28
IL «PREMIER SOUVENIR». NASCITA DI UNO SCRITTORE di Bartolo Anglani * Ce n’est pas sans raison qu’on dit, que qui ne se sent pas assez ferme de memoire, ne se doit mesler d’estre menteur. (Montaigne, Essais I IX) Nella Préface all’Histoire de ma vie, che come tutte le prefazioni è stata scritta per ultima, Casanova appare ben cosciente della collocazione “postuma” della scrittura rispetto alla vita. Egli può infatti ormai dire «vixi», benché respiri ancora, 1 e può iniziare il suo racconto parlando della memoria, lo strumento che consente di collegare il presente della scrittu- ra al passato della vita. Siccome ogni narrazione autobiografica non può non cominciare da «le fait le plus reculé» che la memoria «puisse rappe- ler», la storia di Casanova partirà dall’età di otto anni e quattro mesi. Prima di questa età, «s’il est vrai que vivere cogitare est», come ben prima di Cartesio diceva Cicerone, egli non viveva ma vegetava: * L’intervento presentato al convegno, in cui abbozzavo una discussione intorno ai principali contributi critici sul problema della “memoria”, si era fermato alle soglie del di- scorso analitico sul testo dell’Histoire. Preferisco rinviare quell’argomentazione prelimina- re ad altra sede, e pubblicare qui la seconda parte che non fu esposta per ragioni di tempo. Per questo motivo mancano nell’esposizione i riferimenti a gran parte della critica casa- noviana, che pure sono stati fondamentali per impostare l’analisi stessa. Le citazioni dai testi critici scritti in lingua straniera sono tradotte in italiano per comodità del lettore. 1 JACQUES CASANOVA DE SEINGALT, Histoire de ma vie, suivie de textes inédits, éd. présentée et établie par Francis Lacassin, Paris, Laffont, 3 voll., 1993, I, p. 4.

IL «PREMIER SOUVENIR». NASCITA DI UNO SCRITTORE

Embed Size (px)

Citation preview

IL «PREMIER SOUVENIR». NASCITA DI UNO SCRITTORE

di Bartolo Anglani*

Ce n’est pas sans raison qu’on dit, que quine se sent pas assezferme de memoire, ne se doit meslerd’estre menteur.

(Montaigne, Essais I IX)

Nella Préface all’Histoire de ma vie, che come tutte le prefazioni è statascritta per ultima, Casanova appare ben cosciente della collocazione“postuma” della scrittura rispetto alla vita. Egli può infatti ormai dire«vixi», benché respiri ancora,1 e può iniziare il suo racconto parlando dellamemoria, lo strumento che consente di collegare il presente della scrittu-ra al passato della vita. Siccome ogni narrazione autobiografica non puònon cominciare da «le fait le plus reculé» che la memoria «puisse rappe-ler», la storia di Casanova partirà dall’età di otto anni e quattro mesi.Prima di questa età, «s’il est vrai que vivere cogitare est», come ben primadi Cartesio diceva Cicerone, egli non viveva ma vegetava:

* L’intervento presentato al convegno, in cui abbozzavo una discussione intorno aiprincipali contributi critici sulproblema della “memoria”, si era fermato alle soglie del di-scorso analitico sul testo dell’Histoire. Preferisco rinviare quell’argomentazione prelimina-re ad altra sede, e pubblicare qui la seconda parte che non fu esposta per ragioni di tempo.Per questo motivo mancano nell’esposizione i riferimenti a gran parte della critica casa-noviana, che pure sono stati fondamentali per impostare l’analisi stessa. Le citazioni daitesti critici scritti in lingua straniera sono tradotte in italiano per comodità del lettore.

1 JACQUES CASANOVA DE SEINGALT, Histoire de ma vie, suivie de textes inédits, éd.présentée et établie par Francis Lacassin, Paris, Laffont, 3 voll., 1993, I, p. 4.

Bartolo Anglani

La pensée de l’homme, ne consistant que dans des comparaisons faitespour examiner des rapports, ne peut pas précéder l’existence de lamémoire. L’organe qui lui est propre ne se développa dans ma tête quehuit ans et quatre mois après ma naissance: ce fut dans ces moments-làque mon âme commença à être susceptible d’impressions. Comme unesubstance immatérielle qui ne peut nec tangere nec tangi puisse l’être, iln’y a point d’homme qui soit en état de l’expliquer. (Préface)2

Non è difficile cogliere in questa affermazione, sia pure ridimensio-nata ironicamente dall’ultima frase, i termini del dibattito settecentescosulla memoria e sull’identità, che la ricerca contemporanea ha sostan-zialmente confermato parlando di compenetrazione reciproca di memo-ria e di identità.3 Casanova, d’accordo con Hume, non crede all’esisten-za di un’essenza dell’uomo che preceda il pensiero e non si fondi sullamemoria. La sola certezza che egli abbia è di essere «existé» in quantoha «senti», e che non esisterà più quando avrà finito di sentire.4 Avevascritto d’Alembert nel Discours préliminaire: «Toutes nos connoissancesdirectes se réduisent à celles que nous recevons par les sens; d’où il s’en-suit que c’est à nos sensations que nous devons toutes nos idées».5Dunque la scrittura autobiografica non può non consistere nella espli-cazione della memoria, e si fonda sulla percezione esatta dello scorreredel tempo e delle modificazioni della personalità. Se può dire che tuttala sua esistenza è stata dominata dai sensi, dei quali è stato «la victi-me»,6 egli può però scandire quell’esistenza in quattro periodi contras-segnati dall’egemonia dei «quatre tempéraments»: «le pituiteux» nel-l’infanzia, «le sanguin» nella giovinezza, poi «le bilieux» e finalmente«le mélancolique», che con ogni evidenza non lo «quittera plus». Lascrittura delle memorie avviene dunque nella chiave della malinconia,che è poi il segno più vistoso della distanza tra il presente e il passato:tra l’«aujourd’hui» del «vieux» e le diverse fasi dell’infanzia, della gio-

126

2 Ibidem, pp. 4-5.3 Cfr. JOËL CANDAU, Mémoire et identité, Paris, Presses Universitaires de France,

1998, p. 10.4 CASANOVA, Histoire, I, p. 45 JEAN LE ROND D’ALEMBERT, Discours préliminaire des éditeurs, in Encyclopédie ou

Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une Société de Gens de lettres, Paris,17 voll., 1751-1765, I, chez Briasson, 1751, p. II.

6 CASANOVA, Histoire, I, p. 2.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

vinezza e della maturità.7 In questo quadro deve essere letta la celebreespressione del «jouir par réminiscence», cui la sua «vieille âme estréduite».8 Il «jouir par réminiscence» è possibile solo a una vecchiaanima, e non può avvenire se non sulla base della distinzione, o almenodella percezione, tra il presente e il passato.

Con la scelta di compilare la propria genealogia all’inizio del primocapitolo, a partire da don Giacomo Casanova nato a Saragozza nel 1428,9l’autore non solo cede a quella «ricerca ossessiva dell’identità» che simanifesta nelle genealogie,10 ma sembra contraddire ciò che lascerà tra-sparire in altri luoghi dell’Histoire, di essere figlio illegittimo del nobileMichele Grimani (oppure di Giorgio Baffo). Se è un Casanova, non puòessere un Grimani. Come si spiega tale contraddizione? Bisogna osserva-re intanto che, così come era accaduto per il celebre episodio del «petti-ne rotto» nelle Confessions di Rousseau, tutti gli interpreti – anche colo-ro che fanno sforzi sovrumani per disotterrare dal testo casanovianosignificati segreti – concordano nel credere alla favola della nascita ille-gittima e ricamano sui problemi suscitati da tale origine, senza prende-re in considerazione l’ipotesi forse più banale che Giacomo Casanovatemesse di essere figlio del suo padre anagrafico, lo scalcinato attoremorto precocemente, e che le allusioni abilmente disseminate qua e là adaltri possibili “padri” siano le mosse di una strategia di autonobilitazio-ne equivalente all’invenzione del cognome de Seingalt: più o meno comeJulien immaginerà di non essere figlio del rozzo carpentiere Sorel, cosìdiverso fisicamente e moralmente da lui, e di avere per padre qualchenobile personaggio. A noi spetta, ovviamente, non certo accertare conl’esame del DNA se Giacomo sia stato o no figlio di suo padre, ma analiz-zare le forme letterarie del suo tentativo obliquo di mettere in discussio-

127

7 Ibidem, p. 5.8 Ibidem, p. 9.9 Ibidem, p. 13.10 CANDAU, Mémoire, p. 131. Il genealogista, «salvando la memoria dei suoi ante-

nati» e ricostituendone la «catena», può «abbellirla e persino nobilitarla», ricavandone«un evidente profitto identitario». In dieci generazioni si possono contare ben 1024linee diverse di ascendenza, ma chi ricostruisce l’elenco dei propri antenati sceglie quel-la che lo gratifica di più e si fabbrica una «parentela su misura» (ibidem, p. 134).Scegliendo la “linea” Casanova, Giacomo ha ottenuto due effetti importanti: nobilitar-si e al tempo stesso non rinunciare all’origine illegittima.

Bartolo Anglani

ne tale paternità e di coinvolgere la complicità dei lettori nel comporreun immaginoso «romanzo familiare» che lo liberi del solo genitore sgra-dito, il padre.11 Che il fatto sia vero o falso, è per la nostra prospettivadel tutto indifferente. E in ogni caso, non essendo possibile ricorrere aidocumenti, è sufficiente avanzare l’ipotesi che Casanova sotto sotto aves-se timore di essere vero figlio di Gaetano Giuseppe Giacomo, il quale siera innamorato della «Fragoletta qui jouait les rôles de soubrette» e,«n’ayant pas de quoi vivre», aveva deciso di guadagnarsi la vita con ladanza e il teatro «se distinguant par ses mœurs plus encore que par sontalent», e poi aveva incontrato Zanetta Farussi e l’aveva sposata sottraen-dola alla casa paterna (I 1).12 Obliquamente, per maggior sicurezza,Casanova si assicura comunque l’origine nobiliare risalendo al fondatoredella dinastia, il già citato Giacomo Casanova di Saragozza «fils naturelde D. Francisco», che rapì «D. Anna Palafox le lendemain du jour qu’el-le avait fait ses voeux» (ibidem).13 In tal modo i conti tornano ugualmen-te, e nella ipotesi peggiore che il nobiluomo Grimani sia stato estraneoal suo concepimento, il Casanova settecentesco può essere il discendenteillegittimo di una nobile famiglia che ha praticato il ratto come forma dimatrimonio. O Grimani o Casanova, i conti tornano sempre.

Nella narrazione, Casanova unifica ancora memoria e identità quan-do, per datare il «commencement» della sua esistenza «en qualité d’êtrepensant», scrive che all’inizio dell’agosto 1733, ossia all’età di otto annie quattro mesi, «l’organe de [sa] mémoire se développa», precisando di

128

11 La categoria freudiana del «romanzo familiare» può essere utilizzata anche «oltrei limiti della psicoanalisi» (CATHERINE BACKÈS-CLÉMENT, Family and Fiction, in“SubStance”, I [1972], 3, p. 15). Cfr. OTTO RANK, The Myth of the Birth of the Hero. APsychological Exploration of Myth, with an introductory essay by Robert A. Segal,Baltimore - London, The Johns Hopkins University Press, 2004. Non è il caso di sof-fermarsi qui sui temi dell’origine illegittima, della condizione del bastardo, del rappor-to con il padre (o con i padri), che sono presenti non solo nell’Histoire ma in molti altriluoghi dell’opera casanoviana e in particolare nel romanzo Né amori né donne, ovvero Lastalla ripulita, pubblicato a Venezia nel 1782, in cui (secondo una Spiegazione manoscrit-ta allegata ad una copia conservata nella Biblioteca Querini-Stampalia) si allude aMichiel Grimani, celato sotto il personaggio di Anfitrione, che «ebbe da un’avventu-riera Econeone, che è Giacomo Casanova» (G. CASANOVA, Romanzi italiani, a cura diPaolo Archi, prefazione di Luca Toschi, Firenze, Sansoni, 1984, p. 276).

12 CASANOVA, Histoire, I, p. 15.13 Ibidem, p. 13.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

non ricordarsi «de rien qui puisse [lui] être arrivé avant cette époque»(ibidem).14 «Strana amnesia» questo «buco nero di più di otto anni» perun «uomo di Memoria», commenta Sollers affrettandosi a chiamare incausa il solito Freud.15 Il nome di Freud, si sa, è il consueto passepartoutusato continuamente per spiegare anche i fenomeni più banali della psi-che. La colpa non è del povero Sigmund, s’intende, che al tempo suooperò una rivoluzione copernicana nella scienza dell’uomo, ma dellapigrizia mentale dei suoi pronipotini che trovano assai comodo buttarsisul sesso e sull’inconscio per catalogare ogni fenomeno dell’anima, senzasospettare che certi problemi possano avere altre spiegazioni scientifichepiù puntuali ed accertabili. Nel caso del piccolo Giacomo, Freud e l’in-conscio sono meno importanti della scelta di datare la nascita della vitacosciente da un episodio inaugurale dall’alto valore simbolico, e conse-guentemente di “dimenticare” tutto ciò che lo precede. Non a caso, comevedremo sùbito, l’episodio che segna la nascita della memoria e dunquedell’individuo è ricordato come una specie di rito, ed ogni «celebrazionerituale» nell’infanzia è «inaugurale» ed ha sempre «un valore incoativo»che «apre o riapre l’avvenire» e deve fondarsi perciò sull’«oblio del pre-sente, del futuro e del passato».16 Se dall’etnologia passiamo alla psico-logia, apprendiamo che la scelta di Casanova ha a che fare con quel feno-meno (determinato non dall’inconscio ma dai processi normali della for-mazione della personalità) definito dagli psicologi «amnesia infantile»,il quale impedisce all’individuo di ricordare ciò che gli è accaduto primadei due anni di età e lo porta a collocare la «presa di coscienza della suaidentità» fra i tre e in cinque anni.17 Un’identità legata a ricordi preco-cissimi sarebbe vacillante; d’altra parte, e reciprocamente, un’identitàtroppo anticipata non sarebbe in grado di selezionare e di motivare iricordi. Poiché la memoria e l’identità sono legate strutturalmente e

129

14 Ibidem, p. 16.15 PHILIPPE SOLLERS, Casanova l’admirable, Paris, Plon, 1998, p. 53.16 MARC AUGÉ, Les Formes de l’oubli, Paris, Payot & Rivages, 2001, p. 80.17 CANDAU, Mémoire, p. 54. Il tempo più lontano al quale la memoria individuale

possa risalire è collocabile mediamente «fra i 3 e 4 anni» d’età, ma tale data può varia-re a seconda della «natura degli eventi» ricordati (DARRYL BRUCE - L. AMBER WILCOX-O’HEARN - JOHN A. ROBINSON - KIMBERLY PHILLIPS-GRANT - LORI FRANCIS -MARILYN C. SMITH, Fragment Memories Mark the End of Childhood Amnesia, in “Memory& Cognition”, XXXIII [2005], 4, pp. 567-76: 567).

Bartolo Anglani

geneticamente, esse devono avere una stessa data di nascita. Di qui lafunzione attiva dell’amnesia infantile, che taglia fuori dall’identità tuttociò che non può avere un senso compiuto. I ricordi sono «istanti attivi»e non mere registrazioni di eventi accaduti.18 Le amnesie sono dunquenon semplici incidenti della memoria ma funzioni attive di essa.Casanova deve aver avuto bisogno di una «amnesia» più forte e più este-sa per far coincidere la nascita della sua identità (di quella identità) e lanascita della sua memoria. Jean-Jacques Rousseau non era stato poi tantopiù precoce di lui, se ignorava che cosa avesse fatto «jusqu’à cinq ou sixans» e si ricordava soprattutto delle sue «premiéres lectures» e del loro«effet» su di lui benché (o proprio perché) avesse dimenticato come aves-se «appris à lire»: il tempo «où je date sans interruption la conscience demoi-même», scrisse nel libro I delle Confessions, è legato alla lettura dei«romans», di cui la madre morta aveva lasciato un bel mucchio. La primacoscienza di sé (e dunque la prima “costruzione” del proprio Io) è legatainfatti per Rousseau alla conoscenza dei romanzi, che si realizza attraver-so la «dangereuse méthode» della lettura ad alta voce.19

Se Rousseau “dimentica” i primi quattro anni di vita, Goldoni dispo-ne di una memoria così prodigiosa da ricordare avvenimenti che prece-dono la sua stessa nascita, come la figura di un nonno che, stando all’ana-grafe, egli non ha conosciuto. Carlo Goldoni era nato nel 1707; il nonnoCarlo Alessandro era morto nel 1703. Ma il nipote ricorda benissimo cheil nonno non era «économe» e «aimoit les plaisirs, et s’accommodoittrès-bien de la gaîté Vénitienne», aveva fittato una bella casa di campa-gna a sei leghe dalla città, «y faisoit bombance» e a casa sua «donnoit laComédie» e «l’Opéra». Tutto inventato, ma al tempo stesso tutto vero:il nonno è realmente esistito ma tutto ciò che il nipote crede di ricorda-re di lui deriva non già da una conoscenza diretta, anagraficamenteimpossibile, ma dalla mitizzazione che i racconti dei genitori e di altriparenti hanno fatto della sua figura. L’esistenza del nonno è un partico-lare necessario all’avvio del romanzo autobiografico. Goldoni aveva biso-gno di questa figura ancestrale per spiegare la sua vocazione al teatro:

130

18 GASTON BACHELARD, La dialectique de la durée, Paris, Presses Universitaires deFrance, 1950, p. 48.

19 JEAN-JACQUES ROUSSEAU, Les Confessions, in Œuvres complètes, Paris, Gallimard, 5voll. (I ed. 1959), 1986, I, p. 8.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

«pouvois-je mépriser les Spectacles? Pouvois-je ne pas aimer la gaîté?»,20

e l’ha “inventata” per l’occasione. La sua è dunque una «prima finzione»autobiografica derivata e autorizzata da una «leggenda di famiglia» tantoripetuta da divenire reale.21

Non è necessario aver studiato approfonditamente la psicologia perimmaginare quanto il primo ricordo dell’autobiografia sia fondamentaleper la formazione dell’Io, anche se qualche contributo scientifico puòaiutare a rimuovere certe inutili complicazioni psicoanalitiche ed a spie-gare il processo mediante il quale il falso ricordo («false memory») èstato costruito dal soggetto, quasi sempre, sulla base di narrazioni paren-tali. Non c’entrano né la psicoanalisi né l’inconscio e nemmeno i com-plessi sessuali, poiché gli autobiografi (almeno quelli del Settecento)hanno ben chiara la funzione ricostruttiva e mitopoietica del primo ricor-do e se ne servono con gran padronanza. La psicologia contemporanea haappurato che i falsi ricordi non sono fatti patologici ma prodotti “natu-rali” dei «normali processi di ricostruzione», tanto da poter essere defi-niti «oneste menzogne» («honest lying»).22 Gli psicologi distinguonoinfatti tra «remember event», ricordato spontaneamente dal soggetto, e«know event», che il soggetto “riceve” per così dire da parenti o da altretestimonianze.23 È pur vero che i ricordi falsi dovrebbero essere facil-mente distinti da quelli veri perché questi ultimi sono più “vividi” anchese non sempre contengono un numero maggiore di «dettagli»:24 ma

131

20 CARLO GOLDONI, Mémoires I 1, in Tutte le opere, Milano, Mondadori, 14 voll.,1935-56, I, 1935, p. 12.

21 GINETTE HERRY, Carlo Goldoni. Biografia ragionata, I. 1707-1744, Venezia,Marsilio, 2007, pp. 21-22.

22 ELIZABETH F. LOFTUS, Remembering What Never Happened, in Memory, Consciousness,and the Brain. The Tallinn Conference, ed. by Endel Tulvin, Philadelphia, PsichologyPress, 2000, p. 107. Benché il problema scientifico della “falsa memoria” sia di nasci-ta abbastanza recente, su di esso esiste una bibliografia già sterminata. Per un’informa-zione sommaria, si può rimandare alla voce falso ricordo in NICHOLAS PETHES - JENS

RUCHATZ, Gedachtnis und Erinnerung. Ein interdisziplinares Lexikon (Reinbek beiHamburg, Rowohlt, 2001), ed. it. Dizionario della memoria e del ricordo, a cura di AndreaBorsari, Milano, Bruno Mondadori, 2002, pp. 189-91.

23 BRUCE et alii, Fragments, pp. 567-68.24 LOFTUS, Remembering, p. 10. Cfr. JASON L. HICKS - JEFFREY J. STARNS, False

Memories Lack Perceptual Detail: Evidence from Implicit Word-stem Completion and PerceptualIdentification Tests, in “Journal of Memory and Language”, LII (2005), pp. 309-21.

Bartolo Anglani

questo aspetto riguarda le persone comuni dotate di scarsa «immagina-zione»,25 mentre nel caso degli artisti può accadere che più falso, piùinventato, o almeno più “ricostruito” sia il ricordo, più il racconto appa-ia vivo e ricco di particolari. Il primo ricordo esprime il “destino” del-l’individuo, che l’autobiografo già conosce in quanto al momento dellascrittura lo vede realizzato. Tornando indietro con la memoria, propriocome fa con i propri antenati il narratore opera una selezione quasi auto-matica nella massa del vissuto e “ricorda” i dati più congruenti con il suodestino mentre “dimentica” quelli divergenti: anche se il lavoro del-l’oblio non può mai essere perfetto e lascia tracce che consentono poi allettore di ricostruire le valenze eliminate o messe in ombra e di intrave-dere i conflitti e le contraddizioni che complicano il quadro “organico”fornito dal narratore. Il lavoro della memoria e quello dell’oblio sonodunque complementari e sono legati dallo stesso rapporto che unisce lavita e la morte, che si definiscono sempre l’una rispetto all’altra: sì chel’oblio è non una mera perdita di memoria ma «una componente dellamemoria stessa».26 «Dimmi che cosa dimentichi, e ti dirò chi sei»:27

poiché ciò che rimane dopo «l’erosione dell’oblio», soprattutto per quan-to riguarda i ricordi della prima infanzia, è la parte più interessante.28

Come avviene oggi nella memoria dei computers, i files cancellati nonsono mai davvero distrutti e permangono, latenti, lasciando tracce cheguidano l’esperto (nei casi di cronaca nera, il poliziotto esperto di informa-tica) alla ricostruzione integrale della memoria perduta. Ma l’esperto nonconsidererà privo di senso l’atto che consapevolmente ha voluto cancellaree confondere quelle tracce, e vedrà in esso il risultato di un’intenzionemanipolativa e ricostruttiva della memoria. È dunque lo schema teleolo-gico che più di quello causalistico permette di comprendere il valore inau-gurale del primo ricordo stabilito dall’azione ricostruttiva del narratore.L’atto della memoria possiede infatti una «dimensione teleologica», èvolto in avanti e non indietro.29 È il punto d’arrivo che spiega il punto di

132

25 LOFTUS, Remembering, p. 115.26 AUGÉ, Les Formes, pp. 20-21. Sul ruolo dell’oblio «nella ristrutturazione e adat-

tamento della memoria» cfr. ALBERTO OLIVERIO, Memoria e oblio, Soveria Mannelli,Rubbettino, 2003 (cit. da p. 9).

27 AUGÉ, Les Formes, p. 26.28 Ibidem, p. 29.29 CANDAU, Mémoire, p. 57.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

partenza e gli dà senso: come scriveva Adler in polemica con Freud, «lavita psichica dell’individuo è simile al divenire di un personaggio di unabuona creazione drammatica, determinato dall’ultimo atto del pezzo tea-trale».30 Se questo vale già per gli individui normali impegnati a parlaredi sé senza impugnare la penna, varrà a maggior ragione per coloro che siaccingono a ricordare e a raccontare la propria vita con mezzi letterari.«Scriva! Scriva! Vedrà come arriverà a vedersi intero», intima il dottor S.a Zeno Cosini,31 costringendo il personaggio ad uscire dal proprio incon-scio per conoscersi, riconoscersi e ricostruirsi secondo un progetto cheanche quando sembra casuale e sregolato è pur sempre un progetto.32

Quelle di Zeno saranno anch’esse delle menzogne, ma pur sempre menzo-gne costruite con coscienza d’artista e non menzogne prodotte dal mecca-nismo incontrollabile dell’inconscio. Quando si accinge a comporre la sto-ria della propria vita l’autobiografo conosce già l’ultimo atto e, presentan-do se stesso come personaggio principale dell’opera, rievoca un episodio oun insieme di episodi inaugurali che, anche quando sono realmente acca-duti, assumono la loro forma e il loro significato a posteriori e per svolgerela loro funzione hanno bisogno del contributo di parenti e altre personeche nel corso del tempo li abbiano raccontati in quel modo. La bugia del-

133

30 ALFRED ADLER, Praxis und Theorie der Individualpsychologie. Vorträge zur Einführungin die Psychotherapie für Ärzte, Psychologen und Lehrer (München - Wiesbaden, Bergmann,1920), trad. it. La Psicologia Individuale. Prassi e teoria, Milano, Newton, 2006, p. 27.

31 ITALO SVEVO, La coscienza di Zeno, in Romanzi e “continuazioni”, ed. critica conapparato genetico e commento di Nunzia Palmieri e Fabio Vittorini, saggio introdut-tivo e cronologia di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori, 2004, p. 628. È stato ricor-dato che anche Casanova scrisse le sue memorie per consiglio di un medico, il dottorJames Columb O’Reilly, che nel 1789 impose a Casanova ammalato «un periodo diriposo assoluto e soprattutto l’interruzione dei suoi studi matematici», ma poi renden-dosi conto che il paziente non sopportava l’ozio gli consigliò una distrazione «riposan-te» ossia «una terapia intellettuale», e gli scrisse: «il faut renoncer pendant quelquesmois aux études sombres, qui fatiguent le cerveau, au sexe, il faut que vous soyez à pré-sent un paresseux, et pour soulager en quelque façon vous n’avez qu’à récapituler lesbeaux jours passés en Venise et des autres parts du monde» (HELMUT WATZLAWICK, Lesmémoires de Casanova. Biographie d’un manuscrit, in “Europe”, LXIV [1987], 697, p. 29).

32 L’autobiografia di Casanova sarà anche una «autobiografia del caso», che escludeogni progetto ed esalta il «momento» presente (THOMAS M. KAVANAGH, Casanova andthe Moment of Chance, in Esthetics of the Moment. Literature and Art in the French Enlighte-nment, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1996, p. 122), ma il suo parados-so è che tale predominio della casualità è anch’esso a suo modo un progetto e un destino.

Bartolo Anglani

l’autobiografo è più o meno «onesta» a seconda della coscienza che egli hadella natura e dell’origine dei ricordi. Rétif de la Bretonne, grandissimobugiardo, è tuttavia abbastanza sincero quando attribuisce il propriodestino di individuo «formé de trois parties de feu, sur une des autres élé-ments», a un ipotetico ma per lui e per noi verosimile «embrassementchaud» avvenuto tra i suoi genitori, che fornì la «base» per il suo caratte-re. La sua «beauté» di infante ha potuto conoscerla non direttamente maattraverso i racconti delle sorelle maggiori, che gli volevano molto beneproprio a causa di tanta bellezza. Egli onestamente scrive in nota ciò chegli hanno «répeté souvent», ossia che era «le plus bel enfant qu’on eûtjamais vu».33 La ripetizione è essenziale per la trasformazione di un episo-dio in «primo ricordo». Così, il fatto di essere stato conteso da due ragaz-zine egli lo ricorda solo perché gliel’hanno raccontato. L’aneddoto risale aquando Rétif aveva appena nove mesi:

On dit que deux petites filles, l’une de cinq ans, l’autre de trois ans etdemi, s’y disputèrent vivement le titre de ma femme! On me les a nom-mées depuis, et c’est une bien grande singularité! Je n’ai pas été leur mari,mais je les ai adorées toutes les deux.34

Si tratta infatti di due donne destinate ad avere una gran parte nellavita adulta di Rétif, Colette Collet e Jeannette Rousseau: si dà il casoperò, come annota il curatore, che a quell’epoca la prima avesse undicianni e non cinque, mentre la seconda ne aveva davvero tre e mezzo.Mezza verità e mezza menzogna (o mezza invenzione). Non c’è dubbio,come osserva sempre Testud, che Rétif abbia voluto fare della sua vita«una bella costruzione romanzesca», e che dunque gli fosse necessario«collocare, proprio all’alba della sua vita, queste due figure presenti nelsuo ricordo fino alla tomba, come segni di una continuità fondamentalesotto la dispersione apparente dell’esistenza vissuta». Per Rétif, «ciò chefu così durevole deve coincidere con tutta la durata della vita ed essereiscritto in essa fin dall’origine».35 La bellezza infantile è però l’anti-destino: Rétif adulto non sarà infatti un capolavoro di bellezza. La bel-

134

33 RÉTIF DE LA BRETONNE, Monsieur Nicolas, éd. établie par Pierre Testud, Paris,Gallimard, 2 voll., 1989, I, p. 20.

34 Ibidem, p. 21. Il corsivo è mio.35 Notes, ibidem, pp. 1172-73.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

lezza è dunque evocata come una falsa promessa, come il rovescio di ciòche poi accadrà. Questo rovesciamento non toglie valore al significatoinaugurale del dato, ma lo conferma paradossalmente. Il primo “vero”ricordo è infatti del piccolo Rétif che ad appena due anni si rende brut-to e si vede moltiplicato nei frammenti di uno specchio rotto:

Le premier trait de mon enfance qui me soit resté dans la mémoire estde la fin de ma seconde année. Impatienté de ce qu’on me laissait nu,sans me lacer, je m’en pris au miroir de toilette, où ma sœur Margot memontrait ma figure grimaçante: je le brisai d’un coup de manche decouteau de table. Les fêlures m’enlaidirent encore, et les facettes multi-pliant les objets, je crus voir un monde derrière le miroir! Ce phénomè-ne suspendit mes larmes, et j’éprouvai mon premier étonnement, mapremière admiration; j’eus ma première réflexion... Je ne fus pas châtié;ma mère se contenta de pleurer son dernier miroir de toilette.36

Si distingue nitidamente qui la parte del ricordo “puro” da quelladella coscienza retrospettiva. L’episodio potrebbe essere accaduto real-mente, e in séguito raccontato e ripetuto al piccolo Nicolas fino a trasfor-marsi in evento fondativo dell’identità. Ma l’autore dell’autobiografiaarricchisce quel valore fondativo, di carattere simbolico, accentuando sial’effetto di frammentazione della realtà riflessa nei pezzi dello specchio,sia l’effetto inaugurale dello stupore, dell’ammirazione, della riflessione.Fra i tanti possibili ricordi d’infanzia, Rétif ha scelto quelli che si presta-vano a tale funzione inaugurale, ed ha “dimenticato” tutti gli altri. Comeesistono i falsi ricordi, dunque, esiste un “falso oblio”, funzionale all’eco-nomia simbolica della ricostruzione autobiografica. La memoria e l’obliosono reciprocamente funzionali. Si ricorda ciò che non si dimentica, e sidimentica ciò che non è necessario o piacevole o utile ricordare. Per que-sta ragione Vittorio Alfieri, che ha impostato il racconto della sua Vitasull’assenza di ogni modello preesistente e dunque di ogni «destino»,ricorda avvenimenti che brillano proprio per la loro casualità e sembra-no privi di rapporto con la carriera dello scrittore. La sua preoccupazio-ne di narratore è di escludere dall’infanzia ogni presagio del futuro scrit-tore e tragediografo. Le prime «reminiscenze dell’infanzia», come dice iltitolo del secondo capitolo della parte prima, sono del tutto casuali e non

135

36 RÉTIF DE LA BRETONNE, Monsieur Nicolas, p. 21.

Bartolo Anglani

rivelano alcunché della carriera futura. Ma tale mancanza di simbolicitàè, paradossalmente, assai simbolica e perfettamente organica al senso chel’autore ha voluto dare al racconto della sua vita. Vittorio Alfieri è diven-tato autore tragico e grande intellettuale malgrado le condizioni iniziali diuna esistenza puramente vegetativa: egli si è “costruito” da sé, a forza divolontà, e per questo non può rintracciare nella sua vita i preannuncidella carriera tragica. Questo è, almeno, ciò che egli vuol farci credere,ma al livello di questa analisi è ciò che ci basta. Se la nascita di Goldoniera avvenuta sotto la luce intensa di una «stella comica» che avevacominciato a risplendere addirittura prima che il poeta nascesse, quelladi Alfieri non è stata assistita da una stella tragica altrettanto potente.Per questa ragione il primo ricordo, privo di significato apparente, puòrisultare utile solo allo scienziato che «specula sul meccanismo dellenostre idee, e sull’affinità dei pensieri colle sensazioni»:

Ripigliando dunque a parlare della mia primissima età, dico che diquella stupida vegetazione infantile non mi è rimasta altra memoria senon quella d’uno Zio paterno, il quale avendo io tre in quattr’anni, mifacea por ritto su un antico cassettone, e quivi molto accarezzandomi midava degli ottimi confetti. Io non mi ricordava più quasi punto di lui,né altro me n’era rimasto fuorch’egli portava certi scarponi riquadrati inpunta. Molti anni dopo, la prima volta che mi vennero agli occhi certistivali a tromba, che portano pure la scarpa quadrata a quel modo stes-so dello Zio morto già da gran tempo, né mai più veduto da me da cheio aveva uso di ragione, la subitanea vista di quella forma di scarpe deltutto oramai disusata, mi richiamava ad un tratto tutte quelle sensazio-ni primitive ch’io avea provate già nel ricevere le carezze e i confettidello Zio, di cui i moti ed i modi, ed il sapore perfino dei confetti misi riaffacciavano vivissimamente ed in un subito nella fantasia.37

Di questo celebre passo sarà più opportuno qui sottolineare non tantola qualità “proustiana” del ricordo, rilevata da Benedetto Croce,38 quan-

136

37 Vita di Vittorio Alfieri. Manoscritto laurenziano Alfieri 241-2, Commentario, a cura diFranca Arduini - Clemente Mazzotta - Gino Tellini, Firenze, Polistampa, 2003, p. 22.

38 Cfr. BENEDETTO CROCE, Alfieri precursore di Proust (1937), in Pagine sparse(Napoli, Ricciardi, 3 voll., 1941-43), Bari, Laterza, 3 voll., 1960, III. Postille, osserva-zioni su libri nuovi, pp. 303-11.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

to l’irrilevanza programmatica, ovvero la mancanza di un valore simbo-lico esplicito che nella particolare visione autobiografica alfieriana sirovescia e si risolve in una simbolicità ancora più pregnante. Andandooltre su questa linea Stendhal racconterà il «premier souvenir» della suavita (anzi, della vita di «Henry Brulard») all’inizio del terzo capitolo,dopo alcune pagine di riflessione teorica ed esistenziale sull’identità,sulla memoria e sull’oblio. Il suo primo ricordo è «d’avoir mordu à lajoue ou au front Mme Pison du Galland», sua cugina:

Je la vois encore, une femme de vingt-cinq ans qui avait de l’embom-point et beaucoup de rouge. Ce fut apparemment ce rouge qui mepiqua. Assise au milieu du pré qu’on appelait le glacis de la porte deBonne, sa joue se trouvait précisément à ma hauteur.– Embrasse-moi, Henri, me disait-elle.Je ne voulus pas. Elle se fâcha. Je mordis ferme. Je vois la scène, maissans doute parce que sur-le-champ on m’en fit un crime et que sanscesse on m’en parlait. [...] Ma tante Séraphie déclara que j’étais un mon-stre et que j’avais un caractère atroce.39

Anche in questo caso il ricordo non sembra premonitore della car-riera futura dello scrittore, ma il suo valore simbolico sta non tanto nellacreazione della coscienza di sé quanto nella produzione dell’identitàattraverso il giudizio degli altri (ispirati dalla odiosamata zia Séraphie):il piccolo Henri (si noti che nella trascrizione delle parole di Mme Pisonl’«Henry» del titolo ridiventa l’«Henri» della realtà anagrafica) sarà pertutti «un monstre». L’autore ricorda questo episodio, che per suo contoavrebbe dimenticato o confuso con mille altri, perché immediatamentefu trasformato in «crime» dai presenti e perché nei giorni e probabil-mente nei mesi e negli anni successivi i parenti non fecero che “parlar-ne”. Ecco in che modo il primo ricordo viene per così dire “inventato”dai parenti e trasformato in vero inizio del destino individuale, e poiaccettato e introiettato dal soggetto e trasformato in archetipo di sé:anche quando, come in questo caso, il soggetto non si riconosce intera-mente nell’immagine del «monstre», egli non può far altro che accetta-re esteriormente quel modello rinchiudendosi nella «solitude complè-

137

39 STENDHAL, Vie de Henry Brulard, in Œuvres intimes, Paris, Gallimard, 2 voll.,1981-82, II, éd. établie par Victor Del Litto, pp. 550-51.

Bartolo Anglani

te» della passione per la matematica,40 costruendosi insomma un Iotutto per sé.

Agostino d’Ippona era stato ancora più lucido ed esplicito nell’attri-buire le prime testimonianze della sua infanzia non già alla sua memoriabensì al racconto dei parenti. La vita umana è fatta di periodi che si suc-cedono e poi “muoiono”: «Et ecce infantia mea mortua est et ego vivo»,scrive infatti all’inizio delle Confessiones: «Quis me commemorat peccatuminfantiae meae»? si chiede Agostino, consapevole di non poter ricordare:

Hanc ergo aetatem, domine, qua me vixisse non memini, de qua aliis cre-didi et quam me egisse ex aliis infantibus conieci, quamquam ista mul-tum fida coniectura sit, piget me adnumerare huic vitae meae, quam vivoin hoc saeculo. Quantum enim adtinet ad oblivionis meae tenebras, parilli est, quam vixi in matris utero. [...] Sed ecce omitto illud tempus: etquid mihi iam cum eo est, cuius nulla vestigia recolo?41

L’infanzia non può essere ricordata ma solo ricostruita con la testimo-nianza degli «altri» e per «congettura», ma per quanto è in sé rimanesepolta nelle tenebre dell’oblio, simili a quelle dell’utero materno. Non lasi può raccontare perché non ha lasciato alcuna «vestigia». Fra gli avveni-menti che non possono essere ricordati dal soggetto, ma che sono stati cer-tamente ricostruiti attraverso il racconto dei genitori e sono diventatiricordi reali, c’è quello del pericolo di morte: di quando Agostino, «adhucpuer», un giorno per una congestione di stomaco si trovò «paene moritu-rus».42 Non è un caso che poi quasi tutte le autobiografie settecentesche,sulla traccia di questo modello, abbiano fra i primi ricordi quello dellamorte, il solo avvenimento della vita che sia destinato ad aver luogo mache, non potendo essere raccontato dal soggetto narrante, viene anticipatoe vissuto simbolicamente all’inizio dell’esistenza, probabilmente per esor-cizzarlo. Persino un autore lontano dagli eccessi romanzeschi degli auto-biografi più tardi, Vico, inizia la Vita con il ricordo del rischio di mortecorso dal bambino «spiritosissimo e impaziente di riposo» che, all’età disette anni, «essendo col capo in giù piombato da alto fuori d’una scala nel

138

40 Ibidem, p. 551.41 SANT’AGOSTINO, Le confessioni, introduzione di Christine Mohrmann, trad. di

Carlo Vitali, testo latino a fronte, Milano, Rizzoli, 1992, pp. 62 (I 6) e 66 (I 7).42 Ibidem, p. 74.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

piano», rimase «ben cinque ore senza moto e privo di senso», e, «fiaccata-gli la parte destra del cranio senza rompersi la cotenna», rischiò di moriredissanguato: «talché il cerusico, osservato rotto il cranio e considerando illungo sfinimento, ne fe’ tal presagio: che egli o ne morrebbe o arebbesopravvivuto stolido». Per grazia di Dio quel «giudizio» non si avverò innessuna delle due ipotesi, «ma dal guarito malore provenne che indi in poie’ crescesse di una natura malinconica ed acre, qual dee essere degli uominiingegnosi e profondi».43 Ho posto in corsivo le parole «qual dee essere»per sottolineare la coscienza nitida che il narratore ha del valore simboli-co dell’avvenimento, che per tale ragione è il primo ad essere ricordato. Diciò che era avvenuto fino all’età di sette anni, Vico non conserva memoriaalcuna perché lo considera privo di senso rispetto alla carriera filosofica diun uomo ingegnoso e profondo.

Ho ricordato questi esempi, tutti abbastanza noti (tralasciandone altripossibili per economia espositiva), per sottolineare l’esistenza di una certafenomenologia generale relativa al primo ricordo e al ruolo che esso svol-ge nell’organizzazione simbolica dell’autobiografia. Senza ipotizzare unaderivazione testuale di un autore dagli altri, a questo stadio dell’analisi èsufficiente registrare la presenza e la funzione simbolica del «primo ricor-do» che si ripresenta nelle autobiografie in forza della sua natura fondati-va. Il primo ricordo è una specie di archetipo senza il quale non si dà lacreazione dell’Io. Poiché è impossibile ricordare il momento della nascita(così come per ragioni opposte è impossibile conoscere in anticipo ilmomento e il modo della morte), il soggetto inventa una nuova nascitache coincide con la rivelazione a sé del proprio destino. L’autobiografo con-sidera tanto importante il primo ricordo da “dimenticare” tutti gli avve-nimenti che lo precedono, fissandolo a un’età non corrispondente ai datirilevati sperimentalmente dalle ricerche degli psicologi. La parabola delprimo ricordo oscilla dalla memoria prenatale di Goldoni agli otto anni emezzo di Casanova, con datazioni entrambe incredibili sul piano dellascienza cognitiva ma del tutto verosimili su quello della creazione simbo-lica del Sé.

Se dunque teniamo presente il valore fondativo ed archetipale delprimo ricordo, non possiamo non provare un certo stupore nel vedere che

139

43 GIAMBATTISTA VICO, Vita di Giambattista Vico scritta da se medesimo (1723-28), inOpere, a cura di Andrea Battistini, Milano, Mondadori, 2 voll., 1990, I, p. 5.

Bartolo Anglani

il primo ricordo di Casanova ha a che fare non con l’eros bensì con lamorte. Dico «stupore» in senso ironico, poiché chi non si lascia abbaglia-re dal pansessualismo degli psicoanalisti e conosce un po’ della letteratu-ra autobiografica settecentesca (e non solo) sa bene che l’immagine cheapre la maggior parte dei racconti di vita è appunto quella della morte.Fra le «esperienze archetipali» tipiche dell’infanzia ce ne sono cinque par-ticolarmente significative, tutte «scoperte» che aggiungono «una nuovadimensione all’Io», e sono «la scoperta del male»; quella «del sesso» e«dell’amore», quella «del teatro», e infine «la scoperta della morte».44

Sotto questo punto di vista, Casanova è perfettamente in linea con i suoiconfratelli autobiografi, e manifesta la sua originalità nel modo in cuimette in scena il primo ricordo. La scena del primo ricordo avviene, sem-plicemente, senza alcuna preparazione narrativa:

J’étais debout au coin d’une chambre, courbé vers le mur, soutenant matête, et tenant les yeux fixés sur le sang qui ruisselait par terre sortantcopieusement de mon nez. Marzia ma grand-mère, dont j’étais le bien-aimé, vint à moi, me lava le visage de l’eau fraîche, et à l’insu de toutela maison me fit monter avec elle dans une gondole, et me mena àMuran. (I 1)45

Quando ho letto per la prima volta questo racconto, ho ricordato chequando ero piccolo soffrivo anche io di epistassi violente, e che spessomia nonna mi assisteva e mi lavava il viso. Non mi portò mai da unamaga, purtroppo; ed è forse questo il clinamen che spinse la mia vita suun sentiero assai lontano da quello percorso da Giacomo Casanova. Nonè dunque la perdita di sangue dal naso, fenomeno comune a milioni dibambini, ad aver segnato il destino di Casanova, ma la gita a Murano cheha attribuito alla banale epistassi un valore simbolico straordinario. Allaluce di ciò che accade dopo, l’epistassi diventa metafora della morte, e ilviaggio a Murano diviene metafora della ri-nascita:

Descendant de gondole, nous entrons dans un taudis, où nous trouvonsune vieille femme assise sur un grabat, tenant entre ses bras un chat

140

44 RICHARD N. COE, When the Grass Was Taller. Autobiography and the Experience ofChildhood, New Haven - London, Yale University Press, 1984, p. 169.

45 CASANOVA, Histoire, I, pp. 16-17.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

noir, et en ayant cinq ou six autres autour d’elle. C’était une sorcière.Les deux vieilles femmes tinrent entre elles un long discours dont j’aidû être le sujet. A la fin de leur dialogue en langue fourlane la sorcière,après avoir reçu de ma grand-mère un ducat d’argent, ouvrit une cais-se, me prit entre ses bras, m’y mit dedans, et m’y enferma, me disant den’avoir pas peur. C’était le moyen de me la faire avoir, si j’avais eu un peud’esprit; mais j’étais hébété. Je me tenais tranquille, tenant mon mou-choir au nez parce que je saignais, très indifférent au vacarme que j’en-tendais faire au-dehors. J’entendais rire, pleurer tour à tour, crier, chan-ter, et frapper sur la caisse. Tout cela m’était égal. On me tira enfindehors, mon sang s’étanche. (I 1)46

Le valenze simboliche di questo episodio sono state tanto abbondan-temente esplorate dagli studiosi che posso risparmiarmene un’analisidettagliata: benché parecchie interpretazioni suscitino ironia per nondire sarcasmo e contribuiscano non già a spiegare ma a confondere leacque. Troppo ghiotta era l’occasione di veder riunite in poche righe leimmagini della madre, della nonna, del sangue, senza trascurare i gattineri (che al lettore di oggi ricordano certe pagine di Heart of Darkness diConrad).47 Ciò che a mio parere vale la pena sottolineare senza fantasti-care troppo è innanzitutto non tanto il contenuto reale dell’episodio

141

46 Ibidem, p. 17.47 Un esempio gustoso (fra i tanti possibili) si trova nella recensione di DANIÈLE

BRUN a un libro di Roustang (FRANÇOIS ROUSTANG, Le bal masqué de Giacomo Casanova[1725-1798], Paris, Éditions de Minuit, 1984), nella quale, tanto per cominciare, lamadre che lascia il piccolo con la nonna per andare a lavorare svela una situazione ince-stuosa tra le due donne. Basta scrivere non già che la madre affida il figlio alla nonna(come càpita in molte famiglie), ma che fa «dono di lui alla sua propria madre», per sco-prire che questo «dono» pare «contenere tutta una problematica dell’incesto» in quanto«è l’equivalente simbolico di un bambino che le due avrebbero fatto insieme». In talmodo «la madre di Casanova avrebbe fatto di lui il figlio dell’incesto» (in “ModernLanguage Notes”, CII [1987], 4, pp. 922-23). Sulla base di questa premessa esilarante cisi può fare un’idea di quante altre ipotesi fantasiose siano contenute nelle poche paginedell’intervento: basti guardare al gioco di parole su «sang», che nella pronuncia francesesuona come sans, cent, sent, e a tutte le conclusioni che se ne possono trarre (ibidem, p. 922).Un’altra studiosa si chiede se l’epistassi di Giacomo non sia che un modo «per trattene-re l’attenzione di una madre che si allontana da lui» (LYDIA FLEM, Casanova, ou l’exercicedu bonheur, Paris, Seuil, 1995, p. 41): tutto è possibile, naturalmente, ma come si fa adirlo se nel testo non c’è alcuna traccia che riconduca a questa causa?

Bartolo Anglani

quanto il fatto che esso sia presentato come cerimonia rituale e dunqueinaugurale, e dunque come una ri-nascita. Bisogna poi sottolineare l’al-lusione alla somiglianza ambigua ed oscura tra le due vecchie, che parla-no la stessa misteriosa lingua e sono viste entrambe come streghe. Laprima esperienza dell’infanzia è molto spesso «magica»: ciò che contanon è tanto la fedeltà a ciò che è realmente accaduto, poiché semprel’adulto ricordando gli eventi infantili li ricostruisce «erroneamente»,ma la verità «interiore e simbolica» che egli attribuisce loro.48 Nellerighe seguenti il rito magico prosegue: la strega spoglia Giacomo, losistema su un letto, brucia droghe e ne raccoglie il fumo in un lenzuolocon cui avvolge il bambino recitando scongiuri, lo libera dal lenzuolo egli dà da mangiare cinque confetti «dragées très agréables au goût», gliintima il segreto su tutto ciò che ha visto e sentito, lo minaccia di altreemorragie e di morte se mai egli oserà rivelare a qualcuno i suoi «mystè-res», e gli annuncia per la notte seguente la visita di «une charmantedame» da cui dipenderà il suo «bonheur», sempre a condizione «de nedire à personne d’avoir reçu cette visite». Tornato a casa e andato a letto,Giacomo si è addormentato senza ricordarsi della «belle visite» che gliera stata promessa:

mais m’étant réveillé quelques heures après, j’ai vu, ou cru voir, descen-dre de la cheminée une femme éblouissante en grand panier, et vêtued’une étoffe superbe, portant sur sa tête une couronne parsemée de pier-reries qui me semblaient étincelantes de feu. Elle vint à pas lents d’unair majestueux et doux s’asseoir sur mon lit. Elle tira de sa poche despetites boîtes, qu’elle vida sur ma tête murmurant des mots. Aprèsm’avoir tenu un long discours, auquel je n’ai rien compris, et m’avoirbaisé, elle partit par où elle était venue; et je me suis endormi. (I 1)49

Dopo le streghe, la fata: in entrambi i casi, però, una lingua incom-prensibile. Il bambino ha visto, o ha creduto di vedere. L’indomani suanonna, la sola donna che avesse su di lui «un ascendent absolu» e che loaveva abituato «à obéir aveuglement à tous ses ordres», gli impone ilsilenzio su tutto ciò che è accaduto e lo minaccia di morte se oserà dirneuna sola sillaba. La «sentence» della nonna

142

48 COE, When the Grass, p. XII e pp. 1-2.49 CASANOVA, Histoire, I, pp. 17-18.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

fut la cause que je me suis souvenu de la vision, et qu’en y apposant lesceau, je l’ai placée dans le plus secret recoin de ma mémoire naissante.D’ailleurs je ne me sentais pas tenté de conter ce fait à quelqu’un. Je nesavais ni qu’on pourrait le trouver intéressant, ni à qui en faire la narra-tion. Ma maladie me rendait morne, et point du tout amusant; tout lemonde me plaignant me laissait tranquille; on croyait mon existencepassagère. (I 1)50

Il narratore, obliquamente ma senza lasciare margine ad equivoci, fasapere in che modo il ricordo della visita notturna è stato “creato” dalla«sentence» della nonna, una specie di strega che domina il bambino finoa costruire la sua memoria «nascente».51 Come ai replicanti di BladeRunner, nella memoria di Giacomo sono stati inseriti dati manipolati oaddirittura inventati, che diventano “veri” per la suggestione esercitatadalla nonna-strega con la minaccia di morte. Tutti credevano che il bam-bino non sarebbe vissuto a lungo. Minacciandolo di morte e imponendo-gli il silenzio sui segreti della gita a Murano e sulla visita della fata, lanonna-strega contrae un patto del silenzio con il bambino, il quale potrà

143

50 Ibidem, p. 1851 Un esempio suggestivo del processo con cui la “falsa memoria” di un episodio

viene costruita nella mente del bambino impressionabile si trova nel racconto hoffman-niano Der Sandmann. Che l’avvocato Coppola sia il mago Coppelius, e che entrambi sianoidentificabili con l’uomo della sabbia, e che poi esista una identità ancora più sotterra-nea e spaventosa fra Coppola-Coppelius e il padre di Nathanael, non è una realtà ritenu-ta vera dal narratore ma una certezza “costruita” nella mente del bambino dai discorsidella madre e della balia. Chi legge il racconto a mente fredda vede benissimo che l’iden-tità stregonesca di Coppola non è mai data come oggettiva ma è sempre prodotta daidiscorsi altrui che si imprimono sulla sensibilità esasperata del bambino. La scena in cuiNathanael narra l’arrivo di Coppola-Coppelius dev’essere letto infatti come una “visio-ne” interiore e non come un fatto reale, in cui il presente del racconto e il passato del-l’episodio si confondono: «Il cuore mi tremava dalla paura e dall’attesa. Vicino, propriovicino alla porta, un ultimo passo più pesante – un colpo forte sulla maniglia – la portasi spalanca con grande fracasso. Sforzandomi di farmi coraggio sporsi prudentemente ilcapo dalla tenda. L’Orco Insabbia sta in mezzo alla stanza in piedi davanti a mio padre;la luce della lampada lo colpisce in viso. L’orco, il terribile Orco Insabbia è – il vecchioavvocato Coppelius, che talvolta veniva a pranzo da noi a mezzogiorno» (ERNST THEODOR

AMADEUS HOFFMANN, Racconti notturni, introduzione di Claudio Magris, Torino, Einaudi[I ed. 1969], 1994, p. 8; corsivi miei). Anche il piccolo Nathanael ha assistito a “miste-ri” di cui non può parlare, ed è proprio la sua incapacità di “dimenticare” ciò che ha vistoche lo conduce alla morte.

Bartolo Anglani

continuare a vivere se riuscirà a non «conter», ossia se si asterrà da ogni«narration» circa i misteri ai quali ha assistito. Ma in tal modo la nonnaspinge il bambino, divenuto adulto, a praticare l’arte della narrazione co-me una sorta di infrazione e di peccato, a raccontare la sua vita ed atrasformarla in racconto nell’atto stesso in cui la vive. Il divieto è sempreuno stimolo a fare. E poiché in fondo la sola avventura magica è sottopo-sta all’interdetto del racconto, tutto il resto, una volta superato il rischiodella morte, si potrà e si dovrà raccontare. Tutti coloro che vanno allaricerca di chissà quali significati misteriosi, dalla natura immancabil-mente sessuale, finiscono per non leggere ciò che è scritto con semplici-tà e con “trasparenza”, e nel caso specifico finiscono per non vedere chel’episodio prefigura il destino non certo di un tombeur de femmes ma di unnarratore. Siamo tanto abituati (o viziati) a rovistare sotto le esperienzeumane alla ricerca di nascosti complessi sessuali, da non contemplarel’ipotesi che il discorso sessuale rimandi a significati di altro genere e siala maschera o la metafora di un altro discorso. Questa ipotesi dovrebbevalere soprattutto per quei testi tanto implicati con la sessualità, comequello di Casanova, da spingere gli interpreti a capriole straordinarie perritrovare altri significati sessuali ancora più misteriosi ed inconsci. Chiabbia una conoscenza anche solo approssimativa della critica casanovianapuò agevolmente farsi un’idea delle invenzioni, non sempre spiritose,prodotte dai critici per aggiungere significati di ordine sessuale a untesto che ne è già ricco di suo. Poiché si tratta in tutti i casi di ipotesinon verificabili e non “falsificabili” sul piano rigidamente scientifico ma,appunto, di ipotesi di lettura, io ritengo altrettanto legittimo pensareche l’autobiografia casanoviana racconti soprattutto la nascita di unintellettuale, di uno scrittore, e soprattutto di un narratore. Se il signifi-cato ultimo della Recherche proustiana, secondo Genette, è «Marcel diven-ta scrittore», a dispetto del tanto sesso disseminato nelle sue pagine, per-ché quello dell’Histoire di Casanova non potrebbe essere “Giacomo diven-ta scrittore”? La vera vocazione di Giacomo Casanova sarà quella di esse-re uno splendido narratore, prima con le sue performaces orali nei salottisettecenteschi e poi con il racconto dell’Histoire nel castello di Dux. Pertale scopo egli deve vivere una vita avventurosa e sedurre centinaia didonne: buon per lui, che a differenza di tanti romanzieri trova nel suopassato e nella sua persona l’oggetto vivo della scrittura. Il segno dellamagia e della stregoneria si imprime non solo sull’esistenza di un avven-turiero che sarà costretto più volte a sfruttare la credulità delle sue vitti-me, ma soprattutto sull’atto stesso del raccontare. Razionalista e illumi-

144

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

nista come pensatore, Casanova non potrà sottrarsi all’imperio dellamagia nella creazione narrativa. Come ha spiegato più volte JeromeBruner, l’atto narrativo è non una registrazione ma una costruzione dellarealtà che si fonda su un «modello mentale» fantastico distinto dalmodello logico-scientifico e su una sorta di «necessità narrativa» provvi-sta di una logica autonoma.52 La “magia” è connaturata all’atto stesso delnarrare, giacché il rapporto che lega autore e lettore non è spiegabile nécon gli strumenti della «scienza letteraria» né soprattutto con quellidella «scienza naturale».53 E infatti gli adepti di quel curioso mestiereche si autodefinisce «scienza della letteratura» non potranno mai spiega-re “scientificamente” l’origine della creazione letteraria e gli effetti diessa sul lettore. Di questa realtà Casanova si rende conto, tanto bene hasperimentato nella sua vita il potere del racconto, anche se nel capoversosuccessivo l’adesione alle idee del tempo lo spinge a riportare la storia neibinari della normalità e a fare le sue osservazioni critiche, da razionalistache tenta di spiegare la parte della stregoneria negli avvenimenti delmondo:

Après le voyage à Muran, et la visite nocturne de la fée, je saignais enco-re, mais toujours moins; et ma mémoire peu à peu se développait, enmoins d’un mois j’ai appris à lire. Il serait ridicule d’attribuer ma guéri-son à ces deux extravagances mais on aurait aussi tort de dire qu’elles nepurent pas y contribuer. Pour ce qui regarde l’apparition de la belle reine,je l’ai toujours crue un songe, à moins qu’on ne m’eût fait cette mascara-de exprès; mais les remèdes aux plus grandes maladies ne se trouvent pastoujours dans la pharmacie. Tous les jours quelque phénomène nousdémontre notre ignorance. Je crois que c’est par cette raison que rienn’est si rare qu’un savant qui ait un esprit entièrement exempt de super-stition. Il n’y a jamais eu au monde des sorciers; mais leur pouvoir a tou-

145

52 JEROME BRUNER, The Narrative Construction of Reality, in “Critical Inquiry”,XVIII (1991), 1, p. 6 e passim. Per un’esposizione più ampia di queste tesi cfr. dellostesso autore Acts of Meaning, Cambridge, Harvard University Press, 1990, e ActualMinds, Possible Words, Cambridge, Harvard University Press, 1986.

53 BRUNER, Actual Minds, p. 4. Sulla questione si veda, più di recente, Narrativeand Consciousness. Literature, Psychology, and the Brain, ed. by Gary D. Fireman - Ted E.McVay jr. - Owen J. Flanagan, Oxford, Oxford University Press, 2003. Per una pro-spettiva diversa, ma non meno interessante, si veda JAMES OLNEY, Memory & Narrative.The Weave of Life-Writing, Chicago - London, The University of Chicago Press, 1998.

Bartolo Anglani

jours existé par rapport à ceux auxquels ils ont eu le talent de se faire croi-re tels. (I 1)54

Dopo la ripetizione dell’avvenimento magico, il vecchio Casanovariprende nettamente il controllo dell’esposizione e tenta di conciliare la«masquerade» con la filosofia. Ma è un effetto apparente della scritturaquello di far credere che il ricordo infantile sia riprodotto immediatamen-te così come si è verificato, in un’accensione miracolosa della memoria, eche solo la riflessione successiva appartenga al vecchio autore. In realtà irapporti tra il ricordo e la riflessione sono più complessi e dànno luogo aun gioco delle parti nel quale lo scrittore si muove abilmente, fornendo allettore tutti gli elementi necessari per cogliere il valore inaugurale e sim-bolico del primo ricordo. Il dato più immediato sembra che il destino delfuturo seduttore sia quello di chi viene dominato dalle donne e non di chisaprà dominarle. La figura duplice della nonna-strega, che si rovescia inquella della fata-regina, rischia di dire sul rapporto con il sesso femmini-le una verità che si nasconde nelle mille pieghe dell’Histoire ma di cui lostesso narratore è ben consapevole, come quando a proposito della storia diBettina osserva (e commenta) che. a dispetto di «une si belle école» cheaveva preceduto la sua adolescenza, egli sarebbe rimasto «la dupe des fem-mes jusqu’à l’âge de soixante ans» (I 3).55 Ed è abbastanza corretto, al dilà del linguaggio utilizzato, concludere che per tutta la sua vita Casanovatenderà a «ritrovare questo momento di fusione meravigliosa, questaregressione magica con la madre-fata e con la nonna-strega», e che all’ori-gine della sua «memoria» il piccolo Giacomo si trova «consegnato all’on-nipotenza magica delle donne»:56 ma è, appunto, una conclusione troppofacile e troppo indiscutibile. Nell’episodio si può leggere qualche cosad’altro, che riguarda l’atto stesso del raccontare. Casanova nasce comeindividuo non tanto nella veste di seduttore quanto in quella di narratore.Vorrebbe farci credere che la sua memoria si sia sviluppata assai tardi, per-ché solo in questo modo la sua nascita in quanto individuo può assumerequel rilievo simbolico che gli è indispensabile per qualificare la sua voca-zione. Fino all’età di otto anni e mezzo Casanova non sapeva nemmenoleggere, e solo dopo l’episodio magico la sua memoria si sviluppa ed egli

146

54 CASANOVA, Histoire, I, p. 18.55 Ibidem, p. 40.56 FLEM, Casanova, ou l’exercice, p. 43.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

comincia a leggere e recupera rapidamente il tempo perduto. La vocazio-ne di narratore è legata a un interdetto mortale. Disobbedendo a quell’in-terdetto e sfidando la morte, Casanova diventerà scrittore.

La scrittura è a sua volta legata alla ciarlataneria, all’imbroglio, all’in-ganno. Lo scrittore è un avventuriero. È questo il tema del secondo ricor-do, quello del furto della palla di cristallo. Il tema del furto infantile è untopos diffusissimo nelle autobiografie, da Agostino a Rousseau e oltre, e permolti autori rappresenta non tanto il primo ricordo quanto l’episodio incui l’individuo scopre le proprie inclinazioni al male e il suo stato didegradazione. Casanova tratta questo tema con originalità, poiché egli altempo stesso deruba il padre e riversa la colpa del furto sul fratello mino-re Francesco:

Ayant observé sur une table un gros cristal rond brillanté en facettes, jefus enchanté le mettant devant mes yeux de voir tous les objets multi-pliés. Me voyant inobservé j’ai saisi le moment de le mettre dans mapoche.Trois ou quatre minutes après, mon père se leva pour aller prendre lecristal, et ne le trouvant pas il nous dit que l’un de nous devait l’avoirpris. Mon frère l’assura qu’il n’en savait rien, et quoique coupable, je luiai dit la même chose. Il nous menaça de nous fouiller, et il promit lesétrivières au menteur. Après avoir fait semblant de le chercher dans tousles coins de la chambre, j’ai mis adroitement le cristal dans la poche del’habit de mon frère. J’en fus d’abord fâché, car j’aurais pu faire sem-blant de le trouver quelque part; mais la mauvaise action était déjàfaite. Mon père, impatienté de nos vaines recherches, nous fouille, trou-ve le cristal dans la poche de l’innocent, et lui inflige la punition pro-mise. Trois ou quatre ans après, j’eus la bêtise de me vanter à lui-mêmede lui avoir joué ce tour. Il ne me l’a jamais pardonné, et il a saisi tou-tes les occasions de se venger. (I 1)57

Anche Giacomo, come una volta Agostino, ruba non perché abbiabisogno di un oggetto in sé privo di valore ma perché si sente attrattodall’atto stesso del rubare:

Et ego furtum facere volui et feci nulla compulsus egestate nisi penuriaet fastidio iustitiae et sagina iniquitatis. Nam id furatus sum, quod

147

57 CASANOVA, Histoire, I, p. 19.

Bartolo Anglani

mihi abundabat et multo melius, nec ea re volebam frui, quam furtoappetebam, sed ipso furto et peccato. [...] dum tamen fieret a nobisquod eo liberet, quo non liceret.58

In Casanova manca totalmente il senso della colpa e del peccato chetanto angustiava Agostino, ma non molto diversa è la motivazione della“inutilità” connessa all’oggetto rubato, che nel caso di Casanova si conno-ta esteticamente, brilla e (come lo specchio rotto di Rétif) moltiplica ilmondo con le sue «facettes». In Casanova, soprattutto, lo schema del furtodiventa un gioco a tre che coinvolge l’ignaro fratello. Giacomo avrebbepotuto evitare tanta perfidia nascondendo il cristallo in qualche altroluogo, ma una tentazione irresistibile lo spinge a metterlo nella tasca delfratello. Anche questo gesto è immotivato sul piano strettamente pratico,ma possiede un grande valore simbolico. Casanova ruberà ma non perarricchirsi, bensì per giocare la sua vita al livello più alto del rischio e deldivertimento, «adroitement». Che questo sia un altro aspetto del suodestino, gli sarà spiegato dall’erudizione di un gesuita il quale dirà cheJacob «voulait dire en langue hébraïque supplanteur». Tale era infatti ilnome del personaggio biblico che «avait trompé son frère Esaü» (I 1).59

Nomen omen, insomma: e cosa si può fare contro il destino scritto nel nome?Nulla. Meglio obbedirgli e divenire un «supplanteur» a tempo pieno.

Non si trovano i piaceri del sesso nei primi ricordi di questo sedutto-re. Il «premier vrai plaisir que j’ai goûté dans ma vie», scrive infattiCasanova poco più avanti, è quello provato quando, durante il viaggio inburchiello da Venezia a Padova con il poeta Baffo e la madre, il piccoloGiacomo prima si meraviglia vedendo gli alberi camminare e poi, udita laspiegazione sommaria della madre, rapidamente ipotizza «que le soleil nemarche pas non plus, et que ce soit nous qui roulons d’Occident enOrient» (I 1).60 Il resoconto di questa genialità precoce puzza di falso enon ha nemmeno il fascino ambiguo ed orrido di quello della nonna stre-ga. Si tratta di un episodio del tutto inverosimile: Giacomo ha nove annie solo da sei mesi avrebbe cominciato a sviluppare il suo essere pensante.Il recupero sembra troppo veloce, e la risposta presuppone conoscenze geo-grafiche improbabili in un ragazzo che non è mai andato a scuola. Anche

148

58 SANT’AGOSTINO, Le confessioni, p. 108 (II 4).59 CASANOVA, Histoire, I, p. 19.60 Ibidem, p. 22.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

questo è un ricordo falso, o meglio inventato a partire da qualche fatterel-lo reale, o forse accaduto in anni successivi e spostato a quella data peraccrescerne il valore simbolico. L’intenzione del narratore è però sempre lastessa, quella di attribuire ai suoi esordi alcuni significati che dànno sensoal resto della vita. In questo caso il significato non abbisogna di introspe-zioni ulteriori e sta nel fatto che il primo piacere provato nella vita è dicarattere intellettuale. Il sesso (inizialmente come turbamento e dolore)verrà per Casanova dopo, nella casa del dottore Gozzi, quando la giovaneBettina «peu à peu jeta dans [son] cœur les premières étincelles d’une pas-sion qui ensuite devint [sa] dominante» (I 2).61 Il sesso verrà «ensuite»: peril momento le prodezze di Casanova sono tutte di carattere intellettuale eletterario. Un altro aneddoto palesemente inverosimile, quello in cui unGiacomo ancora adolescente replica con una brillante frase latina alla que-stione posta da un distico latino sui nomi degli organi sessuali, segna il«premier exploit littéraire» del ragazzo e semina nella sua anima «l’amourde la gloire qui dépend de la littérature», poiché gli applausi dei presentilo mettono «au faîte du bonheur» (I 2).62

La scoperta del sesso avviene poco dopo, e in essa Giacomo gioca unaparte passiva che ripete la posizione di subalternità già sperimentata conla nonna. Bettina non è una strega ma ugualmente domina il ragazzo piùgiovane di lei facendogli indossare le calze bianche ricamate e poi lavan-dogli le gambe un po’ sporche senza chiedergliene «la permission». Gia-como è dunque un oggetto nelle mani della ragazza e, «honteux de pou-voir lui paraître honteux», e soprattutto «n’imaginant pas d’ailleurs que cequi est arrivé arriverait», si lascia manipolare da Bettina che spinge «troploin» il suo zelo per la pulizia e con la sua curiosità provoca «une voluptéqui ne cessa que quand elle se trouva dans l’impossibilité de devenir plusgrande» (I 2).63 Sarà stato reale lo sconcerto del bambino di fronte a unfenomeno che a quanto pare non si era mai verificato prima: ma apparten-gono al narratore adulto le riflessioni «cruelles» sull’avvenimento:

Il me semblait de l’avoir déshonorée, d’avoir trahi la confiance de safamille, d’avoir violé la loi de l’hospitalité, et d’avoir commis le plus

149

61 Ibidem, p. 28; corsivo mio.62 Ibidem, p. 30.63 Ibidem, p. 33.

Bartolo Anglani

grand des crimes, crime que je ne pouvais réparer que l’épousant, sicependant elle pouvait se résoudre à prendre pour mari un impudentcomme moi, indigne d’elle. (I 2)64

Il commento modifica e ribalta il racconto. Se nel racconto è Bettinache prende l’iniziativa e seduce il bambino, nel commento è il bambino (ein realtà l’adulto) che presentandosi come «coupable» si riappropria del-l’azione, trasformandosi da oggetto in soggetto. È Bettina che propone aGiacomo di andare al ballo vestito «en fille», ed è Giacomo ad acconsen-tire benché dopo l’applauso dei presenti (I 2).65 Senza ricostruire tutto ilséguito dell’episodio, ben noto ai lettori dell’Histoire, notiamo soltanto chelo scioglimento ripete come «tragicomédie» (I 2)66 la scena magica dellanonna-strega. Le convulsioni di cui soffre Bettina sono attribuite dallamadre a «un sort qu’une sorcière qu’elle connaissait devait lui avoir jeté»,mentre Giacomo non poteva immaginare «des diables dans le corps deBettine sans rire» (I 2).67 L’esorcismo del padre Mancia trasforma in farsala cupa serietà della cerimonia magica: egli «fit un sourire, plongea etreplongea l’asperges dans le bénitier, nous arrosa généreusement tous, etpartit» (I 3).68

Una trasformazione analoga della tragedia in farsa o almeno in tragi-commedia avviene quando una défaillance della fortissima memoriaimprime il clinamen decisivo alla vita di Giacomo Casanova. Siamo nel1741, Giacomo ha quasi diciotto anni ed è avviato ad una brillante car-riera di predicatore: ma il destino lo spinge altrove («c’était décidé que

150

64 Ibidem.65 Ibidem, p. 34.66 Ibidem.67 Ibidem, p. 37.68 Ibidem, p. 42. Anche l’episodio di Bettina ha dato origine a “romanzi” psicoanali-

tici appassionanti, che hanno il solo difetto di non poter essere né confermati né “falsifi-cati”. Se un «adepto del dott. Freud» si fosse trovato nella casa del Gozzi, non solo avreb-be emesso una «diagnosi di isteria» ma avrebbe ricostruito tutta una relazione incestuo-sa tra la giovinetta e il padre: Bettina è «invitata a sostituirsi a sua madre accanto al padrepur occupando una posizione materna nei confronti del giovane Casanova» (ÉTIENNE

TRILLAT, Un souvenir d’enfance de Casanova, in “Évolution Psychiatrique”, LXIV [1999],1, pp. 19 e 21). Sulla questione non ho potuto leggere il contributo di TED EMERY,Casanova, the Novel, and the Woman as Desiring Subject: The Case of Bettina, in “Studies inEighteenth-Century Culture”, XXXIII (2004), pp. 277-92.

Il «premier souvenir». Nascita di uno scrittore

je ne dusse avoir prêché sur la terre qu’une seule fois») e scrive la paginadi una «histoire misérable» e «trop vraie qu’on a la barbarie de trouvercomique» (I 4).69 Ma a rendere comica la storia è proprio il raccontoautobiografico che il vecchio Casanova ne fa. Giacomo non crede neces-sario imparare il suo sermone «par cœur» perché ne era l’autore, sapevadi saperlo, e «le malheur de l’oublier» non gli pareva «dans l’ordre deschoses possibles». Poteva anche dimenticarne una frase, ma era sempreben capace «d’en substituer une autre»,

et tout comme je ne restais jamais court quand je parlais à une compa-gnie d’honnêtes gens, je ne trouvais pas vraisemblable qu’il pût arriverde rester muet vis-à-vis d’un auditoire, où je ne connaissais personnequi pût me rendre timide, et me faire perdre la faculté de raisonner. Jeme divertissais donc à mon ordinaire me contentant de relire soir etmatin ma composition pour la bien imprimer dans ma mémoire, dontje n’avais jamais eu raison de me plaindre. (I 4)70

Tanta sicurezza (ripetizione comica della hybris tragica) sarà punita.Giacomo si lascia tentare da un buon pranzo, mangia e beve e «avecl’estomac plein et la tête altérée» corre alla chiesa e monta in cattedra:

Je dis très bien l’exorde, et je prends haleine. Mais à peine prononcéesles cent premières paroles de la narration, je ne sais plus ni ce que je dis,ni ce que je dois dire, et voulant poursuivre à force je bats la campagne,et ce qui achève de me perdre est un bruit sourd de l’auditoire inquietqui s’était trop bien aperçu de ma déroute. Je vois plusieurs sortir del’église, il me semble d’entendre rire, je perds la tête et l’espoir de metirer d’affaires. Je peux assurer mon lecteur que je n’ai jamais su si j’aifait semblant de tomber en défaillance, ou si j’y suis tombé tout de bon.Tout ce que je sais est que je me suis laissé tomber sur le plancher de lachaire, en donnant un grand coup de tête contre le mur désirant qu’ilme l’eût fendue. (I 4)71

Era necessaria una ri-nascita che ripetesse come farsa la tragedia inau-gurale. Giacomo perde la memoria e cade come morto, tornando simbo-

151

69 CASANOVA, Histoire, I, p. 65.70 Ibidem.71 Ibidem.

Bartolo Anglani

72 Ibidem, p. 66.

152

licamente alla sua infanzia. I presagi dei primi ricordi hanno lasciato ilsegno, ma non possono mettere in moto la vita dell’avventuriero finchérestano avvolti da quell’aura nera. Con le vicende tragicomiche dell’esor-cismo di Bettina e della predica fallita, Giacomo ha respinto quegliarchetipi oscuri nella preistoria. La vera Histoire de ma vie comincia ades-so: avendo «entièrement renoncé» al mestiere di predicatore, Giacomoincontra «une jeune courtisane qui faisait alors à Venise le plus grandbruit», la già celebre Cavamacchie (I 4).72 Ancora qualche piccolo aggiu-stamento, e la carriera del seduttore e dell’avventuriero sta per comincia-re. Ma il prologo non è stato inutile e continuerà a gettare la sua ombrasu tutto il resto della vicenda. La scrittura è “postuma” rispetto alla vitama è anche la forma di un destino. Scrivere, per Casanova, significheràobbedire al destino che gli è apparso nel primo, sedicente, «primo ricor-do» della sua esistenza.