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1 Il piano di comunicazione da strumento a processo organizzativo e relazionale. Il caso Henkel Italia Alessandra Mazzei * Annamaria Esposito ** (Citazione: Mazzei A. Esposito A., "Il piano di comunicazione da strumento a processo organizzativo e relazionale. Il caso Henkel Italia”, Mercati & Competitività, n. 1, 2012, pp. 95-113. DOI: 10.3280/MC2012-001007) Riassunto L’articolo propone un metodo per pianificare la comunicazione secondo una logica processuale e relazionale che ne evidenzia i fattori di processo e di relazione. L’analisi della letteratura evidenzia il prevalere di una logica analitica e razionale che intende il piano di comunicazione come flusso predefinito di attività. Tale proposta è stata elaborata impiegando il modello di business process re-engineering dell’Action Workflow, che interpreta ogni processo aziendale come interazione e ne evidenzia gli aspetti relazionali. L’articolo presenta poi la fase esplorativa di una ricerca volta a verificare se le aziende adottano una logica analitica e razionale oppure processuale e relazionale per pianificare la comunicazione, realizzata attraverso lo studio di caso Henkel Italia. Nelle conclusioni discute alcune implicazioni manageriali e per la ricerca futura. Parole chiave: Pianificazione, comunicazione, processo relazionale, studio di caso. Abstract Communication plan as organizational and relational process This article proposes a method to plan communication according to a relational approach that highlights the process and relational key factors. The analysis of the literature emphasizes the prevalence of a rational approach. This proposal was developed referring to the Action Workflow model of business process re-engineering, which interprets each process as an interaction and underlines the relational aspects. The article then discusses the case study of Henkel Italy, the exploratory phase of a research project aimed at understanding if this company adopts * Alessandra Mazzei è Professore associato di Economia e gestione delle imprese presso la Libera Università IULM di Milano, Via Carlo Bo 1, 20149 Milano, tel. 02 892412741, email: [email protected]. ** Annamaria Esposito è Ricercatore in Economia e gestione delle imprese presso la Libera Università IULM di Milano, Via Carlo Bo 1, 20149 Milano, tel. 02 892412741, email: [email protected].

Il piano di comunicazione da strumento a processo organizzativo e relazionale. Il caso Henkel italia

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Il piano di comunicazione da strumento a processo organizzativo e relazionale. Il caso Henkel Italia

Alessandra Mazzei* Annamaria Esposito**

(Citazione: Mazzei A. Esposito A., "Il piano di comunicazione da strumento a processo organizzativo e relazionale. Il caso Henkel Italia”, Mercati & Competitività, n. 1, 2012, pp. 95-113. DOI: 10.3280/MC2012-001007)

Riassunto

L’articolo propone un metodo per pianificare la comunicazione secondo una logica processuale e relazionale che ne evidenzia i fattori di processo e di relazione. L’analisi della letteratura evidenzia il prevalere di una logica analitica e razionale che intende il piano di comunicazione come flusso predefinito di attività. Tale proposta è stata elaborata impiegando il modello di business process re-engineering dell’Action Workflow, che interpreta ogni processo aziendale come interazione e ne evidenzia gli aspetti relazionali. L’articolo presenta poi la fase esplorativa di una ricerca volta a verificare se le aziende adottano una logica analitica e razionale oppure processuale e relazionale per pianificare la comunicazione, realizzata attraverso lo studio di caso Henkel Italia. Nelle conclusioni discute alcune implicazioni manageriali e per la ricerca futura.

Parole chiave: Pianificazione, comunicazione, processo relazionale, studio di caso.

Abstract

Communication plan as organizational and relational process This article proposes a method to plan communication according to a relational approach that highlights the process and relational key factors. The analysis of the literature emphasizes the prevalence of a rational approach. This proposal was developed referring to the Action Workflow model of business process re-engineering, which interprets each process as an interaction and underlines the relational aspects. The article then discusses the case study of Henkel Italy, the exploratory phase of a research project aimed at understanding if this company adopts

* Alessandra Mazzei è Professore associato di Economia e gestione delle imprese presso la

Libera Università IULM di Milano, Via Carlo Bo 1, 20149 Milano, tel. 02 892412741, email: [email protected].

** Annamaria Esposito è Ricercatore in Economia e gestione delle imprese presso la Libera Università IULM di Milano, Via Carlo Bo 1, 20149 Milano, tel. 02 892412741, email: [email protected].

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the relational approach or the rational one. In the conclusion it presents managerial implications and suggests future research areas.

Key words: Planning, communication, relational process, case study.

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Introduzione1

La tesi di questo articolo è che il piano di comunicazione sia un processo aziendale che comporta l’attivazione di relazioni collaborative. Questa proposta nasce dalla constatazione che nella letteratura il piano di comunicazione è studiato in prevalenza secondo una logica analitica e razionale, che considera la pianificazione alla stregua di una procedura. La proposta contenuta in queste pagine esplicita i fattori di efficacia di processo e di relazione in coerenza con una logica processuale e relazionale. L’articolo compara i principali metodi di pianificazione della comunicazione presenti nella letteratura, al fine di chiarire quali sono le attività del processo di pianificazione, gli strumenti manageriali a supporto, i principi manageriali più importanti. In seguito a quest’analisi il processo di pianificazione della comunicazione viene reinterpretato utilizzando il modello dell’Action Workflow. Quest’ultimo è un metodo di business process re-engineering che spiega ogni processo organizzativo come un processo di interazione e ne evidenzia le implicazioni relazionali. L’articolo continua con un’analisi esplorativa basata sullo studio del caso Henkel Italia, volta a verificare se in questa azienda prevale la logica di pianificazione della comunicazione processuale e relazionale oppure quella analitica e razionale. In conclusione presenta delle implicazioni per la pratica manageriale e per la ricerca.

1. La letteratura di riferimento

La pianificazione nasce dalla necessità di gestire la complessità dell’impresa e di considerare in anticipo come governare le sfide o trarre vantaggio dalle opportunità che si presentano nell’ambiente competitivo. La pianificazione strategica «sollecita il management a focalizzare correttamente l’attenzione alle variabili cruciali per la formulazione della strategia aziendale» (Faccipieri, 1984 p. 783). Pianificare rappresenta lo sforzo di pensare in anticipo (Bolan, 1974; Sawyer 1983; Caroli, 2003) ed essere orientati al futuro (Porter, 1980). Implica prendere decisioni (Goetz, 1949 in Steiner 1979; Koontz, 1958; Galbraith, 1967; Ozbekhan, 1969) in modo integrato (Schwendiman 1973; van Gunsteren, 1976), correlato (Ackhoff, 1970) e razionale (Porter, 1987). È anche un momento di coordinamento e integrazione dell’azienda (Mintzberg, 1979; Weick, 1979). Gli studi sulla pianificazione della comunicazione evidenziano i benefici che quest’ultima apporta alla governance (Vecchiato, 2008), allo sviluppo di un corporate brand coerente con la corporate identity (Pastore, Vernuccio, 2008) e alla gestione delle relazioni sia con il mercato (Vescovi, 2008) sia con tutti gli stakeholder (Muzi Falconi, 2002).

1 La ricerca presentata in questo articolo è stata supportata dal Laboratorio Comunicazione

interna promosso dall’Università IULM in partnership con ASCAI; Ferrero; Henkel Italia; Hogg Robinson Italia; IBM Italia; illycaffè; Iper, La grande i; Micron Technology Italia; Natuzzi Group; Porsche Italia; e Unicoop Firenze.

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Pianificare la comunicazione consente di definirne il ruolo nella strategia d’impresa (Collesei, Ravà, 2008), focalizzare gli sforzi, conseguire con maggiore efficacia gli obiettivi, mantenere una visione di lungo termine, preparare al cambiamento (Gregory, 2000, 2009), riconciliare i conflitti, rispettare il budget, sollecitare comportamenti proattivi (Wilson, Odgen 2008) e infine legittimare la funzione di comunicazione nel sistema organizzativo (Invernizzi, 2000). Nonostante questi benefici spesso vi è riluttanza a definire il piano di comunicazione per mancanza di tempo, timore della sua rapida obsolescenza, difficoltà a prevedere tutte le variabili in gioco, preoccupazione per la perdita di flessibilità, dubbi sulla fattibilità poiché il piano potrebbe riflettere situazioni ideali (Gregory, 2009). Questo articolo analizza in modo comparativo alcuni tra i metodi per pianificare la comunicazione presenti nella letteratura internazionale e italiana, scelti tra quelli più citati, validati da verifica empirica e pubblicati in contesti scientifici autorevoli. I metodi selezionati grazie a questi criteri sono il Metodo Input-Trasformazione-Output di Van Riel (1995), il Metodo Apice di Invernizzi (2000), il metodo in nove passi di Gregory (2000, 2009), la proposta di Wilson e Ogden (2008) e l’elaborazione di Smith (2009). La comparazione ha preso come riferimento le seguenti variabili: le fasi considerate, le modalità di avvio del processo, le modalità di analisi del contesto, le caratteristiche degli obiettivi e delle strategie del piano, le modalità di valutazione e di riavvio del processo di pianificazione, i fattori critici di successo della pianificazione. Per ciascun metodo sono state individuate infine le caratteristiche distintive (tabella 1). L’analisi comparativa evidenzia che ciascun metodo possiede alcuni elementi distintivi: la sequenzialità dei passi di elaborazione (Van Riel, 1995); la modularità delle fasi nelle quali si articola il piano (Invernizzi, 2000); la necessità di disporre di un framework (Gregory, 2000; Wilson, Ogden, 2008) o di una matrice (Smith, 2009) per il coordinamento del processo. Emergono anche dei fattori chiave per la riuscita di un piano di comunicazione, quali guidare il processo mediante protocolli (Van Riel, 1995); attivare la committenza e curare le relazioni con tutti i soggetti durante l’intero processo di pianificazione (Invernizzi, 2000); precisare le modalità di valutazione (Gregory, 2000); dotarsi di strumenti per monitorare l’efficienza e l’efficacia del processo (Wilson, Ogden, 2008); determinare gli obiettivi in modo appropriato (Smith, 2009). Tutti i metodi di pianificazione analizzati convergono rispetto a tre aspetti. In primo luogo, descrivono il processo come una sequenza di attività che può essere descritta attraverso dei diagrammi di flusso. In secondo luogo, adottano una logica prescrittiva finalizzata a razionalizzare e a formalizzare i passi del processo al fine di migliorarne il controllo. Infine, descrivono un percorso riconducibile alle quattro fasi del ciclo di direzione: la programmazione, l’organizzazione, la conduzione e il controllo (Pastore, Vernuccio, 2008; Kotler, Keller, 2007; Caroli, 2003; Faccipieri, 1984).

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Tabella 1: Comparazione tra i principali metodi di pianificazione della comunicazione Autori Variabili

Van Riel, 1995 Gregory, 2000

Invernizzi, 2000

Wilson, Ogden, 2008

Smith, 2009

Fasi Input, Trasformazione, Output

Analisi, obiettivi, pubblici, messaggi, strategia, tattica, time-scale, risorse, valutazione, riesame

Auditing bisogni, progettazione e pianificazione, attuazione e controllo operativo, monitoraggio risultati e iniziative

Research, Action, Communication, Evaluation

Analisi, goal e obiettivi, pubblici, messaggi, strategia, tattica, budgeting e time-scale, implementazione, misurazione e valutazione

Avvio Definizione problema

Ricerca e definizione problema

Committenza forte, autorevole, esplicita

Individuazione problema o opportunità

Ricerca e definizione problema

Analisi contesto

Analisi dell‘ambiente competitivo

Analisi contesto interno e competitivo esterno

Analisi bisogni di comunicazione. Censimento iniziative esistenti

Analisi contesto esterno, pubblici e risorse disponibili

Analisi pubblici e situazione organizzativa

Obiettivi Chiari Coerenti con priorità strategiche

Realistici, precisi, specifici, stabiliti dal top management

Coerenti con le strategie, la missione e i valori guida

Stabiliti in base agli obiettivi di lungo termine e ai pubblici.

Chiari, misurabili, nati da priorità strategiche

Strategie Coerenti con la strategia corporate

Coerenti con gli obiettivi e gli intenti strategici

Coerenti con la strategia di business

Coerenti con i pubblici da raggiungere

Coerenti con posizionamento, missione, valori

Valutazione Conoscenza, atteggiamenti, comportamenti Vendite

Input, output, outcome, out-take

Indagini qualitative e quantitative

Output, outcome, out-take

Efficacia dei messaggi sull‘audience

Riavvio - In base alla rivalutazione della situazione interna ed esterna

Basato su risultati conseguiti e nuovi obiettivi dell‘impresa

- Per cambiamenti dell‘ambiente, dei pubblici, dell‘azienda

Fattori critici di successo

Protocolli per governare il processo

Prevedere la valutazione insieme agli obiettivi

Attivare la committenza e curare le relazioni durante il processo

Controllo dell‘efficienza e dell‘efficacia del processo

Definizione corretta degli obiettivi

Caratteristiche distintive

Fasi sequenziali Piano ricorsivo

Framework per coordinare il processo di comunicazione

Fasi modulari Piano ricorsivo

Matrice per pianificare la comunicazione.

Framework per coordinare il processo di comunicazione

Fonte: elaborazione delle autrici.

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Nel loro insieme queste tre convergenze sottolineano che i metodi di pianificazione comparati considerano il piano di comunicazione come uno strumento e fanno implicito riferimento a una logica «analitico-razionale». Tale logica è rinvenuta nei processi di pianificazione «condotti esclusivamente a livello di vertice aziendale» e si contrappone a quella che coinvolge «persone operanti a molti livelli e che comporta esplicite e intense contrattazioni» (Airoldi, Brunetta, Coda, 1989 p. 474). L’analisi dei diversi metodi evidenzia anche una tendenza ad applicare la logica della pianificazione strategica piuttosto che quella di management strategico che invece sembra più adeguata (Caroli, 2003 p. 195). Il management strategico inserisce la pianificazione in un contesto di coinvolgimento e di incentivazione per orientare tutti gli attori a condividere gli indirizzi del piano e a contribuire alla sua realizzazione. Il focus si sposta sull’integrazione della comunicazione con le altre componenti del sistema aziendale (Pastore, Vernuccio, 2008; Caroli, 2003; Drucker, 1973).

2. Il piano di comunicazione come processo organizzativo e relazionale

Lo scopo di questo articolo è quello di mettere a punto una proposta di piano di comunicazione che ne espliciti gli aspetti processuali e relazionali e verificarne la rilevanza attraverso l’analisi empirica. Il presupposto di partenza è considerare il piano di comunicazione in primo luogo come un processo aziendale e in secondo luogo come un processo relazionale. Il piano di comunicazione costituisce uno dei processi aziendali, definiti come un insieme di attività e decisioni finalizzate a realizzare output a partire da input al quale concorrono diverse unità organizzative (Oriani, Monti, 1996). I processi organizzativi possono essere distinti in processi di direzione e controllo, di business e di supporto (Zeller, 1999). La pianificazione della comunicazione rientra tra i processi di direzione e controllo e richiede competenze manageriali per essere gestita. I processi aziendali possono essere considerati dei processi di trasformazione di input materiali in output oppure dei processi relazionali (De Michelis, 1995). I metodi di pianificazione analizzati nelle pagine precedenti adottano esplicitamente o implicitamente una visione di tipo input-output. Fa eccezione il metodo Apice (Invernizzi, 2000) che introduce i concetti di committenza, di cura delle relazioni e di obiettivi da condividere. L’accezione di processo aziendale come relazione è basata sulle teorie degli atti linguistici (Austin, 1976; Searle, 1969) ed è stata operazionalizzata dal metodo di business process re-engineering dell’Action Workflow (Medina-Mora, et al., 1992). Esso descrive il processo come sequenza di attività e soprattutto come un processo di conversazioni finalizzato a definire una rete di impegni tra i ruoli coinvolti. Sottolinea quindi la natura relazionale di tutti i processi organizzativi e i connessi percorsi di creazione di risorse intangibili quali per esempio la fiducia reciproca. Il metodo dell’Action Workflow applicato al processo di pianificazione della comunicazione ha portato a individuare un modello processuale e relazionale articolato in tre elementi componenti: il cliente, il fornitore e le fasi. Il cliente è il ruolo che manifesta l’esigenza di pianificare la comunicazione e affida l’incarico al

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fornitore. Nel caso del processo di pianificazione di solito il cliente è al vertice dell’organizzazione e il fornitore è il responsabile della comunicazione, che soddisfa la richiesta nei modi e nei tempi concordati. Le fasi del processo di comunicazione ipotizzate sono: Exploring, Setting, Acting e Valuing (figura n. 1). Ognuna è composta da sottoprocessi, genera un output e delle risorse immateriali.

Fig. 1 – Il piano di comunicazione processuale e relazionale

Fonte: elaborazione delle autrici.

La fase di Exploring è quella di analisi della situazione di partenza e della comprensione della domanda di fondo. Essa comprende tre sottoprocessi: l’individuazione degli obiettivi strategici, l’analisi del contesto in cui opera l’azienda, l’individuazione e l’analisi degli interlocutori. L’individuazione degli obiettivi strategici della comunicazione è fondamentale per comprendere la direzione in cui l’azienda desidera muoversi. Gli obiettivi devono essere definiti ed esplicitati, coerenti con la mission e i valori aziendali e condivisi con il cliente (Invernizzi, 2000; Gregory, 2009). L’analisi di contesto consente di identificare le dinamiche e i fattori ambientali in cui l’azienda è immersa. Essa prevede l’esplorazione del contesto esterno ed interno. L’analisi degli interlocutori prevede l’analisi dei bisogni di comunicazione (Mazzei, 2001; Downs, Adrian, 2004) e degli atteggiamenti degli interlocutori Hallahan (2001). L’analisi dei bisogni consente di individuare i contenuti e gli strumenti di comunicazione più appropriati per raggiungere gli interlocutori. L’analisi degli atteggiamenti permette invece di definire i gruppi di interlocutori attivi, consapevoli, inattivi, in conflitto e i non-pubblici e le conseguenti strategie di relazione con ciascuno di essi (Hallahan, 2001) al fine di attivarne i comportamenti di comunicazione desiderabili (Grunig, Hunt, 1984).

Risorse

Tempi

Evento

Progettazionedettaglio

Intranet

Ruoli

GANTTPERT

ProjectManagement

FASE 1: Exploring

FASE 4: Valuing

FASE 2: Setting

FASE 3: Acting

Obiettivistrategici

Analisiinterlocutori

Analisicontesto

Riscontri

Valore

Output

Piano dicomunicazione

Mandato

Progetto

Risultanze

Valore

SWOT

Matrice situazionale

Obiettivi-Risorse

Effetti

Checklist

Progetto

Strategia

Budget

Obiettivioperativi

RisorseRisorseRisorse

TempiTempiTempi

EventoEvento

Progettazionedettaglio

IntranetIntranet

RuoliRuoliRuoli

GANTTPERT

ProjectManagement

ProjectManagement

FASE 1: Exploring

FASE 4: Valuing

FASE 2: Setting

FASE 3: Acting

ObiettivistrategiciObiettivistrategiciObiettivistrategici

Analisiinterlocutori

Analisiinterlocutori

AnalisicontestoAnalisi

contesto

RiscontriRiscontri

ValoreValore

OutputOutput

Piano dicomunicazione

Mandato

Progetto

Risultanze

Valore

SWOT

Matrice situazionale

Obiettivi-Risorse

EffettiEffetti

Checklist

ProgettoProgetto

StrategiaStrategia

BudgetBudgetBudget

ObiettivioperativiObiettivioperativi

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Al termine della fase di Exploring il comunicatore conosce quali sono gli obiettivi strategici dell’organizzazione, gli elementi e i vincoli del contesto interno ed esterno, gli interlocutori e i loro bisogni di comunicazione e atteggiamenti. Egli ha pertanto il mandato ad agire. Nella fase di Exploring vengono generate due risorse intangibili. La prima è la consapevolezza, in quanto il comunicatore matura conoscenza approfondita della realtà in cui opera e si relaziona. La seconda è la legittimazione del ruolo (o dei ruoli) responsabili della comunicazione grazie al mandato esplicito ottenuto e alla costruzione del consenso dei ruoli coinvolti. Nella fase di Setting viene negoziato il progetto da realizzare. Essa è composta da quattro sottoprocessi: l’individuazione della strategia, la definizione degli obiettivi operativi, la determinazione del budget e la stesura del progetto di comunicazione. Individuare le strategie implica scegliere le azioni da intraprendere con riferimento ad una situazione, ai soggetti e ai contesti interno ed esterno all’organizzazione (Rispoli, 1984). Gli obiettivi operativi, detti anche tattici, rappresentano «the single most important element in [the] public relations process» (Hendrix, 1998, p.23), Inoltre sono stati definiti come «specific milestones that measure progress towards achievement or a goal» (Guth, Marsh, 2000, p. 241). Rispetto agli obiettivi strategici sono più specifici, hanno contenuto operativo e sono realizzabili in un arco di tempo definito (Drucker, 1954). Il budget per la comunicazione è da considerare sin dall’inizio del processo di pianificazione. I diversi metodi di budgeting possono essere impiegati in modo integrato nelle diverse aree della comunicazione aziendale (Pastore, Vernuccio, 2008). Il progetto di comunicazione esplicita quali strumenti utilizzare in vista degli obiettivi da conseguire e tenuto conto degli interlocutori da raggiungere. Il comunicatore definisce per ciascun interlocutore i comportamenti di comunicazione auspicati e i messaggi e le iniziative di comunicazione da realizzare. Per ciascuna parte del piano è utile precisare i responsabili e i tempi di realizzazione, le risorse da impiegare e le modalità di valutazione. Il progetto è il risultato finale della fase di Setting che il comunicatore presenta al cliente interno e che una volta approvato dovrà essere attuato. Nel corso di questa fase vengono generate condivisione e socializzazione grazie al lavoro a stretto contatto con tutte le aree aziendali coinvolte nel processo di comunicazione. La fase di Acting è quella in cui ogni iniziativa prevista viene governata per arrivare alle risultanze del piano di comunicazione. La fase è suddivisa in due sottoprocessi: la progettazione di dettaglio e l’attività di project management. La progettazione di dettaglio consiste nel definire nello specifico tutte le singole iniziative stabilite nel progetto di comunicazione. Il project management comprende le attività di governo del processo, la cura delle relazioni e la raccolta delle informazioni per il monitoraggio. Consente di controllare lo stato di avanzamento del piano, i costi e i tempi di attuazione. Al termine della fase di Acting il comunicatore può presentare al cliente i risultati delle attività realizzate affinché siano valutati. La realizzazione delle attività e delle

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iniziative previste nel piano di comunicazione contribuisce a generare partecipazione ed alleanza attiva da parte di tutti i componenti dell’organizzazione. La fase di Valuing è quella in cui capitalizzare, fare leva e sedimentare la conoscenza generata durante il processo di pianificazione della comunicazione. Il fornitore-comunicatore presenta al cliente interno i risultati conseguiti e valutati in base alle modalità concordate ex ante. Il cliente verifica che l’accordo iniziale sia stato soddisfatto e, in caso positivo, il processo viene concluso ed eventualmente riavviato per conseguire nuovi obiettivi strategici. Questa fase comprende la valutazione dei risultati di programmi e iniziative e la valutazione degli effetti per l’azienda nel complesso (Mazzei, 2001 e 2007). La valutazione dei programmi e delle iniziative consiste nel misurare il grado di esposizione dell’azienda e cioè l’output delle attività di comunicazione; nell’analizzare le audience raggiunte ovvero i riscontri; e infine, nel valutare gli effetti delle attività di comunicazione sugli interlocutori in termini di mutamenti negli atteggiamenti e nei comportamenti degli interlocutori e se questi cambiamenti persistono nel tempo (Lindemann, 1997). La valutazione degli effetti complessivi conduce a esplicitare il valore generato dalla comunicazione. Le risorse immateriali generate nella fase di Valuing, sono l’apprendimento che verrà capitalizzato per re-impostare il piano di comunicazione e la valorizzazione dei risultati conseguiti come punto di partenza per nuovi obiettivi.

3. Un’analisi empirica esplorativa

Il modello del piano di comunicazione processuale e relazionale ha costituito il framework per una ricerca empirica esplorativa. Tale ricerca ha avuto l’obiettivo di valutare l’azienda studiata adotta la logica processuale e relazionale nel suo processo di pianificazione della comunicazione. I risultati dello studio esplorativo presentato costituiscono la prima fase di un progetto più ampio. Una volta validato l’impianto della ricerca, l’analisi successiva esplorerà il grado di diffusione del modello proposto tra le aziende italiane attraverso un’analisi su un campione più esteso.

3.1 La metodologia

L’analisi empirica è stata realizzata attraverso lo studio di un caso, metodo adatto alla prima fase esplorativa di un programma di ricerca (Yin, 1994) e che consente di indagare la pianificazione della comunicazione nel contesto aziendale in cui si realizza (Miles, Huberman 1994; Yin 1993 e 1994). Lo studio di caso ha consentito di ricostruire il processo di pianificazione della comunicazione, comprendere se l’azienda adotta il modello processuale e relazionale e individuare gli scostamenti rispetto al modello proposto. Il caso Henkel Italia è stato scelto per vari motivi. Il primo è che in Henkel Italia la pianificazione ha importanza strategica, come indica il fatto che l’azienda abbia deciso di investirvi risorse ed energie. Il secondo è che Henkel Italia ha avviato da

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alcuni anni un processo strutturato di pianificazione della comunicazione articolato in fasi e sottoprocessi, e nel corso del tempo lo ha messo a punto beneficiando dell’apprendimento da esperienza. Infine, proprio grazie a questo processo di sperimentazione e miglioramento continuo, l’azienda ha introdotto ogni anno innovazioni nel processo di comunicazione. Il caso Henkel appare quindi coerente con l’obiettivo di testare il modello proposto. La raccolta delle informazioni si è svolta in più momenti, dal marzo 2009 fino al novembre 2010. Ciò ha consentito un progressivo affinamento della comprensione del caso, una raccolta via via più mirata delle informazioni e anche la rilevazione per osservazione diretta di elementi evolutivi nel processo di pianificazione. Le fonti impiegate per raccogliere le informazioni necessarie a svolgere lo studio sono state interviste, analisi di documenti e osservazione partecipante. Le interviste sono state condotte con il responsabile comunicazione di Henkel Italia, testimone privilegiato in quanto detentore delle informazioni strategiche. I momenti di raccolta di informazioni sono stati sia dei momenti di presentazione strutturata da parte dell’azienda sia delle interviste guidate da una traccia. La raccolta delle informazioni ha riguardato la mission, la storia, l’organizzazione dell’azienda, il processo evolutivo della funzione di corporate communication, le priorità strategiche e le iniziative di comunicazione interna ed esterna progettate e adottate. Nel corso dell’intervista sono stati approfonditi i seguenti temi: la struttura del piano di comunicazione e la sua evoluzione negli ultimi anni; la ricostruzione del processo di pianificazione articolata nelle diverse attività, passaggi, ruoli coinvolti; le modalità di definizione del budget e di valutazione; i fattori critici di successo nell’opinione dell’intervistato, le difficoltà incontrate nella pianificazione e nell’implementazione del piano. Sono stati raccolti e analizzati anche diversi documenti quali la Strategy Map del 2008, la Roadmap per gli anni 2010-2012, i piani di comunicazione dal 2005 al 2010, il time-frame delle iniziative di comunicazione aziendale interna ed esterna per gli anni 2008, 2009 e 2010, le presentazioni aziendali realizzate in occasione di incontri formali e informali, alcuni numeri della rivista aziendale Henkel Life, le brochure aziendali, il sito web aziendale. I documenti raccolti sono stati impiegati per arricchire il quadro informativo e per trovare riscontro alle informazioni raccolte faccia a faccia, secondo la logica della triangolazione delle fonti (Yin, 1994). Le occasioni di visita in azienda sono anche state momenti di raccolta di elementi tramite osservazione partecipante che ha consentito di contestualizzare e interpretare le informazioni raccolte. L’analisi e la sistematizzazione degli elementi raccolti ha permesso di ricostruire la struttura del piano di comunicazione e in particolare il suo processo di definizione e gestione, la formulazione del budget e gli strumenti gestionali a supporto impiegati.

3.2 Il caso Henkel Italia

Henkel è una multinazionale con sede a Düsseldorf, presente in 125 paesi, proprietaria di 700 marchi e quotata alla borsa di Francoforte. Henkel opera in tre aree

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strategiche di business: la Detergenza, la Cosmetica e gli Adesivi. In Italia la multinazionale è presente con sette stabilimenti dislocati in tre regioni: Lombardia, Piemonte e Lazio. La struttura organizzativa della consociata italiana è articolata nelle stesse divisioni della casa madre. Al fine di sostenere la competizione globale, nel 2001 Henkel ha avviato a livello corporate un riorientamento delle proprie strategie e politiche di comunicazione. L’obiettivo era quello di reindirizzarle dalla promozione dei brand di prodotto alla valorizzazione della corporate communication e alla promozione del corporate brand. Fino ad allora i prodotti di largo consumo di Henkel, quali per esempio Dixan, erano infatti molto noti mentre il corporate brand era sconosciuto a gran parte dei consumatori: «Nonostante fosse una multinazionale quotata in borsa, nel 2001 Henkel non aveva una struttura internazionale di corporate communication e non aveva l’esigenza di comparire a livello corporate» (Frase tratta da intervista). In ciascuna consociata è stata quindi costituita una Direzione per la corporate communication dotata di risorse economiche e professionali per gestire l’identità e la notorietà del corporate brand Henkel. Le unità per la corporate communication sono state aggregate in Region. L’Italia appartiene alla Western Region (Presentazione Henkel Italia, 2010). Dal 2001 al 2006 la Direzione Corporate Communication della casa madre ha impostato le attività senza formulare un piano di comunicazione, bensì organizzando le attività attorno ai primi strumenti da realizzare: il sito web aziendale, il giornale interno, l’ufficio stampa (Documenti aziendali Henkel Italia, 2004). A causa dell’esiguità delle risorse, il management della Direzione Corporate Communication della casa madre ha deciso di utilizzare il canale dei brand di prodotto per affermare il corporate brand e di aggiungere il corporate brand Henkel a quello dei prodotti. Grazie a questa strategia Henkel ha accresciuto il livello di notorietà del proprio corporate brand nei paesi in cui effettuava investimenti significativi nella comunicazione dei brand di prodotto, come per esempio nel settore dei detergenti in Italia. Nel 2006 Henkel ha applicato i Principi Contabili Internazionali sugli Intangible Assets e ha adottato una politica di Corporate Social Responsibility. Ciò ha spinto l’azienda a ricercare una maggiore visibilità presso tutti gli stakeholder e quindi all’obiettivo della notorietà del corporate brand è stato aggiunto quello di migliorare la reputazione (Presentazione Henkel Italia, 2010). Il piano di comunicazione 2006 era articolato in cinque dimensioni: le finalità, gli obiettivi operativi, le strategie, le modalità di valutazione del raggiungimento degli obiettivi e le attività da realizzare. Le finalità del piano erano di stabilire una più ampia notorietà e una migliore reputazione aziendale sia a livello nazionale che internazionale (Piano di comunicazione Henkel Italia, 2006). Dal 2008 l’Headquarters ha messo in atto un cambiamento radicale a causa della crisi economica e finanziaria mondiale che ha colpito i propri mercati di riferimento. È stata posta maggiore attenzione sia alla redditività sia alla profittabilità ed è stata avviata una riorganizzazione. Henkel ha adottato una Strategy Map e ha definito le priorità aziendali a partire dalla definizione della propria Vision: «Henkel is a leader

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with brands and technologies that make people's lives easier, better and more beautiful» (Piano di comunicazione Henkel Italia, 2008). La Strategy Map ha consentito ai manager della comunicazione e a quelli di linea di ancorarsi alle priorità strategiche dell’azienda, di allinearsi con il business interno e la cultura aziendale. Essa ha posto l’accento sulle quattro dimensioni della balance score card: finanziaria, di mercato, interna e competenze (Strategy Map, 2008). La pianificazione della comunicazione dell’anno 2008 ha individuato gli obiettivi strategici da realizzare con il contributo della Direzione Corporate Communication: «la focalizzazione sui clienti business, lo sfruttamento del potenziale di business, la capacità di essere un team e un player internazionale» (Piano di comunicazione Henkel Italia, 2008). Il coinvolgimento delle Direzioni Corporate Communication delle consociate nella definizione della strategia di comunicazione ha rappresentato un momento di evoluzione verso la nascita di un'unica task force internazionale: «Diventare un team internazionale e globale è stato un percorso lungo. Nel 2001 le specificità di paese erano ancora molto forti, anche rispetto ad altre multinazionali. Era innanzitutto necessario standardizzare i processi. La pianificazione della comunicazione ci ha resi più consapevoli dei nostri traguardi e obiettivi» (Frase tratta da intervista). Nel 2010 la casa madre ha introdotto la Roadmap in sostituzione della Strategy Map. La Roadmap è un documento programmatico che prevede quattro fasi fondamentali e cioè identificare il problema, generare la soluzione, provare la soluzione, implementarla. Essa ha individuato un obiettivo a lungo termine: «Build Henkel into a globally recognized corporate brand, whose reputation supports all of its business activities in global markets and increases corporate value» (Roadmap Henkel, 2010-2012). Ha indicato inoltre gli obiettivi di business, i valori culturali portanti per Henkel e le priorità strategiche fino al 2012. Tra gli obiettivi strategici interni per il 2010 la Roadmap ha indicato tra gli altri: l’innovazione, supportata dal team di Corporate Communication attraverso la comunicazione dei nuovi prodotti e delle innovazioni; l’ottimizzazione del portafoglio prodotti che richiede alla comunicazione di contribuire alla relazione con i clienti business; l’orientamento alla performance che richiede alla comunicazione di lavorare sull’accettazione e comprensione della vision, dei valori, delle strategie e degli obiettivi aziendali e sullo sviluppo e sul mantenimento di relazioni efficaci con gli stakeholder interni; l’evoluzione del Corporate Brand per la ridefinizione del brand Henkel e del suo che oggi è Excellence is our Passion (Presentazione aziendale, 2010). Tra gli obiettivi di comunicazione esterna vi sono il consolidamento e rafforzamento dei Power brands Schwarzkopf, Persil e Loctite per i quali la comunicazione ha un ruolo determinante e la valorizzazione della Henkel Unique Selling Proposition per la differenziazione dai concorrenti. Il Piano di comunicazione di Henkel Italia per il 2010 differisce da quello 2009 per obiettivi e target: nel 2009 essi erano notorietà e pubblico generico, nel 2010 la reputazione e gli stakeholder specifici (Piano di comunicazione Henkel Italia, 2009 e 2010). Infatti: «Il piano di comunicazione è cambiato molto nel tempo perché

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cambiano i vertici e cambia il modo di fare azienda. Nei primi anni il piano era molto operativo, oggi è più strategico» (Frase tratta da intervista). Il processo di pianificazione di Henkel è organizzato in fasi. La prima riguarda la determinazione degli obiettivi strategici della comunicazione ed è governata a livello di vertice strategico. La seconda fase prevede la progettazione delle iniziative di comunicazione ed è governata dai responsabili della comunicazione dei singoli paesi. La terza fase consiste nella realizzazione di quanto progettato nei limiti di tempo e di budget prefissati e prevede momenti di confronto con il coordinamento regionale. Infine la quarta e ultima fase è la valutazione dei risultati delle attività di comunicazione realizzate. Dal punto di vista organizzativo il processo di pianificazione è avviato con la determinazione degli obiettivi strategici a livello mondo. L’Headquarters della Corporate Communication stabilisce a quali priorità strategiche la comunicazione potrà contribuire e il piano di comunicazione è lo strumento per conseguirle. Nel mese di agosto di ogni anno viene stabilito il budget a livello worldwide. Esso è assegnato a ciascun paese nel mese di settembre in base a quattro variabili: importanza strategica del paese, fatturato, numero di dipendenti e profittabilità. Nella determinazione del budget/paese si considerano anche lo stanziamento dell’anno precedente e gli obiettivi da conseguire. Rispetto alla comunicazione esterna, la Region elabora una Swot analysis sulla cui base sono stabiliti gli obiettivi strategici, gli interlocutori e gli obiettivi operativi della Region, in armonia con le guideline stabilite dall’Headquarters. Ogni paese individua i propri stakeholder esterni principali, il target di riferimento e le attività di comunicazione e li invia al coordinamento regionale che li armonizza con quelli degli altri paesi. La Region, dopo un confronto con l’Headquarters centrale, approva il piano regionale. Questo processo consente di allineare la comunicazione esterna tra tutti i paesi della Region. Dopo l’approvazione del piano regionale, ciascun paese perfeziona gli obiettivi, individua gli interlocutori principali, le divisioni interne con cui collaborare e stabilisce le azioni da realizzare. Per il governo del piano il team di comunicazione è prevista una sua revisione mensile a livello di Region «che permette un forte allineamento tra tutti i paesi della Region» (Frase tratta da intervista).

3.3 Discussione dei risultati

L’analisi del caso Henkel e la ricostruzione del suo processo di pianificazione della comunicazione mostrano un quadro in evoluzione. Allo stesso tempo è possibile notare alcuni riscontri rispetto al framework del modello di pianificazione processuale e relazionale: la presenza dei ruoli di cliente e fornitore, l’articolazione del processo in fasi e sotto processi, l’adozione di una logica relazionale. Il primo riscontro è la presenza di un ruolo di cliente e di un ruolo di fornitore. Il cliente del processo è rappresentato dalla sede centrale di Düsseldorf, che definisce la mission e la vision aziendale, gli obiettivi strategici da perseguire e il budget per la comunicazione. Il fornitore è costituito dai responsabili della Corporate

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Communication dei diversi paesi coordinati dal Corporate Communication Manager della Western Region per le attività di comunicazione esterna o dall’Headquarters della Corporate Communication per la comunicazione interna. Il secondo elemento di aderenza al modello della ricerca è che il processo ricostruito si articola in fasi e sottoprocessi riconducibili al ciclo «analisi della richiesta di partenza – accordo – realizzazione - validazione dei risultati», tipico del modello alla base dell’Action Workflow. Il processo di pianificazione della comunicazione del caso analizzato può essere quindi reinterpretato alla luce delle quattro fasi di Exploring, Setting, Acting, Valuing. La fase di Exploring viene svolta a livello di Region o paese a seconda che si tratti di comunicazione esterna o interna e comprende l’analisi di contesto, l’analisi degli interlocutori e l’individuazione delle priorità strategiche alle quali la comunicazione può contribuire. Al termine di questa fase i Corporate Communication Manager dei singoli paesi sono legittimati a progettare il piano. La fase di Setting comprende i momenti nei quali vengono negoziati gli obiettivi, le strategie, le iniziative da realizzare, i ruoli coinvolti, il budget stanziato dalla sede centrale di Düsseldorf. Il progetto elaborato viene presentato ai coordinatori di riferimento per l’approvazione. Nella fase di Acting confluiscono la realizzazione del piano, il controllo dei costi e dei tempi di attuazione e il monitoraggio dello stato di avanzamento del piano anche attraverso verifiche con i coordinatori. La fase di Valuing risulta essere quella meno sviluppata. Il piano di Henkel Italia al momento prevede strumenti di monitoraggio puntuale degli output delle attività e dei riscontri in termini di interlocutori raggiunti. Una verifica più completa dei risultati delle attività di comunicazione potrebbe prevedere momenti di valutazione degli effetti di lungo periodo generati per l’azienda nel suo complesso. Il terzo e forse più rilevante elemento di coerenza tra il modello del piano di comunicazione processuale e relazionale e il caso studiato, è la presenza di una logica relazionale. Le fonti verbali e i documenti aziendali descrivono nel complesso un processo di pianificazione della comunicazione che è evoluto dall’iniziale sequenza di attività per implementare i primi strumenti, verso un vero e proprio processo incentrato sugli impegni reciproci presi dagli attori coinvolti nel processo. L’insieme dei responsabili Corporate Communication e dei soggetti coinvolti nel processo di ciascuna consociata, il coordinatore della Region di appartenenza e i vertici della Corporate Communication della casa madre, costituiscono un reticolo di relazioni attraversato da costanti negoziazioni e definizioni di impegni orientati a garantire la realizzazione del processo. Nel tempo il processo ha contribuito a ridurre le difficoltà di collaborazione interna tra la Corporate Communication e le Divisioni operative. Nel caso studiato appare quindi come uno dei fattori chiave del successo del processo di pianificazione siano la rete degli impegni reciproci, la costruzione continua di consenso e condivisione, la ricerca di legittimazione. Nel suo complesso la rete di impegni e di relazioni produce il mandato a pianificare la comunicazione, la legittimazione degli attori che la conducono, la possibilità di portare a termine quanto concordato grazie alla collaborazione di tutti i soggetti coinvolti, il riconoscimento del valore generato.

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Il caso analizzato appare anche caratterizzato da una gestione manageriale della comunicazione. Ciò è testimoniato da due elementi. In primo luogo, la realizzazione e il consolidamento di una struttura di comunicazione in tutti i paesi, volta a valorizzarne la cultura e le competenze e a trasferire alcune responsabilità in tema di comunicazione. In secondo luogo, l’investimento di energie e risorse per il conseguimento di obiettivi di comunicazione coerenti con quelli di business e di miglioramento interno. L’analisi delle informazioni raccolte, consente anche di rilevare dei fattori di successo ai quali sembra possibile ricondurre i risultati positivi conseguiti da Henkel Italia nell’implementare il suo processo di pianificazione della comunicazione. La committenza viene definita in modo esplicito attraverso la richiesta della sede centrale di Düsseldorf di sostenere le priorità strategiche della multinazionale e contribuire al loro conseguimento con adeguate attività di comunicazione in ciascun paese. Le finalità del piano di comunicazione sono esplicitate in modo chiaro grazie all’adozione di una Roadmap che garantisce anche coesione alle attività di comunicazione a livello globale. Le iniziative da realizzare vengono selezionate secondo il principio di coerenza con gli obiettivi definiti. Infine, tra i Corporate Communication Manager dei diversi paesi della Region, è stata costruita nel tempo una rete di collaborazione. Dall’analisi emergono anche elementi di possibile miglioramento del processo di pianificazione di Henkel Italia, come la necessità di implementare strumenti di misurazione e valutazione del piano; di adottare strumenti di branch management per migliorare l’integrazione tra la corporate communication e le divisioni operative; di consolidare la pianificazione della comunicazione come processo integrato nell’intera attività aziendale. Rispetto alla domanda di ricerca, questi elementi nel complesso paiono indicare che il processo di pianificazione della comunicazione nello studio di caso effettato, segua una logica di tipo processuale e relazionale e ripercorra i passi del modello.

4. Conclusioni: implicazioni manageriali e per la ricerca futura

Questo articolo ha presentato il piano di comunicazione come un processo manageriale che attiva relazioni collaborative. La comparazione dei modelli di pianificazione disponibili in letteratura ha consentito di esplicitare quali sono i fattori chiave per l’efficacia del processo di pianificazione. Inoltre di constatare che, tranne pochissime eccezioni, nella letteratura il piano di comunicazione viene descritto in prevalenza come uno strumento per razionalizzare e formalizzare una sequenza di attività prescrittive. Dall’analisi dell’esistente è scaturita la necessità di provare a proporre un framework di management strategico che consenta di realizzare piani di comunicazione flessibili. L’articolo ha applicato il modello di business process re-engineeing dell’Action Workflow per disegnare il processo di pianificazione della comunicazione. Il risultato è un modello processuale e relazionale per il piano di comunicazione che mette a fuoco le interazioni, sottolinea la catena di impegni tra clienti e fornitori interni e le

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implicazioni relazionali, dà rilievo alla soddisfazione del cliente interno che commissiona il piano. L’articolo ha discusso anche il caso di Henkel Italia per analizzarne l’approccio alla pianificazione della comunicazione. Ne è emerso un quadro in evoluzione e caratterizzato da una gestione manageriale della comunicazione grazie al consolidamento di una funzione organizzativa dedicata e al continuo investimento di risorse. La logica processuale e relazionale nell’azienda studiata è apprezzabile soprattutto nella presenza di un network relazionale interno che si è sviluppato grazie alla pianificazione della comunicazione aziendale. Questa nel tempo ha assunto i caratteri di vero e proprio processo incentrato sugli impegni reciproci presi dagli attori in esso coinvolti. Risultano invece carenti alcuni aspetti riguardanti la valutazione dei risultati conseguiti che costituiscono elementi fondamentali del modello processuale e relazionale. Nel complesso l’analisi condotta sottolinea che il modello di piano della comunicazione processuale e relazione è adatto a interpretare e descrivere i momenti rilevanti della pianificazione di un’azienda, a rilevarne aspetti critici e a individuare possibili miglioramenti. Le riflessioni teoriche, metodologiche ed empiriche svolte fin qui consentono di soffermarsi su alcune implicazioni manageriali. In primo luogo lo studio conferma la necessità per i manager della comunicazione di adottare nel processo di pianificazione una visione di management strategico (Airoldi, Brunetta, Coda, 1989; Caroli, 2003). Ciò implica integrare la comunicazione nell’intera gestione aziendale, valorizzare le dinamiche negoziali e collaborative interne e le risorse intangibili di conoscenza e di fiducia che ne derivano. In secondo luogo emerge che, se i manager della comunicazione gestiscono il piano di comunicazione in un’ottica processuale e relazionale, questa potrebbe rappresentare l’occasione per legittimare la propria funzione, costruire reti di collaborazione e far percepire il valore generato dalla comunicazione per tutta l’azienda. In terzo luogo, poiché il modello processuale e relazionale per il piano di comunicazione è uno schema concettuale e non una procedura, potrebbe rappresentare una guida per la diagnosi e la ricerca di ambiti di miglioramento. Il manager della comunicazione potrebbe aumentare la propria consapevolezza su alcuni passaggi chiave, quali la cura delle relazioni oltre alla mera realizzazione delle attività di progetto e l’importanza della rete di impegni per gestire una responsabilità diffusa. Infine, è da notare che l’adozione di un modello di pianificazione processuale e relazionale richiede ai ruoli che gestiscono la comunicazione lo sviluppo di competenze relazionali e gestionali accanto a quelle specialistiche tipiche della gestione degli strumenti. Il caso studiato ha evidenziato l’adozione di una logica processuale, ma ovviamente questo risultato non consente di inferire conoscenze riferite all’insieme delle aziende italiane. Né l’analisi permette di determinare se la logica processuale e relazionale sia più efficace di quella analitica e razionale. Per rispondere a questi due quesiti sarà necessario proseguire la ricerca oltre questo primo stadio esplorativo attraverso un’analisi estensiva. La futura analisi potrà essere

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ancora di tipo qualitativo ed essere estesa a un maggior numero di casi aziendali intervistando sia i responsabili della comunicazione sia soggetti di altre funzioni coinvolti nel processo. Ulteriori ricerche potrebbero essere di tipo quantitativo e volte a misurare il grado effettivo di diffusione del modello di piano di comunicazione processuale e relazionale nel panorama italiano. L’analisi fin qui svolta auspica di aver contribuito a una migliore comprensione delle dinamiche del piano della comunicazione, sottolineandone la complessità di processo organizzativo e relazionale.

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