VI centenario della nascita di Leon Battista Alberti (Firenze,Rimini, Mantova, 12-16 ottobre 2004), cur. A. Calzona - J. Connors - F.P.Fiori - C. Vasoli, Firenze 2009, pp. 489-512

Un repertorio di uomini illustri. Il Liber de temporibus suis di Mattia Palmieri, inScritti per Isa. Raccolta di studi offerti a Isa Lori Sanfilippo, cur. A. Mazzon,Roma 2008, pp. 641-668

Il Liber notarum del Burcardo da libro di cerimonie a libro di storia, in Mediter -raneo, Mezzogiorno, Europa. Studi in onore di Cosimo Damiano Fonseca, Bari2004, pp. 743- 775

Raccontano le cronache. Curia, corte e municipio, in Le due Rome del Quattrocento.Melozzo, Antoniazzo e la cultura artistica del ’400 romano. Atti del ConvegnoInternazionale di Studi (Roma, 21-24 Febbraio 1996), Roma 1997, pp. 161-171

Homo totus simplex. Mitografie di un personaggio, in Pomponio Leto tra identitàlocale e cultura internazionale. Atti del convegno internazionale (Teggiano, 3-5 ottobre 2008), cur. A. Modigliani - P. Osmond - M. Pade - J. Ramminger,Roma 2011, pp. 1-15

Introduzione, in Li Nuptiali di Marco Antonio Altieri pubblicati da Enrico Narducci,Roma 1995 (Roma nel Rinascimento. Inedita. 9 anastatica), pp. 7-40

Tradizioni popolari e coscienza politica, in Roma medievale, cur. A. Vauchez,Roma-Bari 2001, pp. 317-338

Los lugares de Lozana. Al margen del Alma Roma, in Doce calas en el Renacimientoy un epílogo, cur. D. Rincón González, Jaén 2007, pp. 435-463

NOTA ALLA RISTAMPA4

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COME INTRODUZIONE

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LORENZO VALLA E L’IDEOLOGIA MUNICIPALE ROMANANEL DE FALSO CREDITA ET EMENTITA

CONSTANTINI DONATIONE

Le tracce di una ideologia municipale romana sono per tutto ilMedioevo labili, se si eccettuano momenti di parossismo politico che tra-discono una prassi più che una teorizzazione.

È quanto accade, dalla metà del dodicesimo secolo, con la renovatioSenatus che sembra convogliare gran parte delle prospettive politicheromane almeno fino alla fine del Duecento. Nel secolo successivo la densaproposta di Cola di Rienzo avrebbe relegato in secondo piano il significa-to e i contenuti di quanto accaduto in città nei decenni successivi. Ancorapiù difficile cogliere segni di ideologia politica nel Quattrocento, quandoil progressivo recupero del potere pontificio emargina definitivamente iromani e sembra far scomparire nel nulla il loro pensiero politico, purmisero e ripetitivo sia stato. La damnatio memoriae, che ha accompagnatosempre la scomparsa di quanti hanno tentato di proporre uno sviluppodell’autonomia comunale, ha coinvolto anche le loro idee, spesso sepoltesotto le macerie di giudizi morali devastanti.

Altrettanto difficile cogliere i coinvolgimenti all’interno della città,capire l’appoggio o l’opposizione dei diversi gruppi sociali; individuare lecollusioni, o gli accordi, esterni alla città, intuire come l’opposizione roma-na si raccordasse ai complessi giochi politici italiani.

La selezione delle fonti propone prospettive come non mai disarticola-te e contradittorie. L’ultimo tentativo armato in età medioevale contro ilgoverno pontificio a Roma è quello, nel 1460-1461, di Tiburzio di Maso.Tentativo esaltato dalla prosa dello stesso pontefice che era attentato nelproprio potere; tentativo in cui è difficile trovare le trame di un serio e arti-colato coinvolgimento di gruppi sociali romani; anche se Pio II parla diuna congiura nella quale sarebbero stati coinvolti il principe di TarantoGiovanni Antonio Orsini, Prospero Colonna e i Colonna, Everso degliAnguillara, Giovanni d’Angiò, Jacopo Savelli e Jacopo Piccinino. Nelle

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cronache contemporanee, e nei dispacci diplomatici, pur con qualchedivergenza che andrà ancora investigata, i congiurati vengono presentaticome «ladri di galline». Le confessioni e la tortura sembrano rivelare coin-volgimenti politici, aspirazioni, sradicamento sociale dei congiurati («nonè più tempo» rispondevano i giovani romani ai tentativi di coinvolgimentodi Tiburzio), misere ambizioni e paure. Altre fonti suggeriscono cheTiburzio avrebbe voluto proporsi come signore della città: dominus1.

Negli orizzonti mentali dei romani, nel Medioevo, solo per brevissimimomenti, o per spazi improvvisi, è presente l’idea di repubblica. I romanihanno consuetudine con l’idea di impero. Possono pensare a una signoria,anche ecclesiastica; accettano difficilmente un potere partecipato e checoinvolga gruppi sociali diversi. Le ragioni di ciò non stanno, come unalunga tradizione letteraria ha iteratamente ripetuto, in componenti caratte-riali, ma nella storia stessa della città che ha educato i romani a pensare inriferimento all’antico, con il modello ossessivo e politicamente sterile dellagrandezza passata. Una storia politica che, per reazione alla presenza delpapato, sceglie di proporre per tutto il Medioevo, o è costretta a proporre,come fondante della propria autonomia, la Lex regia de imperio. Se l’auto-rità del pontefice, secondo la «ecclesiologia costantiniana», derivava diret-tamente da Cristo, attraverso Pietro; se il potere spirituale era all’origine diquello temporale, subalterno quest’ultimo e derivazione del primo, l’unicavia per difendere una propria autonomia politica era per Roma tornare aindicare modelli antichi, che riaffermassero come il potere era nel popoloe come questi potesse delegarlo al Senato2.

Su questi presupposti ideologici si era avuta nella prima metà del dodi-cesimo secolo la Renovatio senatus, che si era immediatamente scontratacon l’impossibilità per i romani di proporsi concretamente come interlocu-tori di papato e impero. Non è senza significato che uno dei primi docu-menti del rinnovato Senato romano suggerisca a Corrado III re dei roma-ni di venire a Roma per ricevere dai romani la corona imperiale e chiedache Corrado risieda stabilmente a Roma, che la città torni dopo secoli aessere residenza stabile dell’imperatore e vera capitale dell’impero3. LaRenovatio senatus costituiva in tal modo un rifiuto delle tante translationes

1 P. Farenga, “I romani sono periculoso popolo...”. Roma nei carteggi diplomatici, inRoma capitale (1447-1527), cur. S. Gensini, Pisa 1994, pp. 289-315.

2 M. Miglio, Il Senato in Roma medievale, in Il Senato nella storia. Il Senato nel medioe-vo e nella prima età moderna, Roma 1997, pp. 117-172.

3 Ibid., p. 122; Codice diplomatico del Senato romano dal MCXIV al MCCCXLVII, ed.F. Bartoloni, Roma 1948, pp. 6-7.

MASSIMO MIGLIO8

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imperii, e un’utopica affermazione di continuità dell’impero, una verarenovatio imperii. Corrado III avrebbe ripreso la storia dell’impero là dovel’aveva lasciata Romolo Augustolo.

Utopia politica che segnò i secoli successivi della storia romana.L’impero non tornò mai a Roma, ma i romani sentirono sempre la propriamagistratura ideologicamente come una parte dell’impero: «senatoriadignitas, que pars est corporis imperialis» (come recita un documento del1244 emanato dai senatori filopontifici Annibaldo e Napoleone4); nonintesero quasi mai il Senato come una magistratura che fosse espressionesoltanto municipale. Per cominciare a parlare di repubblica, nella Romamedievale, bisognerà aspettare le crisi tardomedievali di papato e di impe-ro e fors’anche i primi dibattiti umanistici relativi alla superiorità politicanel mondo classico dell’età repubblicana rispetto a quella imperiale.

Utopia politica che trova evidenza nel dettato della cancelleria delSenato, dove il termine repubblica ha ricorrenze rarissime; si incontra soloin momenti del tutto significativi e diviene spia di sotterranee tensioni,indice di disagi istituzionali.

Non è un caso che il termine ricorra soprattutto in documenti inviati aimperatori o aspiranti tali. La prima volta è quasi all’alba della storia delSenato di Roma medievale quando, nel 1149, alcuni consiglieri dello stes-so Senato scrivono a Corrado III re dei romani in imperii restaurationem enell’intitolazione della lettera definiscono il loro incarico di consiliatorescuriae sacri senatus et communis salutis rei publicae procuratores5. Il termi-ne ha in questo caso il valore generico di Stato, ma bisognerà perlomenoannotare che il documento è stato sicuramente dettato dal cancelliere delSenato e che l’incarico non compare più tardi tra le magistrature dell’isti-tuto senatoriale.

Ancora più generica, e sicuramente senza nessun riferimento ad alcunaspetto istituzionale, l’utilizzazione che ne viene fatta in un documento del11886. Bisognerà aspettare il 1220 e il senatorato unico di Pietro Parenzoper trovare in un solo documento la reiterata presenza per quattro voltedel termine res publica. Il senatore Parenzo è tra i senatori quello con piùforti tensioni autonomistiche; la società romana sta vivendo un momentodi intenso rinnovamento sociale, di espansione economica e fors’anche dirinnovata elaborazione ideologica. Il destinario del documento è il giova-

4 Miglio, Il Senato cit., p. 140.5 Codice diplomatico cit., p. 7.6 Ibid., p. 71.

LORENZO VALLA E L’IDEOLOGIA MUNICIPALE ROMANA 9

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