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STUDI E RICERCHE 10

La follia come metafora di una via alla modernità: Adib di Taha Husayn da Modernità arabe

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studi e ricerche 10

isBN 978-88-469-2122-2

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tutti i diritti sono riservati all’editore.È vietata la riproduzione anche parziale dell’opera.

M E S O G E A

Modernità arabeNazione, narrazione e nuovi soggetti nel romanzo egiziano

Lorenzo casiniMaria elena PaniconiLucia sorbera

nota degli autori

i tre autori di questo volume, pur avendo concepito congiuntamente il la-voro e pur avendo mantenuto costanti lo scambio e il confronto in ognuna delle sue fasi, hanno scritto e curato ciascuno una parte specifica di esso.

Maria elena Paniconi, università degli studi di Macerata, ha scritto i capitoli: 1.1; 1.2; 1.3; 1.4; 1.5.

Lorenzo casini, università degli studi di Messina, ha scritto i capitoli: 2.1; 2.2; 2.3; 2.4; 2.5.

Lucia sorbera, the university of sydney, ha scritto i capitoli: 3.1; 3.2; 3.3; 3.4.

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capitolo 2.5 LA FOLLiA cOMe MetAFOrA di uNA ViA ALLA MOderNità:

AD<B (1935) di Vaha IusAYN

Ad\b: una lettura metaletteraria

in conclusione del nostro esame di Ad\b, nel capitolo 1.5, abbiamo definito il protagonista omonimo del romanzo di Vaha Iusayn come la quint’essenza del personaggio moderno e contrastato già delineato in Zaynab da Muiammad Iusayn haykal. La campagna è per Ad\b, come per Iamid in Zaynab, fonte di ispirazione e oggetto di contemplazione, ma anche em-blema dell’arretratezza culturale del paese. Ad\b e Iamid, come anche Muisin in ‘Awdat al-r^i, identificano nella campagna le radici profonde della loro identità culturale, ma dalla campagna rifuggono inesorabilmente verso i grandi centri della moderna cultura urbana: la capitale egiziana o, possibilmente, una grande città europea. Nel romanzo di Vaha Iusayn, a differenza di Zaynab o ‘Awdat al-r^i, i tratti contradditori del protagonista appaiono però volutamente esasperati, e l’autore, come abbiamo osservato, prende decisamente le distanze dall’eroe del proprio romanzo, contrappo-nendogli se stesso da giovane come narratore autobiografico.1

Le pagine che seguono sviluppano l’idea di Ad\b come quint’essenza del personaggio moderno attraverso un esame separato di alcuni aspetti della narrazione: la caratterizzazione del personaggio, il suo immaginario della campagna, il modo in cui esperisce il soggiorno francese e lo rac-conta nelle sue lettere. Questi aspetti della narrazione, come vedremo, rimandano costantemente alle contraddizioni dell’immaginario naziona-lista egiziano: dalla mistificazione romantica dell’ambiente contadino,

1 cfr. cap. 1.5.

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all’idealizzazione delle società europee come modello da imitare, al ran-coroso rigetto del modello europeo. dato il carattere squisitamente me-taletterario che assume il personaggio di Ad\b in questa lettura del ro-manzo, il suo inesorabile incedere verso la follia si carica di una forte valenza allegorica, come parodia del percorso intellettuale di un’intera generazione di letterati egiziani.

sin dalle prime pagine, il testo si adopera a delineare la fisionomia di Ad\b (il cui nome, ricordiamolo, significa genericamente «letterato») come una specifica tipologia di uomo di lettere. dopo che il narratore (il personaggio autobiografico del giovane Vaha Iusayn) ci presenta Ad\b come un modernista smodato che si diverte a irridere gli studenti prove-nienti dall’università islamica di al-Azhar, è lo stesso Ad\b a presentarsi al giovane Vaha, quando, nel corso del terzo capitolo, lo accompagna a casa sua e gli spiega perché abbia deciso di vivere fuori dal centro cittadino:

Non amo vivere in basso, nella pianura, come il resto della gente, mi piace invece sovrastare il cairo. così immagino di non esservi immerso, di entrarvi la mattina quando scendo al lavoro e di uscirne la sera quando torno a casa. Non ti nascondo che la mat-tina provo un intenso piacere quando calo in città da questa al-tura, come se stessi compiendo un’incursione o avventandomi sulla città come l’aquila si avventa sulla sua preda. e provo un piacere altrettanto intenso nel corso della giornata condividendo le preoccupazioni dei suoi abitanti, prendendo parte alle loro con-versazioni e alle loro attività, buone o cattive che siano, facendo e ricevendo del bene o del male, fino a quando, arrivata la sera, loro si stufano di me e io di loro. Allora mi reco a quella vostra nuova università e mi riposo ascoltando ciò che viene detto di interes-sante o noioso, e comunque di inutile. dopo aver tratto sufficiente giovamento da questo primo riposo, me ne vado a casa. Ah, non mi chiedere di descriverti quali sentimenti squisiti mi inondino il cuore man mano che mi avvicino a questo luogo, come se stessi fuggendo dalla città, liberandomi dalle sue preoccupazioni, la-sciando i suoi peccati dietro di me, purificando corpo e anima dalle sue sporcizie! Fino a quando inizio ad ascendere questa col-lina e raggiungo la sua sommità, dopo aver provato la fatica di salire per una strada scoscesa e tortuosa, e infine mi fermo come chi si è appena liberato da una calamità.2

2 Vaha Iusayn, Ad\b, dar al-Ma‘arif, al-Qahira 1962, pp. 17-8. (Nostra traduzione).

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L’intervento di Ad\b, che è di per sé un’autonoma composizione lette-raria, oltre a spiegare le ragioni che lo hanno spinto a vivere su quell’al-tura, fa luce anche sul modo in cui interpreta il suo ruolo di letterato. da questo brano si può facilmente evincere la necessità di Ad\b di sentirsi distinto dalla massa («non amo vivere in basso nella pianura come il resto della gente») e la natura quasi sacrale che egli attribuisce alla sua fun-zione. Non può infatti sfuggire il linguaggio religioso che viene utilizzato per descrivere il suo quotidiano rientro a casa dopo una giornata di lavoro. La strada da compiere per arrivare a casa, che verso la fine si fa scoscesa e tortuosa, è rappresentata come un percorso di «purificazione» dai «pec-cati» della città al fine di raggiungere una condizione spirituale superiore. Lo stesso tipo di linguaggio viene adoperato, due pagine dopo, per descri-vere il suo studio, quando spiega al narratore cosa intendeva realmente dire con la richiesta in forma di metafora di «togliersi le scarpe»:

Non volevo che tu ti togliessi davvero le scarpe, ma soltanto che mostrassi rispetto per la stanza in cui stavi per entrare: la stanza della scienza e della Letteratura, la dimora degli scritti e dei Libri, il luogo della rivelazione, se possiamo chiamare rivelazione ciò che si muove nell’animo di un uomo come me che aspira ad essere un letterato.3

Ad\b si configura dunque come un letterato romantico, con un’idea della propria missione che ricorda da vicino l’ideale dell’uomo di lettere come «sacerdote del pensiero» perseguito da tawf\q al-Iak\m. Anche per Ad\b, inoltre, come per al-Iak\m, il luogo della composizione letteraria è una «torre d’avorio», un luogo di difficile accesso e di volontario isolamento, da cui guardare da un’irriducibile distanza al mondo dei non letterati.4 il lin-guaggio dei suoi discorsi (così come lo stile delle sue lettere, come vedremo) è generalmente convenzionale, e richiama costantemente immagini e topoi utilizzati all’interno dei romanzi di haykal e al-Iak\m.

La rappresentazione della campagna

L’immagine della campagna come modello di purezza originaria, incon-taminata dalla cultura urbana, è uno dei principali topoi letterari che si

3 ivi, p. 20.4 cfr. cap. 2.4 di questo volume, par. Dietro lo schermo della civiltà: occidentalismo strategico

in ‘uqf^r min al-Sarq.

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ritrovano nei discorsi e nelle lettere di Ad\b. Appena varcato con il perso-naggio di Vaha lo spazio sacro dello studio, Ad\b lo invita a spogliarsi con l’immaginazione degli abiti di città ed indossare i suoi panni d’infanzia.5 Poi, con un lungo racconto, lo accompagna in una passeggiata per i luoghi della provincia rurale dove entrambi sono cresciuti. durante questa pas-seggiata virtuale, i due passano davanti alla casa di una famiglia di nota-bili, e Ad\b spiega all’amico di avere compreso quanto lui desideri essere invitato ad entrare in quella casa per poter sentire le voci delle due sorelle che vi abitano. Ad\b dichiara di non condividere la passione, che attribui-sce a Vaha, per queste due ragazze (‘Az\za e Am\na) finemente educate dalla madre turca e dal padre albanese, e spiega di preferire di gran lunga la bellezza semplice e naturale delle contadine egiziane:

Per il momento preferisco mille volte a loro le nostre ragazze di campagna, con il delizioso pudore e la delicata timidezza che le contraddistinguono, con la loro parlata gradevole nonostante la rudezza, con la loro voce che dà piacere all’anima nonostante l’a-sprezza del tono. Adesso ti arrabbierai con me, ti rivolterai, disap-proverai i miei gusti nel modo più assoluto, ma non esito a dichia-rare che preferisco Kamila, figlia di ‘aliyya e sorella di Kar\b, alla tua ‘Az\za tutta affettazione. e preferisco Had\ga figlia di Maib^ba e sorella di ‘Al\ alla tua Am\na che crede non ci sia sulla terra una donna bella e fine come lei.io sono un partigiano della bellezza naturale, quella che non si può costruire o comprare, quella prodotta direttamente dalla na-tura e da lei riversata nei volti e negli animi. Quella bellezza di cui parla il poeta classico al-Mutanabb\. ti ricordi questo verso, è molto famoso:«La bellezza di città la si ottiene col profumo, quella del deserto non la si ottiene in alcun modo».6

il verso di al-Mutanabb\ scioglie l’incantesimo che Ad\b era riuscito a creare con il proprio racconto, riportando improvvisamente Vaha alla realtà. L’immagine della campagna che Ad\b aveva plasmato si manifesta agli oc-chi dell’amico come una mistificazione letteraria, un’elucubrazione intellet-tuale che niente ha a che vedere con la realtà sociale dei contadini:

5 su questo invito a ‘cambiare d’abito’ si rimanda alla prima parte del volume dove abbiamo citato l’intero discorso di Ad\b. cfr. cap. 1.5

6 ivi, pp. 34-35.

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Fu come se questo verso di al-Mutanabb\ risvegliasse il mio amico da un lungo sonno e lo richiamasse da un’erranza remota, e richia-masse anche me alla realtà della nostra situazione. come sarebbe possibile, infatti, per due ragazzi ignoranti di campagna conver-sare in questo modo e citare il verso di una poesia come questa? Quanta distanza intercorre tra la semplicità di una conversazione di campagna, diretta e priva di elucubrazioni filosofiche, e questo lungo discorso in cui si è spinto il mio amico, un flusso ininter-rotto di parole, pieno di abili artifici retorici e filosofici ai quali ha fatto ampio ricorso senza neppure rendersene conto!7

L’immagine idealizzata e convenzionale della campagna riemerge poco più avanti nel testo, in una lettera che Ad\b spedisce a Vaha. dopo aver ricevuto la notizia di avere vinto una borsa per studiare in Francia, il protagonista si reca al villaggio d’origine per salutare i genitori prima della partenza. Nella sua lettera, Ad\b richiama il fascino che il paesag-gio agreste esercita su di lui, soprattutto nella stagione del raccolto:

spesso ti ho parlato di quanto ami recarmi in campagna e passeg-giare per i campi durante questa stagione dell’anno, la stagione del raccolto, quando aumenta l’attività dei contadini e la nostra campagna si riempie di quelle belle ragazze vestite di stracci che si procurano da vivere raccattando i chicchi che cadono a terra. sai quanto ami la campagna durante questa stagione, e quanto in-tenso e ardente sia il piacere che provo nel godere di questa bel-lezza naturale che una vita fatta di laboriosa attività concede ai contadini quando si lasciano alle spalle pigrizia ed apatia. Allora, vengono totalmente assorbiti dalla natura che li circonda, diven-tando come degli arnesi da lavoro, degli strumenti di produzione, precisi, infaticabili, pazienti proprio come gli arnesi. Non hanno idea di cosa siano la noia, la stanchezza, e la protesta.8

Questa breve rappresentazione della campagna propone un conden-sato di convenzioni letterarie. L’immagine del protagonista che cammina solitario per i campi osservando la bellezza delle contadine ricorda da vicino alcune scene di Zaynab e la stessa apertura del romanzo, quando il narratore invita il lettore a lasciarsi sedurre dalla bellezza del paesaggio

7 ivi, p. 36.8 ivi, pp. 48-49.

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di cui le giovani contadine sono una parte integrante. Le osservazioni relative all’attività instancabile dei contadini, che vengono equiparati a degli «arnesi da lavoro», riprendono invece quasi alla lettera alcuni pas-saggi di ‘Awdat al-r^i e le sue tesi sulla natura obbediente e laboriosa dei contadini egiziani.9

A differenza di Zaynab o ‘Awdat al-R^i, però, nel romanzo di Vaha Iusayn, il lettore non è indotto a dare credito alle immagini della cam-pagna che vengono rappresentate. Mentre legge la lettera che Ad\b indi-rizza all’amico, il lettore non si affida senza riserve alla sua focalizzazione narrativa perché in più di un’occasione ne sono stati già messi in luce i gravi limiti. i dubbi del lettore vengono tutti confermati nelle lettere successive che Ad\b scrive dall’europa, attraverso le quali si rivela sin dall’inizio una percezione distorta e a tratti schizofrenica della realtà.

il divorzio come lasciapassare per l’europa

samah selim ha messo in luce come la relazione dei letterati naziona-listi con la campagna egiziana fosse contraddistinta da laceranti contrad-dizioni generate dal confronto con le società europee che essi assumevano a modello. da una parte il mondo contadino veniva mitizzato ed identi-ficato come l’essenza immutabile della nazione. dall’altra, però, costitu-iva anche la parte più arretrata del Paese e un motivo di vergogna se accostato alle società europee più avanzate:

A confronto con l’europa la loro società appariva come riflessa in uno specchio distorcente: assurda, repellente. Ma è proprio a que-sta società che loro appartenevano, vi erano legati per via della nascita, della parentela, della lingua, e della religione. Anzi, essi erano l’élite di quella società, la sua avanguardia, e quindi in qual-che modo ne erano anche i responsabili.10

tre elementi, dunque, possono essere colti nella costruzione dell’iden-tità nazionale egiziana: l’idealizzazione delle radici rurali dell’egitto come fondamento del moderno immaginario nazionale; il confronto con

9 cfr. cap. 2.4 di questo volume, par. La mediazione dei personaggi femminili europei.10 selim, The Novel and the Rural Imaginary in Egypt…, cit., p. 89.

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le società europee, assunte a modello di paragone; la difficoltà nel fare i conti con l’arretratezza della propria società vista attraverso il prisma del modello europeo. il rapporto triangolare di questi elementi riassume l’essenza contraddittoria dell’approccio alla modernità che ha accompa-gnato l’affermazione del romanzo canonico egiziano.

Ad\b può essere letto come un’allegoria, dai toni decisamente parodici, della «quête» della modernità che ha segnato il percorso intellettuale dei principali romanzieri egiziani della prima generazione. Le contraddizioni del rapporto di Ad\b con le proprie origini rurali si manifestano nel palese contrasto tra la sua visione romantica e mitizzata dell’ambiente contadino e il ripudio della moglie che pure ama e che di quell’ambiente è origina-ria. La decisione di divorziare, ovvero di rescindere ogni legame con le proprie origini, è strettamente legata al terzo vertice del triangolo che abbiamo individuato: il confronto con le società europee.11

il divorzio è vissuto da Ad\b come una precondizione psicologica per poter viaggiare in europa, per questo non vuole neppure prendere in considerazione il consiglio dell’amico di provare a chiedere una deroga alla regola dell’università che impone il celibato ai propri borsisti. Alla fine della conversazione, infatti, Ad\b ammette che il vero problema per lui non sono le regole universitarie, che potrebbe facilmente aggirare, ma la stessa natura della società europea a cui sa già di non avere la forza di opporre resistenza:

conosco molto dell’europa. ho letto tanti racconti e ho sentito tante storie su coloro che là si recano e vi soggiornano. tutte que-ste informazioni mi mettono sull’avviso che non sarò in grado di resistere alla vita europea e ai suoi effetti su di me come dovrebbe fare un marito fedele alla propria moglie. sono sicuro, amico caro, che farò cose sconvenienti, sprofonderò nei peccati, e voglio por-tare da solo il peso di queste colpe e sprofondare da solo nel male di questi peccati.12

La reazione veemente di Vaha, che esprime tutto il suo aborrimento per queste parole, viene irrisa da Ad\b che si prende gioco del lessico religioso dell’amico. di fronte a questo atteggiamento derisorio, il giovane Vaha inizia a dubitare di se stesso e si chiede se non sia ancora prigioniero dei

11 sul dialogo tra Ad\b e Vaha in merito al divorzio cfr. cap. 1.5.12 ivi, p. 83.

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pregiudizi antieuropei inculcatigli dai suoi professori dell’università isla-mica di al-Azhar. Ma qui la prospettiva narrativa cambia improvvisa-mente, e, per un momento, il narratore si distacca dalla focalizzazione del suo personaggio intervenendo nel testo dalla prospettiva dello scrittore affermato che ha soggiornato in europa per lunghi periodi:

sono ormai passati tantissimi anni da quell’occasione e sono stato in europa innumerevoli volte soggiornandovi a lungo. Ma ancora oggi, proprio come quella notte, mi indigno nel profondo dell’a-nimo quando sento parlare con tanta sfacciataggine chi si dichiara pronto a sprofondare nei peccati.13

il topos della giovane europea

La rappresentazione della prima relazione sentimentale di Ad\b in Francia con una cameriera d’albergo (Fernande) riprende in modo esem-plare il topos del rapporto soggetto-mediatore esposto nel corso del prece-dente capitolo. contrariamente a ‘Uqf^r min al-šarq o Qind\l Umm Hašim, le dinamiche della mediazione in Ad\b vengono riprodotte in modo iper-bolico e inverosimile, confermando così il registro parodico di questo ro-manzo. La prima donna di cui Ad\b si innamora è infatti la prima che ha occasione di vedere in Francia, la mattina seguente al suo arrivo al porto di Marsiglia. Gli basta vederla per sostenere di avere subito una metamor-fosi (mash) e di esser finalmente diventato un essere umano (insan) da asino che era.14 Anche la crisi che lo colpisce, la sera del giorno stesso, non trova alcuna giustificazione credibile all’interno del testo.

Appena sbarcato in Francia, nel porto di Marsiglia, Ad\b spedisce una lettera scritta durante il viaggio in mare intrisa di parole di rimorso per aver ripudiato la moglie. spiega come l’immagine della moglie non l’ab-bia abbandonato un attimo durante il viaggio e descrive il rimorso come una delle sofferenze più atroci che si possano provare, tanto da non au-gurarla neanche al suo peggior nemico. Nella lettera seguente, racconta come la mattina successiva all’arrivo si sia innamorato perdutamente

13 ivi, p. 87.14 da notare qui che quello di «metamorfosi» è il concetto chiave della teoria della

mediazione in Girard cfr. cap. 2.2.

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della cameriera che gli serviva la colazione in camera e abbia deciso di rimandare la partenza per Parigi dove lo attendeva il capo della missione. Le immagini della moglie e dell’egitto gli appaiono remote, già quasi rimosse dalla memoria:

La cosa strana è che ho passato la giornata tranquillo, sereno, quasi senza pensare alle cose e alle persone che ho lasciato sull’altra sponda del mare. Non ho provato quasi nulla di quel dolore e di quel rimorso che mi avevano tormentato sulla nave e che ti ho rappresentato in modo così impressionante nell’ultimo mio scritto. Pensavo che dolore e rimorso non mi avrebbero più abban-donato e invece non li ho quasi avvertiti.15

Fernande (il mediatore) orienta da subito il comportamento di Ad\b e la sua percezione della propria identità culturale. sotto l’effetto della fasci-nazione di Fernande, Ad\b ha l’impressione di subire una metamorfosi, assorbendo così qualcosa dell’essenza del suo mediatore. si accorge improv-visamente che l’acqua non gli toglie più la sete e che soltanto la birra riesce a dissetarlo. L’acqua, scrive citando il poeta omayyade al-Ahval, è buona per gli asini, ma lui non si sente più un asino, appena messo piede in Francia e posato gli occhi su Fernande si è trasformato in un uomo:

Non sono un asino, signore mio, qualunque cosa tu pensi di me o di quel venerando signore (il poeta omayyade al-Ahval). O me-glio, diciamo che ero un asino prima di attraversare il mare ma adesso non lo sono più. cos’è accaduto? sono entrato in questo albergo, sono salito in camera, sono entrato a letto e mi sono im-merso in questo morbido materasso cadendo in un sonno pro-fondo. Poi mi ha svegliato questa ragazza dal volto radioso, i denti lucenti, la dolce parlata e i modi gentili. e mi sono reso conto che non ero più un asino, mi ero trasformato in un uomo! se il con-cetto di metamorfosi (mash) proprio non ti piace, diciamo che ho preso l’apparenza di un uomo. comunque, in ogni caso, mi sono addormentato asino e mi sono svegliato uomo, un uomo con tutti i suoi sensi, capace di godere del piacere della bellezza e della magia di uno sguardo. divenuto uomo mi si sono ricordato di Ahval e ho rifiutato la bevanda degli asini deciso a dissetarmi allo stesso modo del Poeta. Non ti arrabbiare, non ti indignare signore

15 ivi, p. 137.

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mio, perché questo è un paese i cui abitanti bevono raramente dell’acqua.16

i benefici di questa apparente metamorfosi, che Ad\b descrive così brillantemente nella sua lettera, sono però di brevissima durata. La sera del giorno stesso, quando la cena gli viene servita in camera, dietro alla porta appare un cameriere uomo. Basta questo episodio insignificante (la cameriera non era di turno!) per mandarlo nella disperazione. Ordina due grandi bottiglie di birra e passa la notte a scrivere in preda all’ansia. Nelle righe che scrive all’amico mette in relazione la propria perdita di ogni controllo di sé con il suo arrivo in europa. sente come se una forza misteriosa lo spingesse a cedere ad ogni sorta di tentazione (fitna), si sente come un oggetto che dalla cima di un monte rotola inesorabilmente a valle spinto da una forza irrefrenabile, e si disprezza profondamente:17

Non sono pazzo né ubriaco. Quelle due bottiglie di birra non le ho ancora toccate e distinguo chiaramente tutto ciò che ho in-torno. so che ti sto scrivendo e ho piena consapevolezza di cose di cui un pazzo non sarebbe cosciente. Non sono pazzo né ubriaco, ma con la mente lucida e nel pieno delle mie facoltà. Mi guardo allo specchio e la mia anima mi appare odiosa, ripugnante. Mi vergogno più di lei quando la guardo che di te quando te ne scrivo. si, non sono né pazzo né ubriaco, ma sono un uomo che disprezza se stesso e prova ripugnanza per la propria anima.18

il contrappasso della follia

Negli ultimi capitoli del romanzo le lettere di Ad\b diventano più rare e la narrazione epistolare della sua esperienza parigina si fa di conse-guenza molto più ellittica e frammentata. durante il primo anno acca-demico a Parigi, Ad\b non scrive neppure una lettera, ma il narratore riesce a sapere dalla direzione dell’università del cairo che il suo amico sta seguendo i corsi alla sorbona con grande profitto. con l’inizio della

16 ivi, p. 138.17 il disprezzo di sé, secondo Girard, è uno dei presupposti della mediazione interna.

cfr. cap. 2.2, par. La mediazione dei personaggi femminili europei.18 ivi, p. 143.

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Prima Guerra Mondiale e l’avanzata delle truppe tedesche verso la capi-tale francese, però, la missione egiziana viene richiamata in patria. Ad\b, a differenza degli altri egiziani, si rifiuta di lasciare Parigi e scrive una lunga lettera all’amico. Nel suo scritto, spiega le ragioni che lo hanno portato a restare:

ho preso un impegno con me stesso, di non lasciare Parigi qua-lunque cosa accada. Vedrai che saprò mantenere questo impegno, costi quel che costi, anche se ciò dovesse portarmi alla morte. cosa sarà mai la morte, quando è in nome di Parigi![…] Quante ore passo solo con me stesso, rompendo ogni legame con tutti e con tutto mentre le persone vanno, vengono e si me-scolano tra loro. Mi raccolgo in me stesso ma non rimango chiuso in casa, mi isolo nei giardini, nei musei, nei caffè dove si riuni-scono e si affollano le persone. Mi raccolgo davanti a una statua, a un palazzo, a uno dei numerosi luoghi eretti a dimora della Gran-dezza, pieno di benefici e di speranze non solo per i cittadini di Parigi o i cittadini francesi, ma per tutti, anche per quel nemico che si accinge ad assaltare Parigi e a riversare sulla città il proprio carico di morte.Mi raccolgo davanti a uno dei luoghi di divertimento eretti a di-mora della Gaiezza che diffondono allegria, fanno sbocciare sor-risi, riempiono di energia e restituiscono voglia di vivere alle persone che hanno rinunciato a vivere.Mi raccolgo davanti a queste cose che per me rappresentano un vero tesoro per l’umanità e che contengono ciò che di meglio l’u-manità ha prodotto in fatto di arte e letteratura, filosofia e scienza, attività, riflessione e speranze. Mi raccolgo e penso che c’è un popolo che sta muovendo all’attacco di tutto ciò per distruggerlo e annientarlo, per ridurre la grandezza di Parigi e della Francia, senza comprendere che se lo facesse ridurrebbero la grandezza di tutta l’umanità […].19

il brano contiene diversi aspetti di grande interesse in merito al rap-porto di Ad\b con l’europa. Le parole di Ad\b esprimono sicuramente un sentimento di ammirazione per Parigi, ma anche molto di più: l’aspira-zione a fondersi e diventare tutt’uno con la città. soltanto in questo senso può essere interpretata la decisione del protagonista di rimanere nella ca-

19 ivi, pp. 155-56.

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pitale francese senza un apparente motivo, anche a rischio della propria vita. Parigi è in effetti, per Ad\b, una scelta di vita, l’incarnazione del suo ideale di modernità. A questa identificazione totale con Parigi non si ac-compagna però un’integrazione nel suo tessuto sociale. Nella lettera, in-fatti, Ad\b spiega anche di rifuggire la compagnia, preferendo rimanere solo con se stesso. Questa sua condizione di solitudine, reiterata quasi os-sessivamente nel brano che abbiamo citato, viene espressa anche all’inizio della stessa lettera e ricondotta a una sorta di scissione del proprio io:

sono solo tra gli egiziani a Parigi ma non sono solo tra i francesi. ho fatto amicizia con alcuni di loro con i quali ci vogliamo bene e abbiamo un rapporto di fiducia. Ma mi sono reso conto di avere due anime. una di esse ama stare coi francesi, trova piacere nello stare in loro compagnia, nel conversare con loro e nel condividere tutto ciò che fanno. L’altra, sempre tormentata, passionale, ha bisogno di ascoltare una voce egiziana amica e di affidarsi a un cuore egiziano sincero.20

Gli ultimi capitoli del romanzo mostrano come la follia si impossessi progressivamente di Ad\b che, dopo aver assunto un comportamento schizofrenico e autodistruttivo, arriva a perdere anche lucidità. Lui, che rimasto a Parigi durante l’avanzata tedesca si era dichiarato pronto a morire per la capitale francese, si vede improvvisamente riflesso in tutto ciò che viene detto e scritto sulla Germania. e’ proprio lui il principale nemico della Francia che viene giudicato dalle potenze vincitrici della Guerra nelle conferenze di pace!! crede che alla base delle accuse che gli vengono rivolte ci sia una cospirazione ordita dalla sua nuova compagna francese, Aline, che l’ha tradito additandolo agli Alleati come nemico. Gli Alleati le hanno creduto e hanno preso la decisione di mandarlo in esilio in un luogo imprecisato «dell’estremo Occidente».

come si evince facilmente anche da questa sommaria sintesi, la follia del protagonista si manifesta come un perfetto contrappasso. il fatto che nel suo vaneggiamento Ad\b si identifichi con la Germania e creda che i francesi lo ritengano un «nemico» può essere interpretato come un con-trappasso per contrasto rispetto al suo incondizionato amore per la città di Parigi. L’idea di venire esiliato in un luogo imprecisato dell’estremo

20 ivi, pp. 153-54.

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Occidente appare invece un contrappasso per analogia. L’esilio è in effetti il destino scelto da Ad\b sin dal momento in cui, come precondizione per il suo soggiorno in Francia, aveva ritenuto che fosse necessario rompere ogni legame con l’egitto sino a divorziare dalla moglie. il luogo dell’e-silio: «l’estremo Occidente» allude più a un luogo dello spirito che ad una regione geografica. L’estremo Occidente sembra infatti incarnare l’approccio di Ad\b alla modernità, la predilezione per tutto ciò che di nuovo viene dall’europa e la predisposizione a sacrificare tutto se stesso in nome di questo ideale. Ma nei suoi vaneggiamenti, Ad\b si mostra terrorizzato dall’idea di finire i propri giorni in estremo Occidente e chiede a Vaha di evitargli questo destino. L’occidente lo vede adesso per-sonificato in Aline che lo ha tradito, mentre l’egitto è Iamida, la ex moglie rimastagli sempre fedele:

tu sei il solo che puoi proteggermi da questo esilio. cosa vuoi che ci faccia io in estremo Occidente? L’egitto non si addice di più a me ed io a lui? in egitto c’è Iamida, in Francia Aline. La vici-nanza di Iamida, nonostante il suo rancore nei miei confronti, la preferisco a quella di Aline. Iamida non ha cospirato contro di me e non mi ha ingannato, ma ha risposto ai miei torti con pa-zienza e con perdono. Mentre Aline ha risposto alla mia benevo-lenza con ingratitudine e irriconoscenza.21

ad\b, Vaha e l’europa: due visioni della modernità a confronto

La trattazione di Ad\b che abbiamo svolto sin qui si è mossa lungo la linea interpretativa tracciata da due tesi: che il romanzo costituisca un’al-legoria parodica di un percorso intellettuale esemplare, condiviso da nu-merosi intellettuali modernisti egiziani; che la follia a cui va incontro il protagonista sia una metafora del fallimento dell’approccio alla modernità sotteso a questo percorso. seguendo la vicenda narrativa di Ad\b, abbiamo visto come la sete di modernità che lo porta a ripudiare la moglie, partire per la Francia, e identificarsi con Parigi si ribalti in conclusione (nella per-cezione di Ad\b il folle) nell’immagine dell’estremo Occidente come luogo d’esilio, in quella della donna europea come un’ingrata traditrice, e

21 ivi, p. 181.

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nel desiderio di un impossibile ritorno alla sicurezza e alla stabilità offerte dalla patria e dalla ex moglie. Per poter apprezzare la valenza allegorica di questa vicenda è necessario però, in conclusione del capitolo, uscire dal perimetro del testo per individuare le possibili direttrici di un dialogo tra il romanzo e il contesto politico culturale nel quale è stato scritto.

Nel periodo di pubblicazione di Ad\b, a metà degli anni trenta, Vaha Iusayn si trovava attestato su posizioni contrapposte a quelle della mag-gior parte degli altri letterati egiziani su importanti aspetti relativi all’i-dentità culturale egiziana. Molti degli intellettuali che nel decennio precedente avevano elaborato le prime formulazioni del nazionalismo egiziano, assumendo a modello di sviluppo le moderne società europee, esprimevano adesso posizioni apparentemente ribaltate. collocavano l’i-dentità culturale egiziana nell’ambito di una più vasta comunità orien-tale e criticavano le società europee per il loro individualismo materiali-sta. come abbiamo documentato nei capitoli precedenti, questo nuovo orientamento culturale, conosciuto come Easternism, traeva le proprie fondamenta ideologiche dalla stessa tradizione intellettuale (quella degli «anti-Lumieres», come l’ha definita sternhell) che aveva ispirato le teorie del nazionalismo-territoriale egiziano.

La traiettoria intellettuale di Vaha Iusayn durante gli anni Venti e trenta del Novecento segue un percorso distinto, orientata com’è da un diverso approccio nei confronti della cultura europa e da una diversa concezione della modernità. sin dalla metà degli anni Venti, Vaha Iu-sayn aveva criticato esplicitamente le posizioni di letterati modernisti come Aimad Am\n e tawf\q al-Iak\m per il loro disprezzo indifferen-ziato verso la tradizione letteraria araba classica. secondo Vaha Iusayn, non era possibile conseguire una vera modernizzazione ripudiando la propria tradizione culturale e chi lo pensava mostrava di non aver com-preso niente di quell’occidente che diceva di ammirare così tanto.22 Quando, a partire dagli anni trenta, gli stessi intellettuali che avevano preso a modello le società e la cultura europea, scrivono a favore del re-cupero della spiritualità dell’oriente, Vaha Iusayn ribadisce invece in tutta chiarezza il suo debito nei confronti della cultura europea:

È una manifestazione di profonda ignoranza ed un errore grossolano sostenere che questa civiltà materialista sia un’emanazione della pura

22 semah, Four Egyptian Literary Critics, cit., pp. 110-12.

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materia. È invece il frutto della ragione, il frutto della fantasia, il frutto dello spirito. Lo spirito fecondo e produttivo, lo spirito vivo che comunica con la ragione, la nutre e la fa maturare, la conduce a pensare, poi a produrre, e successivamente a fare uso di questa pro-duzione. Non, certamente, lo spirito ripiegato su se stesso, chiuso in sé e assorbito esclusivamente da se stesso, rovinato dal suo amor proprio, sterile, incapace di arrecare benefici e di goderne.23

Nel suo celebre saggio del 1938, Mustaqbal al-taqafa fi-Miqr (il futuro della cultura in egitto), Vaha Iusayn non si limita a sostenere la tesi della collocazione euro – mediterranea dell’identità culturale egiziana, ma ri-vendica soprattutto una visione della modernità di ispirazione democra-tica e radicata nel razionalismo illuminista francese. Mentre tawf\q al-Iak\m in ‘Uqf^r min al-šarq addita l’istruzione primaria di massa come uno dei principali mali dell’europa moderna,24 Vaha Iusayn dedica all’istruzione una parte considerevole del suo saggio, si esprime senza ri-serve per l’istruzione primaria generalizzata e la definisce «uno dei pilastri fondamentali della democrazia» (rukn asas\ min arkan al-d\mukraviyya).25 se tawf\q al-Iak\m e Muiammad Iusayn haykal nei loro scritti degli anni trenta si ispirano a una linea di pensiero anti-razionalista rappresen-tata da autori come Le Bon, carlyle e Bergson, Vaha Iusayn liquida in-vece con ironia sagace le tesi degli spiritualisti europei:

Quando l’europeo ci dice che la sua civiltà materialista è detesta-bile, possiamo pensare due cose: se è stato sincero, abbiamo ap-preso che vuole accrescere questa sua civiltà materiale così dete-stabile. se non è stato sincero, abbiamo appreso che mira a farci rinunciare a questa civiltà per poterne godere senza di noi, conser-varne per sé i benefici e i privilegi e trattenere noi nella nostra civiltà spirituale che ci rende suoi servi.26

i personaggi di Ad\b e del narratore autobiografico incarnano questi due diversi approcci alla modernità. Ad\b, come la gran parte dei lette-

23 Iusayn, Mustaqbal al-taqafa f\ Miqr, cit., p. 51. Questo passaggio, sembra quasi una replica indiretta alle posizioni di al-Iaki\m per come vengono espresse in ‘Uqf^r min al-Sarq e in altri lavori dello stesso periodo.

24 al-Iaki\m, ‘Uqf^r min al-Sarq, cit., p. 190.25 Iusayn, Mustaqbal al-taqafa f\ Miqr, cit., p. 65.26 Vaha Iusayn, Mustaqbal al-taqafa f\ Miqr, cit., p. 52.

modernità arabe

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rati modernisti egiziani, esprime inizialmente un’ammirazione incondi-zionata per tutto ciò che proviene dall’europa. L’europa per Ad\b è il luogo in cui perdersi e risorgere come una persona nuova, per questo ritiene necessario rompere ogni legame con l’egitto prima di partire. La metamorfosi auspicata però non si realizza, e all’ammirazione incondizio-nata nei confronti delle società europee subentrano il risentimento e il rifiuto verso quello che era stato l’oggetto del desiderio.

da notare come, tra tutti i letterati modernisti egiziani, la caratteriz-zazione di Ad\b sembri essere modellata soprattutto sulla personalità di tawf\q al-Iak\m e sui personaggi della sua produzione letteraria. se la funzione che Ad\b attribuisce a se stesso in quanto letterato, ricorda, come abbiamo visto, l’ideale a cui al-Iak\m ha cercato di rifarsi nel corso di tutta la sua carriera, anche i suoi rapporti sentimentali rimandano a quelli rappresentati da al-Iak\m. La passione incontenibile, paralizzante e masochistica, che Ad\b prova per Fernande sembra ricalcare la passione di Muisin per suzy in ‘Uqf^r min al-šarq. e il modo in cui Ad\b ripudia Aline, accusandola di irriconoscenza e tradimento, appare quasi una pa-rodia della reazione di Muisin al tradimento di suzy.27

il personaggio del narratore autobiografico non viene sviluppato nel corso del romanzo, ma la sua personalità e la sua traiettoria intellettuale vengono caratterizzate in maniera nettamente diversa da quelle di Ad\b. Fortemente critico verso la tradizione di studi di al-Azhar e desideroso come l’amico di viaggiare in europa per apprendere tutto ciò che la mo-derna cultura europea ha da offrirgli, il narratore è però fortemente con-trario al divorzio di Ad\b, vale a dire, all’idea che sia necessario liberarsi del proprio passato e dei propri valori per poter avere accesso alla cultura moderna. su questo punto, come abbiamo visto, l’autore sente bisogno di far intervenire il proprio narratore con tutta l’autorità dello scrittore affermato ed esperto delle società europee per criticare alla luce della propria esperienza le scelte compiute da Ad\b.

dal momento che tutte le informazioni offerte dal testo invitano ad identificare il personaggio del narratore come l’autore da giovane, è dif-ficile resistere alla tentazione di completare ciò che il romanzo non dice

27 Vaha Iusayn quando ha scritto Ad\b non poteva aver letto ‘Uqf^r min al-sarq, pubbli-cato soltanto tre anni dopo, ma conosceva con tutta probabilità la vicenda di suzy attraverso la commedia Amama subbak al-tamakir (davanti allo sportello dei biglietti) che al-Iak\m aveva scritto nel 1926 e la cui traduzione araba era stata pubblicata proprio nel 1935.

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sull’esperienza parigina del narratore con quello che Vaha Iusayn avrebbe scritto molti anni dopo nel terzo volume della sua autobiografia al-Ayyam (i Giorni). si tratta di un’operazione critica sicuramente azzar-data, che proponiamo in conclusione del capitolo semplicemente come una suggestione. da una lettura intrecciata tra Ad\b e al-Ayyam è possi-bile vedere come mentre Ad\b si avventura in una serie di passioni auto-distruttive, mostrandosi incapace di far maturare delle vere relazioni con le donne europee che conosce, Vaha sta maturando l’amore con la studen-tessa europea che sarebbe diventata la compagna di una vita e (sicura-mente in secondo ordine) la traduttrice di Ad\b.