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Res Antiquae 5 (2008), p. 15-22 La Tyche di Castelraimondo Un'iconografia ellenistica rinvenuta sulle Alpi orienta li italiane Marco CAVALIER! Université catholique de Louvain (Louvain-la-Neuve) Dans le cadre d'un projet de fouilles près de l'agglomération mineure de Castelraimondo (province d'Udine, Frioul-Vénétie Julienne, Italie), a été retrouvé une intaille reproduisant l'image de la divinité greco-romaine Fortuna. Dans cet article, la trouvaille, peut-être un ancien chaton d'anneau, est étudiée dans sont contexte archéologique et iconographique. Introduzione Gemmae ...rerum naturae maiestas (Plin. Nat. Hist. XXXVII, 1) Nell'ambito deI progetto di ricerca archeologica svoltosi tra la fine degli anni Ottanta ed il 2006 presso il sito di Castelraimondo (provincia di Udine, Friuli Venezia-Giulia, Italia) e diretto dalle Università di Parma e Bologna, si è scavato, pubblicato e valorizzato un insediamento d'altura vissuto tra l'età protostorica e quella romana, oggi divenuto, grazie a finanziamenti europei Interreg Italia- Austria, un parco archeologico'. Gli scavi, condotti in toponimo Zuc 'Scjaramont (nel Comune di Forgaria nel Friuli), colle di 450 m circa d'altezza, posto fra la riva destra deI Tagliamento e 1. Vasta è la bibliografia di riferimento ; in attesa di un' opera che editi completamente i dati relativi aile campagne di scavo 2000-2006, prevista per il 2008 a cura di Sara Santoro Bianchi, qui si riportano solo i testi di sintesi ed i più recenti, riportanti la bibliografia precedente: S. SANTORO BIANCHI (ed.) « Castelraimondo. Scavi 1988-1990. I-Lo scavo )), Roma 1992; EAD., « Castelraimondo. Scavi 1988-1990. II-Informatica, archeometria e studio dei materiali )), Roma 1995; EAD., « Problemi di studio e conservazione degli insediamenti minori romani di area alpina )), Bologna 1999; R. GHETII, 1 segreti di Castelraimondo, Udine, 1999; M. CA VAL/ERI, « Gli insediamenti minori romani in area alpina orientale. Il casa di Castelraimondo di Forgaria nel Friuli )), L'Universo 3, 2002, p. 366-387 ; ID., « Note interpretative sulla dracma venetica rinvenuta a Castelraimondo. Campagna di scavo 2002 )), Aquileia Nostra LXIII, 2002, c. 217-230.

La Tyche di Castelraimondo. Un’iconografia ellenistica rinvenuta sulle Alpi orientali italiane, in “Res Antiquae”, 5, 2008, pp. 15-22

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Res Antiquae 5 (2008), p. 15-22

La Tyche di Castelraimondo

Un'iconografia ellenistica rinvenuta sulle Alpi orienta li italiane

Marco CAVALIER! Université catholique de Louvain (Louvain-la-Neuve)

Dans le cadre d'un projet de fouilles près de l'agglomération mineure de Castelraimondo (province d'Udine, Frioul-Vénétie Julienne, Italie), a été retrouvé une intaille reproduisant l'image de la divinité greco-romaine Fortuna. Dans cet article, la trouvaille, peut-être un ancien chaton d'anneau, est étudiée dans sont contexte archéologique et iconographique.

Introduzione

Gemmae ... rerum naturae maiestas (Plin. Nat. Hist. XXXVII, 1)

Nell'ambito deI progetto di ricerca archeologica svoltosi tra la fine degli anni Ottanta ed il 2006 presso il sito di Castelraimondo (provincia di Udine, Friuli Venezia-Giulia, Italia) e diretto dalle Università di Parma e Bologna, si è scavato, pubblicato e valorizzato un insediamento d'altura vissuto tra l'età protostorica e quella romana, oggi divenuto, grazie a finanziamenti europei Interreg Italia­Austria, un parco archeologico'.

Gli scavi, condotti in toponimo Zuc 'Scjaramont (nel Comune di Forgaria nel Friuli), colle di 450 m circa d'altezza, posto fra la riva destra deI Tagliamento e

1. Vasta è la bibliografia di riferimento ; in attesa di un' opera che editi completamente i dati relativi aile campagne di scavo 2000-2006, prevista per il 2008 a cura di Sara Santoro Bianchi, qui si riportano solo i testi di sintesi ed i più recenti, riportanti la bibliografia precedente: S. SANTORO BIANCHI (ed.) « Castelraimondo. Scavi 1988-1990. I-Lo scavo )), Roma 1992; EAD., « Castelraimondo. Scavi 1988-1990. II-Informatica, archeometria e studio dei materiali )), Roma 1995; EAD., « Problemi di studio e conservazione degli insediamenti minori romani di area alpina )), Bologna 1999; R. GHETII, 1 segreti di Castelraimondo, Udine, 1999; M. CA VAL/ERI, « Gli insediamenti minori romani in area alpina orientale. Il casa di Castelraimondo di Forgaria nel Friuli )), L'Universo 3, 2002, p. 366-387 ; ID., « Note interpretative sulla dracma venetica rinvenuta a Castelraimondo. Campagna di scavo 2002 )), Aquileia Nostra LXIII, 2002, c. 217-230.

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Fig. 1. Carta geografica della Cisalpina romana con le quattro regiones augustee: nel territorio della Venetia et Histria, alla confluenza dei fiumi Tagliamento ed Arzino, è

collocato il sito archeologico di Castelraimondo (M. Cavalieri).

la Val d'Arzino, hanno messo in luce un insediamento sommitale di lunghissima continuità vita, dal IV sec. a.C. al X d.C. : un villaggio fortificato poi trasformatosi in fortezza romana, successivamente ancora in refugium tardantico e, infine, in un insediamento rurale medievale. Se nella tarda età del Ferro, Castelraimondo è un centro che esprime una cultura composita, cioè con evidenti presenze celtiche, ma anche retiche e venetiche2, certamente è al periodo corrispondente alla romanizzazione delle Alpi (a partire dal II sec. a.c.) e alle successive fasi tardorepubblicana ed imperiale che si deve datare la maggior parte dei reperti archeologici rinvenuti sul colle di Castelraimondo, e tra questi anche la gemma incisa di cui andremo à trattare.

Contesto archeologico di rinvenimento : la torre romana

Dopo la fondazione della colonia latina di Aquileia (181 a.c.) e la successiva fase di conquista diplomatico-militare dell'arco alpino da parte romana3, una vera e propria militarizzazione deI Friuli avvenne solo tra il 51 ed il 58 a.c., allorquando Cesare, successivamente al saccheggio di Tergeste/Trieste da parte della popolazione degli lapides (Caes. Gall. l, 10), decise d'istallare, a guardia

2. S. SANTORO BIANCHI, «1 villaggi d'altura dei Friuli fra IV e II sec, a.C,», in S. AGUSTA­BOULAROT, X. LAFON (ed.), Des Ibères aux Vénètes, (BEFRA 328), Rome 2004, p. 432,

3. C. ZACCARIA 1992, «L'arco alpino orientale nell'età romana», in S. SANTORO BIANCHI (ed.), Castelraimondo. Scavi 1988-1990. I-Lo scavo, Roma 1992, p. 75-98.

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Fig. 2. Panorama da! colle di Castelraimondo della vallata dei fiume Arzino in direzione N (M. Cavalieri).

permanente dell'enorme entroteITa aquileiese, quattro legioni e di costruire diversi centri fortificati : i castella e gli oppida di ad tricesimumlTricesimo, Osopusl Osoppo, GlemonalGemona, noncbé 10 stesso municipium di fuhum Carnicum/ Zuglio.

Di seguito, durante le campagne sul Oanubio d'età augustea, questa zona non fu mai completamente smilitarizzata, nonostante la linea difensiva delle Alpi Giulie fosse in quell' epoca una retrovia abbastanza tranquilla. Il presidio armato delle vallate alpine fu mantenuto, anzi rinforzato, per assicurare, oltre al controllo delle vie militari, anche il buon funzionamento dei cursus publicus istituito da Augusto per dirigere da Aquileia le armate in Germania e per reprimere il brigantaggio, pericoloso per mercanti, viaggiatori e pastori.

È proprio in questo quadro che si puo osservare come l' insed iamento di Castelraimondo compia un salto di qualità nella gerarchia degli abitati indigeni, manifestando in modo inequivocabile la sua nuova condizione di sito romanizzato : infatti, in un settore dei villaggio, già in precedenza occupato da un sistema fOltificato di tradizione celtica, è costruita una tOITe quadrata databile tra la fine dei l sec. a.c. e l 'inizio dei 1 sec. d.C. 4 Le tecniche edilizie utilizzate e la struttura sono dei tutto estranee al panorama locale a dimostrazione di un intervento di segno chiaramente romano, esplicitamente voluto dal potere centrale. La datazione è fornita grazie al rinvenimento archeologico in fondazione di frammenti anforari (Lamboglia 2, Dressel 2/5), fibule (Krâftig proflherte Fibeln, fibula tipo Aucissa),

4. Torri a pianta quadrata - nella fattispecie m 5,90 di lato - sono generalmente attribuite alla tarda età repubblicana, anche se sappiamo da Vegezio (mil. I, 23) che questo tipo di strutture poteva avere fonna Înterdum quadrata, interdum trigona, interdum semirolonda, prout loci qI/alitas aut necessitas postu!averil.

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Fig. 3. Restituzione grafica ipotetica della torre romana di CasteIraimondo, fine 1 sec. a.c.

- inizio 1 sec. d.C. (Disegno di A. Pratelli).

semisse repubblicani ancora circo­lanti in età augusteas. Anche la tecnica con cui fu realizzata la torre - spezzoni di calcare locale tenuti coesi da malta e tetto in laterizi - conferrna questa datazione che pare poter es sere messa in relazione alla feroce resistenza opposta dalle popolazioni alpine alla penetrazione dell'armata romana di P. Silius NervaneI16a.C.6Daquestiavveni­menti furono interessate oltre la Val Trompia, la Val Camonica e la Val Tellina anche le valli minori dell'alto Friuli, attraverso le quali erano penetrati in Istria i Pannonici ed i Norici che il generale Nerva ricaccio oltralpe.

Sorta in questa fase storica, la torre, che estemamente era into­nacata, si qualifica come punto di guardia e segnalazione, su un piccolo pianoro deI colle di Castel­raimondo, in collegamento visivo con altri punti emergenti lungo la valle dell' Arzino e quella deI

Tagliamento, fino ad Osoppo a nord e a Aquileia a sud: un sistema di comu­nicazione particolarrnente importante per tutto il periodo in cui Augusto, da Aquileia, condusse e coordino, come accennato, la conquista dell'area danubiana7•

È chiaro, inoltre, che il significato della costruzione vada ben oltre l'aspetto strettamente funzionale e militare, assumendo un valore di deterrente psicologico nei confronti delle popolazioni indigene non abituate a questo tipo di strutture (anche per la scelta di tecniche edilizie estranee all'ambiente culturale alpino, in particolare la malta e i laterizi) che rendevano esplicito il fatto che Roma si fosse appropriata del territorio.

La forte connotazione militare del sito perrnane fino a tutto il IV sec. d.C., nell'ambito di un'organizzazione difensiva romana basata su un duplice sistema di fortificazioni : uno sul limes renano-danubiano ed un secondo nella regione alpina. Solo intomo al 430 un evento bellico di grande violenza distrusse l'insediamento di Castelraimondo, ivi compresa la torre8• Da quanto emerge dagli scavi - nonostante la difficoltà interpretativa di alcuni dati stratigrafici - la

5. S. SANTORO BIANCHI 1992, op.cit., p. 172. 6. Vell. II, 95, 1-3; Casso Dio UV, 22, 5 ; OV. trist. IV, 2, 37-42 ; Hor. C. 4, 14, 10-13 ; Florus

4, 12, 4 ss. e 2, 22. 7. G. BRIZZI, 1 sistemi informativi dei Romani, Weisbaden 1982. 8. S. SANTORO BIANCHI 1992, op. cil., p. 194.

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torre sembra aver costituito una presenza costante nella vita dei sito, COS! come provano i rinvenimenti numismatici che, dalla fase tardo repubblicana, arrivano fino almeno alla metà dei IV sec. d.C.9

Proprio in questo contesto, durante la X campagna di scavo, si rinvenne la comiola di cui andiamo a trattare in maniera sintetica, attendendo per una disamina più approfondita dei problemi contestuali, la prossima pubblicazione, su fondi dell'U .E., dei terzo volume su Castelraimondo.

Scheda tecnica e descrittiva

Calcedonio comiola di colore arancione. Ovale, troncoconica piana; intaglio nella faccia maggiore. Forma Zwierlein Diehhl8.

Integra. mmIOx7,5x2.

Tyche-Fortuna stante di prospetto, con fianco Slnlstro fortemente spostato in fuori e testa di profilo a destra. Indossa chitone pieghettato : un apoptygma 0 una cintura annodata sotto il sena sono rappresentati mediante un diverso andamento delle linee che da orizzontali sul petto, divengono verticali sul tronco dei corpo ; un himation, reso in maniera stilizzata, è avvolto attomo ai fianchi e ricade dal braccio destro, al quale è

Fig. 4. Comiola rappresentante Tyche­Fortuna, rinvenuta presso la ton'e romana di

Castelraimondo (fine ][ sec. d.C.) (M. Cavalieri).

appoggiata la cornucopia ; la mana sinistra abbassata regge la barra dei timone, disposto orizzontalmente dietro il corpo della dea.

La gemma presenta un'incisione rapida e corsiva e s'inserisce in una produzione di serie databi le, sia dal punto di vista esecutivo, sia sotto il rispetto iconografico, ad età romano-imperiale. Il soggetto è paIiicolarmente divulgato : la dea, che veste chitone e mantello, porta quali attributi specifici, a sinistra, il

9. In effetti la maggior parte delle monete rinvenute a Castelraimondo proviene dall'intemo della tOITe 0 dalle sue immediate vicinanze ; la seppur modesta circolazione monetale presso il sito in questione, che, tuttavia, diventa più numerosa tra fine III e IV sec. d.C., è da mettere in relazi.one con Je vicende militari e le invasioni che provocarono il passaggio in questa regione di eserciti, eJementi diffusori di moneta per eccellenza ; M. AMALDI CARPINTERI, « 1 reperti numismatici dal colle di Castelraimondo », in F. PIUZZI (ed.), Il colle ahbandonato di Castelraimondo. Tes/imoniare il passato con i metodi dei presente, Udine 1987, p. 83-95; E. ERCOLANI COCCf-II « Le monete », in S. SANTORO BIANCHI (ed.), Cas/elraimondo. Scavi 1988-/990. lI-/nformatica. archeometria e studio dei materiali, Roma 1992, p. 349-364; G. MAINARDI VALCARENGHI, A. NOVELLTNI, S. SANTORO, « Forgaria nel Friuli, Castelraimondo. IX campagna di scavo, 2003 : l'Antoninianus di Probo », Aquileia Nos/ra LXIV, 2003, c. 740-742.

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timone, simbolo di come ella gui di le sorti umane, a destra la comucopia, allusiva alla prosperità che è in grado di dispensare.

Come si è già osservato, l'intaglio presenta una resa stilistica semplificata se non frettolosa sia nel panneggio della veste, realizzato mediante linee parallele tracciate con una punta grossa, sia negli attributi poco più che suggeriti ; la testa, inoltre, ha un rendimento globulare ove sono totalmente assenti i tratti del volto. Tali caratteri di estrema schematicità portano ad avvicinare il manufatto allo stile dei prodotti aquileiesi dell'« Officina delle Linee Grosse» con una datazione che, secondo la Sena Chiesa, è ipotizzabile tra la fine del II ed il III d.C. Con tale cronologia, tuttavia, potrebbe contrastare la posizione del timone, disteso dietro la figura anziché nella più frequente resa « ad ombrello » documentata in epoca più tarda: tale elemento potrebbe induITe a rialzare la data d'esecuzione nel corso deI solo II sec. d.C.JO

Commento iconografico

La personificazione della F ortuna, già nota in età ellenistica (TuXl1), compare per la prima volta nel mondo romano su coni monetali della fine dell'età repubblicana (si vedano le monete di P. Sepullius Macer e quelle di Ti. Sempronius Graccus, circa44-40 a.C.)!!, perpoi diffondersi, a partire dalla fase augustea, sulle emissioni monetali imperiali fino al III sec. d.C. Di qui si diffonde nella glittica, dove gode di notevole fortuna, specialmente durante il II-III sec. d.C., con probabilità a causa deI significato augurale e propagandistico insito nella figurazione stessa.

Fin dal 1 sec. a.C. tra le classi dirigenti romane si diffonde una vera e propria passione per le pietre preziose e semipreziose, considerate simbolo di potere e lusso, ma anche oggetto di colto interesse scientifico, cosi come bene testimoniato dall 'ultimo libro della Naturalis Historia pliniana, consacrato interamente aIle gemme.

La pietra lavorata, ovvero l' associazione della materia e dell' opus, è un apprezzato oggetto d'arte, ma al contempo pua assumere, laddove incastonata in un anello, il valore simbolico d'immagine specifica deI proprietario, sigillo del suo potere e deI suo rango sociale.

Cosi come chiaramente riassunto dalla Mandrioli Bizzarri, tale panorama muta a partire dalla prima metà deI 1 sec. d.C., allorquando la produzione glittica diviene oggetto di una generale standardizzazione della lavorazione, che da artigianale

10. G. SENA CHIESA, «Le gemme dei Museo Nazionale di Aquileia», I-II, Padova 1966; EAD., « Opus et materia : pietre, serie iconografiche e variazioni di gusto nella glittica di età romana », Pact 23, 1989, p. 281-299 ; M. MAASKANT -KLEIBRINK, « Catalogue of the Engraved Gems in the Royal Coin Cabinet the Hague. The Greek, Etruscan and Roman Collections», I-II, Wiesbaden 1978; A. R. MANDRIOLI BIZZARRI, « Gemme antiche da Claterna (BO) al Museo Civico Archeologico di Bologna», Pact 23, 1989, p. 217-238; E. GAGETTI, « Gemmam lucidulam, raram, caram ... Ooliab sculpsit quam Baseleelque notavit. Il reimpiego glittico sull'altare», in G. SENA CHIESA (ed.), Gemme dalla corte imperiale alla corte celeste, Milano 2002, p. 75-96.

II. E. A. SYDENHAM, « The Coinage of the Roman Republic », London 1952, p. 184, n. 1126, tav.28.

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comincia ad assume caratteristiche seriali. L'uso delle pietre incise, infatti, si va estendendo sempre più dalle élites ai ceti medi, favorito dal tipo di produzione, quantitativamente maggiore, ma di qualità più scadente ; contemporaneamente, e di conseguenza, l'intaglio perde il suo carattere di segno distintivo e la funzione sigillare della pietra decade a vantaggio di quella puramente omamentale. Lo stile si « degrada »12, divenendo difficile, col tempo, stabilire per alcuni esemplari una chiara appartenenza cronologica. Questo processo di dissoluzione della forma s'accentua ancor più nel II sec. d.C. anche in conseguenza deI fatto che sempre più importanza è attribui ta al materiale piuttosto che all' intaglio, cosicché « le pietre incise vanno perdendo il loro val ore sigillare e vengono ricercate, da una clientela sempre più vasta e anonima, solo a scopo omamentale »13.

Considerazioni conclusive

Le gemme giunte sino a noi dall'antichità sono in grandissimo numero, ma certamente la comiola è la pietra più usata in ogni periodo e cio probabilmente per il sua minor costo e per la sua più facile lavorazione che non richiede un taglio particolare, per altro molto vario. Anche da questo punto di vista l'esemplare di Castelraimondo è inseribile tra le forme più diffuse, quelle a superficie piana, più facilmente tagliabili rispetto a quelle convesse e percentualmente più frequenti, in sena alla produzione aquileiese, nell'ambito delle élites municipali d'età medio­imperiale, cosi come bene evidenzia il casa d'Altino I4 .

È stato più volte sottolineato come nell'ambito della ricerca glittica 10 studio delle gemme intagliate, intese come « materiali archeologici », abbia una storia an cora relativamente giovane l5 , a tutto vantaggio delle indagini antiquario­collezionistiche che, anche nel recente passato, si sono interessate più all' oggetto in quanto tale che al sua contesto archeologico. In tal senso si è parlato di preziosi disiecta membra, cui anche l' esemplare ritrovato a Castelraimondo nella campagna di scavo 2004, malauguratamente sembra aggiungersi. Infatti, pur se il reperto è stato rinvenuto nell'ambito dello scavo della tOITe romana, le numerose incongruenze cronologico-stratigrafiche evidenziate nel rapporto con altri reperti appartenenti alla medesima US di giacitura, hanno impedito di considerarlo elemento in deposito primario.

Cio premesso, è evidente che ogni tentativo di spiegazione della presenza a Castelraimondo di un tale manufatto abbia valore di mera ipotesi di lavoro, mancando dati stratigrafici sufficientemente attendibili. Ciononostante, se si

12. L'espressione è mutuata da G. SENA CHIESA, « Gemme di Luni », Roma 1978, p. 37 che, a sua volta riprende un concetto già delineato in E. ZWIERLEIN DIEHL, « Die antiken Gemmen des Kunsthistorischen Museums in Wien », 1, München 1973, p. 15.

13. A. R. MANDRIOLI BIZZARRI, « La Collezione di gemme deI Museo Civico Archeo1ogico di Bologna », Bologna 1987, p. 85.

14. C. M. TOMASELLI, « La collezione ottocentesca di scarabei, gemme e cammei deI Museo di Archeologia dell'Università di Pavia », Pact 23, 1989, p. 249-279 ; G. SENA CHiESA, « Arte e prestigio nella glittica di età romana », in B. ZANETTIN (ed.), Cristalli e gemme. Realtà fisica e immaginario, simbologia. tecniche e arte, Venezia 2003, p. 387-389.

15. G. PAVESI, E. GAGETTI, « Arte e materia. Studi su oggetti di omamento di età romana », G. SENA CHIESA (ed.), Mi1ano 2001, p. 211-212.

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vuole avanzare qualche congettura circa un possibile antico proprietario di quest'oggetto e tentare di formulare un eventuale rapporto tra l'immagine iscritta e la persona che possedeva la gemma (probabilmente incastonata in un anello), tre sono i percorsi di ricerca a nostra disposizione : le fonti letterarie, l'associazione di un'iconografia incisa ad un'iscrizione, l'attribuzione di un legame tra l'immagine intagliata e 10 status sociale 0 l'attività deI proprietario.

Partendo dalle fonti scritte, in vero, i passi letterari relativi al possesso di gemme sono sempre in riferimento a personaggi celebri della storia (Alessandro, Augusto, Mecenate, Galba etc.), fatto che di per sé esclude immediatamente una ricerca in questa direzione; quanto alle eventuali iscrizioni associate ad immagini intagliate, questa, purtroppo, non è una condizione applicabile al casa specifico. Infine, v'è il metodo attributivo : il contesto militare in cui la comiola di Castelraimondo è stata ritrovata, per di più in associazione ad un'immagine della dea Fortuna, bene sembrerebbe addirsi ad un miles (legionario 0 ausiliario che fosse e non necessariamente, in que st' epoca, delle più alte gerarchie), il quale trascorreva la maggior parte della propria esistenza nel servizio reso allo Stato, impetrando alla divinità la salvezza fisica e la prosperità materiale. Tuttavia Fortuna, com'è ovvio, è nume tutelare universale, cosi come bene dimostra, ad esempio, il castone di un anello rinvenuto al dito di un giovane morto, sulla spiaggia di Ercolano, a causa dei gas venefici emessi dal Vesuvio l6 • Dunque, sul colle di Castelraimondo la presenza della dea che regge le sorti umane potrebbe essere un caso, un esempio di moda, 0 anche un uso connesso a credenze, a forme di devozione di precisi gruppi umani, suddivisi per età, classe sociale ed attività. Siccome, tuttavia, il sito di Castelraimondo, almeno in quella fase storica, sembra essere stato maggiormente frequentato da soldati, ci sembra verosimile ipotizzare un'appartenenza della comiola a qualche individuo legato a quel mondo e che l'immagine di Fortuna sia da mettere in relazione alla vicenda umana deI suo proprietario-committente che scelse di porsi sotto la protezione proprio di quella dea. Resta beninteso, comunque, che questa è solo un'ipotesi, tanto più che altre considerazioni devono essere valutate in proposito : tra que ste non si puo sottacere che spesso oggetti di lusso come le gemme abbiano avuto una vita assai più lunga dei loro committenti, tanto che conosciamo casi di lasciti testamentari 0 eredità, ove la scelta di una certa immagine, magari con una qualche attinenza alle attività o aIle credenze del defunto, non aveva più nulla a che fare con quelle dei figli, dei nipoti 0 dei liberti legatari l7 • Se in questa fenomenologia rientrasse anche il casa della comiola di Castelraimondo, dovremmo in qualche modo concludere che tale oggetto avesse perduto il suo originario valore totemico nell'avvicendarsi dei suoi vari proprietari e sia stato condotto e poi perso sul colle come un normale gioiello omamentale.

16. L. A. SCATOZZA-HORICHT, « 1 monili di Ercolano », Roma 1989, n. 3. 17. H. GUIRAUD, « Intailles et camées romains », Paris 1996, p. 169-173.