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UNIVERSITร DI PISA โ€“ FACOLTร DI MATEMATICA APPUNTI DI Geometria Analitica e Algebra Lineare Giacomo Mezzedimi frutto della rielaborazione delle lezioni tenute dai professori E. Fortuna R. Frigerio a.a. 2013-2014 09/05/2017

Geometria Analitica e Algebra Lineare - Poisson

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UNIVERSITร DI PISA โ€“ FACOLTร DI MATEMATICA

APPUNTI DI

Geometria Analitica e Algebra Lineare

Giacomo Mezzedimi

frutto della rielaborazione delle lezioni tenute dai professori

E. Fortuna

R. Frigerio

a.a. 2013-2014

09/05/2017

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INTRODUZIONE

Questi appunti nascono dallโ€™esigenza mia (ma credo anche di altri) di un supporto per lo studio

del corso โ€œGeometria Analitica e Algebra Lineareโ€ al primo anno; a differenza infatti di molti

altri corsi, non รจ facile trovare del materiale adatto da affiancare durante lo studio.

Sostanzialmente queste pagine contengono gli argomenti svolti dalla professoressa E. Fortuna e

dal professore R. Frigerio durante lโ€™anno accademico 2013-2014, anno in cui io ho seguito il

corso; molte parti sono prese dai lucidi della professoressa Fortuna, ma alcune sono state

riadattate/modificate/completate per dare una continuitร  al testo.

I paragrafi 3.6 (Basi cicliche per endomorfismi) e 5.3 (Geometria affine euclidea) sono stati

aggiunti nel giugno del 2015, in quanto svolti nellโ€™a.a. 2014-2015; voglio ringraziare a tal

proposito Dario Balboni, che ha realizzato questi due paragrafi, oltre ad avermi aiutato

nellโ€™opera di correzione del testo.

Voglio infine ringraziare tutti quelli che hanno contribuito o contribuiranno a migliorare questi

appunti: รจ impossibile rendere un testo completamente privo di errori, ma lโ€™obiettivo รจ quello di

ripulirlo piรน possibile; invito dunque tutti a segnalarmi qualunque tipo di errore/imprecisione

presente in queste pagine (la mia e-mail รจ [email protected]). Nella speranza che questi appunti vi siano utili, vi auguro un buono studio.

Giacomo Mezzedimi (con lโ€™accento sulla seconda e)

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SOMMARIO

CAPITOLO 1: Prime definizioni e proprietร  3

1.1 Prime definizioni 3

1.2 Strutture algebriche 6

CAPITOLO 2: Spazi vettoriali e applicazioni lineari 13 2.1 Spazi vettoriali 13

2.2 Spazi di matrici 14

2.3 Sottospazi e combinazioni lineari 15

2.4 Applicazioni lineari 18

2.5 Sistemi lineari 25

2.6 Basi e dimensione 30

2.7 Rango 38

2.8 SD-equivalenza 42

2.9 Spazio duale 47

CAPITOLO 3: Endomorfismi 50 3.0 Alcune nozioni sulle permutazioni 50

3.1 Determinante 51

3.2 Endomorfismi simili 60

3.3 Diagonalizzabilitร  68

3.4 Triangolabilitร  72

3.5 Forma canonica di Jordan 75

3.6 Basi cicliche per endomorfismi 90

CAPITOLO 4: Forme bilineari 92 4.1 Forme bilineari e forme quadratiche 92

4.2 Congruenza e decomposizione di Witt 97

4.3 Isometrie 111

4.4 Aggiunto 113

4.5 Spazi euclidei 117

4.6 Il teorema spettrale reale 123

CAPITOLO 5: Spazi affini 127 5.1 Isometrie affini 127

5.2 Spazi e sottospazi affini 134

5.3 Geometria affine euclidea 143

5.4 Affinitร  di ๐•‚๐‘› 145

5.5 Quadriche 148

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1 PRIME DEFINIZIONI E PROPRIETร

1.1 PRIME DEFINIZIONI

DEFINIZIONE 1.1.1: Siano ๐ด, ๐ต insiemi. Diciamo che:

๐ด รจ sottoinsieme di ๐ต (๐ด โŠ‚ ๐ต oppure ๐ด โŠ† ๐ต) se โˆ€๐‘Ž โˆˆ ๐ด, ๐‘Ž โˆˆ ๐ต;

๐ด รจ uguale a ๐ต (๐ด = ๐ต) se ๐ด โŠ‚ ๐ต โˆง ๐ต โŠ‚ ๐ด.

Se un insieme รจ finito, si puรฒ definire elencando tutti i suoi elementi: ๐ด = {๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘›}

Se un insieme รจ infinito, si definisce enunciando la proprietร  che caratterizza tutti i suoi

elementi: ๐ด = {๐‘ฅ|๐‘ƒ(๐‘ฅ)}

Esempio: ๐‘ƒ = {๐‘Ž โˆˆ โ„•|๐‘Ž โ‰ก 0 (2)} รจ lโ€™insieme dei numeri pari.

DEFINIZIONE 1.1.2: Dati ๐ด, ๐ต insiemi, definiamo:

unione di due insiemi ๐ด โˆช ๐ต = {๐‘ฅ|๐‘ฅ โˆˆ ๐ด โˆจ ๐‘ฅ โˆˆ ๐ต};

intersezione di due insiemi ๐ด โˆฉ ๐ต = {๐‘ฅ|๐‘ฅ โˆˆ ๐ด โˆง ๐‘ฅ โˆˆ ๐ต};

differenza di due insiemi ๐ด โˆ’ ๐ต = ๐ด\๐ต = {๐‘ฅ|๐‘ฅ โˆˆ ๐ด โˆง ๐‘ฅ โˆ‰ ๐ต};

prodotto cartesiano di due insiemi ๐ด ร— ๐ต = {(๐‘Ž, ๐‘)|๐‘Ž โˆˆ ๐ด, ๐‘ โˆˆ ๐ต}.

DEFINIZIONE 1.1.3: Una applicazione รจ una terna ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต, dove ๐ด e ๐ต sono insiemi, chiamati

rispettivamente dominio e codominio, e ๐‘“ รจ una legge che associa ad ogni elemento ๐‘ฅ โˆˆ ๐ด uno e

un solo elemento ๐‘“(๐‘ฅ) di ๐ต.

๐‘–๐‘‘๐ด: ๐ด โ†’ ๐ด รจ lโ€™applicazione identica, tale che โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ด, ๐‘–๐‘‘๐ด(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ.

DEFINIZIONE 1.1.4: Data unโ€™applicazione ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต, si definisce immagine di ๐‘“ lโ€™insieme

๐ผ๐‘š(๐‘“) = {๐‘ฆ โˆˆ ๐ต|โˆƒ๐‘ฅ โˆˆ ๐ด ๐‘ก๐‘Ž๐‘™๐‘’ ๐‘โ„Ž๐‘’ ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘ฆ}.

Vale sempre ๐ผ๐‘š(๐‘“) โŠ‚ ๐ต.

Esempio: ๐‘“:โ„• โ†’ โ„•| ๐‘“(๐‘ฅ) = 2๐‘ฅ; ๐ผ๐‘š(๐‘“) = {๐‘๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘–}.

In generale, se ๐‘Š โŠ‚ ๐ด, allora ๐‘“(๐‘Š) = {๐‘ฆ โˆˆ ๐ต|โˆƒ๐‘ฅ โˆˆ ๐‘Š ๐‘ก๐‘Ž๐‘™๐‘’ ๐‘โ„Ž๐‘’ ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘ฆ} perciรฒ ๐‘“(๐‘Š) โŠ‚ ๐ต.

DEFINIZIONE 1.1.5: Si definisce restrizione di ๐‘“ a ๐‘Š, dove ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต e ๐‘Š โŠ‚ ๐ด, come la

funzione ๐‘“|๐‘Š:๐‘Š โ†’ ๐ต tale che โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘Š (๐‘“|๐‘Š)(๐‘ฅ) โ‰ ๐‘“(๐‘ฅ).

In parole povere, ๐‘“|๐‘Š agisce come ๐‘“ ma in un dominio ristretto; si parla infatti di una restrizione

del dominio.

Perciรฒ: ๐ผ๐‘š(๐‘“|๐‘Š) = ๐‘“(๐‘Š).

DEFINIZIONE 1.1.6: Sia ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต e ๐‘ โŠ‚ ๐ต. Si indica con ๐‘“โˆ’1(๐‘) il sottoinsieme del dominio

che contiene tutti gli elementi che hanno immagine in ๐‘, cioรจ: ๐‘“โˆ’1(๐‘) = {๐‘ฅ โˆˆ ๐ด|๐‘“(๐‘ฅ) โˆˆ ๐‘}

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๐‘“โˆ’1(๐‘) viene chiamata controimmagine di ๐‘.

DEFINIZIONE 1.1.7: Una applicazione ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต si dice:

surgettiva se ๐ผ๐‘š(๐‘“) = ๐ต oppure equivalentemente se โˆ€๐‘ฆ โˆˆ ๐ต, โˆƒ๐‘ฅ โˆˆ ๐ด| ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘ฆ;

iniettiva se โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐ด, ๐‘ฅ โ‰  ๐‘ฆ โ‡’ ๐‘“(๐‘ฅ) โ‰  ๐‘“(๐‘ฆ) oppure equivalentemente se ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘“(๐‘ฆ) โ‡’

๐‘ฅ = ๐‘ฆ;

bigettiva (o biunivoca) se รจ sia iniettiva che surgettiva.

DEFINIZIONE 1.1.8: Data unโ€™applicazione ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต bigettiva, si definisce funzione inversa

๐‘“โˆ’1: ๐ต โ†’ ๐ด tale che โˆ€๐‘ฆ โˆˆ ๐ต, ๐‘“โˆ’1(๐‘ฆ) = ๐‘ฅ, dove ๐‘ฅ| ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘ฆ.

Lโ€™unicitร  della ๐‘ฅ viene garantita dalla bigettivitร  di ๐‘“.

DEFINIZIONE 1.1.9: Date ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต e ๐‘”: ๐ต โ†’ ๐ถ, si definisce composizione di funzioni la

funzione ๐‘” โˆ˜ ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ถ tale che โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ด (๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฅ) โ‰ ๐‘”(๐‘“(๐‘ฅ)).

PROPOSIZIONE 1.1.1: ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = ๐ผ๐‘š(๐‘”|๐ผ๐‘š(๐‘“))

Dimostrazione:

Entrambi i contenimenti derivano direttamente dalla definizione di composizione.

DEFINIZIONE 1.1.10: Dato un insieme ๐ธ โ‰  โˆ…, si definisce relazione โ„› su ๐ธ come un

sottoinsieme di ๐ธ ร— ๐ธ tale che (๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆˆ โ„› per alcuni ๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐ธ.

(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆˆ โ„› viene comunemente scritto ๐‘ฅโ„›๐‘ฆ (๐‘ฅ รจ in relazione con ๐‘ฆ).

DEFINIZIONE 1.1.11: Una relazione โ„› si dice di equivalenza se:

รจ riflessiva, cioรจ โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ธ, ๐‘ฅโ„›๐‘ฅ;

รจ simmetrica, cioรจ ๐‘ฅโ„›๐‘ฆ โ‡’ ๐‘ฆโ„›๐‘ฅ;

รจ transitiva, cioรจ ๐‘ฅโ„›๐‘ฆ โˆง ๐‘ฆโ„›๐‘ง โ‡’ ๐‘ฅโ„›๐‘ง.

DEFINIZIONE 1.1.12: Sia โ„› una relazione di equivalenza. โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ธ, si definisce classe di

equivalenza di ๐‘ฅ lโ€™insieme [๐‘ฅ] = {๐‘ฆ โˆˆ ๐ธ|๐‘ฅโ„›๐‘ฆ}, cioรจ lโ€™insieme degli elementi di ๐ธ in relazione

con ๐‘ฅ.

Evidentemente โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ธ, [๐‘ฅ] โ‰  โˆ…, poichรฉ ๐‘ฅ โˆˆ [๐‘ฅ].

LEMMA 1.1.2: Siano ๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐ธ e sia โ„› una relazione di equivalenza su ๐ธ. Allora [๐‘ฅ] = [๐‘ฆ] โ‡”

๐‘ฅโ„›๐‘ฆ.

Dimostrazione:

โ‡’) ๐‘ฅ โˆˆ [๐‘ฅ] โ‡’ ๐‘ฅ โˆˆ [๐‘ฆ] โ‡’ ๐‘ฅโ„›๐‘ฆ.

โ‡) Sia ๐‘ง โˆˆ [๐‘ฅ]; allora ๐‘งโ„›๐‘ฅ.

Ma ๐‘ฅโ„›๐‘ฆ per ipotesi, quindi per transitivitร  ๐‘งโ„›๐‘ฆ โ‡’ ๐‘ง โˆˆ [๐‘ฆ].

Perciรฒ [๐‘ฅ] โŠ‚ [๐‘ฆ].

Analogamente si prova che [๐‘ฆ] โŠ‚ [๐‘ฅ], da cui la tesi.

PROPOSIZIONE 1.1.3: Le classi di equivalenza formano una partizione, cioรจ:

1) ogni classe รจ non vuota;

2) โ‹ƒ [๐‘ฅ]๐‘ฅโˆˆ๐ธ = ๐ธ;

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3) [๐‘ฅ] โˆฉ [๐‘ฆ] โ‰  โˆ… โ‡’ [๐‘ฅ] = [๐‘ฆ].

Dimostrazione:

1) giร  fatta.

2) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ธ, [๐‘ฅ] โŠ‚ ๐ธ โ‡’ โ‹ƒ [๐‘ฅ]๐‘ฅโˆˆ๐ธ โŠ‚ ๐ธ;

โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ธ, ๐‘ฅ โˆˆ [๐‘ฅ] โ‡’ ๐ธ โŠ‚ โ‹ƒ [๐‘ฅ]๐‘ฅโˆˆ๐ธ , da cui segue la tesi.

3) [๐‘ฅ] โˆฉ [๐‘ฆ] โ‰  โˆ… โ‡’ โˆƒ๐‘ง โˆˆ [๐‘ฅ] โˆฉ [๐‘ฆ] โ‡’ ๐‘งโ„›๐‘ฅ โˆง ๐‘งโ„›๐‘ฆ โ‡’ ๐‘ฅโ„›๐‘ฆ e per il lemma precedente ho che

[๐‘ฅ] = [๐‘ฆ], cioรจ la tesi.

Esempio: ๐ธ = โ„, (๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆˆ โ„› โ‡” ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ โˆˆ โ„ค.

Questa relazione รจ di equivalenza, in quanto:

1) รจ riflessiva, poichรฉ ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฅ = 0 โˆˆ โ„ค;

2) รจ simmetrica, poichรฉ se ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ = ๐‘˜ โˆˆ โ„ค โ‡’ ๐‘ฆ โˆ’ ๐‘ฅ = โˆ’๐‘˜ โˆˆ โ„ค;

3) รจ transitiva, poichรฉ se ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ = ๐‘˜1 โˆˆ โ„ค e ๐‘ฆ โˆ’ ๐‘ง = ๐‘˜2 โˆˆ โ„ค โ‡’ ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ง = ๐‘˜1 + ๐‘˜2 โˆˆ โ„ค.

DEFINIZIONE 1.1.13: Si definiscono rappresentanti di una classe di equivalenza tutti gli

elementi di una certa classe.

DEFINIZIONE 1.1.14: Sia ๐ธ โ‰  โˆ… e โ„› una relazione di equivalenza su ๐ธ. Si definisce insieme

quoziente ๐ธ/โ„›โ‰ {[๐‘ฅ]| ๐‘ฅ โˆˆ ๐ธ} (si legge ๐ธ modulo โ„›).

DEFINIZIONE 1.1.15: Si definisce proiezione naturale al quoziente lโ€™applicazione: ๐œ‹โ„›: ๐ธ โ†’ ๐ธ/โ„› | ๐œ‹โ„›(๐‘ฅ) = [๐‘ฅ]

๐œ‹โ„› รจ surgettiva poichรฉ ogni classe di ๐ธ/โ„› รจ immagine di tutti i suoi rappresentanti. Per lo stesso

motivo non รจ iniettiva.

PROPOSIZIONE 1.1.4 (Leggi di De Morgan): Sia ๐‘‹ un insieme e ๐ด, ๐ต โŠ‚ ๐‘‹. Allora, se ๐ด = ๐‘‹\๐ด:

1) (๐ด โˆช ๐ต) = ๐ด โˆฉ ๐ต

2) (๐ด โˆฉ ๐ต) = ๐ด โˆช ๐ต Dimostrazione:

1) ๐‘ฅ โˆˆ (๐ด โˆช ๐ต) โ‡” ๐‘ฅ โˆ‰ ๐ด โˆช ๐ต โ‡” ๐‘ฅ โˆ‰ ๐ด โˆง ๐‘ฅ โˆ‰ ๐ต โ‡” ๐‘ฅ โˆˆ ๐ด โˆง ๐‘ฅ โˆˆ ๐ต โ‡” ๐‘ฅ โˆˆ ๐ด โˆฉ ๐ต.

2) Analoga.

PROPOSIZIONE 1.1.5: Sia ๐‘“: ๐‘‹ โ†’ ๐‘Œ. Allora:

1) โˆƒ๐‘”: ๐‘Œ โ†’ ๐‘‹| ๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘–๐‘‘๐‘Œ (inversa destra) โ‡” ๐‘“ รจ surgettiva;

2) โˆƒ๐‘”: ๐‘Œ โ†’ ๐‘‹| ๐‘” โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘๐‘‹ (inversa sinistra) โ‡” ๐‘“ รจ iniettiva;

3) ๐‘” รจ unica sia in 1) che in 2).

Dimostrazione:

1) โ‡’) โˆ€๐‘ฆ โˆˆ ๐‘Œ, ๐‘ฆ = ๐‘“(๐‘”(๐‘ฆ)) โ‡’ ogni ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘Œ appartiene a ๐ผ๐‘š(๐‘“) โ‡’ ๐‘“ รจ surgettiva

โ‡) ๐‘“ surgettiva โ‡’ โˆ€๐‘ฆ0 โˆˆ ๐‘Œ โˆƒ๐‘ฅ0 โˆˆ ๐‘‹| ๐‘“(๐‘ฅ0) = ๐‘ฆ0.

Scelgo ๐‘”| ๐‘”(๐‘ฆ0) = ๐‘ฅ0 โˆ€๐‘ฆ0 โˆˆ ๐‘Œ.

Allora ๐‘“(๐‘”(๐‘ฆ0)) = ๐‘ฆ0 โˆ€๐‘ฆ0 โˆˆ ๐‘Œ โ‡’ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘–๐‘‘๐‘Œ .

2) Analoga.

3) ๐‘” รจ fissata โˆ€๐‘ฆ0 โˆˆ ๐‘Œ, dunque รจ sicuramente unica.

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1.2 STRUTTURE ALGEBRICHE

DEFINIZIONE 1.2.1: Dato un insieme ๐ด, si definisce operazione su ๐ด unโ€™applicazione: โˆ—: ๐ด ร— ๐ด โ†’ ๐ด

Esempio: la somma su โ„ค รจ definita come +:โ„ค ร— โ„ค โ†’ โ„ค| + (๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐‘ฅ + ๐‘ฆ.

DEFINIZIONE 1.2.2: La coppia (๐ด,โˆ—), con ๐ด insieme e โˆ— operazione su ๐ด, si chiama gruppo se

valgono le seguenti proprietร :

1) associativa: โˆ€๐‘Ž, ๐‘, ๐‘ โˆˆ ๐ด, (๐‘Ž โˆ— ๐‘) โˆ— ๐‘ = ๐‘Ž โˆ— (๐‘ โˆ— ๐‘);

2) dellโ€™elemento neutro: โˆ€๐‘Ž โˆˆ ๐ด โˆƒ๐‘’ โˆˆ ๐ด| ๐‘Ž โˆ— ๐‘’ = ๐‘’ โˆ— ๐‘Ž = ๐‘Ž;

3) dellโ€™inverso: โˆ€๐‘Ž โˆˆ ๐ด โˆƒ๐‘ โˆˆ ๐ด| ๐‘Ž โˆ— ๐‘ = ๐‘ โˆ— ๐‘Ž = ๐‘’.

Se vale anche la proprietร  commutativa (cioรจ โˆ€๐‘Ž, ๐‘ โˆˆ ๐ด, ๐‘Ž โˆ— ๐‘ = ๐‘ โˆ— ๐‘Ž), allora (๐ด,โˆ—) si dice

gruppo abeliano.

Esempi: (โ„•,+) non รจ un gruppo (non vale la proprietร  dellโ€™inverso).

(โ„ค,+) รจ un gruppo abeliano.

(โ„,โˆ™) non รจ un gruppo perchรฉ non esiste lโ€™inverso di 0. (โ„\{0} ,โˆ™) รจ un gruppo abeliano.

TEOREMA 1.2.1: Dato un gruppo (๐ด,โˆ—):

1) lโ€™elemento neutro รจ unico

2) lโ€™inverso di un elemento รจ unico

3) se ๐‘Ž, ๐‘, ๐‘ โˆˆ ๐ด e ๐‘Ž โˆ— ๐‘ = ๐‘Ž โˆ— ๐‘, allora ๐‘ = ๐‘ (legge di cancellazione).

Dimostrazione:

1) Siano ๐‘’1, ๐‘’2 elementi neutri. Allora: ๐‘’1 = ๐‘’1 โˆ— ๐‘’2 = ๐‘’2, da cui ๐‘’1 = ๐‘’2.

2) Sia ๐‘Ž โˆˆ ๐ด. Se ๐‘Ž1 e ๐‘Ž2 sono inversi di ๐‘Ž allora: ๐‘Ž1 = ๐‘’ โˆ— ๐‘Ž1 = (๐‘Ž2 โˆ— ๐‘Ž) โˆ— ๐‘Ž1 = ๐‘Ž2 โˆ— (๐‘Ž โˆ— ๐‘Ž1) = ๐‘Ž2 โˆ— ๐‘’ = ๐‘Ž2

da cui ๐‘Ž1 = ๐‘Ž2.

3) Se ๐‘Žโˆ’1 รจ lโ€™inverso di ๐‘Ž, allora ๐‘Ž โˆ— ๐‘ = ๐‘Ž โˆ— ๐‘ โ‡’ ๐‘Žโˆ’1 โˆ— ๐‘Ž โˆ— ๐‘ = ๐‘Žโˆ’1 โˆ— ๐‘Ž โˆ— ๐‘ โ‡’ ๐‘’ โˆ— ๐‘ = ๐‘’ โˆ— ๐‘ โ‡’

๐‘ = ๐‘.

DEFINIZIONE 1.2.3: Siano ๐‘“, ๐‘”: ๐ด โ†’ ๐ต. Si dice che ๐‘“ = ๐‘” โ‡” โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ด, ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘”(๐‘ฅ).

DEFINIZIONE 1.2.4: Siano +, โˆ™ operazioni in ๐ด, con ๐ด insieme. La terna (๐ด,+,โˆ™) si dice anello

se:

1) (๐ด,+) รจ un gruppo abeliano;

2) (associativa di โˆ™) โˆ€๐‘Ž, ๐‘, ๐‘ โˆˆ ๐ด, (๐‘Ž๐‘)๐‘ = ๐‘Ž(๐‘๐‘);

3) (elemento neutro per โˆ™) โˆƒ1| โˆ€๐‘Ž โˆˆ ๐ด, ๐‘Ž โˆ™ 1 = 1 โˆ™ ๐‘Ž = ๐‘Ž;

4) (distributiva) โˆ€๐‘Ž, ๐‘, ๐‘ โˆˆ ๐ด, (๐‘Ž + ๐‘) โˆ™ ๐‘ = ๐‘Ž๐‘ + ๐‘๐‘; ๐‘Ž โˆ™ (๐‘ + ๐‘) = ๐‘Ž๐‘ + ๐‘Ž๐‘.

Se inoltre lโ€™operazione โˆ™ รจ commutativa, cioรจ โˆ€๐‘Ž, ๐‘ โˆˆ ๐ด, ๐‘Ž โˆ™ ๐‘ = ๐‘ โˆ™ ๐‘Ž, lโ€™anello si dice

commutativo.

Esempio: (โ„ค,+,โˆ™) รจ un anello commutativo.

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DEFINIZIONE 1.2.5: (๐ด,+,โˆ™) รจ un campo se:

1) (๐ด,+,โˆ™) รจ un anello commutativo;

2) โˆ€๐‘Ž โˆˆ ๐ด, ๐‘Ž โ‰  0 (dove lo 0 rappresenta lโ€™elemento neutro per la somma) โˆƒ๐‘ โˆˆ ๐ด| ๐‘Ž๐‘ = ๐‘๐‘Ž = 1.

Notazione: lโ€™inverso rispetto alla somma ๐‘Žโˆ’1 si denota con โ€“ ๐‘Ž.

Esempi: (โ„š,+,โˆ™) รจ un campo.

(โ„,+,โˆ™) รจ un campo.

(โ„ค,+,โˆ™) non รจ un campo perchรฉ โˆ€๐‘Ž โ‰  1 โˆ„๐‘ โˆˆ โ„ค| ๐‘Ž๐‘ = 1.

PROPOSIZIONE 1.2.2: Sia (๐ด,+,โˆ™) un anello. Allora:

1) โˆ€๐‘Ž โˆˆ ๐ด, ๐‘Ž โˆ™ 0 = 0 โˆ™ ๐‘Ž = 0;

2) โˆ€๐‘Ž โˆˆ ๐ด, (โˆ’1) โˆ™ ๐‘Ž = โˆ’๐‘Ž (โˆ’1 rappresenta lโ€™inverso rispetto alla somma dellโ€™elemento neutro

per il prodotto).

Dimostrazione:

1) ๐‘Ž โˆ™ 0 = ๐‘Ž โˆ™ (0 + 0) = ๐‘Ž โˆ™ 0 + ๐‘Ž โˆ™ 0.

Sommando da entrambe le parti lโ€™inverso dellโ€™elemento ๐‘Ž โˆ™ 0:

๐‘Ž โˆ™ 0 โˆ’ ๐‘Ž โˆ™ 0 = ๐‘Ž โˆ™ 0 + ๐‘Ž โˆ™ 0 โˆ’ ๐‘Ž โˆ™ 0 โ‡’ ๐‘Ž โˆ™ 0 = 0.

2) Dobbiamo verificare che (โˆ’1) โˆ™ ๐‘Ž + ๐‘Ž = 0.

(โˆ’1) โˆ™ ๐‘Ž + ๐‘Ž = (โˆ’1) โˆ™ ๐‘Ž + 1 โˆ™ ๐‘Ž = ((โˆ’1) + 1) โˆ™ ๐‘Ž = 0 โˆ™ ๐‘Ž = 0.

PROPOSIZIONE 1.2.3: Sia (๐•‚,+,โˆ™) un campo. Allora ๐‘Ž๐‘ = 0 โˆง ๐‘Ž โ‰  0 โ‡’ ๐‘ = 0.

Dimostrazione:

โˆƒ๐‘Žโˆ’1, dunque: ๐‘Ž๐‘ = 0 โ‡’ ๐‘Žโˆ’1๐‘Ž๐‘ = ๐‘Žโˆ’1 โˆ™ 0 = 0 โ‡’ 1 โˆ™ ๐‘ = 0 โ‡’ ๐‘ = 0.

Questo significa che in un campo non esistono divisori di ๐ŸŽ, cioรจ, dato un

๐‘Ž โˆˆ ๐•‚\{0}, โˆ„๐‘ โˆˆ ๐•‚\{0}| ๐‘Ž๐‘ = 0.

DEFINIZIONE 1.2.6: Definiamo lโ€™insieme dei numeri complessi โ„‚ = {๐‘Ž + ๐‘–๐‘| ๐‘Ž, ๐‘ โˆˆ โ„}, dove ๐‘– รจ

lโ€™unitร  immaginaria tale che ๐‘–2 = โˆ’1.

DEFINIZIONE 1.2.7: Definiamo su โ„‚ una somma e un prodotto:

+:โ„‚ ร— โ„‚ โ†’ โ„‚| (๐‘Ž + ๐‘–๐‘, ๐‘ + ๐‘–๐‘‘) โ†’ (๐‘Ž + ๐‘–๐‘) + (๐‘ + ๐‘–๐‘‘) โ‰ (๐‘Ž + ๐‘) + ๐‘–(๐‘ + ๐‘‘);

โˆ™ โˆถ โ„‚ ร— โ„‚ โ†’ โ„‚| (๐‘Ž + ๐‘–๐‘, ๐‘ + ๐‘–๐‘‘) โ†’ (๐‘Ž + ๐‘–๐‘) โˆ™ (๐‘ + ๐‘–๐‘‘) โ‰ (๐‘Ž๐‘ โˆ’ ๐‘๐‘‘) + ๐‘–(๐‘Ž๐‘‘ + ๐‘๐‘).

DEFINIZIONE 1.2.8: ๐‘Ž + ๐‘–๐‘, ๐‘ + ๐‘–๐‘‘ โˆˆ โ„‚, ๐‘Ž + ๐‘–๐‘ = ๐‘ + ๐‘–๐‘‘ โ‡” ๐‘Ž = ๐‘ โˆง ๐‘ = ๐‘‘.

PROPOSIZIONE 1.2.4: (โ„‚,+,โˆ™) รจ un campo.

Dimostrazione:

(โ„‚,+) รจ evidentemente un gruppo abeliano;

โˆ™ รจ associativa;

โˆ™ ha un elemento neutro, il numero 1 = 1 + 0๐‘–;

gode della proprietร  distributiva:

8

((๐‘Ž + ๐‘๐‘–) + (๐‘ + ๐‘‘๐‘–)) โˆ™ (๐‘’ + ๐‘–๐‘“) = ((๐‘Ž + ๐‘) + ๐‘–(๐‘ + ๐‘‘)) โˆ™ (๐‘’ + ๐‘–๐‘“) = (๐‘Ž๐‘’ + ๐‘๐‘’ โˆ’ ๐‘๐‘“ โˆ’ ๐‘‘๐‘“) +

๐‘–(๐‘Ž๐‘“ + ๐‘๐‘“ + ๐‘๐‘’ + ๐‘‘๐‘’), (๐‘Ž + ๐‘๐‘–) โˆ™ (๐‘’ + ๐‘–๐‘“) + (๐‘ + ๐‘‘๐‘–) โˆ™ (๐‘’ + ๐‘–๐‘“) = (๐‘Ž๐‘’ โˆ’ ๐‘๐‘“) + ๐‘–(๐‘Ž๐‘“ + ๐‘๐‘’) + (๐‘๐‘’ โˆ’ ๐‘‘๐‘“) +๐‘–(๐‘๐‘“ + ๐‘‘๐‘’) = (๐‘Ž๐‘’ โˆ’ ๐‘๐‘“ + ๐‘๐‘’ โˆ’ ๐‘‘๐‘“) + ๐‘–(๐‘Ž๐‘“ + ๐‘๐‘’ + ๐‘๐‘“ + ๐‘‘๐‘’);

(๐‘Ž + ๐‘๐‘–) โˆ™ (๐‘ + ๐‘‘๐‘–) = (๐‘ + ๐‘‘๐‘–) โˆ™ (๐‘Ž + ๐‘๐‘–) = (๐‘Ž๐‘ โˆ’ ๐‘๐‘‘) + ๐‘–(๐‘Ž๐‘‘ + ๐‘๐‘), dunque โˆ™ gode della

proprietร  commutativa;

โˆ€๐‘ง = ๐‘Ž + ๐‘๐‘– โˆˆ โ„‚, โˆƒ๐‘ค โˆˆ โ„‚| ๐‘ค๐‘ง = ๐‘ง๐‘ค = 1.

Infatti poniamo ๐‘ค =๐‘Ž

๐‘Ž2+๐‘2โˆ’ ๐‘–

๐‘

๐‘Ž2+๐‘2. Allora:

๐‘ง๐‘ค = (๐‘Ž + ๐‘๐‘–) (๐‘Ž

๐‘Ž2 + ๐‘2โˆ’ ๐‘–

๐‘

๐‘Ž2 + ๐‘2) =

๐‘Ž2 + ๐‘2

๐‘Ž2 + ๐‘2+ ๐‘– (

๐‘Ž๐‘

๐‘Ž2 + ๐‘2โˆ’

๐‘Ž๐‘

๐‘Ž2 + ๐‘2) = 1

DEFINIZIONE 1.2.9: Sia ๐•‚ un campo. Si definisce polinomio nellโ€™indeterminata ๐’™ a coefficienti

in ๐•‚ ๐‘(๐‘ฅ) = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 , con ๐‘Ž๐‘– โˆˆ ๐•‚ โˆ€0 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘›.

DEFINIZIONE 1.2.10: Sia ๐•‚[๐‘ฅ] lโ€™insieme dei polinomi in ๐‘ฅ a coefficienti in ๐•‚.

๐•‚[๐‘ฅ] = {๐‘(๐‘ฅ) =โˆ‘๐‘Ž๐‘–๐‘ฅ๐‘–

๐‘›

๐‘–=0

| ๐‘Ž๐‘– โˆˆ ๐•‚ โˆ€๐‘–}

DEFINIZIONE 1.2.11: Due polinomi ๐‘(๐‘ฅ) = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 , ๐‘ž(๐‘ฅ) = โˆ‘ ๐‘๐‘–๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ] si dicono

uguali si ๐‘Ž๐‘– = ๐‘๐‘– โˆ€0 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘›.

Notiamo che se gli esponenti massimi di ๐‘(๐‘ฅ) e ๐‘ž(๐‘ฅ) sono diversi, รจ sufficiente aggiungere

termini del tipo 0 โˆ™ ๐‘ฅ๐‘˜ per renderli uguali.

Notazione: Si denota con 0 โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ] il polinomio con tutti i coefficienti nulli.

DEFINIZIONE 1.2.12: Dato ๐‘(๐‘ฅ) = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ]\{0}, si definisce grado del polinomio

deg(๐‘(๐‘ฅ)) = max{๐‘– โˆˆ โ„•| ๐‘Ž๐‘– โ‰  0}.

DEFINIZIONE 1.2.13: Dati ๐‘(๐‘ฅ) = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 e ๐‘ž(๐‘ฅ) = โˆ‘ ๐‘๐‘–๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ], definiamo:

(๐‘ + ๐‘ž)(๐‘ฅ) โ‰ โˆ‘ (๐‘Ž๐‘– + ๐‘๐‘–)๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 ;

(๐‘๐‘ž)(๐‘ฅ) โ‰ โˆ‘ ๐‘๐‘–๐‘ฅ๐‘–2๐‘›

๐‘–=0 , dove ๐‘๐‘– = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘—๐‘๐‘–โˆ’๐‘—๐‘–๐‘—=0 .

PROPOSIZIONE 1.2.5: (๐•‚[๐‘ฅ], +,โˆ™) รจ un anello commutativo ma non un campo.

Dimostrazione:

(๐•‚[๐‘ฅ], +) รจ evidentemente un gruppo abeliano; inoltre valgono le proprietร  associativa,

distributiva e commutativa di โˆ™ perchรฉ valgono in ๐•‚; โˆ™ ha lโ€™elemento neutro ๐‘(๐‘ฅ) โ‰ก 1.

Dunque รจ un anello commutativo.

Poichรฉ deg(๐‘๐‘ž(๐‘ฅ)) = deg(๐‘(๐‘ฅ)) + deg(๐‘ž(๐‘ฅ)) (basta vedere che il coefficiente di grado

massimo รจ il prodotto di due termini โ‰  0), allora se esistesse ๐‘โˆ’1(๐‘ฅ), 0 = deg 1 = deg(๐‘(๐‘ฅ)) +

deg(๐‘โˆ’1(๐‘ฅ)) โ‡’ โˆ€๐‘(๐‘ฅ)| deg ๐‘ > 0 โˆ„๐‘โˆ’1(๐‘ฅ) โ‡’ (๐•‚[๐‘ฅ], +,โˆ™) non รจ un campo.

TEOREMA 1.2.6 (di divisione in โ„ค): โˆ€๐‘Ž, ๐‘ โˆˆ โ„ค โˆง ๐‘ โ‰  0 โˆƒ๐‘ข๐‘›๐‘–๐‘๐‘– ๐‘ž, ๐‘Ÿ โˆˆ โ„ค:

๐‘Ž = ๐‘๐‘ž + ๐‘Ÿ;

0 โ‰ค ๐‘Ÿ < |๐‘|.

9

TEOREMA 1.2.7 (di divisione in ๐•‚[๐‘ฅ]): โˆ€๐‘Ž(๐‘ฅ), ๐‘(๐‘ฅ) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ]\{0} โˆƒ๐‘ข๐‘›๐‘–๐‘๐‘– ๐‘ž(๐‘ฅ), ๐‘Ÿ(๐‘ฅ) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ]:

๐‘Ž(๐‘ฅ) = ๐‘(๐‘ฅ)๐‘ž(๐‘ฅ) + ๐‘Ÿ(๐‘ฅ);

deg(๐‘Ÿ(๐‘ฅ)) < deg(๐‘(๐‘ฅ)).

Notiamo una similitudine fra la divisione in โ„ค e in ๐•‚[๐‘ฅ], poichรฉ cโ€™รจ una similitudine stretta fra la

funzione valore assoluto e la funzione deg.

Osservazione: se ๐‘Ÿ(๐‘ฅ) = 0 โ‡’ ๐‘(๐‘ฅ)|๐‘Ž(๐‘ฅ).

DEFINIZIONE 1.2.14: ๐‘Ž โˆˆ ๐•‚ si dice radice di ๐‘(๐‘ฅ) se ๐‘(๐‘Ž) = 0.

TEOREMA 1.2.8 (di Ruffini): se ๐‘Ž รจ radice di ๐‘(๐‘ฅ), allora (๐‘ฅ โˆ’ ๐‘Ž)|๐‘(๐‘ฅ).

Dimostrazione:

Applico il teorema di divisione; โˆƒ๐‘ž(๐‘ฅ), ๐‘Ÿ(๐‘ฅ) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ] tali che:

{๐‘(๐‘ฅ) = (๐‘ฅ โˆ’ ๐‘Ž)๐‘ž(๐‘ฅ) + ๐‘Ÿ(๐‘ฅ)

deg(๐‘Ÿ(๐‘ฅ)) < deg(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘Ž) = 1, dunque ๐‘Ÿ(๐‘ฅ) = ๐‘๐‘œ๐‘ ๐‘ก๐‘Ž๐‘›๐‘ก๐‘’.

Valuto in ๐‘Ž:

0 = ๐‘(๐‘Ž) = (๐‘Ž โˆ’ ๐‘Ž)๐‘ž(๐‘Ž) + ๐‘Ÿ(๐‘Ž) = ๐‘Ÿ(๐‘Ž), da cui segue la tesi.

DEFINIZIONE 1.2.15: Sia ๐‘Ž una radice di ๐‘(๐‘ฅ). Si definisce molteplicitร  algebrica della radice ๐‘Ž

il massimo numero naturale ๐‘š tale che (๐‘ฅ โˆ’ ๐‘Ž)๐‘š|๐‘(๐‘ฅ).

TEOREMA 1.2.9 (fondamentale dellโ€™algebra): Ogni polinomio ๐‘(๐‘ฅ) โˆˆ โ„‚[๐‘ฅ] di grado ๐‘› โ‰ฅ 1 ha

almeno una radice.

COROLLARIO 1.2.10: Ogni polinomio ๐‘(๐‘ฅ) โˆˆ โ„‚[๐‘ฅ] di grado ๐‘› โ‰ฅ 1 ha esattamente ๐‘› radici

(contate con molteplicitร ).

Dimostrazione:

Per induzione su ๐‘›:

Passo base): ๐‘› = 1, ovvio.

Passo induttivo): Per il teorema, so che โˆƒ๐‘Ž radice di ๐‘(๐‘ฅ), quindi per Ruffini ๐‘(๐‘ฅ) =

(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘Ž) ๐‘1(๐‘ฅ), con deg(๐‘1(๐‘ฅ)) = ๐‘› โˆ’ 1, dunque per ipotesi induttiva ๐‘1(๐‘ฅ) ha esattamente

๐‘› โˆ’ 1 radici contate con molteplicitร . Dunque ๐‘(๐‘ฅ) ne ha ๐‘›, da cui la tesi.

DEFINIZIONE 1.2.16: Un polinomio ๐‘(๐‘ฅ) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ] si dice irriducibile su ๐•‚[๐‘ฅ] se non puรฒ essere

scritto come ๐‘(๐‘ฅ) = ๐‘Ž(๐‘ฅ)๐‘(๐‘ฅ), con ๐‘Ž(๐‘ฅ), ๐‘(๐‘ฅ) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ] non costanti.

Esempi: I polinomi di grado 1 sono sempre irriducibili.

๐‘Ž๐‘ฅ2 + ๐‘๐‘ฅ + ๐‘ รจ riducibile su โ„[๐‘ฅ] se ha radici (poichรฉ la fattorizzazione di un polinomio di

secondo grado puรฒ avvenire solo per mezzo di due polinomi di grado 1), quindi รจ riducibile โ‡”

ฮ” โ‰ฅ 0 โ‡” ๐‘2 โˆ’ 4๐‘Ž๐‘ โ‰ฅ 0.

๐‘ฅ2 โˆ’ 2 รจ riducibile su โ„[๐‘ฅ], ma non รจ riducibile su โ„š[๐‘ฅ].

10

DEFINIZIONE 1.2.17: Si definisce lโ€™operazione prodotto per scalari in ๐•‚[๐‘ฅ]:

โˆ™ :๐•‚ร— ๐•‚[๐‘ฅ] โ†’ ๐•‚[๐‘ฅ]| (๐›ผ, ๐‘(๐‘ฅ)) โ†’ ๐›ผ๐‘(๐‘ฅ), con ๐›ผ โˆˆ ๐•‚ e ๐‘(๐‘ฅ) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ].

Se ๐‘(๐‘ฅ) = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘– ๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 , allora ๐›ผ๐‘(๐‘ฅ) = โˆ‘ (๐›ผ๐‘Ž๐‘–)๐‘ฅ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 .

PROPOSIZIONE 1.2.11: (๐•‚[๐‘ฅ], +,โˆ™), dove โˆ™ รจ il prodotto per scalari, รจ un anello (nel senso che +

e โ‹… |๐•‚ร—๐•‚[๐‘ฅ] soddisfano le proprietร  di anello)

Dimostrazione:

Poichรฉ (๐•‚[๐‘ฅ], +) รจ un gruppo abeliano, le restanti verifiche sono immediate.

Riprendiamo la notazione ๐‘†(๐‘‹) = {๐‘“: ๐‘‹ โ†’ ๐‘‹|๐‘“ ๐‘๐‘–๐‘”๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘Ž}, dove ๐‘‹ โ‰  โˆ… รจ un insieme.

PROPOSIZIONE 1.2.12: La funzione inversa ๐‘“โˆ’1 di una funzione ๐‘“: ๐‘‹ โ†’ ๐‘Œ bigettiva รจ bigettiva.

Dimostrazione:

๐‘“โˆ’1 รจ iniettiva, poichรฉ se non lo fosse due elementi del dominio sarebbero immagine di un solo

elementi del codominio, quindi ๐‘“โˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โ‰  ๐‘–๐‘‘๐‘‹.

Poichรฉ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘“โˆ’1 = ๐‘–๐‘‘, allora โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‹, (๐‘“ โˆ˜ ๐‘“โˆ’1)(๐‘“(๐‘ฅ)) = ๐‘“(๐‘ฅ), ma ๐‘“ รจ bigettiva, dunque

(๐‘“โˆ’1 โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ โ‡’ ๐‘“ รจ unโ€™inversa destra, quindi ๐‘“โˆ’1 รจ surgettiva.

PROPOSIZIONE 1.2.13: (๐‘†(๐‘‹),โˆ˜) รจ un gruppo (in generale non abeliano).

Dimostrazione:

Lโ€™elemento neutro รจ evidentemente ๐‘–๐‘‘๐‘‹, e poichรฉ abbiamo visto che lโ€™inversa di una funzione

bigettiva รจ bigettiva, resta la banale verifica dellโ€™associativitร .

Abbiamo inoltre visto che in generale le funzioni non commutano, dunque ho la tesi.

PROPOSIZIONE 1.2.14: (๐‘†(๐‘‹),โˆ˜) รจ un gruppo abeliano โ‡” |๐‘‹| โ‰ค 2.

Dimostrazione:

Sicuramente se |๐‘‹| = 1 โ‡’ ๐‘†(๐‘‹) = {๐‘–๐‘‘} โ‡’ (๐‘†(๐‘‹),โˆ˜) รจ gruppo abeliano.

Se |๐‘‹| = 2 โ‡’ ๐‘†(๐‘‹) = {๐‘–๐‘‘, ๐‘“}, dove ๐‘“ โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘, dunque (๐‘†(๐‘‹),โˆ˜) รจ gruppo abeliano.

Se |๐‘‹| = 3, supponiamo ๐‘‹ = {๐‘Ž, ๐‘, ๐‘}. Sia ๐‘“: ๐‘‹ โ†’ ๐‘‹|๐‘“(๐‘Ž) = ๐‘, ๐‘“(๐‘) = ๐‘Ž, ๐‘“(๐‘) = ๐‘ e sia

๐‘”: ๐‘‹ โ†’ ๐‘‹|๐‘”(๐‘Ž) = ๐‘, ๐‘”(๐‘) = ๐‘, ๐‘”(๐‘) = ๐‘Ž.

Allora (๐‘“ โˆ˜ ๐‘”)(๐‘Ž) = ๐‘“(๐‘”(๐‘Ž)) = ๐‘“(๐‘) = ๐‘Ž; (๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘Ž) = ๐‘”(๐‘) = ๐‘, quindi per |๐‘‹| = 3, (๐‘†(๐‘‹),โˆ˜)

non รจ un gruppo abeliano.

Per |๐‘‹| > 3 il ragionamento รจ analogo, basta scegliere come controesempio il precedente esteso

con lโ€™identitร  agli altri elementi di ๐‘‹.

Osservazione: Ogni gruppo ๐บ di due elementi รจ abeliano. La dimostrazione รจ analoga alla

precedente.

Osservazione: Esistono campi con un numero finito di elementi.

Prendiamo ๐”ฝ = {[0]3, [1]3, [2]3}, dove [๐‘Ž]3 รจ la classe di resto ๐‘Ž nella divisione per 3.

Definendo [๐‘Ž]3 โˆ™ [๐‘]3 = [๐‘Ž๐‘]3 e [๐‘Ž]3 + [๐‘]3 = [๐‘Ž + ๐‘]3, non รจ difficile mostrare che (๐”ฝ,+,โˆ™) รจ

un campo.

11

Notazione: Sia ๐•‚ un campo e ๐‘› โˆˆ โ„•, ๐‘› โ‰ฅ 1. Si denota con: ๐•‚๐‘› = ๐•‚ร— โ€ฆร— ๐•‚โŸ

๐‘› ๐‘ฃ๐‘œ๐‘™๐‘ก๐‘’

il prodotto cartesiano di ๐•‚ per se stesso ๐‘› volte.

Perciรฒ ๐•‚๐‘› = {(๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›)|๐‘ฅ๐‘– โˆˆ ๐•‚ โˆ€๐‘–}.

DEFINIZIONE 1.2.18: Definiamo una somma e un prodotto per scalari su ๐•‚๐‘›:

+:๐•‚๐‘› ร—๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚๐‘›| (๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›) + (๐‘ฆ1, โ€ฆ , ๐‘ฆ๐‘›) โ‰ (๐‘ฅ1 + ๐‘ฆ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘› + ๐‘ฆ๐‘›);

โˆ™ โˆถ ๐•‚ ร— ๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚๐‘›| ๐›ผ โˆ™ (๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›) โ‰ (๐›ผ๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐›ผ๐‘ฅ๐‘›).

PROPOSIZIONE 1.2.15: (๐•‚๐‘›, +,โˆ™) รจ un anello (nello stesso senso della PROPOSIZIONE 1.2.11).

Dimostrazione:

Le semplici verifiche sono lasciate al lettore.

PROPOSIZIONE 1.2.16: Siano ๐‘“(๐‘ก), ๐‘”(๐‘ก) polinomi in โ„[๐‘ก], con ๐‘“(๐‘ก) โ‰  0. Sia โ„Ž(๐‘ก) un polinomio

in โ„‚[๐‘ก]| ๐‘“(๐‘ก) = ๐‘”(๐‘ก) โˆ™ โ„Ž(๐‘ก) in โ„‚[๐‘ก], allora โ„Ž(๐‘ก) โˆˆ โ„[๐‘ก].

Dimostrazione 1:

Siano ๐‘“(๐‘ก) = ๐‘Ž๐‘›๐‘ก๐‘›+. . . +๐‘Ž0, ๐‘”(๐‘ก) = ๐‘๐‘š๐‘ก

๐‘š+. . . +๐‘0, โ„Ž(๐‘ก) = ๐‘๐‘™๐‘ก๐‘™+. . . +๐‘, ๐‘Ž๐‘› โ‰  0, ๐‘๐‘š โ‰  0, ๐‘๐‘™ โ‰  0.

La nostra ipotesi รจ che ๐‘Ž๐‘–, ๐‘๐‘— โˆˆ โ„ โˆ€๐‘–, ๐‘—.

Mostriamo con lโ€™induzione II su ๐‘– che ๐‘๐‘™โˆ’๐‘– โˆˆ โ„.

Passo base): Poichรฉ ๐‘“(๐‘ก) = ๐‘”(๐‘ก) โˆ™ โ„Ž(๐‘ก) e ๐‘๐‘š โ‰  0 โ‡’ ๐‘๐‘™ =๐‘Ž๐‘›

๐‘๐‘šโˆˆ โ„.

Passo induttivo): Mostriamo che se ๐‘๐‘™โˆ’๐‘– โˆˆ โ„ โˆ€0 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘˜ โ‡’ ๐‘๐‘™โˆ’๐‘˜โˆ’1 โˆˆ โ„.

๐‘Ž๐‘›โˆ’๐‘˜โˆ’1 = ๐‘๐‘š๐‘๐‘™โˆ’๐‘˜โˆ’1 + ๐‘๐‘šโˆ’1๐‘๐‘™โˆ’๐‘˜+. . . +๐‘๐‘šโˆ’๐‘˜โˆ’1๐‘๐‘™, perciรฒ ๐‘๐‘™โˆ’๐‘˜โˆ’1 =๐‘Ž๐‘›โˆ’๐‘˜โˆ’1โˆ’๐‘๐‘šโˆ’1๐‘๐‘™โˆ’๐‘˜โˆ’...โˆ’๐‘๐‘šโˆ’๐‘˜โˆ’1๐‘๐‘™

๐‘๐‘š.

Ma tutti i termini della frazione โˆˆ โ„, dunque ho la tesi.

Dimostrazione 2: Poichรฉ in โ„‚[๐‘ก] ho che ๐‘“(๐‘ก) = ๐‘”(๐‘ก) โˆ™ โ„Ž(๐‘ก) e ๐‘“(๐‘ก) โ‰  0, allora ๐‘”(๐‘ก) โ‰  0.

Dunque divido ๐‘“(๐‘ก) per ๐‘”(๐‘ก) in โ„[๐‘ก]: ๐‘“(๐‘ก) = ๐‘”(๐‘ก) โˆ™ ๐‘ž(๐‘ก) + ๐‘Ÿ(๐‘ก)

deg ๐‘Ÿ(๐‘ก) < deg ๐‘”(๐‘ก) in โ„[๐‘ก] e dunque in โ„‚[๐‘ก].

Allora ๐‘”(๐‘ก)โ„Ž(๐‘ก) = ๐‘”(๐‘ก)๐‘ž(๐‘ก) + ๐‘Ÿ(๐‘ก) in โ„‚[๐‘ก] โ‡’ ๐‘”(๐‘ก)(โ„Ž(๐‘ก) โˆ’ ๐‘ž(๐‘ก)) = ๐‘Ÿ(๐‘ก) in โ„‚[๐‘ก], ma

deg ๐‘Ÿ(๐‘ก) < deg ๐‘”(๐‘ก) e poichรฉ il grado รจ additivo, allora โ„Ž(๐‘ก) โˆ’ ๐‘ž(๐‘ก) = 0 โ‡’ โ„Ž(๐‘ก) = ๐‘”(๐‘ก) โˆˆ โ„[๐‘ก].

DEFINIZIONE 1.2.18: Sia ๐‘: โ„‚ โ†’ โ„‚ lโ€™applicazione definita in modo tale che associ ad ogni

numero complesso ๐‘ง = ๐‘Ž + ๐‘๐‘– il suo coniugato ๐‘ง = ๐‘Ž โˆ’ ๐‘๐‘–. ๐‘ prende il nome di coniugio ed รจ

evidentemente biunivoca.

PROPOSIZIONE 1.2.17: 1) ๐‘ง = ๐‘ง โ‡” ๐‘ง โˆˆ โ„

2) ๐‘ง1 + ๐‘ง2 = ๐‘ง1 + ๐‘ง2 3) ๐‘ง1 โˆ™ ๐‘ง2 = ๐‘ง1 โˆ™ ๐‘ง2

4) ๐‘ง = ๐‘ง 5) ๐‘ง + ๐‘ง โˆˆ โ„, ๐‘ง โˆ™ ๐‘ง โˆˆ โ„.

Dimostrazione:

Queste semplici verifiche sono lasciate al lettore per esercizio.

12

COROLLARIO 1.2.18: 1) โˆ‘ ๐‘ง๐‘–๐‘›๐‘–=1 = โˆ‘ ๐‘ง๐‘–

๐‘›๐‘–=1

2) โˆ ๐‘ง๐‘–๐‘›๐‘–=1 = โˆ ๐‘ง๐‘–

๐‘›๐‘–=1

3) ๐‘ง๐‘› = ๐‘ง๐‘›

Dimostrazione:

1) Per induzione su ๐‘› โ‰ฅ 2:

Passo base): ๐‘› = 2, giร  visto;

Passo induttivo): โˆ‘ ๐‘ง๐‘–๐‘›๐‘–=1 = โˆ‘ ๐‘ง๐‘–

๐‘›โˆ’1๐‘–=1 + ๐‘ง๐‘› = (๐‘–๐‘. ๐‘–๐‘›๐‘‘. ) = โˆ‘ ๐‘ง๐‘–

๐‘›โˆ’1๐‘–=1 + ๐‘ง๐‘› = โˆ‘ ๐‘ง๐‘–

๐‘›๐‘–=1 .

2) Analoga.

3) รˆ un caso particolare del 2) con ๐‘ง1 =. . . = ๐‘ง๐‘› = ๐‘ง.

PROPOSIZIONE 1.2.18: Sia ๐‘“(๐‘ก) โˆˆ โ„[๐‘ก]\{0} e sia ๐›ผ un numero complesso non reale. Allora, se

๐›ผ รจ radice di ๐‘“(๐‘ก):

1) anche ๐›ผ รจ radice di ๐‘“(๐‘ก);

2) la molteplicitร  algebrica di ๐›ผ รจ uguale a quella di ๐›ผ.

Dimostrazione:

1) Poichรฉ ๐›ผ รจ radice di ๐‘“(๐‘ก), allora ๐‘“(๐›ผ) = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐›ผ๐‘–๐‘›

๐‘–=0 = 0. Allora:

0 = ๐‘Ž๐‘›๐›ผ๐‘›+. . . +๐‘Ž0 = ๐‘Ž๐‘›๐›ผ๐‘›+. . . +๐‘Ž0 = ๐‘Ž๐‘›๐›ผ๐‘›+. . . +๐‘Ž0 = (๐‘๐‘œ๐‘–๐‘โ„Žรจ ๐‘Ž๐‘– โˆˆ โ„) = ๐‘Ž๐‘›๐›ผ๐‘›+. . . +๐‘Ž0 =

๐‘Ž๐‘›๐›ผ๐‘›+. . . +๐‘Ž0 = ๐‘“(๐›ผ).

2) Dimostriamolo per induzione II su ๐‘› = deg ๐‘“(๐‘ก):

Passo base): ๐‘› = 0 โ‡’ ๐‘“(๐‘ก) = ๐›ฝ โ‡’ ๐‘“(๐‘ก) non ha radici, quindi molteplicitร  algebrica di ๐›ผ =

molteplicitร  algebrica di ๐›ผ = 0.

Passo induttivo): Supponiamo che lโ€™enunciato sia vero โˆ€๐‘˜ โ‰ค ๐‘› e dimostriamo che รจ vero per

๐‘› + 1.

Se nรฉ ๐›ผ nรฉ ๐›ผ sono radice, ho la tesi.

Altrimenti ๐‘“(๐›ผ) = 0 e ๐‘“(๐›ผ) = 0.

Dunque ๐‘“(๐‘ก) = (๐‘ก โˆ’ ๐›ผ)๐‘”(๐‘ก) per Ruffini in โ„‚[๐‘ก].

Valutando in ๐›ผ:

0 = ๐‘“(๐›ผ) = (๐›ผ โˆ’ ๐›ผ)๐‘”(๐›ผ), ma ๐›ผ โ‰  ๐›ผ, dunque ๐‘”(๐›ผ) = 0 e quindi (๐‘ก โˆ’ ๐›ผ)|๐‘”(๐‘ก)|๐‘“(๐‘ก).

Per cui ๐‘“(๐‘ก) = (๐‘ก โˆ’ ๐›ผ)(๐‘ก โˆ’ ๐›ผ)โ„Ž(๐‘ก) = (๐‘ก2 โˆ’ (๐›ผ + ๐›ผ)๐‘ก + ๐›ผ๐›ผ)โ„Ž(๐‘ก).

Sappiamo che ๐›ผ + ๐›ผ, ๐›ผ๐›ผ โˆˆ โ„, dunque per la proposizione 1.2.16 so che โ„Ž(๐‘ก) โˆˆ โ„[๐‘ก].

Applicando lโ€™ipotesi induttiva a โ„Ž(๐‘ก), vediamo che la molteplicitร  algebrica ๐œ‡ di ๐›ผ e ๐œ‡ di ๐›ผ in

โ„Ž(๐‘ก) coincidono, ma le loro molteplicitร  in ๐‘“(๐‘ก) sono semplicemente ๐œ‡ + 1 e ๐œ‡ + 1, che

quindi coincidono.

13

2 SPAZI VETTORIALI E APPLICAZIONI

LINEARI

2.1 SPAZI VETTORIALI

DEFINIZIONE 2.1.1: Un ๐•‚-spazio vettoriale รจ una quaterna (๐‘‰,+,โˆ™, ๐•‚), dove ๐•‚ รจ un campo e ๐‘‰

insieme โ‰  โˆ….

+:๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰ โˆ™ โˆถ ๐•‚ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰ tali che:

1) (๐‘‰,+) รจ un gruppo abeliano;

2) โˆ€๐›ผ, ๐›ฝ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, (๐›ผ๐›ฝ)๐‘ฅ = ๐›ผ(๐›ฝ๐‘ฅ);

3) โˆ€๐›ผ, ๐›ฝ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, (๐›ผ + ๐›ฝ)๐‘ฅ = ๐›ผ๐‘ฅ + ๐›ฝ๐‘ฅ;

4) โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, ๐›ผ(๐‘ฅ + ๐‘ฆ) = ๐›ผ๐‘ฅ + ๐›ผ๐‘ฆ;

5) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, 1 โˆ™ ๐‘ฅ = ๐‘ฅ.

PROPOSIZIONE 2.1.1: Sia (๐‘‰,+,โˆ™, ๐•‚) un ๐•‚-spazio vettoriale. Allora:

1) 0 รจ unico;

2) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰,โˆ’๐‘ฅ รจ unico;

3) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, 0 โˆ™ ๐‘ฅ = 0;

4) โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, ๐›ผ โˆ™ 0 = 0 5) โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, ๐›ผ๐‘ฅ = 0 โ‡’ ๐›ผ = 0 โˆจ ๐‘ฅ = 0;

6) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, (โˆ’1) โˆ™ ๐‘ฅ = โˆ’๐‘ฅ.

Dimostrazione:

1), 2) derivano dal fatto che (๐‘‰,+) รจ un gruppo abeliano.

3) 0 โˆ™ ๐‘ฅ = (0 + 0) โˆ™ ๐‘ฅ = 0 โˆ™ ๐‘ฅ + 0 โˆ™ ๐‘ฅ โ‡’ 0 โˆ™ ๐‘ฅ = 0 4) analoga alla 3)

5) Se ๐›ผ = 0, abbiamo subito la tesi.

Se ๐›ผ โ‰  0 โ‡’ 0 = ๐›ผโˆ’1 โˆ™ 0 = ๐›ผโˆ’1 โˆ™ ๐‘Ž โˆ™ ๐‘ฅ = 1 โˆ™ ๐‘ฅ = ๐‘ฅ

6) ๐‘ฅ + (โˆ’1) โˆ™ ๐‘ฅ = 1 โˆ™ ๐‘ฅ + (โˆ’1) โˆ™ ๐‘ฅ = (1 + (โˆ’1)) โˆ™ ๐‘ฅ = 0 โˆ™ ๐‘ฅ = 0

DEFINIZIONE 2.1.2: Ogni elemento di uno spazio vettoriale si definisce vettore.

Notazione: Al posto di ๐‘ฅ + (โˆ’๐‘ฆ) scriveremo ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ.

PROPOSIZIONE 2.1.2: ๐•‚๐‘› รจ un ๐•‚-spazio vettoriale โˆ€๐‘› โ‰ฅ 1.

Dimostrazione:

La verifica รจ lasciata al lettore.

Osservazioni: โ— Se ๐‘‰ = ๐•‚, il prodotto per scalari รจ definito โˆ™ โˆถ ๐•‚ ร— ๐•‚ โ†’ ๐•‚, dove il primo ๐•‚

rappresenta il campo degli scalari, mentre il secondo lo spazio vettoriale.

Per lโ€™osservazione precedente โ„‚ รจ un โ„‚-spazio vettoriale. Consideriamo ora una restrizione

dellโ€™operazione prodotto per scalari su โ„, cioรจ โˆ™ โˆถ โ„ ร— โ„‚ โ†’ โ„‚.

14

Poichรฉ โ„ โŠ‚ โ„‚, le definizioni che valgono su โ„‚ valgono anche su โ„; perciรฒ โ„‚ รจ un โ„-spazio

vettoriale.

In generale possiamo effettuare una restrizione del campo degli scalari, cioรจ se ๐•‚โ€ฒ รจ

sottocampo di ๐•‚ (๐•‚โ€ฒ โŠ‚ ๐•‚ e ๐•‚โ€ฒ รจ chiuso rispetto a + e โˆ™), ogni ๐•‚-spazio vettoriale รจ anche un

๐•‚โ€ฒ-spazio vettoriale.

Fissiamo nel piano due assi cartesiani. Allora la funzione: ๐‘ƒ๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘œ โ†’ โ„2

๐‘ƒ โ†’ (๐‘ฅ๐‘ƒ, ๐‘ฆ๐‘ƒ) รจ biunivoca.

Inoltre la funzione: ๐‘ƒ๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘œ โ†’ ๐‘ฃ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘œ๐‘Ÿ๐‘– ๐‘ข๐‘ ๐‘๐‘’๐‘›๐‘ก๐‘– ๐‘‘๐‘Ž ๐‘‚

๐‘ƒ โ†’ ๐‘‚๐‘ƒ รจ biunivoca, dunque possiamo identificare ๐‘ƒ con (๐‘ฅ๐‘ƒ, ๐‘ฆ๐‘ƒ) e

con ๐‘‚๐‘ƒ . Quindi la somma in โ„2 corrisponde alla regola del parallelogramma.

2.2 SPAZI DI MATRICI

DEFINIZIONE 2.2.1: Definiamo lโ€™insieme โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚) come lโ€™insieme delle matrici ๐‘ ร— ๐‘›, cioรจ

con ๐‘ righe e ๐‘› colonne, a coefficienti in ๐•‚.

DEFINIZIONE 2.2.2: Una matrice di dice quadrata se ๐‘ = ๐‘› e lโ€™insieme delle matrici ๐‘› ร— ๐‘› si

indica con โ„ณ(๐‘›,๐•‚) (o piรน semplicemente con โ„ณ(๐‘›)).

Notazioni: โ— Per indicare lโ€™elemento di posto ๐‘–, ๐‘— della matrice ๐ด si usa il simbolo [๐ด]๐‘–๐‘—;

๐ด๐‘– indica lโ€™๐‘–-esima riga di ๐ด;

๐ด๐‘— indica la ๐‘—-esima colonna di ๐ด;

0 rappresenta la matrice nulla, cioรจ [0]๐‘–๐‘— = 0 โˆ€๐‘–, ๐‘—.

DEFINIZIONE 2.2.3: Siano ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚) matrici. Allora si dice che ๐ด e ๐ต sono uguali se [๐ด]๐‘–๐‘— = [๐ต]๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘—.

DEFINIZIONE 2.2.4: โˆ€๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›, ๐•‚), poniamo: [๐ด + ๐ต]๐‘–๐‘— โ‰ [๐ด]๐‘–๐‘— + [๐ต]๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘—;

[๐›ผ๐ด]๐‘–๐‘— โ‰ ๐›ผ[๐ด]๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘—.

PROPOSIZIONE 2.2.1: โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚) รจ un ๐•‚-spazio vettoriale.

Dimostrazione:

Le verifiche sono immediate.

Osservazione: Lโ€™applicazione: ๐•‚๐‘› โ†’โ„ณ(๐‘›, 1, ๐•‚)

(๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›) โ†’ (

๐‘ฅ1โ‹ฎ๐‘ฅ๐‘›)

รจ bigettiva, quindi scriveremo indifferentemente un vettore di ๐•‚๐‘› come ๐‘›-upla o come colonna.

15

DEFINIZIONE 2.2.5: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›) si dice:

diagonale se [๐ด]๐‘–๐‘— = 0 โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—;

simmetrica se [๐ด]๐‘–๐‘— = [๐ด]๐‘—๐‘– โˆ€๐‘–, ๐‘—;

antisimmetrica se [๐ด]๐‘–๐‘— = โˆ’[๐ด]๐‘—๐‘– โˆ€๐‘–, ๐‘— (dunque [๐ด]๐‘–๐‘– = 0 โˆ€๐‘–);

triangolare superiore se [๐ด]๐‘–๐‘— = 0 โˆ€๐‘– > ๐‘—.

Notazione: Denoteremo:

๐’Ÿ(๐‘›) = {๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›)|๐ด รจ ๐‘‘๐‘–๐‘Ž๐‘”๐‘œ๐‘›๐‘Ž๐‘™๐‘’};

๐’ฎ(๐‘›) = {๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›)|๐ด รจ ๐‘ ๐‘–๐‘š๐‘š๐‘’๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘๐‘Ž};

๐’œ(๐‘›) = {๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›)|๐ด รจ ๐‘Ž๐‘›๐‘ก๐‘–๐‘ ๐‘–๐‘š๐‘š๐‘’๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘๐‘Ž};

๐’ฏ(๐‘›) = {๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›)|๐ด รจ ๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘”๐‘œ๐‘™๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘’ ๐‘ ๐‘ข๐‘๐‘’๐‘Ÿ๐‘–๐‘œ๐‘Ÿ๐‘’}.

PROPOSIZIONE 2.2.2: Ogni spazio di polinomi ๐•‚[๐‘ฅ] รจ un ๐•‚-spazio vettoriale.

DEFINIZIONE 2.2.6: Sia ๐ด un insieme e ๐‘‰ un ๐•‚-spazio vettoriale. Definiamo

โ„ฑ(๐ด, ๐‘‰) = {๐‘“: ๐ด โ†’ ๐‘‰} tale che โˆ€๐‘“, ๐‘” โˆˆ โ„ฑ(๐ด, ๐‘‰), โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚: (๐‘“ + ๐‘”)(๐‘ฅ) โ‰ ๐‘“(๐‘ฅ) + ๐‘”(๐‘ฅ) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ด;

(๐›ผ๐‘“)(๐‘ฅ) โ‰ ๐›ผ๐‘“(๐‘ฅ) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐ด.

PROPOSIZIONE 2.2.3: โ„ฑ(๐ด, ๐‘‰) รจ uno spazio vettoriale di funzioni.

Osservazioni: โ— โ„ฑ(โ„•,๐•‚) = {๐‘ ๐‘ข๐‘๐‘๐‘’๐‘ ๐‘ ๐‘–๐‘œ๐‘›๐‘– ๐‘Ž ๐‘ฃ๐‘Ž๐‘™๐‘œ๐‘Ÿ๐‘– ๐‘–๐‘› ๐•‚}

โ„ฑ({1,โ€ฆ , ๐‘›}, ๐•‚) = ๐•‚๐‘› โ„ฑ({1,โ€ฆ , ๐‘} ร— {1,โ€ฆ , ๐‘ž}, ๐•‚) = โ„ณ(๐‘, ๐‘ž,๐•‚).

2.3 SOTTOSPAZI E COMBINAZIONI LINEARI

DEFINIZIONE 2.3.1: Dato ๐‘‰ ๐•‚-spazio vettoriale, ๐‘Š โŠ‚ ๐‘‰ si dice sottospazio vettoriale di ๐‘‰ se:

1) 0๐‘‰ โˆˆ ๐‘Š;

2) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘Š, ๐‘ฅ + ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘Š (cioรจ ๐‘Š รจ chiuso rispetto alla somma);

3) โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘Š, ๐›ผ๐‘ฅ โˆˆ ๐‘Š (cioรจ ๐‘Š รจ chiuso rispetto al prodotto per scalari).

Quindi, poichรฉ se le 8 proprietร  di spazio vettoriale valgono per ๐‘‰, allora valgono anche per ๐‘Š e

poichรฉ + e โˆ™ sono chiusi rispetto a ๐‘Š, allora ๐‘Š รจ uno spazio vettoriale.

PROPOSIZIONE 2.3.1: ๐’Ÿ(๐‘›), ๐’ฎ(๐‘›),๐’œ(๐‘›), ๐’ฏ(๐‘›) sono sottospazi vettoriali di โ„ณ(๐‘›).

Dimostrazione:

Dimostriamolo per ๐’Ÿ(๐‘›), per gli altri il procedimento รจ analogo.

1) 0 โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘›), poichรฉ [0]๐‘–๐‘— = 0 โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—;

2), 3) Evidentemente, se ๐ด, ๐ต โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘›), allora ๐ด + ๐ต โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘›) e ๐›ผ๐ด โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘›).

Notazione: Fissato ๐‘š โˆˆ โ„•, si denoti con ๐•‚๐‘š[๐‘ฅ] = {๐‘(๐‘ฅ) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ]| deg ๐‘(๐‘ฅ) โ‰ค ๐‘š} lโ€™insieme dei

polinomi di ๐•‚[๐‘ฅ] di grado โ‰ค ๐‘š.

16

PROPOSIZIONE 2.3.2: โˆ€๐‘š โˆˆ โ„•, ๐•‚๐‘š[๐‘ฅ] รจ sottospazio vettoriale di ๐•‚[๐‘ฅ].

Dimostrazione:

La verifica รจ lasciata al lettore.

PROPOSIZIONE 2.3.3: Le rette in โ„2 per lโ€™origine sono sottospazi vettoriali di โ„2.

Le rette e i piani per lโ€™origine in โ„3 sono sottospazi vettoriali di โ„3.

Dimostrazione:

Semplice verifica.

PROPOSIZIONE 2.3.4: Se {๐‘Š๐‘–}๐‘–โˆˆ๐ผ รจ una famiglia arbitraria di sottospazi vettoriali di ๐‘‰, allora

โ‹‚ ๐‘Š๐‘–๐‘–โˆˆ๐ผ รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰.

Dimostrazione:

1) 0๐‘‰ โˆˆ ๐‘Š๐‘– โˆ€๐‘– โˆˆ ๐ผ, perciรฒ 0๐‘‰ โˆˆ โ‹‚ ๐‘Š๐‘–๐‘–โˆˆ๐ผ .

2), 3) Se + e โˆ™ sono chiusi in ๐‘Š๐‘– โˆ€๐‘– โˆˆ ๐ผ, a maggior ragione saranno chiusi in โ‹‚ ๐‘Š๐‘–๐‘–โˆˆ๐ผ .

DEFINIZIONE 2.3.2: Dati ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘‰ e ๐›ผ1, โ€ฆ , ๐›ผ๐‘› โˆˆ ๐•‚, si definisce combinazione lineare dei

๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› il vettore ๐›ผ1๐‘ฃ1+. . . +๐›ผ๐‘›๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘‰.

DEFINIZIONE 2.3.3: Dato ๐‘† โŠ‚ ๐‘‰, denotiamo con:

๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) โ‰ {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰|โˆƒ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘†, โˆƒ๐›ผ1, โ€ฆ , ๐›ผ๐‘› โˆˆ ๐•‚ ๐‘๐‘’๐‘Ÿ ๐‘๐‘ข๐‘– ๐‘ฃ = ๐›ผ1๐‘ฃ1+. . . +๐›ผ๐‘›๐‘ฃ๐‘›}.

Esempio: ๐‘‰ = โ„2, ๐‘† = {(1,1)}.

๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) = {๐‘Ž(1,1)|๐‘Ž โˆˆ โ„}, cioรจ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) รจ semplicemente la retta passante per lโ€™origine e per

(1,1) (che รจ quindi uno spazio vettoriale).

PROPOSIZIONE 2.3.5: 1) ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰ โˆ€๐‘† โŠ‚ ๐‘‰.

2) ๐‘† โŠ‚ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) 3) Se ๐‘Š รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰| ๐‘† โŠ‚ ๐‘Š โŠ‚ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) โ‡’ ๐‘Š = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†).

Dimostrazione:

1) Semplice verifica.

2) Ovvia.

3) Sappiamo che ๐‘Š โŠ‚ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) per ipotesi, dunque basta dimostrare che ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) โŠ‚ ๐‘Š.

Se ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) โ‡’ ๐‘ฃ = ๐›ผ1๐‘ฃ1+. . . +๐›ผ๐‘›๐‘ฃ๐‘› per certi ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘†, ๐›ผ1, โ€ฆ , ๐›ผ๐‘› โˆˆ ๐•‚.

Ma ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘† โŠ‚ ๐‘Š, dunque, poichรฉ ๐‘Š รจ sottospazio vettoriale,

๐‘ฃ = ๐›ผ1๐‘ฃ1+. . . +๐›ผ๐‘›๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘Š, da cui segue immediatamente la tesi.

PROPOSIZIONE 2.3.6: ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†) = โ‹‚ ๐‘Š๐‘Š ๐‘ ๐‘ ๐‘ฃ ๐‘‘๐‘– ๐‘‰๐‘ŠโŠ‡๐‘†

.

Dimostrazione:

Evidentemente ๐‘† โŠ‚ โ‹‚ ๐‘Š๐‘Š ๐‘ ๐‘ ๐‘ฃ ๐‘‘๐‘– ๐‘‰๐‘ŠโŠ‡๐‘†

, poichรฉ interseco insiemi che contengono ๐‘†.

Inoltre โ‹‚ ๐‘Š๐‘Š ๐‘ ๐‘ ๐‘ฃ ๐‘‘๐‘– ๐‘‰๐‘ŠโŠ‡๐‘†

โŠ‚ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†), poichรฉ fra i ๐‘Š che interseco cโ€™รจ anche ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†), dunque

lโ€™intersezione sarร  sicuramente โ€œpiรน piccolaโ€ di ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†).

17

Grazie alla proposizione precedente, ho la tesi.

Osservazione: In generale lโ€™unione di sottospazi vettoriali non รจ un sottospazio vettoriale.

Esempio: ๐‘‰ = โ„2 e prendiamo due rette per lโ€™origine distinte come sottospazi.

Vediamo che evidentemente la somma non รจ chiusa, dunque ๐‘ข โˆช ๐‘ฃ non รจ sottospazio di โ„2.

DEFINIZIONE 2.3.4: Siano ๐‘ˆ,๐‘Š sottospazi vettoriali di ๐‘‰. Definiamo lโ€™insieme somma:

๐‘ˆ +๐‘Š โ‰ {๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰|โˆƒ๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ, โˆƒ๐‘ค โˆˆ ๐‘Š ๐‘ก. ๐‘. ๐‘ฅ = ๐‘ข + ๐‘ค}.

Osservazione: Se ad esempio ๐‘ˆ e ๐‘Š sono due rette per lโ€™origine distinte, con combinazioni

lineari di vettori su di esse posso individuare qualsiasi altro vettore di โ„2, semplicemente

scomponendolo nelle due componenti. Dunque ๐‘ˆ +๐‘Š = โ„2.

PROPOSIZIONE 2.3.7: ๐‘ˆ +๐‘Š รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰ ed รจ il piรน piccolo sottospazio

contenente ๐‘ˆ e ๐‘Š.

Dimostrazione:

Evidentemente ๐‘ˆ +๐‘Š รจ sottospazio vettoriale.

Ovviamente ๐‘ˆ โŠ‚ ๐‘ˆ +๐‘Š, poichรฉ โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ, ๐‘ข = ๐‘ข + 0 โˆˆ ๐‘ˆ +๐‘Š; analogamente ๐‘Š โŠ‚ ๐‘ˆ +๐‘Š.

Prendiamo ๐‘ sottospazio di ๐‘‰ tale che ๐‘ˆ โŠ‚ ๐‘ e ๐‘Š โŠ‚ ๐‘ e mostriamo che ๐‘ˆ +๐‘Š โŠ‚ ๐‘.

Infatti โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ, โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, ๐‘ข, ๐‘ค โˆˆ ๐‘, ma ๐‘ รจ sottospazio vettoriale โ‡’ ๐‘ข + ๐‘ค โˆˆ ๐‘ โ‡’ tesi.

Osservazioni: โ— In โ„2, ๐‘Ÿ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘Ž + ๐‘Ÿ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘Ž =<๐‘ ๐‘’ ๐‘ ๐‘ก๐‘’๐‘ ๐‘ ๐‘Ž ๐‘ ๐‘’ ๐‘๐‘œ๐‘™๐‘™๐‘–๐‘›๐‘’๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘–โ„2 ๐‘Ž๐‘™๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘š๐‘’๐‘›๐‘ก๐‘–

;

In โ„3, ๐‘Ÿ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘Ž + ๐‘Ÿ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘Ž = ๐‘๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘œ ๐‘โ„Ž๐‘’ ๐‘™๐‘’ ๐‘๐‘œ๐‘›๐‘ก๐‘–๐‘’๐‘›๐‘’;

In โ„3, ๐‘๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘œ + ๐‘Ÿ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘Ž = โ„3.

DEFINIZIONE 2.3.5: Se ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š = {0}, la somma ๐‘ˆ +๐‘Š si denota con ๐‘ˆโŠ•๐‘Š e prende il nome

di somma diretta.

PROPOSIZIONE 2.3.8: Ogni vettore in ๐‘ˆโŠ•๐‘Š si scrive in modo unico come ๐‘ข + ๐‘ค, con ๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ

e ๐‘ค โˆˆ ๐‘Š.

Dimostrazione:

Supponiamo che il vettore ๐‘ฃ si scriva ๐‘ฃ = ๐‘ข1 + ๐‘ค1 e ๐‘ฃ = ๐‘ข2 + ๐‘ค2. Allora:

18

๐‘ข1 + ๐‘ค1 = ๐‘ข2 + ๐‘ค2 โ‡’ ๐‘ข1 โˆ’ ๐‘ข2 = ๐‘ค2 โˆ’ ๐‘ค1, ma ๐‘ข1 โˆ’ ๐‘ข2 โˆˆ ๐‘ˆ e ๐‘ค2 โˆ’ ๐‘ค1 โˆˆ ๐‘Š, perciรฒ ๐‘ข1 โˆ’ ๐‘ข2 = ๐‘ค2 โˆ’ ๐‘ค1 โˆˆ ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š = {0} โ‡’ ๐‘ข1 = ๐‘ข2 e ๐‘ค1 = ๐‘ค2. DEFINIZIONE 2.3.6: Se ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Š, con ๐‘ˆ e ๐‘Š sottospazi vettoriali di ๐‘‰, sono ben definite le

applicazioni:

๐œ‹๐‘ˆ: ๐‘‰ โ†’ ๐‘ˆ๐‘ฃ = ๐‘ข + ๐‘ค โ†’ ๐‘ข

; ๐œ‹๐‘Š: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š๐‘ฃ = ๐‘ข + ๐‘ค โ†’ ๐‘ค

,

dette proiezioni di ๐‘‰ su ๐‘ˆ e su ๐‘Š.

Esempio: In โ„2 siano ๐‘ˆ,๐‘Š gli assi cartesiani. Allora se ๐‘ฃ = (๐‘ฅ, ๐‘ฆ), semplicemente ๐œ‹๐‘ˆ(๐‘ฃ) = ๐‘ฅ e

๐œ‹๐‘Š(๐‘ฃ) = ๐‘ฆ.

DEFINIZIONE 2.3.7: Sia ๐‘ˆ un sottospazio vettoriale di ๐‘‰. Si definisce supplementare di ๐‘ˆ ogni

sottospazio ๐‘Š di ๐‘‰ tale che ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Š.

Osservazione: Il supplementare non รจ unico, ad esempio in โ„2 il supplementare di una retta per

lโ€™origine รจ una qualsiasi altra retta per lโ€™origine di โ„2.

2.4 APPLICAZIONI LINEARI

DEFINIZIONE 2.4.1: Siano ๐‘‰,๐‘Š ๐•‚-spazi vettoriali. ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š si dice ๐•‚-lineare (o

semplicemente lineare) se:

1) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘“(๐‘ฅ + ๐‘ฆ) = ๐‘“(๐‘ฅ) + ๐‘“(๐‘ฆ);

2) โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘“(๐›ผ๐‘ฅ) = ๐›ผ๐‘“(๐‘ฅ).

Osservazione: Se ๐‘“ รจ lineare โ‡’ ๐‘“(0) = 0.

Infatti ๐‘“(0) = ๐‘“(0 + 0) = ๐‘“(0) + ๐‘“(0) โ‡’ ๐‘“(0) = 0.

DEFINIZIONE 2.4.2: Definiamo lโ€™applicazione trasposta: :.๐‘ก โ„ณ(๐‘, ๐‘ž, ๐•‚) โ†’ โ„ณ(๐‘ž, ๐‘,๐•‚)| [ ๐ด.

๐‘ก ]๐‘–๐‘— = [๐ด]๐‘—๐‘– โˆ€๐‘–, ๐‘—

DEFINIZIONE 2.4.3: Definiamo lโ€™applicazione traccia:

๐‘ก๐‘Ÿ:โ„ณ(๐‘›) โ†’ ๐•‚| ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด) =โˆ‘[๐ด]๐‘–๐‘–

๐‘›

๐‘–=1

DEFINIZIONE 2.4.4: Definiamo lโ€™applicazione valutazione in ๐‘Ž โˆˆ ๐•‚:

๐‘ฃ๐‘Ž: ๐•‚[๐‘ฅ] โ†’ ๐•‚| ๐‘ฃ๐‘Ž(๐‘(๐‘ฅ)) = ๐‘(๐‘Ž)

PROPOSIZIONE 2.4.1: Le seguenti applicazioni sono lineari:

1) lโ€™applicazione nulla 0: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š| ๐‘“(๐‘ฃ) = 0 โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰;

2) lโ€™applicazione identica;

3) lโ€™applicazione trasposta;

19

4) lโ€™applicazione traccia;

5) la valutazione;

6) le proiezioni indotte dalla scomposizione ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Š.

Dimostrazione:

Mostriamo che la 3) รจ lineare, per le altre il ragionamento รจ analogo.

โˆ€๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž,๐•‚), [ (๐ด + ๐ต).๐‘ก ]๐‘–๐‘— = [๐ด + ๐ต]๐‘—๐‘– = [๐ด]๐‘—๐‘– + [๐ต]๐‘—๐‘– = [ ๐ด.

๐‘ก ]๐‘–๐‘— + [ ๐ต.๐‘ก ]๐‘–๐‘—;

โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž,๐•‚), [ (๐›ผ๐ด).๐‘ก ]๐‘–๐‘— = [๐›ผ๐ด]๐‘—๐‘– = ๐›ผ[๐ด]๐‘—๐‘– = ๐›ผ[ ๐ด.

๐‘ก ]๐‘–๐‘—.

PROPOSIZIONE 2.4.2: โ„ณ(๐‘›,โ„) = ๐’ฎ(๐‘›,โ„) โŠ•๐’œ(๐‘›,โ„).

Dimostrazione:

Sia ๐ถ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„). Poniamo ๐‘† =๐ถ+ ๐ถ.

๐‘ก

2 e ๐ด =

๐ถโˆ’ ๐ถ.๐‘ก

2.

Vediamo che:

๐‘†.๐‘ก = (

๐ถ + ๐ถ.๐‘ก

2)

.

๐‘ก

=1

2( ๐ถ.๐‘ก + ๐ถ.

๐‘ก.

๐‘ก) =

1

2( ๐ถ.๐‘ก + ๐ถ) = ๐‘† โ‡’ ๐‘† โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„)

๐ด.๐‘ก = (

๐ถ โˆ’ ๐ถ.๐‘ก

2)

.

๐‘ก

=1

2( ๐ถ.๐‘ก โˆ’ ๐ถ.

๐‘ก.

๐‘ก) =

1

2( ๐ถ.๐‘ก โˆ’ ๐ถ) = โˆ’๐ด โ‡’ ๐ด โˆˆ ๐’œ(๐‘›,โ„)

๐‘† + ๐ด =๐ถ + ๐ถ.

๐‘ก

2+๐ถ โˆ’ ๐ถ.

๐‘ก

2= ๐ถ

Poichรฉ evidentemente ๐’ฎ(๐‘›, โ„) โˆฉ๐’œ(๐‘›,โ„) = {0}, ho la tesi.

PROPOSIZIONE 2.4.3: Lโ€™applicazione coniugio รจ โ„-lineare (ma non โ„‚-lineare).

Dimostrazione:

Sicuramente โˆ€๐‘ง,๐‘ค โˆˆ โ„‚, ๐‘ง + ๐‘ค = ๐‘ง + ๐‘ค; inoltre โˆ€๐›ผ โˆˆ โ„, โˆ€๐‘ง โˆˆ โ„‚, ๐›ผ๐‘ง = ๐›ผ๐‘ง, poichรฉ ๐›ผ = ๐›ผ.

Se invece prendiamo โ„‚ come campo di scalari, in generale ๐›ผ๐‘ง โ‰  ๐›ผ๐‘ง.

DEFINIZIONE 2.4.5: Sia ๐•‚ un campo. Definiamo la caratteristica ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) del campo:

se โˆ€๐‘› โˆˆ โ„•, ๐‘› โˆ™ 1 โ‰  0 โ‡’ ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) = 0;

se โˆƒ๐‘› โˆˆ โ„•| ๐‘› โˆ™ 1 = 0 โ‡’ ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) = min{๐‘ โˆˆ โ„•|๐‘ โˆ™ 1 = 0}. Osservazione: รˆ vero che โ„ณ(๐‘›,๐•‚) = ๐’ฎ(๐‘›,๐•‚) โŠ•๐’œ(๐‘›,๐•‚) per qualsiasi campo ๐•‚?

Vediamo che ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„) โˆฉ ๐’œ(๐‘›,โ„) โ‡” [๐ด]๐‘–๐‘— = โˆ’[๐ด]๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘— โ‡” 2[๐ด]๐‘–๐‘— = 0 โˆ€๐‘–, ๐‘—.

Questo implica ๐ด = 0 solamente se ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) โ‰  2.

In questo caso vediamo anche che ha senso dividere per 2 nella prima parte della dimostrazione,

dunque possiamo affermare che โ„ณ(๐‘›,๐•‚) = ๐’ฎ(๐‘›,๐•‚) โŠ•๐’œ(๐‘›, ๐•‚) โ‡” ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) โ‰  2.

Infatti prendiamo un campo ๐”ฝ2| ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐”ฝ2) = 2, ad esempio ๐”ฝ2 = {[0]2, [1]2}, dove [๐‘Ž]2 รจ la

classe di resto ๐‘Ž modulo 2:

([1]2 [1]2[1]2 [1]2

) + ([1]2 [1]2[1]2 [1]2

) = ([0]2 [0]2[0]2 [0]2

),

e ๐‘€ = ([1]2 [1]2[1]2 [1]2

) โˆˆ ๐’ฎ(2, ๐”ฝ2) โˆฉ ๐’œ(2, ๐”ฝ2) (poichรฉ [1]2 = โˆ’[1]2) e ๐‘€ โ‰  0.

DEFINIZIONE 2.4.6: Siano ๐‘‰,๐‘Š ๐•‚-spazi vettoriali. Allora definiamo lโ€™insieme degli

omomorfismi:

20

๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š) โ‰ {๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š| ๐‘“ รจ ๐‘™๐‘–๐‘›๐‘’๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘’} โŠ‚ โ„ฑ(๐‘‰,๐‘Š)

PROPOSIZIONE 2.4.4: ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š) รจ sottospazio vettoriale di โ„ฑ(๐‘‰,๐‘Š).

DEFINIZIONE 2.4.7: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š). Si definisce kernel (o nucleo) di ๐‘“: ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) โ‰ {๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰|๐‘“(๐‘ฅ) = 0}

PROPOSIZIONE 2.4.5: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š). Allora:

1) ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰;

2) ๐ผ๐‘š(๐‘“) รจ sottospazio vettoriale di ๐‘Š;

3) ๐‘“ รจ iniettiva โ‡” ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = {0}.

Dimostrazione:

1), 2) ovvie.

3) โ‡’) Sia ๐‘ฅ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“). Allora ๐‘“(๐‘ฅ) = 0 = ๐‘“(0), in quanto ๐‘“ รจ lineare. Ma ๐‘“ รจ iniettiva โ‡’ ๐‘ฅ = 0.

โ‡) Per dimostrare che ๐‘“ รจ iniettiva, dobbiamo mostrare che se ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘“(๐‘ฆ) โ‡’ ๐‘ฅ = ๐‘ฆ.

Prendiamo ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘“(๐‘ฆ). Allora per linearitร  ๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ฆ) = ๐‘“(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ) = 0, quindi

๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = {0}. Dunque ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ = 0 โ‡’ ๐‘ฅ = ๐‘ฆ.

DEFINIZIONE 2.4.8: Siano (๐‘Ž1โ€ฆ๐‘Ž๐‘›) โˆˆ โ„ณ(1, ๐‘›,๐•‚) e (๐‘1โ‹ฎ๐‘๐‘›

) โˆˆ โ„ณ(๐‘›, 1,๐•‚). Si definisce prodotto

fra la riga e la colonna:

(๐‘Ž1โ€ฆ๐‘Ž๐‘›) โˆ™ (๐‘1โ‹ฎ๐‘๐‘›

) โ‰ ๐‘Ž1๐‘1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘๐‘› =โˆ‘๐‘Ž๐‘–๐‘๐‘–

๐‘›

๐‘–=1

DEFINIZIONE 2.4.9: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›), ๐‘ฅ โˆˆ โ„ณ(๐‘›, 1). Si definisce prodotto fra la matrice e la

colonna:

๐ด โˆ™ ๐‘‹ = (

๐ด1โ‹ฎ๐ด๐‘) โˆ™ (๐‘‹) โ‰ (

๐ด1 โˆ™ ๐‘‹โ‹ฎ

๐ด๐‘ โˆ™ ๐‘‹) โˆˆ โ„ณ(๐‘, 1)

Osservazione: Possiamo notare che fare il prodotto fra la matrice e la colonna nel modo

illustrato sopra รจ equivalente a eseguire il prodotto:

๐‘‹ โˆ™ ๐ด = (

๐‘ฅ1โ‹ฎ๐‘ฅ๐‘›) โˆ™ (๐ด1 โ€ฆ ๐ด๐‘›) โ‰ ๐‘ฅ1๐ด

1+. . . +๐‘ฅ๐‘›๐ด๐‘›

Esempio: (1 0 21 โˆ’1 1

) โˆ™ (501) = (

1 โˆ™ 5 + 0 โˆ™ 0 + 2 โˆ™ 11 โˆ™ 5 โˆ’ 1 โˆ™ 0 + 1 โˆ™ 1

) = (76)

(501) โ‹… (

1 0 21 โˆ’1 1

) = 5 โˆ™ (11) + 0 โˆ™ (

0โˆ’1

) + 1 โˆ™ (21) = (

76).

Perciรฒ ๐ด โˆ™ (

๐‘ฅ1โ‹ฎ๐‘ฅ๐‘›) = ๐‘ฅ1๐ด

1+. . . +๐‘ฅ๐‘›๐ด๐‘› โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ด1, โ€ฆ , ๐ด๐‘›).

21

DEFINIZIONE 2.4.10: Definiamo spazio delle colonne di una matrice ๐ด

๐’ž(๐ด) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ด1, โ€ฆ , ๐ด๐‘›).

PROPOSIZIONE 2.4.6: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž,๐•‚). Allora lโ€™applicazione:

๐ฟ๐ด:๐•‚๐‘ž โ†’ ๐•‚๐‘

๐‘‹ โ†’ ๐ด โˆ™ ๐‘‹ รจ lineare.

Dimostrazione:

Sfruttando la definizione ๐ด โˆ™ ๐‘‹ = ๐‘ฅ1๐ด1+. . . +๐‘ฅ๐‘ž๐ด

๐‘ž, la dimostrazione รจ immediata.

Notazione: Fissiamo il campo ๐•‚๐‘ž. Denotiamo:

๐‘’1 = (

10โ‹ฎ0

) โˆˆ ๐•‚๐‘ž , โ€ฆ , ๐‘’๐‘ž = (

0โ‹ฎ01

) โˆˆ ๐•‚๐‘ž

Osservazione: ๐ฟ๐ด(๐‘’1) = ๐ด โˆ™ (

10โ‹ฎ0

) = ๐ด1, โ€ฆ , ๐ฟ๐ด(๐‘’๐‘ž) = ๐ด โˆ™ (

0โ‹ฎ01

) = ๐ด๐‘ž, quindi:

๐ด = (๐ด๐‘’1 โ€ฆ ๐ด๐‘’๐‘ž)

Esempio: Prendiamo ๐ด = (0 11 0

), ๐ฟ๐ด: โ„2 โ†’ โ„2| ๐ฟ๐ด (

๐‘ฅ๐‘ฆ) = (

0 11 0

) โˆ™ (๐‘ฅ๐‘ฆ) = (

๐‘ฆ๐‘ฅ).

Dunque ๐ด rappresenta la riflessione nel piano rispetto alla bisettrice del 1๐‘œ/3๐‘œ quadrante.

TEOREMA 2.4.7: Ogni applicazione lineare ๐•‚๐‘ž โ†’ ๐•‚๐‘ รจ indotta da una matrice, ossia

โˆ€๐‘”:๐•‚๐‘ž โ†’ ๐•‚๐‘ lineare โˆƒ! ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž,๐•‚) tale che ๐‘”(๐‘‹) = ๐ด โˆ™ ๐‘‹ โˆ€๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘ž.

Dimostrazione:

Grazie allโ€™osservazione precedente รจ chiaro che lโ€™unica matrice di questo tipo puรฒ essere solo:

๐ด = (๐‘”(๐‘’1) โ€ฆ ๐‘”(๐‘’๐‘ž))

poichรฉ per imposizione nel teorema ๐‘”(๐‘’1) = ๐ด โˆ™ ๐‘’1 = ๐ด1โ€ฆ

Verifichiamo che con una tale scelta ๐‘”(๐‘‹) = ๐ด โˆ™ ๐‘‹ โˆ€๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘ž:

๐ด โˆ™ ๐‘‹ = ๐‘ฅ1๐‘”(๐‘’1)+. . . +๐‘ฅ๐‘ž๐‘”(๐‘’๐‘ž) = (๐‘๐‘’๐‘Ÿ ๐‘™๐‘–๐‘›๐‘’๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘–๐‘กร ) = ๐‘”(๐‘ฅ1๐‘’1+. . . +๐‘ฅ๐‘ž๐‘’๐‘ž) = ๐‘” (

๐‘ฅ1โ‹ฎ๐‘ฅ๐‘ž) = ๐‘”(๐‘‹)

Esempio: Lโ€™applicazione ๐‘”:โ„2 โ†’ โ„3| ๐‘”(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = (๐‘ฆ, 2๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ, 5๐‘ฅ) รจ indotta dalla matrice:

๐ด = (๐‘”(๐‘’1) ๐‘”(๐‘’2)) = (0 12 โˆ’15 0

)

DEFINIZIONE 2.4.11: ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare si dice isomorfismo se รจ bigettiva.

PROPOSIZIONE 2.4.8: Lโ€™applicazione:

๐‘“:โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚) โ†’ ๐ป๐‘œ๐‘š(๐•‚๐‘›, ๐•‚๐‘)

๐ด โ†’ ๐ฟ๐ด รจ un isomorfismo.

Dimostrazione:

a. ๐‘“ รจ lineare:

22

โˆ€๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘› ๐ฟ๐ด+๐ต = (๐ด + ๐ต) โˆ™ ๐‘‹ = ๐‘ฅ1(๐ด + ๐ต)1+. . . +๐‘ฅ๐‘›(๐ด + ๐ต)๐‘› == ๐‘ฅ1(๐ด

1 + ๐ต1)+. . . +๐‘ฅ๐‘›(๐ด๐‘› + ๐ต๐‘›) = ๐ด โˆ™ ๐‘‹ + ๐ต โˆ™ ๐‘‹ = ๐ฟ๐ด(๐‘‹) + ๐ฟ๐ต(๐‘‹)

Analogamente per il prodotto per scalari.

b. ๐‘“ รจ surgettiva per il teorema precedente

c. ๐‘“ รจ iniettiva:

Sia ๐ด โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) โ‡’ ๐ฟ๐ด(๐‘‹) = 0 โˆ€๐‘‹ โ‡’ ๐ฟ๐ด(๐‘’๐‘–) = ๐ด โˆ™ ๐‘’๐‘– = ๐ด๐‘– = 0 โˆ€๐‘– โ‡’ ๐ด = 0 โ‡’ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = {0}. PROPOSIZIONE 2.4.9: Se ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š รจ un isomorfismo, allora ๐‘“โˆ’1:๐‘Š โ†’ ๐‘‰ รจ un isomorfismo.

Dimostrazione:

Sappiamo giร  che lโ€™inversa di una funzione bigettiva รจ bigettiva, dunque dobbiamo mostrare che

๐‘“โˆ’1 รจ lineare.

Siano ๐‘ค1, ๐‘ค2 โˆˆ ๐‘Š e sia ๐‘ฃ1 = ๐‘“โˆ’1(๐‘ค1), ๐‘ฃ2 = ๐‘“โˆ’1(๐‘ค2). Allora:

๐‘“โˆ’1(๐‘ค1 + ๐‘ค2) = ๐‘“โˆ’1(๐‘“(๐‘ฃ1) + ๐‘“(๐‘ฃ2)) = ๐‘“โˆ’1(๐‘“(๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2)) = ๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2 = ๐‘“โˆ’1(๐‘ค1) + ๐‘“โˆ’1(๐‘ค2)

Per il prodotto per scalari il ragionamento รจ analogo.

PROPOSIZIONE 2.4.10: Dati ๐‘‰,๐‘Š, ๐‘ ๐•‚-spazi vettoriali. Siano ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š e ๐‘”:๐‘Š โ†’ ๐‘ lineari.

Allora ๐‘” โˆ˜ ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘ รจ lineare.

Dimostrazione:

La verifica รจ immediata.

COROLLARIO 2.4.11: La composizione di isomorfismi รจ un isomorfismo.

DEFINIZIONE 2.4.12: Definiamo ๐บ๐ฟ(๐‘‰) = {๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰|๐‘“ รจ ๐‘–๐‘ ๐‘œ๐‘š๐‘œ๐‘Ÿ๐‘“๐‘–๐‘ ๐‘š๐‘œ}.

COROLLARIO 2.4.12: (๐บ๐ฟ(๐‘‰),โˆ˜) รจ un gruppo, detto gruppo lineare generale.

DEFINIZIONE 2.4.13: Siano ๐‘‰,๐‘Š ๐•‚-spazi vettoriali. ๐‘‰ e ๐‘Š si dicono isomorfi (si scrive ๐‘‰ โ‰… ๐‘Š)

se โˆƒ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š isomorfismo.

Osservazione: โ„ณ(๐‘, ๐‘ž,๐•‚) โ‰… ๐ป๐‘œ๐‘š(๐•‚๐‘ž , ๐•‚๐‘)

Osservazione: Lโ€™โ€œessere isomorfiโ€ รจ una relazione di equivalenza:

1) รจ riflessiva, poichรฉ sicuramente ๐‘‰ โ‰… ๐‘‰ tramite ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘๐‘‰;

2) รจ simmetrica, poichรฉ se ๐‘‰ โ‰… ๐‘Š tramite ๐‘“, allora ๐‘Š โ‰… ๐‘‰ tramite ๐‘“โˆ’1, che sappiamo essere un

isomorfismo;

3) รจ transitiva, poichรฉ se ๐‘‰ โ‰… ๐‘Š tramite ๐‘“ e ๐‘Š โ‰… ๐‘ tramite ๐‘”, ๐‘‰ โ‰… ๐‘ tramite ๐‘” โˆ˜ ๐‘“, che

sappiamo essere un isomorfismo.

DEFINIZIONE 2.4.14: Si definisce endomorfismo ogni applicazione ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰ lineare.

DEFINIZIONE 2.4.15: Si definisce spazio degli endomorfismi ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) = {๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰|๐‘“ รจ ๐‘™๐‘–๐‘›๐‘’๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘’}.

Osservazione: ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) = ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‰), dunque ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) รจ sottospazio di โ„ฑ(๐‘‰, ๐‘‰).

PROPOSIZIONE 2.4.13: (๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰),+,โˆ˜) รจ un anello.

23

Dimostrazione:

Lasciata al lettore.

DEFINIZIONE 2.4.16: Una quaterna (๐‘†, +,โˆ™,โˆ˜) si dice algebra se (๐‘†, +,โˆ™) รจ uno spazio vettoriale,

(๐‘†, +,โˆ˜) รจ un anello e (๐‘†,โˆ™,โˆ˜) ha la seguente proprietร : โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐‘† ๐›ผ(๐‘“ โˆ˜ ๐‘”) = (๐›ผ๐‘“) โˆ˜ ๐‘” = ๐‘“ โˆ˜ (๐›ผ๐‘”)

PROPOSIZIONE 2.4.14: (๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰),+,โˆ™,โˆ˜) รจ unโ€™algebra.

Dimostrazione:

Lโ€™ultima verifica รจ lasciata al lettore.

Osservazione: Date ๐‘“:๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚๐‘, ๐‘”:๐•‚๐‘ โ†’ ๐•‚๐‘ž lineari, sappiamo che:

โˆƒ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚)| ๐‘“(๐‘‹) = ๐ด โˆ™ ๐‘‹ โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐•‚๐‘›;

โˆƒ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘ž, ๐‘,๐•‚)| ๐‘”(๐‘‹) = ๐ต โˆ™ ๐‘‹ โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐•‚๐‘;

๐‘” โˆ˜ ๐‘“:๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚๐‘ž รจ lineare.

Quindi โˆƒ๐ถ โˆˆ โ„ณ(๐‘ž, ๐‘›,๐•‚)| (๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘‹) = ๐ถ โˆ™ ๐‘‹ โˆ€๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›.

Vediamo che ๐ถ๐‘– = (๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘’๐‘–) = ๐‘”(๐‘“(๐‘’๐‘–)) = ๐‘”(๐ด๐‘–) = ๐ต โˆ™ ๐ด๐‘– โˆ€๐‘–, perciรฒ: ๐ถ = (๐ต๐ด1 โ€ฆ ๐ต๐ด๐‘›)

DEFINIZIONE 2.4.17: Si definisce prodotto fra due matrici ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘ž, ๐‘) e ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›) la

matrice ๐ถ โˆˆ โ„ณ(๐‘ž, ๐‘›) tale che: ๐ถ = ๐ต โˆ™ ๐ด = (๐ต๐ด1 โ€ฆ ๐ต๐ด๐‘›)

ossia [๐ถ]๐‘—๐‘– = ๐ต๐‘— โˆ™ ๐ด๐‘–.

Questo prodotto viene chiamato prodotto righe per colonne.

PROPOSIZIONE 2.4.15: Valgono le seguenti proprietร  โˆ€๐ด, ๐ต, ๐ถ di formato opportuno:

1) (๐ด๐ต)๐ถ = ๐ด(๐ต๐ถ);

2) (๐œ†๐ด)๐ต = ๐œ†(๐ด๐ต) = ๐ด(๐œ†๐ต);

3) (๐ด + ๐ต)๐ถ = ๐ด๐ถ + ๐ต๐ถ;

4) ๐ด(๐ต + ๐ถ) = ๐ด๐ต + ๐ด๐ถ;

5) ๐ผ๐ด = ๐ด๐ผ = ๐ด, dove ๐ผ = (1 โ‹ฏ 0โ‹ฎ โ‹ฑ โ‹ฎ0 โ‹ฏ 1

) รจ la matrice identica.

Osservazioni: 1) Non ha senso parlare in generale di commutativitร  del prodotto fra matrici,

poichรฉ se ๐ด, ๐ต non sono quadrate, se posso eseguire ๐ด โˆ™ ๐ต non posso eseguire ๐ต โˆ™ ๐ด e viceversa.

2) Anche se in โ„ณ(๐‘›) ha senso parlare di commutativitร  del prodotto, in generale ๐ด๐ต โ‰  ๐ต๐ด:

(1 21 โˆ’1

) (2 31 0

) = (4 31 3

); (2 31 0

) (1 21 โˆ’1

) = (5 11 2

).

3) ๐ด๐ต = 0 โ‡ ๐ด = 0 โˆจ ๐ต = 0:

(1 10 0

) (2 1โˆ’2 โˆ’1

) = (0 00 0

)

Questo significa che โ„ณ(๐‘›) non รจ un campo, quindi vuol dire che esistono matrici che non

hanno unโ€™inversa:

(1 10 0

) (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

) = (๐‘Ž + ๐‘ ๐‘ + ๐‘‘0 0

) โ‰  ๐ผ โˆ€ (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

)

4) ๐ด๐‘› = 0 โ‡ ๐ด = 0:

24

๐ด = (0 10 0

) , ๐ด2 = (0 00 0

)

DEFINIZIONE 2.4.18: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›) si dice nilpotente se โˆƒ๐‘  โˆˆ โ„•| ๐ด๐‘  = 0.

PROPOSIZIONE 2.4.16: 1) (๐ด๐ต).๐‘ก = ๐ต.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก โˆ€๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›)

2) โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›), โˆ€๐‘† โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›), ๐ด.๐‘ก ๐‘†๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›)

3) ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด๐ต) = ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ต๐ด) โˆ€๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›).

Dimostrazione:

1) [ (๐ด๐ต).๐‘ก ]๐‘–๐‘— = [๐ด๐ต]๐‘—๐‘– = ๐ด๐‘—๐ต

๐‘– = โˆ‘ [๐ด]๐‘—๐‘˜[๐ต]๐‘˜๐‘–๐‘›๐‘˜=1 ;

[ ๐ต.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ]๐‘–๐‘— = ( ๐ต.๐‘ก )๐‘–( ๐ด.

๐‘ก )๐‘— = ๐ต๐‘–๐ด๐‘— = โˆ‘ [๐ต]๐‘˜๐‘–[๐ด]๐‘—๐‘˜๐‘›๐‘˜=1 .

Dunque [ (๐ด๐ต).๐‘ก ]๐‘–๐‘— = [ ๐ต.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก ]๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘— โ‡’ (๐ด๐ต).

๐‘ก = ๐ต.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก .

2) Dimostriamo che ( ๐ด.๐‘ก ๐‘†๐ด.

๐‘ก ) = ๐ด.๐‘ก ๐‘†๐ด:

( ๐ด.๐‘ก ๐‘†๐ด.

๐‘ก ) = (๐‘†๐ด.๐‘ก ) โˆ™ ๐ด.

๐‘ก.

๐‘ก= ๐ด.

๐‘ก ๐‘†.๐‘ก ๐ด = ๐ด.

๐‘ก ๐‘†๐ด.

3) ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด๐ต) = โˆ‘ ๐ด๐‘˜๐ต๐‘˜๐‘›

๐‘˜=1 = โˆ‘ โˆ‘ [๐ด]๐‘˜๐‘ [๐ต]๐‘ ๐‘˜๐‘›๐‘ =1

๐‘›๐‘˜=1

๐‘ก๐‘Ÿ(๐ต๐ด) = โˆ‘ ๐ต๐‘˜๐ด๐‘˜๐‘›

๐‘˜=1 = โˆ‘ โˆ‘ [๐ต]๐‘˜๐‘ [๐ด]๐‘ ๐‘˜๐‘›๐‘ =1

๐‘›๐‘˜=1 ,

che sono uguali perchรฉ ogni elemento della prima sta nella seconda con ๐‘ , ๐‘˜ scambiati.

DEFINIZIONE 2.4.19: Definiamo ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚) = {๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚)|๐ด รจ ๐‘ข๐‘› ๐‘–๐‘ ๐‘œ๐‘š๐‘œ๐‘Ÿ๐‘“๐‘–๐‘ ๐‘š๐‘œ ๐‘‘๐‘– ๐•‚๐‘›}.

Osservazione: So che โˆ€๐ด, ๐ต โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), ๐ด โˆ™ ๐ต โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), poichรฉ ho definito il prodotto fra

matrici come composizione di ๐ด e ๐ต.

So anche che la composizione di isomorfismi รจ un isomorfismo, perciรฒ โˆ™ รจ unโ€™operazione in

๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚).

PROPOSIZIONE 2.4.17: (๐บ๐ฟ(๐‘›, ๐•‚),โˆ™) รจ un gruppo, detto gruppo lineare generale in ๐•‚.

Dimostrazione:

Il prodotto fra matrici รจ associativo in โ„ณ(๐‘›,๐•‚) โŠƒ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), dunque lo รจ anche in ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚);

๐ผ๐‘› โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚);

โˆ€๐ด โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), โˆƒ๐ดโˆ’1| ๐ดโˆ’1 โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), poichรฉ ho giร  dimostrato che lโ€™inversa di un

isomorfismo esiste ed รจ un isomorfismo.

PROPOSIZIONE 2.4.18: 1) โˆ€๐ด โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), allora ๐ด.๐‘ก โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚) e ( ๐ด.

๐‘ก )โˆ’1 = (๐ดโˆ’1).๐‘ก ;

2) Se ๐ด, ๐ต โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›, ๐•‚), allora (๐ด๐ต)โˆ’1 = ๐ตโˆ’1๐ดโˆ’1;

3) Se ๐ด โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) e ๐ด๐ต = ๐ผ โ‡’ ๐ต๐ด = ๐ผ.

Dimostrazione:

1) (๐ดโˆ’1) ๐ด.๐‘ก

.๐‘ก = (๐ด๐ดโˆ’1).

๐‘ก = ๐ผ.๐‘ก = ๐ผ;

๐ด (๐ดโˆ’1).๐‘ก

.๐‘ก = (๐ดโˆ’1๐ด).

๐‘ก = ๐ผ.๐‘ก = ๐ผ,

dunque ๐ด.๐‘ก ha unโ€™inversa destra che รจ anche unโ€™inversa sinistra, dunque ๐ด.

๐‘ก โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚).

2) (๐ตโˆ’1๐ดโˆ’1)๐ด๐ต = ๐ตโˆ’1๐ผ๐ต = ๐ตโˆ’1๐ต = ๐ผ;

๐ด๐ต(๐ตโˆ’1๐ดโˆ’1) = ๐ดโˆ’1๐ผ๐ด = ๐ดโˆ’1๐ด = ๐ผ.

Perciรฒ (๐ด๐ต)โˆ’1 = ๐ตโˆ’1๐ดโˆ’1.

3) ๐ด รจ bigettiva e ๐ต inversa sinistra di ๐ด, quindi ๐ต รจ anche inversa destra, cioรจ ๐ต๐ด = ๐ผ.

25

Osservazione: Siano ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚), ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›, ๐‘ž,๐•‚), e siano ๐‘1๐‘2, ๐‘›1, ๐‘›2, ๐‘ž1, ๐‘ž2 tali che

๐‘ = ๐‘1 + ๐‘2, ๐‘› = ๐‘›1 + ๐‘›2, ๐‘ž = ๐‘ž1 + ๐‘ž2.

Allora osserviamo che il prodotto fra matrici puรฒ essere fatto a blocchi:

๐ด = (๐ด1 ๐ด2๐ด3โŸ๐‘›1

๐ด4โŸ๐‘›2

) }๐‘1}๐‘2๐‘

, ๐ต = (๐ต1 ๐ต2๐ต3โŸ๐‘ž1

๐ต4โŸ๐‘ž2

) }๐‘›1}๐‘›2๐‘

โ‡’ ๐ด โˆ™ ๐ต = (๐ด1๐ต1 + ๐ด2๐ต3 ๐ด1๐ต2 + ๐ด2๐ต4๐ด3๐ต1 + ๐ด4๐ต3โŸ

๐‘ž1 ๐‘๐‘œ๐‘™๐‘œ๐‘›๐‘›๐‘’

๐ด3๐ต2 + ๐ด4๐ต4โŸ ๐‘ž2 ๐‘๐‘œ๐‘™๐‘œ๐‘›๐‘›๐‘’

) }๐‘1 ๐‘Ÿ๐‘–๐‘”โ„Ž๐‘’

}๐‘2 ๐‘Ÿ๐‘–๐‘”โ„Ž๐‘’๐‘

.

Il lettore puรฒ verificare per esercizio che il prodotto cosรฌ definito coincide con il prodotto

definito precedentemente.

2.5 SISTEMI LINEARI

DEFINIZIONE 2.5.1: Definiamo sistema lineare di ๐‘ equazioni in ๐‘› incognite:

{

๐‘Ž11๐‘ฅ1+. . . +๐‘Ž1๐‘›๐‘ฅ๐‘› = ๐‘1โ‹ฎ

๐‘Ž๐‘1๐‘ฅ1+. . . +๐‘Ž๐‘๐‘›๐‘ฅ๐‘› = ๐‘๐‘

.

Osservazione: Un sistema lineare si puรฒ scrivere nella forma ๐ด๐‘‹ = ๐ต, dove:

๐ด = (

๐‘Ž11 โ€ฆ ๐‘Ž1๐‘›โ‹ฎ โ‹ฑ โ‹ฎ๐‘Ž๐‘1 โ€ฆ ๐‘Ž๐‘๐‘›

) โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚),

๐‘‹ = (

๐‘ฅ1โ‹ฎ๐‘ฅ๐‘›) โˆˆ ๐•‚๐‘›; ๐ต = (

๐‘1โ‹ฎ๐‘๐‘

) โˆˆ ๐•‚๐‘.

Quindi ๐‘Œ = (

๐‘ฆ1โ‹ฎ๐‘ฆ๐‘›) รจ soluzione del sistema โ‡” ๐ด๐‘Œ = ๐ต.

DEFINIZIONE 2.5.2: Se ๐ต = 0, il sistema si dice omogeneo.

Osservazione: I sistemi omogenei ammettono sempre 0 โˆˆ ๐•‚๐‘› come soluzione.

DEFINIZIONE 2.5.3: Risolvere il sistema ๐ด๐‘‹ = ๐ต significa trovare tutte le soluzioni del sistema.

Osservazione: ๐ด๐‘‹ = ๐ต รจ risolubile โ‡” ๐ต โˆˆ ๐ผ๐‘š(๐ด).

Notazione: Denotiamo lโ€™insieme delle soluzioni del sistema ๐ด๐‘‹ = ๐ต con:

๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐ด๐‘‹ = ๐ต}.

Osservazione: ๐‘†๐‘œ๐‘™0 = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐ด๐‘‹ = 0} = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด), dunque ๐‘†๐‘œ๐‘™0 รจ un sottospazio vettoriale di

๐•‚๐‘› (mentre ๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต non lo รจ perchรฉ non contiene 0).

DEFINIZIONE 2.5.4: Definiamo sistema omogeneo associato al sistema ๐ด๐‘‹ = ๐ต il sistema

๐ด๐‘‹ = 0.

PROPOSIZIONE 2.5.1: Sia ๐‘ฆ๐ต una qualsiasi soluzione di ๐ด๐‘‹ = ๐ต. Allora:

26

๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต = ๐‘ฆ๐ต + ๐‘†๐‘œ๐‘™0 โ‰ {๐‘ฆ๐ต + ๐‘‹|๐‘‹ โˆˆ ๐‘†๐‘œ๐‘™0}.

Dimostrazione:

โŠ‡) Sia ๐‘‹ โˆˆ ๐‘†๐‘œ๐‘™0. Devo verificare che ๐‘ฆ๐ต + ๐‘‹ โˆˆ ๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต: ๐‘ฆ๐ต + ๐‘‹ โˆˆ ๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต โ‡” ๐ด(๐‘ฆ๐ต + ๐‘‹) = ๐ต e ๐ด(๐‘ฆ๐ต + ๐‘‹) = ๐ด๐‘ฆ๐ต + ๐ด๐‘‹ = ๐ต + 0 = ๐ต โŠ†) Sia ๐‘‹ โˆˆ ๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต. Poichรฉ ๐‘‹ = ๐‘ฆ๐ต + (๐‘‹ โˆ’ ๐‘ฆ๐ต), verifico che ๐‘‹ โˆ’ ๐‘ฆ๐ต โˆˆ ๐‘†๐‘œ๐‘™0.

Infatti ๐ด(๐‘‹ โˆ’ ๐‘ฆ๐ต) = ๐ด๐‘‹ โˆ’ ๐ด๐‘ฆ๐ต = ๐ต โˆ’ ๐ต = 0.

DEFINIZIONE 2.5.5: Due sistemi lineari si dicono equivalenti se hanno esattamente le stesse

soluzioni.

DEFINIZIONE 2.5.6: Definiamo operazioni elementari sul sistema le seguenti operazioni:

1๐‘œ tipo: Scambiare due equazioni;

2๐‘œ tipo: Moltiplicare unโ€™equazione per uno scalare โ‰  0;

3๐‘œ tipo: Sostituire unโ€™equazione con quella ottenuta sommando ad essa un multiplo di unโ€™altra

equazione.

Osservazione: In notazione matriciale, ciรฒ corrisponde ad eseguire sulla matrice ๐ดโ€ฒ = (๐ด โ‹ฎ ๐ต),

detta matrice completa del sistema, una delle seguenti operazioni elementari per riga:

1๐‘œ tipo: Scambiare due righe;

2๐‘œ tipo: Moltiplicare una riga per uno scalare โ‰  0;

3๐‘œ tipo: Aggiungere ad una riga un multiplo di unโ€™altra riga.

Tutte queste operazioni non modificano lโ€™insieme delle soluzioni del sistema.

Esempio: {๐‘ฅ1 โˆ’ ๐‘ฅ2 + 2๐‘ฅ3 โˆ’ ๐‘ฅ4 = 1 2๐‘ฅ1 โˆ’ 2๐‘ฅ2 + 5๐‘ฅ3 + ๐‘ฅ4 = 3

.

๐ดโ€ฒ = (12

โˆ’1โˆ’2

25

โˆ’11 โ‹ฎโ‹ฎ 13)๐ด2โ†’๐ด2โˆ’2๐ด1โ†’ (

10

โˆ’10

21

โˆ’13 โ‹ฎโ‹ฎ 11)

Perciรฒ ๐‘ฅ3 = โˆ’3๐‘ฅ4 + 1.

Sostituendo nellโ€™altra equazione: ๐‘ฅ1 โˆ’ ๐‘ฅ2 + 2(โˆ’3๐‘ฅ4 + 1) โˆ’ ๐‘ฅ4 = 1 โ‡’ ๐‘ฅ1 โˆ’ ๐‘ฅ2 โˆ’ 7๐‘ฅ4 = โˆ’1 โ‡’ ๐‘ฅ1 = ๐‘ฅ2 + 7๐‘ฅ4 โˆ’ 1. Quindi:

๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต = {(

๐‘ฅ2 + 7๐‘ฅ4 โˆ’ 1๐‘ฅ2

โˆ’3๐‘ฅ4 + 1๐‘ฅ4

) | ๐‘ฅ2, ๐‘ฅ4 โˆˆ โ„} = {(

โˆ’1010

) + ๐‘ฅ2 (

1100

) + ๐‘ฅ4 (

70โˆ’31

) | ๐‘ฅ2, ๐‘ฅ4 โˆˆ โ„}

Osservazione: Il termine (

โˆ’1010

) non รจ altro che una soluzione ๐‘ฆ๐ต del sistema (nel caso ๐‘ฅ2 =

๐‘ฅ4 = 0), mentre il termine ๐‘ฅ2 (

1100

) + ๐‘ฅ4 (

70โˆ’31

) รจ la soluzione generale del sistema omogeneo

associato, perciรฒ:

27

๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต = (

โˆ’1010

) + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›

(

(

1100

) , (

70โˆ’31

)

)

โŸ =๐‘†๐‘œ๐‘™0

Osservazione: Un sistema del tipo:

{

๐‘Ž11๐‘ฅ1 + ๐‘Ž12๐‘ฅ2 + ๐‘Ž13๐‘ฅ3 + ๐‘Ž14๐‘ฅ4. . . +๐‘Ž1๐‘›๐‘ฅ๐‘› = ๐‘1 ๐‘Ž2๐‘—2๐‘ฅ๐‘—2 + ๐‘Ž2(๐‘—2+1)๐‘ฅ(๐‘—2+1)+. . . +๐‘Ž2๐‘›๐‘ฅ๐‘› = ๐‘2

โ‹ฎ ๐‘Ž๐‘๐‘—๐‘๐‘ฅ๐‘—๐‘+. . . +๐‘Ž๐‘๐‘›๐‘ฅ๐‘๐‘› = ๐‘๐‘

con ๐‘Ž11 โ‰  0, ๐‘Ž2๐‘—2 โ‰  0,โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘๐‘—๐‘ โ‰  0, cioรจ se in una riga sono nulli i coefficienti di ๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘˜, nella

successiva sono nulli almeno quelli di ๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘˜, ๐‘ฅ๐‘˜+1, รจ facilmente risolubile.

Infatti ricavo ๐‘ฅ๐‘—๐‘ nellโ€™ultima equazione (poichรฉ ๐‘Ž๐‘๐‘˜ โ‰  0), poi ๐‘ฅ๐‘—๐‘โˆ’1 dalla penultima e cosรฌ via

fino a ๐‘ฅ1 dalla prima equazione, tutti in funzione dei ๐‘ฅ๐‘– con ๐‘– โ‰  1, ๐‘—1, โ€ฆ , ๐‘—๐‘.

DEFINIZIONE 2.5.7: Una matrice ๐ด del tipo:

๐ด =

(

0โ€ฆ0 | ๐‘1โ€ฆโ€ฆ

0โ€ฆ0 0 โ€ฆ0 | ๐‘2โ€ฆ

| โ‹ฑ

0โ€ฆ0 0โ€ฆ0 0โ€ฆ0 |๐‘๐‘Ÿโ€ฆ

0โ€ฆ โ€ฆ 0)

cioรจ in cui se nella ๐‘›-esima riga ci sono ๐‘˜ zeri iniziali, nella (๐‘› + 1)-esima ce ne sono almeno

๐‘˜ + 1, viene detta a scalini.

Il primo termine โ‰  0 di ogni riga viene detto pivot.

Osservazione: Se ๐ดโ€ฒ = (๐ด โ‹ฎ ๐ต) รจ a scalini, il sistema ๐ด๐‘‹ = ๐ต รจ risolubile โ‡” la colonna ๐ต non

contiene nessun pivot.

In tal caso, se i pivots sono contenuti nelle colonne ๐ด๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘—๐‘Ÿ, ricavo le incognite ๐‘ฅ๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘—๐‘Ÿ in

funzione delle altre.

ALGORITMO DI GAUSS:

Data una ๐‘€ โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž), lโ€™algoritmo trasforma ๐‘€ in una matrice a scalini attraverso un numero

finito di operazioni elementari per riga.

Sia ๐‘€๐‘—1 la prima colonna da sinistra non nulla.

A meno di scambi di riga, posso supporre [๐‘€]1,๐‘—1 โ‰  0.

Per ๐‘– = 2,โ€ฆ , ๐‘ sostituisco la riga ๐‘€๐‘– con la riga ๐‘€๐‘– โˆ’ [๐‘€]๐‘–,๐‘—1 โˆ™ ([๐‘€]1,๐‘—1)โˆ’1

โˆ™ ๐‘€1 (cioรจ rendo

[๐‘€]๐‘–,๐‘—1 = 0).

Ottengo:

๏ฟฝ๏ฟฝ = (0 |

[๐‘€]1,๐‘—10โ‹ฎ0

| โˆ—)

Considero in ๏ฟฝ๏ฟฝ la sottomatrice ottenuta eliminando la prima riga e le prime ๐‘—1 colonne.

Itero il procedimento.

28

Termino quando ho trattato tutte le righe o quando restano solo righe nulle.

TEOREMA DI GAUSS: Ogni sistema lineare ๐ด๐‘‹ = ๐ต รจ equivalente ad un altro sistema lineare

๐‘†๐‘‹ = ๐‘‡, dove ๐‘†โ€ฒ = (๐‘† โ‹ฎ ๐‘‡) รจ a scalini.

Il sistema ๐ด๐‘‹ = ๐ต รจ risolubile โ‡” le matrici ๐‘† e ๐‘†โ€ฒ hanno lo stesso numero di pivots (cioรจ se ๐‘‡

non contiene pivots).

Osservazione: La riduzione a scalini di una matrice non รจ unica.

DEFINIZIONE 2.5.8: Definiamo forma parametrica di un sottospazio di ๐•‚๐‘›

๐‘Š = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘) = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|โˆƒ๐‘ก1, . . , ๐‘ก๐‘ โˆˆ ๐•‚ ๐‘ก. ๐‘. ๐‘ฅ = ๐‘ก1๐‘ค1+. . . +๐‘ก๐‘๐‘ค๐‘} la scrittura:

๐‘Š = ๐ผ๐‘š(๐ด) dove ๐ด:๐•‚๐‘ โ†’ ๐•‚๐‘› รจ la matrice:

๐ด = (๐‘ค1 |โ€ฆ | ๐‘ค๐‘)

con i vettori ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘ per colonne.

DEFINIZIONE 2.5.9: Definiamo forma cartesiana di un sottospazio ๐‘Š di ๐•‚๐‘› la scrittura: ๐‘Š = {๐‘‹|๐ต๐‘‹ = 0} = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ต)

con โ„ณ(๐‘ž, ๐‘›) โˆ‹ ๐ต:๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚๐‘ž.

Le equazioni del sistema ๐ต๐‘‹ = 0 si dicono equazioni cartesiane di ๐‘Š.

Osservazione: โ— Si passa dalle equazioni cartesiane ๐ต๐‘‹ = 0 alla forma parametrica risolvendo il

sistema ๐ต๐‘‹ = 0.

Per passare dalla forma parametrica alla forma cartesiana, si costruisce il sistema (๐ด โ‹ฎ ๐‘‹),

dove ๐ด รจ tale che ๐‘Š = ๐ผ๐‘š(๐ด) e ๐‘‹ = (

๐‘ฅ1โ‹ฎ๐‘ฅ๐‘›).

Si porta il sistema (๐ด โ‹ฎ ๐‘‹) nella forma a scalini (๐‘† โ‹ฎ ๐‘‹โ€ฒ), dove ๐‘‹โ€ฒ = (๐‘ฅ1โ€ฒโ‹ฎ๐‘ฅ๐‘›โ€ฒ

), e, dette ๐‘†๐‘˜1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘˜๐‘Ÿ

le righe con pivot di ๐‘†, poniamo ๐‘ฅ๐‘–โ€ฒ = 0 โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘˜1, โ€ฆ , ๐‘˜๐‘Ÿ (ottenendo quindi un sistema con

๐‘› โˆ’ ๐‘Ÿ equazioni).

Esempio: Sia ๐‘Š โŠ‚ โ„3 il sottospazio vettoriale {๐‘ฅ = ๐‘ก ๐‘ฆ = ๐‘ก + ๐‘  ๐‘ง = 3๐‘ก + 2๐‘ 

, ossia ๐‘Š = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›((113) , (

012)).

Perciรฒ ๐‘‹ = (๐‘ฅ๐‘ฆ๐‘ง) โˆˆ ๐‘Š โ‡” โˆƒ๐‘ก, ๐‘  โˆˆ โ„| {

๐‘ก = ๐‘ฅ ๐‘ก + ๐‘  = ๐‘ฆ 3๐‘ก + 2๐‘  = ๐‘ง

โ‡” il sistema (113 012 โ‹ฎโ‹ฎโ‹ฎ ๐‘ฅ๐‘ฆ๐‘ง) ha soluzione โ‡”

(100 012 โ‹ฎโ‹ฎโ‹ฎ

๐‘ฅ๐‘ฆ โˆ’ ๐‘ฅ๐‘ง โˆ’ 3๐‘ฅ

) ha soluzione โ‡” (100 010 โ‹ฎโ‹ฎโ‹ฎ

๐‘ฅ๐‘ฆ โˆ’ ๐‘ฅ

๐‘ง โˆ’ ๐‘ฅ โˆ’ 2๐‘ฆ) ha soluzione โ‡” ๐‘ง โˆ’ ๐‘ฅ โˆ’ 2๐‘ฆ = 0.

Quindi la forma cartesiana per ๐‘Š รจ: ๐‘Š = {๐‘ฅ + 2๐‘ฆ โˆ’ ๐‘ง = 0} = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ต)

dove ๐ต = (1 2 โˆ’1).

29

DEFINIZIONE 2.5.10: Sia ๐‘‰ uno spazio vettoriale e ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰. Si definisce traslazione di ๐‘ฃ

lโ€™applicazione:

๐œ๐‘ฃ: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰| ๐œ๐‘ฃ(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ + ๐‘ฃ.

PROPOSIZIONE 2.5.2: 1) โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐œ๐‘ฃ รจ bigettiva;

2) โˆ€๐‘ฃ,๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐œ๐‘ฃ+๐‘ค = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œ๐‘ค = ๐œ๐‘ค โˆ˜ ๐œ๐‘ฃ;

3) โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, (๐œ๐‘ฃ)โˆ’1 = ๐œโˆ’๐‘ฃ.

Dimostrazione:

1) ๐œ๐‘ฃ รจ iniettiva, poichรฉ se ๐‘ฅ โ‰  ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, ๐œ๐‘ฃ(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ + ๐‘ฃ โ‰  ๐‘ฆ + ๐‘ฃ = ๐œ๐‘ฃ(๐‘ฆ);

๐œ๐‘ฃ รจ surgettiva, poichรฉ โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, โˆƒ๐‘“โˆ’1(๐‘ฅ) โˆˆ ๐‘‰| ๐‘“โˆ’1(๐‘ฅ) + ๐‘ฃ = ๐‘ฅ.

2) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰:

๐œ๐‘ฃ+๐‘ค(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ + ๐‘ฃ + ๐‘ค;

(๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œ๐‘ค)(๐‘ฅ) = ๐œ๐‘ฃ(๐œ๐‘ค(๐‘ฅ)) = ๐œ๐‘ฃ(๐‘ฅ + ๐‘ค) = ๐‘ฅ + ๐‘ฃ + ๐‘ค;

(๐œ๐‘ค โˆ˜ ๐œ๐‘ฃ)(๐‘ฅ) = ๐œ๐‘ค(๐œ๐‘ฃ(๐‘ฅ)) = ๐œ๐‘ค(๐‘ฅ + ๐‘ฃ) = ๐‘ฅ + ๐‘ฃ + ๐‘ค.

3) (๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œโˆ’๐‘ฃ)(๐‘ฅ) = ๐œ๐‘ฃ(๐œโˆ’๐‘ฃ(๐‘ฅ)) = ๐œ๐‘ฃ(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฃ) = ๐‘ฅ โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰.

Quindi le traslazioni di ๐‘‰ formano un gruppo abeliano.

DEFINIZIONE 2.5.11: Sia ๐‘Š un sottospazio vettoriale di ๐‘‰ e ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰. Si definisce sottospazio

affine di ๐‘‰ con giacitura ๐‘Š lโ€™immagine di ๐œ๐‘ฃ, cioรจ: ๐ป = ๐œ๐‘ฃ(๐‘Š) = {๐‘ฃ + ๐‘ค|๐‘ค โˆˆ ๐‘Š}

Esempi: 1) Sia dato il sistema ๐ด๐‘‹ = ๐ต, con ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚).

๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต = ๐‘ฆ0 + ๐‘†๐‘œ๐‘™0, quindi ๐‘†๐‘œ๐‘™๐ต รจ sottospazio affine di ๐•‚๐‘›;

2) Ogni retta ๐‘Ÿ di โ„3 รจ un sottospazio affine con giacitura la retta ๐‘Ÿ0//๐‘Ÿ e passante per lโ€™origine.

Se ๐‘ƒ0 โˆˆ ๐‘Ÿ, ๐‘Ÿ = ๐œ๐‘ƒ0(๐‘Ÿ0);

se ๐‘Ÿ0 = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ0), ๐‘Ÿ = {๐‘‹ โˆˆ โ„3|๐‘‹ = ๐‘ƒ0 + ๐‘ก๐‘ฃ0, ๐‘ก โˆˆ โ„}.

Graficamente:

Possiamo rappresentare un sottospazio affine di ๐•‚๐‘› in forma parametrica e cartesiana:

Sia ๐‘Š sottospazio vettoriale di ๐•‚๐‘› e sia ๐ป = ๐‘ƒ0 +๐‘Š.

Per la forma parametrica, scrivo ๐‘Š = ๐ผ๐‘š(๐ด) = {๐ด๐‘Œ|๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘}.

Allora ๐ป = {๐ด๐‘Œ + ๐‘ƒ0|๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘}.

Per la forma cartesiana, scrivo ๐‘Š = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ต) = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐ต๐‘‹ = 0}.

30

Allora: ๐ป = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐‘‹ = ๐‘Œ + ๐‘ƒ0, ๐‘Œ โˆˆ ๐‘Š} = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐‘‹ โˆ’ ๐‘ƒ0 โˆˆ ๐‘Š} = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐ต(๐‘‹ โˆ’ ๐‘ƒ0) = 0} =

= {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐ต๐‘‹ = ๐ต๐‘ƒ0} Si passa da una rappresentazione allโ€™altra in modo analogo al caso vettoriale.

2.6 BASI E DIMENSIONE

DEFINIZIONE 2.6.1: Uno spazio vettoriale ๐‘‰ si dice finitamente generato se โˆƒ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘‰|

โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ โˆƒ๐›ผ1, โ€ฆ , ๐›ผ๐‘› โˆˆ ๐•‚| ๐‘ฃ = ๐›ผ1๐‘ฃ1+. . . +๐›ผ๐‘›๐‘ฃ๐‘›, ossia ๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›).

In tal caso, ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono detti generatori di ๐‘‰.

Esempio: ๐‘’1 = (

10โ‹ฎ0

) ,โ€ฆ , ๐‘’๐‘› = (

0โ‹ฎ01

) generano ๐•‚๐‘›.

Osservazione: ๐•‚[๐‘ฅ] non รจ finitamente generato, poichรฉ se per assurdo ๐•‚[๐‘ฅ] = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(1, ๐‘ฅ, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘Ž),

con ๐‘Ž โˆˆ โ„•, non si potrebbero rappresentare i polinomi di grado > ๐‘Ž.

DEFINIZIONE 2.6.2: ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘‰ sono detti linearmente indipendenti se

๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘› = 0 โ‡’ ๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘› = 0.

Altrimenti sono detti linearmente dipendenti.

Esempio: ๐‘’1, โ€ฆ , ๐‘’๐‘› โˆˆ ๐•‚๐‘› sono linearmente indipendenti, infatti:

๐‘Ž1๐‘’1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘’๐‘› = 0 โ‡’ (

๐‘Ž1โ‹ฎ๐‘Ž๐‘›) = 0 โ‡’ ๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘› = 0.

Osservazione: ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ รจ linearmente indipendente โ‡” ๐‘ฃ โ‰  0.

Osservazione: Se uno fra i vettori ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› รจ nullo, allora ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente dipendenti.

Infatti, se ad esempio ๐‘ฃ1 = 0:

๐‘Ž๐‘ฃ1 + 0๐‘ฃ2+. . . +0๐‘ฃ๐‘› = 0 โ‡ ๐‘Ž = 0.

PROPOSIZIONE 2.6.1: Sia ๐‘› โ‰ฅ 2. I vettori ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente dipendenti โ‡” almeno

uno di essi si puรฒ esprimere come combinazione lineare degli altri.

Dimostrazione:

โ‡’): Per ipotesi โˆƒ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› non tutti nulli | ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘› = 0.

Se ๐‘Ž1 โ‰  0, allora ๐‘ฃ1 = โˆ’๐‘Ž1โˆ’1(๐‘Ž2๐‘ฃ2+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›), tesi.

โ‡): Se ๐‘ฃ1 = ๐‘Ž2๐‘ฃ2+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›, allora ๐‘ฃ1 โˆ’ ๐‘Ž2๐‘ฃ2โˆ’. . . โˆ’๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘› = 0, da cui la tesi.

Osservazione: Se ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente indipendenti e ๐‘˜ โ‰ค ๐‘›, allora ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ sono

linearmente indipendenti.

31

PROPOSIZIONE 2.6.2: Se ๐‘ฃ๐‘š โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘šโˆ’1), allora

๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘š) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘šโˆ’1).

Dimostrazione:

โŠ†) Se ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘š) โ‡’ ๐‘ฃ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘š๐‘ฃ๐‘š = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘šโˆ’1๐‘ฃ๐‘šโˆ’1 + ๐‘Ž๐‘š(๐‘1๐‘ฃ1 +โ‹ฏ+

๐‘๐‘šโˆ’1๐‘ฃ๐‘šโˆ’1) = (๐‘Ž1 + ๐‘Ž๐‘š๐‘1)๐‘ฃ1+. . . +(๐‘Ž๐‘šโˆ’1 + ๐‘Ž๐‘š๐‘๐‘šโˆ’1)๐‘ฃ๐‘šโˆ’1 โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘šโˆ’1).

โŠ‡) Se ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘šโˆ’1) โ‡’ ๐‘ฃ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘šโˆ’1๐‘ฃ๐‘šโˆ’1 = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘šโˆ’1๐‘ฃ๐‘šโˆ’1 + 0๐‘ฃ๐‘š,

quindi ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘š).

DEFINIZIONE 2.6.3: Un insieme ordinato {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di vettori di ๐‘‰ รจ detto base di ๐‘‰ se

๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente indipendenti e generano ๐‘‰.

Esempio: {๐‘’1, โ€ฆ , ๐‘’๐‘›} รจ una base di ๐•‚๐‘›, detta base canonica.

PROPOSIZIONE 2.6.3: Se โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ una base di ๐‘‰, allora ogni ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ puรฒ essere scritto

in modo unico come combinazione lineare dei ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›.

Dimostrazione:

Poichรฉ i ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono generatori, allora ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›), dunque supponiamo:

๐‘ฃ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›;

๐‘ฃ = ๐‘1๐‘ฃ1+. . . +๐‘๐‘›๐‘ฃ๐‘›.

Allora (๐‘Ž1 โˆ’ ๐‘1)๐‘ฃ1+. . . +(๐‘Ž๐‘› โˆ’ ๐‘๐‘›)๐‘ฃ๐‘› = 0, ma i ๐‘ฃ๐‘– sono linearmente indipendenti, dunque

๐‘Ž๐‘– = ๐‘๐‘– โˆ€๐‘–, da cui segue la tesi.

DEFINIZIONE 2.6.4: I coefficienti dellโ€™unica combinazione lineare dei ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› che dร  ๐‘ฃ si

chiamano coordinate di ๐‘ฃ rispetto alla base โ„ฌ e denotati con [๐‘ฃ]โ„ฌ.

DEFINIZIONE 2.6.5: Fissando una base โ„ฌ si determina quindi una corrispondenza biunivoca: [ ]โ„ฌ: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚๐‘›| ๐‘ฃ โ†’ [๐‘ฃ]โ„ฌ

chiamata โ€œcoordinate rispetto a ๐“‘โ€.

PROPOSIZIONE 2.6.4: โˆ€โ„ฌ base, [ ]โ„ฌ รจ un isomorfismo.

Dimostrazione: [ ]โ„ฌ รจ evidentemente lineare; inoltre รจ iniettiva, poichรฉ

๐พ๐‘’๐‘Ÿ([ ]โ„ฌ) = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰|[๐‘ฃ]โ„ฌ = 0} = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰|๐‘ฃ = 0๐‘ฃ1+. . . +0๐‘ฃ๐‘›} = {0}, mentre รจ surgettiva in

quanto ogni (๐‘Ž1โ€ฆ๐‘Ž๐‘›) โˆˆ ๐•‚๐‘› รจ immagine di ๐‘ฃ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘‰.

COROLLARIO 2.6.5: Se ๐‘‰ รจ un ๐•‚-spazio vettoriale che ammette una base formata da ๐‘› vettori,

allora ๐‘‰ โ‰… ๐•‚๐‘›.

PROPOSIZIONE 2.6.6: Sia {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰ e ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜ dei vettori di ๐‘‰.

Se ๐‘˜ > ๐‘›, allora ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜ sono linearmente dipendenti.

Dimostrazione:

Si ha: ๐‘ค1 = ๐‘Ž11๐‘ฃ1+. . . ๐‘Ž1๐‘›๐‘ฃ๐‘› ๐‘ค2 = ๐‘Ž21๐‘ฃ1+. . . ๐‘Ž2๐‘›๐‘ฃ๐‘› โ‹ฎ ๐‘ค๐‘˜ = ๐‘Ž๐‘˜1๐‘ฃ1+. . . ๐‘Ž๐‘˜๐‘›๐‘ฃ๐‘›.

32

Devo trovare degli ๐›ผ๐‘– non tutti nulli tali che:

๐›ผ1(๐‘Ž11๐‘ฃ1+. . . ๐‘Ž1๐‘›๐‘ฃ๐‘›)+. . . +๐›ผ๐‘˜(๐‘Ž๐‘˜1๐‘ฃ1+. . . ๐‘Ž๐‘˜๐‘›๐‘ฃ๐‘›) = 0, ossia:

(๐‘Ž11๐›ผ1+. . . ๐‘Ž๐‘˜1๐›ผ๐‘˜)๐‘ฃ1+. . . +(๐‘Ž1๐‘›๐›ผ1+. . . ๐‘Ž๐‘˜๐‘›๐›ผ๐‘˜)๐‘ฃ๐‘› = 0.

Ma ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente indipendenti, perciรฒ:

{๐‘Ž11๐›ผ1+. . . ๐‘Ž๐‘˜1๐›ผ๐‘˜ = 0โ‹ฎ

๐‘Ž1๐‘›๐›ผ1+. . . ๐‘Ž๐‘˜๐‘›๐›ผ๐‘˜ = 0.

Poichรฉ รจ un sistema omogeneo di ๐‘› equazioni in ๐‘˜ > ๐‘› incognite, ha infinite soluzioni, dunque

in particolare ne ha una non nulla, per cui i ๐‘ค๐‘– sono linearmente dipendenti.

COROLLARIO 2.6.7: Se {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} e {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜} sono basi di ๐‘‰, allora ๐‘› = ๐‘˜.

Dimostrazione:

Se ๐‘˜ > ๐‘›, i ๐‘ค๐‘– sono linearmente dipendenti per la proposizione precedente;

se ๐‘› < ๐‘˜, i ๐‘ฃ๐‘– sono linearmente dipendenti,

perciรฒ ๐‘˜ = ๐‘›.

DEFINIZIONE 2.6.6: Se ๐‘‰ possiede una base finita {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}, diciamo che ๐‘‰ ha dimensione ๐‘›

(dim๐‘‰ = ๐‘›).

Se ๐‘‰ = {0}, poniamo dim๐‘‰ = 0.

Esempi: 1) dim๐•‚๐‘› = ๐‘›;

2) dimโ„‚ โ„‚ = 1, in quanto {1} รจ una base di โ„‚ come โ„‚-spazio vettoriale;

3) dimโ„ โ„‚ = 2, in quanto {1, ๐‘–} รจ una base di โ„‚ come โ„-spazio vettoriale;

4) dimโ„ณ(๐‘, ๐‘›) = ๐‘ โˆ™ ๐‘›, in quanto {๐ธ๐‘–๐‘—}1โ‰ค๐‘–โ‰ค๐‘1โ‰ค๐‘—โ‰ค๐‘›

รจ una base, dove:

[๐ธ๐‘–๐‘—]โ„Ž๐‘˜ = ๐›ฟ๐‘–โ„Ž โˆ™ ๐›ฟ๐‘—๐‘˜ =<1 ๐‘ ๐‘’ (๐‘–, ๐‘—) = (โ„Ž, ๐‘˜)

0 ๐‘ ๐‘’ (๐‘–, ๐‘—) โ‰  (โ„Ž, ๐‘˜) (๐›ฟ๐‘–๐‘— โ‰<

1 ๐‘ ๐‘’ ๐‘– = ๐‘—0 ๐‘ ๐‘’ ๐‘– โ‰  ๐‘—

รจ detto delta di Kronecker).

5) dim๐•‚๐‘›[๐‘ฅ] = ๐‘› + 1, in quanto {1, ๐‘ฅ, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›} รจ una base.

DEFINIZIONE 2.6.7: Siano ๐‘‰,๐‘Š ๐•‚-spazi vettoriali. Definiamo una somma e un prodotto per

scalari in ๐‘‰ ร—๐‘Š:

(๐‘ฃ1, ๐‘ค1) + (๐‘ฃ2, ๐‘ค2) โ‰ (๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2, ๐‘ค1 + ๐‘ค2);

๐›ผ(๐‘ฃ,๐‘ค) โ‰ (๐›ผ๐‘ฃ, ๐›ผ๐‘ค).

PROPOSIZIONE 2.6.8: ๐‘‰ ร—๐‘Š รจ spazio vettoriale e dim(๐‘‰ ร—๐‘Š) = dim๐‘‰ + dim๐‘Š.

Dimostrazione:

Lasciamo la verifica che ๐‘‰ ร—๐‘Š รจ spazio vettoriale.

Sia {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰ e {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜} base di ๐‘Š.

รˆ immediato mostrare che {(๐‘ฃ1, 0), โ€ฆ , (๐‘ฃ๐‘›, 0), (0, ๐‘ค1),โ€ฆ , (0, ๐‘ค๐‘˜)} รจ base di ๐‘‰ ร—๐‘Š, dunque segue

la tesi.

ALGORITMO PER Lโ€™ESTRAZIONE DI UNA BASE: Sia ๐‘‰ โ‰  {0} uno spazio vettoriale.

Da ogni insieme finito di generatori di ๐‘‰ si puรฒ estrarre una base.

Dimostrazione:

33

Siano ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ generatori di ๐‘‰. Posso supporre ๐‘ฃ๐‘– โ‰  0 โˆ€๐‘–, poichรฉ, se ce ne fossero, li potrei

togliere e non altererei lo spazio generato.

Allora ๐‘ฃ1 รจ linearmente indipendente.

Guardo {๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2}:

se ๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2 sono linearmente indipendenti, li tengo;

altrimenti ๐‘ฃ2 โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1) e quindi ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ3, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜).

Allora elimino ๐‘ฃ2.

Continuo cosรฌ fino a quando ho considerato tutti i vettori.

COROLLARIO 2.6.9: Sia dim๐‘‰ = ๐‘›. Se ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ sono generatori di ๐‘‰, allora ๐‘˜ โ‰ฅ ๐‘›.

PROPOSIZIONE 2.6.10: Se ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ sono linearmente indipendenti e ๐‘ฃ โˆ‰ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜),

allora ๐‘ฃ, ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ sono linearmente indipendenti.

Dimostrazione:

Sia ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜ + ๐‘Ž๐‘ฃ = 0.

Deve essere ๐‘Ž = 0, poichรฉ altrimenti ๐‘ฃ = โˆ’๐‘Žโˆ’1(๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜) โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜).

Allora ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜ = 0. Poichรฉ i ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ sono linearmente indipendenti, segue

๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘˜ = 0 e quindi la tesi.

TEOREMA DI COMPLETAMENTO A BASE: Sia ๐‘‰ uno spazio finitamente generato.

Se ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ โˆˆ ๐‘‰ sono linearmente indipendenti, esistono ๐‘ฃ๐‘˜+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘‰|

{๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ , ๐‘ฃ๐‘˜+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ una base di ๐‘‰.

Dimostrazione:

Se {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜} generano ๐‘‰, allora {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜} รจ una base di ๐‘‰.

Se non lo generano, allora โˆƒ๐‘ฃ๐‘˜+1 โˆ‰ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜).

Per la proposizione precedente, i ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ , ๐‘ฃ๐‘˜+1 sono linearmente indipendenti.

Se generano ๐‘‰, ho trovato una base.

Altrimenti itero il procedimento.

๐‘‰ รจ finitamente generato, perciรฒ dopo un numero finito di passi il procedimento deve finire.

Osservazione: รˆ un procedimento non algoritmico, poichรฉ non cโ€™รจ un metodo semplice e diretto

per trovare i ๐‘ฃ๐‘˜+โ„Ž, con โ„Ž > 0.

ALGORITMO DI COMPLETAMENTO A BASE: Se ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ sono linearmente indipendenti e

se conosco una base {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘›} di ๐‘‰, posso completare {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜} a base applicando lโ€™algoritmo

di estrazione di una base allโ€™insieme di generatori {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ , ๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘›}.

PROPOSIZIONE 2.6.11: Ogni sottospazio vettoriale ๐‘Š di uno spazio vettoriale ๐‘‰ finitamente

generato ha un supplementare.

Dimostrazione:

Sia dim๐‘‰ = ๐‘›. Allora dim๐‘Š = ๐‘˜ โ‰ค ๐‘›.

Sia {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜} una base di ๐‘Š.

Posso completarla a una base {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜, ๐‘ฃ๐‘˜+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di ๐‘‰.

Perciรฒ ๐‘‰ = ๐‘ŠโŠ• ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘˜+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›) e dunque ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘˜+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›) รจ un supplementare.

34

PROPOSIZIONE 2.6.12: Sia ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Š, {๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ข๐‘˜} base di ๐‘ˆ, {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘š} base di ๐‘Š.

Allora {๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ข๐‘˜, ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘š} รจ base di ๐‘‰.

Dimostrazione:

Ogni ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ si puรฒ scrivere come ๐‘ฃ = ๐‘ข + ๐‘ค, con ๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ e ๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, ma

๐‘ข = ๐‘Ž1๐‘ข1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ข๐‘˜ e ๐‘ค = ๐‘1๐‘ค1+. . . +๐‘๐‘š๐‘ค๐‘š, dunque i ๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ข๐‘˜, ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘š generano ๐‘‰.

Inoltre sono linearmente indipendenti, poichรฉ:

๐‘Ž1๐‘ข1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ข๐‘˜โŸ =๐‘ขโˆˆ๐‘ˆ

+ ๐‘1๐‘ค1+. . . +๐‘๐‘š๐‘ค๐‘šโŸ =๐‘คโˆˆ๐‘Š

= 0 โ‡’ ๐‘ข + ๐‘ค = 0 โ‡’ ๐‘ข = โˆ’๐‘ค, dunque ๐‘Š โˆ‹ ๐‘ค = โˆ’๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ,

perciรฒ ๐‘ข,๐‘ค โˆˆ ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š = {0}, cioรจ ๐‘ข = 0 e ๐‘ค = 0.

Poichรฉ {๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ข๐‘˜} e {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘š} sono linearmente indipendenti, allora

๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘˜ = ๐‘1 =. . . = ๐‘๐‘š = 0, da cui la tesi.

PROPOSIZIONE 2.6.13: Se ๐‘‰ โ‰  {0} non รจ finitamente generato, allora โˆ€๐‘› โ‰ฅ 1 esistono

๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐‘‰ linearmente indipendenti.

Dimostrazione:

Per induzione su ๐‘›:

Passo base): ๐‘› = 1, basta scegliere ๐‘ฃ1 โ‰  0;

Passo induttivo): Per ipotesi induttiva โˆƒ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›โˆ’1 linearmente indipendenti.

Osservo che ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›โˆ’1) โ‰  ๐‘‰, poichรฉ ๐‘‰ non รจ finitamente generato.

Dunque โˆƒ๐‘ฃ๐‘› โˆ‰ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›โˆ’1)| ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente indipendenti.

PROPOSIZIONE 2.6.14: Se ๐‘‰ รจ finitamente generato e ๐‘Š รจ un sottospazio vettoriale di ๐‘‰,

allora:

1) ๐‘Š รจ finitamente generato;

2) dim๐‘Š โ‰ค dim๐‘‰;

3) se dim๐‘Š = dim๐‘‰ โ‡’ ๐‘Š = ๐‘‰.

Dimostrazione:

1) Sia ๐‘› = dim๐‘‰. Se ๐‘Š non fosse finitamente generato, per la proposizione precedente

esisterebbero ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›+1 โˆˆ ๐‘Š โŠ‚ ๐‘‰ linearmente indipendenti, assurdo.

2) Sia ๐‘› = dim๐‘‰. Se dim๐‘Š > ๐‘›, allora esisterebbero ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›+1 โˆˆ ๐‘Š โŠ‚ ๐‘‰ linearmente

indipendenti, assurdo.

3) Se dim๐‘Š = ๐‘› e {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} รจ base di ๐‘Š, allora ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘› sono linearmente indipendenti

anche in ๐‘‰ e, poichรฉ dim๐‘‰ = ๐‘›, devono essere una base di ๐‘‰. Dunque ๐‘Š = ๐‘‰.

FORMULA DI GRASSMANN: Siano ๐‘ˆ,๐‘Š sottospazi vettoriali di dimensione finita di ๐‘‰. Allora:

dim(๐‘ˆ +๐‘Š) = dim๐‘ˆ + dim๐‘Š โˆ’ dim(๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š).

Dimostrazione:

Sia dim๐‘ˆ = โ„Ž, dim๐‘Š = ๐‘˜, dim(๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š) = ๐‘ .

Sia {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ } una base di ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š. Allora ๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘  sono linearmente indipendenti in ๐‘ˆ e ๐‘Š.

Per il teorema di completamento a base โˆƒ๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘  โˆˆ ๐‘ˆ, โˆƒ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜โˆ’๐‘  โˆˆ ๐‘Š tali che:

{๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ , ๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘ } รจ base di ๐‘ˆ;

{๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ , ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜โˆ’๐‘ } รจ base di ๐‘Š.

Se mostro che {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ , ๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘ , ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜โˆ’๐‘ } รจ base di ๐‘ˆ +๐‘Š ho la tesi, poichรฉ dimostro

che dim(๐‘ˆ +๐‘Š) = โ„Ž + ๐‘˜ โˆ’ ๐‘ .

Quei vettori generano, in quanto, preso ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘ˆ +๐‘Š, โˆƒ๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ,๐‘ค โˆˆ ๐‘Š| ๐‘ฃ = ๐‘ข + ๐‘ค.

35

Inoltre ๐‘ข = ๐‘Ž1๐‘ง1+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘ง๐‘  + ๐‘1๐‘ข1+. . . +๐‘โ„Žโˆ’๐‘ ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘  e ๐‘ค = ๐›ผ1๐‘ง1+. . . +๐›ผ๐‘ ๐‘ง๐‘  + ๐›ฝ1๐‘ค1. . . +๐›ฝ๐‘˜โˆ’๐‘ ๐‘ค๐‘˜โˆ’๐‘ ,

dunque ๐‘ฃ = (๐‘Ž1 + ๐›ผ1)๐‘ง1+. . . +(๐‘Ž๐‘  + ๐›ผ๐‘ )๐‘ง๐‘  + ๐‘1๐‘ข1+. . . +๐‘โ„Žโˆ’๐‘ ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘  + ๐›ฝ1๐‘ค1+. . . +๐›ฝ๐‘˜โˆ’๐‘ ๐‘ค๐‘˜โˆ’๐‘ .

Mostriamo quindi che sono linearmente indipendenti: sia

๐‘Ž1๐‘ง1+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘ง๐‘ โŸ =๐‘ง

+ ๐‘1๐‘ข1+. . . +๐‘โ„Žโˆ’๐‘ ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘ โŸ =๐‘ข

+ ๐‘1๐‘ค1+. . . +๐‘๐‘˜โˆ’๐‘ ๐‘ค๐‘˜โˆ’๐‘ โŸ =๐‘ค

= 0.

Allora ๐‘ง + ๐‘ข = โˆ’๐‘ค. Ma ๐‘ง + ๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ,๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, quindi ๐‘ง + ๐‘ข = โˆ’๐‘ค โˆˆ ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š.

Posso dunque scrivere ๐‘ค = ๐›ผ1๐‘ง1+. . . +๐›ผ๐‘ ๐‘ง๐‘ , per cui ho: ๐‘Ž1๐‘ง1+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘ง๐‘  + ๐‘1๐‘ข1+. . . +๐‘โ„Žโˆ’๐‘ ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘  + ๐›ผ1๐‘ง1+. . . +๐›ผ๐‘ ๐‘ง๐‘  = 0 โ‡’ (๐‘Ž1 + ๐›ผ1)๐‘ง1+. . . +(๐‘Ž๐‘  + ๐›ผ๐‘ )๐‘ง๐‘  + ๐‘1๐‘ข1+. . . +๐‘โ„Žโˆ’๐‘ ๐‘ขโ„Žโˆ’๐‘  = 0.

Questi vettori sono una base di ๐‘ˆ, quindi ๐‘1 =. . . = ๐‘โ„Žโˆ’๐‘  = 0.

Allora:

๐‘Ž1๐‘ง1+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘ง๐‘  + ๐‘1๐‘ค1+. . . +๐‘๐‘˜โˆ’๐‘ ๐‘ค๐‘˜โˆ’๐‘  = 0, ma questi vettori sono una base di ๐‘Š, quindi sono

linearmente indipendenti, per cui ๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘  = ๐‘1 =. . . = ๐‘๐‘˜โˆ’๐‘  = 0, da cui segue la tesi.

Osservazione: dim๐’ฎ(๐‘›) =๐‘›(๐‘›+1)

2, dim๐’œ(๐‘›) =

๐‘›(๐‘›โˆ’1)

2.

Infatti, detta {๐ธ๐‘–๐‘—}1โ‰ค๐‘–,๐‘—โ‰ค๐‘› la base canonica di โ„ณ(๐‘›), {๐ธ๐‘–๐‘— + ๐ธ๐‘—๐‘–}1โ‰ค๐‘–<๐‘—โ‰ค๐‘› โˆช{๐ธ๐‘–๐‘–}1โ‰ค๐‘–โ‰ค๐‘› รจ una base di

๐’ฎ(๐‘›). Lasciamo questa verifica per esercizio. Il numero dei vettori di base รจ ๐‘›(๐‘›โˆ’1)

2+ ๐‘›.

Inoltre per Grassmann, dim๐’œ(๐‘›) = dimโ„ณ(๐‘›) โˆ’ dim๐’ฎ(๐‘›) = ๐‘›2 โˆ’๐‘›(๐‘›+1)

2=

๐‘›(๐‘›โˆ’1)

2.

TEOREMA 2.6.15: Siano ๐‘‰,๐‘Š ๐•‚-spazi vettoriali, con ๐‘‰ finitamente generato.

Sia {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} una base di ๐‘‰; siano ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘› vettori di ๐‘Š.

Allora โˆƒ! ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare tale che ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = ๐‘ค๐‘– โˆ€๐‘–.

Dimostrazione:

Esistenza: Sia ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ โ‡’ โˆƒ๐‘ข๐‘›๐‘–๐‘๐‘– ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› โˆˆ ๐•‚| ๐‘ฃ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›.

Poniamo ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐‘Ž1๐‘ค1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ค๐‘›.

Si ha evidentemente che ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = ๐‘ค๐‘– โˆ€๐‘–.

Inoltre ๐‘“ รจ lineare, infatti, se ๐‘ฃ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘› e ๐‘ง = ๐‘1๐‘ฃ1+. . . +๐‘๐‘›๐‘ฃ๐‘›, allora

๐‘ฃ + ๐‘ง = (๐‘Ž1 + ๐‘1)๐‘ฃ1+. . . +(๐‘Ž๐‘› + ๐‘๐‘›)๐‘ฃ๐‘›;

quindi ๐‘“(๐‘ฃ + ๐‘ง) = (๐‘Ž1 + ๐‘1)๐‘ค1+. . . +(๐‘Ž๐‘› + ๐‘๐‘›)๐‘ค๐‘› = ๐‘Ž1๐‘ค1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ค๐‘› + ๐‘1๐‘ค1+. . . +๐‘๐‘›๐‘ค๐‘› =

๐‘“(๐‘ฃ) + ๐‘“(๐‘ง).

Analogamente per il multiplo.

Unicitร : Prendiamo una qualsiasi ๐‘” lineare tale che ๐‘”(๐‘ฃ๐‘–) = ๐‘ค๐‘– โˆ€๐‘–.

Per linearitร :

๐‘”(๐‘ฃ) = ๐‘” (โˆ‘๐‘Ž๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘›

๐‘–=1

) =โˆ‘๐‘Ž๐‘–๐‘”(๐‘ฃ๐‘–)

๐‘›

๐‘–=1

=โˆ‘๐‘Ž๐‘–๐‘ค๐‘–

๐‘›

๐‘–=1

= ๐‘“(๐‘ฃ)

dunque ๐‘“ รจ unica.

PROPOSIZIONE 2.6.16: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare. Allora:

1) Se ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente indipendenti e ๐‘“ รจ iniettiva, allora ๐‘“(๐‘ฃ1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) sono

linearmente indipendenti;

2) Se ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› generano ๐‘‰, allora ๐‘“(๐‘ฃ1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) generano ๐ผ๐‘š(๐‘“).

Dimostrazione:

36

1) Sia ๐‘Ž1๐‘“(๐‘ฃ1)+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) = 0. Allora per linearitร  ๐‘“(๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›) = 0, dunque

๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘› โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = {0}, ma ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente indipendenti, per cui

๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘› = 0, tesi.

2) Sia ๐‘ฆ = ๐‘“(๐‘ฅ) โˆˆ ๐ผ๐‘š(๐‘“). Mostriamo che puรฒ essere scritto come combinazione lineare dei

๐‘“(๐‘ฃ๐‘–).

So che โˆƒ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› โˆˆ ๐•‚| ๐‘ฅ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . ๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›. Allora:

๐‘ฆ = ๐‘“(๐‘ฅ) = ๐‘“ (โˆ‘๐‘Ž๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘›

๐‘–=1

) =โˆ‘๐‘Ž๐‘–๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)

๐‘›

๐‘–=1

da cui la tesi.

Osservazione: Se ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›, ๐•‚), allora sappiamo che ๐ด รจ una applicazione lineare e la sua

immagine รจ lo spazio generato dalle colonne.

Quindi ๐ผ๐‘š(๐ด) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ด1, โ€ฆ , ๐ด๐‘›) = ๐’ž(๐ด).

COROLLARIO 2.6.17: ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š รจ un isomorfismo โ‡’ ๐‘“ trasforma ogni base di ๐‘‰ in una base di

๐‘Š.

Dimostrazione:

Prendo una base di ๐‘‰. Poichรฉ ๐‘“ รจ iniettiva, allora le immagini dei vettori della base sono

linearmente indipendenti. Inoltre quegli stessi vettori generano ๐‘‰, quindi le loro immagini

generano ๐ผ๐‘š(๐‘“), ma ๐‘“ รจ surgettiva, quindi ๐ผ๐‘š(๐‘“) = ๐‘Š. FORMULA DELLE DIMENSIONI: Sia ๐‘‰ uno spazio vettoriale finitamente generato, e sia

๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare. Allora: dim๐‘‰ = dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) + dim ๐ผ๐‘š(๐‘“)

Dimostrazione:

Sia ๐‘› = dim๐‘‰ e ๐‘˜ = dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“).

Sia {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜} una base di ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“); la completo a {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰.

Allora ๐‘“(๐‘ฃ1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) generano ๐ผ๐‘š(๐‘“), ma ๐‘“(๐‘ฃ1) =. . . = ๐‘“(๐‘ฃ๐‘˜) = 0, poichรฉ appartengono a

๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“).

Perciรฒ posso toglierli e i rimanenti ๐‘“(๐‘ฃ๐‘˜+1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) generano comunque ๐ผ๐‘š(๐‘“).

Dimostriamo che ๐‘“(๐‘ฃ๐‘˜+1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) sono linearmente indipendenti:

๐‘Ž๐‘˜+1๐‘“(๐‘ฃ๐‘˜+1)+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) = 0 โ‡’ ๐‘“(๐‘Ž๐‘˜+1๐‘ฃ๐‘˜+1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›) = 0 โ‡’ โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘›

๐‘–=๐‘˜+1

โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“)

โ‡’ โˆƒ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘˜ โˆˆ ๐•‚| โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘›

๐‘–=๐‘˜+1

= ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜

โ‡’ ๐‘Ž1๐‘ฃ1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜ โˆ’ ๐‘Ž๐‘˜+1๐‘ฃ๐‘˜+1โˆ’. . . โˆ’๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘› = 0 Ma ๐‘ฃ1, . . , ๐‘ฃ๐‘› sono linearmente indipendenti, quindi ๐‘Ž๐‘– = 0 โˆ€๐‘–.

Per cui {๐‘“(๐‘ฃ๐‘˜+1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)} รจ una base di ๐ผ๐‘š(๐‘“), cioรจ dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) = ๐‘› โˆ’ ๐‘˜, tesi.

COROLLARIO 2.6.18: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare.

Se dim๐‘‰ = dim๐‘Š, allora ๐‘“ รจ iniettiva โ‡” ๐‘“ รจ surgettiva.

Dimostrazione:

37

๐‘“ รจ iniettiva โ‡” ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = {0} โ‡” dim๐‘‰ = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) โ‡” dim๐‘Š = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) โ‡” ๐ผ๐‘š(๐‘“) = ๐‘Š

(poichรฉ ๐ผ๐‘š(๐‘“) โŠ† ๐‘Š) โ‡” ๐‘“ รจ surgettiva.

COROLLARIO 2.6.18: ๐‘‰ โ‰… ๐‘Š โ‡” dim๐‘‰ = dim๐‘Š.

Dimostrazione:

โ‡) Se dim๐‘‰ = dim๐‘Š, allora ๐‘‰ โ‰… ๐•‚๐‘› โ‰… ๐‘Š.

โ‡’) Se โˆƒ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š isomorfismo, per la formula delle dimensioni dim๐‘‰ = 0 + dim๐‘Š.

Osservazione: Siano ๐‘‰1, ๐‘‰2 sottospazi vettoriali di ๐‘‰ e sia ๐‘“: ๐‘‰1 ร— ๐‘‰2 โ†’ ๐‘‰ data da

๐‘“(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2) = ๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2. ๐‘“ รจ evidentemente lineare e ๐ผ๐‘š(๐‘“) = ๐‘‰1 + ๐‘‰2.

Inoltre ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) รจ canonicamente isomorfo a ๐‘‰1 โˆฉ ๐‘‰2, infatti: ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = {(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2) โˆˆ ๐‘‰1 ร— ๐‘‰2| ๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2 = 0} = {(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2) โˆˆ ๐‘‰1 ร— ๐‘‰2| ๐‘ฃ1 = โˆ’๐‘ฃ2} = = {(๐‘ฃ,โˆ’๐‘ฃ)| ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰1 โˆฉ ๐‘‰2}, poichรฉ ๐‘‰1 โˆ‹ ๐‘ฃ1 = โˆ’๐‘ฃ2 โˆˆ ๐‘‰2, dunque:

๐ฟ: ๐‘‰1 โˆฉ ๐‘‰2 โ†’ ๐‘‰1 ร— ๐‘‰2| ๐ฟ(๐‘ฃ) = (๐‘ฃ, โˆ’๐‘ฃ) induce lโ€™isomorfismo cercato (le proprietร  sono

immediatamente verificabili).

Per cui, per la formula delle dimensioni, dim(๐‘‰1 + ๐‘‰2) = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) = dim(๐‘‰1 ร— ๐‘‰2) โˆ’

dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = ๐‘‘๐‘–๐‘š ๐‘‰1 + dim๐‘‰2 โˆ’ dim(๐‘‰1 โˆฉ ๐‘‰2),

che conclude quindi la dimostrazione alternativa della formula di Grassmann.

Osservazione: Nellโ€™insieme quoziente {๐•‚ โˆ’ ๐‘ ๐‘๐‘Ž๐‘ง๐‘– ๐‘ฃ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘œ๐‘Ÿ๐‘–๐‘Ž๐‘™๐‘– ๐‘“๐‘–๐‘›๐‘–๐‘ก๐‘Ž๐‘š๐‘’๐‘›๐‘ก๐‘’ ๐‘”๐‘’๐‘›๐‘’๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘ก๐‘–}/โ‰…

esistono tante classi di equivalenza quante โ„• e in ognuna un rappresentante รจ ๐•‚๐‘›.

La dimensione รจ un sistema completo di invarianza per la relazione di equivalenza โ‰…, perciรฒ se

dim๐‘‰ โ‰  dim๐‘Š, allora sicuramente ๐‘‰ e ๐‘Š non sono isomorfi.

DEFINIZIONE 2.6.8: Due ๐•‚-spazi vettoriali ๐‘‰,๐‘Š si dicono canonicamente isomorfi se

โˆƒ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š isomorfismo che non dipende dalla scelta di una base.

PROPOSIZIONE 2.6.19: Sia ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Š e ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Šโ€ฒ. โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, โˆƒ! ๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ,๐‘คโ€ฒ โˆˆ ๐‘Šโ€ฒ|

๐‘ค = ๐‘ข + ๐‘คโ€ฒ. Allora รจ ben definita lโ€™applicazione ๐œ‘:๐‘Š โ†’ ๐‘Šโ€ฒ| ๐œ‘(๐‘ค) = ๐‘คโ€ฒ.

๐œ‘ รจ un isomorfismo canonico.

Dimostrazione:

๐œ‘ รจ lineare, poichรฉ dati ๐‘ค1 = ๐‘ข1 + ๐‘ค1โ€ฒ e ๐‘ค2 = ๐‘ข2 + ๐‘ค2โ€ฒ, allora:

๐œ‘(๐‘ค1 + ๐‘ค2) = ๐œ‘((๐‘ข1 + ๐‘ข2) + (๐‘ค1โ€ฒ + ๐‘ค2

โ€ฒ)) = ๐‘ค1โ€ฒ + ๐‘ค2

โ€ฒ = ๐œ‘(๐‘ค1) + ๐œ‘(๐‘ค2);

๐œ‘(๐œ†๐‘ค) = ๐œ‘(๐œ†๐‘ข + ๐œ†๐‘คโ€ฒ) = ๐œ†๐‘คโ€ฒ = ๐œ†๐œ‘(๐‘ค).

๐œ‘ รจ iniettiva, poichรฉ se ๐‘ค โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘), ๐œ‘(๐‘ค) = 0 โ‡’ ๐‘ค = ๐‘ขโŸโˆˆ๐‘ˆ

+ 0โŸ=๐œ‘(๐‘ค)

โ‡’ ๐‘ค โˆˆ ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š = {0}.

Poichรฉ dim๐‘Šโ€ฒ = dim๐‘‰ โˆ’ dim๐‘ˆ = dim๐‘Š e ๐œ‘ รจ iniettiva, allora ๐œ‘ รจ surgettiva.

Infine evidentemente ๐œ‘ non dipende dalla scelta di una base, dunque ho la tesi.

Osservazione: Se ๐œ‹๐‘Šโ€ฒ รจ la proiezione indotta da ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Šโ€ฒ e ๐‘–๐‘Š:๐‘Š โ†’ ๐‘‰ รจ lโ€™inclusione (cioรจ

๐‘–๐‘Š(๐‘ค) = ๐‘ค โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š), allora ๐œ‘ = ๐œ‹๐‘Šโ€ฒ โˆ˜ ๐‘–๐‘Š.

38

2.7 RANGO

PROPOSIZIONE 2.7.1: Siano ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š, ๐‘”:๐‘Š โ†’ ๐‘ lineari. Allora:

1) dim ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) โ‰ค min(dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) , dim ๐ผ๐‘š(๐‘”));

2) Se ๐‘“ รจ un isomorfismo, dim ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = dim ๐ผ๐‘š(๐‘”);

3) Se ๐‘” รจ un isomorfismo, dim ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“).

Dimostrazione:

1) ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = ๐ผ๐‘š(๐‘”|๐ผ๐‘š(๐‘“)) e ๐‘”|๐ผ๐‘š(๐‘“) รจ lineare, poichรฉ restrizione di ๐‘” lineare.

Quindi dim ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) โˆ’ dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘”|๐ผ๐‘š(๐‘“)) โ‰ค dim ๐ผ๐‘š(๐‘“).

Inoltre ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) โŠ† ๐ผ๐‘š(๐‘”), quindi dim ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) โ‰ค dim ๐ผ๐‘š(๐‘”), tesi.

2) Se ๐‘“ รจ un isomorfismo, allora ๐‘“(๐‘‰) = ๐‘Š, perciรฒ ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = ๐ผ๐‘š(๐‘”|๐ผ๐‘š(๐‘“)) = ๐ผ๐‘š(๐‘”), tesi.

3) Se ๐‘” รจ un isomorfismo, allora ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘”) = {0}, dunque dim ๐ผ๐‘š(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) โˆ’ 0, tesi.

DEFINIZIONE 2.7.1: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare. Definiamo rango di ๐‘“ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“).

In particolare, se ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚) e dunque ๐ด:๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚๐‘| ๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹, allora ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = dim ๐ผ๐‘š(๐ด) =

dim๐’ž(๐ด).

DEFINIZIONE 2.7.2: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚). Definiamo spazio delle righe โ„›(๐ด) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ด1, โ€ฆ , ๐ด๐‘)

Definiamo inoltre rango per righe il numero dimโ„›(๐ด).

PROPOSIZIONE 2.7.2: Sia ๐‘† una ridotta a scalini di ๐ด. Allora:

1) โ„›(๐ด) = โ„›(๐‘†);

2) dim๐’ž(๐ด) = dim๐’ž(๐‘†), cioรจ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†).

Dimostrazione:

1) Facendo operazioni elementari di riga, non altero lo spazio delle righe, dunque โ„›(๐ด) =

โ„›(๐‘†).

2) I sistemi ๐ด๐‘‹ = 0 e ๐‘†๐‘‹ = 0 sono equivalenti, perciรฒ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘†).

Per la formula delle dimensioni:

๐‘› = dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด) + ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) e ๐‘› = dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘†) + ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†),

dunque ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†).

PROPOSIZIONE 2.7.3: Sia ๐‘† una matrice a scalini con ๐‘Ÿ pivots nelle colonne ๐‘†๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ . Allora:

1) {๐‘†1, โ€ฆ , ๐‘†๐‘Ÿ} รจ una base di โ„›(๐‘†), dunque dimโ„›(๐‘†) = ๐‘Ÿ;

2) {๐‘†๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ} รจ una base di ๐’ž(๐‘†), dunque ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†) = ๐‘Ÿ.

Dimostrazione:

1) โ— Poichรฉ le altre righe sono nulle, sicuramente ๐‘†1, โ€ฆ , ๐‘†๐‘Ÿ generano โ„›(๐‘†).

โ— ๐‘†1, โ€ฆ , ๐‘†๐‘Ÿ sono linearmente indipendenti, poichรฉ se: ๐‘Ž1๐‘†1+. . . +๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘†๐‘Ÿ = 0

allora ๐‘Ž1 = 0 in quanto ๐‘†1 รจ lโ€™unica riga ad avere un elemento โ‰  0 nella colonna ๐‘†๐‘—1,

๐‘Ž2 = 0, in quanto ๐‘Ž1 = 0 e quindi ๐‘†2 รจ lโ€™unica riga ad avere un elemento โ‰  0 nella

colonna ๐‘†๐‘—2, e cosรฌ via.

2) ๐‘†๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ sono linearmente indipendenti, la dimostrazione รจ analoga alla precedente nel

caso delle righe.

39

Mostriamo che ๐‘†๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ generano ๐’ž(๐‘†), cioรจ che ๐‘†๐‘– โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ) โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—1, โ€ฆ , ๐‘—๐‘Ÿ,

cioรจ che โˆƒ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘Ÿ โˆˆ ๐•‚| ๐‘†๐‘– = ๐‘Ž1๐‘†๐‘—1+. . . ๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘†

๐‘—๐‘Ÿ , cioรจ che il sistema

(๐‘†๐‘—1 |โ€ฆ | ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ) (

๐‘Ž1โ‹ฎ๐‘Ž๐‘Ÿ) = (๐‘†๐‘–)

ha soluzione.

Ma la matrice รจ a scalini, perciรฒ ha ๐‘Ÿ pivots.

Se aggiungo la colonna dei termini noti non posso dunque aggiungere pivots.

Dunque #๐‘๐‘–๐‘ฃ๐‘œ๐‘ก๐‘ (๐‘†) = #๐‘๐‘–๐‘ฃ๐‘œ๐‘ก๐‘ (๐‘†โ€ฒ), quindi il sistema รจ risolubile, tesi.

Osservazione: Se in qualche modo riesco a calcolare ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด), allora:

so calcolare dim๐‘†๐‘œ๐‘™(๐ด๐‘‹ = 0) = dim๐‘†๐‘œ๐‘™0, poichรฉ dim๐‘†๐‘œ๐‘™0 = dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด) = ๐‘› โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด);

se voglio calcolare dim๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜), pongo ๐ด = (๐‘ฃ1 |โ€ฆ |๐‘ฃ๐‘˜) e dunque

dim๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜) = dim๐’ž(๐ด) = dim ๐ผ๐‘š(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด).

Osservazione: Un modo per calcolare ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) รจ via lโ€™algoritmo di Gauss; infatti abbiamo visto che

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = #๐‘๐‘–๐‘ฃ๐‘œ๐‘ก๐‘ (๐‘†), dove ๐‘† รจ una ridotta a scalini di ๐ด. Per formalizzare meglio questo

procedimento, ci serviremo del seguente risultato:

PROPOSIZIONE 2.7.4: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž). Allora:

1) il numero di pivots di una sua ridotta a scalini non dipende dalla riduzione a scalini;

2) dimโ„›(๐ด) = dim๐’ž(๐ด);

Dimostrazione:

1) Se ๐‘† รจ una ridotta a scalini di ๐ด, con ๐‘Ÿ pivots, allora ๐‘Ÿ = dimโ„›(๐‘†) = dimโ„›(๐ด). Quindi ๐‘Ÿ

dipende solamente da ๐ด.

2) dimโ„›(๐ด) = dimโ„›(๐‘†) = ๐‘Ÿ = dim๐’ž(๐‘†) = dim๐’ž(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด).

COROLLARIO 2.7.5: โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž), ๐‘Ÿ๐‘˜( ๐ด.๐‘ก ) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด).

Dimostrazione:

๐‘Ÿ๐‘˜( ๐ด.๐‘ก ) = dim๐’ž( ๐ด.

๐‘ก ) = dimโ„›(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด).

TEOREMA DI ROUCHร‰ โ€“ CAPELLI: ๐ด๐‘‹ = ๐ต รจ risolubile โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ดโ€ฒ),

dove ๐ดโ€ฒ = (๐ด โ‹ฎ ๐ต).

Dimostrazione:

Se ๐‘† รจ una ridotta a scalini di ๐ด, sapevamo che ๐ด๐‘‹ = ๐ต รจ risolubile โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†โ€ฒ), ma

๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด), dunque segue la tesi.

DEFINIZIONE 2.7.3: Una matrice ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) si dice invertibile se

โˆƒ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚)| ๐ด โˆ™ ๐ต = ๐ต โˆ™ ๐ด = ๐ผ.

DEFINIZIONE 2.7.4: Una matrice ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) si dice singolare se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) < ๐‘›.

PROPOSIZIONE 2.7.6: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚). Allora sono fatti equivalenti:

1) ๐ด รจ invertibile;

2) ๐ด:๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚๐‘› รจ un isomorfismo;

40

3) ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘›.

Dimostrazione:

1) โ‡” 2): ovvia.

2) โ‡’ 3): ovvia.

3) โ‡’ 2): So che ๐ด รจ lineare e che ๐ด รจ surgettiva, in quanto ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = dim ๐ผ๐‘š(๐ด) = ๐‘›, perciรฒ ๐ด รจ

iniettiva, dunque ho la tesi.

Osservazione: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›) รจ singolare โ‡” non รจ invertibile.

DEFINIZIONE 2.7.5: Definiamo matrice elementare di โ„ณ(๐‘›,๐•‚) ogni matrice ottenuta da ๐ผ๐‘›

eseguendo una sola operazione elementare per riga:

1๐‘œ tipo: Denotiamo con ๐ธ๐‘–๐‘— la matrice ottenuta da ๐ผ๐‘› scambiando lโ€™๐‘–-esima riga con la ๐‘—-esima

riga;

2๐‘œ tipo: Denotiamo con ๐ธ๐‘–(๐œ†) la matrice ottenuta da ๐ผ๐‘› moltiplicando lโ€™๐‘–-esima riga per la

costante ๐œ† โ‰  0;

3๐‘œ tipo: ๐ธ๐‘–๐‘—(๐œ†) รจ la matrice ottenuta da ๐ผ๐‘› sommando alla riga ๐‘–-esima ๐œ† volte la riga ๐‘—-esima.

Osservazione: Se ๐ต รจ ottenuta da ๐ด con unโ€™operazione elementare per riga, allora ๐ต = ๐ธ๐ด, dove

๐ธ รจ la matrice elementare corrispondente allโ€™operazione effettuata.

Esempio: ๐ด = (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

)๐ด2+3๐ด1โ†’ ๐ต = (

๐‘Ž ๐‘๐‘ + 3๐‘Ž ๐‘‘ + 3๐‘

);

๐ธ โˆ™ ๐ด = (1 03 1

) โˆ™ (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

) = (๐‘Ž ๐‘

๐‘ + 3๐‘Ž ๐‘‘ + 3๐‘).

Osservazione: Le matrici elementari sono tutte invertibili:

1) ๐ธ๐‘–๐‘— โˆ™ ๐ธ๐‘–๐‘— = ๐ผ, poichรฉ scambio le righe ๐‘– e ๐‘— e poi le riscambio; perciรฒ (๐ธ๐‘–๐‘—)โˆ’1

= ๐ธ๐‘–๐‘—.

2) ๐ธ๐‘–(๐œ†โˆ’1) โˆ™ ๐ธ๐‘–(๐œ†) = ๐ผ, poichรฉ moltiplico la riga ๐‘–-esima prima per ๐œ†โˆ’1 e poi per ๐œ†; perciรฒ

(๐ธ๐‘–(๐œ†))โˆ’1

= ๐ธ๐‘–(๐œ†โˆ’1).

3) ๐ธ๐‘–๐‘—(๐œ†) โˆ™ ๐ธ๐‘–๐‘—(โˆ’๐œ†) = ๐ผ, dunque (๐ธ๐‘–๐‘—(๐œ†))โˆ’1

= ๐ธ๐‘–๐‘—(โˆ’๐œ†).

Quindi se prendo una matrice ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘ž,๐•‚) e gli applico ๐‘› operazioni di riga, ottengo la

ridotta a scalini ๐‘†: ๐ด โ†’ ๐‘€1๐ด โ†’ ๐‘€2๐‘€1๐ด โ†’. . .โ†’ ๐‘€๐‘›โ€ฆ๐‘€1๐ด = ๐‘†

Se ๐ด รจ invertibile, allora รจ un isomorfismo; gli ๐‘€๐‘– sono tutti isomorfismi, e la composizione di

isomorfismi รจ un isomorfismo, perciรฒ ๐‘† รจ invertibile.

Dunque, detta ๐‘€ = ๐‘€๐‘› โ€ฆ๐‘€1 โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘):

๐•‚๐‘›๐ดโ†’๐•‚๐‘

๐‘€โ†’๐•‚๐‘

๐•‚๐‘›

๐‘†=๐‘€โˆ™๐ดโ†’ ๐•‚๐‘

Sappiamo che ๐‘†๐‘— = ๐‘€ โˆ™ ๐ด๐‘—, ma ๐‘€ รจ un isomorfismo, quindi trasforma basi in basi.

Inoltre {๐‘†๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ} รจ una base di ๐ผ๐‘š(๐‘†), dunque {๐ด๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘—๐‘Ÿ} รจ una base di ๐ผ๐‘š(๐ด).

ALGORITMO PER Lโ€™ESTRAZIONE DI UNA BASE DA UN GRUPPO DI GENERATORI: Dati

๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ โˆˆ ๐•‚๐‘›, sia ๐ด = (๐‘ฃ1 | โ€ฆ | ๐‘ฃ๐‘˜). Detta ๐‘† una ridotta a scalini di ๐ด, se ๐‘†๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘†๐‘—๐‘Ÿ sono le

colonne contenenti i pivots di ๐‘†, allora {๐‘ฃ๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘—๐‘Ÿ} รจ una base ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜).

41

Osservazione: Per estendere ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘š โˆˆ ๐•‚๐‘› linearmente indipendenti a base di ๐•‚๐‘› costruiamo

๐ด = (๐‘ฃ1 | โ€ฆ | ๐‘ฃ๐‘š | ๐‘’1 | โ€ฆ | ๐‘’๐‘›). Poichรฉ i vettori in colonna generano ๐•‚๐‘›, applicando lโ€™algoritmo

precedente estendo ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘š a base di ๐•‚๐‘›.

Osservazione: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›, ๐•‚). So che โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘)| ๐‘€๐ด = ๐‘† a scalini.

Per trovare una tale ๐‘€ riduco (๐ด | ๐ผ๐‘) a scalini fino a ottenere (๐‘† | ๐ต).

Sicuramente โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘)| ๐‘€(๐ด | ๐ผ๐‘) = (๐‘† | ๐ต); allora:

{๐‘€๐ด = ๐‘†๐‘€๐ผ = ๐ต

{๐‘€ = ๐ต๐ต๐ด = ๐‘†

dunque la matrice cercata รจ ๐ต.

CALCOLO DELLโ€™INVERSA: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚). Riduco per righe (๐ด | ๐ผ๐‘›) fino a (๐‘† | โˆ—), con ๐‘† a

scalini. Poichรฉ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†), ๐ด รจ invertibile โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†) = ๐‘›.

Se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†) < ๐‘›, lโ€™algoritmo si ferma, poichรฉ ๐ด non รจ invertibile.

Se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘†) = ๐‘›, proseguo con la riduzione fino a ottenere (๐ผ | ๐ต).

Per lโ€™osservazione precedente, ๐ต๐ด = ๐ผ, cioรจ ๐ต รจ unโ€™inversa sinistra di ๐ด. Ma essendo ๐ด

invertibile, allora ๐ต รจ anche inversa destra: ๐ต = ๐ดโˆ’1.

Notazione: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›). Denotiamo con (๐ด๐‘–1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘–๐‘š| ๐ด๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘—๐‘ž) la sottomatrice di ๐ด

ottenuta in modo che contenga gli elementi nelle intersezioni fra le righe e le colonne

considerate.

DEFINZIONE 2.7.6: Una sottomatrice quadrata si dice minore.

PROPOSIZIONE 2.7.7: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›). Sia ๐ต un minore invertibile di ๐ด.

Allora le righe (o le colonne) che concorrono a formare ๐ต sono linearmente indipendenti.

Dimostrazione:

Sia ๐ต = (๐ด๐‘–1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘–๐‘ž| ๐ด๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘—๐‘ž).

Se ๐›ผ1๐ด๐‘–1+. . . +๐›ผ๐‘ž๐ด๐‘–๐‘ž = 0, a maggior ragione ๐›ผ1๐ต1+. . . +๐›ผ๐‘ž๐ต๐‘ž = 0.

Ma ๐ต1, โ€ฆ , ๐ต๐‘ž sono linearmente indipendenti perchรฉ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ต) = ๐‘ž, quindi ๐›ผ1 =. . . = ๐›ผ๐‘ž = 0.

TEOREMA 2.7.8: Il rango di una matrice coincide con il massimo degli ordini dei suoi minori

invertibili.

Dimostrazione:

Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›); sia ๐‘Ÿ = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด); sia ๐œŒ il massimo degli ordini dei minori di ๐ด invertibili.

๐œŒ โ‰ค ๐‘Ÿ: Sia ๐ต un minore ๐œŒ ร— ๐œŒ di ๐ด invertibile. Allora, per la proposizione precedente,

esistono in ๐ด ๐œŒ righe indipendenti, quindi ๐‘Ÿ โ‰ฅ ๐œŒ.

๐œŒ โ‰ฅ ๐‘Ÿ: Siano ๐ด๐‘–1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘–๐‘Ÿ ๐‘Ÿ righe indipendenti in ๐ด. Allora ho la sottomatrice

๐ต = (๐ด๐‘–1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘–๐‘Ÿ | ๐ด1, โ€ฆ , ๐ด๐‘›) di rango ๐‘Ÿ.

Allora il rango per colonne รจ ๐‘Ÿ, dunque esistono in ๐ต ๐‘Ÿ colonne indipendenti ๐ต๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ต๐‘—๐‘Ÿ.

Allora la sottomatrice ๐‘€ di ๐ต, ๐‘€ = (๐ต1, โ€ฆ , ๐ต๐‘Ÿ | ๐ต๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ต๐‘—๐‘Ÿ) ha rango ๐‘Ÿ, cioรจ รจ un minore

๐‘Ÿ ร— ๐‘Ÿ invertibile di ๐ด.

Dunque ๐œŒ โ‰ฅ ๐‘Ÿ, da cui la tesi.

42

DEFINIZIONE 2.7.7: Sia ๐ต = (๐ด๐‘–1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘–๐‘ž| ๐ด๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘—๐‘ž) un minore di ๐ด. Definiamo minore

orlato di ๐ต un qualunque minore ๐ตโ€ฒ = (๐ด๐‘–1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘–๐‘ž , ๐ดโ„Ž| ๐ด๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘—๐‘ž , ๐ด๐‘˜), con โ„Ž โ‰  ๐‘–1, โ€ฆ , ๐‘–๐‘ž e

๐‘˜ โ‰  ๐‘—1, โ€ฆ , ๐‘—๐‘ž.

TEOREMA DEGLI ORLATI: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘š, ๐‘›,๐•‚). Allora ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘˜ โ‡” โˆƒ un minore ๐‘˜ ร— ๐‘˜

invertibile i cui orlati sono tutti non invertibili.

Dimostrazione:

โ‡’) Sappiamo che se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘˜ allora esiste un minore ๐‘˜ ร— ๐‘˜ invertibile e tutti i minori โ„Ž ร— โ„Ž,

con โ„Ž > ๐‘˜, sono non invertibili. Gli orlati appartengono a questo tipo di minori, dunque

segue la tesi.

โ‡) Se esiste un minore ๐‘„ ๐‘˜ ร— ๐‘˜ invertibile, so che ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) โ‰ฅ ๐‘˜.

Dunque devo mostrare che se tutti gli orlati di ๐‘„ sono non invertibili, effettivamente non

puรฒ essere ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) > ๐‘˜.

Ovvero se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) > ๐‘˜, trovo un orlato di ๐‘„ invertibile.

Sia ๐‘„ dato dalle righe ๐‘…๐‘–1 , โ€ฆ , ๐‘…๐‘–๐‘˜ e dalle colonne ๐ถ๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ถ๐‘—๐‘˜ .

Lโ€™invertibilitร  di ๐‘„ implica che la matrice (๐ถ๐‘—1 |โ€ฆ | ๐ถ๐‘—๐‘˜) ha rango ๐‘˜.

Dunque ๐ถ๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ถ๐‘—๐‘˜ sono elementi di ๐•‚๐‘› linearmente indipendenti.

Se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) > ๐‘˜, allora dim ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ถ1, โ€ฆ , ๐ถ๐‘š) > ๐‘˜, per cui โˆƒ๐ถ๐‘—๐‘˜+1| ๐ถ๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ถ๐‘—๐‘˜ , ๐ถ๐‘—๐‘˜+1 sono

linearmente indipendenti.

Quindi ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ถ๐‘—1 |โ€ฆ | ๐ถ๐‘—๐‘˜ | ๐ถ๐‘—๐‘˜+1) = ๐‘˜ + 1.

Inoltre le righe ๐‘–1, โ€ฆ , ๐‘–๐‘˜ di questa matrice sono linearmente indipendenti, perchรฉ

identificano una sottomatrice che contiene ๐‘„.

Dunque โˆƒ riga ๐‘…๐‘–๐‘˜+1| le righe ๐‘…๐‘–1 , โ€ฆ , ๐‘…๐‘–๐‘˜ , ๐‘…๐‘–๐‘˜+1 di questa matrice (๐‘˜ + 1) ร— (๐‘˜ + 1) sono

linearmente indipendenti.

Questo รจ un orlato invertibile di ๐‘„, dunque ho la tesi.

2.8 SD-EQUIVALENZA

DEFINIZIONE 2.8.1: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare e siano ๐’ฎ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} una base di ๐‘‰ e

๐’ฏ = {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘š} una base di ๐‘Š. Definiamo matrice associata a ๐’‡ rispetto a ๐“ข e ๐“ฃ: ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) = ([๐‘“(๐‘ฃ1)]๐’ฏ |โ€ฆ | [๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)]๐’ฏ)

dove [๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)]๐’ฏ = (

๐›ผ๐‘–,1โ‹ฎ

๐›ผ๐‘–,๐‘š) sono le coordinate di ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) rispetto a ๐’ฏ, cioรจ tali che

๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = ๐›ผ๐‘–,1๐‘ค1+. . . +๐›ผ๐‘–,๐‘š๐‘ค๐‘š.

Osservazione: Sia ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰; allora ๐‘ฃ = ๐‘ฅ1๐‘ฃ1+. . . +๐‘ฅ๐‘›๐‘ฃ๐‘›.

๐‘“(๐‘ฃ) = ๐‘ฅ1๐‘“(๐‘ฃ1)+. . . +๐‘ฅ๐‘›๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) = ๐‘ฅ1(๐›ผ1,1๐‘ค1+. . . +๐›ผ1,๐‘š๐‘ค๐‘š)+. . . +๐‘ฅ๐‘›(๐›ผ๐‘›,1๐‘ค1+. . . +๐›ผ๐‘›,๐‘š๐‘ค๐‘š) =

= (๐›ผ1,1๐‘ฅ1+. . . +๐›ผ๐‘›,1๐‘ฅ๐‘›)๐‘ค1+. . . +(๐›ผ1,๐‘š๐‘ฅ1+. . . +๐›ผ๐‘›,๐‘š๐‘ฅ๐‘›)๐‘ค๐‘š, cioรจ:

[๐‘“(๐‘ฃ)]๐’ฏ = (

๐›ผ1,1๐‘ฅ1+. . . +๐›ผ๐‘›,1๐‘ฅ๐‘›โ‹ฎ

๐›ผ1,๐‘š๐‘ฅ1+. . . +๐›ผ๐‘›,๐‘š๐‘ฅ๐‘›

) = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) โˆ™ (

๐‘ฅ1โ‹ฎ๐‘ฅ๐‘›) = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) โˆ™ [๐‘ฃ]๐’ฎ

43

TEOREMA 2.8.1: Siano ๐‘‰,๐‘Š spazi vettoriali tali che dim๐‘‰ = ๐‘›, dim๐‘Š = ๐‘š.

Sia ๐’ฎ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰ e ๐’ฏ = {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘š} base di ๐‘Š.

Allora lโ€™applicazione: ๐”๐’ฎ,๐’ฏ: ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š) โ†’ โ„ณ(๐‘š, ๐‘›,๐•‚)| ๐‘“ โ†’ ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“)

รจ un isomorfismo.

Dimostrazione:

๐”๐’ฎ,๐’ฏ รจ evidentemente lineare;

รˆ iniettiva, poichรฉ se ๐‘“ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐”๐’ฎ,๐’ฏ), [๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“)]1=. . . = [๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“)]

๐‘›= 0, cioรจ ๐‘“(๐‘ฃ1) =. . . =

๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) = 0, e per il teorema che dice che โˆƒ! applicazione lineare che manda una base in

vettori preassegnati, allora ๐‘“ รจ lโ€™applicazione nulla.

๐”๐’ฎ,๐’ฏ รจ surgettiva, poichรฉ โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘š, ๐‘›) โˆƒ! ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare tale che

[๐‘“(๐‘ฃ1)]๐’ฏ = ๐ด1, โ€ฆ , [๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)]๐’ฏ = ๐ด๐‘›, dunque ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) = ๐ด.

COROLLARIO 2.8.2: Siano ๐‘‰,๐‘Š spazi vettoriali tali che dim๐‘‰ = ๐‘›, dim๐‘Š = ๐‘š. Allora

dim๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š) = ๐‘š โˆ™ ๐‘›.

Dimostrazione:

Segue dal fatto che โˆ€basi di ๐‘‰ e ๐‘Š, lโ€™applicazione ๐”๐’ฎ,๐’ฏ: ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š) โ†’ โ„ณ(๐‘š, ๐‘›,๐•‚) รจ un

isomorfismo e dimโ„ณ(๐‘š, ๐‘›,๐•‚) = ๐‘š โˆ™ ๐‘›.

Notazione: Se ๐‘‰ รจ uno spazio vettoriale e โ„ฌ รจ base di ๐‘‰, denotiamo con ๐‘‰โ„ฌ lo spazio ๐‘‰ rispetto

alla base โ„ฌ.

PROPOSIZIONE 2.8.3: Siano ๐‘“: ๐‘ˆ๐’ฎ โ†’ ๐‘‰๐’ฏ e ๐‘”: ๐‘‰๐’ฏ โ†’ ๐‘Šโ„› lineari e siano ๐ด = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) e

๐ต = ๐”๐’ฏ,โ„›(๐‘”). Allora ๐”๐’ฎ,โ„›(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = ๐ต โˆ™ ๐ด.

Dimostrazione:

โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ, [(๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ข)]โ„› = [๐‘”(๐‘“(๐‘ข))]โ„›= ๐ต โˆ™ [๐‘“(๐‘ข)]๐’ฏ = ๐ต โˆ™ ๐ด โˆ™ [๐‘ข]๐’ฎ, da cui la tesi.

Osservazione: Se ๐’ฎ รจ base di ๐‘‰, ๐’ฏ รจ base di ๐‘Š e ๐ด = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“), allora il diagramma

[ ]๐’ฎ

๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

๐‘“โ†’.

๐ดโ†’ ๐‘Šโ†“๐•‚๐‘š

[ ]๐’ฏ

รจ commutativo, cioรจ per โ€œandareโ€ da uno spazio allโ€™altro si puรฒ seguire un qualsiasi percorso

(dunque ad esempio ๐ด โˆ˜ [ ]๐’ฎ = [ ]๐’ฏ โˆ˜ ๐‘“).

Inoltre il diagramma:

[ ]๐’ฎ

๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

๐‘“โ†’.

๐ดโ†’ ๐‘Šโ†“๐•‚๐‘š

๐‘”โ†’[ ]๐’ฏ

๐ตโ†’

โž ๐‘”โˆ˜๐‘“

โŸ ๐ตโˆ™๐ด

๐‘โ†“๐•‚๐‘

[ ]โ„›

รจ commutativo.

PROPOSIZIONE 2.8.4: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare, ๐ด = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“). Allora ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด).

Dimostrazione:

Sia ๐‘† = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}; allora ๐ผ๐‘š(๐‘“) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘“(๐‘ฃ1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)).

44

Inoltre [๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)]๐’ฏ = ๐ด๐‘– โˆ€๐‘–.

Se ๐œ‘ = [ ]๐’ฏ:๐‘Š โ†’ ๐•‚๐‘š รจ lโ€™isomorfismo indotto dalla base ๐’ฏ, allora ๐œ‘(๐ผ๐‘š(๐‘“)) = ๐’ž(๐ด) = ๐ผ๐‘š(๐ด).

Per cui ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = dim ๐ผ๐‘š(๐‘“) = dim ๐ผ๐‘š(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด).

Osservazione: Per la proposizione precedente, se {๐ด๐‘—1 , โ€ฆ , ๐ด๐‘—๐‘Ÿ} รจ una base di ๐ผ๐‘š(๐ด), allora

{๐‘“(๐‘ฃ๐‘—1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘—๐‘Ÿ)} รจ una base di ๐ผ๐‘š(๐‘“).

COROLLARIO 2.8.5: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare, dim๐‘‰ = dim๐‘Š = ๐‘›.

Allora ๐‘“ รจ invertibile โ‡” ๐ด = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) รจ invertibile.

Dimostrazione:

๐‘“ รจ invertibile โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘› โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘› โ‡” ๐ด รจ invertibile.

DEFINIZIONE 2.8.2: Siano ๐’ฎ, ๐’ฏ basi di ๐‘‰. Definiamo matrice del cambiamento di base da ๐’ฎ a ๐’ฏ

la matrice ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘–๐‘‘).

Osservazioni: 1) Se ๐‘ = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘–๐‘‘) e ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, allora [๐‘ฃ]๐’ฏ = ๐‘ โˆ™ [๐‘ฃ]๐’ฎ. Dunque ๐‘ trasforma le

coordinate di ๐‘ฃ rispetto a ๐’ฎ nelle coordinate di ๐‘ฃ rispetto a ๐’ฏ.

2) Evidentemente ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘–๐‘‘) โˆ™ ๐”๐’ฏ,๐’ฎ(๐‘–๐‘‘) = ๐ผ, dunque ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘–๐‘‘) รจ invertibile e

(๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘–๐‘‘))โˆ’1

= ๐”๐’ฏ,๐’ฎ(๐‘–๐‘‘).

3) Se โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ base di ๐‘‰, allora [ ]โ„ฌ(๐‘ฃ๐‘–) = ๐‘’๐‘–, cioรจ [ ]โ„ฌ trasforma โ„ฌ nella base canonica

di ๐•‚๐‘›.

4) Se ๐‘”: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚๐‘› รจ un isomorfismo, allora โˆƒ! base โ„ฌ di ๐‘‰ tale che ๐‘” = [ ]โ„ฌ.

Infatti, per lโ€™osservazione precedente, โ„ฌ = {๐‘”โˆ’1(๐‘’1),โ€ฆ , ๐‘”โˆ’1(๐‘’๐‘›)}, dunque รจ unica.

PROPOSIZIONE 2.8.6: Sia ๐‘‰ uno spazio vettoriale, dim๐‘‰ = ๐‘›, โ„ฌ base di ๐‘‰, ๐ด โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›). Allora:

1) โˆƒ! base ๐’ฎ di ๐‘‰ | ๐ด = ๐”๐’ฎ,โ„ฌ(๐‘–๐‘‘);

2) โˆƒ! base ๐’ฏ di ๐‘‰ | ๐ด = ๐”โ„ฌ,๐’ฏ(๐‘–๐‘‘).

Dimostrazione:

1) Le ipotesi creano una situazione del genere:

๐‘‰.๐•‚๐‘›

๐‘–๐‘‘โ†’.

๐ดโ†’ ๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

[ ]โ„ฌ

๐ด รจ un isomorfismo, dunque anche ๐ดโˆ’1 รจ un isomorfismo.

Allora โˆƒ! isomorfismo ๐‘”: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚๐‘›| il diagramma:

๐‘”๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

๐‘–๐‘‘โ†’.

๐ดโ†’ ๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

[ ]โ„ฌ

commuti. In particolare ๐‘” = ๐ดโˆ’1 โˆ˜ [ ]โ„ฌ.

Per lโ€™osservazione 4) โˆƒ! base ๐’ฎ di ๐‘‰ tale che ๐‘” = [ ]๐’ฎ (che dunque sarร 

๐’ฎ = {๐‘”โˆ’1(๐‘’1), โ€ฆ , ๐‘”โˆ’1(๐‘’๐‘›)} = {[ ]โ„ฌโˆ’1(๐ด(๐‘’1)), โ€ฆ , [ ]โ„ฌ

โˆ’1(๐ด(๐‘’๐‘›))} = {[๐ด1]โ„ฌโˆ’1, โ€ฆ , [๐ด๐‘›]โ„ฌ

โˆ’1).

2) โˆƒ! ๐‘” = ๐ด โˆ˜ [ ]โ„ฌ isomorfismo che rende commutativo il diagramma:

45

[ ]โ„ฌ

๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

๐‘–๐‘‘โ†’.

๐ดโ†’ ๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

๐‘”

Per lโ€™osservazione 4) โˆƒ! base ๐’ฏ di ๐‘‰ tale che ๐‘” = [ ]๐’ฏ.

Osservazione: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare, ๐’ฎ, ๐’ฎโ€ฒ basi di ๐‘‰, ๐’ฏ, ๐’ฏโ€ฒ basi di ๐‘Š. Siano ๐ด = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) e

๐ดโ€ฒ = ๐”๐’ฎโ€ฒ,๐’ฏโ€ฒ(๐‘“). Siano inoltre ๐‘ = ๐”๐’ฎโ€ฒ,๐’ฎ(๐‘–๐‘‘) e ๐‘€ = ๐”๐’ฏ,๐’ฏโ€ฒ(๐‘–๐‘‘).

La situazione dei dati รจ dunque:

๐‘

๐‘‰๐’ฎโ†‘๐‘‰๐’ฎโ€ฒ

๐ดโ†’.

๐ดโ€ฒโ†’

๐‘Š๐’ฏ

โ†“๐‘Š๐’ฏโ€ฒ

๐‘€

Il diagramma รจ commutativo e dunque ๐ดโ€ฒ = ๐‘€๐ด๐‘, ossia:

๐”๐’ฎโ€ฒ,๐’ฏโ€ฒ(๐‘“) = ๐”๐’ฏ,๐’ฏโ€ฒ(๐‘–๐‘‘) โˆ™ ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐‘“) โˆ™ ๐”๐’ฎโ€ฒ,๐’ฎ(๐‘–๐‘‘).

DEFINIZIONE 2.8.3: ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š). ๐‘“ e ๐‘” si dicono SD-equivalenti (๐‘“ โ‰ก๐‘†๐ท ๐‘”) โ‡”

โˆƒโ„Ž โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘Š), โˆƒ๐‘˜ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐‘” = โ„Ž โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘˜.

Osservazioni: 1) โ‰ก๐‘†๐ท รจ una relazione di equivalenza (la verifica รจ lasciata al lettore);

2) Se ๐‘“ โ‰ก๐‘†๐ท ๐‘”, allora ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘”), poichรฉ componendo isomorfismi il rango non cambia (il

rango รจ dunque un invariante per โ‰ก๐‘†๐ท);

DEFINIZIONE 2.8.4: ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›, ๐•‚). ๐ด โ‰ก๐‘†๐ท ๐ต โ‡” โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘), โˆƒ๐‘ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›)| ๐ต = ๐‘€๐ด๐‘.

Osservazione: Dalle definizioni segue immediatamente che, se ๐ด = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘“), ๐ต = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘”),

allora ๐‘“ โ‰ก๐‘†๐ท ๐‘” โ‡” ๐ด โ‰ก๐‘†๐ท ๐ต.

Osservazione: Se ๐ต = ๐‘€๐ด๐‘, con ๐‘€,๐‘ invertibili, posso vedere ๐ด come unโ€™applicazione lineare:

๐ด = ๐”๐’ž,๐’ž(๐ด), dove ๐’ž รจ la base canonica.

Inoltre, se interpreto ๐‘ = ๐”๐’ฎ,๐’ž(๐‘–๐‘‘๐•‚๐‘›), ๐‘€ = ๐”๐’ž,๐’ฏ(๐‘–๐‘‘๐•‚๐‘):

๐•‚๐’ฎ๐‘›

๐‘โ†’๐•‚๐’ž

๐‘›

๐ดโ†’๐•‚๐’ž

๐‘

๐‘€โ†’๐•‚๐’ฏ

๐‘

Allora ๐ต = ๐”๐’ฎ,๐’ฏ(๐ด).

Per cui ๐ด โ‰ก๐‘†๐ท ๐ต โ‡” rappresentano la stessa applicazione lineare in basi diverse.

Estendiamo questa osservazione al caso delle applicazioni lineari con la seguente proposizione:

PROPOSIZIONE 2.8.7: ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š). Allora:

๐‘“ โ‰ก๐‘†๐ท ๐‘” โ‡” โˆƒโ„ฌ,โ„ฌโ€ฒ basi di ๐‘‰, โˆƒ๐’ฎ, ๐’ฎโ€ฒ base di ๐‘Š tali che ๐”โ„ฌโ€ฒ,๐’ฎโ€ฒ(๐‘“) = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘”).

Dimostrazione:

โ‡’) Fisso โ„ฌ base di ๐‘‰ e ๐’ฎ base di ๐‘Š.

Per ipotesi โˆƒโ„Ž โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘Š), โˆƒ๐‘˜ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐‘” = โ„Ž โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘˜:

46

[ ]โ„ฌ

๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

๐‘˜โ†’.

๐‘โ†’[ ]โ„ฌ

๐‘‰โ†“๐•‚๐‘›

๐‘“โ†’.

๐ดโ†’ [ ]๐’ฎ

๐‘Šโ†“๐•‚๐‘

โ„Žโ†’.

๐‘€โ†’

โž ๐‘”=โ„Žโˆ˜๐‘“โˆ˜๐‘˜

๐‘Šโ†“๐•‚๐‘

[ ]๐’ฎ

Allora ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘”) = ๐‘€๐ด๐‘, con ๐ด = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘“).

Interpreto ๐‘ e ๐‘€ come matrici del cambiamento di base:

โˆƒ! โ„ฌโ€ฒ base di ๐‘‰| ๐”โ„ฌโ€ฒ,โ„ฌ(๐‘–๐‘‘๐‘‰) = ๐‘,

โˆƒ! ๐’ฎโ€ฒ base di ๐‘Š| ๐”๐’ฎ,๐’ฎโ€ฒ(๐‘–๐‘‘๐‘Š) = ๐‘€.

Allora ๐”โ„ฌโ€ฒ,๐’ฎโ€ฒ(๐‘“) = ๐”๐’ฎ,๐’ฎโ€ฒ(๐‘–๐‘‘๐‘Š) โˆ™ ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘“) โˆ™ ๐”โ„ฌโ€ฒ,โ„ฌ(๐‘–๐‘‘๐‘‰) = ๐‘€๐ด๐‘ = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘”).

โ‡) Analogo.

PROPOSIZIONE 2.8.8: ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare, dim๐‘‰ = ๐‘›, dim๐‘Š = ๐‘, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘Ÿ.

Allora โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰, โˆƒ๐’ฎ base di ๐‘Š:

๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘“) = (๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ) โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚)

Dimostrazione:

dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = ๐‘› โˆ’ ๐‘Ÿ.

Sia {๐‘ฃ๐‘Ÿ+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} una base di ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“).

Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘Ÿ , ๐‘ฃ๐‘Ÿ+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰.

Allora {๐‘“(๐‘ฃ1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘Ÿ)} รจ una base di ๐ผ๐‘š(๐‘“) (in quanto ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = 0 โˆ€๐‘Ÿ + 1 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘›).

La completo a ๐’ฎ = {๐‘“(๐‘ฃ1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘Ÿ), ๐‘ค๐‘Ÿ+1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘} base di ๐‘Š.

Allora โ„ฌ e ๐’ฎ verificano la tesi.

TEOREMA 2.8.9: ๐‘“ โ‰ก๐‘†๐ท ๐‘” โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘”).

Dimostrazione:

โ‡’) Giร  vista.

โ‡) Se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘”) = ๐‘Ÿ, allora per la proposizione precedente โˆƒโ„ฌ, ๐’ฎ basi| ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘”) = (๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ),

โˆƒโ„ฌโ€ฒ, ๐’ฎโ€ฒ basi| ๐”โ„ฌโ€ฒ,๐’ฎโ€ฒ(๐‘“) = (๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ).

Poichรฉ โ‰ก๐‘†๐ท รจ una relazione di equivalenza, ho la tesi.

Osservazione: Il rango รจ dunque un invariante completo per โ‰ก๐‘†๐ท, in altre parole lโ€™insieme

quoziente ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐‘Š)/โ‰ก๐‘†๐ท ha ๐‘Ÿ = min(dim๐‘‰ , dim๐‘Š) + 1 classi di equivalenza, in quanto il

rango di una matrice ๐‘š โˆ™ ๐‘› puรฒ oscillare fra 0 e min(dim๐‘‰ , dim๐‘Š).

Esprimiamo le due precedenti proposizioni anche a livello matriciale:

PROPOSIZIONE 2.8.10: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚). Se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ โ‡’ ๐ด โ‰ก๐‘†๐ท (๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ).

TEOREMA 2.8.11: ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›,๐•‚). Allora ๐ด โ‰ก๐‘†๐ท ๐ต โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ต).

47

Si ritrova dunque il seguente risultato:

COROLLARIO 2.8.12: ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ๐‘˜( ๐ด.๐‘ก ).

Dimostrazione:

Denotiamo ๐ฝ๐‘Ÿ(๐‘, ๐‘›) = (๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ) โˆˆ โ„ณ(๐‘, ๐‘›).

Se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ, โˆƒ๐‘€,๐‘ invertibili| ๐ด = ๐‘€ โˆ™ ๐ฝ๐‘Ÿ(๐‘, ๐‘›) โˆ™ ๐‘.

Dunque ๐ด.๐‘ก = ๐‘.

๐‘ก โˆ™ ๐ฝ๐‘Ÿ(๐‘, ๐‘›).๐‘ก โˆ™ ๐‘€.

๐‘ก = ๐‘.๐‘ก โˆ™ ๐ฝ๐‘Ÿ(๐‘›, ๐‘) โˆ™ ๐‘€.

๐‘ก .

Ma ๐‘€.๐‘ก e ๐‘.

๐‘ก sono invertibili, dunque ๐ด.๐‘ก โ‰ก๐‘†๐ท ๐ฝ๐‘Ÿ(๐‘›, ๐‘).

Poichรฉ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ฝ๐‘Ÿ(๐‘›, ๐‘)) = ๐‘Ÿ, segue che ๐‘Ÿ๐‘˜( ๐ด.๐‘ก ) = ๐‘Ÿ.

2.9 SPAZIO DUALE

DEFINIZIONE 2.9.1: Sia ๐‘‰ un ๐•‚-spazio vettoriale. Si definisce spazio duale ๐‘‰โˆ— = ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰,๐•‚).

Gli elementi ๐‘ฃ๐‘–โˆ— di ๐‘‰โˆ— sono detti funzionali lineari.

PROPOSIZIONE 2.9.1: Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰. โˆ€๐‘–, sia ๐‘ฃ๐‘–โˆ—: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ il funzionale definito da

๐‘ฃ๐‘–โˆ—(๐‘ฃ๐‘—) = ๐›ฟ๐‘–๐‘—, dove ๐›ฟ๐‘–๐‘— รจ il delta di Kronecker.

Allora โ„ฌโˆ— = {๐‘ฃ1โˆ—, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›

โˆ—} รจ base di ๐‘‰โˆ—, detta base duale di โ„ฌ.

Dimostrazione:

I ๐‘ฃ๐‘–โˆ— sono linearmente indipendenti, infatti se ๐‘Ž1๐‘ฃ1

โˆ—+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›โˆ— = 0, allora

(๐‘Ž1๐‘ฃ1โˆ—+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›

โˆ—)(๐‘ฃ๐‘—) = 0 โˆ€๐‘—. Poichรฉ 0 = (๐‘Ž1๐‘ฃ1โˆ—+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›

โˆ—)(๐‘ฃ๐‘—) = (๐‘Ž๐‘—๐‘ฃ๐‘—โˆ—)(๐‘ฃ๐‘—) = ๐‘Ž๐‘— โˆ€๐‘—,

concludiamo che ๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘› = 0.

Dimostriamo che generano:

sia ๐‘“ โˆˆ ๐‘‰โˆ—; cerco ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› โˆˆ ๐•‚| ๐‘“ = ๐‘Ž1๐‘ฃ1โˆ—+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›

โˆ—.

Poichรฉ โˆ€๐‘—, ๐‘“(๐‘ฃ๐‘—) = (๐‘Ž1๐‘ฃ1โˆ—+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›

โˆ—)(๐‘ฃ๐‘—) = ๐‘Ž๐‘—, basta scegliere ๐‘Ž๐‘– = ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) e ottengo la tesi.

Osservazione: Per la dimostrazione precedente, [๐‘“]โ„ฌโˆ— = (๐‘“(๐‘ฃ1)โ‹ฎ

๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)).

DEFINIZIONE 2.9.2: Si definisce spazio biduale ๐‘‰โˆ—โˆ— = (๐‘‰โˆ—)โˆ— = ๐ป๐‘œ๐‘š(๐‘‰โˆ—, ๐•‚).

Osservazione: dim๐‘‰ = dim๐‘‰โˆ— = dim๐‘‰โˆ—โˆ—.

Notazione: Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} una base di ๐‘‰. Poniamo ๐œ‘โ„ฌ: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰โˆ—| ๐‘ฃ๐‘– โ†’ ๐œ‘โ„ฌ(๐‘ฃ๐‘–) = ๐‘ฃ๐‘–โˆ— โˆ€๐‘–.

Quindi:

๐‘‰๐œ‘โ„ฌโ†’ ๐‘‰โˆ—

๐œ‘โ„ฌโˆ—

โ†’ ๐‘‰โˆ—โˆ—

TEOREMA 2.9.2: Lโ€™applicazione ๐œ“๐‘‰: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰โˆ—โˆ—| ๐‘ฃ โ†’ ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ), dove

๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ): ๐‘‰โˆ— โ†’ ๐•‚| ๐‘” โ†’ ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ)(๐‘”) = ๐‘”(๐‘ฃ):

1) รจ un isomorfismo canonico;

2) โˆ€ base โ„ฌ di ๐‘‰, ๐œ‘โ„ฌโˆ— โˆ˜ ๐œ‘โ„ฌ = ๐œ“๐‘‰.

48

Dimostrazione:

1) Dimostriamo innanzitutto che effettivamente ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ) โˆˆ ๐‘‰โˆ—โˆ—, cioรจ che ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ) รจ lineare โˆ€๐‘ฃ:

โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, โˆ€๐œ†, ๐œ‡ โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐‘‰โˆ—, ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ)(๐œ†๐‘“ + ๐œ‡๐‘”) = (๐œ†๐‘“ + ๐œ‡๐‘”)(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘“(๐‘ฃ) + ๐œ‡๐‘”(๐‘ฃ) =

๐œ†๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ)(๐‘“) + ๐œ‡๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ)(๐‘”), che implica che ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ) รจ lineare perchรฉ conserva le combinazioni

lineari; dunque ๐œ“๐‘‰: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰โˆ—โˆ— รจ ben definita.

Lasciamo la verifica che ๐œ“๐‘‰ รจ lineare, cioรจ che โˆ€๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2 โˆˆ ๐‘‰, ๐œ“๐‘‰(๐‘Ž1๐‘ฃ1 + ๐‘Ž2๐‘ฃ2) = ๐‘Ž1๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ1) +

๐‘Ž2๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ2), cioรจ che ๐œ“๐‘‰(๐‘Ž1๐‘ฃ1 + ๐‘Ž2๐‘ฃ2)(๐‘”) = (๐‘Ž1๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ1) + ๐‘Ž2๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ2))(๐‘”) โˆ€๐‘” โˆˆ ๐‘‰โˆ—.

Poichรฉ dim๐‘‰โˆ—โˆ— = dim๐‘‰, dimostriamo solo lโ€™iniettivitร  di ๐œ“๐‘‰:

sia ๐‘ฃ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘‰) โ‡’ ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ) = 0 โ‡’ ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ)(๐‘”) = ๐‘”(๐‘ฃ) = 0 โˆ€๐‘” โˆˆ ๐‘‰โˆ— โ‡’ ๐‘ฃ = 0, poichรฉ se

๐‘ฃ โ‰  0, โˆƒ๐‘”: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ lineare| ๐‘”(๐‘ฃ) โ‰  0, assurdo.

Dunque ๐œ“๐‘‰ รจ un isomorfismo ed evidentemente non dipende da nessuna base.

2) Devo mostrare che, fissata โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}, (๐œ‘โ„ฌโˆ— โˆ˜ ๐œ‘โ„ฌ)(๐‘ฃ๐‘–) = ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ๐‘–) โˆ€๐‘–, poichรฉ se due

applicazioni lineari coincidono su una base, evidentemente coincidono su qualunque

elemento dello spazio e dunque sono uguali.

Ma poichรฉ (๐œ‘โ„ฌโˆ— โˆ˜ ๐œ‘โ„ฌ)(๐‘ฃ๐‘–) e ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ๐‘–) sono due funzionali di ๐‘‰โˆ—โˆ—, per mostrare che sono uguali

bisogna far vedere che coincidono su una base di ๐‘‰โˆ—, cioรจ che

(๐œ‘โ„ฌโˆ— โˆ˜ ๐œ‘โ„ฌ)(๐‘ฃ๐‘–)(๐‘ฃ๐‘—โˆ—) = ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ๐‘–)(๐‘ฃ๐‘—

โˆ—) โˆ€๐‘—.

Ora:

(๐œ‘โ„ฌโˆ— โˆ˜ ๐œ‘โ„ฌ)(๐‘ฃ๐‘–)(๐‘ฃ๐‘—โˆ—) = (๐œ‘โ„ฌโˆ—(๐œ‘โ„ฌ(๐‘ฃ๐‘–))) (๐‘ฃ๐‘—

โˆ—) = (๐œ‘โ„ฌโˆ—(๐‘ฃ๐‘–โˆ—))(๐‘ฃ๐‘—

โˆ—) = (๐‘ฃ๐‘–โˆ—โˆ—)(๐‘ฃ๐‘—

โˆ—) = ๐›ฟ๐‘–๐‘—;

๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ๐‘–)(๐‘ฃ๐‘—โˆ—) = (๐‘ฃ๐‘—

โˆ—)(๐‘ฃ๐‘–) = ๐›ฟ๐‘–๐‘—, dunque ho la tesi.

DEFINIZIONE 2.9.3: Sia ๐‘† โŠ‚ ๐‘‰. Si definisce annullatore di ๐‘† ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†) = {๐‘“ โˆˆ ๐‘‰โˆ—|๐‘“|๐‘† โ‰ก 0}.

PROPOSIZIONE 2.9.3: 1) โˆ€๐‘† โŠ‚ ๐‘‰, ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†) รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰โˆ—

2) ๐‘† โŠ† ๐‘‡ โ‡’ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘‡) โŠ† ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†) 3) Se ๐‘ˆ รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰ e dim๐‘ˆ = ๐‘˜ โ‡’ dim๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) = ๐‘› โˆ’ ๐‘˜

4) โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐‘‰โˆ—, ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘“) = ๐œ“๐‘‰(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“))

5) โˆ€๐‘ˆ sottospazio vettoriale di ๐‘‰, ๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ)) = ๐œ“๐‘‰(๐‘ˆ).

Dimostrazione:

1) รˆ una semplice verifica.

2) Se ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘‡) โ‡’ ๐‘“(๐‘ฃ) = 0 โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‡ โŠ‡ ๐‘† โ‡’ ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†).

3) Sia {๐‘ข1, โ€ฆ , ๐‘ข๐‘˜} base di ๐‘ˆ. La completo a {๐‘ข1, โ€ฆ ๐‘ข๐‘˜, ๐‘ฃ๐‘˜+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰. Provo che

{๐‘ฃ๐‘˜+1โˆ— , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›

โˆ—} รจ base di ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ):

Sicuramente ๐‘ฃ๐‘–โˆ— โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) โˆ€๐‘– โ‰ฅ ๐‘˜ + 1, poichรฉ ๐‘ฃ๐‘–

โˆ—(๐‘ข๐‘—) = 0 โˆ€๐‘— โ‰ค ๐‘˜;

๐‘ฃ๐‘˜+1โˆ— , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›

โˆ— sono linearmente indipendenti perchรฉ elementi della base duale;

Mostriamo ora che ๐‘ฃ๐‘˜+1โˆ— , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›

โˆ— generano:

Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) โŠ‚ ๐‘‰โˆ— โ‡’ โˆƒ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› โˆˆ ๐•‚| ๐‘“ = ๐‘Ž1๐‘ข1โˆ—+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ข๐‘˜

โˆ— + ๐‘Ž๐‘˜+1๐‘ฃ๐‘˜+1โˆ— +. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›

โˆ—.

Poichรฉ ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ), allora ๐‘“(๐‘ข๐‘–) = 0 โˆ€๐‘– โ‰ค ๐‘˜, quindi ๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘˜ = 0.

Dunque ๐‘“ = ๐‘Ž๐‘˜+1๐‘ฃ๐‘˜+1โˆ— +. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›

โˆ—, da cui la tesi.

4) ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘“) = {โ„Ž โˆˆ ๐‘‰โˆ—โˆ—|โ„Ž(๐‘“) = 0} = {๐œ“๐‘‰(๐‘ฅ) โˆˆ ๐‘‰โˆ—โˆ—|๐œ“๐‘‰(๐‘ฅ)(๐‘“) = ๐‘“(๐‘ฅ) = 0} =

๐œ“๐‘‰({๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰|๐‘“(๐‘ฅ) = 0} = ๐œ“๐‘‰(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“)).

5) Poichรฉ dim๐œ“๐‘‰(๐‘ˆ) = dim๐‘ˆ = ๐‘› โˆ’ dim๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) = ๐‘› โˆ’ ๐‘› + dim๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ)) =

dim๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ)), dimostro solo che ๐œ“๐‘‰(๐‘ˆ) โŠ† ๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ):

โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘ˆ, ๐œ“๐‘‰(๐‘ฅ)|๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) = 0, perchรฉ โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ), ๐œ“๐‘‰(๐‘ฅ)(๐‘“) = ๐‘“(๐‘ฅ) = 0.

49

Notazione: Al posto di ๐œ“๐‘‰(๐‘ˆ) scriveremo semplicemente ๐‘ˆ.

DEFINZIONE 2.9.4: Sia ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare. Definiamo trasposta di ๐‘“:

๐‘“.๐‘ก :๐‘Šโˆ— โ†’ ๐‘‰โˆ—| ๐‘“.

๐‘ก (๐‘”) = ๐‘” โˆ˜ ๐‘“.

Osservazione: รˆ una buona definizione, poichรฉ se ๐‘”:๐‘Š โ†’ ๐•‚, allora ๐‘” โˆ˜ ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š โ†’ ๐•‚, cioรจ

๐‘” โˆ˜ ๐‘“ โˆˆ ๐‘‰โˆ—.

PROPOSIZIONE 2.9.4: 1) ๐‘“.๐‘ก :๐‘Šโˆ— โ†’ ๐‘‰โˆ— รจ lineare

2) ( ๐‘“.๐‘ก ).

๐‘ก = ๐‘“ (grazie allโ€™identificazione degli isomorfismi canonici ๐œ“๐‘‰ e ๐œ“๐‘Š), cioรจ รจ

commutativo il diagramma:

๐œ“๐‘‰

๐‘‰โ†“๐‘‰โˆ—โˆ—

๐‘“โ†’.

( ๐‘“.๐‘ก )

.

๐‘กโ†’

๐‘Šโ†“

๐‘Šโˆ—โˆ—๐œ“๐‘Š

3) Se โ„Ž:๐‘Š โ†’ ๐‘ รจ lineare, allora (โ„Ž โˆ˜ ๐‘“).๐‘ก = ๐‘“.

๐‘ก โˆ˜ โ„Ž.๐‘ก

4) ๐พ๐‘’๐‘Ÿ( ๐‘“.๐‘ก ) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐ผ๐‘š(๐‘“))

5) ๐ผ๐‘š( ๐‘“.๐‘ก ) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“))

6) Se โ„ฌ รจ base di ๐‘‰ e ๐’ฎ รจ base di ๐‘Š, ๐”๐’ฎโˆ—,โ„ฌโˆ—( ๐‘“.๐‘ก ) = (๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘“))

.

๐‘ก

.

Dimostrazione:

1) โˆ€๐‘Ž1, ๐‘Ž2 โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐‘”1, ๐‘”2 โˆˆ ๐‘Šโˆ—:

๐‘“.๐‘ก (๐‘Ž1๐‘”1 + ๐‘Ž2๐‘”2) = (๐‘Ž1๐‘”1 + ๐‘Ž2๐‘”2) โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘Ž1(๐‘”1 โˆ˜ ๐‘“) + ๐‘Ž2(๐‘”2 โˆ˜ ๐‘“) = ๐‘Ž1 ๐‘“.

๐‘ก (๐‘”1) + ๐‘Ž2 ๐‘“.๐‘ก (๐‘”2).

2) Devo mostrare che ๐œ“๐‘Š โˆ˜ ๐‘“ = ( ๐‘“.๐‘ก ).

๐‘ก โˆ˜ ๐œ“๐‘‰, ossia che

โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, (๐œ“๐‘Š โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ) = ( ( ๐‘“.๐‘ก ).

๐‘ก โˆ˜ ๐œ“๐‘‰)(๐‘ฃ), ossia che

โˆ€๐‘” โˆˆ ๐‘Šโˆ—, (๐œ“๐‘Š โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ)(๐‘”) = ( ( ๐‘“.๐‘ก ).

๐‘ก โˆ˜ ๐œ“๐‘‰)(๐‘ฃ)(๐‘”).

(๐œ“๐‘Š โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ)(๐‘”) = ๐œ“๐‘Š(๐‘“(๐‘ฃ))(๐‘”) = ๐‘”(๐‘“(๐‘ฃ)) = (๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ);

( ( ๐‘“.๐‘ก ).

๐‘ก โˆ˜ ๐œ“๐‘‰)(๐‘ฃ)(๐‘”) = ( ๐‘“.๐‘ก ).

๐‘ก (๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ))(๐‘”) = (๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ) โˆ˜ ๐‘“.๐‘ก )(๐‘”) = ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ)( ๐‘“.

๐‘ก (๐‘”)) =

= ๐œ“๐‘‰(๐‘ฃ)(๐‘” โˆ˜ ๐‘“) = (๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ).

3) โˆ€๐‘” โˆˆ ๐‘โˆ—, (โ„Ž โˆ˜ ๐‘“).๐‘ก (๐‘”) = ๐‘” โˆ˜ โ„Ž โˆ˜ ๐‘“ = โ„Ž.

๐‘ก (๐‘”) โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘“.๐‘ก ( โ„Ž.

๐‘ก (๐‘”)) = ( ๐‘“.๐‘ก โˆ˜ โ„Ž.

๐‘ก )(๐‘”).

4) โŠ†) Sia ๐‘” โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ( ๐‘“.๐‘ก ), cioรจ ๐‘“.

๐‘ก (๐‘”) = ๐‘” โˆ˜ ๐‘“ = 0 โ‡’ โˆ€๐‘“(๐‘ฅ) โˆˆ ๐ผ๐‘š(๐‘“), ๐‘”(๐‘“(๐‘ฅ)) = 0, quindi

๐‘” โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐ผ๐‘š(๐‘“));

โŠ‡) Sia ๐‘” โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐ผ๐‘š(๐‘“)) โ‡’ โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘”(๐‘“(๐‘ฅ)) = 0, cioรจ ( ๐‘“.๐‘ก (๐‘”))(๐‘ฅ) = 0 โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, quindi

๐‘“.๐‘ก (๐‘”) = 0, cioรจ ๐‘” โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ( ๐‘“.

๐‘ก ).

5) Per la 4) so che ๐พ๐‘’๐‘Ÿ( ( ๐‘“.๐‘ก ).

๐‘ก ) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐ผ๐‘š( ๐‘“.๐‘ก )), cioรจ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐ผ๐‘š( ๐‘“.

๐‘ก )), quindi,

applicando lโ€™annullatore, ๐ด๐‘›๐‘›(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“)) = ๐ด๐‘›๐‘› (๐ด๐‘›๐‘›(๐ผ๐‘š( ๐‘“.๐‘ก ))) = ๐ผ๐‘š( ๐‘“.

๐‘ก ).

6) โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}, ๐’ฎ = {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘}. Sia ๐ด = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘“), ๐‘ = ๐”๐’ฎโˆ—,โ„ฌโˆ—( ๐‘“.๐‘ก ).

Allora ๐‘๐‘— = [ ๐‘“.๐‘ก (๐‘ค๐‘—

โˆ—)]โ„ฌโˆ—= (

(๐‘ค๐‘—โˆ— โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ1)

โ‹ฎ(๐‘ค๐‘—

โˆ— โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ๐‘›)), dunque [๐‘]๐‘–๐‘— = (๐‘ค๐‘—

โˆ— โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ๐‘–) = ๐‘ค๐‘—โˆ—(๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)).

Ora [๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)]๐’ฎ = ๐ด๐‘–, cioรจ ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = [๐ด]1๐‘–๐‘ค1+. . . +[๐ด]๐‘๐‘–๐‘ค๐‘, da cui:

๐‘ค๐‘—โˆ—(๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)) = [๐ด]๐‘—๐‘–, ossia [๐‘]๐‘–๐‘— = [๐ด]๐‘—๐‘– , da cui ๐‘ = ๐ด.

๐‘ก .

Osservazione: Ancora: ๐‘Ÿ๐‘˜( ๐ด.๐‘ก ) = dim ๐ผ๐‘š( ๐ด.

๐‘ก ) = dim๐ด๐‘›๐‘›(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“)) = ๐‘› โˆ’ dim๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด)

50

3 ENDOMORFISMI

3.0 ALCUNE NOZIONI SULLE PERMUTAZIONI

Notazione: Denoteremo ๐ฝ๐‘› = {1,โ€ฆ , ๐‘›} e ๐‘†๐‘› = ๐‘†(๐ฝ๐‘›) le permutazioni di ๐ฝ๐‘›.

Notazione: Denoteremo con (1 โ€ฆ ๐‘›

๐œŽ(1) โ€ฆ ๐œŽ(๐‘›)) la permutazione ๐œŽ tale che ๐‘– โ†’ ๐œŽ(๐‘–) โˆ€๐‘–.

DEFINIZIONE 3.0.1: Definiamo orbita di ๐‘– secondo ๐œŽ la successione:

๐‘– โ†’ ๐œŽ(๐‘–) โ†’. . . โ†’ ๐œŽ๐‘˜(๐‘–) = ๐‘–.

Lโ€™orbita si dice banale quando consiste di un solo elemento, cioรจ ๐œŽ(๐‘–) = ๐‘–.

DEFINIZIONE 3.0.2: ๐‘ โˆˆ ๐‘†๐‘› si dice ciclo se contiene una sola orbita non banale.

Due cicli si dicono disgiunti se non hanno elementi in comune.

Notazione: Denoteremo con (๐‘›1 โ€ฆ ๐‘›๐‘˜) il ciclo tale che ๐‘›๐‘– โ†’ ๐‘›๐‘–+1 โˆ€1 โ‰ค ๐‘– < ๐‘˜ e ๐‘›๐‘˜ โ†’ ๐‘›1.

PROPOSIZIONE 3.0.1: Cicli disgiunti commutano.

Esempio: Se ๐œŽ = (1 2 4) โˆ˜ (3 5) e ๐œ = (3 5) โˆ˜ (1 2 4), ๐œŽ, ๐œ โˆˆ ๐‘†5:

๐œŽ = (12

24

35

41

53), ๐œ = (

12

24

35

41

53).

PROPOSIZIONE 3.0.2: Ogni ๐œŽ โˆˆ ๐‘†๐‘› si scrive come composizione di cicli disgiunti, in modo

unico a meno dellโ€™ordine.

Esempio: ๐œŽ = (14

23

35

41

5 62 6

). La decompongo in cicli:

1 โ†’ 4 โ†’ 1, cioรจ ho il ciclo (1 4),

2 โ†’ 3 โ†’ 5 โ†’ 2, cioรจ ho il ciclo (2 3 5),

6 โ†’ 6, cioรจ ho il ciclo banale.

Quindi ๐œŽ = (1 4) โˆ˜ (2 3 5).

DEFINIZIONE 3.0.3: Se ๐‘ = (๐‘›1 โ€ฆ ๐‘›๐‘˜) รจ un ciclo, definiamo lunghezza di ๐‘ ๐‘™(๐‘) = ๐‘˜.

Per convenzione ๐‘™(๐‘–๐‘‘) = 1.

DEFINIZIONE 3.0.4: Definiamo trasposizione un ciclo di lunghezza 2: ๐œ = (๐‘›1 ๐‘›2).

DEFINIZIONE 3.0.5: Se ๐œŽ = ๐‘1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐‘๐‘, con ๐‘1, โ€ฆ , ๐‘๐‘ cicli disgiunti:

1) poniamo ๐‘(๐œŽ) = (๐‘™(๐‘1) โˆ’ 1)+. . . +(๐‘™(๐‘๐‘) โˆ’ 1)

2) diciamo che ๐œŽ รจ pari (dispari) se ๐‘(๐œŽ) รจ pari (dispari)

3) definiamo segno di ๐œŽ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ) = (โˆ’1)๐‘(๐œŽ).

51

Osservazioni: Tutte le trasposizioni sono permutazioni dispari.

PROPOSIZIONE 3.0.3: Ogni ciclo ๐‘ di lunghezza ๐‘˜ si puรฒ scrivere come composizione di

๐‘(๐‘) = ๐‘˜ โˆ’ 1 trasposizioni (non disgiunte).

Dimostrazione:

Se ๐‘ = (๐‘›1 โ€ฆ ๐‘›๐‘˜), non รจ difficile verificare che ๐‘ = (๐‘›1 ๐‘›๐‘˜) โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ (๐‘›1 ๐‘›2).

Osservazione: La decomposizione di un ciclo nel prodotto di trasposizioni non รจ unica, ad

esempio (1 2 3) = (1 3)(1 2) = (1 2)(1 3)(2 3)(1 2).

Si puรฒ perรฒ dimostrare il seguente fatto:

PROPOSIZIONE 3.0.4: La paritร  del numero di trasposizioni che compongono un ciclo รจ

costante.

PROPOSIZIONE 3.0.5: Sia ๐œŽ โˆˆ ๐‘†๐‘›. Allora ๐‘(๐œŽ) = ๐‘(๐œŽโˆ’1).

Dimostrazione:

Sia ๐œŽ = ๐‘1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐‘๐‘ la decomposizione di ๐œŽ in cicli disgiunti.

Allora ๐œŽโˆ’1 = ๐‘๐‘โˆ’1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐‘1

โˆ’1.

Inoltre ๐‘™(๐‘๐‘–) = ๐‘™(๐‘๐‘–โˆ’1), poichรฉ (๐‘›1 โ€ฆ ๐‘›๐‘˜)โˆ’1 = (๐‘›๐‘˜ โ€ฆ ๐‘›1).

Perciรฒ โˆ€๐‘–, ๐‘(๐‘๐‘–) = ๐‘(๐‘๐‘–โˆ’1) โ‡’ ๐‘(๐œŽ) = ๐‘(๐œŽโˆ’1).

Osservazione: Poichรฉ ๐œŽ โˆ˜ ๐œŽโˆ’1 = ๐‘–๐‘‘, componendo ๐œŽ con ๐‘(๐œŽ) trasposizioni si ottiene lโ€™identitร .

3.1 DETERMINANTE

DEFINIZIONE 3.1.1: Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚). Definiamo determinante una funzione ๐ท:โ„ณ(๐‘›, ๐•‚) โ†’ ๐•‚

tale che ๐ท(๐ด) = 0 โ‡” le righe di ๐ด sono linearmente dipendenti (โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) < ๐‘›).

Osservazione: Cerchiamo una tale ๐ท2 nello spazio โ„ณ(2,๐•‚).

Sia ๐ด = (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

).

Se ๐‘Ž = 0 โˆง ๐‘ = 0 le righe sono dipendenti;

Se ๐‘Ž = 0 โˆง ๐‘ โ‰  0, allora le righe sono dipendenti โ‡” ๐‘ = 0.

Se ๐‘Ž โ‰  0, riduco a scalini:

๐ดโ€ฒ = (๐‘Ž ๐‘0 ๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘๐‘Žโˆ’1

),

dunque le righe di ๐ด sono dipendenti โ‡” ๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘๐‘Žโˆ’1 = 0 โ‡” ๐‘Ž๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘ = 0.

Riassumendo, se pongo ๐ท2(๐ด) = ๐‘Ž๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘, ho lโ€™applicazione voluta, tale che ๐ท(๐ด) = 0 โ‡” le

righe di ๐ด sono linearmente dipendenti.

DEFINIZIONE 3.1.2: Siano ๐‘‰,๐‘Š ๐•‚-spazi vettoriali. Sia ๐‘“: ๐‘‰ ร— โ€ฆร— ๐‘‰โŸ ๐‘› ๐‘ฃ๐‘œ๐‘™๐‘ก๐‘’

โ†’ ๐‘Š.

โˆ€๐‘– = 1, โ€ฆ , ๐‘› fisso ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘–โˆ’1, ๐‘ค๐‘–+1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘› โˆˆ ๐‘‰ e sia ๐‘“๐‘– = ๐‘“(๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘–โˆ’1, ๐‘ฃ, ๐‘ค๐‘–+1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›): ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š.

Lโ€™applicazione ๐‘“ si dice multilineare se ๐‘“๐‘– รจ lineare โˆ€๐‘–.

52

Osservazione: Lโ€™applicazione determinante che stiamo cercando deve essere multilineare,

poichรฉ deve essere lineare in ogni riga.

PROPOSIZIONE 3.1.1: La funzione ๐ท2:โ„ณ(2,๐•‚) โ†’ ๐•‚| ๐ท2 (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

) = ๐‘Ž๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘ verifica le

seguenti proprietร :

1) ๐ท2 รจ lineare in ogni riga;

2) Se ๐ด ha due righe uguali, ๐ท2(๐ด) = 0;

3) ๐ท2(๐ผ) = 1.

Dimostrazione:

1) Verifichiamolo solo per la prima riga; poniamo ๐ต = (๐‘Ž1 ๐‘1), ๐ถ = (๐‘Ž2 ๐‘2). Allora:

๐ท2 (๐œ†๐ต + ๐œ‡๐ถ

๐ด2) = ๐ท2 (

๐œ†๐‘Ž1 + ๐œ‡๐‘Ž2 ๐œ†๐‘1 + ๐œ‡๐‘2๐‘ ๐‘‘

) = (๐œ†๐‘Ž1 + ๐œ‡๐‘Ž2)๐‘‘ โˆ’ (๐œ†๐‘1 + ๐œ‡๐‘2)๐‘ =

๐œ†(๐‘Ž1๐‘‘ โˆ’ ๐‘1๐‘) + ๐œ‡(๐‘Ž2๐‘‘ โˆ’ ๐‘2๐‘) = ๐œ†๐ท2 (๐ต๐ด2) + ๐œ‡๐ท2 (

๐ถ๐ด2), da cui la tesi.

2) Ovvia.

3) 1 โˆ™ 1 โˆ’ 0 โˆ™ 0 = 1.

PROPOSIZIONE 3.1.2: Se ๐ท verifica le proprietร  1), 2), 3), allora verifica anche le seguenti:

a) Se ๐ด ha una riga nulla, ๐ท(๐ด) = 0;

b) ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ ) = โˆ’๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ );

c) Se ๐ต รจ ottenuta da ๐ด sommando ad una riga una combinazione lineare delle altre righe

(operazione elementare di 3๐‘œ tipo), allora ๐ท(๐ต) = ๐ท(๐ด);

d) Se le righe di ๐ด sono linearmente dipendenti, ๐ท(๐ด) = 0;

e) Se ๐ด = (๐‘Ž1 . 0. โ‹ฑ .0 . ๐‘Ž๐‘›

), allora ๐ท(๐ด) = ๐‘Ž1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›.

Dimostrazione:

a) Se ๐ด๐‘– = 0, allora ๐ด = (๐ด1 |โ€ฆ | 0 โˆ™ ๐ต |โ€ฆ | ๐ด๐‘›).

Dunque ๐ท(๐ด) = 0 โˆ™ ๐ท(๐ด1 |โ€ฆ | ๐ต |โ€ฆ | ๐ด๐‘›) = 0.

b) Considero la matrice (โ€ฆ , ๐ด๐‘– + ๐ด๐‘— , โ€ฆ , ๐ด๐‘– + ๐ด๐‘— , โ€ฆ ).

Per la proprietร  2), ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘– + ๐ด๐‘— , โ€ฆ , ๐ด๐‘– + ๐ด๐‘— , โ€ฆ ) = 0.

Per multilinearitร :

0 = ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘– + ๐ด๐‘— , โ€ฆ , ๐ด๐‘– + ๐ด๐‘— , โ€ฆ ) = ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ ) + ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ ) +

๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ ) + ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ ) = 0 + ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ ) + ๐ท(โ€ฆ , ๐ด๐‘— , โ€ฆ , ๐ด๐‘– , โ€ฆ ) + 0,

da cui la tesi.

c) Supponiamo ๐ต = ๐ด1 + โˆ‘ ๐›ผ๐‘–๐ด๐‘–๐‘›๐‘–=2 . Allora:

๐ท(๐ต) = ๐ท(๐ด1 + โˆ‘ ๐›ผ๐‘–๐ด๐‘–๐‘›๐‘–=2 , ๐ด2, โ€ฆ , ๐ด๐‘›) = ๐ท(๐ด) + โˆ‘ ๐›ผ๐‘–๐ท(๐ด๐‘–, ๐ด2, โ€ฆ , ๐ด๐‘›)

๐‘›๐‘–=2 .

Ma la sommatoria รจ nulla, in quanto per la proprietร  2) tutti i termini sono nulli, dunque

๐ท(๐ต) = ๐ท(๐ด).

d) Supponiamo ๐ด1 = โˆ‘ ๐›ผ๐‘–๐ด๐‘–๐‘›๐‘–=2 . Allora:

๐ท(๐ด) = ๐ท(โˆ‘ ๐›ผ๐‘–๐ด๐‘–๐‘›๐‘–=2 , ๐ด2, โ€ฆ , ๐ด๐‘›) = โˆ‘ ๐›ผ๐‘–๐ท(๐ด๐‘–, ๐ด2, โ€ฆ , ๐ด๐‘›)

๐‘›๐‘–=2 = 0.

e) Se ๐ด รจ diagonale, allora ๐ด๐‘– = ๐‘Ž๐‘–๐ผ๐‘– โˆ€๐‘–. Perciรฒ:

๐ท(๐ด) = ๐‘Ž1๐ท(๐ผ1, ๐‘Ž2๐ผ2, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘›๐ผ๐‘›) =. . . = ๐‘Ž1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘› โˆ™ ๐ท(๐ผ) = ๐‘Ž1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›.

53

Nella seguente esposizione riguardo al determinante dimostreremo prima che, se la funzione

determinante esiste, allora รจ unica, e solo dopo ne mostreremo lโ€™esistenza.

PROPOSIZIONE 3.1.3: Se ๐ท verifica 1), 2) e 3), allora รจ unico.

Dimostrazione:

Sia ๐‘† a scalini ottenuta da ๐ด con ๐‘š operazioni di 1๐‘œ tipo e ๐‘˜ di 3๐‘œ tipo.

Allora ๐ท(๐ด) = (โˆ’1)๐‘š๐ท(๐‘†).

Se ๐‘† ha una riga nulla โ‡’ ๐ท(๐‘†) = 0 โ‡’ ๐ท(๐ด) = 0.

Altrimenti con solo operazioni di 3๐‘œ tipo portiamo ๐‘† nella forma ๐‘†โ€ฒ = (๐‘Ž1 . 0. โ‹ฑ .0 . ๐‘Ž๐‘›

).

Dunque ๐ท(๐‘†) = ๐ท(๐‘†โ€ฒ) = ๐‘Ž1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘› โ‡’ ๐ท(๐ด) = (โˆ’1)๐‘š๐‘Ž1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›, perciรฒ in ogni caso รจ unico.

COROLLARIO 3.1.4: Se ๐ท รจ una funzione che verifica 1), 2) e 3), allora:

๐ท(๐ด) = 0 โ‡” le righe di ๐ด sono linearmente dipendenti.

Dimostrazione:

โ‡) Giร  fatta.

โ‡’) Se le righe di ๐ด fossero indipendenti, allora ๐ท(๐ด) = (โˆ’1)๐‘š๐‘Ž1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘› โ‰  0, assurdo.

PROPOSIZIONE 3.1.5: Se ๐ท:โ„ณ(๐‘›,๐•‚) โ†’ ๐•‚ verifica 1), 2) e 3), allora:

๐ท(๐ด) = โˆ‘ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ) โˆ™ ๐‘Ž1,๐œŽ(1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›,๐œŽ(๐‘›)๐œŽโˆˆ๐‘†๐‘›

dove ๐‘Ž๐‘–,๐‘— = [๐ด]๐‘–๐‘—.

Dimostrazione:

๐ท(๐ด) = ๐ท

(

โˆ‘ ๐‘Ž1,๐‘–1 โˆ™ ๐ผ๐‘–1

๐‘›

๐‘–1=1

๐ด2

โ‹ฎ

๐ด๐‘› )

= โˆ‘ ๐‘Ž1,๐‘–1๐ท

(

๐ผ๐‘–1

โˆ‘ ๐‘Ž2,๐‘–2 โˆ™ ๐ผ๐‘–2

๐‘›

๐‘–2=1

๐ด3

โ‹ฎ

๐ด๐‘› )

๐‘›

๐‘–1=1

=. . . = โˆ‘ ๐‘Ž1,๐‘–1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›,๐‘–๐‘›๐‘–1โˆˆ๐ฝ๐‘›โ‹ฎ

๐‘–๐‘›โˆˆ๐ฝ๐‘›

๐ท(

๐ผ๐‘–1

โ‹ฎ

๐ผ๐‘–๐‘›

)

Ma se fra gli ๐‘–๐‘— ce ne sono due uguali, allora ๐ท(

๐ผ๐‘–1

โ‹ฎ

๐ผ๐‘–๐‘›

) = 0, poichรฉ ha due righe uguali.

Perciรฒ:

๐ท(๐ด) = โˆ‘ ๐‘Ž1,๐‘–1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›,๐‘–๐‘›๐ท(

๐ผ๐‘–1

โ‹ฎ

๐ผ๐‘–๐‘›

) = โˆ‘ ๐‘Ž1,๐œŽ(1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›,๐œŽ(๐‘›)๐ท(

๐ผ๐œŽ(1)

โ‹ฎ

๐ผ๐œŽ(๐‘›)

)

๐œŽโˆˆ๐‘†๐‘›{๐‘–1,โ€ฆ,๐‘–๐‘›}โˆˆ๐ฝ๐‘›๐‘›

Si riporta la matrice (

๐ผ๐œŽ(1)

โ‹ฎ

๐ผ๐œŽ(๐‘›)

) a ๐ผ con ๐‘(๐œŽ) scambi di righe, per cui:

๐ท(๐ด) = โˆ‘ (โˆ’1)๐‘(๐œŽ)โŸ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ)

โˆ™ ๐‘Ž1,๐œŽ(1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›,๐œŽ(๐‘›) ๐ท(๐ผ)โŸ=1๐œŽโˆˆ๐‘†๐‘›

= โˆ‘ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ) โˆ™ ๐‘Ž1,๐œŽ(1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘Ž๐‘›,๐œŽ(๐‘›)๐œŽโˆˆ๐‘†๐‘›

.

54

Osservazione: La precedente proposizione รจ una dimostrazione alternativa dellโ€™unicitร  di ๐ท.

Esempi: Applichiamo la formula trovata ai casi piรน semplici (รจ molto laborioso applicarla alle

matrici di ordine > 3):

๐‘› = 2: ๐‘†2 = {๐‘–๐‘‘, (1 2)โŸ ๐œŽ

} e ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐‘–๐‘‘) = 1, ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ) = โˆ’1.

๐ท (๐‘Ž11 ๐‘Ž12๐‘Ž21 ๐‘Ž22

) = 1 โˆ™ ๐‘Ž1,๐‘–๐‘‘(1) โˆ™ ๐‘Ž2,๐‘–๐‘‘(2) + (โˆ’1) โˆ™ ๐‘Ž1,๐œŽ(1) โˆ™ ๐‘Ž2,๐œŽ(2) = ๐‘Ž11๐‘Ž22 โˆ’ ๐‘Ž12๐‘Ž21, che coincide

con la formula che giร  avevamo.

๐‘› = 3: ๐‘†3 = { ๐‘–๐‘‘โŸ๐‘ ๐‘”๐‘›=1

, (1 2), (1 3), (2 3)โŸ ๐‘ ๐‘”๐‘›=โˆ’1

, (1 2 3), (1 3 2)โŸ ๐‘ ๐‘”๐‘›=1

};

๐ท (

๐‘Ž11 ๐‘Ž12 ๐‘Ž13๐‘Ž21 ๐‘Ž22 ๐‘Ž23๐‘Ž31 ๐‘Ž32 ๐‘Ž33

) =

= ๐‘Ž11๐‘Ž22๐‘Ž33 + ๐‘Ž12๐‘Ž23๐‘Ž31 + ๐‘Ž13๐‘Ž21๐‘Ž32 โˆ’ ๐‘Ž12๐‘Ž21๐‘Ž33 โˆ’ ๐‘Ž11๐‘Ž23๐‘Ž32 โˆ’ ๐‘Ž13๐‘Ž22๐‘Ž31

Osservazione: La precedente espressione per il determinante nel caso ๐‘› = 3 รจ detta regola (o

formula) di Sarrus.

DEFINIZIONE 3.1.3: Definiamo ๐ท๐‘›:โ„ณ(๐‘›,๐•‚) โ†’ ๐•‚ la funzione definita da:

se ๐‘› = 1, ๐ท1(๐‘Ž) = ๐‘Ž;

se ๐‘› = 2, ๐ท2 (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

) = ๐‘Ž๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘;

se ๐‘› > 2, ๐ท๐‘›(๐ด) = โˆ‘ (โˆ’1)๐‘–+1 โˆ™ [๐ด]๐‘–1 โˆ™ ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1)๐‘›๐‘–=1 , dove ๐ด๐‘–๐‘— รจ la sottomatrice di ๐ด di ordine

๐‘› โˆ’ 1 ottenuta da ๐ด cancellando la riga ๐ด๐‘– e la colonna ๐ด๐‘—.

Questa sottomatrice prende il nome di complemento algebrico dellโ€™elemento ๐‘Ž๐‘–๐‘—.

Lโ€™applicazione ๐ท๐‘› appena definita si chiama sviluppo di Laplace secondo la prima colonna.

Osservazione: Lโ€™applicazione ๐ท๐‘› รจ stata definita ricorsivamente.

PROPOSIZIONE 3.1.6: Lโ€™applicazione ๐ท๐‘› verifica le proprietร  1), 2) e 3).

Dimostrazione:

Procediamo in ogni caso con lโ€™induzione su ๐‘›; in tutti e tre i casi abbiamo giร  provato il passo

base, dunque qua mostriamo solo il passo induttivo.

1) Siano ๐ด =

(

๐ด1

โ‹ฎ

๐œ†๐ต + ๐œ‡๐ถ

โ‹ฎ

๐ด๐‘› )

โ† ๐ด๐‘—, ๐ด

โ€ฒ =

(

๐ด1

โ‹ฎ

๐ต

โ‹ฎ

๐ด๐‘›)

โ† ๐ด๐‘—

โ€ฒ, ๐ดโ€ฒโ€ฒ =

(

๐ด1

โ‹ฎ

๐ถ

โ‹ฎ

๐ด๐‘›)

โ† ๐ด๐‘—

โ€ฒโ€ฒ.

Dobbiamo dimostrare che ๐ท๐‘›(๐ด) = ๐œ†๐ท๐‘›(๐ดโ€ฒ) + ๐œ‡๐ท๐‘›(๐ด

โ€ฒโ€ฒ).

Osserviamo che:

{[๐ด]๐‘–1 = [๐ดโ€ฒ]๐‘–1 = [๐ดโ€ฒโ€ฒ]๐‘–1 โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—

[๐ด]๐‘—1 = ๐œ†[๐ดโ€ฒ]๐‘—1 + ๐œ‡[๐ดโ€ฒโ€ฒ]๐‘—1 , inoltre ๐ด๐‘—1 = ๐ด๐‘—1

โ€ฒ = ๐ด๐‘—1โ€ฒโ€ฒ ,

mentre se ๐‘– โ‰  ๐‘— il minore ๐ด๐‘–1 ha una riga che รจ combinazione lineare di due righe dei minori

๐ด๐‘–1โ€ฒ e ๐ด๐‘–1

โ€ฒโ€ฒ .

55

Dunque per ipotesi induttiva:

โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—, ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1) = ๐œ†๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1โ€ฒ ) + ๐œ‡๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1

โ€ฒโ€ฒ ).

Allora:

๐ท๐‘›(๐ด) =โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+1 โˆ™ [๐ด]๐‘–1 โˆ™ ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1)

๐‘›

๐‘–=1

=

=โˆ‘((โˆ’1)๐‘–+1 โˆ™ [๐ด]๐‘–1 โˆ™ ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1))

๐‘–โ‰ ๐‘—

+ (โˆ’1)๐‘—+1 โˆ™ [๐ด]๐‘—1 โˆ™ ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘—1) =

=โˆ‘((โˆ’1)๐‘–+1 โˆ™ [๐ด]๐‘–1 โˆ™ (๐œ†๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1โ€ฒ ) + ๐œ‡๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1

โ€ฒโ€ฒ )))

๐‘–โ‰ ๐‘—

+ (โˆ’1)๐‘—+1 โˆ™

โˆ™ (๐œ†[๐ดโ€ฒ]๐‘—1 + ๐œ‡[๐ดโ€ฒโ€ฒ]๐‘—1) โˆ™ ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘—1) =

= ๐œ†โˆ‘((โˆ’1)๐‘–+1 โˆ™ [๐ดโ€ฒ]๐‘–1 โˆ™ ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ดโ€ฒ๐‘–1))

๐‘›

๐‘–=1

+ ๐œ‡โˆ‘((โˆ’1)๐‘–+1 โˆ™ [๐ดโ€ฒโ€ฒ]๐‘–1 โˆ™ ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ดโ€ฒโ€ฒ๐‘–1))

๐‘›

๐‘–=1

= ๐œ†๐ท๐‘›(๐ดโ€ฒ) + ๐œ‡๐ท๐‘›(๐ด

โ€ฒโ€ฒ). 2) Supponiamo che ๐ด abbia due righe uguali, ad esempio ๐ด๐‘— = ๐ดโ„Ž, ๐‘— < โ„Ž.

Se ๐‘– โ‰  ๐‘— e ๐‘– โ‰  โ„Ž, anche il minore ๐ด๐‘–1 ha due righe uguali e quindi, per ipotesi induttiva,

๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–1) = 0. Dunque:

๐ท๐‘›(๐ด) = (โˆ’1)๐‘—+1[๐ด]๐‘—1๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘—1) + (โˆ’1)โ„Ž+1[๐ด]โ„Ž1๐ท๐‘›โˆ’1(๐ดโ„Ž1)

Poichรฉ ๐ด๐‘— = ๐ดโ„Ž, si ha che [๐ด]๐‘—1 = [๐ด]โ„Ž1.

Inoltre i minori ๐ด๐‘—1 e ๐ดโ„Ž1 contengono le stesse righe ma in posizioni diverse.

Piรน precisamente, se ๐ด๐‘šโ€ฒ denota la riga ๐ด๐‘š privata del primo elemento, si ha:

๐ด๐‘—1 =

(

โ‹ฎ

๐ด๐‘—โˆ’1โ€ฒ

๐ด๐‘—+1โ€ฒ

โ‹ฎ

๐ดโ„Žโ€ฒ = ๐ด๐‘—

โ€ฒ

๐ดโ„Ž+1โ€ฒ

โ‹ฎ )

; ๐ดโ„Ž1 =

(

โ‹ฎ

๐ด๐‘—โˆ’1โ€ฒ

๐ด๐‘—โ€ฒ = ๐ดโ„Ž

โ€ฒ

โ‹ฎ

๐ดโ„Žโˆ’1โ€ฒ

๐ดโ„Ž+1โ€ฒ

โ‹ฎ )

.

Allora ๐ด๐‘—1 puรฒ essere trasformato in ๐ดโ„Ž1 attraverso โ„Ž โˆ’ 1 โˆ’ ๐‘— scambi di righe, per cui

๐ท๐‘›โˆ’1(๐ดโ„Ž1) = (โˆ’1)โ„Žโˆ’1โˆ’๐‘—๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘—1).

Dunque:

๐ท๐‘›(๐ด) = (โˆ’1)๐‘—+1[๐ด]๐‘—1๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘—1) + (โˆ’1)โ„Ž+1[๐ด]โ„Ž1(โˆ’1)โ„Žโˆ’1โˆ’๐‘—๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘—1) =

= [๐ด]๐‘—1๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘—1) โˆ™ ((โˆ’1)๐‘—+1 + (โˆ’1)2โ„Žโˆ’๐‘—)

Ma ๐‘— + 1 + 2โ„Ž โˆ’ ๐‘— = 2โ„Ž + 1 dispari, allora ((โˆ’1)๐‘—+1 + (โˆ’1)2โ„Žโˆ’๐‘—) = 0, da cui la tesi.

3) Lโ€™unico contributo allo sviluppo di Laplace รจ dato da [๐ด]11 = 1, il cui complemento

algebrico รจ ๐ผ๐‘›โˆ’1.

Per ipotesi induttiva ๐ท๐‘›โˆ’1(๐ผ๐‘›โˆ’1) = 1 e dunque ๐ท๐‘›(๐ผ๐‘›) = 1.

Osservazione: Con la precedente dimostrazione abbiamo dimostrato lโ€™effettiva esistenza della

funzione determinante.

DEFINIZIONE 3.1.4: Chiamiamo determinante lโ€™unica funzione det. :โ„ณ(๐‘›,๐•‚) โ†’ ๐•‚ che verifica

1), 2) e 3).

56

Osservazione: Abbiamo visto che det(๐ด) = 0 โ‡” le righe di ๐ด sono dipendenti โ‡” ๐ด รจ singolare.

Inoltre ๐ด รจ invertibile โ‡” det(๐ด) โ‰  0.

Osservazione: Con la stessa dimostrazione si prova che lo sviluppo di Laplace secondo una

colonna ๐ด๐‘—:

๐ท๐‘›(๐ด) =โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+๐‘—[๐ด]๐‘–๐‘—๐ท๐‘›โˆ’1(๐ด๐‘–๐‘—)

๐‘›

๐‘–=1

verifica 1), 2) e 3) e dunque coincide con det(๐ด) (per lโ€™unicitร ).

Osservazione: Dalla definizione, det(๐œ†๐ด) = ๐œ†๐‘› det(๐ด).

TEOREMA DI BINET: โˆ€๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), det(๐ด๐ต) = det(๐ด) โˆ™ det(๐ต).

Dimostrazione:

Se det(๐ต) = 0 โ‡’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ต) < ๐‘› e dunque ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด๐ต) < ๐‘› โ‡’ det(๐ด๐ต) = 0.

Se det(๐ต) โ‰  0, si consideri ๐‘“:โ„ณ(๐‘›,๐•‚) โ†’ ๐•‚ definita da ๐‘“(๐ด) =det(๐ด๐ต)

det(๐ต);

๐‘“ verifica le proprietร  1), 2) e 3), infatti:

1) Se una riga di ๐ด รจ combinazione lineare di due righe, allora lo stesso vale per ๐ด๐ต.

Ne segue che ๐‘“ รจ lineare nelle righe (poichรฉ il denominatore det(๐ต) รจ una costante).

2) Se ๐ด ha due righe uguali, allora ce le ha anche ๐ด๐ต (poichรฉ ancora ๐ต รจ isomorfismo); dunque

det(๐ด๐ต) = 0 โ‡’ ๐‘“(๐ด) = 0.

3) ๐‘“(๐ผ) =det(๐ผ๐ต)

det(๐ต)= 1.

Per lโ€™unicitร  della funzione det., ๐‘“(๐ด) = det (๐ด) e dunque det(๐ด) =det(๐ด๐ต)

det(๐ต), tesi.

COROLLARIO 3.1.7: Se ๐ด รจ invertibile, allora det(๐ดโˆ’1) = (det(๐ด))โˆ’1.

Dimostrazione:

1 = det(๐ผ) = det(๐ด โˆ™ ๐ดโˆ’1) = det(๐ด) โˆ™ det(๐ดโˆ’1) โ‡’ det(๐ดโˆ’1) = (det(๐ด))โˆ’1.

PROPOSIZIONE 3.1.8: โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), det( ๐ด.๐‘ก ) = det(๐ด).

Dimostrazione:

det( ๐ด.๐‘ก ) = โˆ‘ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ) โˆ™ [ ๐ด.

๐‘ก ]1,๐œŽ(1) โˆ™

๐œŽโˆˆ๐‘†๐‘›

โ€ฆ โˆ™ [ ๐ด.๐‘ก ]๐‘›,๐œŽ(๐‘›) = โˆ‘ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ) โˆ™ [๐ด]๐œŽ(1),1 โˆ™

๐œŽโˆˆ๐‘†๐‘›

โ€ฆ โˆ™ [๐ด]๐œŽ(๐‘›),๐‘›

Sia ๐œ = ๐œŽโˆ’1. Se ๐œŽ(๐‘–) = ๐‘— โ‡’ ๐œ(๐‘—) = ๐‘–, dunque [๐ด]๐œŽ(๐‘–),๐‘– = [๐ด]๐‘—,๐œ(๐‘—).

Riordinando il prodotto e poichรฉ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽ) = ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œŽโˆ’1):

det( ๐ด.๐‘ก ) = โˆ‘ ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œ) โˆ™

๐œโˆˆ๐‘†๐‘›

[๐ด]1,๐œ(1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ [๐ด]๐‘›,๐œ(๐‘›) = det(๐ด)

COROLLARIO 3.1.9: det(๐ด) puรฒ essere calcolato mediante sviluppo di Laplace secondo una

qualsiasi riga.

Dimostrazione:

โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+๐‘—[๐ด]๐‘—๐‘– det(๐ด๐‘—๐‘–)

๐‘›

๐‘–=1

=โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+๐‘—[ ๐ด.๐‘ก ]๐‘–๐‘— det( ๐ด๐‘—๐‘–.

๐‘ก )

๐‘›

๐‘–=1

=โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+๐‘—[ ๐ด.๐‘ก ]๐‘–๐‘— det(( ๐ด.

๐‘ก )๐‘–๐‘—)

๐‘›

๐‘–=1

=

= det( ๐ด.๐‘ก ) = det (๐ด),

57

dove il passaggio = deriva dal fatto che quella precedente รจ esattamente lo sviluppo di Laplace

della ๐‘—-esima colonna di ๐ด.๐‘ก .

Osservazione: Poichรฉ det( ๐ด.๐‘ก ) = det(๐ด), la funzione determinante verifica le proprietร  1), 2) e

3) anche per le colonne.

REGOLA DI CRAMER: Sia ๐ด๐‘‹ = ๐ต un sistema lineare quadrato con ๐‘› equazioni e ๐‘› incognite,

det(๐ด) โ‰  0. Allora la sua unica soluzione รจ ๐‘Œ = (

๐‘ฆ1โ‹ฎ๐‘ฆ๐‘›), dove:

๐‘ฆ๐‘– =det(๐ต(๐‘–))

det(๐ด), dove ๐ต(๐‘–) = (๐ด1 | โ€ฆ | ๐ต โŸ

๐‘–โˆ’๐‘’๐‘ ๐‘–๐‘š๐‘Ž๐‘๐‘œ๐‘™๐‘œ๐‘›๐‘›๐‘Ž

| โ€ฆ | ๐ด๐‘›).

Dimostrazione:

Poichรฉ ๐‘Œ รจ soluzione di ๐ด๐‘‹ = ๐ต, allora ๐ด๐‘Œ = ๐‘ฆ1๐ด1+. . . +๐‘ฆ๐‘›๐ด

๐‘› = ๐ต. Allora:

det(๐ต(๐‘–)) = det (๐ด1 | โ€ฆ | โˆ‘๐‘ฆ๐‘—๐ด๐‘—

๐‘›

๐‘—=1

| โ€ฆ | ๐ด๐‘›) =โˆ‘๐‘ฆ๐‘— det(๐ด1 | โ€ฆ | ๐ด๐‘— | โ€ฆ | ๐ด๐‘›)

๐‘›

๐‘—=1

= ๐‘ฆ๐‘– det(๐ด)

poichรฉ se ๐‘— โ‰  ๐‘–, allora (๐ด1 | โ€ฆ | ๐ด๐‘— | โ€ฆ | ๐ด๐‘›) ha due colonne uguali e dunque

det(๐ด1 | โ€ฆ | ๐ด๐‘— | โ€ฆ | ๐ด๐‘›) = 0.

Quindi, visto che det(๐ด) โ‰  0, si ha la tesi.

CALCOLO DELLโ€™INVERSA: Se ๐ด รจ invertibile, allora la matrice ๐ต definita da

[๐ต]๐‘–๐‘— = (โˆ’1)๐‘–+๐‘—det(๐ด๐‘—๐‘–)

det(๐ด)

รจ lโ€™inversa di ๐ด.

Dimostrazione:

Poichรฉ ๐ด รจ invertibile, mi basta mostrare che ๐ด๐ต = ๐ผ, poichรฉ se ๐ต รจ inversa destra allora รจ anche

inversa sinistra.

[๐ด๐ต]โ„Ž๐‘˜ =โˆ‘[๐ด]โ„Ž๐‘–[๐ต]๐‘–๐‘˜

๐‘›

๐‘–=1

=โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+๐‘˜[๐ด]โ„Ž๐‘–det(๐ด๐‘˜๐‘–)

det(๐ด)

๐‘›

๐‘–=1

Se โ„Ž = ๐‘˜ โ‡’ [๐ด๐ต]โ„Žโ„Ž = โˆ‘ (โˆ’1)๐‘–+โ„Ž[๐ด]โ„Ž๐‘–det(๐ดโ„Ž๐‘–)

det(๐ด)๐‘›๐‘–=1 =

det(๐ด)

det(๐ด)= 1;

se โ„Ž โ‰  ๐‘˜ โ‡’ [๐ด๐ต]โ„Ž๐‘˜ = 0, poichรฉ il numeratore รจ lo sviluppo secondo la riga ๐‘˜-esima di una

matrice ottenuta da ๐ด sostituendo ad ๐ด๐‘˜ la riga ๐ดโ„Ž e che quindi ha due righe uguali โ‡’ tesi.

Osservazione: La formula dellโ€™inversa implica la regola di Cramer.

Infatti sia dato il sistema lineare ๐‘› ร— ๐‘› ๐ด๐‘‹ = ๐ต.

Lโ€™unica soluzione รจ ๐‘Œ = ๐ดโˆ’1๐ต.

Se ๐‘Œ = (

๐‘ฆ1โ‹ฎ๐‘ฆ๐‘›) โ‡’ ๐‘ฆ๐‘– = [๐ดโˆ’1๐ต]๐‘–1 = โˆ‘ [๐ดโˆ’1]๐‘–๐‘—[๐ต]๐‘—1

๐‘›๐‘—=1 = โˆ‘ (โˆ’1)๐‘–+๐‘—

det(๐ด๐‘—๐‘–)

det(๐ด)[๐ต]๐‘—1

๐‘›๐‘—=1 =

det(๐ต(๐‘–))

det(๐ด)

Lโ€™ultimo passaggio deriva dal fatto che quello sulla sinistra รจ lo sviluppo secondo la prima

colonna di una matrice ottenuta da ๐ด sostituendo la colonna ๐ต alla colonna ๐ด๐‘–.

58

Osservazione: Siano ๐ด, ๐ถ matrici quadrate. Allora, sfruttando il prodotto a blocchi, possiamo

vedere che:

(๐ด | ๐ต

0 | ๐ถ) = (

๐ผ | 0

0 | ๐ถ) โˆ™ (

๐ด | ๐ต

0 | ๐ผ)

Dunque:

det (๐ด | ๐ต

0 | ๐ถ) = det (

๐ผ | 0

0 | ๐ถ) โˆ™ det (

๐ด | ๐ต

0 | ๐ผ) = det(๐ถ) โˆ™ det (๐ด)

poichรฉ eseguendo lo sviluppo di Laplace secondo la prima riga nella matrice (๐ผ | 0

0 | ๐ถ), si ottiene

1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ 1 โˆ™ det(๐ถ) = det(๐ถ). Analogamente per lโ€™altra matrice.

Osservazione: Sia ๐ด = (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

) โˆˆ โ„ณ(2,โ„). Sia ๐‘ƒ il parallelogramma con lati (๐‘Ž, ๐‘) e (๐‘, ๐‘‘).

Posso supporre ๐‘Ž > 0.

Caso 1): ๐‘ = 0, ๐‘‘ > 0.

๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒ) = ๐‘Ž๐‘‘ = det (๐‘Ž 0๐‘ ๐‘‘

) = det (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

).

Caso 2): ๐‘ = 0, ๐‘‘ < 0.

Ribaltiamo ๐‘ƒ rispetto allโ€™asse ๐‘ฅ ottenendo ๐‘ƒโ€ฒ:

๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒ) = ๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒโ€ฒ) = det (๐‘Ž 0๐‘ โˆ’๐‘‘

) = โˆ’det (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

).

59

Dunque se ๐‘ = 0 โ‡’ ๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒ) = |det (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

)|.

Caso generale): Sia ๐‘…๐œƒ la rotazione antioraria degli assi di angolo ๐œƒ.

๐‘…๐œƒ = (cos ๐œƒ โˆ’ sin ๐œƒsin ๐œƒ cos ๐œƒ

); sia ๐‘ƒโ€ฒ il parallelogramma ๐‘ƒ nei nuovi assi.

Sicuramente ๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒ) = ๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒโ€ฒ).

๐‘ƒโ€ฒ ha lati (๐‘Žโ€ฒ, 0), (๐‘โ€ฒ, ๐‘‘โ€ฒ), perciรฒ:

(๐‘Ž๐‘) = (

cos ๐œƒ โˆ’ sin ๐œƒsin ๐œƒ cos ๐œƒ

) (๐‘Žโ€ฒ

๐‘โ€ฒ) โ‡’

๐‘Ž = ๐‘Žโ€ฒ cos ๐œƒ๐‘ = ๐‘Žโ€ฒ sin ๐œƒ

;

(๐‘๐‘‘) = (

cos ๐œƒ โˆ’ sin ๐œƒsin ๐œƒ cos ๐œƒ

) (๐‘โ€ฒ

๐‘‘โ€ฒ) โ‡’

๐‘ = ๐‘โ€ฒ cos ๐œƒ โˆ’ ๐‘‘โ€ฒ sin ๐œƒ๐‘‘ = ๐‘โ€ฒ sin ๐œƒ + ๐‘‘โ€ฒ cos ๐œƒ

.

Vediamo che:

|det (๐‘Ž ๐‘๐‘ ๐‘‘

)| = |๐‘Ž๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘| = |๐‘Žโ€ฒ cos ๐œƒ (๐‘โ€ฒ sin ๐œƒ + ๐‘‘โ€ฒ cos ๐œƒ) โˆ’ ๐‘Žโ€ฒ sin ๐œƒ (๐‘โ€ฒ cos ๐œƒ โˆ’ ๐‘‘โ€ฒ sin ๐œƒ)|

= |๐‘Žโ€ฒ๐‘โ€ฒ cos ๐œƒ sin ๐œƒ + ๐‘Žโ€ฒ๐‘‘โ€ฒ(cos ๐œƒ)2 โˆ’ ๐‘Žโ€ฒ๐‘โ€ฒ sin ๐œƒ cos ๐œƒ + ๐‘Žโ€ฒ๐‘‘โ€ฒ(sin ๐œƒ)2| = |๐‘Žโ€ฒ๐‘‘โ€ฒ|

= |det (๐‘Žโ€ฒ 0๐‘โ€ฒ ๐‘‘โ€ฒ

)| = ๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒโ€ฒ) = ๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒ)

Dunque in generale |det(๐ด)| = ๐ด๐‘Ÿ๐‘’๐‘Ž(๐‘ƒ), dove ๐ด โˆˆ โ„ณ(2,โ„) e ๐‘ƒ รจ il parallelogramma con

lati i vettori riga di ๐ด.

DETERMINANTE DI VANDERMONDE: Siano ๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘› โˆˆ ๐•‚ e sia:

๐ด(๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘›) = (

11โ‹ฎ1

๐œ†1๐œ†2โ‹ฎ๐œ†๐‘›

๐œ†12

๐œ†22

โ‹ฎ๐œ†๐‘›2

โ€ฆ.โ€ฆโ‹ฎโ€ฆ

๐œ†1๐‘›โˆ’1

๐œ†2๐‘›โˆ’1

โ‹ฎ๐œ†๐‘›๐‘›โˆ’1

)

Allora det(๐ด(๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘›)) = โˆ (๐œ†๐‘— โˆ’ ๐œ†๐‘–)๐‘–<๐‘— (in particolare รจ โ‰  0 โ‡” ๐œ†๐‘– โ‰  ๐œ†๐‘— โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—).

Dimostrazione 1:

Per induzione su ๐‘›:

Passo base): ๐‘› = 2: det (1 ๐œ†11 ๐œ†2

) = ๐œ†2 โˆ’ ๐œ†1, verificato.

Passo induttivo): Consideriamo ๐ด(๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘›+1) e โˆ€2 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘› + 1 tolgo ๐œ†1๐’ž๐‘–โˆ’1 a ๐’ž๐‘–.

Ottengo:

60

(

111โ‹ฎ1

||

0๐œ†2 โˆ’ ๐œ†1๐œ†3 โˆ’ ๐œ†1

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐œ†1

||

0๐œ†22 โˆ’ ๐œ†1๐œ†2๐œ†32 โˆ’ ๐œ†1๐œ†3

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+12 โˆ’ ๐œ†1๐œ†๐‘›+1

||

.

.โ€ฆ ||

0๐œ†2๐‘› โˆ’ ๐œ†1๐œ†2

๐‘›โˆ’1

๐œ†3๐‘› โˆ’ ๐œ†1๐œ†3

๐‘›โˆ’1

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+1๐‘› โˆ’ ๐œ†1๐œ†๐‘›+1

๐‘›โˆ’1)

Dunque:

๐ด(๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘›+1) = det(๐œ†2 โˆ’ ๐œ†1

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐œ†1

| ๐œ†2(๐œ†2 โˆ’ ๐œ†1)

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+1(๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐œ†1)

| ๐ดโ€ฆ๐ด |

๐œ†2๐‘›โˆ’1(๐œ†2 โˆ’ ๐œ†1)

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+1๐‘›โˆ’1(๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐œ†1)

)

= (๐œ†2 โˆ’ ๐œ†1)(๐œ†3 โˆ’ ๐œ†1)โ€ฆ (๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐œ†1) det ๐ด(๐œ†2, โ€ฆ , ๐œ†๐‘›+1) =โˆ(๐œ†๐‘— โˆ’ ๐œ†๐‘–)

๐‘–<๐‘—

Dimostrazione 2:

Sia ๐‘(๐‘ฅ) = det(

11โ‹ฎ1

๐‘ฅ๐œ†2โ‹ฎ

๐œ†๐‘›+1

๐‘ฅ2

๐œ†22

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+12

โ€ฆ

๐‘ฅ๐‘›

๐œ†2๐‘›

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+1๐‘›

).

๐‘(๐‘ฅ) รจ un polinomio in ๐‘ฅ di grado al piรน ๐‘› (per sviluppo lungo la prima riga);

โˆ€2 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘›, ๐‘(๐œ†๐‘–) = 0 (poichรฉ la matrice avrebbe due righe uguali).

Per Ruffini (๐œ†๐‘– โˆ’ ๐‘ฅ)|๐‘(๐‘ฅ) โˆ€๐‘– โ‰ฅ 2.

Supponiamo i ๐œ†๐‘– tutti diversi (altrimenti la tesi รจ banale); allora: (๐œ†2 โˆ’ ๐‘ฅ) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐‘ฅ)|๐‘(๐‘ฅ).

Confrontando i due gradi, deduco che ๐‘(๐‘ฅ) = ๐‘˜ โˆ™ (๐œ†2 โˆ’ ๐‘ฅ) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐‘ฅ), ๐‘˜ โˆˆ ๐•‚.

Ma:

๐‘(0) = det(

11โ‹ฎ1

0๐œ†2โ‹ฎ

๐œ†๐‘›+1

0๐œ†22

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+12

โ€ฆ

0๐œ†2๐‘›

โ‹ฎ๐œ†๐‘›+1๐‘›

) = ๐œ†2 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐œ†๐‘›+1 โˆ™โˆ(๐œ†๐‘— โˆ’ ๐œ†๐‘–)๐‘–<๐‘—๐‘–โ‰ฅ2

Perciรฒ ๐‘˜ = โˆ (๐œ†๐‘— โˆ’ ๐œ†๐‘–)๐‘–<๐‘—๐‘–โ‰ฅ2

โ‡’ ๐‘(๐œ†1) = ๐‘˜ โˆ™ (๐œ†2 โˆ’ ๐œ†1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐œ†๐‘›+1 โˆ’ ๐œ†1) โ‡’ tesi.

3.2 ENDOMORFISMI SIMILI

Notazione: Indicheremo ๐”โ„ฌ,โ„ฌ(๐‘“) come ๐”โ„ฌ(๐‘“).

Riprendiamo per un attimo il concetto di SD-equivalenza. Sappiamo che, dato ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰),

๐”โ„ฌ,โ„ฌโ€ฒ(๐‘“) โ‰ก๐‘†๐ท ๐”๐’ฎ,๐’ฎโ€ฒ(๐‘“).

Supponiamo che โ„ฌ = โ„ฌโ€ฒ e ๐’ฎ = ๐’ฎโ€ฒ; allora:

๐”โ„ฌ(๐‘“) โ‰ก๐‘†๐ท ๐”๐’ฎ(๐‘“) โ‡” โˆƒ๐‘€,๐‘ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐”๐’ฎ(๐‘“) = ๐‘ โˆ™ ๐”โ„ฌ(๐‘“) โˆ™ ๐‘€.

In particolare, ๐‘€ = ๐”๐’ฎ,โ„ฌ(๐‘–๐‘‘) e ๐‘ = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘–๐‘‘).

Dunque ๐‘ = ๐‘€โˆ’1. Questo puรฒ essere riassunto nel seguente schema:

[ ]๐’ฎ

๐‘‰๐’ฎโ†“๐•‚๐‘›

๐‘–๐‘‘โ†’.

๐‘€โ†’[ ]โ„ฌ

๐‘‰โ„ฌโ†“๐•‚๐‘›

๐‘“โ†’.

๐ดโ†’ [ ]โ„ฌ

๐‘‰โ„ฌโ†“๐•‚๐‘›

๐‘–๐‘‘โ†’.

๐‘€โˆ’1โ†’

๐‘‰๐’ฎโ†“๐•‚๐‘›

[ ]๐’ฎ

61

dove ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“).

Dunque ๐”๐’ฎ(๐‘“) = ๐‘€โˆ’1 โˆ™ ๐ด โˆ™ ๐‘€.

DEFINIZIONE 3.2.1: ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) di dicono coniugati (๐‘“ โˆผ ๐‘”) se โˆƒโ„Ž โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐‘” = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž

DEFINIZIONE 3.2.2: ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) si dicono simili (๐ด โˆผ ๐ต) se โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›, ๐•‚)| ๐ต = ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€.

Osservazioni: 1) Coniugio e similitudine sono relazioni di equivalenza (le verifiche sono lasciate

al lettore);

2) ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Sono fatti equivalenti:

a) ๐‘“ โˆผ ๐‘”;

b) โˆ€โ„ฌ base di ๐‘‰, ๐”โ„ฌ(๐‘“) โˆผ ๐”โ„ฌ(๐‘”);

c) โˆƒโ„ฌ, ๐’ฎ basi di ๐‘‰, ๐”โ„ฌ(๐‘“) = ๐”๐’ฎ(๐‘”).

Questo fatto puรฒ essere dimostrato ricalcando lโ€™analoga dimostrazione per endomorfismi SD-

equivalenti.

3) ๐‘“ โˆผ ๐‘” โ‡’ ๐‘“ โ‰ก๐‘†๐ท ๐‘”.

Dunque il rango รจ un invariante di coniugio, ma non รจ un sistema completo di invarianti.

Infatti ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ผ) = ๐‘Ÿ๐‘˜ (1 10 1

) = 2, ma โˆ„๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(2)| ๐‘€โˆ’1๐ผ๐‘€ = (1 10 1

), poichรฉ โˆ€๐‘€ โˆˆ

๐บ๐ฟ(2), ๐‘€โˆ’1๐ผ๐‘€ = ๐ผ.

PROPOSIZIONE 3.2.1: ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚). ๐ด โˆผ ๐ต โ‡’ det(๐ด) = det(๐ต).

Dimostrazione:

๐ต = ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ โ‡’ det(๐ต) = det(๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€) = det(๐‘€โˆ’1) โˆ™ det(๐ด) โˆ™ det(๐‘€) = det (๐ด), poichรฉ per

Binet det(๐‘€โˆ’1) = (det(๐‘€))โˆ’1.

Osservazione: Dunque il determinante รจ un invariante di similitudine. Per la proposizione

precedente sicuramente #(โ„ณ(๐‘›, ๐•‚)/โˆผ) โ‰ฅ #(๐•‚), dunque se ๐•‚ รจ infinito anche โ„ณ(๐‘›,๐•‚)/โˆผ ha

infinite classi di similitudine.

DEFINIZIONE 3.2.3: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Definiamo det(๐‘“) = det(๐”โ„ฌ(๐‘“)), dove โ„ฌ รจ una base di ๐‘‰.

Osservazione: รˆ una buona definizione, cioรจ non dipende dalla scelta della base. Infatti, se ๐’ฎ รจ

unโ€™altra base di ๐‘‰, allora le matrici ๐”โ„ฌ(๐‘“) e ๐”๐’ฎ(๐‘“) sono simili e dunque hanno lo stesso

determinante.

PROPOSIZIONE 3.2.2: ๐‘“ โˆผ ๐‘” โ‡’ det(๐‘“) = det (๐‘”).

Dimostrazione:

Sia โ„ฌ una base di ๐‘‰. Allora:

๐‘“ โˆผ ๐‘” โ‡’ ๐”โ„ฌ(๐‘“) โˆผ ๐”โ„ฌ(๐‘”) โ‡’ det(๐”โ„ฌ(๐‘“)) = det(๐”โ„ฌ(๐‘”)) โ‡’ det(๐‘“) = det(๐‘”).

Osservazione: Quindi il determinante รจ un invariante di coniugio; con lo stesso controesempio

di prima vediamo che {๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘›๐‘”๐‘œ, ๐‘‘๐‘’๐‘ก๐‘’๐‘Ÿ๐‘š๐‘–๐‘›๐‘Ž๐‘›๐‘ก๐‘’} non รจ un sistema completo di invarianti per

coniugio.

DEFINIZIONE 3.2.4: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). ๐œ† โˆˆ ๐•‚ si dice autovalore per ๐‘“ se โˆƒ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ฃ โ‰  0| ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ.

62

In tal caso ๐‘ฃ รจ detto autovettore relativo a ๐œ†.

DEFINIZIONE 3.2.5: Definiamo spettro di ๐‘“ ๐‘†๐‘(๐‘“) = {๐œ† โˆˆ ๐•‚| ๐œ† รจ ๐‘Ž๐‘ข๐‘ก๐‘œ๐‘ฃ๐‘Ž๐‘™๐‘œ๐‘Ÿ๐‘’ ๐‘๐‘’๐‘Ÿ ๐‘“}.

DEFINIZIONE 3.2.6: Diciamo che ๐‘Š sottospazio di ๐‘‰ รจ un sottospazio ๐’‡-invariante se

๐‘“(๐‘Š) โŠ† ๐‘Š.

Osservazioni: 1) Se ๐‘ฃ รจ autovettore โ‡’ ๐‘“(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)) โŠ† ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ), quindi ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ) รจ ๐‘“-invariante.

In particolare, se ๐œ† โ‰  0 โ‡’ ๐‘“(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ), se ๐œ† = 0 โ‡’ ๐‘“(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)) = {0}.

2) Lโ€™autovalore relativo ad un autovettore รจ univocamente determinato; infatti:

๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ = ๐œ‡๐‘ฃ โ‡’ (๐œ† โˆ’ ๐œ‡)๐‘ฃ = 0 โ‡’ (poichรฉ ๐‘ฃ โ‰  0) โ‡’ ๐œ† = ๐œ‡.

3) ๐‘ฃ รจ autovettore relativo a 0 โ‡” ๐‘ฃ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) โ‡” ๐‘“ non รจ iniettiva.

DEFINIZIONE 3.2.7: Definiamo autospazio relativo allโ€™autovalore ๐œ†

๐‘‰๐œ†(๐‘“) = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰| ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ} (potremo scrivere ๐‘‰๐œ† al posto di ๐‘‰๐œ†(๐‘“)).

Osservazioni: 1) ๐‘‰๐œ† รจ un sottospazio vettoriale di ๐‘‰, poichรฉ ๐‘‰๐œ† = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘–๐‘‘).

2) ๐œ† รจ autovalore per ๐‘“ โ‡” dim(๐‘‰๐œ†) โ‰ฅ 1. In tal caso ๐‘‰๐œ† = {0} โˆช {๐‘Ž๐‘ข๐‘ก๐‘œ๐‘ฃ๐‘’๐‘ก๐‘ก๐‘œ๐‘Ÿ๐‘– ๐‘Ÿ๐‘’๐‘™๐‘Ž๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘– ๐‘Ž ๐œ†}.

3) ๐‘“(๐‘‰๐œ†) โŠ† ๐‘‰๐œ†, cioรจ ๐‘‰๐œ† รจ ๐‘“-invariante.

4) ๐‘“|๐‘‰๐œ† = ๐œ†๐‘–๐‘‘|๐‘‰๐œ†.

DEFINIZIONE 3.2.8: Se ๐œ† รจ autovalore per ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), poniamo ๐œ‡๐‘”(๐œ†) = dim(๐‘‰๐œ†), dove ๐œ‡๐‘”(๐œ†)

รจ detta molteplicitร  geometrica di ๐œ†.

Osservazione: โˆ€autovalore ๐œ†, 1 โ‰ค ๐œ‡๐‘”(๐œ†) โ‰ค dim(๐‘‰).

PROPOSIZIONE 3.2.3: Sia ๐‘“ โˆผ ๐‘”. Allora:

1) ๐‘†๐‘(๐‘“) = ๐‘†๐‘(๐‘”);

2) โˆ€๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“), dim(๐‘‰๐œ†(๐‘“)) = dim(๐‘‰๐œ†(๐‘”));

(ossia lo spettro e la molteplicitร  geometrica degli autovalori sono invarianti di coniugio).

Dimostrazione:

1) Per ipotesi โˆƒโ„Ž โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐‘” = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž.

โŠ†) Sia ๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“). Allora โˆƒ๐‘ฃ โ‰  0| ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ.

Sia ๐‘ค = โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ). Allora ๐‘ค โ‰  0.

๐‘”(๐‘ค) = (โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž)(โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ)) = โ„Žโˆ’1(๐‘“(๐‘ฃ)) = ๐œ†โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ค.

Dunque ๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘”).

โŠ‡) Analogo.

2) Abbiamo appena provato che โ„Žโˆ’1(๐‘‰๐œ†(๐‘“)) โŠ† ๐‘‰๐œ†(๐‘”) e dunque ๐‘‰๐œ†(๐‘“) โŠ† โ„Ž(๐‘‰๐œ†(๐‘”)).

Allo stesso modo si prova che ๐‘‰๐œ†(๐‘“) โŠ‡ โ„Ž(๐‘‰๐œ†(๐‘”)), allora ๐‘‰๐œ†(๐‘“) = โ„Ž(๐‘‰๐œ†(๐‘”)).

Essendo โ„Ž un isomorfismo, dim(๐‘‰๐œ†(๐‘“)) = dim(๐‘‰๐œ†(๐‘”)), tesi.

PROPOSIZIONE 3.2.4: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), โ„ฌ base di ๐‘‰, ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“).

63

Sia [ ]โ„ฌ lโ€™isomorfismo indotto da โ„ฌ ([ ]โ„ฌ: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚๐‘›). Allora:

1) ๐œ† รจ autovalore per ๐‘“ โ‡” ๐œ† รจ autovalore per ๐ด;

2) ๐‘‰๐œ†(๐ด) = [๐‘‰๐œ†(๐‘“)]โ„ฌ.

Dimostrazione:

1) ๐œ† รจ autovalore per ๐‘“ โ‡” โˆƒ๐‘ฃ โ‰  0| ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ โ‡” โˆƒ๐‘ฃ โ‰  0| [๐‘“(๐‘ฃ)]โ„ฌโŸ ๐ด๐‘‹

= ๐œ† [๐‘ฃ]โ„ฌโŸ๐‘‹

โ‡”

โ‡” โˆƒ๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›\{0}| ๐ด๐‘‹ = ๐œ†๐‘‹ โ‡” ๐œ† รจ autovalore per ๐ด.

2) โŠ†) Sia ๐‘‹ โˆˆ ๐‘‰๐œ†(๐ด) e sia ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰| [๐‘ฃ]โ„ฌ = ๐‘‹.

๐ด๐‘‹ = ๐œ†๐‘‹ โ‡’ [๐‘“(๐‘ฃ)]โ„ฌ = ๐œ†[๐‘ฃ]โ„ฌ โ‡’ ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰๐œ†(๐‘“).

โŠ‡) Sia ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰๐œ†(๐‘“) โ‡’ ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ e sia ๐‘‹ = [๐‘ฃ]โ„ฌ.

Allora [๐‘“(๐‘ฃ)]โ„ฌ = ๐œ†[๐‘ฃ]โ„ฌ โ‡’ ๐ด๐‘‹ = ๐œ†๐‘‹ โ‡’ ๐‘‹ = [๐‘ฃ]โ„ฌ โˆˆ ๐‘‰๐œ†(๐ด).

Osservazione: Dunque possiamo calcolare gli autovalori e gli autospazi di ๐‘“ usando una qualsiasi

matrice associata.

CALCOLO DI AUTOVALORI E AUTOVETTORI PER ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚):

๐œ† รจ autovalore per ๐ด โ‡” โˆƒ๐‘‹ โ‰  0| ๐ด๐‘‹ = ๐œ†๐‘‹ โ‡” โˆƒ๐‘‹ โ‰  0| ๐‘‹ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ) โ‡” det(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ) = 0

(poichรฉ se det(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ) โ‰  0, allora il sistema (๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ)๐‘‹ = 0 avrebbe una soluzione, ๐‘‹ = 0,

assurdo).

DEFINIZIONE 3.2.9: Il polinomio ๐‘๐ด(๐‘ก) = det (๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ) รจ detto polinomio caratteristico di ๐ด.

Osservazione: Gli autovalori di ๐ด sono le radici del polinomio caratteristico ๐‘๐ด.

Osservazioni: 1) Se ๐‘‡ โˆˆ ๐’ฏ(๐‘›,๐•‚) รจ triangolare superiore, cioรจ รจ del tipo:

๐‘‡ = (

๐‘Ž1 . โˆ—. โ‹ฑ .0 . ๐‘Ž๐‘›

)

allora:

๐‘‡ โˆ’ ๐‘ก๐ผ = (

๐‘Ž1 โˆ’ ๐‘ก . โˆ—. โ‹ฑ .0 . ๐‘Ž๐‘› โˆ’ ๐‘ก

)

Perciรฒ ๐‘๐‘‡(๐‘ก) = (๐‘Ž1 โˆ’ ๐‘ก) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐‘Ž๐‘› โˆ’ ๐‘ก), dunque gli autovalori sono gli elementi sulla

diagonale.

2) Se ๐ด = (๐‘€ | ๐‘

0 | ๐‘ƒ), con ๐‘€,๐‘ƒ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), det(๐ด) = det(๐‘€) โˆ™ det(๐‘ƒ).

๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ = (๐‘€ โˆ’ ๐‘ก๐ผ | ๐‘

0 | ๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ก๐ผ)

Quindi ๐‘๐ด(๐‘ก) = det(๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = det(๐‘€ โˆ’ ๐‘ก๐ผ) โˆ™ det(๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = ๐‘๐‘€(๐‘ก) โˆ™ ๐‘๐‘ƒ(๐‘ก).

PROPOSIZIONE 3.2.5: โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), ๐‘๐ด(๐‘ก) = (โˆ’1)๐‘›๐‘ก๐‘› + (โˆ’1)๐‘›โˆ’1๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด)๐‘ก๐‘›โˆ’1+. . . +det (๐ด).

Dimostrazione:

Sicuramente il coefficiente di ๐‘ก๐‘› รจ (โˆ’1)๐‘›; inoltre ๐‘๐ด(0) = det(๐ด โˆ’ 0๐ผ) = det(๐ด).

Mostriamo per induzione su ๐‘› che il coefficiente di ๐‘ก๐‘›โˆ’1 รจ (โˆ’1)๐‘›โˆ’1๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด).

64

Passo base): ๐‘› = 2, ๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ = (๐‘Ž โˆ’ ๐‘ก ๐‘๐‘ ๐‘‘ โˆ’ ๐‘ก

) โ‡’ det(๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = ๐‘ก2 โˆ’ (๐‘Ž + ๐‘‘)๐‘ก + ๐‘Ž๐‘‘ โˆ’ ๐‘๐‘,

verificato.

Passo induttivo): Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) e siano ๐‘Ž๐‘–๐‘— = [๐ด]๐‘–๐‘—.

det(๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ) =โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+1[๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ]1๐‘– det((๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ)1๐‘–)

๐‘›

๐‘–=1

= (๐‘Ž11 โˆ’ ๐‘ก) det((๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ)11) +โˆ‘(โˆ’1)๐‘–+1๐‘Ž1๐‘– det((๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ)1๐‘–)

๐‘›

๐‘–=2

Notiamo che lโ€™addendo โˆ‘ (โˆ’1)๐‘–+1๐‘Ž1๐‘– det((๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ)1๐‘–)๐‘›๐‘–=2 contiene al massimo termini di grado

๐‘› โˆ’ 2, poichรฉ โ€œcancellandoโ€ la prima riga e lโ€™๐‘–-esima colonna, con ๐‘– โ‰  1, vengono โ€œcancellatiโ€

due elementi sulla diagonale che contengono la variabile ๐‘ก, dunque con il prodotto degli altri

๐‘› โˆ’ 2 termini sulla diagonale si raggiunge al massimo lโ€™esponente ๐‘› โˆ’ 2.

Per ipotesi induttiva det((๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ)11) = (โˆ’1)๐‘›โˆ’1๐‘ก๐‘›โˆ’1 + (โˆ’1)๐‘›โˆ’2(โˆ‘ ๐‘Ž๐‘—๐‘—๐‘›๐‘—=2 )๐‘ก๐‘›โˆ’2 + ๐‘Ÿ(๐‘ก), con

deg(๐‘Ÿ(๐‘ก)) โ‰ค ๐‘› โˆ’ 2. Dunque:

(๐‘Ž11 โˆ’ ๐‘ก) det((๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ)11) = (๐‘Ž11 โˆ’ ๐‘ก)((โˆ’1)๐‘›โˆ’1๐‘ก๐‘›โˆ’1 + (โˆ’1)๐‘›โˆ’2(โˆ‘๐‘Ž๐‘—๐‘—

๐‘›

๐‘—=2

)๐‘ก๐‘›โˆ’2 + ๐‘Ÿ(๐‘ก))

= (โˆ’1)๐‘›๐‘ก๐‘› + (โˆ’1)๐‘›โˆ’1๐‘Ž11๐‘ก๐‘›โˆ’1 + (โˆ’1)๐‘›โˆ’1(โˆ‘๐‘Ž๐‘—๐‘—

๐‘›

๐‘—=2

)๐‘ก๐‘›โˆ’1 + ๐‘Ÿโ€ฒ(๐‘ก)

con deg(๐‘Ÿโ€ฒ(๐‘ก)) โ‰ค ๐‘› โˆ’ 2.

Quindi il coefficiente del termine di grado ๐‘› โˆ’ 1 di det(๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ) รจ:

(โˆ’1)๐‘›โˆ’1๐‘Ž11 + (โˆ’1)๐‘›โˆ’1(โˆ‘๐‘Ž๐‘—๐‘—

๐‘›

๐‘—=2

) = (โˆ’1)๐‘›โˆ’1โˆ‘๐‘Ž๐‘—๐‘—

๐‘›

๐‘—=1

= (โˆ’1)๐‘›โˆ’1๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด),

tesi.

Osservazione: Si puรฒ dimostrare in generale che il coefficiente del termine di grado ๐‘› โˆ’ ๐‘– di

๐‘๐ด(๐‘ก) รจ:

(โˆ’1)๐‘›โˆ’๐‘– โˆ‘ det(๐‘€๐ด(๐‘—, ๐‘–))

๐‘›โˆ’๐‘–+1

๐‘—=1

dove ๐‘€๐ด(๐‘—, ๐‘–) รจ la sottomatrice quadrata di ๐ด che ha come diagonale gli elementi dal ๐‘—-esimo al

(๐‘– + ๐‘— โˆ’ 1)-esimo della diagonale di ๐ด.

Osservazioni: 1) Abbiamo dimostrato che ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด) รจ la somma degli autovalori di ๐ด (contati con

molteplicitร ), poichรฉ se ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› sono gli autovalori di ๐ด (eventualmente โˆ‰ ๐•‚), ๐‘๐ด(๐‘ก) =

(๐‘Ž1 โˆ’ ๐‘ก)โ€ฆ โˆ™ (๐‘Ž๐‘› โˆ’ ๐‘ก), quindi il coefficiente del termine di grado ๐‘› โˆ’ 1 di ๐‘๐ด(๐‘ก) รจ la somma

degli autovalori.

2) Se ๐•‚ = โ„ e ๐ด = (0 โˆ’11 0

) โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„), cioรจ ๐ด รจ una rotazione di 90ยฐ, ๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘ก2 + 1, che รจ

irriducibile su โ„, dunque ๐ด non ha autovalori reali.

3) In ogni caso ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) ha al massimo ๐‘› autovalori distinti.

65

PROPOSIZIONE 3.2.6: Se ๐ด โˆผ ๐ต, allora ๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘๐ต(๐‘ก).

Dimostrazione:

๐ต = ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€, dunque:

๐‘๐ต(๐‘ก) = det(๐ต โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = det(๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = det(๐‘€โˆ’1(๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ)๐‘€) = det(๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = ๐‘๐ด(๐‘ก),

dove il passaggio contrassegnato con = deriva dalla formula di Binet.

Osservazione: Dunque il polinomio caratteristico รจ un invariante di similitudine; con esso lo

sono anche tutti i suoi coefficienti, in particolare det(๐ด) e ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด).

DEFINIZIONE 3.2.10: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Poniamo ๐‘๐‘“(๐‘ก) = ๐‘๐ด(๐‘ก), dove ๐ด รจ la matrice associata a ๐‘“ in

una qualsiasi base di ๐‘‰.

Osservazione: รˆ una buona definizione, poichรฉ se ๐ดโ€ฒ รจ la matrice associata ad ๐‘“ in unโ€™altra base

di ๐‘‰, ๐ด โˆผ ๐ดโ€ฒ ed abbiamo dimostrato che se ๐ด โˆผ ๐ดโ€ฒ โ‡’ ๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘๐ดโ€ฒ(๐‘ก).

COROLLARIO 3.2.7: Se ๐‘“ โˆผ ๐‘”, allora ๐‘๐‘“(๐‘ก) = ๐‘๐‘”(๐‘ก).

Dimostrazione:

Sia โ„ฌ base di ๐‘‰.

๐‘“ โˆผ ๐‘” โ‡’ ๐”โ„ฌ(๐‘“) โˆผ ๐”โ„ฌ(๐‘”) โ‡’ ๐‘๐‘“(๐‘ก) = ๐‘๐‘”(๐‘ก).

DEFINIZIONE 3.2.11: โˆ€๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“) denotiamo con ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†) la molteplicitร  algebrica di ๐œ† come

radice di ๐‘๐‘“(๐‘ก).

PROPOSIZIONE 3.2.8: โˆ€๐‘› โˆˆ โ„•, ๐ด โˆผ ๐ต โ‡’ ๐ด๐‘› โˆผ ๐ต๐‘›.

Dimostrazione:

๐ด โˆผ ๐ต โ‡’ โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›)| ๐ต = ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€, dunque ๐ต๐‘› = ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€โŸ ๐‘› ๐‘ฃ๐‘œ๐‘™๐‘ก๐‘’

= ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘›๐‘€ โ‡’

โ‡’ ๐ต๐‘› โˆผ ๐ด๐‘›.

Osservazione: La lista di invarianti per coniugio/similitudine trovati fin qui รจ:

๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“);

det(๐‘“);

๐‘†๐‘(๐‘“);

๐‘๐‘“;

โˆ€๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“), ๐œ‡๐‘”(๐œ†) e ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†).

Questa lista รจ ridondante, infatti:

Se ๐‘๐‘“ = ๐‘๐‘” โ‡’ {

det(๐‘“) = det(๐‘”)

๐‘†๐‘(๐‘“) = ๐‘†๐‘(๐‘”)

โˆ€๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“), ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†, ๐‘“) = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†, ๐‘”)

, infatti il determinante รจ il termine noto

del polinomio caratteristico e gli autovalori sono le radici.

Se โˆ€๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“) = ๐‘†๐‘(๐‘”), ๐œ‡๐‘”(๐œ†, ๐‘“) = ๐œ‡๐‘”(๐œ†, ๐‘”) โ‡’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘”).

Infatti:

๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘“) = ๐‘› โˆ’ dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“)) = ๐‘› โˆ’ dim(๐‘‰0(๐‘“)) = ๐‘› โˆ’ ๐œ‡๐‘”(0, ๐‘“);

๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘”) = ๐‘› โˆ’ dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘”)) = ๐‘› โˆ’ dim(๐‘‰0(๐‘”)) = ๐‘› โˆ’ ๐œ‡๐‘”(0, ๐‘”).

66

Dunque gli invarianti significativi trovati finora sono:

1) il polinomio caratteristico;

2) la dimensione degli autospazi.

Questo non รจ un sistema completo di invarianti, infatti:

sia ๐ด = (

0000

1000

0100

0000

), ๐ต = (

0000

1000

0000

0010

).

๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘๐ต(๐‘ก) = ๐‘ก4;

dim(๐‘‰0(๐ด)) = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด)) = 2;

dim(๐‘‰0(๐ต)) = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ต)) = 2.

Ma poichรฉ ๐ด2 โ‰  0 e ๐ต2 = 0, allora sicuramente ๐ด2 โ‰ ๐ต2 โ‡’ ๐ด โ‰ ๐ต.

PROPOSIZIONE 3.2.9: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐œ† โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“). Allora 1 โ‰ค ๐œ‡๐‘”(๐œ†) โ‰ค ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†) โ‰ค dim(๐‘‰).

Dimostrazione:

Sia ๐‘‘ = ๐œ‡๐‘”(๐œ†) = dim(๐‘‰๐œ†).

Sia {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘‘} una base di ๐‘‰๐œ†.

La completo a una base โ„ฌ di ๐‘‰.

Allora ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“) = (๐œ†๐ผ๐‘‘ | ๐‘€

0 | ๐‘), da cui ๐‘๐‘“(๐‘ก) = (๐œ† โˆ’ ๐‘ก)๐‘‘ โˆ™ ๐‘๐‘(๐‘ก) e quindi ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†) โ‰ฅ ๐‘‘.

PROPOSIZIONE 3.2.10: Sia ๐‘‰ uno spazio vettoriale e siano ๐‘Š1, โ€ฆ ,๐‘Š๐‘˜ sottospazi di ๐‘‰.

Sono fatti equivalenti:

1) dim(๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜) = dim(๐‘Š1)+. . . + dim(๐‘Š๐‘˜) 2) Se โ„ฌ๐‘– รจ base di ๐‘Š๐‘–, allora โ„ฌ = โ„ฌ1 โˆช โ€ฆโˆช โ„ฌ๐‘˜ รจ base di ๐‘Š1 +โ‹ฏ+๐‘Š๐‘˜

3) Se ๐‘ค๐‘– โˆˆ ๐‘Š๐‘– โˆ€๐‘– e ๐‘ค1+. . . +๐‘ค๐‘˜ = 0 โ‡’ ๐‘ค1 =. . . = ๐‘ค๐‘˜ = 0

4) โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜, ๐‘ฃ si scrive in modo unico come ๐‘ฃ = ๐‘ค1+. . . +๐‘ค๐‘˜, con ๐‘ค๐‘– โˆˆ ๐‘Š๐‘– โˆ€๐‘–.

Dimostrazione:

2) โ‡’ 1): Poichรฉ ๐ต๐‘– รจ base di ๐‘Š๐‘– โ‡’ #โ„ฌ = #โ„ฌ1 +โ‹ฏ+ #โ„ฌ๐‘˜ โ‡’

โ‡’ dim(๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜) = dim(๐‘Š1)+. . . + dim(๐‘Š๐‘˜).

1) โ‡’ 2): โ„ฌ = โ„ฌ1 โˆช โ€ฆโˆช โ„ฌ๐‘˜ genera ๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜ per 1). Inoltre #โ„ฌ = dim(๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜), quindi โ„ฌ

รจ una base di ๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜.

2) โ‡’ 3): Scrivo ogni ๐‘ค๐‘– come combinazione lineare di โ„ฌ๐‘–: ๐‘ค1+. . . +๐‘ค๐‘˜ = ๐‘๐‘™(โ„ฌ1)+. . . +๐‘๐‘™(โ„ฌ๐‘˜) Ma โ„ฌ1, โ€ฆ , โ„ฌ๐‘˜ fanno parte di โ„ฌ e dunque sono indipendenti, dunque tutti gli addendi

sono nulli โ‡’ ๐‘ค๐‘– = 0 โˆ€๐‘–.

3) โ‡’ 4): Sia ๐‘ฃ = ๐‘ค1+. . . +๐‘ค๐‘˜ = ๐‘ค1โ€ฒ+. . . +๐‘ค๐‘˜

โ€ฒ . Allora:

(๐‘ค1 โˆ’ ๐‘ค1โ€ฒ)โŸ

โˆˆ๐‘Š1

+. . . + (๐‘ค๐‘˜ โˆ’ ๐‘ค๐‘˜โ€ฒ )โŸ

โˆˆ๐‘Š๐‘˜

= 0.

Quindi per 3), ๐‘ค๐‘– โˆ’ ๐‘ค๐‘–โ€ฒ = 0 โˆ€๐‘–, da cui la tesi.

4) โ‡’ 2): โ„ฌ = โ„ฌ1 โˆช โ€ฆโˆช โ„ฌ๐‘˜ genera ๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜.

Basta mostrare che โ„ฌ รจ un insieme indipendente.

๐‘๐‘™(โ„ฌ1)โŸ =๐‘ค1

+. . . + ๐‘๐‘™(โ„ฌ๐‘˜)โŸ =๐‘ค๐‘˜

= 0.

Allora ๐‘ค1+. . . +๐‘ค๐‘˜ = 0+. . . +0 = 0.

Ma poichรฉ la scrittura รจ unica, ๐‘ค๐‘– = 0 โˆ€๐‘–.

67

Poichรฉ โ„ฌ๐‘– รจ base di ๐‘Š๐‘–, tutti i coefficienti della combinazione lineare sono nulli โ‡’ tesi.

DEFINIZIONE 3.2.12: Se vale una qualsiasi delle precedenti condizioni equivalenti, diciamo che

๐‘Š1, โ€ฆ ,๐‘Š๐‘˜ sono in somma diretta (multipla) e ๐‘Š1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘Š๐‘˜ = ๐‘Š1+. . . +๐‘Š๐‘˜.

Si ha che dim(๐‘Š1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘Š๐‘˜) = โˆ‘ dim(๐‘Š๐‘–)๐‘˜๐‘–=1 .

PROPOSIZIONE 3.2.11: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘†๐‘(๐‘“) = {๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜}.

Allora gli autospazi ๐‘‰๐œ†1 , โ€ฆ , ๐‘‰๐œ†๐‘˜ sono in somma diretta.

Dimostrazione:

Basta provare che se ๐‘ฃ1 โˆˆ ๐‘‰๐œ†1 , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ โˆˆ ๐‘‰๐œ†๐‘˜ e ๐‘ฃ1+. . . +๐‘ฃ๐‘˜ = 0, allora ๐‘ฃ๐‘– = 0 โˆ€๐‘–.

Per induzione su ๐‘˜:

Passo base): ๐‘˜ = 1: ๐‘ฃ1 = 0 implica ovviamente ๐‘ฃ1 = 0.

Passo induttivo): Dallโ€™ipotesi ๐‘ฃ1+. . . +๐‘ฃ๐‘˜ = 0 ottengo, applicando ๐‘“:

๐œ†1๐‘ฃ1+. . . +๐œ†๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜ = 0 e, moltiplicando invece per ๐œ†๐‘˜:

๐œ†๐‘˜๐‘ฃ1+. . . +๐œ†๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜ = 0.

Sottraendo ottengo: (๐œ†1 โˆ’ ๐œ†๐‘˜)๐‘ฃ1โŸ

โˆˆ๐‘‰๐œ†1

+. . . + (๐œ†๐‘˜โˆ’1 โˆ’ ๐œ†๐‘˜)๐‘ฃ๐‘˜โˆ’1โŸ โˆˆ๐‘‰๐œ†๐‘˜โˆ’1

= 0.

Per ipotesi induttiva: (๐œ†1 โˆ’ ๐œ†๐‘˜)๐‘ฃ1 = 0,โ€ฆ , (๐œ†๐‘˜โˆ’1 โˆ’ ๐œ†๐‘˜)๐‘ฃ๐‘˜โˆ’1 = 0.

Ma ๐œ†๐‘– โˆ’ ๐œ†๐‘˜ โ‰  0 โˆ€๐‘–, poichรฉ gli autovalori sono distinti. Dunque ๐‘ฃ1 =. . . = ๐‘ฃ๐‘˜โˆ’1 = 0 e quindi

anche ๐‘ฃ๐‘˜ = 0.

Osservazione: In generale ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜ โŠŠ ๐‘‰.

PROPOSIZIONE 3.2.12: Siano ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„). Allora ๐ด e ๐ต sono simili su โ„ โ‡” lo sono su โ„‚.

Dimostrazione:

Precisiamo che:

๐ด โˆผโ„ ๐ต โ‡” โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,โ„)| ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = ๐ต;

๐ด โˆผโ„‚ ๐ต โ‡” โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›, โ„‚)| ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = ๐ต.

โ‡’) ovvia.

โ‡) Per ipotesi โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›, โ„‚)| ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = ๐ต, cioรจ ๐ด๐‘€ = ๐‘€๐ต.

Sia ๐‘€ = ๐‘‹ + ๐‘–๐‘Œ, con ๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„) (N.B.: non รจ detto che ๐‘‹ e ๐‘Œ siano invertibili!).

๐ด(๐‘‹ + ๐‘–๐‘Œ) = (๐‘‹ + ๐‘–๐‘Œ)๐ต โ‡’ ๐ด๐‘‹ + ๐‘–๐ด๐‘Œ = ๐‘‹๐ต + ๐‘–๐‘Œ๐ต โ‡’ ๐ด๐‘‹ = ๐‘‹๐ต, ๐ด๐‘Œ = ๐‘Œ๐ต, separando parte

reale e parte immaginaria.

Notiamo che:

โˆ€๐‘ก โˆˆ โ„, ๐ด(๐‘‹ + ๐‘ก๐‘Œ) = ๐ด๐‘‹ + ๐‘ก๐ด๐‘Œ = ๐‘‹๐ต + ๐‘ก๐‘Œ๐ต = (๐‘‹ + ๐‘ก๐‘Œ)๐ต,

dunque per arrivare alla tesi mi basta trovare ๐‘ก โˆˆ โ„| ๐‘‹ + ๐‘ก๐‘Œ sia invertibile, poichรฉ in quel

caso ๐ด e ๐ต sarebbero simili grazie a ๐‘‹ + ๐‘ก๐‘Œ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„), cioรจ simili su โ„.

det (๐‘‹ + ๐‘ก๐‘Œ) รจ un polinomio ๐‘(๐‘ก) โˆˆ โ„[๐‘ก], ma ๐‘(๐‘–) = det(๐‘‹ + ๐‘–๐‘Œ) = det(๐‘€) โ‰  0, dunque

๐‘(๐‘ก) non รจ il polinomio nullo โ‡’ โˆƒ๐‘ก0 โˆˆ โ„| ๐‘(๐‘ก0) โ‰  0, cioรจ ๐‘‹ + ๐‘ก0๐‘Œ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,โ„), tesi.

68

3.3 DIAGONALIZZABILITร

DEFINIZIONE 3.3.1: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) si dice diagonalizzabile se esiste una base โ„ฌ| ๐”โ„ฌ(๐‘“) รจ

diagonale.

Osservazione: ๐”โ„ฌ(๐‘“) รจ diagonale โ‡” โ„ฌ รจ costituita da autovettori per ๐‘“.

PROPOSIZIONE 3.3.1: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘†๐‘(๐‘“) = {๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜}.

Allora ๐‘“ รจ diagonalizzabile โ‡” ๐‘‰ = ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜ .

Dimostrazione:

โ‡’) Per ipotesi โˆƒโ„ฌ base di autovettori.

La suddivido in โ„ฌ = โ„ฌ1 โˆช โ€ฆโˆช โ„ฌ๐‘˜, con โ„ฌ๐‘– โŠ‚ ๐‘‰๐œ†๐‘–.

๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(โ„ฌ1) โŠ• โ€ฆโŠ• ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(โ„ฌ๐‘˜) โŠ† ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜.

Ma ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜ โŠ† ๐‘‰ โ‡’ tesi.

โ‡) Se โ„ฌ๐‘– รจ base di ๐‘‰๐œ†๐‘– โ‡’ โ„ฌ1 โˆช โ€ฆโˆช โ„ฌ๐‘˜ รจ base di autovettori di ๐‘‰, dunque segue la tesi.

Osservazioni: 1) La proprietร  di essere diagonalizzabile รจ un invariante di coniugio.

Dimostrazione:

๐‘“ โˆผ ๐‘” โ‡’ ๐‘” = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž.

Se {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ base di autovettori per ๐‘“, {โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ1),โ€ฆ , โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ๐‘›)} รจ base di autovettori per ๐‘”.

2) ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) รจ diagonalizzabile โ‡” ๐ด โˆผ ๐ท diagonale (poichรฉ ๐ท ha una base di autovettori

quindi ce lโ€™ha anche ๐ด).

3) Sia ๐’ฎ base di ๐‘‰. ๐‘“ diagonalizzabile โ‡”๐”๐’ฎ(๐‘“) รจ diagonalizzabile.

4) ๐ด = (1 10 1

) โˆˆ โ„ณ(2, โ„) non รจ diagonalizzabile (infatti se lo fosse sarebbe simile a una

matrice diagonale, ma ๐ด ha come autovalore solo 1 โ‡’ la matrice simile sarebbe ๐ผ = (1 00 1

),

ma ๐ด โ‰ ๐ผ).

5) ๐ต = (0 โˆ’11 0

) โˆˆ โ„ณ(2,โ„) non รจ diagonalizzabile perchรฉ non ha autovalori reali.

6) ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰)| ๐‘“2 = ๐‘“ (si dice che ๐‘“ รจ un proiettore) โ‡’ ๐‘“ รจ diagonalizzabile.

Dimostrazione:

Sicuramente โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ฃ = (๐‘ฃ โˆ’ ๐‘“(๐‘ฃ)) + ๐‘“(๐‘ฃ). Notiamo che:

๐‘“(๐‘ฃ โˆ’ ๐‘“(๐‘ฃ)) = ๐‘“(๐‘ฃ) โˆ’ ๐‘“(๐‘“(๐‘ฃ)) = ๐‘“(๐‘ฃ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ฃ) = 0 โ‡’ ๐‘ฃ โˆ’ ๐‘“(๐‘ฃ) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“) = ๐‘‰0(๐‘“);

๐‘“(๐‘“(๐‘ฃ)) = ๐‘“(๐‘ฃ) โ‡’ ๐‘“(๐‘ฃ) โˆˆ ๐ผ๐‘š(๐‘“) = ๐‘‰1(๐‘“).

Poichรฉ sappiamo che ๐‘‰ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“)โŠ• ๐ผ๐‘š(๐‘“) โ‡’ ๐‘‰ = ๐‘‰0(๐‘“)โŠ• ๐‘‰1(๐‘“), da cui la tesi.

7) ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰)| ๐‘“2 = ๐‘–๐‘‘ (si dice che ๐‘“ รจ unโ€™involuzione) โ‡’ ๐‘“ รจ diagonalizzabile.

Dimostrazione:

Sicuramente โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ฃ =๐‘ฃ+๐‘“(๐‘ฃ)

2+

๐‘ฃโˆ’๐‘“(๐‘ฃ)

2. Notiamo che:

๐‘“ (๐‘ฃ+๐‘“(๐‘ฃ)

2) =

๐‘“(๐‘ฃ)+๐‘ฃ

2 โ‡’

๐‘ฃ+๐‘“(๐‘ฃ)

2โˆˆ ๐‘‰1(๐‘“);

๐‘“ (๐‘ฃโˆ’๐‘“(๐‘ฃ)

2) =

๐‘“(๐‘ฃ)โˆ’๐‘ฃ

2 โ‡’

๐‘ฃโˆ’๐‘“(๐‘ฃ)

2โˆˆ ๐‘‰โˆ’1(๐‘“).

Abbiamo mostrato che ๐‘‰1(๐‘“) e ๐‘‰โˆ’1(๐‘“) generano ๐‘‰, dunque ๐‘‰1(๐‘“) + ๐‘‰โˆ’1(๐‘“) โŠ‡ ๐‘‰.

Poichรฉ ovviamente ๐‘‰1(๐‘“) + ๐‘‰โˆ’1(๐‘“) โŠ† ๐‘‰, allora ๐‘‰1(๐‘“) + ๐‘‰โˆ’1(๐‘“) = ๐‘‰.

69

Inoltre ๐‘‰1(๐‘“) โˆฉ ๐‘‰โˆ’1(๐‘“) = {0}, dunque ๐‘‰1(๐‘“)โŠ• ๐‘‰โˆ’1(๐‘“) = ๐‘‰, tesi.

TEOREMA DI DIAGONALIZZABILITร: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), dim(๐‘‰) = ๐‘›, ๐‘†๐‘(๐‘“) = {๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜}.

Allora ๐‘“ รจ diagonalizzabile โ‡” {๐œ‡๐‘Ž(๐œ†1)+. . . +๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘˜) = ๐‘›

๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–) = ๐œ‡๐‘”(๐œ†๐‘–) โˆ€๐‘– .

Dimostrazione:

โ‡’) โˆƒโ„ฌ base di autovettori di ๐‘“.

๐”โ„ฌ(๐‘“) = (

๐œ†1๐ผ๐‘‘1 . .

. โ‹ฑ .

. . ๐œ†๐‘˜๐ผ๐‘‘๐‘˜

)

con ๐‘‘1+. . . +๐‘‘๐‘˜ = ๐‘›.

Allora ๐‘๐‘“(๐‘ก) = (๐œ†1 โˆ’ ๐‘ก)๐‘‘1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐œ†๐‘˜ โˆ’ ๐‘ก)๐‘‘๐‘˜ .

Da questo segue che ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–) = ๐‘‘๐‘–, quindi รจ provata la prima condizione.

Poichรฉ โ„ฌ contiene ๐‘‘๐‘– autovettori relativi a ๐œ†๐‘–, si ha che dim(๐‘‰๐œ†๐‘–) โ‰ฅ ๐‘‘๐‘– = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–).

Ma ๐œ‡๐‘”(๐œ†๐‘–) โ‰ค ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–) โ‡’ ๐œ‡๐‘”(๐œ†๐‘–) = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–).

โ‡) So che ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜ โŠ† ๐‘‰ e che ๐‘“ รจ diagonalizzabile โ‡” vale lโ€™uguaglianza.

Ma dim(๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜) = dim(๐‘‰๐œ†1)+. . . + dim(๐‘‰๐œ†๐‘˜) = โˆ‘ ๐œ‡๐‘”(๐œ†๐‘–)๐‘– = โˆ‘ ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–)๐‘– = ๐‘› โ‡’ tesi.

Osservazione: La condizione ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†1)+. . . +๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘˜) = ๐‘› equivale a dire che

๐‘๐‘“(๐‘ก) = โˆ (๐œ†๐‘– โˆ’ ๐‘ก)๐‘š๐‘–๐‘˜๐‘–=1 , cioรจ che ๐‘๐‘“(๐‘ก) รจ completamente fattorizzabile.

COROLLARIO 3.3.2: Se ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), con dim(๐‘‰) = ๐‘›, ha ๐‘› autovalori distinti, allora ๐‘“ รจ

diagonalizzabile.

Dimostrazione:

Poichรฉ ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–) > 0, allora sicuramente ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–) = 1 โˆ€๐‘– e dunque โˆ‘ ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–)๐‘– = ๐‘›.

Inoltre 1 โ‰ค ๐œ‡๐‘”(๐œ†๐‘–) โ‰ค ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–) = 1 โ‡’ ๐œ‡๐‘”(๐œ†๐‘–) = 1 = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–) โˆ€๐‘– โ‡’ tesi grazie al teorema di

diagonalizzabilitร .

Osservazione: Se ๐•‚ = โ„‚ (o in generale se ๐•‚ รจ algebricamente chiuso), la condizione

โˆ‘ ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘–)๐‘– = ๐‘› รจ sempre verificata.

Osservazioni: 1) Se ๐ด รจ diagonalizzabile, anche ๐ด๐‘› lo รจ โˆ€๐‘› โˆˆ โ„•.

Dimostrazione:

๐ด diagonalizzabile โ‡’ ๐ด โˆผ ๐ท diagonale โ‡’ ๐ด๐‘› โˆผ ๐ท๐‘› e sicuramente ๐ท๐‘› รจ diagonale โˆ€๐‘› โˆˆ โ„•

(la dimostrazione formale puรฒ essere fatta in questo modo:

a) dimostrare per induzione su ๐‘š che, prese ๐ต, ๐ถ โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘š,๐•‚), ๐ต๐ถ โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘š,๐•‚);

b) sfruttare il fatto a) per dimostrare per induzione che ๐ท๐‘›โˆ’1 โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘š,๐•‚) โ‡’ ๐ท๐‘› โˆˆ ๐’Ÿ(๐‘š,๐•‚).)

2) Se ๐œ† รจ autovalore per ๐ด, allora ๐œ†๐‘š รจ autovalore per ๐ด๐‘š โˆ€๐‘š โˆˆ โ„•.

Dimostrazione:

Se ๐ด๐‘‹ = ๐œ†๐‘‹ โ‡’ ๐ด2๐‘‹ = ๐ด(๐ด๐‘‹) = ๐ด(๐œ†๐‘‹) = ๐œ†(๐ด๐‘‹) = ๐œ†2๐‘‹.

In generale, se ๐ด๐‘›โˆ’1๐‘‹ = ๐œ†๐‘›โˆ’1๐‘‹, procedendo come sopra si mostra che ๐ด๐‘›๐‘‹ = ๐œ†๐‘›๐‘‹.

PROPOSIZIONE 3.3.3: Siano ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰)| ๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘” โˆ˜ ๐‘“ e sia ๐‘‰๐œ† lโ€™autospazio relativo a ๐œ† per

๐‘“. Allora ๐‘”(๐‘‰๐œ†) โŠ† ๐‘‰๐œ†.

Dimostrazione:

70

Sia ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰๐œ†. Allora ๐‘“(๐‘”(๐‘ฃ)) = ๐‘”(๐‘“(๐‘ฃ)) = ๐‘”(๐œ†๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘”(๐‘ฃ) โ‡’ ๐‘”(๐‘ฃ) โˆˆ ๐‘‰๐œ† โ‡’ tesi.

Osservazione: Dunque se due endomorfismi commutano, gli autospazi dellโ€™uno sono invarianti

per lโ€™altro.

PROPOSIZIONE 3.3.4: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘‰ = ๐ดโŠ•๐ต, ๐ด, ๐ต sottospazi di ๐‘‰ ๐‘“-invarianti.

Allora ๐‘“ รจ diagonalizzabile โ‡” ๐‘“|๐ด e ๐‘“|๐ต sono diagonalizzabili.

Dimostrazione:

โ‡) โˆƒโ„ฌ๐ด base di ๐ด di autovettori per ๐‘“;

โˆƒโ„ฌ๐ต base di ๐ต di autovettori per ๐‘“;

Perciรฒ โ„ฌ = โ„ฌ๐ด โˆช โ„ฌ๐ต รจ base di ๐‘‰ di autovettori per ๐‘“.

โ‡’) โˆƒโ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰ di autovettori per ๐‘“.

๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘ฃ๐‘– โˆ€๐‘–; inoltre โˆ€๐‘– โˆƒ! ๐‘Ž๐‘– โˆˆ ๐ด, ๐‘๐‘– โˆˆ ๐ต| ๐‘ฃ๐‘– = ๐‘Ž๐‘– + ๐‘๐‘–.

๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘ฃ๐‘– = ๐œ†๐‘–(๐‘Ž๐‘– + ๐‘๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘Ž๐‘–โŸโˆˆ๐ด

+ ๐œ†๐‘–๐‘๐‘–โŸโˆˆ๐ต

.

Ma ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) = ๐‘“(๐‘Ž๐‘– + ๐‘๐‘–) = ๐‘“(๐‘Ž๐‘–)โŸ โˆˆ๐ด

+ ๐‘“(๐‘๐‘–)โŸ โˆˆ๐ต

, poichรฉ ๐ด, ๐ต sono ๐‘“-invarianti.

Ma lo spezzamento รจ unico, quindi ๐‘“(๐‘Ž๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘Ž๐‘–; ๐‘“(๐‘๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘๐‘– โˆ€๐‘–.

Dunque ho trovato ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› โˆˆ ๐ด, ๐‘1, โ€ฆ , ๐‘๐‘› โˆˆ ๐ต| ๐‘“(๐‘Ž๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘Ž๐‘– e ๐‘“(๐‘๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘๐‘– โˆ€๐‘–.

Ma ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘› โˆˆ ๐ด provengono, tramite la proiezione ๐œ‹๐ด: ๐‘‰ โ†’ ๐ด, da una base di ๐‘‰, dunque gli

๐‘Ž๐‘– sono generatori di ๐ผ๐‘š(๐œ‹๐ด). Ma ๐œ‹๐ด รจ surgettiva, dunque gli ๐‘Ž๐‘– generano ๐ด.

Dunque posso estrarre una base per ๐ด che รจ di autovettori perchรฉ sono โ‰  0 (se ci fossero

lโ€™algoritmo di estrazione li eliminerebbe) e verificano ๐‘“(๐‘Ž๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘Ž๐‘–.

Il discorso per ๐ต รจ analogo โ‡’ tesi.

PROPOSIZIONE 3.3.5: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) diagonalizzabile; ๐‘Š sottospazio di ๐‘‰ ๐‘“-invariante.

Allora ๐‘“|๐‘Š รจ diagonalizzabile.

Dimostrazione 1:

Per la proposizione precedente mi basta trovare ๐‘ˆ sottospazio di ๐‘‰| ๐‘“(๐‘ˆ) โŠ† ๐‘ˆ e ๐‘‰ = ๐‘ŠโŠ•๐‘ˆ.

๐‘“ รจ diagonalizzabile โ‡’ โˆƒbase di autovettori {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di ๐‘‰ per ๐‘“.

Se {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘} รจ una base di ๐‘Š, {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘, ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} generano ๐‘‰ e se applico lโ€™algoritmo di

estrazione a base ottengo una base {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘, ๐‘ฃ๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘—๐‘›โˆ’๐‘} di ๐‘‰.

Sia ๐‘ˆ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘› (๐‘ฃ๐‘—1 , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘—๐‘›โˆ’๐‘). Per costruzione ๐‘‰ = ๐‘ˆโŠ•๐‘Š e inoltre ๐‘“(๐‘ˆ) โŠ† ๐‘ˆ poichรฉ questi

sono elementi di una base di autovettori.

Dimostrazione 2:

๐‘‰ = ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜.

Proviamo che ๐‘Š = (๐‘Š โˆฉ ๐‘‰๐œ†1)โŠ• โ€ฆโŠ• (๐‘Š โˆฉ ๐‘‰๐œ†๐‘˜).

โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, โˆƒ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜| ๐‘ค = ๐‘ฃ1+. . . +๐‘ฃ๐‘˜ e ๐‘ฃ๐‘– โˆˆ ๐‘‰๐œ†๐‘–.

Se provo che ๐‘ฃ๐‘– โˆˆ ๐‘Š โˆ€๐‘– ho la tesi, poichรฉ avrei che ๐‘Š รจ composto solo da autovettori.

๐‘ค = ๐‘ฃ1+. . . +๐‘ฃ๐‘˜;

๐‘“(๐‘ค) = ๐œ†1๐‘ฃ1+. . . +๐œ†๐‘˜๐‘ฃ๐‘˜;

๐‘“2(๐‘ค) = ๐œ†12๐‘ฃ1+. . . +๐œ†๐‘˜

2๐‘ฃ๐‘˜; โ‹ฎ ๐‘“๐‘˜โˆ’1(๐‘ค) = ๐œ†1

๐‘˜โˆ’1๐‘ฃ1+. . . +๐œ†๐‘˜๐‘˜โˆ’1๐‘ฃ๐‘˜.

Dunque:

71

(

๐‘ค๐‘“(๐‘ค)โ‹ฎ

๐‘“๐‘˜โˆ’1(๐‘ค)

) = (

1๐œ†1โ‹ฎ

๐œ†1๐‘˜โˆ’1

1๐œ†2โ‹ฎ

๐œ†2๐‘˜โˆ’1

โ‹ฏโ‹ฏโ‹ฎโ‹ฏ

1๐œ†๐‘˜โ‹ฎ

๐œ†๐‘˜๐‘˜โˆ’1

)

โŸ =๐‘‰

(

๐‘ฃ1๐‘ฃ2โ‹ฎ๐‘ฃ๐‘˜

)

๐‘‰ รจ invertibile perchรฉ รจ una matrice di Vandermonde con ๐œ†๐‘– โ‰  ๐œ†๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘—, poichรฉ i corrispondenti

autospazi sono in somma diretta, perciรฒ:

(

๐‘ฃ1๐‘ฃ2โ‹ฎ๐‘ฃ๐‘˜

) = ๐‘‰โˆ’1(

๐‘ค๐‘“(๐‘ค)โ‹ฎ

๐‘“๐‘˜โˆ’1(๐‘ค)

)

Quindi i ๐‘ฃ๐‘– si ottengono come combinazione lineare degli ๐‘“๐‘—(๐‘ค) โ‡’

โ‡’ ๐‘ฃ๐‘– โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค, ๐‘“(๐‘ค),โ€ฆ , ๐‘“๐‘˜โˆ’1(๐‘ค)) โˆ€๐‘–.

Ma i ๐‘“๐‘—(๐‘ค) sono tutti contenuti in ๐‘Š, poichรฉ ๐‘Š รจ un sottospazio ๐‘“-invariante, dunque

๐‘ฃ๐‘– โˆˆ ๐‘Š โˆ€๐‘–, da cui la tesi.

DEFINIZIONE 3.3.2: ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) si dicono simultaneamente diagonalizzabili se ammettono

una base comune di autovettori.

TEOREMA DI DIAGONALIZZAZIONE SIMULTANEA: Siano ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰)| ๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘” โˆ˜ ๐‘“.

Allora:

1) Se ๐‘“ รจ diagonalizzabile con ๐‘› = dim(๐‘‰) autovalori distinti, allora ๐‘” รจ diagonalizzabile e ๐‘“ e

๐‘” sono simultaneamente diagonalizzabili

2) Se ๐‘“ e ๐‘” sono diagonalizzabili lo sono simultaneamente.

Dimostrazione:

1) โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰, โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}| ciascun ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘–) coincide con un autospazio (in quanto tutti

gli autospazi di ๐‘“ hanno dimensione 1 per ipotesi).

Dunque sappiamo che ๐‘”(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘–)) โŠ† ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘–), cioรจ ๐‘”(๐‘ฃ๐‘–) = ๐œ†๐‘–๐‘ฃ๐‘– per qualche ๐œ†๐‘– โˆˆ ๐•‚ โˆ€๐‘–

(infatti in generale so che ๐‘”(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘–)) โŠ† ๐‘‰๐œ†๐‘–, ma ๐‘‰๐œ†๐‘– = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘–))

Dunque segue la tesi.

2) ๐‘“ diagonalizzabile โ‡’ ๐‘‰ = ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜ .

๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘” โˆ˜ ๐‘“ โ‡’ ๐‘”(๐‘‰๐œ†๐‘–) โŠ† ๐‘‰๐œ†๐‘– โˆ€๐‘–.

Sappiamo che ๐‘” diagonalizzabile e ๐‘”(๐‘‰๐œ†๐‘–) โŠ† ๐‘‰๐œ†๐‘– implica che ๐‘”|๐‘‰๐œ†๐‘– รจ diagonalizzabile.

Se โ„ฌ๐œ†๐‘– รจ una base di autovettori per ๐‘”|๐‘‰๐œ†๐‘–, allora โ„ฌ = โ„ฌ๐œ†1 โˆช โ€ฆโˆช ๐ต๐œ†๐‘˜ รจ una base di ๐‘‰ (poichรฉ

๐‘‰ = ๐‘‰๐œ†1 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜) di autovettori per ๐‘“ e ๐‘” (questo per costruzione, perchรฉ prendendo un

๐‘ฅ โˆˆ โ„ฌ๐œ†๐‘– ho sicuramente un autovettore per ๐‘“, ma questi sono autovettori per i ๐‘”|๐‘‰๐œ†๐‘–, dunque

sono autovettori anche per ๐‘”).

Dunque segue la tesi.

72

3.4 TRIANGOLABILITร

DEFINIZIONE 3.4.1: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) si dice triangolabile se โˆƒ๐ต base di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐‘“) รจ triangolare.

Osservazioni: 1) ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) รจ triangolabile โ‡” ๐ด โˆผ ๐‘‡ triangolare.

2) ๐‘“ diagonalizzabile โ‡’ ๐‘“ triangolabile.

Il viceversa รจ falso, infatti:

๐ด = (1 10 1

) รจ triangolabile ma non รจ diagonalizzabile.

3) ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐’ฎ base qualsiasi di ๐‘‰.

Allora ๐‘“ รจ triangolabile โ‡” ๐ด = ๐”๐’ฎ(๐‘“) รจ triangolabile.

DEFINIZIONE 3.4.2: dim(๐‘‰) = ๐‘›. Si chiama bandiera per ๐‘‰ ogni famiglia {๐‘‰๐‘–}๐‘–โˆˆ๐ฝ๐‘› di sottospazi

vettoriali di ๐‘‰ tali che:

1) ๐‘‰1 โŠ‚ ๐‘‰2 โŠ‚. . . โŠ‚ ๐‘‰๐‘› 2) โˆ€๐‘– dim(๐‘‰๐‘–) = ๐‘–.

Osservazioni: 1) Ogni base {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di ๐‘‰ induce una bandiera per ๐‘‰: ๐‘‰๐‘– = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘–).

2) โˆ€bandiera per ๐‘‰, โˆƒโ„ฌ base che la induce (basta scegliere come ๐‘–-esimo vettore di base un

vettore โˆˆ ๐‘‰๐‘– e โˆ‰ ๐‘‰๐‘–โˆ’1).

DEFINIZIONE 3.4.3: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), โ„ฌ base di ๐‘‰. โ„ฌ si dice base a bandiera per ๐‘“ se i sottospazi

della bandiera indotta da โ„ฌ sono ๐‘“-invarianti, cioรจ โˆ€๐‘– ๐‘“(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘–)) โŠ† ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘–).

PROPOSIZIONE 3.4.1: ๐‘“ triangolabile โ‡” โˆƒbase a bandiera per ๐‘“.

Dimostrazione:

โ‡’) ๐‘“ triangolabile โ‡’ ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“) triangolabile โ‡’ ๐ด โˆผ ๐‘‡ triangolare โ‡’ se ๐’ฎ รจ la base tale che

๐”๐’ฎ(๐‘“) = ๐‘‡, allora ๐’ฎ รจ evidentemente a bandiera.

โ‡) Se ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘–) โˆ€๐‘–, allora โˆ€๐‘– le coordinate di ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–) dalla (๐‘– + 1)-esima alla

๐‘›-esima sono nulle, da cui la tesi.

Osservazione: Non tutti gli endomorfismi sono triangolabili (poichรฉ il primo vettore di una base

a bandiera deve essere autovettore per ๐‘“). Ad esempio:

๐ด = (0 โˆ’11 0

), non avendo autovalori reali, non รจ triangolabile.

TEOREMA DI TRIANGOLABILITร: ๐‘“ รจ triangolabile โ‡” ๐‘๐‘“(๐‘ก) รจ completamente fattorizzabile

(cioรจ se โˆ‘ ๐œ‡๐‘Ž(๐‘ฅ)๐‘ฅ = dim(๐‘‰)).

Dimostrazione:

โ‡’) Per ipotesi โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰ tale che:

๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“) = (๐œ†1 . โˆ—. โ‹ฑ .0 . ๐œ†๐‘›

)

Allora ๐‘๐‘“(๐‘ก) = ๐‘๐ด(๐‘ก) = (๐œ†1 โˆ’ ๐‘ก) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐œ†๐‘› โˆ’ ๐‘ก) = โˆ (๐œ†๐‘– โˆ’ ๐‘ก)๐‘š๐‘–๐‘˜๐‘–=1 , tesi.

73

โ‡) Per induzione su ๐‘› = dim(๐‘‰):

Passo base): ๐‘› = 1: ovvio, poichรฉ ogni matrice 1 ร— 1 รจ triangolare.

Passo induttivo): Per ipotesi โˆƒ๐œ†1 autovalore per ๐‘“ (poichรฉ ๐‘๐‘“(๐‘ก) รจ completamente

fattorizzabile e dunque ha almeno una radice). Sia ๐‘ฃ1 autovettore relativo a ๐œ†1.

Completo ๐‘ฃ1 a base ๐’ฎ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di ๐‘‰.

Sia ๐‘‰1 = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1) e ๐‘Š = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ2, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›). Allora ๐‘‰ = ๐‘‰1โŠ•๐‘Š.

๐”๐’ฎ(๐‘“) =

(

๐œ†1 | โ€ฆ

0 | โ‹ฎ . | ๐ถ 0 | )

Siano ๐œ‹๐‘‰1: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰1, ๐œ‹๐‘Š: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š le proiezioni indotte dalla somma diretta.

Osservo che ๐’ฏ = {๐‘ฃ2, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ base di ๐‘Š e ๐”๐’ฏ(๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“|๐‘Š) = ๐ถ.

Ora:

๐‘๐‘“(๐‘ก) = (๐œ†1 โˆ’ ๐‘ก) โˆ™ ๐‘๐ถ(๐‘ก).

Ma ๐‘๐‘“(๐‘ก) รจ completamente fattorizzabile, quindi anche ๐‘๐ถ(๐‘ก) lo รจ. Inoltre ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“|๐‘Š โˆˆ

๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘Š), quindi per ipotesi induttiva โˆƒ{๐‘ค2, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} base di ๐‘Š a bandiera per ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“|๐‘Š.

รˆ ovvio che {๐‘ฃ1, ๐‘ค2, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} รจ base di ๐‘‰, ma รจ anche a bandiera, infatti:

๐‘“(๐‘ฃ1) = ๐œ†1 โˆ™ ๐‘ฃ1, poichรฉ ๐‘ฃ1 รจ autovettore;

๐‘“(๐‘ค๐‘–) = ((๐œ‹๐‘‰1 + ๐œ‹๐‘Š)โŸ =๐‘–๐‘‘

โˆ˜ ๐‘“) (๐‘ค๐‘–) = (๐œ‹๐‘‰1 โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ค๐‘–)โŸ โˆˆ๐‘‰1

+ (๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ค๐‘–)โŸ โˆˆ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค2,โ€ฆ,๐‘ค๐‘–)

,

e (๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ค๐‘–) โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค2, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘–) poichรฉ per ipotesi induttiva {๐‘ค2, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} รจ una base di ๐‘Š a

bandiera per ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“|๐‘Š.

Dunque ๐‘“(๐‘ค๐‘–) โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ค2, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›), da cui la tesi.

COROLLARIO 3.4.2: Se ๐•‚ รจ algebricamente chiuso (cioรจ ogni polinomio in ๐•‚ รจ completamente

fattorizzabile), allora tutti gli endomorfismi di ๐‘‰ sono triangolabili.

COROLLARIO 3.4.3: La proprietร  di essere triangolabile รจ una proprietร  invariante per

coniugio/similitudine (poichรฉ dipende solo dal polinomio caratteristico).

Osservazione: Le matrici (1 10 1

) e (1 20 1

) sono simili poichรฉ entrambe rappresentano

lโ€™endomorfismo ๐‘“| ๐‘“(๐‘’1) = ๐‘ฃ1 e ๐‘“(๐‘’2) = ๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2, la prima nella base โ„ฌ1 = {(10) , (

01)}, la

seconda nella base โ„ฌ2 = {(10) , (

11)}. Dโ€™altra parte, entrambe le matrici sono triangolabili (in

quanto triangolari), ma la forma triangolabile รจ sostanzialmente diversa. Dunque, poichรฉ nella

stessa classe di similitudine possono coesistere elementi molto diversi, si dice che le matrici

triangolari non sono โ€œforme canonicheโ€.

DEFINIZIONE 3.4.4: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) si dice nilpotente se โˆƒ๐‘› โˆˆ โ„•| ๐ด๐‘› = 0.

PROPOSIZIONE 3.4.4: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚). ๐ด รจ nilpotente โ‡” 0 รจ autovalore con molteplicitร  ๐‘› (โ‡”

โ‡” ๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘ก๐‘›).

Dimostrazione:

74

โ‡’) Per ipotesi โˆƒ๐‘ โˆˆ โ„•| ๐ด๐‘ = 0. Sia ๐œ† โˆˆ ๐•‚ un autovalore per ๐ด (๐•‚ รจ la chiusura algebrica di ๐•‚,

cioรจ un campo dove tutti i polinomi di ๐•‚[๐‘ก] sono completamente fattorizzabili).

Allora ๐œ†๐‘ รจ autovalore per ๐ด๐‘ = 0, ma lโ€™unico autovalore per 0 รจ 0 โ‡’ ๐œ†๐‘ = 0 โ‡’ ๐œ† = 0.

โ‡) Per ipotesi ๐ด รจ triangolabile, cioรจ ๐ด โˆผ ๐‘‡ triangolare strettamente (poichรฉ matrici simili

hanno gli stessi autovalori, quindi ๐‘‡ ha solo 0 come autovalore e dunque ha la diagonale

nulla).

Dimostriamo ora per induzione su ๐‘› che se ๐‘‡ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) triangolare strettamente โ‡’ ๐‘‡๐‘› = 0:

Passo base): ๐‘› = 2: (0 ๐‘Ž0 0

)2

= (0 00 0

)

Passo induttivo): Sia ๐‘‡โ€ฒ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) triangolare strettamente:

๐‘‡โ€ฒ =

(

| ๐‘‡ | ๐‘‹ |

0 โ€ฆ 0 | 0 )

โ‡’ ๐‘‡โ€ฒ๐‘›+1

=

(

|

๐‘‡๐‘›+1 | ๐‘‡๐‘›๐‘‹ |

0 โ€ฆ 0 | 0 )

Ma per ipotesi induttiva (poichรฉ ๐‘‡ รจ triangolare strettamente), ๐‘‡๐‘› = 0, quindi ๐‘‡โ€ฒ๐‘›+1

= 0.

Quindi, poichรฉ ๐ด๐‘› โˆผ ๐‘‡๐‘› = 0 โ‡’ ๐ด๐‘› = 0, tesi.

Osservazione: Lโ€™esempio giร  visto:

๐ด = (

0000

1000

0100

0000

); ๐ต = (

0000

1000

0000

0010

)

prova che gli invarianti di similitudine trovati finora non sono un sistema completo di invarianti

neppure nella classe degli endomorfismi triangolabili.

DEFINIZIONE 3.4.5: ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) si dicono simultaneamente triangolabili se โˆƒbase โ„ฌ di ๐‘‰ a

bandiera sia per ๐‘“ sia per ๐‘”.

TEOREMA DI TRIANGOLAZIONE SIMULTANEA: Siano ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) triangolabili tali che

๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘” โˆ˜ ๐‘“. Allora:

1) Se ๐‘Š โŠ† ๐‘‰ รจ un sottospazio ๐‘“-invariante, allora ๐‘“|๐‘Š รจ triangolabile;

2) ๐‘“ e ๐‘” ammettono un autovettore comune;

3) ๐‘“ e ๐‘” sono simultaneamente triangolabili.

Dimostrazione:

1) Sia โ„ฌ๐‘Š una base di ๐‘Š; estendiamola a base โ„ฌ di ๐‘‰. Sia inoltre ๐ด๐‘Š = ๐”โ„ฌ๐‘Š(๐‘“|๐‘Š).

Allora:

๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“) = (๐ด๐‘Š | โˆ—

0 | ๐ถ)

Dunque ๐‘๐‘“(๐‘ก) = ๐‘๐ด(๐‘ก) = det(๐ด โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = det(๐ด๐‘Š โˆ’ ๐‘ก๐ผ) โˆ™ det(๐ถ โˆ’ ๐‘ก๐ผ) = ๐‘๐ด๐‘Š(๐‘ก) โˆ™ ๐‘ž(๐‘ก) =

= ๐‘๐‘“|๐‘Š(๐‘ก) โˆ™ ๐‘ž(๐‘ก).

Poichรฉ ๐‘๐‘“(๐‘ก) si fattorizza completamente, anche ๐‘๐‘“|๐‘Š(๐‘ก) si fattorizza completamente โ‡’ ๐‘“|๐‘Š

รจ triangolabile.

2) ๐‘“ triangolabile โ‡’ โˆƒautospazio ๐‘‰๐œ† per ๐‘“ di dimensione > 0.

๐‘”(๐‘‰๐œ†) โŠ† ๐‘‰๐œ† โ‡’ per 1) ๐‘”|๐‘‰๐œ† รจ triangolabile โ‡’ โˆƒ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰๐œ† autovettore per ๐‘”|๐‘‰๐œ†, dunque per ๐‘”.

๐‘ฃ รจ lโ€™autovettore sia di ๐‘“ che di ๐‘” cercato.

75

3) Per induzione su ๐‘› = dim(๐‘‰):

Passo base): ๐‘› = 1: ovvio.

Passo induttivo): Per 2) sappiamo che โˆƒ๐‘ฃ autovettore sia per ๐‘“ che per ๐‘”. Sia ๐‘‰1 = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ).

Estendiamo ๐‘ฃ a base โ„ฌ = {๐‘ฃ, ๐‘ฃ2, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di ๐‘‰. Sia ๐‘Š = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ2, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›). Evidentemente

๐‘‰ = ๐‘‰1โŠ•๐‘Š. Allora:

๐ด1 = ๐”โ„ฌ(๐‘“) =

(

๐œ† | โ€ฆ

0 | โ‹ฎ . | ๐ถ1 0 | )

; ๐ด2 = ๐”โ„ฌ(๐‘”) =

(

๐œ‡ | โ€ฆ

0 | โ‹ฎ . | ๐ถ2 0 | )

.

Siano ๐œ‹๐‘‰1: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰1 e ๐œ‹๐‘Š: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š le proiezioni indotte dalla somma diretta ๐‘‰ = ๐‘‰1 โŠ•๐‘Š.

Allora ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“, ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘Š), inoltre: (๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“) โˆ˜ (๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘”) = ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘” โˆ˜ ๐‘“ = (๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘”) โˆ˜ (๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“)

dove il passaggio contrassegnato con = segue dal fatto che ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐œ‹๐‘Š = ๐œ‹๐‘ค โˆ˜ ๐‘“, infatti, se

๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ โ‡’ ๐‘ฃ = ๐‘ฃ1 + ๐‘ค, con ๐‘ฃ1 โˆˆ ๐‘‰1 e ๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, dunque:

(๐œ‹๐‘ค โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐œ‹๐‘Š)(๐‘ฃ) = (๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ค) = ๐œ‹๐‘Š(๐‘“(๐‘ค));

(๐œ‹๐‘ค โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ) = (๐œ‹๐‘ค โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฃ1 + ๐‘ค) = ๐œ‹๐‘Š(๐œ†๐‘ฃ1 + ๐‘“(๐‘ค)) = ๐œ‹๐‘Š(๐‘“(๐‘ค)).

Quindi si puรฒ applicare lโ€™ipotesi induttiva a ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“ e ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘”, che dunque ammettono una

base {๐‘ค2, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} di ๐‘Š a bandiera sia per ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘“ che per ๐œ‹๐‘Š โˆ˜ ๐‘”.

Sicuramente {๐‘ฃ, ๐‘ค2, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} รจ base di ๐‘‰ e la verifica che รจ evidentemente a bandiera per ๐‘“ e

per ๐‘” รจ analoga a quella nel teorema di triangolabilitร .

3.5 FORMA CANONICA DI JORDAN

DEFINIZIONE 3.5.1: โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), โˆ€๐‘(๐‘ก) = ๐‘Ž0+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘ก๐‘  โˆˆ ๐•‚[๐‘ก], poniamo

๐‘(๐‘“) = ๐‘Ž0๐‘“0+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘“

๐‘  โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), dove ๐‘“0 = ๐‘–๐‘‘ e โˆ€๐‘— โˆˆ โ„•, ๐‘“๐‘— = ๐‘“ โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐‘“โŸ ๐‘— ๐‘ฃ๐‘œ๐‘™๐‘ก๐‘’

.

DEFINIZIONE 3.5.2: ๐‘† โŠ† ๐•‚[๐‘ก] si definisce ideale di polinomi in ๐•‚[๐‘ก] se:

โˆ€๐‘(๐‘ก), ๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐‘†, ๐‘ + ๐‘ž โˆˆ ๐‘†;

โˆ€๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐‘†, โˆ€๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก], ๐‘๐‘ž โˆˆ ๐‘†.

DEFINIZIONE 3.5.3: โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), definiamo ideale di ๐‘“, ๐ผ(๐‘“) = {๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก]| ๐‘(๐‘“) = 0} .

Osservazioni: 1) Se ๐‘” = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž, con โ„Ž โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰), allora โˆ€๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก], ๐‘(๐‘”) = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘(๐‘“) โˆ˜ โ„Ž,

poichรฉ ๐‘(๐‘”) = ๐‘Ž0(โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘–๐‘‘ โˆ˜ โ„Ž) + ๐‘Ž1(โ„Ž

โˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž) + โ‹ฏ+ ๐‘Ž๐‘  (โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž)โŸ

๐‘  ๐‘ฃ๐‘œ๐‘™๐‘ก๐‘’

=

= ๐‘Ž0๐‘–๐‘‘ + ๐‘Ž1(โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž)+. . . +๐‘Ž๐‘ (โ„Ž

โˆ’1 โˆ˜ ๐‘“๐‘  โˆ˜ โ„Ž) = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘(๐‘“) โˆ˜ โ„Ž.

Dunque ๐‘“ โˆผ ๐‘” โ‡’ ๐‘(๐‘“) โˆผ ๐‘(๐‘”) โˆ€๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก].

2) โˆ€๐‘(๐‘ก), ๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก] si ha che:

(๐‘ + ๐‘ž)(๐‘“) = ๐‘(๐‘“) + ๐‘ž(๐‘“);

(๐‘๐‘ž)(๐‘“) = ๐‘(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž(๐‘“) = ๐‘ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘(๐‘“) (le semplici verifiche sono lasciate al lettore).

76

Dunque โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) lโ€™applicazione:

๐น:(๐•‚[๐‘ก], +,โˆ™) โ†’ (๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰),+,โˆ˜)

๐‘(๐‘ก) โ†’ ๐‘(๐‘“)

รจ un omomorfismo di anelli.

3) Se โ„ฌ รจ base di ๐‘‰ e ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“), allora ๐‘(๐ด) = ๐”โ„ฌ(๐‘(๐‘“)).

PROPOSIZIONE 3.5.1: ๐‘“, ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Allora:

1) Se ๐‘“ โˆผ ๐‘” allora ๐ผ(๐‘“) = ๐ผ(๐‘”);

2) ๐ผ(๐‘“) รจ un ideale di ๐•‚[๐‘ก];

3) Se ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“), allora ๐ผ(๐‘“) = ๐ผ(๐ด).

Dimostrazione:

1) Le due inclusioni sono ovvie grazie al fatto che ๐‘” = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ โ„Ž โ‡’ ๐‘(๐‘”) = โ„Žโˆ’1 โˆ˜ ๐‘(๐‘“) โˆ˜ โ„Ž.

2) Le due verifiche sono immediate.

3) ๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘“) โ‡” ๐‘(๐‘“) = 0 โ‡” ๐”โ„ฌ(๐‘(๐‘“)) = 0 โ‡” ๐‘(๐ด) = 0 โ‡” ๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐ด).

Osservazione: Quindi ๐ผ(๐‘“) รจ un invariante di coniugio.

Osservazione: ๐ผ(๐‘“) contiene polinomi di grado โ‰ฅ 1. Infatti, se ๐‘“ = 0, ๐‘ก๐‘  โˆˆ ๐ผ(๐‘“) โˆ€๐‘  โˆˆ โ„•.

Se ๐‘“ โ‰  0 e dim(๐‘‰) = ๐‘›, allora {๐‘“0, โ€ฆ , ๐‘“๐‘›2} sono linearmente dipendenti in ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), poichรฉ sono

๐‘›2 + 1 elementi in uno spazio di dimensione ๐‘›2.

Dunque โˆƒ๐‘Ž0, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘›2 โˆˆ ๐•‚ non tutti nulli tali che:

๐‘Ž0๐‘“0+. . . +๐‘Ž๐‘›2๐‘“

๐‘›2 = 0.

Allora ๐‘(๐‘ก) = ๐‘Ž0 + ๐‘Ž1๐‘ก+. . . +๐‘Ž๐‘›2๐‘ก๐‘›2 โˆˆ ๐•‚[๐‘ก] ha grado โ‰ฅ 1 e ๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘“).

TEOREMA DI HAMILTON-CAYLEY: โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘๐‘“ โˆˆ ๐ผ(๐‘“).

Dimostrazione:

Sia โ„ฌ una base di ๐‘‰ e ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“).

๐‘๐‘“ = ๐‘๐ด โ‡’ ๐”โ„ฌ (๐‘๐‘“(๐‘“)) = ๐‘๐‘“(๐ด) = ๐‘๐ด(๐ด), dunque per provare che ๐‘๐‘“(๐‘“) = 0 mi basta provare

che ๐‘๐ด(๐ด) = 0.

Procediamo per induzione su ๐‘› = dim(๐‘‰):

Passo base): ๐‘› = 1: ovvio, poichรฉ se ๐ด = (๐‘Ž), allora ๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘Ž โˆ’ ๐‘ก, quindi ๐‘๐ด(๐ด) = ๐‘Ž๐ผ โˆ’ ๐ด = 0.

Passo induttivo): 1ยฐ CASO: ๐ด รจ triangolabile.

Allora โˆƒ๐‘ฃ1 โˆˆ ๐•‚๐‘› autovettore per ๐ด.

Lo completo a base di ๐•‚๐‘›, ๐’ฎ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}.

Allora:

๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐”๐’ฎ(๐ด) =

(

๐œ† | โ€ฆ

0 | โ‹ฎ . | ๐ด1 0 | )

Poichรฉ ๐ด โˆผ ๏ฟฝ๏ฟฝ, allora ๐‘๐ด(๐ด) โˆผ ๐‘๐ด(๏ฟฝ๏ฟฝ), quindi la tesi รจ provare che ๐‘๐ด(๏ฟฝ๏ฟฝ) = 0, cioรจ non รจ

restrittivo supporre ๐ด = ๏ฟฝ๏ฟฝ.

Osserviamo che โˆ€๐‘š โˆˆ โ„•:

77

๐ด๐‘š =

(

๐œ† | โ€ฆ

0 | โ‹ฎ . | ๐ด1 0 | )

๐‘š

=

(

๐œ†๐‘š| โ€ฆ

0 |

โ‹ฎ . | ๐ด1๐‘š

0 | )

quindi โˆ€๐‘ž(๐‘ก) si ha che:

๐‘ž(๐ด) =

(

๐‘ž(๐œ†)| โ€ฆ

0 |

โ‹ฎ . | ๐‘ž(๐ด1) 0 | )

.

Ora, ๐‘๐ด(๐‘ก) = (๐œ† โˆ’ ๐‘ก)๐‘๐ด1(๐‘ก).

Ma poichรฉ ๐‘๐ด(๐ด) รจ completamente fattorizzabile, allora anche ๐‘๐ด1(๐‘ก) รจ completamente

fattorizzabile โ‡’ ๐ด1 รจ triangolabile.

Per ipotesi induttiva ๐‘๐ด1(๐ด1) = 0, dunque:

๐‘๐ด1(๐ด) =

(

๐‘๐ด1(๐œ†)| โ€ฆ

0 |

โ‹ฎ . | ๐‘๐ด1(๐ด1)

0 | )

=

(

๐‘๐ด1(๐œ†)| โ€ฆ

0 |

โ‹ฎ | 0 0 | )

Allora โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐•‚๐‘›:

๐‘๐ด(๐ด)(๐‘ฃ) = (๐œ†๐ผ โˆ’ ๐ด) ๐‘๐ด1(๐ด)(๐‘ฃ)โŸ โˆˆ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)

= 0, poichรฉ ๐‘ฃ1 โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ†๐ผ โˆ’ ๐ด) in quanto ๐‘ฃ1 รจ autovettore

relativo allโ€™autovalore ๐œ†.

CASO GENERALE: Utilizziamo il fatto che esiste un campo ๐”ฝ estensione di ๐•‚| ๐‘๐ด(๐‘ก) รจ

completamente fattorizzabile in ๐”ฝ[๐‘ก] (ad esempio se ๐•‚ = โ„, ๐”ฝ = โ„‚).

Si procede come nel caso precedente lavorando in ๐”ฝ e si trova che ๐‘๐ด(๐ด) = 0 in โ„ณ(๐‘›, ๐”ฝ),

dunque tale relazione vale anche in โ„ณ(๐‘›,๐•‚), da cui la tesi.

PROPOSIZIONE 3.5.2: Sia ๐ผ un ideale โ‰  {0} di ๐•‚[๐‘ก]. Allora esiste un unico polinomio monico

๐‘”(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ che genera ๐ผ, ossia ๐ผ = {๐‘”(๐‘ก)๐‘ž(๐‘ก)|๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก]} (se ๐‘” genera ๐ผ, scriviamo ๐ผ = (๐‘”)).

Dimostrazione:

Esistenza): Sia ๐‘”(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ monico, di grado โ‰ฅ 0 e minimo (cioรจ il polinomio con grado piรน basso in

๐ผ).

Sia ๐‘Ž(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ. Per il teorema di divisone in ๐•‚[๐‘ก], โˆƒ! ๐‘ž(๐‘ก), ๐‘Ÿ(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก] tali che:

{๐‘Ž(๐‘ก) = ๐‘”(๐‘ก)๐‘ž(๐‘ก) + ๐‘Ÿ(๐‘ก)

deg(๐‘Ÿ(๐‘ก)) โ‰ค deg(๐‘”(๐‘ก))

Allora ๐‘Ÿ(๐‘ก) = ๐‘Ž(๐‘ก) โˆ’ ๐‘”(๐‘ก)๐‘ž(๐‘ก).

Ma ๐‘Ž(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ, ๐‘”(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ โ‡’ ๐‘”(๐‘ก)๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ โ‡’ ๐‘Ÿ(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ.

Poichรฉ deg(๐‘Ÿ(๐‘ก)) โ‰ค deg(๐‘”(๐‘ก)), avrei trovato un polinomio di grado piรน piccolo di ๐‘”

in ๐ผ, assurdo โ‡’ ๐‘Ÿ(๐‘ก) = 0.

Unicitร ): Se ๐‘”1, ๐‘”2 โˆˆ ๐ผ sono due polinomi monici di grado minimo e โ‰ฅ 0, allora:

๐ผ = (๐‘”1) = (๐‘”2), quindi ๐‘”1|๐‘”2 e ๐‘”2|๐‘”1, poichรฉ sono entrambi generatori.

Allora ๐‘”1 = ๐‘˜ โˆ™ ๐‘”2, quindi ๐‘”1 = ๐‘”2, in quanto sono monici.

78

PROPOSIZIONE 3.5.3: Siano ๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก] non nulli.

Sia ๐ผ(๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก)) = {๐œ‘(๐‘ก)๐‘Ž(๐‘ก) + ๐œ“(๐‘ก)๐‘(๐‘ก)| ๐œ‘(๐‘ก), ๐œ“(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก]}. Allora:

1) ๐ผ(๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก)) รจ un ideale di ๐•‚[๐‘ก] che contiene polinomi non nulli;

2) Se ๐‘‘(๐‘ก) รจ il generatore monico di ๐ผ(๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก)), allora ๐‘‘(๐‘ก) รจ il M.C.D. di ๐‘Ž(๐‘ก) e ๐‘(๐‘ก).

Dimostrazione:

1) Le semplici verifiche sono lasciate al lettore.

Sicuramente ๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก)), dunque lโ€™ideale contiene polinomi non nulli.

2) Sicuramente ๐‘‘(๐‘ก) divide ๐‘Ž(๐‘ก) e ๐‘(๐‘ก), poichรฉ questi ultimi appartengono allโ€™ideale e ๐‘‘(๐‘ก) รจ il

generatore dellโ€™ideale.

Sia ๐‘‘1(๐‘ก) tale che divide sia ๐‘Ž(๐‘ก) che ๐‘(๐‘ก). Allora qualsiasi ๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก)) รจ diviso da

๐‘‘1(๐‘ก), in quanto ๐‘ž(๐‘ก) = ๐œ‘0(๐‘ก)๐‘Ž(๐‘ก) + ๐œ“0(๐‘ก)๐‘(๐‘ก) = ๐‘‘(๐‘ก)(๐œ‘0(๐‘ก)๐‘Žโ€ฒ(๐‘ก) + ๐œ“0(๐‘ก)๐‘

โ€ฒ(๐‘ก)).

Ma ๐‘‘(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก)), dunque ๐‘‘1(๐‘ก)|๐‘‘(๐‘ก), tesi.

IDENTITร DI BEZOUT: Se ๐‘‘(๐‘ก) = ๐‘€. ๐ถ. ๐ท. (๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก)), allora โˆƒ๐œ‘(๐‘ก), ๐œ“(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก] tali che

๐‘‘(๐‘ก) = ๐œ‘(๐‘ก)๐‘Ž(๐‘ก) + ๐œ“(๐‘ก)๐‘(๐‘ก).

Dimostrazione:

รˆ un corollario immediato della precedente proposizione.

DEFINIZIONE 3.5.4: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Si definisce polinomio minimo di ๐‘“ il generatore ๐‘š๐‘“(๐‘ก)

monico dellโ€™ideale ๐ผ(๐‘“).

Osservazione: dal teorema di Hamilton-Cayley segue che ๐‘š๐‘“|๐‘๐‘“ โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰).

Osservazione: Non conosciamo un metodo pratico e/o algoritmico per calcolare il polinomio

minimo di un endomorfismo. Quindi รจ utile calcolare prima il polinomio caratteristico e poi

risalire (a tentativi) al polinomio minimo.

Esempi:

1) ๐ด = (0 1 00 0 10 0 0

); ๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘ก3, inoltre ๐ด2 = (0 0 10 0 00 0 0

) โ‰  0, dunque sicuramente ๐‘š๐ด(๐‘ก) = ๐‘ก3

2) ๐ต = (0 1 00 0 00 0 0

); ๐‘๐ด(๐‘ก) = ๐‘ก3 e ๐ต2 = 0, dunque ๐‘š๐ด(๐‘ก) = ๐‘ก2.

Osservazione: Se ๐‘Š รจ sottospazio vettoriale di ๐‘‰ e ๐‘“(๐‘Š) โŠ† ๐‘Š, allora ๐‘š๐‘“|๐‘Š|๐‘š๐‘“. Infatti ๐‘“|๐‘Š รจ un

endomorfismo e poichรฉ ๐‘š๐‘“ si annulla su ๐‘‰, a maggior ragione si annulla su ๐‘Š; inoltre

evidentemente ๐‘š๐‘“|๐‘Š รจ polinomio minimo di ๐‘“|๐‘Š, dunque ๐‘š๐‘“|๐‘Š|๐‘š๐‘“.

PROPOSIZIONE 3.5.4: Sia ๐œ† autovalore per ๐‘“. Allora โˆ€๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘“), ๐‘ž(๐œ†) = 0.

Dimostrazione:

Sia ๐‘ฃ โ‰  0, ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰| ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ. Per ipotesi ๐‘ž(๐‘“) = 0 e dunque ๐‘ž(๐‘“)(๐‘ฃ) = 0.

Se ๐‘ž(๐‘ก) = ๐‘Ž0 + ๐‘Ž1๐‘ก+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘ก๐‘ ,

0 = ๐‘ž(๐‘“)(๐‘ฃ) = (๐‘Ž0๐‘–๐‘‘+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐‘“๐‘ )(๐‘ฃ) = ๐‘Ž0๐‘ฃ + ๐‘Ž1๐œ†๐‘ฃ+. . . +๐‘Ž๐‘ ๐œ†

๐‘ ๐‘ฃ = ๐‘ž(๐œ†) โˆ™ ๐‘ฃ.

Ma poichรฉ ๐‘ฃ โ‰  0 โ‡’ ๐‘ž(๐œ†) = 0.

79

Osservazione: Abbiamo appena dimostrato che ogni polinomio dellโ€™ideale di ๐‘“ (dunque in

particolare il polinomio minimo) si annulla su ogni autovalore. Dunque segue:

COROLLARIO 3.5.5: Se ๐‘“ รจ triangolabile, allora, se ๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜ sono gli autovalori di ๐‘“:

๐‘๐‘“(๐‘ก) =โˆ(๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘–)โ„Ž๐‘–

๐‘˜

๐‘–=1

; ๐‘š๐‘“(๐‘ก) =โˆ(๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘–)๐‘ ๐‘–

๐‘˜

๐‘–=1

con 1 โ‰ค ๐‘ ๐‘– โ‰ค โ„Ž๐‘– โˆ€๐‘–.

PROPOSIZIONE 3.5.6: Sia ๐‘ = (๐ด | 0

0 | ๐ต), con ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚). Allora ๐‘š๐‘ = ๐‘š. ๐‘.๐‘š(๐‘š๐ด, ๐‘š๐ต).

Dimostrazione:

Notiamo innanzitutto che โˆ€๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก], ๐‘ž(๐‘) = ( ๐‘ž(๐ด) | 0

0 | ๐‘ž(๐ต)).

Dunque, poichรฉ ๐‘š๐‘(๐‘) = 0, allora ( ๐‘š๐‘(๐ด) | 0

0 | ๐‘š๐‘(๐ต)) = 0, dunque ๐‘š๐‘(๐ด) = ๐‘š๐‘(๐ต) = 0, cioรจ

๐‘š๐‘ โˆˆ ๐ผ(๐ด) e ๐‘š๐‘ โˆˆ ๐ผ(๐ต), ossia ๐‘š๐ด|๐‘š๐‘ e ๐‘š๐ต|๐‘š๐‘.

Sia ora ๐‘” tale che ๐‘š๐ด|๐‘” e ๐‘š๐ต|๐‘”; allora sicuramente ๐‘”(๐ด) = ๐‘”(๐ต) = 0, quindi ๐‘”(๐‘) = 0, ossia

๐‘” โˆˆ ๐ผ(๐‘) โ‡’ ๐‘š๐‘|๐‘”, tesi.

Osservazione: Il polinomio minimo, in quanto generatore di ๐ผ(๐‘“), รจ un invariante di

coniugio/similitudine.

Inoltre ๐‘š๐‘“ distingue le giร  studiate matrici non simili:

๐ด =

(

0 1 0 | 00 0 1 | 00 0 0 | 0

0 0 0 | 0)

; ๐ต =

(

0 1 | 0 00 0 | 0 0

0 0 | 0 10 0 | 0 0)

Infatti ๐‘š๐ด(๐‘ก) = ๐‘š. ๐‘.๐‘š(๐‘ก3, ๐‘ก) = ๐‘ก3 e ๐‘š๐ต(๐‘ก) = ๐‘š. ๐‘.๐‘š(๐‘ก2, ๐‘ก2) = ๐‘ก2.

Nonostante questo, gli invarianti trovati finora:

il polinomio caratteristico;

la dimensione degli autospazi;

il polinomio minimo;

non sono un sistema completo di invarianti per coniugio/similitudine, infatti:

๐ถ =

(

0 1 00 0 10 0 0

0 0

00 1 00 0 10 0 0

0

0 0 0 )

; ๐ท =

(

0 1 00 0 10 0 0

0 0

00 10 0

0

0 00 10 0 )

๐‘๐ถ(๐‘ก) = ๐‘๐ท(๐‘ก) = ๐‘ก7; ๐‘š๐ถ(๐‘ก) = ๐‘š. ๐‘.๐‘š(๐‘ก3, ๐‘ก3, ๐‘ก) = ๐‘ก3; ๐‘š๐ท(๐‘ก) = ๐‘š. ๐‘.๐‘š(๐‘ก3, ๐‘ก2, ๐‘ก2) = ๐‘ก3;

Inoltre ๐‘‰0(๐ถ) = 7 โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ถ) = 3; ๐‘‰0(๐ท) = 7 โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ท) = 3, ma ๐ถ โ‰ ๐ท, in quanto ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ถ2) = 2 e

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ท2) = 1.

80

LEMMA 3.5.7: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘”(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก], allora ๐‘Š = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘”(๐‘“)) รจ ๐‘“-inviariante.

Dimostrazione:

Dobbiamo provare che ๐‘“(๐‘Š) โŠ† ๐‘Š, ossia che โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘Š, ๐‘”(๐‘“)(๐‘“(๐‘ฅ)) = 0.

Poichรฉ ๐‘”(๐‘ก) โˆ™ ๐‘ก = ๐‘ก โˆ™ ๐‘”(๐‘ก), si ha che ๐‘”(๐‘“) โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘“ โˆ˜ ๐‘”(๐‘“) e dunque:

๐‘”(๐‘“)(๐‘“(๐‘ฅ)) = (๐‘”(๐‘“) โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฅ) = (๐‘“ โˆ˜ ๐‘”(๐‘“))(๐‘ฅ) = ๐‘“(๐‘”(๐‘“)(๐‘ฅ)) = ๐‘“(0) = 0,

dove il passaggio contrassegnato da = segue dal fatto che ๐‘ฅ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘”(๐‘“)).

TEOREMA DI DECOMPOSIZIONE PRIMARIA: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘“).

Sia ๐‘ž(๐‘ก) = ๐‘ž1(๐‘ก)๐‘ž2(๐‘ก), con ๐‘ž1(๐‘ก), ๐‘ž2(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก] e ๐‘€.๐ถ. ๐ท(๐‘ž1, ๐‘ž2) = 1. Allora:

1) ๐‘‰ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“))โŠ• ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“));

2) Gli addendi ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“)) e ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“)) sono ๐‘“-invarianti;

3) Se ๐‘“ โˆผ ๐‘”, allora {dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“))) = dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘”)))

dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“))) = dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘”))).

Dimostrazione:

1) Per Bezout โˆƒ๐‘Ž(๐‘ก), ๐‘(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก] tali che 1 = ๐‘Ž(๐‘ก)๐‘ž1(๐‘ก) + ๐‘(๐‘ก)๐‘ž2(๐‘ก).

Valutando in ๐‘“ ho:

๐‘–๐‘‘ = ๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž1(๐‘“) + ๐‘(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž2(๐‘“) โ‡’ โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ฃ = (๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž1(๐‘“))(๐‘ฃ) + (๐‘(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž2(๐‘“))(๐‘ฃ).

Notiamo che (๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž1(๐‘“))(๐‘ฃ) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“)), infatti:

๐‘ž2(๐‘“)(๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž1(๐‘“))(๐‘ฃ) = (๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž1(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž2(๐‘“))(๐‘ฃ) = (๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ (๐‘ž1๐‘ž2)(๐‘“))(๐‘ฃ) =

= (๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž(๐‘“))(๐‘ฃ) = 0,

in quanto ๐‘ž(๐‘“) = 0.

Analogamente si prova che (๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž2(๐‘“))(๐‘ฃ) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“)).

Dunque abbiamo dimostrato che ๐‘‰ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“)) + ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“)).

Sia ora ๐‘ง โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“)) โˆฉ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“)); allora:

๐‘ง = (๐‘Ž(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž1(๐‘“))(๐‘ง)โŸ =0 ๐‘๐‘œ๐‘–๐‘โ„Žรจ ๐‘งโˆˆ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“))

+ (๐‘(๐‘“) โˆ˜ ๐‘ž2(๐‘“))(๐‘ง)โŸ =0 ๐‘๐‘œ๐‘–๐‘โ„Žรจ ๐‘งโˆˆ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“))

= 0,

da cui la tesi.

2) Giร  provato.

3) Se ๐‘” = ๐‘˜โˆ’1 โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘˜, con ๐‘˜ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰), sappiamo che ๐‘ž1(๐‘”) = ๐‘˜โˆ’1 โˆ˜ ๐‘ž1(๐‘“) โˆ˜ ๐‘˜, cioรจ

๐‘ž1(๐‘”) โˆผ ๐‘ž1(๐‘“), per cui ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘ž1(๐‘”)) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘ž1(๐‘“)), da cui

dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“))) = dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘”))).

Analogamente per ๐‘ž2.

COROLLARIO 3.5.8: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘“). Sia ๐‘ž = ๐‘ž1 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘ž๐‘š, con ๐‘€.๐ถ. ๐ท(๐‘ž๐‘–, ๐‘ž๐‘—) = 1

โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—.

Allora ๐‘‰ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“)) โŠ•โ€ฆโŠ•๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž๐‘š(๐‘“)) e gli addendi sono ๐‘“-invarianti.

Dimostrazione:

Per induzione su ๐‘š:

Passo base): ๐‘š = 2: giร  fatto.

Passo induttivo): Poichรฉ ๐‘š > 2, poniamo ๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐‘ž2 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘ž๐‘š.

Allora ๐‘ž = ๐‘ž1๏ฟฝ๏ฟฝ e ๐‘€.๐ถ. ๐ท(๐‘ž1, ๏ฟฝ๏ฟฝ) = 1.

Per il teorema di decomposizione primaria abbiamo che:

81

๐‘‰ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž1(๐‘“))โŠ• ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๏ฟฝ๏ฟฝ(๐‘“))โŸ =๐‘Š

๐‘Š รจ ๐‘“-invariante e ๏ฟฝ๏ฟฝ โˆˆ ๐ผ(๐‘“|๐‘Š). Per ipotesi induttiva:

๐‘Š = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“|๐‘Š))โŠ• โ€ฆโŠ•๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž๐‘š(๐‘“|๐‘Š)).

Ora โˆ€2 โ‰ค ๐‘— โ‰ค ๐‘š, ๐พ๐‘’๐‘Ÿ (๐‘ž๐‘—(๐‘“|๐‘Š)) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž๐‘—(๐‘“)|๐‘Š) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ (๐‘ž๐‘—(๐‘“)) โˆฉ ๐‘Š.

Dโ€™altra parte ๐พ๐‘’๐‘Ÿ (๐‘ž๐‘—(๐‘“)) โŠ† ๐‘Š, in quanto se ๐‘ฅ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ (๐‘ž๐‘—(๐‘“)):

๏ฟฝ๏ฟฝ(๐‘“)(๐‘ฅ) = (๐‘ž2 โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘ž๐‘š)(๐‘“)(๐‘ฅ) = (โ€ฆ โˆ™ ๐‘ž๐‘—)(๐‘“)(๐‘ฅ) = 0.

Dunque ๐‘Š = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž2(๐‘“))โŠ• โ€ฆโŠ•๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘ž๐‘š(๐‘“)), da cui la tesi.

COROLLARIO 3.5.9: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) triangolabile, ๐‘†๐‘(๐‘“) = {๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜}.

๐‘๐‘“ = (โˆ’1)๐‘›(๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘–)โ„Ž๐‘– โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘˜)

โ„Ž๐‘˜;

๐‘š๐‘“ = (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘–)๐‘ ๐‘– โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘˜)

๐‘ ๐‘˜, con 1 โ‰ค ๐‘ ๐‘– โ‰ค โ„Ž๐‘– โˆ€๐‘–.

Allora:

๐‘‰ =โจ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)โ„Ž๐‘—

๐‘˜

๐‘—=1

๐‘‰ =โจ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)๐‘ ๐‘—

๐‘˜

๐‘—=1

e ogni addendo รจ ๐‘“-invariante.

PROPOSIZIONE 3.5.10: ๐‘“ รจ diagonalizzabile โ‡”๐‘š๐‘“ = (๐‘ก โˆ’ ๐œ†1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘˜).

Dimostrazione:

โ‡’) โˆƒโ„ฌ tale che:

๐”โ„ฌ(๐‘“) = (

๐œ†1๐ผ๐‘‘1 . .

. โ‹ฑ .

. . ๐œ†๐‘˜๐ผ๐‘‘๐‘˜

)

๐‘š๐‘“ = ๐‘š. ๐‘.๐‘š((๐‘ก โˆ’ ๐œ†1),โ€ฆ , (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘˜)) = (๐‘ก โˆ’ ๐œ†1) โˆ™ โ€ฆ โˆ™ (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘˜)

โ‡) Per la proposizione precedente ๐‘‰ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†1๐‘–๐‘‘)โŸ =๐‘‰๐œ†1

โŠ•โ€ฆโŠ•๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘˜๐‘–๐‘‘)โŸ =๐‘‰๐œ†๐‘˜

, dunque segue la

tesi.

LEMMA 3.5.11: Sia ๐œ‘ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Allora:

1) ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘—) โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘—+1) โˆ€๐‘— โˆˆ โ„•;

2) Se โˆƒ๐‘š โˆˆ โ„•| ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+1), allora ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+๐‘ก) โˆ€๐‘ก โ‰ฅ 1;

3) La successione {dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘—))}๐‘— รจ un invariante di coniugio.

Dimostrazione:

1) Se ๐œ‘๐‘—(๐‘ฅ) = 0, allora ๐œ‘๐‘—+1(๐‘ฅ) = ๐œ‘ (๐œ‘๐‘—(๐‘ฅ)) = ๐œ‘(0) = 0.

2) Basta provare che ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+1) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+2) e poi iterare.

Ovviamente per 1) ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+1) โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+2), quindi resta da mostrare il contenimento

opposto.

Sia ๐‘ฅ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+2). Allora ๐œ‘๐‘š+2(๐‘ฅ) = ๐œ‘๐‘š+1(๐œ‘(๐‘ฅ)) = 0, cioรจ ๐œ‘(๐‘ฅ) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+1).

Ma ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+1), dunque ๐œ‘(๐‘ฅ) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š), cioรจ ๐‘ฅ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘๐‘š+1), tesi.

82

3) Giร  provato.

Osservazione: Se applichiamo il lemma a ๐œ‘ = ๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘:

๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘) โŠ†. . . โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)๐‘ ๐‘—โŠ†. . . โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)

โ„Ž๐‘—.

Ma poichรฉ:

๐‘‰ =โจ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)โ„Ž๐‘—

๐‘˜

๐‘—=1

=โจ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)๐‘ ๐‘—

๐‘˜

๐‘—=1

allora ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)๐‘ ๐‘—= ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)

โ„Ž๐‘— โˆ€๐‘—, quindi le due decomposizioni primarie

coincidono.

DEFINIZIONE 3.5.5: โˆ€autovalore ๐œ†๐‘—, il sottospazio ๐‘“-invariante ๐‘‰๐‘—โ€ฒ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)

๐‘ ๐‘— รจ detto

autospazio generalizzato relativo a ๐œ†๐‘—.

Osservazione: Se ๐”โ„ฌ(๐‘“) = ๐ด, gli autospazi generalizzati si possono calcolare risolvendo i sistemi

lineari (๐ด โˆ’ ๐œ†๐‘—๐ผ)โ„Ž๐‘—๐‘‹ = 0.

Si ha dunque ๐‘‰ = ๐‘‰๐œ†1โ€ฒ โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜

โ€ฒ .

PROPOSIZIONE 3.5.12: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) e ๐‘†๐‘(๐‘“) = {๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜}. Allora:

1) โˆ€๐‘—, ๐‘“|๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ ha solo lโ€™autovalore ๐œ†๐‘—;

2) ๐‘“|๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ ha polinomio caratteristico = ยฑ(๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘—)

โ„Ž๐‘— e polinomio minimo = (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘—)

๐‘ ๐‘—;

3) dim (๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ ) = โ„Ž๐‘— = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘—);

4) Se poniamo ๐‘‘๐‘– = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘)๐‘–) โˆ€1 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘ ๐‘—, i numeri ๐‘‘1 <. . . < ๐‘‘๐‘ ๐‘— sono invarianti

di coniugio (Osservazione: ๐‘‘1 = ๐œ‡๐‘”(๐œ†๐‘—), ๐‘‘๐‘ ๐‘— = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†๐‘—)).

Dimostrazione:

1) Sicuramente ๐‘‰๐œ†๐‘— โŠ† ๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ .

Se ๐‘“|๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ avesse un altro autovalore ๐œ‡, allora ๐‘‰๐œ‡ โˆฉ ๐‘‰๐œ†๐‘—

โ€ฒ โ‰  {0} e dunque ๐‘‰๐œ‡โ€ฒ โˆฉ ๐‘‰๐œ†๐‘—

โ€ฒ โ‰  {0}, assurdo,

poichรฉ sono in somma diretta.

2,3)Sia โ„ฌ๐‘— una base di ๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ . Allora โ„ฌ = โ„ฌ1 โˆช โ€ฆโˆช โ„ฌ๐‘˜ รจ una base di ๐‘‰.

๐”โ„ฌ(๐‘“) = (

๐‘€1 . .

. โ‹ฑ .

. . ๐‘€๐‘˜

),

con ๐‘€๐‘— blocco quadrato di ordine = dim(๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ ).

๐‘๐‘“ = ๐‘๐‘€1โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘๐‘€๐‘˜

.

Poichรฉ ogni blocco ๐‘€๐‘— ha solo lโ€™autovalore ๐œ†๐‘—, segue che ๐‘๐‘€๐‘—= ๐‘๐‘“|

๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ = ยฑ(๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘—)

โ„Ž๐‘— e

โ„Ž๐‘— = ordine di ๐‘€๐‘— = dim (๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ ).

Inoltre ๐‘š๐‘“ = ๐‘š. ๐‘.๐‘š(๐‘š๐‘€1, โ€ฆ ,๐‘š๐‘€๐‘˜

) = ๐‘š๐‘€1โˆ™ โ€ฆ โˆ™ ๐‘š๐‘€๐‘˜

, da cui ๐‘š๐‘“|๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ = (๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐‘—)

๐‘ ๐‘—.

4) Giร  provato.

83

Osservazione: Dunque possiamo ricondurci a studiare la restrizione di ๐‘“ a ciascun autospazio

generalizzato; se ๐œ† รจ autovalore, ๐‘Š = ๐‘‰๐œ†โ€ฒ e ๐œ‘ = ๐‘“|๐‘Š, allora:

dim(๐‘Š) = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ†) = โ„Ž ๐‘๐œ‘ = ยฑ(๐‘ก โˆ’ ๐œ†)โ„Ž

๐‘š๐œ‘ = (๐‘ก โˆ’ ๐œ†)๐‘ , con 1 โ‰ค ๐‘  โ‰ค โ„Ž

se ๐‘‘๐‘– = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ‘ โˆ’ ๐œ†๐‘–๐‘‘)๐‘–), la stringa [๐œ†, ๐‘ , [๐‘‘1 <. . . < ๐‘‘๐‘  = โ„Ž]] รจ un invariante di coniugio.

Osservazione: Possiamo in ogni caso ridurci al caso nilpotente, poichรฉ se ๐œ“ = ๐œ‘ โˆ’ ๐œ†๐‘–๐‘‘, allora ๐œ“

ha solo lโ€™autovalore 0 (cioรจ รจ nilpotente).

๐‘๐œ“ = ยฑ๐‘กโ„Ž; ๐‘š๐œ“ = ๐‘ก๐‘ .

La stringa di invarianti di ๐œ“ รจ [0, ๐‘ , [๐‘‘1 <. . . < ๐‘‘๐‘  = โ„Ž]].

PROPOSIZIONE 3.5.13: Sia ๐œ“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), dim(๐‘‰) = โ„Ž, ๐œ“ nilpotente. Sono fatti equivalenti:

1) ๐‘š๐œ“ = ๐‘กโ„Ž (ossia ๐‘š๐œ“ = ยฑ๐‘๐œ“)

2) โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐œ“) =

(

00000

10000

01โ‹ฑ00

00โ‹ฑ00

00โ‹ฑ10)

.

Dimostrazione:

โ‡) Ovvio, poichรฉ

(

00000

10000

01โ‹ฑ00

00โ‹ฑ00

00โ‹ฑ10)

โ„Ž

= 0 e

(

00000

10000

01โ‹ฑ00

00โ‹ฑ00

00โ‹ฑ10)

โ„Žโˆ’1

โ‰  0.

โ‡’) ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“) โŠ†. . . โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“โ„Ž), con dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“โ„Ž)) = โ„Ž.

๐œ“โ„Žโˆ’1 โ‰  0 โ‡’ โˆƒ๐‘ฃ โˆ‰ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“โ„Žโˆ’1), ๐‘ฃ โ‰  0.

Mostriamo che โ„ฌ = {๐œ“โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ), โ€ฆ , ๐œ“(๐‘ฃ), ๐‘ฃ} รจ una base di ๐‘‰ e in questo modo giungo alla tesi,

poichรฉ nella prima colonna di ๐”โ„ฌ(๐œ“) ci andrebbe ๐œ“(๐œ“โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ)) = 0, nella seconda

๐œ“(๐œ“โ„Žโˆ’2(๐‘ฃ)) = ๐œ“โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ) e cosรฌ via.

Poichรฉ i vettori sono in numero adeguato, basta che siano linearmente indipendenti.

Sia ๐‘Ž0๐‘ฃ + ๐‘Ž1๐œ“(๐‘ฃ)+. . . +๐‘Žโ„Žโˆ’1๐œ“โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ) = 0.

Se applico ๐œ“โ„Žโˆ’1, ottengo ๐‘Ž0๐œ“โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ) = 0, ma ๐œ“โ„Žโˆ’1(๐‘ฃ) โ‰  0, quindi ๐‘Ž0 = 0.

Allo stesso modo se applico ๐œ“โ„Žโˆ’2 ottengo ๐‘Ž1 = 0; iterando il processo si ottiene

๐‘Ž0 =. . . = ๐‘Žโ„Žโˆ’1 = 0, da cui la tesi.

DEFINIZIONE 3.5.6: La matrice ๐‘Ÿ ร— ๐‘Ÿ:

๐ฝ(๐œ†, ๐‘Ÿ) = (

๐œ†000

1โ‹ฑ00

0โ‹ฑ๐œ†0

0โ‹ฑ1๐œ†

)

รจ detta blocco di Jordan di ordine ๐‘Ÿ relativo a ๐œ†.

DEFINIZIONE 3.5.7: Si chiama matrice di Jordan ogni matrice diagonale a blocchi:

84

๐ฝ = (

๐ฝ1 . .

. โ‹ฑ .

. . ๐ฝ๐‘›

)

in cui ogni blocco ๐ฝ๐‘– รจ un blocco di Jordan.

DEFINIZIONE 3.5.8: Se ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), si chiama base di Jordan per ๐‘“ ogni base โ„ฌ tale che ๐”โ„ฌ(๐‘“)

รจ una matrice di Jordan.

Osservazione: Lโ€™ultima proposizione afferma dunque che:

๐‘š๐œ“ = ยฑ๐‘๐œ“ = ยฑ๐‘กโ„Ž โ‡” โˆƒโ„ฌ| ๐”โ„ฌ(๐œ“) = ๐ฝ(0, โ„Ž).

In tal caso la stringa di invarianti รจ [0, โ„Ž, [1,2, โ€ฆ , โ„Ž โˆ’ 1, โ„Ž]].

LEMMA 3.5.14: Sia ๐œ“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) nilpotente con indice di nilpotenza ๐‘  (cioรจ ๐œ“๐‘  = 0 e ๐œ“๐‘ โˆ’1 โ‰  0)

dim(๐‘‰) = โ„Ž.

โˆ€๐‘—| 3 โ‰ค ๐‘— โ‰ค ๐‘  si consideri ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’2) โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1) โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—).

Sia ๐‘Š un sottospazio vettoriale di ๐‘‰ tale che ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1) โŠ•๐‘Š e sia {๐‘ค1 , โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜} una

base di ๐‘Š. Allora:

1) ๐œ“(๐‘ค1),โ€ฆ , ๐œ“(๐‘ค๐‘˜) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1) e sono linearmente indipendenti;

2) ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐œ“(๐‘ค1),โ€ฆ , ๐œ“(๐‘ค๐‘˜)) โˆฉ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’2) = {0}.

Dimostrazione:

1) Sicuramente ๐œ“(๐‘ค1),โ€ฆ , ๐œ“(๐‘ค๐‘˜) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1), poichรฉ ๐œ“๐‘—โˆ’1 (๐œ“(๐‘ค๐‘—)) = ๐œ“๐‘—(๐‘ค๐‘—) = 0.

Sia ora ๐‘Ž1๐œ“(๐‘ค1)+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐œ“(๐‘ค๐‘˜) = 0. Per linearitร 

๐œ“(๐‘Ž1๐‘ค1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ค๐‘˜) = 0 โ‡’ ๐‘Ž1๐‘ค1โŸโˆˆ๐‘Š

+. . . + ๐‘Ž๐‘˜๐‘ค๐‘˜โŸ โˆˆ๐‘Š

โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“) โˆฉ๐‘Š โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1) โˆฉ ๐‘Š = {0},

perciรฒ ๐‘Ž1๐‘ค1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ค๐‘˜ = 0, da cui ๐‘Ž1 =. . . = ๐‘Ž๐‘˜ = 0 poichรฉ {๐‘ค1 , โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜} รจ base di ๐‘Š.

2) Sia ๐‘ง = ๐‘Ž1๐œ“(๐‘ค1)+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐œ“(๐‘ค๐‘˜) โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐œ“(๐‘ค1),โ€ฆ , ๐œ“(๐‘ค๐‘˜)) โˆฉ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’2).

๐‘ง = ๐œ“(๐‘Ž1๐‘ค1 +โ‹ฏ+ ๐‘Ž๐‘˜๐‘ค๐‘˜) โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’2) โ‡’ ๐œ“๐‘—โˆ’1(๐‘Ž1๐‘ค1 +โ‹ฏ+ ๐‘Ž๐‘˜๐‘ค๐‘˜) = 0 โ‡’

โ‡’ ๐‘Ž1๐‘ค1+. . . +๐‘Ž๐‘˜๐‘ค๐‘˜ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1) โˆฉ๐‘Š = {0} โ‡’ ๐‘Ž๐‘– = 0 โˆ€๐‘– โ‡’ ๐‘ง = 0.

TEOREMA 3.5.15 (forma canonica di Jordan per endomorfismi nilpotenti): ๐œ“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰)

nilpotente, dim(๐‘‰) = โ„Ž, con stringa di invarianti [0, ๐‘ , [๐‘‘1 < ๐‘‘2 <. . . < ๐‘‘๐‘  = โ„Ž]]. Allora:

1) โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰ tale che:

๐”โ„ฌ(๐œ“) = (๐ฝ(0, ๐‘›1) . .

. โ‹ฑ .

. . ๐ฝ(0, ๐‘›๐‘ก)),

dove ๐‘›1+. . . +๐‘›๐‘ก = โ„Ž.

2) La matrice ๐”โ„ฌ(๐œ“), detta forma di Jordan di ๐œ“, รจ unica a meno di permutazioni dei blocchi

sulla diagonale ed รจ completamente determinata dalla stringa di invarianti

[0, ๐‘ , [๐‘‘1 < ๐‘‘2 <. . . < ๐‘‘๐‘  = โ„Ž]].

3) La stringa di invarianti รจ un sistema completo di coniugio per endomorfismi nilpotenti.

(Osservazione: Se conveniamo che i blocchi ๐ฝ1, โ€ฆ , ๐ฝ๐‘š sulla diagonale siano in ordine

decrescente, allora la forma di Jordan di ๐œ“ รจ unica e possiamo denotarla con ๐ฝ(๐œ“)).

Dimostrazione:

1) Per ipotesi ๐‘š๐œ“(๐‘ก) = ๐‘ก๐‘ .

85

๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“) โŠŠ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“2) โŠŠ. . . โŠŠ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ ) = ๐‘‰.

Poniamo ๐‘‘๐‘– = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘–)).

Sia ๐‘Š๐‘  un supplementare di ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’1) in ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ ), ossia ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ ) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’1) โŠ•๐‘Š๐‘ .

Poniamo ๐‘Ÿ๐‘  = dim(๐‘Š๐‘ ). (Osservazione: ๐‘Ÿ๐‘  = ๐‘‘๐‘  โˆ’ ๐‘‘๐‘ โˆ’1 = โ„Ž โˆ’ ๐‘‘๐‘ โˆ’1).

Sia {๐‘ฃ1,๐‘ , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ ,๐‘ } una base di ๐‘Š๐‘ .

Poniamo ๐‘ฃ๐‘—,๐‘ โˆ’1 = ๐œ“(๐‘ฃ๐‘—,๐‘ ) โˆ€1 โ‰ค ๐‘— โ‰ค ๐‘Ÿ๐‘ .

Per il lemma, ๐‘ฃ1,๐‘ โˆ’1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ ,๐‘ โˆ’1 stanno in ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’1) e sono linearmente indipendenti;

dunque posso completarli a una base {๐‘ฃ1,๐‘ โˆ’1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ ,๐‘ โˆ’1, ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ +1,๐‘ โˆ’1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ โˆ’1,๐‘ โˆ’1} di un

supplementare ๐‘Š๐‘ โˆ’1 di ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’2) in ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’1), ossia ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’1) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’2) โŠ•๐‘Š๐‘ โˆ’1.

Itero il procedimento scegliendo supplementari ๐‘Š๐‘—| ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1) โŠ•๐‘Š๐‘— ,

๐‘Ÿ๐‘— = dim(๐‘Š๐‘—).

I vettori cosรฌ trovati possono essere organizzati in una tabella:

๐‘ฃ1,๐‘ โ†“

๐‘ฃ1,๐‘ โˆ’1โ†“โ‹ฎโ†“๐‘ฃ1,2โ†“๐‘ฃ1,1

โ€ฆ.โ€ฆโ€ฆ๐ด๐ด.โ€ฆ.โ€ฆ๐ดโ€ฆ

๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ ,๐‘  โ€ฆ โ€ฆ . .

โ†“ โ€ฆ โ€ฆ โ€ฆ . .๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ ,๐‘ โˆ’1โ†“โ‹ฎโ†“

๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ ,2โ†“

๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ ,1

โ€ฆโ€ฆโ€ฆโ€ฆโ€ฆโ€ฆโ€ฆ

โ€ฆ

๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ โˆ’1,๐‘ โˆ’1 โ€ฆ โ€ฆ

โ†“ โ€ฆ โ€ฆโ‹ฎ โ€ฆ โ€ฆโ†“ โ€ฆ โ€ฆ

๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ โˆ’1,2 โ€ฆ ๐‘ฃ๐‘Ÿ2,2 โ€ฆ โ€ฆ

โ†“ โ€ฆ โ†“ โ€ฆ โ€ฆ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐‘ โˆ’1,1 โ€ฆ ๐‘ฃ๐‘Ÿ2,1 โ€ฆ ๐‘ฃ๐‘Ÿ1,1

๐‘๐‘Ž๐‘ ๐‘’ ๐‘‘๐‘– ๐‘Š๐‘  ๐ด

๐‘๐‘Ž๐‘ ๐‘’ ๐‘‘๐‘– ๐‘Š๐‘ โˆ’1 ๐ด๐ด๐ด

๐‘๐‘Ž๐‘ ๐‘’ ๐‘‘๐‘– ๐‘Š2 ๐ด

๐‘๐‘Ž๐‘ ๐‘’ ๐‘‘๐‘– ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“)

dove ๐‘Ÿ1 = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“)) = ๐‘‘1.

Si ha: ๐‘‰ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ ) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’1) โŠ•๐‘Š๐‘  = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘ โˆ’2) โŠ•๐‘Š๐‘ โˆ’1 โŠ•๐‘Š๐‘  = โ‹ฏ โ€ฆ = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“) โŠ•๐‘Š2 โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘Š๐‘ ,

dunque per costruzione i vettori presenti nella tabella formano una base di ๐‘‰ (in quanto

sono linearmente indipendenti e in numero adeguato).

Inoltre ad esempio:

๐‘ฃ1,1 = ๐œ“(๐‘ฃ1,2) = ๐œ“2(๐‘ฃ1,3) =. . . = ๐œ“๐‘ โˆ’1(๐‘ฃ1,๐‘ )

dunque:

{๐‘ฃ1,1, ๐‘ฃ1,2, โ€ฆ , ๐‘ฃ1,๐‘ } = {๐œ“๐‘ โˆ’1(๐‘ฃ1,๐‘ ), ๐œ“๐‘ โˆ’2(๐‘ฃ1,๐‘ ), โ€ฆ , ๐‘ฃ1,๐‘ }

Pertanto la base โ„ฌ ottenuta riordinando i vettori della tabella procedendo da sinistra verso

destra e risalendo le colonne รจ una base di Jordan.

Ogni colonna โ€œaltaโ€ ๐‘— produce in ๐”โ„ฌ(๐œ“) un blocco di Jordan di ordine ๐‘—.

2) Mostriamo che il tipo dei blocchi in ๐”โ„ฌ(๐œ“) รจ completamente determinato dalla stringa di

invarianti [0, ๐‘ , [๐‘‘1 < ๐‘‘2 <. . . < ๐‘‘๐‘  = โ„Ž]].

Notiamo innanzitutto che, per quanto visto nel punto 1):

๐‘  = indice di nilpotenza = massimo ordine dei blocchi in ๐”โ„ฌ(๐œ“) (in quanto lโ€™altezza di

una colonna non puรฒ superare lโ€™indice di nilpotenza);

๐‘‘1 = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“)) = numero totale dei blocchi (cioรจ il numero delle colonne).

Piรน precisamente, poniamo ๐‘๐‘— = numero dei blocchi ๐‘— ร— ๐‘— in ๐”โ„ฌ(๐œ“). Allora:

๐‘๐‘  = dim(๐‘Š๐‘ ) = ๐‘Ÿ๐‘ ;

๐‘๐‘— = dim(๐‘Š๐‘—) โˆ’ dim(๐‘Š๐‘—+1) = ๐‘Ÿ๐‘— โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘—+1.

Se poniamo ๐‘Ÿ๐‘ +1 = 0, allora ๐‘๐‘— = ๐‘Ÿ๐‘— โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘—+1 โˆ€1 โ‰ค ๐‘— โ‰ค ๐‘ .

86

Esprimiamo i ๐‘๐‘— in funzione dei ๐‘‘๐‘—:

๐‘Ÿ๐‘— = dim(๐‘Š๐‘—) = dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—)) โˆ’ dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“๐‘—โˆ’1)) = ๐‘‘๐‘— โˆ’ ๐‘‘๐‘—โˆ’1;

๐‘Ÿ1 = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œ“)) = ๐‘‘1.

Dunque poniamo ๐‘‘0 = 0 e ๐‘‘๐‘ +1 = ๐‘‘๐‘  = โ„Ž, in modo da avere:

๐‘๐‘— = ๐‘Ÿ๐‘— โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘—+1 = ๐‘‘๐‘— โˆ’ ๐‘‘๐‘—โˆ’1 โˆ’ (๐‘‘๐‘—+1 โˆ’ ๐‘‘๐‘—) = 2๐‘‘๐‘— โˆ’ ๐‘‘๐‘—โˆ’1 โˆ’ ๐‘‘๐‘—+1 โˆ€๐‘—.

Dunque ๐”โ„ฌ(๐œ“) dipende, a meno di permutazioni dei blocchi sulla diagonale, solo dai ๐‘‘๐‘–.

3) Se ๐œ“1, ๐œ“2 sono endomorfismi nilpotenti di ๐‘‰ con stessa stringa di invarianti, allora, per

quanto visto nei punti precedenti, โˆƒโ„ฌ1, โ„ฌ2 basi di ๐‘‰ tale che ๐”โ„ฌ1(๐œ“1) = ๐”โ„ฌ2

(๐œ“2), quindi

๐œ“1 โˆผ ๐œ“2.

Osservazione: Dal lemma segue che dim(๐‘Š๐‘—) โ‰ค dim(๐‘Š๐‘—โˆ’1), cioรจ ๐‘Ÿ๐‘— โ‰ค ๐‘Ÿ๐‘—โˆ’1, ossia la successione

{๐‘‘๐‘— โˆ’ ๐‘‘๐‘—โˆ’1}๐‘— รจ decrescente (in generale non strettamente).

Osservazione: Dato ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘†๐‘(๐‘“) = {๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜}. Allora ci restringiamo a lavorare in ogni

autospazio generalizzato ๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ ; studiando lโ€™endomorfismo di ๐‘‰๐œ†๐‘—

โ€ฒ , ๐‘“๐‘— = ๐‘“|๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ โˆ’ ๐œ†๐‘—๐‘–๐‘‘, troviamo la

forma di Jordan ๐ฝ(๐‘“๐‘—) di ๐‘“๐‘—, da cui risaliamo facilmente a quella di ๐‘“|๐‘‰๐œ†๐‘—โ€ฒ , semplicemente

aggiungendo a ๐œ†๐‘—๐ผ a ๐ฝ(๐‘“๐‘—). Dunque la forma canonica di Jordan dellโ€™endomorfismo ๐‘“ รจ:

๐ฝ(๐‘“) = (๐ฝ(๐‘“1) + ๐œ†1๐ผ . .

. โ‹ฑ .

. . ๐ฝ(๐‘“๐‘˜) + ๐œ†๐‘˜๐ผ)

Da questo segue:

COROLLARIO 3.5.16 (forma canonica di Jordan per endomorfismi triangolabili): Sia

๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) triangolabile. Allora:

1) โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐‘“) รจ una matrice di Jordan (โ„ฌ รจ detta base di Jordan per ๐‘“);

2) La matrice ๐”โ„ฌ(๐‘“) รจ unica a meno di permutazioni dei blocchi sulla diagonale ed รจ

determinata dalla stringa di invarianti ๐‘ (๐œ†๐‘–) = [๐œ†๐‘–, ๐‘ ๐‘–, [๐‘‘1(๐œ†1) <. . . < ๐‘‘๐‘ ๐‘–(๐œ†๐‘–)]] associati agli

autovalori di ๐‘“;

3) Due endomorfismi triangolabili di ๐‘‰ sono coniugati โ‡” hanno la stessa forma canonica di

Jordan (che รจ quindi un invariante completo di coniugio).

COROLLARIO 3.5.17: Ogni matrice triangolabile ๐ด รจ simile alla sua trasposta.

Dimostrazione:

๐ฝ(๐ด) dipende solo dalle dimensioni dei ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ)๐‘— e dunque dai ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ)๐‘—.

Poichรฉ โˆ€๐‘—, ๐‘Ÿ๐‘˜( ๐ด..๐‘ก โˆ’ ๐œ†๐ผ)๐‘— = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ)๐‘—, allora ๐ฝ( ๐ด..

๐‘ก ) = ๐ฝ(๐ด), da cui ๐ด..๐‘ก โˆผ ๐ด.

Osservazione: Per quanto visto finora siamo in grado di stabilire se due endomorfismi

triangolabili sono simili. Dunque la forma canonica di Jordan รจ un sistema completo di

invarianti in ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), con ๐‘‰ ๐•‚-spazio vettoriale e ๐•‚ algebricamente chiuso.

Perรฒ ad esempio in โ„ณ(๐‘›,โ„) abbiamo visto che esistono matrici non triangolabili; ovviamente la

teoria della forma canonica di Jordan non puรฒ essere applicata a tali matrici. Riprendendo perรฒ

il teorema che dice che ๐ด โˆผโ„ ๐ต โ‡” ๐ด โˆผโ„‚ ๐ต, possiamo lavorare in questo modo: ๐ด โˆผโ„ ๐ต โ‡” ๐ด โˆผโ„‚ ๐ต โ‡” ๐ฝโ„‚(๐ด) = ๐ฝโ„‚(๐ต)

87

Dunque possiamo considerare ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„) โŠ† โ„ณ(๐‘›, โ„‚), cioรจ ๐ด, ๐ต: โ„‚๐‘› โ†’ โ„‚๐‘›, trovare la loro

forma di Jordan complessa (che di sicuro esiste) e stabilire se sono simili o meno a partire da

questa. In questโ€™ultima parte del capitolo vogliamo arrivare alla stessa conclusione provando che

nella classe di similitudine di ๐ด non triangolabile in โ„ณ(๐‘›,โ„)/โˆผ esiste un rappresentante

canonico, detto forma di Jordan reale di ๐ด, univocamente determinata da ๐ฝโ„‚(๐ด) e quindi

essenzialmente unica.

FORMA DI JORDAN REALE: โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„) esiste un rappresentante canonico di similitudine,

univocamente determinato dalla forma di Jordan complessa di ๐ด.

Dimostrazione:

Sia ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„). Procediamo per passi dimostrando lemmi:

1) Poichรฉ ๐‘๐ด(๐‘ก) โˆˆ โ„[๐‘ก], gli autovalori di ๐ด sono del tipo: ๐œ†1, โ€ฆ , ๐œ†๐‘˜โŸ

โˆˆโ„

, ๐œ‡1, โ€ฆ , ๐œ‡๐‘Ÿ , ๐œ‡1 , โ€ฆ ๐œ‡๐‘Ÿ โŸ โˆˆโ„‚\โ„

e ๐œ‡๐‘Ž(๐œ‡๐‘—) = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ‡๏ฟฝ๏ฟฝ) โˆ€๐‘—.

2) Pensiamo ๐ด come endomorfismo di โ„‚๐‘›. Allora per il teorema di Jordan: โ„‚๐‘› = ๐‘‰๐œ†1

โ€ฒ โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ†๐‘˜โ€ฒ โŠ•๐‘‰๐œ‡1

โ€ฒ โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ‡๐‘Ÿโ€ฒ โŠ•๐‘‰๐œ‡1

โ€ฒ โŠ•โ€ฆโŠ•๐‘‰๐œ‡๐‘Ÿโ€ฒ

3) Sia ๐œ† uno degli autovalori reali di ๐ด. Una base di Jordan di ๐‘‰๐œ†โ€ฒ โŠ† โ„‚๐‘› si trova prendendo basi

opportune nella successione di sottospazi: ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ) โŠ† ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ)2 โŠ† โ‹ฏ

Poichรฉ โˆ€๐‘— il sottospazio ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๐œ†๐ผ)๐‘— ha la stessa dimensione sia come sottospazio di โ„๐‘› sia

come sottospazio di โ„‚๐‘› (in quanto รจ reale), allora possiamo scegliere una base di Jordan di ๐‘‰๐œ†โ€ฒ

formata da vettori reali.

4) Sia ๐œ‡ โˆˆ โ„‚\โ„ uno degli autovalori complessi non reali di ๐ด. Se {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ก} รจ una base di Jordan

di ๐‘‰๐œ‡โ€ฒ, allora {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ} รจ una base di Jordan di ๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝ

โ€ฒ.

Dimostrazione:

Poichรฉ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๐œ‡๐ผ)๐‘— = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๏ฟฝ๏ฟฝ๐ผ)๐‘— โˆ€๐‘—, in quanto ๐ด รจ reale e quindi ๐ด = ๏ฟฝ๏ฟฝ, allora i

vettori ๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ โˆˆ ๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ = โ‹ƒ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๏ฟฝ๏ฟฝ๐ผ)๐‘—๐‘— .

Dimostriamo che gli ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ sono linearmente indipendenti:

๐‘Ž1๐‘ง1+. . . +๐‘Ž๐‘ก๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ = 0, con ๐‘Ž๐‘– โˆˆ โ„‚ โˆ€๐‘–.

Coniugando:

๐‘Ž1 ๐‘ง1+. . . ๐‘Ž๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘ง๐‘ก = 0 โ‡’ ๐‘Ž๏ฟฝ๏ฟฝ = 0 โˆ€๐‘–, poichรฉ gli ๐‘ง๐‘– sono linearmente indipendenti โ‡’ ๐‘Ž๐‘– = 0 โˆ€๐‘–.

Inoltre dim(๐‘‰๐œ‡โ€ฒ) = ๐œ‡๐‘Ž(๐œ‡) = ๐œ‡๐‘Ž(๏ฟฝ๏ฟฝ) = dim(๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝ

โ€ฒ) = ๐‘ก, quindi {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ} รจ una base di ๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ.

Ci resta da mostrare che รจ una base di Jordan di ๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ.

Poichรฉ {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ก} รจ una base di Jordan di ๐‘‰๐œ‡โ€ฒ, allora:

๐ด๐‘ง๐‘— = ๐œ‡๐‘ง๐‘— โˆจ ๐ด๐‘ง๐‘— = ๐œ‡๐‘ง๐‘— + ๐‘ง๐‘—โˆ’1 โˆ€๐‘—

Se ๐ด๐‘ง๐‘— = ๐œ‡๐‘ง๐‘— โ‡’ ๐ด๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐ด๐‘ง๐‘— = ๐œ‡๐‘ง๐‘— = ๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ;

se ๐ด๐‘ง๐‘— = ๐œ‡๐‘ง๐‘— + ๐‘ง๐‘—โˆ’1 โ‡’ ๐ด๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ = ๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ + ๐‘ง๐‘—โˆ’1 ,

dunque {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ} รจ effettivamente una base di Jordan di ๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ.

(Osservazione: Abbiamo quindi mostrato che, se in ๐ฝโ„‚(๐ด) ci sono ๐‘ blocchi relativi

allโ€™autovalore ๐œ‡ di ordine ๐‘š, allora in ๐ฝโ„‚(๐ด) ci sono ๐‘ blocchi di ordine ๐‘š relativi a ๏ฟฝ๏ฟฝ.)

5) Sia ๐œ‡ โˆˆ โ„‚\โ„ uno degli autovalori complessi non reali di ๐ด. Allora esiste una base di ๐‘‰๐œ‡โ€ฒ โŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝ

โ€ฒ

formata da vettori reali.

Dimostrazione:

88

Sia {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ก} una base di Jordan di ๐‘‰๐œ‡โ€ฒ. Per 4) sappiamo che {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ} รจ una base di Jordan

di ๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ. Quindi dim(๐‘‰๐œ‡

โ€ฒ โŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ) = 2๐‘ก.

Poniamo ๐‘ฅ๐‘— = โ„œ๐”ข(๐‘ง๐‘—) e ๐‘ฆ๐‘— = โ„‘๐”ช(๐‘ง๐‘—) โˆ€๐‘—.

Poichรฉ ๐‘ฅ๐‘— =๐‘ง๐‘—+๐‘ง๐‘—

2 e ๐‘ฆ๐‘— =

๐‘ง๐‘—โˆ’๐‘ง๐‘—

2๐‘–, i vettori ๐‘ฅ1, ๐‘ฆ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘ก , ๐‘ฆ๐‘ก โˆˆ ๐‘‰๐œ‡

โ€ฒ โŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ, in quanto combinazioni

lineari di ๐‘ง๐‘— e ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ. Inoltre, poichรฉ gli ๐‘ง๐‘— e ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ generano ๐‘‰๐œ‡โ€ฒ โŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝ

โ€ฒ, allora anche gli ๐‘ฅ๐‘— , ๐‘ฆ๐‘— generano,

in quanto ciascuno รจ combinazione lineare di ๐‘ง๐‘— e ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ.

Infine, poichรฉ dim(๐‘‰๐œ‡โ€ฒ โŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝ

โ€ฒ) = 2๐‘ก, allora {๐‘ฅ1, ๐‘ฆ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘ก , ๐‘ฆ๐‘ก} รจ una base di vettori reali di

๐‘‰๐œ‡โ€ฒ โŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝ

โ€ฒ.

6) Scriviamo la matrice associata a ๐ด|๐‘‰๐œ‡โ€ฒโŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ rispetto alla base {๐‘ฅ1, ๐‘ฆ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘ก , ๐‘ฆ๐‘ก}.

Se ๐ด๐‘ง๐‘— = ๐œ‡๐‘ง๐‘—, allora:

๐ด๐‘ฅ๐‘— = ๐ด๐‘ง๐‘— + ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ

2=๐œ‡๐‘ง๐‘— + ๐œ‡๐‘ง๐‘—

2= โ„œ๐”ข(๐œ‡๐‘ง๐‘—) = โ„œ๐”ข(๐œ‡)โ„œ๐”ข(๐‘ง๐‘—) โˆ’ โ„‘๐”ช(๐œ‡)โ„‘๐”ช(๐‘ง๐‘—) =

= โ„œ๐”ข(๐œ‡)๐‘ฅ๐‘— โˆ’ โ„‘๐”ช(๐œ‡)๐‘ฆ๐‘—

๐ด๐‘ฆ๐‘— = ๐ด๐‘ง๐‘— โˆ’ ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ

2๐‘–=๐œ‡๐‘ง๐‘— โˆ’ ๐œ‡๐‘ง๐‘—

2๐‘–= โ„‘๐”ช(๐œ‡๐‘ง๐‘—) = โ„‘๐”ช(๐œ‡)โ„œ๐”ข(๐‘ง๐‘—) + โ„œ๐”ข(๐œ‡)โ„‘๐”ช(๐‘ง๐‘—) =

= โ„‘๐”ช(๐œ‡)๐‘ฅ๐‘— +โ„œ๐”ข(๐œ‡)๐‘ฆ๐‘—

I passaggi contrassegnati con = derivano dalle relazioni:

๐‘ง, ๐‘ค โˆˆ โ„‚, โ„œ๐”ข(๐‘ง๐‘ค) = โ„œ๐”ข(๐‘ง)โ„œ๐”ข(๐‘ค) โˆ’ โ„‘๐”ช(๐‘ง)โ„‘๐”ช(๐‘ค);

โ„‘๐”ช(๐‘ง๐‘ค) = โ„‘๐”ช(๐‘ง)โ„œ๐”ข(๐‘ค) + โ„œ๐”ข(๐‘ง)โ„‘๐”ช(๐‘ค).

Analogamente, se ๐ด๐‘ง๐‘— = ๐œ‡๐‘ง๐‘— + ๐‘ง๐‘—โˆ’1:

๐ด๐‘ฅ๐‘— = ๐ด๐‘ง๐‘— + ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ

2=๐œ‡๐‘ง๐‘— + ๐‘ง๐‘—โˆ’1 + ๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘ง๏ฟฝ๏ฟฝ + ๐‘ง๐‘—โˆ’1

2= โ„œ๐”ข(๐œ‡๐‘ง๐‘—) + โ„œ๐”ข(๐‘ง๐‘—โˆ’1) =

= โ„œ๐”ข(๐œ‡)๐‘ฅ๐‘— โˆ’ โ„‘๐”ช(๐œ‡)๐‘ฆ๐‘— + ๐‘ฅ๐‘—โˆ’1

๐ด๐‘ฆ๐‘— = โ„‘๐”ช(๐œ‡)๐‘ฅ๐‘— +โ„œ๐”ข(๐œ‡)๐‘ฆ๐‘— + ๐‘ฆ๐‘—โˆ’1

Pertanto, se la matrice associata ad ๐ด|๐‘‰๐œ‡โ€ฒ rispetto alla base {๐‘ง1, โ€ฆ , ๐‘ง๐‘ก} era:

(

๐ฝ1 . .

. โ‹ฑ .

. . ๐ฝ๐‘Ÿ

)

con ๐ฝ๐‘– blocco di Jordan di ordine ๐‘š๐‘– relativo a ๐œ‡, allora la matrice associata a ๐ด|๐‘‰๐œ‡โ€ฒโŠ•๐‘‰๏ฟฝ๏ฟฝโ€ฒ rispetto

alla base {๐‘ฅ1, ๐‘ฆ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘ก , ๐‘ฆ๐‘ก} รจ una matrice di ordine 2๐‘ก e del tipo:

(

๐ฝ1 . .

. โ‹ฑ .

. . ๐ฝ๏ฟฝ๏ฟฝ

)

dove ๐ฝ๏ฟฝ๏ฟฝ รจ un blocco di ordine 2๐‘š๐‘– della forma:

(

๐ป๐œ‡.โ‹ฑ..

๐ผ๐ป๐œ‡โ‹ฑ..

.๐ผโ‹ฑ..

.

.โ‹ฑ๐ป๐œ‡.

.

.โ‹ฑ๐ผ๐ป๐œ‡)

con ๐ป๐œ‡ = (โ„œ๐”ข(๐œ‡) โ„‘๐”ช(๐œ‡)

โˆ’โ„‘๐”ช(๐œ‡) โ„œ๐”ข(๐œ‡)) e ๐ผ = (

1 00 1

).

89

Osservazione: Se per la coppia di autovalori ๐œ‡ e ๏ฟฝ๏ฟฝ si fosse scelto di lavorare con ๏ฟฝ๏ฟฝ, al posto del

blocchetto (โ„œ๐”ข(๐œ‡) โ„‘๐”ช(๐œ‡)

โˆ’โ„‘๐”ช(๐œ‡) โ„œ๐”ข(๐œ‡)) avremmo avuto il blocchetto (

โ„œ๐”ข(๐œ‡) โˆ’โ„‘๐”ช(๐œ‡)

โ„‘๐”ช(๐œ‡) โ„œ๐”ข(๐œ‡)), simile ma

non uguale a quello associato a ๐œ‡.

Per evitare ambiguitร  nella forma ๐ฝโ„(๐ด) conveniamo di scegliere lโ€™autovalore| โ„‘๐”ช(๐œ‡) > 0.

A questo punto la forma di Jordan reale di ๐ด รจ unica a meno di permutazioni dei blocchetti.

Esempio: Trovare la forma di Jordan reale di ๐ด = (0 0 11 0 00 1 0

).

๐‘๐ด(๐‘ก) = det (โˆ’๐‘ก 0 11 โˆ’๐‘ก 00 1 โˆ’๐‘ก

) = โˆ’๐‘ก(๐‘ก2) + 1(1) = โˆ’๐‘ก3 + 1 = (1 โˆ’ ๐‘ก)(๐‘ก2 + ๐‘ก + 1).

Poichรฉ su โ„‚ il polinomio caratteristico ha tre radici distinte, 1, ๐œ‡ = โˆ’1

2+ ๐‘–

โˆš3

2, ๏ฟฝ๏ฟฝ = โˆ’

1

2โˆ’ ๐‘–

โˆš3

2,

allora su โ„‚ ๐ด รจ diagonalizzabile:

๐ฝโ„‚(๐ด) = (1 0 00 ๐œ‡ 00 0 ๏ฟฝ๏ฟฝ

)

Per quanto visto prima, sostituiamo i due blocchetti (๐œ‡) e (๏ฟฝ๏ฟฝ) con il blocchetto

(โ„œ๐”ข(๐œ‡) โ„‘๐”ช(๐œ‡)

โˆ’โ„‘๐”ช(๐œ‡) โ„œ๐”ข(๐œ‡)) = (

1

2

โˆš3

2

โˆ’โˆš3

2

1

2

). Dunque:

๐ฝโ„(๐ด) =

(

1 0 0

01

2

โˆš3

2

0 โˆ’โˆš3

2

1

2 )

.

PROPOSIZIONE 3.5.18: Siano ๐•‚ โŠ† ๐•‚โ€ฒ campi. ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚). Allora ๐‘š๐•‚(๐ด) = ๐‘š๐•‚โ€ฒ(๐ด) (dove

๐‘š๐”ฝ(๐ด) รจ il polinomio minimo di ๐ด su ๐”ฝ).

Dimostrazione:

Lavoriamo in ๐•‚โ€ฒ[๐‘ก]. In questo anello, poichรฉ ๐‘š๐•‚โ€ฒ(๐ด) genera lโ€™ideale dei polinomi che si

annullano in ๐ด, e ๐‘š๐•‚(๐ด) appartiene a questo ideale, ho che ๐‘š๐•‚โ€ฒ(๐ด)|๐‘š๐•‚(๐ด).

Per concludere mi basta mostrare che deg(๐‘š๐•‚(๐ด)) โ‰ค deg(๐‘š๐•‚โ€ฒ(๐ด)), poichรฉ, essendo

sicuramente deg(๐‘š๐•‚(๐ด)) โ‰ฅ deg(๐‘š๐•‚โ€ฒ(๐ด)), avrei che deg(๐‘š๐•‚(๐ด)) = deg(๐‘š๐•‚โ€ฒ(๐ด)), ma essendo

i due polinomi monici, avrei la tesi.

Notiamo innanzitutto che, dati ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜ โˆˆ ๐•‚๐‘› โŠ† (๐•‚โ€ฒ)๐‘›, sono linearmente indipendenti su ๐•‚๐‘›

โ‡” lo sono su (๐•‚โ€ฒ)๐‘›, infatti entrambe le condizioni sono equivalenti alla condizione:

โ€œSe ๐‘€ รจ la matrice ๐‘› ร— ๐‘˜ avente i ๐‘ฃ๐‘– come colonne, โˆƒminore ๐‘˜ ร— ๐‘˜ di ๐‘€ con determinante โ‰  0โ€.

Mostriamo ora che, date ๐ด1, โ€ฆ , ๐ด๐‘˜ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), con ๐‘˜ โ‰ค ๐‘›2, sono linearmente indipendenti su

๐•‚ โ‡” lo sono su ๐•‚โ€ฒ.

Infatti, considerando che โ„ณ(๐‘›,๐•‚โ€ฒ) โ‰… (๐•‚โ€ฒ)๐‘›2, per la precedente osservazione se esiste una

combinazione lineare non nulla su โ„ณ(๐‘›,๐•‚โ€ฒ) delle ๐ด๐‘– che dร  0, allora esiste anche su (๐•‚โ€ฒ)๐‘›2,

quindi anche su ๐•‚๐‘›2, quindi su โ„ณ(๐‘›,๐•‚).

Inoltre il viceversa รจ ovvio, in quanto se le ๐ด๐‘– sono indipendenti su ๐•‚โ€ฒ lo sono anche su ๐•‚.

90

A questo punto sia ๐‘‘ = deg(๐‘š๐•‚โ€ฒ(๐ด)). Allora ๐ผ, ๐ด, โ€ฆ , ๐ด๐‘‘ sono linearmente dipendenti su ๐•‚โ€ฒ per

definizione di polinomio minimo, ma per quanto visto ๐ผ, ๐ด, โ€ฆ , ๐ด๐‘‘ sono linearmente dipendenti

anche su ๐•‚, quindi โˆƒpolinomio ๐‘ž(๐‘ก) โˆˆ ๐•‚[๐‘ก], ๐‘ž โ‰  0, deg(๐‘ž) โ‰ค ๐‘‘ tale che ๐‘ž(๐ด) = 0.

Per cui deg(๐‘š๐•‚(๐ด)) โ‰ค ๐‘‘, da cui la tesi.

Osservazione: Quindi ๐‘šโ„(๐ด) = ๐‘šโ„‚(๐ด) โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„). Inoltre รจ evidente che ๐‘โ„(๐ด) = ๐‘โ„‚(๐ด),

poichรฉ il polinomio caratteristico, essendo un determinante, dipende solo da ๐ด.

3.6 BASI CICLICHE PER ENDOMORFISMI

Nel seguito sia ๐‘‰ spazio vettoriale su ๐•‚, ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) = 0.

DEFINIZIONE 3.6.1: dim(๐‘‰) = ๐‘›, ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Una base โ„ฌ di ๐‘‰ si dice ciclica per ๐‘“ se โˆƒ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰

tale che โ„ฌ = {๐‘ฃ, ๐‘“(๐‘ฃ),โ€ฆ , ๐‘“๐‘›โˆ’1(๐‘ฃ)}.

DEFINIZIONE 3.6.2: ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰. ๐ผ(๐‘“, ๐‘ฃ) = {๐‘ž โˆˆ ๐•‚[๐‘ก]|๐‘ž(๐‘“)(๐‘ฃ) = 0} รจ un ideale di ๐•‚[๐‘ก], dunque esiste

un generatore ๐‘š๐‘“,๐‘ฃ di ๐ผ(๐‘“, ๐‘ฃ), detto polinomio minimo di ๐’— rispetto a ๐’‡.

Osservazione: Visto che ๐ผ๐‘“ โŠ† ๐ผ(๐‘“, ๐‘ฃ), si ha che ๐‘š๐‘“,๐‘ฃ|๐‘š๐‘“.

LEMMA 3.6.1: ๐•‚ campo con ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) = 0. Sia ๐‘‰ un ๐•‚-spazio vettoriale e siano ๐‘Š1,โ€ฆ,๐‘Š๐‘›

sottospazi di ๐‘‰ tali che ๐‘‰ = ๐‘Š1 โˆช โ€ฆโˆช๐‘Š๐‘›. Allora โˆƒ๐‘– tale che ๐‘‰ = ๐‘Š๐‘–.

Dimostrazione:

Supponiamo che lโ€™unione ๐‘‰ = ๐‘Š1 โˆช โ€ฆโˆช๐‘Š๐‘› sia minimale, cioรจ ๐‘Š๐‘— โŠˆ ๐‘Š1 โˆช โ€ฆ๐‘Š๐‘—โˆ’1 โˆช๐‘Š๐‘—+1 โˆช โ€ฆโˆช

๐‘Š๐‘› โˆ€๐‘—. Supponiamo per assurdo che ๐‘› โ‰ฅ 2; allora per minimalitร  ๐‘Š๐‘› โŠˆ ๐‘Š1 โˆช โ€ฆโˆช๐‘Š๐‘›โˆ’1.

Sia ๐‘ข โˆ‰ ๐‘Š๐‘› e ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š๐‘›\(๐‘Š1 โˆช โ€ฆโˆช๐‘Š๐‘›โˆ’1) e denotiamo ๐‘† = {๐‘ฃ + ๐‘ก๐‘ข|๐‘ก โˆˆ ๐•‚}.

๐‘ข โ‰  0 e #๐•‚ = +โˆž, dunque #๐‘† = +โˆž; visto che ๐‘† โŠ† ๐‘‰ = ๐‘Š1 โˆช โ€ฆโˆช๐‘Š๐‘›, dovrร  esistere un ๐‘Š๐‘– tale

che #(๐‘† โˆฉ๐‘Š๐‘–) = +โˆž. Vediamo che ciรฒ รจ assurdo.

Se ๐‘ฃ + ๐‘ก๐‘ข โˆˆ ๐‘Š๐‘› per ๐‘ก โ‰  0, si avrebbe ๐‘Š๐‘› โˆ‹ (๐‘ฃ + ๐‘ก๐‘ข) โˆ’ ๐‘ฃ = ๐‘ก๐‘ข, cioรจ ๐‘ข โˆˆ ๐‘Š๐‘›, assurdo.

Se invece ๐‘ฃ + ๐‘ก1๐‘ข, ๐‘ฃ + ๐‘ก2๐‘ข โˆˆ ๐‘Š๐‘– con ๐‘ก1 โ‰  ๐‘ก2 e ๐‘– < ๐‘›, si avrebbe (๐‘ก2 โˆ’ ๐‘ก1)๐‘ฃ = ๐‘ก2(๐‘ฃ + ๐‘ก1๐‘ข) โˆ’

๐‘ก1(๐‘ฃ + ๐‘ก2๐‘ข) โˆˆ ๐‘Š๐‘–, cioรจ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š๐‘–, assurdo.

Dunque #(๐‘† โˆฉ๐‘Š๐‘–) โ‰ค 1 โˆ€๐‘–, da cui lโ€™assurdo e la tesi.

Osservazione: La precedente proposizione รจ falsa se ๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) > 0; non รจ infatti difficile trovare

un controesempio con ๐•‚ = ๐”ฝ2.

LEMMA 3.6.2: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Allora โˆƒ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ tale che ๐‘š๐‘“,๐‘ฃ = ๐‘š๐‘“.

Dimostrazione:

Visto che โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ ๐‘š๐‘“,๐‘ฃ|๐‘š๐‘“, lโ€™insieme {๐‘š๐‘“,๐‘ฃ|๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰} รจ finito, pertanto coincide con

{๐‘š๐‘“,๐‘ฃ1 , โ€ฆ ,๐‘š๐‘“,๐‘ฃ๐‘} per alcuni ๐‘ฃ๐‘– โˆˆ ๐‘‰.

โˆ€๐‘— = 1,โ€ฆ๐‘ considero i sottospazi ๐‘Š๐‘— = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ (๐‘š๐‘“,๐‘ฃ๐‘—(๐‘“)) = {๐‘ง โˆˆ ๐‘‰|๐‘š๐‘“,๐‘ฃ๐‘—

(๐‘“)(๐‘ง) = 0}.

91

โˆ€๐‘ง โˆˆ ๐‘‰, โˆƒ๐‘— tale che ๐‘š๐‘ง = ๐‘š๐‘ฃ๐‘— e quindi ๐‘š๐‘ฃ๐‘—

(๐‘“)(๐‘ง) = ๐‘š๐‘ง(๐‘“)(๐‘ง) = 0, cioรจ ๐‘ง โˆˆ ๐‘Š๐‘—.

Allora ๐‘‰ = ๐‘Š1 โˆช โ€ฆโˆช๐‘Š๐‘ e dunque โˆƒ๐‘–0 tale che ๐‘Š๐‘–0 = ๐‘‰, ossia ๐พ๐‘’๐‘Ÿ (๐‘š๐‘ฃ๐‘–0(๐‘“)) = ๐‘‰, cioรจ ๐‘š๐‘ฃ๐‘–0

โˆˆ

๐ผ๐‘“ quindi ๐‘š๐‘“|๐‘š๐‘ฃ๐‘–0.

TEOREMA 3.6.3: ๐‘“ ammette una base ciclica โ‡”๐‘š๐‘“ = ยฑ๐‘๐‘“.

Dimostrazione:

โ‡’) Ovvia, in quanto se {๐‘ฃ, ๐‘“(๐‘ฃ),โ€ฆ , ๐‘“๐‘›โˆ’1(๐‘ฃ)} sono linearmente indipendenti, deg(๐‘š๐‘“) โ‰ฅ ๐‘› e

dunque ๐‘š๐‘“ = ยฑ๐‘๐‘“.

โ‡) Per il lemma โˆƒ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ tale che ๐‘š๐‘“,๐‘ฃ = ๐‘š๐‘“. Per ipotesi deg(๐‘š๐‘“,๐‘ฃ) = deg(๐‘š๐‘“) = ๐‘›.

Ma allora {๐‘ฃ, ๐‘“(๐‘ฃ),โ€ฆ , ๐‘“๐‘›โˆ’1(๐‘ฃ)} sono linearmente indipendenti; infatti se

๐‘0๐‘ฃ + ๐‘1๐‘“(๐‘ฃ)+. . . +๐‘๐‘›โˆ’1๐‘“๐‘›โˆ’1(๐‘ฃ) = 0, il polinomio ๐‘”(๐‘ก) = ๐‘0 + ๐‘1๐‘ก+. . . +๐‘๐‘›โˆ’1๐‘ก

๐‘›โˆ’1 deve

soddisfare ๐‘”(๐‘ก) โˆˆ ๐ผ(๐‘“, ๐‘ฃ), ma ๐‘š๐‘“,๐‘ฃ = ๐‘š๐‘“, dunque tutti i polinomi in ๐ผ(๐‘“, ๐‘ฃ) hanno grado

โ‰ฅ ๐‘›, quindi ๐‘”(๐‘ก) โ‰ก 0 e ๐‘๐‘– = 0 โˆ€๐‘–.

92

4 FORME BILINEARI

4.1 FORME BILINEARI E FORME QUADRATICHE

DEFINIZIONE 4.1.1: Sia ๐‘‰ un ๐•‚-spazio vettoriale. ๐œ™: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ รจ detta applicazione (o forma)

bilineare se:

1) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ, ๐‘ง โˆˆ ๐‘‰, ๐œ™(๐‘ฅ + ๐‘ฆ, ๐‘ง) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ง) + ๐œ™(๐‘ฆ, ๐‘ง)

2) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ, ๐‘ง โˆˆ ๐‘‰, ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ + ๐‘ง) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) + ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ง)

3) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚, ๐œ™(๐›ผ๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐›ผ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐›ผ๐‘ฆ).

PROPOSIZIONE 4.1.1: Le seguenti applicazioni sono bilineari:

1) ๐œ™ โ‰ก 0;

2) ๐œ™:โ„๐‘› ร—โ„๐‘› โ†’ โ„| ๐œ™(๐‘‹, ๐‘Œ) = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘Œ = โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘ฆ๐‘–

๐‘›๐‘–=1 , detto prodotto scalare standard su โ„๐’;

3) ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), ๐œ™:๐•‚๐‘› ร—๐•‚๐‘› โ†’ ๐•‚| ๐œ™(๐‘‹, ๐‘Œ) = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ;

4) ๐œ™:โ„ณ(๐‘›, ๐•‚) ร—โ„ณ(๐‘›,๐•‚) โ†’ ๐•‚| ๐œ™(๐ด, ๐ต) = ๐‘ก๐‘Ÿ( ๐ด.๐‘ก ๐ต);

5) ๐œ™:โ„ณ(๐‘›, ๐•‚) ร—โ„ณ(๐‘›,๐•‚) โ†’ ๐•‚| ๐œ™(๐ด, ๐ต) = ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด๐ต);

6) ๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘Ÿ โˆˆ ๐•‚, ๐œ™:๐•‚๐‘›[๐‘ฅ] ร— ๐•‚๐‘›[๐‘ฅ] โ†’ ๐•‚| ๐œ™(๐‘(๐‘ฅ), ๐‘ž(๐‘ฅ)) = โˆ‘ ๐‘(๐‘Ž๐‘–)๐‘ž(๐‘Ž๐‘–)๐‘Ÿ๐‘–=1 , cioรจ la valutazione

(๐•‚๐‘›[๐‘ฅ] รจ lโ€™insieme dei polinomi di grado โ‰ค ๐‘›);

7) ๐œ™:โ„4 ร— โ„4 โ†’ โ„| ๐œ™

(

(

๐‘ฅ1๐‘ฅ2๐‘ฅ3๐‘ฅ4

) , (

๐‘ฆ1๐‘ฆ2๐‘ฆ3๐‘ฆ4

)

)

= ๐‘ฅ1๐‘ฆ1 + ๐‘ฅ2๐‘ฆ2 + ๐‘ฅ3๐‘ฆ3 โˆ’ ๐‘ฅ4๐‘ฆ4, detto prodotto scalare di

Minkowski.

Dimostrazione:

1) Ovvia.

2) Segue immediatamente dal fatto che la trasposizione e il prodotto fra matrici sono lineari.

3) Analoga alla 2).

4) La traccia, cosรฌ come la trasposizione e il prodotto fra matrici, รจ lineare.

5) Analoga alla 4).

6) Segue dal fatto che la valutazione รจ lineare.

7) Lasciata al lettore.

DEFINIZIONE 4.1.2: Una forma bilineare ๐œ™: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ si dice prodotto scalare se รจ simmetrica,

cioรจ ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐œ™(๐‘ค, ๐‘ฃ) โˆ€๐‘ฃ, ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰.

PROPOSIZIONE 4.1.2: Delle precedenti forme bilineari, 1), 2), 4), 5), 6), 7) sono prodotti

scalari, mentre la 3) รจ un prodotto scalare โ‡” ๐ด รจ simmetrica.

Dimostrazione:

La 3) รจ un prodotto scalare โ‡” ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ = ๐‘Œ.

๐‘ก ๐ด๐‘‹ = ( ๐‘‹.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐‘Œ).๐‘ก โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘›, ma essendo numeri,

๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ = ( ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก ๐‘Œ).

๐‘ก โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘› โ‡” ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ = ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก ๐‘Œ โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘›. Poichรฉ lโ€™uguaglianza deve valere

โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘›, in particolare varrร  per ๐‘‹ = ๐‘’๐‘–, ๐‘Œ = ๐‘’๐‘—, con 1 โ‰ค ๐‘–, ๐‘— โ‰ค ๐‘›.

Quindi ๐‘’๐‘–.๐‘ก ๐ด๐‘’๐‘— = ๐‘’๐‘–.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก ๐‘’๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘— โ‡” [๐ด]๐‘–๐‘— = [ ๐ด.

๐‘ก ]๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–๐‘— โ‡” ๐ด = ๐ด.๐‘ก .

93

La 4) รจ un prodotto scalare perchรฉ ๐‘ก๐‘Ÿ( ๐ด.๐‘ก ๐ต) = ๐‘ก๐‘Ÿ( ( ๐ด.

๐‘ก ๐ต).๐‘ก ) = ๐‘ก๐‘Ÿ( ๐ต.

๐‘ก ๐ด), mentre la 5) รจ un prodotto

scalare perchรฉ abbiamo dimostrato che ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด๐ต) = ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ต๐ด). Le altre sono verifiche immediate.

Osservazione: Durante tutta la trattazione delle forme bilineari lavoreremo solo in campi ๐•‚ con

๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) โ‰  2, per poter dividere per 2.

DEFINIZIONE 4.1.3: Sia ๐œ™: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ una forma bilineare. Si definisce forma quadratica

indotta da ๐“ lโ€™applicazione ๐‘ž๐œ™: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ definita da ๐‘ž๐œ™(๐‘ฃ) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰.

Esempio: ๐œ™(๐‘‹, ๐‘Œ) = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘Œ su ๐•‚๐‘› induce ๐‘ž๐œ™(๐‘ฅ) = ๐‘‹.

๐‘ก ๐‘‹ = โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–2๐‘›

๐‘–=1 (detta forma quadratica

standard).

DEFINIZIONE 4.1.4: Una applicazione ๐‘ž: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ si dice forma quadratica se โˆƒ๐œ™ forma bilineare

su ๐‘‰| ๐‘ž = ๐‘ž๐œ™.

Osservazione: Piรน forme bilineari possono definire la stessa forma quadratica, ad esempio

๐œ™1 โ‰ก 0 e ๐œ™2(๐‘‹, ๐‘Œ) = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ, con ๐ด antisimmetrica, inducono la stessa ๐‘ž๐œ™ = 0, in quanto:

๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ = ( ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก ๐‘‹).

๐‘ก = ๐‘‹.๐‘ก (โˆ’๐ด)๐‘‹ = โˆ’ ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด๐‘‹ โ‡’ ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ = 0 (il passaggio = deriva dal fatto che la

trasposizione lascia invariato un numero).

PROPOSIZIONE 4.1.3: Sia ๐‘ž: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚ una forma quadratica. Allora esiste uno e un solo prodotto

scalare che induce ๐‘ž.

Dimostrazione:

Per definizione โˆƒ๐œ™ forma bilineare tale che ๐‘ž = ๐‘ž๐œ™, cioรจ tale che ๐‘ž(๐‘ฃ) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰.

Allora ๐œ™โ€ฒ(๐‘ข, ๐‘ฃ) =๐œ™(๐‘ข,๐‘ฃ)+๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ข)

2 รจ un prodotto scalare che induce ๐‘ž (in quanto รจ evidentemente

simmetrico e ๐œ™โ€ฒ(๐‘ข, ๐‘ข) = ๐œ™(๐‘ข, ๐‘ข) = ๐‘ž(๐‘ข)).

Inoltre se ๐œ“ รจ un prodotto scalare che induce ๐‘ž, allora: ๐‘ž(๐‘ข + ๐‘ฃ) โˆ’ ๐‘ž(๐‘ข) โˆ’ ๐‘ž(๐‘ฃ) = ๐œ“(๐‘ข + ๐‘ฃ, ๐‘ข + ๐‘ฃ) โˆ’ ๐œ“(๐‘ข, ๐‘ข) โˆ’ ๐œ“(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = ๐œ“(๐‘ข, ๐‘ฃ) + ๐œ“(๐‘ฃ, ๐‘ข) =

= 2๐œ“(๐‘ข, ๐‘ฃ)

da cui ๐œ“(๐‘ข, ๐‘ฃ) =๐‘ž(๐‘ข+๐‘ฃ)โˆ’๐‘ž(๐‘ข)โˆ’๐‘ž(๐‘ฃ)

2 (detta formula di polarizzazione), dunque ๐œ“ รจ univocamente

determinato e quindi unico.

DEFINIZIONE 4.1.5: Definiamo:

๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰) = {๐œ™: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐•‚| ๐œ™ รจ ๐‘๐‘–๐‘™๐‘–๐‘›๐‘’๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘’} ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) = {๐œ™: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐•‚| ๐œ™ รจ ๐‘๐‘Ÿ๐‘œ๐‘‘๐‘œ๐‘ก๐‘ก๐‘œ ๐‘ ๐‘๐‘Ž๐‘™๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘’} ๐‘„(๐‘‰) = {๐‘ž: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚| ๐‘ž รจ ๐‘“๐‘œ๐‘Ÿ๐‘š๐‘Ž ๐‘ž๐‘ข๐‘Ž๐‘‘๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘ก๐‘–๐‘๐‘Ž}.

DEFINIZIONE 4.1.6: Definiamo una somma e un prodotto per scalari in ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰):

โˆ€๐œ™,๐œ“ โˆˆ ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰), (๐œ™ + ๐œ“)(๐‘ฃ, ๐‘ค) โ‰ ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) + ๐œ“(๐‘ฃ,๐‘ค);

โˆ€๐œ† โˆˆ ๐•‚, โˆ€๐œ™ โˆˆ ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰), (๐œ†๐œ™)(๐‘ฃ, ๐‘ค) โ‰ ๐œ†๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค).

PROPOSIZIONE 4.1.4: 1) ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰) รจ uno spazio vettoriale;

2) ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) รจ un sottospazio vettoriale di ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰);

3) ๐‘„(๐‘‰) รจ un sottospazio vettoriale di โ„ฑ(๐‘‰,๐•‚) = {๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚}.

94

Osservazione: ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) โ‰… ๐‘„(๐‘‰), in quanto lโ€™applicazione ๐น: ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) โ†’ ๐‘„(๐‘‰)| ๐น(๐œ™) = ๐‘ž๐œ™ รจ un

isomorfismo (sappiamo che รจ bigettiva e si vede con unโ€™immediata verifica che รจ lineare).

Notazione: Indicheremo con (๐‘‰, ๐œ™) lo spazio vettoriale ๐‘‰ dotato del prodotto scalare ๐œ™.

DEFINIZIONE 4.1.7: Siano (๐‘‰, ๐œ™) e (๐‘Š,๐œ“) ๐•‚-spazi vettoriali. ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lineare si dice isometria

se:

๐‘“ รจ isomorfismo di spazi vettoriali;

โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐œ“(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)).

DEFINIZIONE 4.1.8: (๐‘‰, ๐œ™) e (๐‘Š, ๐œ“) si dicono isometrici se โˆƒ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š isometria (in tal caso ๐œ™

e ๐œ“ si dicono prodotti scalari isometrici).

Osservazione: Lโ€™essere isometrici รจ una relazione di equivalenza (la verifica รจ lasciata al lettore).

Osservazione: Se ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ (๐‘Š,๐œ“) รจ un isomorfismo, lโ€™applicazione ๐‘“๐œ“โˆ—: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐•‚| ๐‘“๐œ“

โˆ—(๐‘ฃ, ๐‘ค) =

๐œ“(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ค)) รจ evidentemente un prodotto scalare su ๐‘‰ e ๐‘“: (๐‘‰, ๐‘“๐œ“โˆ—) โ†’ (๐‘Š,๐œ“) รจ unโ€™isometria

per costruzione.

Dunque in generale basterร  studiare {(๐‘‰, ๐œ™)}/๐‘–๐‘ ๐‘œ๐‘š๐‘’๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘’, con ๐‘‰ fissato.

Denoteremo con โŸจ, โŸฉ il prodotto scalare standard di โ„๐‘›.

Esempi:

1) Le rotazioni di centro lโ€™origine sono isometrie lineari di โ„2 dotato del prodotto scalare

standard, infatti sia (๐‘ฅ๐‘ฆ) un vettore di โ„2 e sia (

๐‘ฅโ€ฒ

๐‘ฆโ€ฒ) il vettore ottenuto ruotando lโ€™altro di un

angolo ๐›ผ; allora:

(๐‘ฅโ€ฒ

๐‘ฆโ€ฒ) = (

cos(๐›ผ) โˆ’ sin(๐›ผ)

sin(๐›ผ) cos(๐›ผ)) (๐‘ฅ๐‘ฆ) = (

๐‘ฅ cos(๐›ผ) โˆ’ ๐‘ฆ sin(๐›ผ)

๐‘ฅ sin(๐›ผ) + ๐‘ฆ cos(๐›ผ)) ;

โŸจ(๐‘ฅ1 cos(๐›ผ) โˆ’ ๐‘ฆ1 sin(๐›ผ)

๐‘ฅ1 sin(๐›ผ) + ๐‘ฆ1 cos(๐›ผ)) , (

๐‘ฅ2 cos(๐›ผ) โˆ’ ๐‘ฆ2 sin(๐›ผ)

๐‘ฅ2 sin(๐›ผ) + ๐‘ฆ2 cos(๐›ผ))โŸฉ =

= ๐‘ฅ1๐‘ฅ2(cos2(๐›ผ) + sin2(๐›ผ)) + ๐‘ฆ1๐‘ฆ2(sin

2(๐›ผ) + cos2(๐›ผ)) = ๐‘ฅ1๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ1๐‘ฆ2 =

= โŸจ(๐‘ฅ1๐‘ฆ1) , (

๐‘ฅ2๐‘ฆ2)โŸฉ

2) Sia ๐ป = {๐‘1๐‘ฅ1+. . . +๐‘๐‘›๐‘ฅ๐‘› = 0} un iperpiano in (โ„๐‘›, โŸจ, โŸฉ) passante per ๐‘‚.

Sia ๐ต = (๐‘1โ‹ฎ๐‘๐‘›

). Allora ๐ป = {๐‘‹|โŸจ๐ต, ๐‘‹โŸฉ = 0}.

Sia ora ๐œŒ:โ„๐‘› โ†’ โ„๐‘› la riflessione ortogonale rispetto ad ๐ป che associa ad ogni ๐‘ƒ โˆˆ โ„๐‘› il

simmetrico rispetto ad ๐ป.

Grazie alla figura (che รจ in โ„3 ma che comunque rende lโ€™idea della situazione), vediamo che:

๐œŒ(๐‘ƒ) = ๐‘ƒ โˆ’ 2๐ต๐‘ƒ; ma avendo lโ€™iperpiano dimensione ๐‘› โˆ’ 1, su di esso giaceranno ๐‘› โˆ’ 1

componenti di ๐‘ƒ, che chiamiamo ๐‘€1, โ€ฆ ,๐‘€๐‘›โˆ’1, mentre lโ€™ultima componente sarร 

esattamente ๐ต๐‘ƒ. Allora:

โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ = โŸจ๐ต๐‘ƒ + โˆ‘ ๐‘€๐‘–๐‘›โˆ’1๐‘–=1 , ๐ตโŸฉ = โŸจ๐ต๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ + โˆ‘ โŸจ๐‘€๐‘– , ๐ตโŸฉ

๐‘›โˆ’1๐‘–=1 = โŸจ๐ต๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ.

95

Sia ora ๐ต๐‘ƒ = ๐‘˜ โˆ™ ๐ต; quindi:

โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ = โŸจ๐ต๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ = ๐‘˜โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ โ‡’ ๐‘˜ =โŸจ๐‘ƒ,๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต,๐ตโŸฉ.

Dunque ๐œŒ(๐‘ƒ) = ๐‘ƒ โˆ’ 2โŸจ๐‘ƒ,๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต,๐ตโŸฉ๐ต.

Notiamo che ๐œŒ2 = ๐‘–๐‘‘, infatti:

๐œŒ(๐œŒ(๐‘ƒ)) = ๐‘ƒ โˆ’ 2โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ๐ต โˆ’ 2

โŸจ๐‘ƒ โˆ’ 2โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉโŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ

๐ต, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ๐ต =

= ๐‘ƒ โˆ’ 2๐ต

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ(โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ + โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ โˆ’ 2

โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉโŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ) = ๐‘ƒ

Inoltre ๐œŒ รจ unโ€™isometria, in quanto:

รจ lineare (la verifica รจ immediata);

รจ iniettiva, poichรฉ:

๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐œŒ) = {๐‘ƒ| ๐‘ƒ = 2โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ๐ต} = {๐‘ƒ| ๐‘ƒ = 2

โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ๐ต = 2

โŸจ2โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉโŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ

๐ต, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ๐ต} =

= {๐‘ƒ| โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ = 2โŸจ๐‘ƒ, ๐ตโŸฉ} = {0} รจ surgettiva, poichรฉ la controimmagine di ๐‘ƒ รจ ๐œŒ(๐‘ƒ), in quanto ๐œŒ2 = ๐‘–๐‘‘;

mantiene i prodotti scalari, in quanto:

โŸจ๐œŒ(๐‘‹), ๐œŒ(๐‘Œ)โŸฉ = โŸจ๐‘‹ โˆ’ 2โŸจ๐‘‹, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ๐ต, ๐‘Œ โˆ’ 2

โŸจ๐‘Œ, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ๐ตโŸฉ

= โŸจ๐‘‹, ๐‘ŒโŸฉ โˆ’ 2โŸจ๐‘‹, ๐ตโŸฉโŸจ๐‘Œ, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉโˆ’ 2

โŸจ๐‘‹, ๐ตโŸฉโŸจ๐‘Œ, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ+ 4

โŸจ๐‘‹, ๐ตโŸฉโŸจ๐‘Œ, ๐ตโŸฉโŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ

โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉโŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ= โŸจ๐‘‹, ๐‘ŒโŸฉ.

DEFINIZIONE 4.1.9: Si definisce gruppo ortogonale di (๐‘‰, ๐œ™) lโ€™insieme ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) ={๐‘“ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐‘“: (๐‘‰, ๐œ™) โ†’ (๐‘‰, ๐œ™) รจ ๐‘–๐‘ ๐‘œ๐‘š๐‘’๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘Ž}, cioรจ:

๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡” ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰.

PROPOSIZIONE 4.1.5: (๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™),โˆ˜) รจ un gruppo ed รจ sottogruppo di ๐บ๐ฟ(๐‘‰).

96

DEFINIZIONE 4.1.10: ๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰ si dicono ortogonali rispetto a ๐œ™ se ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = 0.

Osservazione: Se ๐‘ฅ, ๐‘ฆ sono ortogonali rispetto a ๐œ™ e ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™), allora ๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ) sono

ortogonali rispetto a ๐œ™.

DEFINIZIONE 4.1.11: ๐œ™ โˆˆ ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰), โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰. Si definisce matrice associata a ๐œ™

rispetto a โ„ฌ la matrice ๐”โ„ฌ(๐œ™) โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) definita da [๐”โ„ฌ(๐œ™)]๐‘–๐‘— = ๐œ™(๐‘ฃ๐‘– , ๐‘ฃ๐‘—).

PROPOSIZIONE 4.1.6: Se ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐ด, allora โˆ€๐‘ฃ,๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค) = [๐‘ฃ]โ„ฌ.๐‘ก ๐ด[๐‘ค]โ„ฌ.

Dimostrazione:

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐œ™(โˆ‘๐‘ฅ๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘›

๐‘–=1

,โˆ‘๐‘ฆ๐‘—๐‘ฃ๐‘—

๐‘›

๐‘—=1

) =โˆ‘โˆ‘๐‘ฅ๐‘–๐‘ฆ๐‘—๐œ™(๐‘ฃ๐‘– , ๐‘ฃ๐‘—)

๐‘›

๐‘—=1

๐‘›

๐‘–=1

= [๐‘ฃ]โ„ฌ.๐‘ก ๐ด[๐‘ค]โ„ฌ .

PROPOSIZIONE 4.1.7: Sia โ„ฌ base di ๐‘‰. Allora lโ€™applicazione:

๐”โ„ฌ:๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰) โ†’ โ„ณ(๐‘›,๐•‚)

๐œ™ โ†’ ๐”โ„ฌ(๐œ™)

รจ un isomorfismo di spazi vettoriali.

Dimostrazione:

๐”โ„ฌ รจ evidentemente una bigezione, poichรฉ โˆ€๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), ๐œ™(๐‘ฃ๐‘– , ๐‘ฃ๐‘—) = [๐‘ฃ]โ„ฌ.๐‘ก ๐ด[๐‘ค]โ„ฌ, dove

โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ fissata. Essendo ๐œ™ definita su vettori di base, รจ univoca lโ€™estensione a tutti i

๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰. Inoltre dalla definizione segue la linearitร , dunque ho la tesi.

COROLLARIO 4.1.8: dim(๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰)) = ๐‘›2.

Osservazione: ๐œ™ โˆˆ ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰), โ„ฌ base di ๐‘‰. Allora ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) โ‡” ๐”โ„ฌ(๐œ™) รจ simmetrica.

COROLLARIO 4.1.9: dim(๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰)) = dim(๐‘„(๐‘‰)) =๐‘›(๐‘›+1)

2.

Dimostrazione:

๐”โ„ฌ|๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰): ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) โ†’ ๐’ฎ(๐‘›,๐•‚) รจ un isomorfismo.

Osservazione: โ„ฌ base di ๐‘‰, ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰), ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐œ™). Sia ๐œ“๐ด il prodotto scalare su ๐•‚๐‘› associato

alla matrice simmetrica ๐ด, cioรจ ๐œ“๐ด(๐‘‹, ๐‘Œ) = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ.

Allora [ ]โ„ฌ: (๐‘‰, ๐œ™) โ†’ (๐•‚๐‘›, ๐œ“๐ด) รจ unโ€™isometria, infatti ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค) = [๐‘ฃ]โ„ฌ.๐‘ก ๐ด[๐‘ค]โ„ฌ = ๐œ“๐ด([๐‘ฃ]โ„ฌ, [๐‘ค]โ„ฌ).

PROPOSIZIONE 4.1.10: ๐‘“: (๐‘‰, ๐œ™) โ†’ (๐‘Š,๐œ“) isomorfismo, โ„ฌ base di ๐‘‰, ๐’ฎ base di ๐‘Š.

Siano ๐‘€ = ๐”โ„ฌ(๐œ™), ๐‘ = ๐”๐’ฎ(๐œ“), ๐ด = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘“). Allora ๐‘“ รจ isometria โ‡”๐‘€ = ๐ด.๐‘ก ๐‘๐ด.

Dimostrazione:

Siano ๐‘‹ = [๐‘ฃ]โ„ฌ, ๐‘Œ = [๐‘ค]โ„ฌ. Allora ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘€๐‘Œ.

๐œ“(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ค)) = [๐‘“(๐‘ฃ)]๐’ฎ.๐‘ก ๐‘[๐‘“(๐‘ค)]๐’ฎ = (๐ด๐‘‹).

๐‘ก ๐‘(๐ด๐‘Œ) = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐‘๐ด๐‘Œ.

Dunque ๐‘“ รจ isometria โ‡” ๐‘‹.๐‘ก ๐‘€๐‘Œ = ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก ๐‘๐ด๐‘Œ โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘› โ‡” ๐‘€ = ๐ด.

๐‘ก ๐‘๐ด (per il solito discorso

che quellโ€™uguaglianza deve valere โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ e quindi in particolare per gli ๐‘‹ = ๐‘’๐‘–, ๐‘Œ = ๐‘’๐‘—).

Osservazione: ๐‘“ isomorfismo. ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡” ๐‘€ = ๐ด.๐‘ก ๐‘€๐ด, dove ๐‘€ = ๐”โ„ฌ(๐œ™) e ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“).

97

4.2 CONGRUENZA E DECOMPOSIZIONE DI WITT

DEFINIZIONE 4.2.1: ๐ด, ๐ต โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚) si dicono congruenti se โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚)| ๐ต = ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€.

PROPOSIZIONE 4.2.1: Sia ๐œ™ โˆˆ ๐ต๐‘–๐‘™(๐‘‰) e โ„ฌ,โ„ฌโ€ฒ basi di ๐‘‰. Poniamo ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐œ™) e ๐ดโ€ฒ = ๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ™).

Allora ๐ด e ๐ดโ€ฒ sono congruenti.

Dimostrazione:

Sia ๐‘€ la matrice del cambiamento di base da โ„ฌ a โ„ฌโ€ฒ; quindi [๐‘ฃ]โ„ฌ = ๐‘€[๐‘ฃ]โ„ฌโ€ฒ โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰.

Allora:

๐œ™(๐‘ข, ๐‘ฃ) = [๐‘ข]โ„ฌ.๐‘ก ๐ด[๐‘ฃ]โ„ฌ = [๐‘ข]โ„ฌโ€ฒ.

๐‘ก ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€[๐‘ฃ]โ„ฌโ€ฒ ;

๐œ™(๐‘ข, ๐‘ฃ) = [๐‘ข]โ„ฌโ€ฒ.๐‘ก ๐ดโ€ฒ[๐‘ฃ]โ„ฌโ€ฒ.

Poichรฉ [๐‘ข]โ„ฌโ€ฒ.๐‘ก ๐‘€.

๐‘ก ๐ด๐‘€[๐‘ฃ]โ„ฌโ€ฒ = [๐‘ข]โ„ฌโ€ฒ.๐‘ก ๐ดโ€ฒ[๐‘ฃ]โ„ฌโ€ฒ โˆ€๐‘ข, ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, allora ๐ดโ€ฒ = ๐‘€.

๐‘ก ๐ด๐‘€.

Osservazione: La congruenza รจ una relazione di equivalenza

Osservazione: Il rango รจ un invariante di congruenza (poichรฉ si moltiplica per matrici

invertibili).

DEFINIZIONE 4.2.2: ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐”โ„ฌ(๐œ™)).

Osservazione: La definizione รจ ben posta perchรฉ il rango non dipende da โ„ฌ.

PROPOSIZIONE 4.2.2: Sia ๐‘‰ un ๐•‚-spazio vettoriale, ๐œ™,๐œ“ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰). Sono fatti equivalenti:

1) (๐‘‰, ๐œ™) e (๐‘‰, ๐œ“) sono isometrici;

2) โˆ€โ„ฌ base di ๐‘‰, ๐”โ„ฌ(๐œ™) e ๐”โ„ฌ(๐œ“) sono congruenti;

3) โˆƒโ„ฌ, โ„ฌโ€ฒ basi di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“).

Dimostrazione:

Analoga a quella per gli endomorfismi.

Osservazione: Gli invarianti rispetto allโ€™isometria in ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) corrispondono agli invarianti

rispetto alla congruenza in ๐’ฎ(๐‘›,๐•‚).

Osservazione: Se ๐ต = ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€, con ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), allora det(๐ต) = det(๐ด) โˆ™ (det(๐‘€))2. Quindi:

il determinante non รจ invariante di congruenza;

se ๐•‚ = โ„ il segno del determinante รจ invariante per congruenza.

DEFINIZIONE 4.2.3: Sia ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰). Si definisce radicale di ๐œ™ lโ€™insieme

๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰| ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘‰}.

PROPOSIZIONE 4.2.3: ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) รจ sottospazio di ๐‘‰ e dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) = dim(๐‘‰) โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™).

Dimostrazione:

La verifica che sia sottospazio รจ lasciata.

Sia dim(๐‘‰) = ๐‘› e โ„ฌ base di ๐‘‰; sia ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐œ™).

Poniamo ๐‘‹ = [๐‘ฃ]โ„ฌ e ๐‘Œ = [๐‘ค]โ„ฌ.

98

๐‘ฃ โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) โ‡” ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘‰ โ‡” ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ = 0 โˆ€๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘› โ‡” ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด = 0 โ‡” ( ๐‘‹.๐‘ก

.๐‘ก ๐ด) = 0

โ‡” ๐ด๐‘‹ = 0 dove il passaggio โ‡” segue dal fatto che deve essere ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด๐‘Œ = 0 โˆ€๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘›, dunque in particolare

per ๐‘Œ = ๐‘’๐‘–, con 1 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘›.

Quindi lโ€™immagine di ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) tramite lโ€™isomorfismo [ ]โ„ฌ: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚๐‘› รจ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด), per cui

dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) = dim(๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด)) = ๐‘› โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘› โˆ’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™).

Osservazione: In particolare ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) si calcola risolvendo il sistema lineare ๐ด๐‘‹ = 0.

DEFINIZIONE 4.2.4: Diciamo che ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) รจ non degenere se ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0}, ossia se

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘‰ โ‡’ ๐‘ฃ = 0 (e degenere altrimenti).

COROLLARIO 4.2.4: ๐œ™ รจ non degenere โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) = dim(๐‘‰).

Osservazione: Se ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐œ™) allora ๐œ™ รจ non degenere โ‡” det(๐ด) โ‰  0.

Notazione: Se ๐‘Š รจ sottospazio di ๐‘‰ e ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰), denoteremo con ๐œ™|๐‘Š la restrizione di ๐œ™ a

๐‘Š ร—๐‘Š.

Osservazione: Sia ๐ด = (0 11 0

) prodotto scalare su ๐•‚2 e ๐‘Š = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘’1).

๐œ™|๐‘Š โ‰ก 0, dunque la restrizione di un prodotto scalare non degenere puรฒ essere degenere.

DEFINIZIONE 4.2.5: (๐‘‰, ๐œ™) e (๐‘Š, ๐œ“) si dicono canonicamente isometrici se esiste unโ€™isometria

fra di essi che non dipende da nessuna base.

PROPOSIZIONE 4.2.5: ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰).

1) Se ๐‘‰ = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)โŠ• ๐‘ˆ, allora ๐œ™|๐‘ˆ รจ non degenere.

2) Se ๐‘‰ = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)โŠ• ๐‘ˆ1 = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)โŠ• ๐‘ˆ2, allora ๐‘ˆ1 e ๐‘ˆ2 sono canonicamente isometrici.

Dimostrazione:

1) Sia ๐‘› = dim(๐‘‰), ๐‘ = dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)).

Sia โ„ฌ1 = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘} base di ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™); sia โ„ฌ2 = {๐‘ฃ๐‘+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘ˆ.

Sia โ„ฌ = โ„ฌ1 โˆช โ„ฌ2 (che ovviamente รจ base di ๐‘‰); allora:

๐”โ„ฌ(๐œ™) = ( 0 | 0

0 | ๐ด ),

dove ๐ด = ๐”โ„ฌ2(๐œ™|๐‘ˆ) โˆˆ โ„ณ(๐‘› โˆ’ ๐‘,๐•‚).

Poichรฉ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐”โ„ฌ(๐œ™)) = ๐‘› โˆ’ dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) = ๐‘› โˆ’ ๐‘, allora ๐ด รจ invertibile e dunque ๐œ™|๐‘ˆ รจ non

degenere.

2) โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ1 โŠ† ๐‘‰ โˆƒ! ๐‘ง๐‘ข โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™), ๐‘ขโ€ฒ โˆˆ ๐‘ˆ2| ๐‘ข = ๐‘ง๐‘ข + ๐‘ขโ€ฒ. Definiamo ๐ฟ: ๐‘ˆ1 โ†’ ๐‘ˆ2| ๐ฟ(๐‘ข) = ๐‘ขโ€ฒ.

๐ฟ รจ sicuramente lineare, in quanti restrizione di ๐œ‹๐‘ˆ2: ๐‘‰ โ†’ ๐‘ˆ2.

Poichรฉ dim(๐‘ˆ1) = dim (๐‘ˆ2), per provare che ๐ฟ รจ isomorfismo basta provare che รจ iniettiva.

Sia ๐‘ข โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ฟ) โ‡’ ๐‘ขโ€ฒ = ๐ฟ(๐‘ข) = 0 โ‡’ ๐‘ข = ๐‘ง๐‘ข โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) โ‡’ ๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ1 โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0}.

Mostriamo che ๐ฟ รจ unโ€™isometria: ๐œ™(๐‘ข, ๐‘ฃ) = ๐œ™(๐‘ง๐‘ข + ๐‘ขโ€ฒ, ๐‘ง๐‘ฃ + ๐‘ฃโ€ฒ) = ๐œ™(๐‘ง๐‘ข, ๐‘ง๐‘ฃ) + ๐œ™(๐‘ง๐‘ข, ๐‘ฃ

โ€ฒ) + ๐œ™(๐‘ขโ€ฒ, ๐‘ง๐‘ฃ) + ๐œ™(๐‘ขโ€ฒ, ๐‘ฃโ€ฒ) = ๐œ™(๐‘ขโ€ฒ, ๐‘ฃโ€ฒ) == ๐œ™(๐ฟ(๐‘ข), ๐ฟ(๐‘ฃ)), da cui la tesi.

99

DEFINIZIONE 4.2.6: Se ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) e ๐‘† โŠ† ๐‘‰, definiamo ortogonale di ๐‘†:

๐‘†โŠฅ = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰| ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ ) = 0 โˆ€๐‘  โˆˆ ๐‘†}.

Osservazione: ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = ๐‘‰โŠฅ.

PROPOSIZIONE 4.2.6: Siano ๐‘†, ๐‘‡ โŠ† ๐‘‰.

1) ๐‘†โŠฅ รจ sottospazio di ๐‘‰

2) ๐‘† โŠ† ๐‘‡ โ‡’ ๐‘‡โŠฅ โŠ† ๐‘†โŠฅ

3) ๐‘†โŠฅ = (๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†))โŠฅ

4) ๐‘† โŠ† ๐‘†โŠฅโŠฅ

Siano ๐‘ˆ,๐‘Š sottospazi di ๐‘‰.

5) (๐‘ˆ +๐‘Š)โŠฅ = ๐‘ˆโŠฅ โˆฉ๐‘ŠโŠฅ 6) ๐‘ˆโŠฅ +๐‘ŠโŠฅ โŠ† (๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š)โŠฅ Dimostrazione:

1) Verifica immediata.

2) ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‡โŠฅ โ‡’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ก) = 0 โˆ€๐‘ก โˆˆ ๐‘‡ โŠ‡ ๐‘† โ‡’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ ) = 0 โˆ€๐‘  โˆˆ ๐‘† โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†โŠฅ.

3) Poichรฉ ๐‘† โŠ† ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†), per 2) ho che (๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘†))โŠฅโŠ† ๐‘†โŠฅ.

Inoltre se ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†โŠฅ โ‡’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ ) = 0 โˆ€๐‘  โˆˆ ๐‘†.

Ma se ๐‘† = {๐‘ 1, โ€ฆ , ๐‘ ๐‘˜}, allora:

๐œ™(๐‘ฃ, โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘ ๐‘–๐‘˜๐‘–=1 ) = โˆ‘ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ ๐‘–)

๐‘˜๐‘–=1 = 0, da cui la tesi.

4) ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘† โ‡’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ ) = 0 โˆ€๐‘  โˆˆ ๐‘†โŠฅ โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†โŠฅโŠฅ

.

5) ๐‘ฃ โˆˆ (๐‘ˆ +๐‘Š)โŠฅ โ‡” ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ข + ๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ,๐‘ค โˆˆ ๐‘Š โ‡” ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ข) + ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค) = 0 โ‡” โ‡” ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ข) = 0 โˆง ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ,๐‘ค โˆˆ ๐‘Š โ‡” ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘ˆโŠฅ โˆฉ๐‘ŠโŠฅ,

dove il passaggio contrassegnato con โ‡” si ottiene ponendo prima ๐‘ข = 0 e poi ๐‘ค = 0.

6) ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘ˆโŠฅ +๐‘ŠโŠฅ โ‡’ ๐‘ฃ = ๐‘ฃ๐‘ˆ + ๐‘ฃ๐‘Š, con ๐‘ฃ๐‘ˆ โˆˆ ๐‘ˆโŠฅ, ๐‘ฃ๐‘Š โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ โ‡’ โˆ€โ„Ž โˆˆ ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š, ๐œ™(๐‘ฃ, โ„Ž) =

= ๐œ™(๐‘ฃ๐‘ˆ + ๐‘ฃ๐‘Š , โ„Ž) = ๐œ™(๐‘ฃ๐‘ˆ, โ„Ž) + ๐œ™(๐‘ฃ๐‘Š, โ„Ž) = 0 + 0 = 0 โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ (๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š)โŠฅ.

Osservazione: Se ๐‘Š รจ sottospazio di ๐‘‰, allora ๐‘Š โˆฉ๐‘ŠโŠฅ = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™|๐‘Š), poichรฉ in ๐‘Š โˆฉ๐‘ŠโŠฅ ci sono

i vettori di ๐‘Š ortogonali a tutti i vettori di ๐‘Š, cioรจ i vettori di ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™|๐‘Š).

Esempio: Sia ๐ด = (0 11 0

) e ๐‘Š = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘’1). ๐‘ŠโŠฅ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘’1) โ‡’ ๐‘Š โˆฉ๐‘ŠโŠฅ = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™|๐‘Š) =

๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘’1).

PROPOSIZIONE 4.2.7: Se ๐‘Š รจ sottospazio di ๐‘‰ e ๐‘Š โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0}, allora:

dim(๐‘ŠโŠฅ) = dim(๐‘‰) โˆ’ dim(๐‘Š).

(Osservazione: Non รจ detto che ๐‘Š e ๐‘ŠโŠฅ siano in somma diretta, nonostante abbiamo

dimensioni adeguate; un controesempio puรฒ essere lโ€™esempio precedente).

Dimostrazione:

Sia dim(๐‘Š) = ๐‘˜ e dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) = โ„Ž.

Esiste una base โ„ฌ di ๐‘‰ del tipo:

โ„ฌ = {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜โŸ ๐‘๐‘Ž๐‘ ๐‘’ ๐‘‘๐‘– ๐‘Š

, ๐‘ฃ๐‘˜+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›โˆ’โ„Ž, ๐‘ฃ๐‘›โˆ’โ„Ž+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›โŸ ๐‘๐‘Ž๐‘ ๐‘’ ๐‘‘๐‘– ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)

}.

Allora:

100

๐ด = ๐”โ„ฌ(๐œ™) = (

๐‘€1 | ๐‘€2 | 0

๐‘€2.๐‘ก | ๐‘€3 | 0

0 | 0 | 0

)

e ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘› โˆ’ โ„Ž.

๐‘ŠโŠฅ = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰|๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š} = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰|๐œ™(๐‘ค1, ๐‘ฃ) =. . . = ๐œ™(๐‘ค๐‘˜, ๐‘ฃ) = 0}.

Infatti il contenimento โŠ† รจ ovvio, mentre lโ€™altro segue dal fatto che ogni ๐‘ค โˆˆ ๐‘Š si puรฒ scrivere

come combinazione lineare dei ๐‘ค๐‘–.

Ora: ๐œ™(๐‘ค1, ๐‘ฃ) = (1 0 โ€ฆ 0)๐ด๐‘‹

โ‹ฎ๐œ™(๐‘ค๐‘˜, ๐‘ฃ) = (0 โ€ฆ 1 0 โ€ฆ 0)๐ด๐‘‹

, con ๐‘‹ = [๐‘ฃ]โ„ฌ.

Dunque attraverso lโ€™isomorfismo [ ]โ„ฌ i vettori di ๐‘ŠโŠฅ corrispondono alle soluzioni del sistema

lineare: (๐ผ๐‘˜ | 0)๐ดโŸ =(๐‘€1|๐‘€2| 0)

๐‘‹ = 0.

Poichรฉ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘› โˆ’ โ„Ž, la matrice ( ๐‘€1 | ๐‘€2

๐‘€2.๐‘ก | ๐‘€3

) รจ invertibile e dunque ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘€1| ๐‘€2) = ๐‘˜.

Allora lo spazio delle soluzioni del sistema (๐‘€1| ๐‘€2| 0)๐‘‹ = 0 ha dimensione ๐‘› โˆ’ ๐‘˜ e dunque

dim(๐‘ŠโŠฅ) = ๐‘› โˆ’ ๐‘˜.

COROLLARIO 4.2.8: 1) dim(๐‘ŠโŠฅ) = dim(๐‘‰) โˆ’ dim(๐‘Š) + dim(๐‘Š โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™))

2) In generale dim(๐‘ŠโŠฅ) + dim(๐‘Š) โ‰ฅ dim(๐‘‰)

3) Se ๐œ™ รจ non degenere, allora dim(๐‘ŠโŠฅ) = dim(๐‘‰) โˆ’ dim(๐‘Š)

4) ๐œ™|๐‘Š รจ non degenere โ‡” ๐‘‰ = ๐‘ŠโŠ•๐‘ŠโŠฅ.

Dimostrazione:

1) Sia ๐‘Š = (๐‘Š โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) โŠ•๐‘Š1.

Allora ๐‘ŠโŠฅ = ๐‘Š1โŠฅ, infatti sicuramente ๐‘ŠโŠฅ โŠ† ๐‘Š1

โŠฅ in quanto ๐‘Š1 โŠ† ๐‘Š, e: ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š1

โŠฅ โ‡’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘คโ€ฒ) = 0 โˆ€๐‘คโ€ฒ โˆˆ ๐‘Š1 โ‡’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค) = ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค0 + ๐‘คโ€ฒ), ๐‘ค0 โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™), ๐‘คโ€ฒ โˆˆ ๐‘Š1 โ‡’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค) = ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค0) + ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘คโ€ฒ) = 0 + 0 = 0 โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ

Inoltre ๐‘Š1 โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0}, poichรฉ:

{0} = ๐‘Š1 โˆฉ (๐‘Š โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) = (๐‘Š1 โˆฉ๐‘Š) โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = ๐‘Š1 โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™),

dove il passaggio contrassegnato con = segue dal fatto che ๐‘Š1 โŠ† ๐‘Š.

Per la proposizione precedente:

dim(๐‘ŠโŠฅ) = dim(๐‘Š1โŠฅ) = dim(๐‘‰) โˆ’ dim(๐‘Š1) = dim(๐‘‰) โˆ’ (dim(๐‘Š) โˆ’ dim(๐‘Š โˆฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™))),

da cui la tesi.

2) Segue dal punto 1).

3) Poichรฉ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0} e per il punto 1) si ha la tesi.

4) ๐œ™|๐‘Š รจ non degenere โ‡” ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™|๐‘Š) = ๐‘Š โˆฉ๐‘ŠโŠฅ = {0}.

Dunque dim(๐‘Š โŠ•๐‘ŠโŠฅ) โ‰ค dim(๐‘‰).

Dโ€™altra parte dim(๐‘ŠโŠ•๐‘ŠโŠฅ) = dim(๐‘Š) + dim(๐‘ŠโŠฅ) โ‰ฅ dim (๐‘‰), dunque ho la tesi.

Osservazione: Se ๐œ™ รจ non degenere, poichรฉ ๐‘ˆ โŠ† ๐‘ˆโŠฅโŠฅ e dim(๐‘ˆ) = dim (๐‘ˆโŠฅโŠฅ), allora segue che

๐‘ˆ = ๐‘ˆโŠฅโŠฅ. Inoltre, sapendo che (๐‘ˆ +๐‘Š)โŠฅ = ๐‘ˆโŠฅ โˆฉ๐‘ŠโŠฅ, se ๐œ™ รจ non degenere segue che

๐‘ˆโŠฅ +๐‘ŠโŠฅ = (๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š)โŠฅ (con un ragionamento analogo al precedente).

101

DEFINIZIONE 4.2.7: Se ๐‘‰ = ๐‘ŠโŠ•๐‘ŠโŠฅ, la proiezione ๐œ‹๐‘Š: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š รจ detta proiezione ortogonale

su ๐‘Š.

Osservazione: โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ฃ โˆ’ ๐œ‹๐‘Š(๐‘ฃ) โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ.

DEFINIZIONE 4.2.8: ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ si dice isotropo se ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = 0.

Denotiamo con โ„(๐œ™) lโ€™insieme dei vettori isotropi per ๐œ™.

Osservazione: Se ogni ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ รจ isotropo per ๐œ™, allora ๐œ™ โ‰ก 0 (per la formula di polarizzazione).

Osservazione: Se ๐‘ฃ non รจ isotropo, quindi ๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ) โŠ• ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ, allora ogni ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰ si scrive

come ๐‘ค = ๐‘ค1 + ๐‘ค2, con ๐‘ค1 โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ) e ๐‘ค2 โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ.

Inoltre ๐‘ค1 = ๐‘ โˆ™ ๐‘ฃ, quindi ๐‘ค2 = ๐‘ค โˆ’ ๐‘๐‘ฃ.

๐‘ค2 = ๐‘ค โˆ’ ๐‘๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ โ‡” ๐œ™(๐‘ค โˆ’ ๐‘๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = 0 โ‡” ๐œ™(๐‘ค, ๐‘ฃ) = ๐‘๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โ‡” ๐‘ =๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค)

๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ)

Il numero ๐‘ =๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค)

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ฃ) prende il nome di coefficiente di Fourier di ๐‘ค rispetto a ๐‘ฃ.

Dunque ๐œ‹|๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)(๐‘ค) =๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค)

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ฃ)๐‘ฃ.

DEFINIZIONE 4.2.9: Una base โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di ๐‘‰ si dice ortogonale se ๐œ™(๐‘ฃ๐‘– , ๐‘ฃ๐‘—) = 0 โˆ€๐‘– โ‰  ๐‘—.

Osservazione: โ„ฌ รจ ortogonale โ‡” ๐”โ„ฌ(๐œ™) รจ diagonale.

PROPOSIZIONE 4.2.9: โˆ€๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) esiste una base di ๐‘‰ ortogonale rispetto a ๐œ™.

Dimostrazione 1:

Per induzione su ๐‘› = dim(๐‘‰):

Passo base): ๐‘› = 1: ogni base รจ ortogonale.

Passo induttivo): Se ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = 0 โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, allora ๐œ™ โ‰ก 0 e quindi ogni base รจ ortogonale.

Altrimenti โˆƒ๐‘ฃ1| ๐œ™(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ1) โ‰  0; allora ๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1) โŠ• ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ.

Per ipotesi induttiva โˆƒ{๐‘ฃ2, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ ortogonale per la restrizione di ๐œ™ (e dunque

per ๐œ™).

Allora {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ base di ๐‘‰ ortogonale per ๐œ™.

Dimostrazione 2 โ€“ Algoritmo di Lagrange:

Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} una base qualsiasi di ๐‘‰. Sia ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐œ™).

Supponiamo [๐ด]11 = ๐œ™(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ1) โ‰  0, cioรจ ๐‘ฃ1 โˆ‰ โ„(๐œ™). Poniamo:

๐‘ฃ1โ€ฒ = ๐‘ฃ1;

๐‘ฃ2โ€ฒ = ๐‘ฃ2 โˆ’

๐œ™(๐‘ฃ2,๐‘ฃ1โ€ฒ)

๐œ™(๐‘ฃ1โ€ฒ ,๐‘ฃ1

โ€ฒ)๐‘ฃ1โ€ฒ ;

โ‹ฎ

๐‘ฃ๐‘›โ€ฒ = ๐‘ฃ๐‘› โˆ’

๐œ™(๐‘ฃ๐‘›,๐‘ฃ1โ€ฒ)

๐œ™(๐‘ฃ1โ€ฒ ,๐‘ฃ1

โ€ฒ)๐‘ฃ1โ€ฒ .

Allora ๐œ™(๐‘ฃ๐‘—โ€ฒ, ๐‘ฃ1

โ€ฒ) = 0 โˆ€๐‘— โ‰ฅ 2 e โ„ฌโ€ฒ = {๐‘ฃ1โ€ฒ , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›

โ€ฒ } รจ una base di ๐‘‰, infatti, se mettiamo i vettori

๐‘ฃ๐‘–โ€ฒ per colonna in una matrice, otteniamo:

102

๐‘€ =

(

100โ‹ฎ0

โˆ’๐‘˜210โ‹ฎ0

โˆ’๐‘˜301โ‹ฎ0

๐ด๐ดโ‹ฏโ‹ฏโ‹ฏ

โˆ’๐‘˜๐‘›0โ‹ฎ01 )

che ha evidentemente det๐‘€ = 1 โ‰  0.

Inoltre abbiamo che:

๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ™) = (

โˆ— 0 โ€ฆ 00โ‹ฎ0

. . .

. ๐ถ .

. . .

)

Se [๐ด]11 = 0 guardo se โˆƒ๐‘— โˆˆ {2,โ€ฆ , ๐‘›}| [๐ด]๐‘—๐‘— โ‰  0.

Se lo trovo, permuto la base โ„ฌ in modo che ๐‘ฃ๐‘— sia il primo vettore e procedo come prima.

Altrimenti:

Se [๐ด]๐‘–๐‘– = 0 โˆ€๐‘– ci sono due casi:

a) ๐œ™ รจ nullo, quindi ogni base รจ ortogonale;

b) โˆƒ๐‘– โ‰  ๐‘—| [๐ด]๐‘–๐‘— = [๐ด]๐‘—๐‘– โ‰  0. In tal caso ๐œ™(๐‘ฃ๐‘– + ๐‘ฃ๐‘— , ๐‘ฃ๐‘– + ๐‘ฃ๐‘—) = 2[๐ด]๐‘–๐‘— โ‰  0.

Allora scelgo una base di ๐‘‰ in cui ๐‘ฃ๐‘– + ๐‘ฃ๐‘— รจ il primo vettore e poi applico il primo

caso.

Dopo aver ortogonalizzato i vettori rispetto al primo, itero il procedimento sulla matrice ๐ถ e

cosรฌ via.

COROLLARIO 4.2.10: Ogni matrice simmetrica รจ congruente ad una matrice diagonale.

Osservazione: Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} una base ortogonale.

Sia ๐‘ฃ = ๐›ผ1๐‘ฃ1+. . . +๐›ผ๐‘›๐‘ฃ๐‘›.

๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ1) = ๐›ผ1๐œ™(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ1), quindi, se ๐‘ฃ1 รจ non isotropo, la coordinata di ๐‘ฃ1 coincide con il

coefficiente di Fourier di ๐‘ฃ rispetto a ๐‘ฃ1.

Quindi, se ๐œ™ รจ non degenere:

๐‘ฃ =๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ1)

๐œ™(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ1)๐‘ฃ1+. . . +

๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ๐‘›)

๐œ™(๐‘ฃ๐‘›, ๐‘ฃ๐‘›)๐‘ฃ๐‘›

Inoltre, se ๐‘Š รจ sottospazio di ๐‘‰, dim(๐‘Š) = ๐‘˜, ๐œ™|๐‘Š รจ non degenere (per cui ๐‘‰ = ๐‘ŠโŠ•๐‘ŠโŠฅ) e {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘˜} รจ una base ortogonale di ๐‘Š, allora:

๐‘ฃ =๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค1)

๐œ™(๐‘ค1, ๐‘ค1)๐‘ค1+. . . +

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค๐‘˜)

๐œ™(๐‘ค๐‘˜, ๐‘ค๐‘˜)๐‘ค๐‘˜ + ๐‘ง, ๐‘ง โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ

Quindi:

๐œ‹๐‘Š(๐‘ฃ) =๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค1)

๐œ™(๐‘ค1, ๐‘ค1)๐‘ค1+. . . +

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค๐‘˜)

๐œ™(๐‘ค๐‘˜, ๐‘ค๐‘˜)๐‘ค๐‘˜

Osservazione: Sia ๐‘‰ un โ„‚-spazio vettoriale, dim(๐‘‰) = ๐‘›, ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰), ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) = ๐‘Ÿ.

Allora โˆƒ๐’ฎ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base ortogonale di ๐‘‰ tale che:

103

๐”๐’ฎ(๐œ™) =

(

๐‘Ž11โ‹ฑ

๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘Ÿ0

โ‹ฑ0)

con ๐‘Ž๐‘–๐‘– โ‰  0 โˆ€๐‘– โ‰ค ๐‘Ÿ.

Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1

โˆš๐œ™(๐‘ฃ1,๐‘ฃ1), โ€ฆ ,

๐‘ฃ๐‘Ÿ

โˆš๐œ™(๐‘ฃ๐‘Ÿ,๐‘ฃ๐‘Ÿ), ๐‘ฃ๐‘Ÿ+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}.

โ„ฌ รจ detta base ortogonale normalizzata per ๐œ™ e:

๐”โ„ฌ(๐œ™) = ( ๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ).

TEOREMA DI SYLVESTER COMPLESSO: Sia ๐‘‰ un โ„‚-spazio vettoriale.

Allora (๐‘‰, ๐œ™) e (๐‘‰, ๐œ“) sono isometrici โ‡” ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ“).

(Osservazione: Quindi il rango รจ un sistema completo di invarianti per lโ€™isometria nel caso

๐•‚ = โ„‚).

Dimostrazione:

(๐‘‰, ๐œ™) e (๐‘‰, ๐œ“) sono isometrici โ‡” โˆƒโ„ฌ, ๐’ฎ basi di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐”๐’ฎ(๐œ“).

Poichรฉ abbiamo visto nellโ€™osservazione precedente che se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ“) allora โˆƒโ„ฌ, ๐’ฎ basi di

๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐”๐’ฎ(๐œ“) = ( ๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ), segue la tesi.

COROLLARIO 4.2.11: Tutti i prodotti scalari non degeneri su un โ„‚-spazio vettoriale sono

isometrici.

COROLLARIO 4.2.12: Ogni matrice simmetrica complessa di rango ๐‘Ÿ รจ congruente a ( ๐ผ๐‘Ÿ | 0

0 | 0 ) e

dunque il rango รจ un invariante completo di congruenza su โ„‚.

Osservazione: Sia ๐‘‰ un โ„-spazio vettoriale, dim(๐‘‰) = ๐‘›, ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰), ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) = ๐‘Ÿ.

Allora โˆƒ๐’ฎ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base ortogonale di ๐‘‰ tale che:

๐”๐’ฎ(๐œ™) =

(

๐‘Ž11โ‹ฑ

๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘Ÿ0

โ‹ฑ0)

con ๐‘Ž๐‘–๐‘– โ‰  0 โˆ€๐‘– โ‰ค ๐‘Ÿ.

Supponiamo che ๐‘Ž๐‘–๐‘– > 0 per 1 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘ e ๐‘Ž๐‘–๐‘– < 0 per ๐‘ + 1 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘Ÿ.

Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1

โˆš๐‘Ž11, โ€ฆ ,

๐‘ฃ๐‘

โˆš๐‘Ž๐‘๐‘,

๐‘ฃ๐‘+1

โˆšโˆ’๐‘Ž(๐‘+1)(๐‘+1),

๐‘ฃ๐‘Ÿ

โˆšโˆ’๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘Ÿ, ๐‘ฃ๐‘Ÿ+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}.

โ„ฌ รจ detta base ortogonale normalizzata per ๐œ™ e:

๐”โ„ฌ(๐œ™) = (

๐ผ๐‘

โˆ’๐ผ๐‘Ÿโˆ’๐‘

0

).

104

DEFINIZIONE 4.2.10: Sia ๐‘‰ un โ„-spazio vettoriale, ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰).

๐œ™ si dice definito positivo (o negativo) se ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) > 0 โˆ€๐‘ฃ โ‰  0 (oppure ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) < 0 โˆ€๐‘ฃ โ‰  0);

๐œ™ si dice definito se รจ definito positivo o definito negativo;

๐œ™ si dice semidefinito positivo (o negativo) se ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โ‰ฅ 0 โˆ€๐‘ฃ (oppure ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โ‰ค 0 โˆ€๐‘ฃ);

๐œ™ si dice semidefinito se รจ semidefinito positivo o semidefinito negativo.

Osservazione: ๐œ™ definito โ‡’ ๐œ™ non degenere; inoltre se ๐‘Š รจ sottospazio di ๐‘‰ e ๐œ™ รจ (semi)definito,

allora ๐œ™|๐‘Š รจ (semi)definito.

DEFINIZIONE 4.2.11: โ— Il numero ๐‘–+(๐œ™) = max{๐‘‘๐‘–๐‘š(๐‘Š) |๐‘Š ๐‘ ๐‘ ๐‘ฃ ๐‘‘๐‘– ๐‘‰, ๐œ™|๐‘Š ๐‘‘๐‘’๐‘“. ๐‘๐‘œ๐‘ ๐‘–๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘œ}

prende il nome di indice di positivitร ;

Il numero ๐‘–โˆ’(๐œ™) = max{๐‘‘๐‘–๐‘š(๐‘Š) |๐‘Š ๐‘ ๐‘ ๐‘ฃ ๐‘‘๐‘– ๐‘‰, ๐œ™|๐‘Š ๐‘‘๐‘’๐‘“. ๐‘›๐‘’๐‘”๐‘Ž๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘œ} prende il nome di indice

di negativitร ;

Il numero ๐‘–0(๐œ™) = dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) prende il nome di indice di nullitร .

Osservazione: Questi tre numeri sono invarianti per isometria, poichรฉ le isometrie mantengono

il prodotto scalare e dunque anche i segni dei prodotti scalari.

DEFINIZIONE 4.2.12: La terna ๐œŽ(๐œ™) = (๐‘–+(๐œ™), ๐‘–โˆ’(๐œ™), ๐‘–0(๐œ™)) รจ detta segnatura di ๐œ™.

TEOREMA DI SYLVESTER REALE: Sia ๐‘‰ un โ„-spazio vettoriale, dim(๐‘‰) = ๐‘›, ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰).

Sia โ„ฌ una base ortogonale di ๐‘‰ tale che:

๐”โ„ฌ(๐œ™) = (

๐ผ๐‘

โˆ’๐ผ๐‘ž

0

).

Allora ๐‘ = ๐‘–+(๐œ™) e ๐‘ž = ๐‘–โˆ’(๐œ™).

Dimostrazione:

Sia โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘, ๐‘ฃ๐‘+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘+๐‘ž , ๐‘ฃ๐‘+๐‘ž+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}.

La restrizione di ๐œ™ a ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘) รจ definita positiva, dunque ๐‘–+(๐œ™) โ‰ฅ ๐‘.

Sia ora ๐‘Š un sottospazio di ๐‘‰ tale che dim(๐‘Š) = ๐‘–+(๐œ™) โˆง ๐œ™|๐‘Š รจ definito positivo.

Sia ๐‘ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›). Dunque โˆ€๐‘ง โˆˆ ๐‘, ๐‘ง = ๐‘Ž๐‘+1๐‘ฃ๐‘+1+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ฃ๐‘›.

๐œ™(๐‘ง, ๐‘ง) = โˆ’๐‘Ž๐‘+12 โˆ’. . . โˆ’๐‘Ž๐‘+๐‘ž

2 โ‰ค 0, dunque ๐œ™|๐‘ รจ semidefinito negativo.

Notiamo che ๐‘Š โˆฉ ๐‘ = {0}, infatti, se ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š โˆฉ ๐‘, allora ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โ‰ฅ 0 โˆง ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โ‰ค 0, quindi

๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = 0, cioรจ ๐‘ฃ = 0 perchรฉ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š ed essendo ๐‘Š definito positivo il suo unico vettore

isotropo รจ il vettore nullo.

Allora esiste ๐‘ŠโŠ•๐‘ sottospazio di ๐‘‰, per cui dim(๐‘Š โŠ• ๐‘) = dim(๐‘Š) + dim(๐‘) โ‰ค dim(๐‘‰) = ๐‘›,

ossia ๐‘–+(๐œ™) + ๐‘› โˆ’ ๐‘ โ‰ค ๐‘›, cioรจ ๐‘–+(๐œ™) โ‰ค ๐‘.

Segue dunque che ๐‘–+(๐œ™) = ๐‘ e con questo che ๐‘–+(๐œ™) non dipende dalla scelta della base.

Poichรฉ ๐‘ + ๐‘ž = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) e ๐‘–+(๐œ™) + ๐‘–โˆ’(๐œ™) = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™), allora ๐‘ž = ๐‘–โˆ’(๐œ™), da cui la tesi.

COROLLARIO 4.2.13: Se ๐•‚ = โ„, (๐‘‰, ๐œ™) e (๐‘‰, ๐œ“) sono isometrici โ‡” ๐œŽ(๐œ™) = ๐œŽ(๐œ“), cioรจ la

segnatura รจ un invariante completo di isometria nel caso ๐•‚ = โ„.

105

COROLLARIO 4.2.14: ๐ด, ๐ต โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„) sono congruenti โ‡” ๐œŽ(๐ด) = ๐œŽ(๐ต), cioรจ la segnatura รจ un

invariante completo di congruenza nel caso reale.

DEFINIZIONE 4.2.13: ๐‘‰ ๐•‚-spazio vettoriale, ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰). Una base โ„ฌ di ๐‘‰ si dice ortonormale

per ๐œ™ โ‡” ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐ผ.

Osservazione: Se ๐•‚ = โ„‚ โˆƒuna base ortonormale per ๐œ™ โ‡” ๐œ™ รจ non degenere.

Se ๐•‚ = โ„ โˆƒuna base ortonormale per ๐œ™ โ‡” ๐œ™ รจ definito positivo.

DEFINIZIONE 4.2.14: Sia ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„). ๐ด si dice definita positiva (negativa) se ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ >

0 ( ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ < 0) โˆ€๐‘‹ โ‰  0.

Sia ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„). ๐ด si dice semidefinita positiva (negativa) se ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ โ‰ฅ 0 ( ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด๐‘‹ โ‰ค 0) โˆ€๐‘‹.

Osservazione: ๐ด รจ definita positiva โ‡” ๐œ“๐ด: (๐‘‹, ๐‘Œ) โ†’ ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘Œ รจ definito positivo.

Analogamente se รจ definita negativa.

Osservazione: ๐ด รจ definita positiva โ‡” ๐ด รจ congruente a ๐ผ โ‡” โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,โ„)| ๐ด = ๐‘€.๐‘ก ๐‘€ (dunque

det(๐ด) = det( ๐‘€.๐‘ก ๐‘€) = (det(๐‘€))2 > 0).

DEFINIZIONE 4.2.15: ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„). โˆ€1 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘› si definisce ๐‘–-esimo minore principale ๐‘€๐‘–(๐ด) il

minore formato dalle prime ๐‘– righe e dalle prime ๐‘– colonne.

CRITERIO DEI MINORI PRINCIPALI: ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„).

๐ด รจ definita positiva โ‡” det(๐‘€๐‘–(๐ด)) > 0 โˆ€๐‘–.

Dimostrazione:

โ‡’) ๐‘€๐‘–(๐ด) รจ la matrice associata alla restrizione di ๐œ“๐ด al sottospazio ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘’1, โ€ฆ , ๐‘’๐‘–). Tale

restrizione รจ definita positiva e quindi det(๐‘€๐‘–(๐ด)) > 0 โˆ€๐‘–.

โ‡) Per induzione su ๐‘›:

Passo base): ๐‘› = 1: ovvio.

Passo induttivo): Per ipotesi tutti i minori principali della matrice ๐‘€๐‘›โˆ’1(๐ด) hanno

determinante positivo.

Allora per ipotesi induttiva la restrizione di ๐œ“๐ด a ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘’1, โ€ฆ , ๐‘’๐‘›โˆ’1) รจ definita positiva e

quindi ๐‘–+(๐œ“๐ด) โ‰ฅ ๐‘› โˆ’ 1.

Allora, se ๐‘–+(๐œ“๐ด) = ๐‘› โˆ’ 1, esisterebbe per Sylvester una base โ„ฌ tale che:

๐”โ„ฌ(๐œ“๐ด) = (

. ๐ด .

. ๐ผ๐‘›โˆ’1 .

. . ..

. โˆ’1

)

e det(๐”โ„ฌ(๐œ“๐ด)) = โˆ’1 < 0, assurdo, quindi ๐‘–+(๐œ“๐ด) = ๐‘›, cioรจ ๐ด รจ definita positiva.

PROPOSIZIONE 4.2.15: Le trasformazioni di base con lโ€™algoritmo di Lagrange nel caso in cui il

vettore non sia isotropo non alterano i determinanti dei minori principali.

Dimostrazione:

106

๐ด = ๐”โ„ฌ(๐œ“)๐‘ก๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘ ๐‘“.๐‘‘๐‘– ๐‘๐‘Ž๐‘ ๐‘’โ†’ ๐ดโ€ฒ = ๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“); โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›}, โ„ฌ

โ€ฒ = {๐‘ฃ1โ€ฒ , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›

โ€ฒ }.

๐‘€ = ๐”โ„ฌโ€ฒโ„ฌ(๐‘–๐‘‘) =

(

100โ‹ฎ0

โˆ—10โ‹ฎ0

โˆ—01โ‹ฎ0

โ‹ฏ

โˆ—0โ‹ฎ01)

Notiamo che ๐ดโ€ฒ = ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€; sia inoltre ๐‘Š๐‘˜ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1 , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜).

Allora ๐ด๐‘˜ = ๐”{๐‘ฃ1,โ€ฆ,๐‘ฃ๐‘˜}(๐œ“|๐‘Š๐‘˜), ๐‘Š๐‘˜ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1

โ€ฒ , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘˜โ€ฒ ) e ๐”{๐‘ฃ1

โ€ฒ ,โ€ฆ,๐‘ฃ๐‘˜โ€ฒ },{๐‘ฃ1,โ€ฆ,๐‘ฃ๐‘˜}

(๐‘–๐‘‘) = ๐‘€๐‘˜.

Quindi ๐ด๐‘˜โ€ฒ = ๐‘€๐‘˜.

๐‘ก ๐ด๐‘˜๐‘€๐‘˜.

Ma det(๐‘€๐‘˜) = 1 โˆ€๐‘˜, quindi ๐ท๐‘˜โ€ฒ = det(๐ด๐‘˜

โ€ฒ ) = det(๐ด๐‘˜) โˆ™ (det(๐‘€๐‘˜))2 = det(๐ด๐‘˜) = ๐ท๐‘˜, tesi.

CRITERIO DI JACOBI: ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„), ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = ๐‘Ÿ. Supponiamo che ๐ท๐‘– โ‰  0 โˆ€๐‘– โ‰ค ๐‘Ÿ.

Allora โˆƒ๐‘‡ triangolare superiore, det(๐‘‡) = 1, tale che:

๐‘‡.๐‘ก ๐ด๐‘‡ =

(

๐ท1๐ท2๐ท1

โ‹ฑ๐ท๐‘Ÿ๐ท๐‘Ÿโˆ’1

0โ‹ฑ

0)

Dimostrazione:

๐ท1 โ‰  0 โ‡’ [๐ด]11 = ๐ท1 โ‰  0, quindi posso effettuare una trasformazione di base.

๐ดโ€ฒ = ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€, ๐‘€ triangolare superiore, det(๐‘€) = 1.

๐ดโ€ฒ = (

๐ท10โ‹ฎ0

0๐‘Ž22โ€ฒ

โ‹ฎโˆ—

โ‹ฏโ‹ฏโ‹ฑ

0โˆ—

โˆ—

).

Ma si conservano i determinanti dei minori principali โ‡’ ๐ท2 = ๐ท2โ€ฒ = ๐ท1 โˆ™ ๐‘Ž22

โ€ฒ โ‡’ ๐‘Ž22โ€ฒ =

๐ท2

๐ท1.

Itero perchรฉ ๐ท2

๐ท1โ‰  0 โ‡’ ๐‘Ž33

โ€ฒ โˆ™๐ท2

๐ท1โˆ™ ๐ท1 = ๐ท3 = ๐ท3

โ€ฒ โ‡’ ๐‘Ž33โ€ฒ =

๐ท3

๐ท2.

In generale ๐‘Ž๐‘˜๐‘˜โ€ฒ โˆ™

๐ท๐‘˜โˆ’1

๐ท๐‘˜โˆ’2โˆ™ โ€ฆ โˆ™

๐ท2

๐ท1โˆ™ ๐ท1 = ๐ท๐‘˜ โ‡’ ๐‘Ž๐‘˜๐‘˜

โ€ฒ =๐ท๐‘˜

๐ท๐‘˜โˆ’1.

Quindi, chiamando ๏ฟฝ๏ฟฝ la matrice ๐ด dopo ๐‘Ÿ trasformazioni di base:

๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐‘€๐‘Ÿ.๐‘ก ๐‘€๐‘Ÿโˆ’1.

๐‘ก โ€ฆ ๐‘€1.๐‘ก ๐ด๐‘€1โ€ฆ๐‘€๐‘Ÿ = (๐‘€1โ€ฆ๐‘€๐‘Ÿ).

๐‘ก ๐ด๐‘€1โ€ฆ๐‘€๐‘Ÿ,

quindi se ๐‘‡ = ๐‘€1โ€ฆ๐‘€๐‘Ÿ, allora ๐‘‡ รจ la matrice cercata, in quanto รจ triangolare superiore (perchรฉ

prodotto di matrici triangolari superiori) e ha det(๐‘‡) = det(๐‘€1โ€ฆ๐‘€๐‘Ÿ) = 1.

COROLLARIO 4.2.16: Si deduce il criterio dei minori principali.

Dimostrazione:

๐œ“ รจ definito positivo โ‡” ๐ท1 > 0,๐ท2

๐ท1> 0,โ€ฆ ,

๐ท๐‘Ÿ

๐ท๐‘Ÿโˆ’1> 0 โ‡” ๐ท1 > 0,โ€ฆ , ๐ท๐‘Ÿ > 0.

COROLLARIO 4.2.17: ๐ด รจ definita negativa โ‡” ๐ท1 < 0,๐ท2 > 0,๐ท3 < 0,โ€ฆ

Dimostrazione:

๐œ“ รจ definito negativo โ‡” ๐ท1 < 0,๐ท2

๐ท1< 0,โ€ฆ ,

๐ท๐‘Ÿ

๐ท๐‘Ÿโˆ’1< 0 โ‡” ๐ท1 < 0,๐ท2 > 0,๐ท3 < 0,โ€ฆ

107

DEFINIZIONE 4.2.16: (๐‘ƒ, ๐œ“) si dice piano iperbolico se ๐‘ƒ รจ uno spazio vettoriale di dimensione

2 e ๐œ“ รจ un prodotto scalare di ๐‘ƒ non degenere per cui esiste un vettore isotropo non nullo.

PROPOSIZIONE 4.2.18: (๐‘ƒ, ๐œ“) piano iperbolico, ๐‘ฃ โ‰  0 isotropo. Allora ๐‘ฃ si estende ad una base

โ„ฌ = {๐‘ฃ,๐‘ค} di ๐‘ƒ tale che ๐”โ„ฌ(๐œ“) = (0 11 0

) (โ„ฌ รจ detta base iperbolica).

Dimostrazione:

Sia ๐’ฎ = {๐‘ฃ, ๐‘ง} una base di ๐‘ƒ. Allora ๐”๐’ฎ(๐œ“) = (0 ๐‘Ž๐‘Ž ๐‘

).

๐œ“ non degenere โ‡’ ๐‘Ž โ‰  0.

Ora cerco ๐œ†, ๐œ‡| ๐‘ค = ๐œ†๐‘ฃ + ๐œ‡๐‘ง, โ„ฌ = {๐‘ฃ, ๐‘ค} sia base di ๐‘ƒ e ๐”โ„ฌ(๐œ“) = (0 11 0

).

Notiamo che โ„ฌ รจ base โ‡” ๐œ‡ โ‰  0.

๐œ“(๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐œ“(๐‘ฃ, ๐œ†๐‘ฃ + ๐œ‡๐‘ง) = ๐œ‡๐‘Ž; ๐œ“(๐‘ค,๐‘ค) = ๐œ“(๐œ†๐‘ฃ + ๐œ‡๐‘ง, ๐œ†๐‘ฃ + ๐œ‡๐‘ง) = 2๐œ†๐œ‡๐‘Ž + ๐œ‡2๐‘.

Allora ๐”โ„ฌ(๐œ“) = (0 11 0

) โ‡”

โ‡” {๐œ‡๐‘Ž = 1

2๐œ†๐œ‡๐‘Ž + ๐œ‡2๐‘ โ‡” {

๐œ‡ = ๐‘Žโˆ’1

๐œ† = โˆ’2โˆ’1๐‘๐œ‡2 = โˆ’๐‘(2๐‘Ž2)โˆ’1.

Poichรฉ abbiamo trovato tali ๐œ†, ๐œ‡, ho la tesi.

Osservazione: Se (๐‘ƒ, ๐œ™) รจ un piano iperbolico, allora ๐œŽ(๐œ™) = (1,1,0). Infatti sia {๐‘ฃ, ๐‘ค} una base

iperbolica per (๐‘ƒ, ๐œ™). Sia ๐’ฎ = {๐‘ฃ+๐‘ค

โˆš2,๐‘ฃโˆ’๐‘ค

โˆš2}, che quindi รจ base di ๐‘ƒ. Si puรฒ facilmente vedere che:

๐”๐’ฎ(๐œ™) = (1 00 โˆ’1

)

da cui segue che ๐œŽ(๐œ™) = (1,1,0).

DEFINIZIONE 4.2.17: (๐‘‰, ๐œ™) si dice anisotropo se ๐‘‰ non contiene vettori isotropi non nulli.

PROPOSIZIONE 4.2.19: ๐‘‰ ๐•‚-spazio vettoriale, ๐œ™ prodotto scalare non degenere. Allora:

1) Se ๐•‚ = โ„‚, (๐‘‰, ๐œ™) รจ anisotropo โ‡” dim(๐‘‰) = 1;

2) Se ๐•‚ = โ„, (๐‘‰, ๐œ™) รจ anisotropo โ‡” ๐œ™ รจ definito.

Dimostrazione:

1) โ‡) Ovvio.

โ‡’) Se per assurdo dim(๐‘‰) โ‰ฅ 2 e โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ una base di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐ผ, allora

๐œ™(๐‘ฃ1 + ๐‘–๐‘ฃ2, ๐‘ฃ1 + ๐‘–๐‘ฃ2) = 1 โˆ’ 1 = 0 e dunque ๐‘ฃ1 + ๐‘–๐‘ฃ2 โˆˆ โ„(๐œ™), assurdo.

2) โ‡) Ovvio per definizione.

โ‡’) Se per assurdo ๐œ™ non รจ definito, โˆƒโ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘, ๐‘ฃ๐‘+1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰ tale che

๐”โ„ฌ(๐œ™) = (๐ผ๐‘

โˆ’๐ผ๐‘›โˆ’๐‘). Allora ๐œ™(๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ๐‘+1, ๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ๐‘+1) = 1 โˆ’ 1 = 0, assurdo.

Notazione: Denoteremo con ๐‘Š1 โŠ•โŠฅ ๐‘Š2 la somma diretta ortogonale di ๐‘Š1 e ๐‘Š2, che sta ad

indicare la somma diretta dei sottospazi ๐‘Š1 e ๐‘Š2 tali che ๐œ™(๐‘ค1, ๐‘ค2) = 0 โˆ€๐‘ค1 โˆˆ ๐‘Š1, ๐‘ค2 โˆˆ ๐‘Š2.

108

FORMA NORMALE DI WITT: Sia (๐‘‰, ๐œ™), ๐œ™ non degenere.

Caso 1): ๐•‚ = โ„‚.

a) dim(๐‘‰) = ๐‘› = 2๐‘š.

Sappiamo che โˆƒโ„ฌ = {๐‘ฃ1, ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘š, ๐‘ค๐‘š} base di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐ผ.

Allora ๐”{๐‘ฃ๐‘—,๐‘ค๐‘—}(๐œ™|๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘—,๐‘ค๐‘—)

) = (1 00 1

) e ๐‘ฃ๐‘— + ๐‘–๐‘ค๐‘— รจ isotropo, dunque

๐‘ƒ๐‘— = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘— , ๐‘ค๐‘—) รจ un piano iperbolico e:

๐‘‰ = ๐‘ƒ1 โŠ•โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘ƒ๐‘š,

detta decomposizione di Witt di ๐‘‰.

Prendendo una base iperbolica in ogni ๐‘ƒ๐‘—, โˆƒ๐’ฎ base di ๐‘‰ tale che:

๐”๐’ฎ(๐œ™) =

(

0 11 0

โ‹ฑ0 11 0 )

,

detta forma normale di Witt di ๐‘‰.

b) dim(๐‘‰) = ๐‘› = 2๐‘š + 1.

Con un procedimento analogo al precedente si trova la decomposizione di Witt: ๐‘‰ = ๐‘ƒ1 โŠ•

โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘ƒ๐‘š โŠ•โŠฅ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ง), Inoltre come prima โˆƒ๐’ฎ base di ๐‘‰|

๐”๐’ฎ(๐œ™) =

(

0 11 0

โ‹ฑ0 11 0

1)

,

che รจ la forma normale di Witt di ๐‘‰.

Caso 2): ๐•‚ = โ„.

1) ๐‘–+(๐œ™) โ‰ค ๐‘–โˆ’(๐œ™). Sia ๐‘ = ๐‘–+(๐œ™).

Allora โˆƒโ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘, ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›โˆ’๐‘} base di ๐‘‰|

๐”โ„ฌ(๐œ™) = (๐ผ๐‘

โˆ’๐ผ๐‘›โˆ’๐‘).

Si definisca ๐‘ƒ๐‘— = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ๐‘— , ๐‘ค๐‘—) โˆ€๐‘— e ๐ด = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค๐‘+1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›โˆ’๐‘). Allora ๐‘ƒ๐‘— รจ un piano

iperbolico โˆ€๐‘— e ๐œ™๐ด รจ definito negativo; inoltre: ๐‘‰ = ๐‘ƒ1 โŠ•

โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘ƒ๐‘ โŠ•โŠฅ ๐ด,

che รจ la decomposizione di Witt di ๐‘‰ e โˆƒ๐’ฎ base di ๐‘‰|

๐”๐’ฎ(๐œ™) =

(

0 11 0

โ‹ฑ0 11 0

โˆ’๐ผ๐‘›โˆ’2๐‘ )

,

che รจ la forma normale di Witt di ๐‘‰.

2) ๐‘–โˆ’(๐œ™) โ‰ค ๐‘–+(๐œ™).

รˆ del tutto analogo al caso precedente, tranne che ๐œ™|๐ด รจ definito positivo.

109

In generale:

DEFINIZIONE 4.2.18: Se ๐œ™ รจ non degenere, si chiama decomposizione di Witt di (๐‘‰, ๐œ™) una

decomposizione: ๐‘‰ = ๐‘ƒ1 โŠ•

โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘ƒโ„Ž โŠ•โŠฅ ๐ด,

dove ogni ๐‘ƒ๐‘— รจ un piano iperbolico e ๐œ™|๐ด รจ anisotropo.

Dunque, grazie a quello che abbiamo visto, segue:

TEOREMA 4.2.20: Se ๐•‚ = โ„‚ โˆจ ๐•‚ = โ„ e ๐œ™ รจ non degenere:

1) Se ๐•‚ = โ„‚ e dim(๐‘‰) = 2๐‘š โ‡’ {#๐‘๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘– ๐‘–๐‘๐‘’๐‘Ÿ๐‘๐‘œ๐‘™๐‘–๐‘๐‘– = ๐‘š

๐ด = {0}

2) Se ๐•‚ = โ„‚ e dim(๐‘‰) = 2๐‘š + 1 โ‡’ {#๐‘๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘– ๐‘–๐‘๐‘’๐‘Ÿ๐‘๐‘œ๐‘™๐‘–๐‘๐‘– = ๐‘š

dim(๐ด) = 1

3) Se ๐•‚ = โ„ โ‡’ {#๐‘๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘– ๐‘–๐‘๐‘’๐‘Ÿ๐‘๐‘œ๐‘™๐‘–๐‘๐‘– = min(๐‘–+(๐œ™), ๐‘–โˆ’(๐œ™))

๐œ™|๐ด รจ ๐‘‘๐‘’๐‘“๐‘–๐‘›๐‘–๐‘ก๐‘œ

Osservazione: Da questo teorema segue che sia nel caso complesso sia in quello reale, il numero

dei piani iperbolici รจ invariante per isometria.

DEFINIZIONE 4.2.19: ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰). Si definisce indice di Witt di (๐‘‰, ๐œ™) il numero naturale

๐‘ค(๐œ™) = max{๐‘‘๐‘–๐‘š(๐‘Š) |๐‘Š รจ ๐‘ ๐‘ ๐‘ฃ ๐‘‘๐‘– ๐‘‰, ๐œ™|๐‘Š โ‰ก 0}.

Osservazioni: 1) ๐‘ค(๐œ™) = 0 โ‡” ๐œ™ รจ anisotropo;

2) ๐‘ค(๐œ™) รจ invariante per isometria;

3) Se ๐œ™ non degenere, ๐‘ค(๐œ™) โ‰คdim(๐‘‰)

2

Dimostrazione:

Sia ๐‘Š un sottospazio di ๐‘‰ tale che dim(๐‘Š) = ๐‘ค(๐œ™) โˆง ๐œ™|๐‘Š โ‰ก 0.

Allora โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰|

๐”โ„ฌ(๐œ™) = (

0 | ๐ด

๐ด.๐‘ก โŸ๐‘ค(๐œ™)

| ๐ถ โŸ๐‘›โˆ’๐‘ค(๐œ™)

)

Quindi ๐‘› = ๐‘Ÿ๐‘˜(๐œ™) โ‰ค (๐‘› โˆ’ ๐‘ค(๐œ™))โŸ =max(๐‘Ÿ๐‘˜( ๐ด.๐‘ก |๐ถ))

+ (๐‘› โˆ’ ๐‘ค(๐œ™))โŸ =max(๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด))

โ‡’ ๐‘› โ‰ฅ 2๐‘ค(๐œ™), da cui la tesi.

4) Se ๐‘‰ = ๐‘ƒ1 โŠ•โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘ƒโ„Ž โŠ•

โŠฅ ๐ด รจ una decomposizione di Witt, allora โ„Ž โ‰ค ๐‘ค(๐œ™).

Dimostrazione:

Se {๐‘ฃ๐‘— , ๐‘ค๐‘—} รจ una base iperbolica per ๐‘ƒ๐‘—, allora ๐‘ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃโ„Ž) รจ un sottospazio di ๐‘‰|

dim(๐‘) = โ„Ž e ๐œ™|๐‘ โ‰ก 0, dunque ๐‘ค(๐œ™) โ‰ฅ โ„Ž.

TEOREMA 4.2.21: Sia (๐‘‰, ๐œ™), ๐œ™ non degenere, dim(๐‘‰) = ๐‘›. Allora:

1) Se ๐•‚ = โ„‚, ๐‘ค(๐œ™) = [๐‘›

2];

2) Se ๐•‚ = โ„, ๐‘ค(๐œ™) = min(๐‘–+(๐œ™), ๐‘–โˆ’(๐œ™)).

Dimostrazione:

110

1) Se ๐•‚ = โ„‚, abbiamo visto che ๐‘‰ = ๐‘ƒ1 โŠ•โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘ƒ

[๐‘›

2]โŠ•โŠฅ ๐ด , con dim(๐ด) โ‰ค 1.

Allora, per le osservazioni 3) e 4), abbiamo che [๐‘›

2] โ‰ค ๐‘ค(๐œ™) โ‰ค

๐‘›

2 โ‡’ ๐‘ค(๐œ™) = [

๐‘›

2].

2) Sia ๐‘‰ = ๐‘ƒ1 โŠ•โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘ƒ๐‘š โŠ•โŠฅ ๐ด una decomposizione di Witt di ๐‘‰.

Vogliamo provare che ๐‘š = ๐‘ค(๐œ™), ma per lโ€™osservazione 4), ๐‘š โ‰ค ๐‘ค(๐œ™).

Supponiamo per assurdo che ๐‘š < ๐‘ค(๐œ™).

Sia ๐‘ sottospazio di ๐‘‰ tale che dim(๐‘) = ๐‘ค(๐œ™) e ๐œ™|๐‘ โ‰ก 0.

๐œ™|๐ด รจ definito, supponiamo che sia definito negativo (altrimenti la dimostrazione รจ analoga).

Allora โˆƒ๐‘Š sottospazio di ๐‘‰ tale che dim(๐‘Š) = ๐‘› โˆ’๐‘š e ๐œ™|๐‘Š รจ definito negativo (ad esempio

๐‘Š = ๐ดโŠ• ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘š), con ๐‘ค๐‘– โˆˆ ๐‘ƒ๐‘–| ๐œ™(๐‘ค๐‘–, ๐‘ค๐‘–) < 0).

Poichรฉ dim(๐‘) + dim(๐‘Š) > ๐‘› โ‡’ ๐‘ โˆฉ๐‘Š โ‰  {0} โ‡’ โˆƒ๐‘ฃ โ‰  0, ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘ โˆฉ๐‘Š.

Ma ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = 0 in quanto ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘ e ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) < 0 in quanto ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š, assurdo.

Quindi abbiamo mostrato che tutte le decomposizioni di Witt in ๐‘‰ contengono lo stesso

numero di piani iperbolici, in particolare ๐‘ค(๐œ™) piani iperbolici.

Poichรฉ abbiamo trovato una decomposizione di Witt di ๐‘‰ con min(๐‘–+(๐œ™), ๐‘–โˆ’(๐œ™)) piani

iperbolici, segue la tesi.

DEFINIZIONE 4.2.20: Definiamo segno di (๐‘‰, ๐œ™), con ๐œ™ definito, il numero ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐‘‰) che รจ 1 se

(๐‘‰, ๐œ™) รจ definito positivo, โˆ’1 se รจ definito negativo.

COROLLARIO 4.2.22: ๐‘‰ โ„-spazio vettoriale, ๐œ™ non degenere.

La coppia (๐‘ค(๐œ™), ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œ™|๐ด)) รจ un sistema completo di invarianti per isometria su โ„.

Dimostrazione:

Sappiamo che ๐‘ค(๐œ™) = min(๐‘–+(๐œ™), ๐‘–โˆ’(๐œ™)), inoltre:

se ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œ™|๐ด) = 1 โ‡’ ๐‘–+(๐œ™) โ‰ฅ ๐‘–โˆ’(๐œ™) (questo segue facilmente dalla dimostrazione della forma

normale di Witt);

se ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œ™|๐ด) = โˆ’1 โ‡’ ๐‘–+(๐œ™) โ‰ค ๐‘–โˆ’(๐œ™).

Dunque la conoscenza di (๐‘ค(๐œ™), ๐‘ ๐‘”๐‘›(๐œ™|๐ด)) porta immediatamente alla conoscenza di

(๐‘–+(๐œ™), ๐‘–โˆ’(๐œ™)). Da questo segue la tesi.

PROPOSIZIONE 4.2.20: Se ๐‘‰ = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)โŠ• ๐‘ˆ, allora ๐‘ค(๐œ™) = dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) + ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ).

Dimostrazione:

Sia ๐‘ sottospazio di ๐‘ˆ tale che dim(๐‘) = ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ) e ๐œ™|๐‘ โ‰ก 0.

Allora ๐œ™|๐‘โŠ•๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) โ‰ก 0, quindi ๐‘ค(๐œ™) โ‰ฅ dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) + ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ).

Supponiamo per assurdo che ๐‘ค(๐œ™) > dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) + ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ).

Allora sia ๐ป sottospazio di ๐‘‰ tale che dim(๐ป) = ๐‘ค(๐œ™) e ๐œ™|๐ป โ‰ก 0.

Allora ๐ป โˆฉ ๐‘ˆ รจ un sottospazio di ๐‘ˆ in cui ๐œ™ si annulla, quindi: ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ) โ‰ฅ dim(๐ป โˆฉ ๐‘ˆ) = dim(๐ป) + dim(๐‘ˆ) โˆ’ dim(๐ป + ๐‘ˆ) >

> (dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) + ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ)) + dim(๐‘ˆ) โˆ’ dim(๐ป + ๐‘ˆ) =

= dim(๐‘‰) + ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ) โˆ’ dim(๐ป + ๐‘ˆ) โ‰ฅ ๐‘ค(๐œ™|๐‘ˆ), assurdo.

111

4.3 ISOMETRIE

PROPOSIZIONE 4.3.1: ๐‘‰ spazio vettoriale e ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰), ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™).

Se ๐‘Š รจ sottospazio di ๐‘‰ tale che ๐‘“(๐‘Š) โŠ† ๐‘Š, allora ๐‘“(๐‘ŠโŠฅ) โŠ† ๐‘ŠโŠฅ.

Dimostrazione:

Essendo ๐‘“ isomorfismo, ho che ๐‘“(๐‘Š) = ๐‘Š.

Allora, se ๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, โˆƒ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘Š| ๐‘“(๐‘ฆ) = ๐‘ค.

La tesi รจ mostrare che โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ, ๐‘“(๐‘ฅ) โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ, cioรจ che โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ, โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ),๐‘ค) = 0.

Ora:

๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ),๐‘ค) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = 0, da cui la tesi.

Osservazione: Sia ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) non degenere. Se ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ รจ non isotropo, allora: ๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠ• ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ

โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ค = ๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ + (๐‘ค โˆ’ ๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ).

Se ๐‘(๐‘ค) =๐œ™(๐‘ค,๐‘ฃ)

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ฃ), allora ๐‘ค โˆ’ ๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ.

Poniamo ๐‘ง(๐‘ค) = ๐‘ค โˆ’ ๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ. Allora ๐‘ค si scrive in modo unico come ๐‘ค = ๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ + ๐‘ง(๐‘ค),

con ๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ) e ๐‘ค โˆ’ ๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ.

DEFINIZIONE 4.3.1: Definiamo riflessione parallela a un vettore ๐‘ฃ lโ€™applicazione

๐œŒ๐‘ฃ: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰| ๐œŒ(๐‘ค) = ๐œŒ(๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ + ๐‘ง(๐‘ค)) = โˆ’๐‘(๐‘ค) โˆ™ ๐‘ฃ + ๐‘ง(๐‘ค).

DEFINIZIONE 4.3.2: Definiamo luogo dei punti fissi di unโ€™isometria ๐‘“ lโ€™insieme

๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) = {๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰|๐‘“(๐‘ฃ) = ๐‘ฃ}.

PROPOSIZIONE 4.3.2: ๐œŒ๐‘ฃ2 = ๐‘–๐‘‘ e ๐œŒ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™).

Dimostrazione:

Che ๐œŒ๐‘ฃ2 = ๐‘–๐‘‘ รจ evidente; inoltre ๐œŒ๐‘ฃ รจ sicuramente un isomorfismo.

Con una semplice verifica si vede che ๐œ™(๐œŒ๐‘ฃ(๐‘ค1), ๐œŒ๐‘ฃ(๐‘ค2)) = ๐œ™(๐‘ค1, ๐‘ค2).

Osservazione: ๐œŒ๐‘ฃ(๐‘ฃ) = โˆ’๐‘ฃ e ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ฃ) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ.

TEOREMA 4.3.3: ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) non degenere. Allora ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) รจ generato dalle riflessioni, cioรจ ogni

๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) รจ composizione di un numero finito di riflessioni parallele a vettori non isotropi.

(Osservazione: Conveniamo che ๐‘–๐‘‘ รจ composizione di 0 riflessioni).

Dimostrazione:

Per induzione su ๐‘› = dim(๐‘‰):

Passo base): ๐‘› = 1: ๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ), con ๐‘ฃ non isotropo perchรฉ ๐œ™ non degenere.

Sia ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™). Allora ๐‘“(๐‘ฃ) = ๐œ†๐‘ฃ, ๐œ† โ‰  0.

๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ฃ)) = ๐œ†2๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โ‡’ ๐œ† = ยฑ1.

Se ๐œ† = 1 โ‡’ ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘, che รจ composizione di 0 riflessioni.

Se ๐œ† = โˆ’1 โ‡’ ๐‘“(๐‘ฃ) = โˆ’๐‘ฃ = ๐œŒ๐‘ฃ(๐‘ฃ) โ‡’ ๐‘“ = ๐œŒ๐‘ฃ, poichรฉ coincidono su una base.

Passo induttivo): Sia ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰ non isotropo.

Caso 1): ๐‘“(๐‘ค) = ๐‘ค.

In questo caso per la prima proposizione si ha che ๐‘“(๐‘๐‘ค) = ๐‘๐‘ค, con

112

๐‘๐‘ค = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค)โŠฅ, quindi posso applicare lโ€™ipotesi induttiva a ๐‘“|๐‘๐‘ค e ๐œ™|๐‘๐‘ค.

Allora โˆƒ๐œŒ1, โ€ฆ , ๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ riflessioni di ๐‘๐‘ค| ๐‘“|๐‘๐‘ค = ๐œŒ1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ.

Ogni ๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ si estende ad una riflessione ๐œŒ๐‘– di ๐‘‰ (parallela allo stesso vettore)

ponendo ๐œŒ๐‘–(๐‘ค) = ๐‘ค. Allora ๐‘“ = ๐œŒ1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘˜, da cui la tesi.

Caso 2): ๐‘“(๐‘ค) โ‰  ๐‘ค.

Notiamo che ๐‘ค =๐‘“(๐‘ค)+๐‘ค

2โˆ’

๐‘“(๐‘ค)โˆ’๐‘ค

2. Inoltre ๐‘“(๐‘ค) + ๐‘ค e ๐‘“(๐‘ค) โˆ’ ๐‘ค sono

ortogonali e non contemporaneamente isotropi, infatti: ๐œ™(๐‘“(๐‘ค) + ๐‘ค, ๐‘“(๐‘ค) + ๐‘ค) = 2๐œ™(๐‘ค, ๐‘ค) + 2๐œ™(๐‘“(๐‘ค),๐‘ค) ๐œ™(๐‘“(๐‘ค) โˆ’ ๐‘ค, ๐‘“(๐‘ค) โˆ’ ๐‘ค) = 2๐œ™(๐‘ค, ๐‘ค) โˆ’ 2๐œ™(๐‘“(๐‘ค),๐‘ค).

Se fossero entrambi isotropi, sommando avremmo che 4๐œ™(๐‘ค,๐‘ค) = 0, cioรจ

๐‘ค isotropo, assurdo. Quindi:

Se ๐‘“(๐‘ค) โˆ’ ๐‘ค = ๐‘ข รจ non isotropo, allora:

๐œŒ๐‘ข(๐‘ค) = ๐œŒ๐‘ข (โˆ’๐‘“(๐‘ค)โˆ’๐‘ค

2โŸ โˆˆ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ข)

+๐‘“(๐‘ค)+๐‘ค

2โŸ โˆˆ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ข)โŠฅ

) =๐‘“(๐‘ค)โˆ’๐‘ค

2+

๐‘“(๐‘ค)+๐‘ค

2= ๐‘“(๐‘ค),

quindi, applicando ๐œŒ๐‘ข a entrambi i membri, (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ค) = ๐œŒ๐‘ข2(๐‘ค) = ๐‘ค.

Dunque ๐‘ค รจ punto fisso per ๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“.

Allora, per il caso 1), โˆƒ๐œŒ1, โ€ฆ , ๐œŒ๐‘˜ di ๐‘‰ tali che

๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“ = ๐œŒ1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘˜, e perciรฒ ๐œŒ๐‘ข2 โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘“ = ๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐œŒ1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘˜.

Se invece รจ ๐‘“(๐‘ค) + ๐‘ค = ๐‘ข a essere non isotropo, possiamo comunque

ricondurci al caso precedente in quanto โˆ’๐‘ข = (โˆ’๐‘“)(๐‘ค) โˆ’ ๐‘ค.

Dunque โˆƒ๐œŒ0, โ€ฆ , ๐œŒ๐‘˜ riflessioni tali che

โˆ’๐‘“ = ๐œŒ0 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘˜.

Ma ๐‘“ = (โˆ’๐‘“) โˆ˜ (โˆ’๐‘–๐‘‘), quindi se {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ una base ortogonale per ๐‘‰:

โˆ’๐‘–๐‘‘ = ๐œŒ๐‘ฃ1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘ฃ๐‘›,

poichรฉ ciascuna riflessione cambia di segno la coordinata corrispondente.

Dunque ๐‘“ = ๐œŒ๐‘ฃ1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘ฃ๐‘› โˆ˜ ๐œŒ0 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘˜, da cui la tesi.

LEMMA 4.3.4: (๐‘‰, ๐œ™) anisotropo, ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™).

Se ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) = {0}, allora โˆƒ๐œŒ riflessione tale che dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ โˆ˜ ๐‘“)) = 1.

Dimostrazione:

Sia ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ค โ‰  0. Per ipotesi ๐‘“(๐‘ค) โ‰  ๐‘ค.

(๐‘‰, ๐œ™) anisotropo โ‡’ ๐‘ข = ๐‘“(๐‘ค) โˆ’ ๐‘ค รจ non isotropo.

Come provato prima, (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ค) = ๐‘ค, cioรจ ๐‘ค โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“) e quindi dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)) โ‰ฅ 1.

Proviamo che ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“) โˆฉ ๐‘“โˆ’1(๐‘๐‘ข) = {0}, con ๐‘๐‘ข = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ข)โŠฅ.

Infatti ๐œŒ๐‘ข|๐‘๐‘ข = ๐‘–๐‘‘, quindi (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)|๐‘“โˆ’1(๐‘๐‘ข) = ๐‘“|๐‘“โˆ’1(๐‘๐‘ข) e poichรฉ ๐‘“ non ha punti fissi, a maggior

ragione non li ha ๐‘“|๐‘“โˆ’1(๐‘๐‘ข).

Perciรฒ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“) โˆฉ ๐‘“โˆ’1(๐‘๐‘ข) = {0}, e poichรฉ dim(๐‘“โˆ’1(๐‘๐‘ข)) = ๐‘› โˆ’ 1 (in quanto ๐‘“ รจ

isomorfismo), per la formula di Grassmann dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)) โ‰ค 1, tesi.

TEOREMA 4.3.5: (๐‘‰, ๐œ™) anisotropo, dim(๐‘‰) = ๐‘›. Allora ogni ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) รจ composizione di

๐‘› โˆ’ ๐‘˜ riflessioni, dove ๐‘˜ = dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)).

Dimostrazione:

Se ๐‘˜ = ๐‘›, allora ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘, quindi ๐‘“ รจ composizione di 0 riflessioni, e ๐‘› โˆ’ ๐‘˜ = 0.

113

Se ๐‘˜ < ๐‘›, allora sia ๐ป = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)โŠฅ, cosรฌ ๐‘‰ = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) โŠ•โŠฅ ๐ป.

Allora dim(๐ป) = ๐‘› โˆ’ ๐‘˜, ๐ป รจ ๐‘“-invariante (poichรฉ ๐‘“(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)) โŠ† ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)), ๐‘“|๐ป โˆˆ ๐‘‚(๐ป,๐œ™|๐ป) e

๐‘‚(๐ป,๐œ™|๐ป) รจ anisotropo.

Inoltre evidentemente ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“|๐ป) = {0}.

Per il lemma โˆƒ๐‘ข โˆˆ ๐ป tale che, detta ๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ la riflessione in ๐ป parallela a ๐‘ข, si ha che

dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ˜ ๐‘“|๐ป)) = 1.

๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ si estende naturalmente alla riflessione ๐œŒ๐‘ข di ๐‘‰, ponendo ๐œŒ๐‘ข(๐‘ค) = ๐‘ค โˆ€๐‘ค โˆ‰ ๐ป.

Allora ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) โŠ† ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ข)โŠฅ = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข), infatti:

๐‘ฃ โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) โ‡’ ๐‘ฃ โˆ‰ ๐ป โ‡’ ๐œŒ๐‘ข(๐‘ฃ) = ๐‘ฃ โ‡’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข).

Quindi ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)โŠ• ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ˜ ๐‘“|๐ป) โŠ† ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“), in quanto ovviamente ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) โŠ† ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“) e

๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ˜ ๐‘“|๐ป) โŠ† ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“) e ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) โˆฉ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ˜ ๐‘“|๐ป)โŸ โŠ†๐ป

โŠ† ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) โˆฉ ๐ป = {0}.

Inoltre vale lโ€™uguaglianza ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)โŠ• ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ˜ ๐‘“|๐ป) = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“), infatti sia ๐‘ฅ โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“).

Scrivo ๐‘ฅ = ๐‘Ž + ๐‘, con ๐‘Ž โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) e ๐‘ โˆˆ ๐ป; allora:

๐‘ฅ = (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฅ) = (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)(๐‘Ž) + (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)(๐‘) = ๐‘Ž + (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)(๐‘), ma per la scrittura unica

๐‘ = (๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)(๐‘) โ‡’ ๐‘ โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ˜ ๐‘“|๐ป), in quanto ๐‘ โˆˆ ๐ป.

Allora dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘ข โˆ˜ ๐‘“)) = ๐‘˜ + 1.

Iterando, trovo che โˆƒ๐œŒ1, โ€ฆ , ๐œŒ๐‘›โˆ’๐‘˜ riflessioni tali che dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐‘›โˆ’๐‘˜ โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ1 โˆ˜ ๐‘“)) = ๐‘›, quindi

๐œŒ๐‘›โˆ’๐‘˜ โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ1 โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘, da cui ๐‘“ = ๐œŒ1 โˆ˜ โ€ฆ โˆ˜ ๐œŒ๐‘›โˆ’๐‘˜.

4.4 AGGIUNTO

DEFINIZIONE 4.4.1: Sia ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰). โˆ€๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰ sia ๐œ™๐‘ฆ: ๐‘‰ โ†’ ๐•‚| ๐‘ฃ โ†’ ๐œ™๐‘ฆ(๐‘ฃ) โ‰ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฆ).

Osservazione: ๐œ™๐‘ฆ รจ lineare, quindi ๐œ™๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰โˆ—.

DEFINIZIONE 4.4.2: Definiamo ๐น๐œ™: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰โˆ—| ๐‘ฆ โ†’ ๐œ™๐‘ฆ.

PROPOSIZIONE 4.4.1: 1) ๐น๐œ™ รจ lineare;

2) ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐น๐œ™) = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™);

3) ๐ผ๐‘š(๐น๐œ™) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™));

4) ๐น๐œ™ รจ un isomorfismo โ‡” ๐œ™ รจ non degenere.

Dimostrazione:

1) Semplice verifica.

2) ๐‘ฆ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐น๐œ™) โ‡” ๐œ™๐‘ฆ = 0 โ‡” ๐œ™๐‘ฆ(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = 0 โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰ โ‡” ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™).

3) ๐ผ๐‘š(๐น๐œ™) โŠ† ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)), infatti โˆ€๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, ๐น๐œ™(๐‘ฆ) = ๐œ™๐‘ฆ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)), perchรฉ

โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™), ๐œ™๐‘ฆ(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = 0.

Inoltre dim (๐ผ๐‘š(๐น๐œ™)) = dim(๐‘‰) โˆ’ dim (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐น๐œ™)) = dim(๐‘‰) โˆ’ dim(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) =

= dim (๐ด๐‘›๐‘›(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™))).

4) Ovvia per quanto visto nei punti precedenti (infatti se ๐œ™ non degenere, allora

๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐น๐œ™) = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0} e ๐ผ๐‘š(๐น๐œ™) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)) = ๐‘‰).

114

DEFINIZIONE 4.4.3: ๐‘” โˆˆ ๐‘‰โˆ— รจ detto ๐“-rappresentabile se ๐‘” โˆˆ ๐ผ๐‘š(๐น๐œ™) (ossia se โˆƒ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰ tale che

๐‘” = ๐น๐œ™(๐‘ฆ), ossia se โˆƒ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰ tale che ๐‘”(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰)

TEOREMA DI RAPPRESENTAZIONE DI RIESZ: Se ๐œ™ รจ non degenere, ogni ๐‘” โˆˆ ๐‘‰โˆ— รจ

๐œ™-rappresentabile in modo unico (cioรจ โˆƒ! ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰| ๐‘”(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰).

Dimostrazione:

Segue dal fatto che ๐น๐œ™ รจ un isomorfismo.

Osservazione: Grazie alla teoria del duale, avevamo trovato un isomorfismo canonico fra ๐‘‰ e

๐‘‰โˆ—โˆ—, mentre ora, grazie al teorema di rappresentazione di Riesz, abbiamo trovato un

isomorfismo canonico ๐น๐œ™ fra ๐‘‰ e ๐‘‰โˆ—.

Osservazione: Sia ๐‘Šโˆ— un sottospazio fissato di ๐‘‰โˆ—.

๐‘Šโˆ— coincide con lโ€™insieme dei funzionali ๐œ™-rappresentabili โ‡” ๐‘Šโˆ— = ๐ผ๐‘š(๐น๐œ™) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)).

Dunque se ๐‘Šโˆ— = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†), cioรจ ๐‘† = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Šโˆ—) (grazie allโ€™isomorfismo canonico ๐œ“๐‘‰), allora

๐‘Šโˆ— = ๐ผ๐‘š(๐น๐œ™) โ‡” ๐‘† = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™).

PROPOSIZIONE 4.4.2: Siano ๐‘ˆ,๐‘Š sottospazi di ๐‘‰. Allora:

1) ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ +๐‘Š) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) โˆฉ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š);

2) ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) + ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š).

Dimostrazione:

1) โŠ†) ๐‘ˆ โŠ† ๐‘ˆ +๐‘Š โ‡’ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ +๐‘Š) โŠ† ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) e analogamente ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ +๐‘Š) โŠ† ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š).

Dunque ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ +๐‘Š) โŠ† ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) โˆฉ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š).

โŠ‡) Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) โˆฉ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š); ๐‘“(๐‘ข + ๐‘ค) = ๐‘“(๐‘ข) + ๐‘“(๐‘ค) = 0 + 0 = 0 โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ,๐‘ค โˆˆ ๐‘Š,

dunque ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ +๐‘Š).

2) ๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) + ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š)) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ)) โˆฉ ๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š)) = ๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š.

Passando allโ€™annullatore:

๐ด๐‘›๐‘› (๐ด๐‘›๐‘›(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) + ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š))) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ) + ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Š) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ โˆฉ๐‘Š), da cui la tesi.

Esempio: ๐‘‰ = โ„5. In ๐‘‰โˆ— si considerino:

๐‘“1(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ1 + ๐‘ฅ2 + ๐‘ฅ3 + ๐‘ฅ4 + ๐‘ฅ5;

๐‘“2(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ1 + ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฅ3 โˆ’ ๐‘ฅ4 โˆ’ ๐‘ฅ5;

๐‘“3(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ1 + ๐‘ฅ2 + 3๐‘ฅ3 + 3๐‘ฅ4 + 3๐‘ฅ5;

e sia ๐‘Šโˆ— = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘“1, ๐‘“2, ๐‘“3).

Si costruisca in ๐‘‰ un prodotto scalare ๐œ™ tale che ๐‘Šโˆ— sia il sottospazio dei funzionali

๐œ™-rappresentabili.

Dimostrazione:

Cerco ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) tale che ๐‘Šโˆ— = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™)).

Vediamo che (2๐‘“1 โˆ’ ๐‘“2)(๐‘ฅ) = ๐‘“3(๐‘ฅ) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰, quindi ๐‘Šโˆ— = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘“1, ๐‘“2).

Allora, grazie allโ€™isomorfismo canonico ๐œ“๐‘‰:

๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Šโˆ—) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘“1, ๐‘“2)) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘“1) + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘“2)) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘“1) โˆฉ ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘“2) =

= ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“1) โˆฉ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“2)

{๐‘ฅ1 + ๐‘ฅ2 + ๐‘ฅ3 + ๐‘ฅ4 + ๐‘ฅ5 = 0๐‘ฅ1 + ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฅ3 โˆ’ ๐‘ฅ4 โˆ’ ๐‘ฅ5 = 0

{๐‘ฅ1 + ๐‘ฅ2 + ๐‘ฅ3 + ๐‘ฅ4 + ๐‘ฅ5 = 0

๐‘ฅ3 + ๐‘ฅ4 + ๐‘ฅ5 = 0 {๐‘ฅ3 = โˆ’๐‘ฅ4 โˆ’ ๐‘ฅ5๐‘ฅ1 = โˆ’๐‘ฅ2

, quindi:

115

๐‘†๐‘œ๐‘™ =

{

(

โˆ’๐‘ฅ2๐‘ฅ2

โˆ’๐‘ฅ4 โˆ’ ๐‘ฅ5๐‘ฅ4๐‘ฅ5 )

||๐‘ฅ2, ๐‘ฅ4, ๐‘ฅ5 โˆˆ โ„

}

, cioรจ, se ๐‘Šโˆ— = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘†) โ‡’ ๐‘† = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Šโˆ—), e:

๐‘† = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›

(

(

โˆ’11000 )

โŸ =๐‘ฃ1

,

(

00โˆ’110 )

โŸ =๐‘ฃ2

,

(

00โˆ’101 )

โŸ =๐‘ฃ3 )

.

Dunque ๐‘† = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘Šโˆ—) = ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™), perciรฒ costruisco ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰)| ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1 , ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3).

Completo ๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3 a base โ„ฌ = {๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3, ๐‘ค1, ๐‘ค2} di ๐‘‰. Ad esempio ๐‘ค1 = ๐‘’1, ๐‘ค2 = ๐‘’3.

Ottengo la tesi con:

๐”โ„ฌ(๐œ™) =

(

00000

00000

00000

00010

00001)

.

PROPOSIZIONE 4.4.3: Sia ๐‘ˆ sottospazio di ๐‘‰. Se ๐œ™ รจ non degenere, allora ๐น๐œ™(๐‘ˆโŠฅ) = ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ).

Dimostrazione:

Sicuramente ๐น๐œ™(๐‘ˆโŠฅ) โŠ† ๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ), poichรฉ โˆ€๐‘ฆ โˆˆ ๐‘ˆโŠฅ, โˆ€๐‘ข โˆˆ ๐‘ˆ, ๐œ™๐‘ฆ(๐‘ข) = ๐œ™(๐‘ฆ, ๐‘ข) = 0.

Inoltre dim (๐น๐œ™(๐‘ˆโŠฅ)) = dim(๐‘ˆโŠฅ) = dim(๐‘‰) โˆ’ dim(๐‘ˆ) = dim(๐ด๐‘›๐‘›(๐‘ˆ)), da cui la tesi.

PROPOSIZIONE 4.4.4: โˆ€๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰) non degenere, โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), โˆƒ๐‘“โˆ—: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰ tale che

๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ)) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰.

Dimostrazione:

Fissiamo ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰.

Poniamo inoltre ๐‘”(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ); ๐‘”(๐‘ฅ) รจ evidentemente lineare, cioรจ ๐‘”(๐‘ฅ) โˆˆ ๐‘‰โˆ—.

Dunque per il teorema di rappresentazione di Riesz โˆƒ!๐‘ค โˆˆ ๐‘‰| ๐‘”(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘ฅ,๐‘ค) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰.

Quindi ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ) = ๐œ™(๐‘ฅ,๐‘ค) โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰.

Poichรฉ ๐‘ค dipende da ๐‘ฆ, poniamo ๐‘ค = ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ).

Dunque รจ ben definita lโ€™applicazione ๐‘“โˆ—: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰| ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ)) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰.

DEFINIZIONE 4.4.4: Lโ€™applicazione ๐‘“โˆ— trovata รจ detta lโ€™aggiunto di ๐‘“ rispetto a ๐œ™.

PROPOSIZIONE 4.4.5: 1) ๐‘“โˆ— รจ lineare;

2) ๐‘“โˆ—โˆ— = ๐‘“, cioรจ รจ unโ€™involuzione;

3) ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“โˆ—) = (๐ผ๐‘š(๐‘“))โŠฅ

;

4) ๐ผ๐‘š(๐‘“โˆ—) = (๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“))โŠฅ

;

5) Se โ„ฌ รจ base di ๐‘‰, ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“), ๐ดโˆ— = ๐”โ„ฌ(๐‘“

โˆ—), ๐‘€ = ๐”โ„ฌ(๐œ™), allora ๐ดโˆ— = ๐‘€โˆ’1 ๐ด.๐‘ก ๐‘€.

Dimostrazione:

1) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ1, ๐‘ฆ2 โˆˆ ๐‘‰ si ha:

๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1 + ๐‘ฆ2)) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ1 + ๐‘ฆ2) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ1) + ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ2) =

116

= ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1)) + ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ2)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1) + ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ2)).

Quindi ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1 + ๐‘ฆ2) โˆ’ ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1) โˆ’ ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ2)) = 0 โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰ โ‡’

โ‡’ (๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1 + ๐‘ฆ2) โˆ’ ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1) โˆ’ ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ2)) โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0} โ‡’ ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1 + ๐‘ฆ2) = ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ1) + ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ2) .

Analogamente per il multiplo โ‡’ tesi.

2) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘“โˆ—(๐‘ฆ), ๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘ฆ, ๐‘“โˆ—โˆ—(๐‘ฅ)) = ๐œ™(๐‘“โˆ—โˆ—(๐‘ฅ), ๐‘ฆ).

Quindi come prima ๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ ๐‘“โˆ—โˆ—(๐‘ฅ) โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0}, da cui la tesi.

3) โŠ†) Sia ๐‘ฃ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“โˆ—). Allora โˆ€๐‘“(๐‘ค) โˆˆ ๐ผ๐‘š(๐‘“), ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘“(๐‘ค)) = ๐œ™(๐‘“โˆ—(๐‘ฃ),๐‘ค)) = ๐œ™(0,๐‘ค) = 0.

โŠ‡) Sia ๐‘ฃ โˆˆ (๐ผ๐‘š(๐‘“))โŠฅ

. Allora โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐œ™(๐‘“โˆ—(๐‘ฃ), ๐‘ค)) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘“(๐‘ค)) = 0, quindi

๐‘“โˆ—(๐‘ฃ) โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0}, da cui ๐‘ฃ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“โˆ—)

4) Dalla 3) segue che ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“โˆ—โˆ—) = (๐ผ๐‘š(๐‘“โˆ—))โŠฅ

; applicando lโ€™ortogonale si ottiene la tesi.

5) Poichรฉ โˆ€๐‘ฃ,๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘ค) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘“โˆ—(๐‘ค)), allora:

๐‘‹.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐‘€๐‘Œ = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘€๐ดโˆ—๐‘Œ โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘›.

Poichรฉ vale โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘›, allora ๐ด.๐‘ก ๐‘€ = ๐‘€๐ดโˆ—.

Ma ๐œ™ non degenere โ‡’ ๐‘€ invertibile โ‡’ ๐ดโˆ— = ๐‘€โˆ’1 ๐ด.๐‘ก ๐‘€.

Osservazioni: 1) Se โˆƒโ„ฌ base ortonormale, ๐ดโˆ— = ๐ด.๐‘ก .

2) Il diagramma:

๐น๐œ™

๐‘‰โ†“๐‘‰โˆ—

๐‘“โˆ—

โ†’

๐‘“.๐‘กโ†’ ๐‘‰โ†“๐‘‰โˆ—๐น๐œ™

commuta, cioรจ ๐น๐œ™ โˆ˜ ๐‘“โˆ— = ๐‘“.

๐‘ก โˆ˜ ๐น๐œ™. Infatti โˆ€๐‘ฃ, ๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰:

(๐น๐œ™ โˆ˜ ๐‘“โˆ—)(๐‘ฃ)(๐‘ฅ) = ๐น๐œ™(๐‘“

โˆ—(๐‘ฃ))(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘“โˆ—(๐‘ฃ), ๐‘ฅ);

( ๐‘“.๐‘ก โˆ˜ ๐น๐œ™)(๐‘ฃ)(๐‘ฅ) = ( ๐‘“.

๐‘ก (๐œ™๐‘ฃ))(๐‘ฅ) = (๐œ™๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฃ) = ๐œ™(๐‘“โˆ—(๐‘ฃ), ๐‘ฅ).

Da questo si ricavano di nuovo i punti 3) e 4) della proposizione precedente, infatti:

๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“โˆ—) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐น๐œ™โˆ’1 โˆ˜ ๐‘“.

๐‘ก โˆ˜ ๐น๐œ™) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐น๐œ™โˆ’1 โˆ˜ ๐‘“.

๐‘ก ) = ๐น๐œ™โˆ’1(๐พ๐‘’๐‘Ÿ( ๐‘“.

๐‘ก )) = ๐น๐œ™โˆ’1(๐ด๐‘›๐‘›(๐ผ๐‘š(๐‘“)) =

= (๐ผ๐‘š(๐‘“))โŠฅ,

dove i passaggi contrassegnati con = derivano dal fatto che ๐น๐œ™ รจ un isomorfismo.

Analogamente per ๐ผ๐‘š(๐‘“โˆ—).

3) ฮจ: (๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โ†’ ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ) รจ un prodotto scalare โ‡” โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ, ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘ฆ) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฆ), ๐‘ฅ),

cioรจ โ‡” ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“(๐‘ฆ)), ossia โ‡” ๐‘“โˆ—(๐‘ฆ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ฆ) โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0} โ‡” ๐‘“โˆ— = ๐‘“.

DEFINIZIONE 4.4.5: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) si dice autoaggiunto โ‡” ๐‘“ = ๐‘“โˆ—.

Osservazione: Supponiamo che โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰ ortonormale. Allora:

๐‘“ รจ autoaggiunto โ‡” ๐”โ„ฌ(๐‘“) = (๐”โ„ฌ(๐‘“)).

๐‘ก โ‡” ๐”โ„ฌ(๐‘“) โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,๐•‚).

117

4.5 SPAZI EUCLIDEI

DEFINIZIONE 4.5.1: (๐‘‰, ๐œ™) si dice spazio euclideo se ๐‘‰ รจ un โ„-spazio vettoriale e ๐œ™ รจ definito

positivo.

Esempi: 1) (โ„๐‘›, โŸจ, โŸฉ), con โŸจ๐‘‹, ๐‘ŒโŸฉ = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘Œ, cioรจ il prodotto scalare standard su โ„๐‘›;

2) (โ„ณ(๐‘›,โ„), ๐œ™), con ๐œ™(๐ด, ๐ต) = ๐‘ก๐‘Ÿ( ๐ด.๐‘ก ๐ต).

Infatti ๐œ™(๐ด, ๐ด) = ๐‘ก๐‘Ÿ( ๐ด.๐‘ก ๐ด) = โˆ‘ โˆ‘ [๐ด]๐‘—๐‘–

2๐‘›๐‘—=1

๐‘›๐‘–=1 > 0 se ๐ด โ‰  0.

DEFINIZIONE 4.5.2: Sia (๐‘‰, ๐œ™) spazio euclideo. Si definisce norma su ๐‘‰ lโ€™applicazione

โ€– โ€–: ๐‘‰ โ†’ โ„| โ€–๐‘ฃโ€– = โˆš๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ).

PROPOSIZIONE 4.5.1: Valgono le seguenti proprietร :

1) โ€–๐‘ฃโ€– โ‰ฅ 0 โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰ e โ€–๐‘ฃโ€– = 0 โ‡” ๐‘ฃ = 0;

2) โˆ€๐œ† โˆˆ โ„, โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, โ€–๐œ†๐‘ฃโ€– = |๐œ†| โˆ™ โ€–๐‘ฃโ€–;

3) โˆ€๐‘ฃ,๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, |๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค)| โ‰ค โ€–๐‘ฃโ€– โˆ™ โ€–๐‘คโ€– (disuguaglianza di Schwarz);

4) โˆ€๐‘ฃ,๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, โ€–๐‘ฃ + ๐‘คโ€– โ‰ค โ€–๐‘ฃโ€– + โ€–๐‘คโ€– (disuguaglianza triangolare).

Dimostrazione:

1) Ovvia.

2) โ€–๐œ†๐‘ฃโ€– = โˆš๐œ™(๐œ†๐‘ฃ, ๐œ†๐‘ฃ) = โˆš๐œ†2๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = |๐œ†| โˆ™ โ€–๐‘ฃโ€–.

3) Se ๐‘ฃ = 0 โˆจ ๐‘ค = 0 la tesi รจ ovvia.

Altrimenti ๐œ™(๐‘ก๐‘ฃ + ๐‘ค, ๐‘ก๐‘ฃ + ๐‘ค) โ‰ฅ 0 โˆ€๐‘ก โˆˆ โ„, cioรจ ๐‘ก2๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) + 2๐‘ก๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) + ๐œ™(๐‘ค, ๐‘ค) โ‰ฅ 0 โˆ€๐‘ก.

Quindi il discriminante dellโ€™equazione di secondo grado รจ โ‰ค 0, cioรจ:

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค)2 โˆ’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โ‹… ๐œ™(๐‘ค,๐‘ค) โ‰ค 0, da cui la tesi.

4) โ€–๐‘ฃ + ๐‘คโ€–2 = ๐œ™(๐‘ฃ + ๐‘ค, ๐‘ฃ + ๐‘ค) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) + 2๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) + ๐œ™(๐‘ค, ๐‘ค) โ‰ค โ€–๐‘ฃโ€–2 + 2โ€–๐‘ฃโ€– โˆ™ โ€–๐‘คโ€– +

+โ€–๐‘คโ€–2 = (โ€–๐‘ฃโ€– + โ€–๐‘คโ€–)2,

dove il passaggio contrassegnato con โ‰ค segue da 3).

DEFINIZIONE 4.5.3: Una applicazione ๐‘‘: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ โ„ si dice distanza se verifica le proprietร :

1) ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โ‰ฅ 0 โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰;

2) ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = 0 โ‡” ๐‘ฅ = ๐‘ฆ;

3) ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐‘‘(๐‘ฆ, ๐‘ฅ) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰;

4) ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ง) โ‰ค ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) + ๐‘‘(๐‘ฆ, ๐‘ง) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ, ๐‘ง โˆˆ ๐‘‰.

DEFINIZIONE 4.5.4: Definiamo ๐‘‘: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ โ„| ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = โ€–๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆโ€–.

Osservazione: Lโ€™applicazione ๐‘‘ appena definita รจ una distanza.

Osservazione: In uno spazio euclideo non esistono vettori isotropi non nulli. Giร  sappiamo che

in ogni spazio euclideo esistono basi ortonormali. Se โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ ortonormale, allora โ„ฌ

induce una isometria [ ]โ„ฌ: (๐‘‰, ๐œ™) โ†’ (โ„๐‘›, โŸจ, โŸฉ) data da:

๐‘ฃ โ†’ [๐‘ฃ]โ„ฌ = (๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ1)

โ‹ฎ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ๐‘›)

).

118

Osservazione: Per trovare una base ortonormale in uno spazio euclideo si puรฒ procedere

applicando a una qualsiasi base dello spazio lโ€™algoritmo di Lagrange e poi normalizzare.

Esiste perรฒ un metodo piรน rapido:

METODO DI ORTONORMALIZZAZIONE DI GRAM-SCHMIDT: โ„ฌ base di (๐‘‰, ๐œ™) euclideo.

Sia ๐‘ฃ1โ€ฒ = ๐‘ฃ1 e ๐‘ฃ2

โ€ฒ = ๐‘ฃ2 โˆ’๐œ™(๐‘ฃ2,๐‘ฃ1)

๐œ™(๐‘ฃ1,๐‘ฃ1)๐‘ฃ1. Allora ๐œ™(๐‘ฃ1

โ€ฒ , ๐‘ฃ2โ€ฒ ) = 0.

Inoltre ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ ) e ๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ sono linearmente indipendenti.

Ora cerco ๐‘ฃ3โ€ฒ in modo che ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1

โ€ฒ , ๐‘ฃ2โ€ฒ , ๐‘ฃ3

โ€ฒ ) e {๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ , ๐‘ฃ3โ€ฒ } sia base ortogonale

di ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3).

Notiamo che un tale ๐‘ฃ3โ€ฒ si ottiene sottraendo a ๐‘ฃ3 la sua proiezione ortogonale su

๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ ) = ๐‘‰2โ€ฒ.

Poichรฉ ๐‘ฃ1โ€ฒ e ๐‘ฃ2

โ€ฒ sono ortogonali, conosciamo giร  lโ€™espressione analitica della proiezione

ortogonale su ๐‘‰2โ€ฒ:

๐œ‹๐‘‰2โ€ฒ: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰2โ€ฒ| ๐‘ฅ โ†’

๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฃ1โ€ฒ)

๐œ™(๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ1

โ€ฒ)๐‘ฃ1โ€ฒ +

๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฃ2โ€ฒ )

๐œ™(๐‘ฃ2โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ )๐‘ฃ2โ€ฒ .

Dunque basta porre:

๐‘ฃ3โ€ฒ = ๐‘ฃ3 โˆ’

๐œ™(๐‘ฃ3, ๐‘ฃ1โ€ฒ)

๐œ™(๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ1

โ€ฒ)๐‘ฃ1โ€ฒ โˆ’

๐œ™(๐‘ฃ3, ๐‘ฃ2โ€ฒ )

๐œ™(๐‘ฃ2โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ )๐‘ฃ2โ€ฒ .

๐‘ฃ3โ€ฒ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1

โ€ฒ , ๐‘ฃ2โ€ฒ , ๐‘ฃ3

โ€ฒ ) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3).

Inoltre la matrice che contiene per colonna le coordinate di ๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ , ๐‘ฃ3โ€ฒ rispetto a {๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3} รจ:

๐‘€ = (1 โˆ— โˆ—0 1 โˆ—0 0 1

), dunque {๐‘ฃ1โ€ฒ , ๐‘ฃ2

โ€ฒ , ๐‘ฃ3โ€ฒ } รจ una base ortogonale di ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3).

Itero il procedimento ponendo โˆ€๐‘—:

๐‘ฃ๐‘—โ€ฒ = ๐‘ฃ๐‘— โˆ’โˆ‘

๐œ™(๐‘ฃ๐‘— , ๐‘ฃ๐‘–โ€ฒ)

๐œ™(๐‘ฃ๐‘–โ€ฒ, ๐‘ฃ๐‘–

โ€ฒ)๐‘ฃ๐‘–โ€ฒ

๐‘—โˆ’1

๐‘–=1

Alla fine ottengo una base ortogonale {๐‘ฃ1โ€ฒ , โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›

โ€ฒ }; basta normalizzare ponendo ๐‘ค๐‘– =๐‘ฃ๐‘–โ€ฒ

โ€–๐‘ฃ๐‘–โ€ฒโ€–

.

Abbiamo cosรฌ ottenuto con una procedura algoritmica il seguente risultato:

TEOREMA DI ORTONORMALIZZAZIONE DI GRAM-SCHMIDT: (๐‘‰, ๐œ™) spazio euclideo, {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base di ๐‘‰. Allora esiste una base ortonormale {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} di ๐‘‰ tale che

๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘—) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘—) โˆ€๐‘—.

COROLLARIO 4.5.2: (๐‘‰, ๐œ™) euclideo, ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) triangolabile.

Allora esiste โ„ฌ base di ๐‘‰ ortonormale e a bandiera per ๐‘“.

Dimostrazione:

โˆƒ๐’ฎ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base a bandiera per ๐‘“.

Applico Gram-Schmidt a ๐’ฎ e trovo โ„ฌ = {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} ortonormale.

Poichรฉ โˆ€๐‘—, ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘—) = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘—), โ„ฌ รจ a bandiera per ๐‘“.

119

Osservazione: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), con (๐‘‰, ๐œ™) spazio euclideo. Se ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰,

allora ๐‘“ รจ un isomorfismo.

Dimostrazione:

Se ๐‘ฅ โˆˆ ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“), ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฅ) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฅ)) = ๐œ™(0,0) = 0, dunque ๐‘ฅ = 0.

Poichรฉ ๐‘“ รจ lineare e iniettiva, allora รจ un isomorfismo.

Dunque ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡” ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰ (se ๐œ™ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) e ๐‘‰ euclideo).

ISOMETRIE DI UNO SPAZIO EUCLIDEO: (๐‘‰, ๐œ™) euclideo, ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰. Sono fatti equivalenti:

1) ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) 2) ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) e โ€–๐‘“(๐‘ฃ)โ€– = โ€–๐‘ฃโ€– โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰

3) ๐‘“(0) = 0 e ๐‘‘(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰

4) ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) e โˆ€{๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base ortonormale di ๐‘‰, {๐‘“(๐‘ฃ1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)} รจ base ortonormale di ๐‘‰

5) ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) e โˆƒ{๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base ortonormale di ๐‘‰| {๐‘“(๐‘ฃ1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)} รจ base ortonormale di ๐‘‰

6) ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) e ๐‘“โˆ— โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘.

Dimostrazione:

1) โ‡’ 2): Ovvia perchรฉ โ€–๐‘“(๐‘ฃ)โ€–2 = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ฃ)) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) = โ€–๐‘ฃโ€–2.

2) โ‡’ 1): Usando la formula di polarizzazione: 2๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐œ™(๐‘ฃ + ๐‘ค, ๐‘ฃ + ๐‘ค) โˆ’ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ) โˆ’ ๐œ™(๐‘ค,๐‘ค) = โ€–๐‘ฃ + ๐‘คโ€–2 โˆ’ โ€–๐‘ฃโ€–2 โˆ’ โ€–๐‘คโ€–2 = = โ€–๐‘“(๐‘ฃ + ๐‘ค)โ€–2 โˆ’ โ€–๐‘“(๐‘ฃ)โ€–2 โˆ’ โ€–๐‘“(๐‘ค)โ€–2 = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ + ๐‘ค), ๐‘“(๐‘ฃ + ๐‘ค)) โˆ’ ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ฃ) +

โˆ’๐œ™(๐‘“(๐‘ค), ๐‘“(๐‘ค)) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ) + ๐‘“(๐‘ค), ๐‘“(๐‘ฃ) + ๐‘“(๐‘ค)) โˆ’ ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ฃ) โˆ’ ๐œ™(๐‘“(๐‘ค), ๐‘“(๐‘ค)) =

= 2๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ค)).

2) โ‡’ 3): ๐‘‘(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = โ€–๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ฆ)โ€– = โ€–๐‘“(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ)โ€– = โ€–๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆโ€– = ๐‘‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ).

3) โ‡’ 1): โ— ๐‘“ conserva la norma:

โ€–๐‘“(๐‘ฅ)โ€– = โ€–๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ 0โ€– = โ€–๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ ๐‘“(0)โ€– = ๐‘‘(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(0)) = ๐‘‘(๐‘ฅ, 0) = โ€–๐‘ฅโ€–.

โ— ๐‘“ conserva il prodotto scalare:

Per ipotesi โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, โ€–๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ฆ)โ€– = โ€–๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆโ€–. Elevando al quadrato ho:

๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ฆ), ๐‘“(๐‘ฅ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ, ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ฆ) โ‡’

โ‡’ โ€–๐‘“(๐‘ฅ)โ€–2โŸ =โ€–๐‘ฅโ€–2

+ โ€–๐‘“(๐‘ฆ)โ€–2โŸ =โ€–๐‘ฆโ€–2

โˆ’ 2๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = โ€–๐‘ฅโ€–2 + โ€–๐‘ฆโ€–2 โˆ’ 2๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โ‡’

โ‡’ ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰.

โ— ๐‘“ manda basi ortonormali in basi ortonormali:

Sia {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} una base ortonormale di ๐‘‰. Poichรฉ ๐‘“ conserva il prodotto scalare,

lโ€™insieme {๐‘“(๐‘ฃ1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)} รจ un insieme ortonormale (cioรจ sono a due a due

ortogonali e hanno tutti norma 1).

Allora ๐‘“(๐‘ฃ1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›) sono linearmente indipendenti, infatti sia โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘“(๐‘ฃ1)๐‘›๐‘–=1 = 0.

โˆ€๐‘—, 0 = ๐œ™ (โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘“(๐‘ฃ1)๐‘›๐‘–=1 , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘—)) = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐œ™ (๐‘“(๐‘ฃ๐‘–), ๐‘“(๐‘ฃ๐‘—))

๐‘›๐‘–=1 = ๐‘Ž๐‘—๐œ™ (๐‘“(๐‘ฃ๐‘—), ๐‘“(๐‘ฃ๐‘—)) = ๐‘Ž๐‘—

dunque โˆ€๐‘—, ๐‘Ž๐‘— = 0, quindi {๐‘“(๐‘ฃ1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)} รจ una base ortonormale di ๐‘‰.

โ— ๐‘“ รจ lineare:

โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘ฃ = โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘ฃ๐‘–๐‘›๐‘–=1 , con ๐‘ฅ๐‘– = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ๐‘–) coefficiente di Fourier.

Ma abbiamo visto che anche {๐‘“(๐‘ฃ1), โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)} รจ una base ortonormale di ๐‘‰, quindi:

๐‘“(๐‘ฃ) = โˆ‘ ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ฃ๐‘–))๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)๐‘›๐‘–=1 = โˆ‘ ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ฃ๐‘–)๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)

๐‘›๐‘–=1 = โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)

๐‘›๐‘–=1 ,

dunque ๐‘“ รจ lineare.

โ— ๐‘“ รจ bigettiva in quanto รจ lineare e manda basi in basi.

Poichรฉ ๐‘“ รจ isomorfismo e mantiene il prodotto scalare, allora ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™).

120

1) โ‡’ 4): Ovvia perchรฉ ๐œ™ (๐‘“(๐‘ฃ๐‘–), ๐‘“(๐‘ฃ๐‘—)) = ๐œ™(๐‘ฃ๐‘– , ๐‘ฃ๐‘—) = ๐›ฟ๐‘–๐‘— e ๐‘“ manda basi in basi.

4) โ‡’ 5): Ovvia.

5) โ‡’ 1): Per ipotesi โˆƒโ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base ortonormale tale che {๐‘“(๐‘ฃ1),โ€ฆ , ๐‘“(๐‘ฃ๐‘›)} รจ base

ortonormale.

Siano ๐‘ฃ = โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘ฃ๐‘–๐‘›๐‘–=1 e ๐‘ค = โˆ‘ ๐‘ฆ๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘›๐‘–=1 . Allora:

๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ค)) = ๐œ™(๐‘“(โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘ฃ๐‘–๐‘›๐‘–=1 ), ๐‘“(โˆ‘ ๐‘ฆ๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘›๐‘–=1 )) = ๐œ™(โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘“(๐‘ฃ๐‘–)

๐‘›=1 , โˆ‘ ๐‘ฆ๐‘–๐‘“(๐‘ฃ๐‘–

๐‘›๐‘–=1 )) =

= โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘ฆ๐‘—๐œ™ (๐‘“(๐‘ฃ๐‘–), ๐‘“(๐‘ฃ๐‘—))๐‘–,๐‘— = โˆ‘ ๐‘ฅ๐‘–๐‘ฆ๐‘—๐›ฟ๐‘–๐‘—๐‘–,๐‘— = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘ค).

1) โ‡” 6): ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡” ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰, ma

๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ), ๐‘“(๐‘ฆ)) = ๐œ™ (๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘“(๐‘ฆ))), quindi ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡” ๐œ™ (๐‘ฅ, ๐‘“โˆ—(๐‘“(๐‘ฆ))) =

= ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰ โ‡” ๐‘“โˆ—(๐‘“(๐‘ฆ)) โˆ’ ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘…๐‘Ž๐‘‘(๐œ™) = {0} โˆ€๐‘ฆ โ‡” ๐‘“โˆ— โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘.

PROPOSIZIONE 4.5.3: โ„ฌ base ortonormale di (๐‘‰, ๐œ™), ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰). Sia ๐ด = ๐”โ„ฌ(๐‘“).

Allora ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡” ๐ด.๐‘ก ๐ด = ๐ผ.

Dimostrazione:

Poichรฉ ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐ผ, ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘“(๐‘ค)) = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐ด๐‘Œ โˆ€๐‘ฃ, ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐‘‹ = [๐‘ฃ]โ„ฌ, ๐‘Œ = [๐‘ค]โ„ฌ.

๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘Œ.

Quindi ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡” ๐‘‹.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐ด๐‘Œ = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘Œ โˆ€๐‘‹, ๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘› โ‡” ๐ด.

๐‘ก ๐ด = ๐ผ.

DEFINIZIONE 4.5.5: ๐‘€ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„) si dice ortogonale se ๐‘€.๐‘ก ๐‘€ = ๐‘€ ๐‘€.

๐‘ก = ๐ผ.

Denotiamo con ๐‘‚(๐‘›) = {๐‘€ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„)|๐‘€ รจ ๐‘œ๐‘Ÿ๐‘ก๐‘œ๐‘”๐‘œ๐‘›๐‘Ž๐‘™๐‘’}.

Osservazioni: 1) ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) โ‡’ ๐‘€ invertibile e ๐‘€โˆ’1 = ๐‘€.๐‘ก

2) ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) โ‡” le righe (e le colonne) di ๐‘€ formano una base ortonormale di โ„๐‘›. Infatti:

โ‡’) [ ๐‘€.๐‘ก ๐‘€]๐‘–๐‘— = [๐ผ]๐‘–๐‘— = ๐›ฟ๐‘–๐‘—, dunque se ๐‘ฃ๐‘— = ๐‘€๐‘—, allora ๐œ™(๐‘ฃ๐‘– , ๐‘ฃ๐‘—) = ๐›ฟ๐‘–๐‘—

โ‡) Se ๐‘ฃ๐‘— = ๐‘€๐‘— e โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} โ‡’ ๐”โ„ฌ(๐œ™) = ๐ผ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›).

3) ๐‘‚(๐‘›) dotato del prodotto รจ un gruppo, detto gruppo ortogonale

4) Se ๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) โ‡’ det(๐ด) = ยฑ1 (poichรฉ det( ๐ด.๐‘ก ๐ด) = ๐‘‘๐‘’๐‘ก(๐ผ) = 1 โ‡’ (det(๐ด))2 = 1).

In particolare denotiamo con ๐‘†๐‘‚(๐‘›) = {๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›)| det(๐ด) = 1} il gruppo ortogonale speciale

(che รจ un gruppo con il prodotto).

5) Nel caso ๐‘› = 2:

๐‘‚(2) = {(cos(๐›ผ) โˆ’ sin(๐›ผ)

sin(๐›ผ) cos(๐›ผ)) |๐›ผ โˆˆ โ„}

โŸ =๐‘†๐‘‚(2),๐‘›๐‘œ๐‘› ๐‘‘๐‘–๐‘Ž๐‘”๐‘œ๐‘›๐‘Ž๐‘™๐‘–๐‘ง๐‘ง๐‘Ž๐‘๐‘–๐‘™๐‘– (๐‘Ÿ๐‘œ๐‘ก๐‘Ž๐‘ง๐‘–๐‘œ๐‘›๐‘–)

โˆช {(cos(๐›ผ) sin(๐›ผ)

sin(๐›ผ) โˆ’ cos(๐›ผ)) |๐›ผ โˆˆ โ„}

โŸ ๐‘‘๐‘’๐‘ก=โˆ’1,๐‘‘๐‘–๐‘Ž๐‘”๐‘œ๐‘›๐‘Ž๐‘™๐‘–๐‘ง๐‘ง๐‘Ž๐‘๐‘–๐‘™๐‘– (๐‘Ÿ๐‘–๐‘“๐‘™๐‘’๐‘ ๐‘ ๐‘–๐‘œ๐‘›๐‘–)

Dimostreremo fra poco che in ๐‘‚(2) esistono solo questi due tipi di matrici.

PROPOSIZIONE 4.5.4: ๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›), ๐œ† โˆˆ โ„‚ autovalore per ๐ด โ‡’ |๐œ†| = 1.

(Osservazione: |๐‘Ž + ๐‘๐‘–| = โˆš๐‘Ž2 + ๐‘2 โ‡’ se ๐œ† โˆˆ โ„ autovalore per ๐ด, allora ๐œ† = ยฑ1).

Dimostrazione:

Pensiamo ๐ด: โ„‚๐‘› โ†’ โ„‚๐‘›.

Sia ๐‘‹ โˆˆ โ„‚๐‘›\{0} autovettore per ๐ด relativo a ๐œ†, cioรจ ๐ด๐‘‹ = ๐œ†๐‘‹.

Poichรฉ ๐ด รจ reale, allora ๐ด๐‘‹ = ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐ด๏ฟฝ๏ฟฝ = ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ.

(๐œ†๐‘‹).๐‘ก ๐œ†๐‘‹ =<

๐œ†๏ฟฝ๏ฟฝ ๐‘‹.๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ

(๐ด๐‘‹).๐‘ก ๐ด๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด.๐‘ก ๐ด๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐‘‹.

๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ

121

Dunque (๐œ†๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ’ 1) ๐‘‹.๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ = 0. Ma ๐œ†๏ฟฝ๏ฟฝ = |๐œ†|2, perciรฒ:

(|๐œ†|2 โˆ’ 1) ๐‘‹.๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ = 0.

Ora ๐‘‹.๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐‘ฅ1๐‘ฅ1+. . . +๐‘ฅ๐‘›๐‘ฅ๐‘› = |๐‘ฅ1|

2+. . . +|๐‘ฅ๐‘›|2 โˆˆ โ„+, poichรฉ ๐‘‹ โ‰  0.

Allora |๐œ†|2 = 1 โ‡’ |๐œ†| = 1.

PROPOSIZIONE 4.5.5: (๐‘‰, ๐œ™) euclideo, โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base ortonormale di ๐‘‰.

โ„ฌโ€ฒ = {๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ค๐‘›} base di ๐‘‰; ๐‘€ = ๐”โ„ฌโ€ฒ,โ„ฌ(๐‘–๐‘‘). Allora:

โ„ฌโ€ฒ รจ ortonormale โ‡”๐‘€ รจ ortogonale.

Dimostrazione:

โˆ€๐‘–, [๐‘ค๐‘–]โ„ฌ = ๐‘€[๐‘ค๐‘–]โ„ฌโ€ฒ = ๐‘€๐‘– .

๐œ™(๐‘ค๐‘–, ๐‘ค๐‘—) = [๐‘ค๐‘–].๐‘ก

โ„ฌ[๐‘ค๐‘—]โ„ฌ = (๐‘€๐‘–).

๐‘ก๐‘€๐‘— = ( ๐‘€.

๐‘ก )๐‘–๐‘€๐‘— = [ ๐‘€.

๐‘ก ๐‘€]๐‘–๐‘—.

Dunque โ„ฌโ€ฒ รจ ortonormale โ‡” ๐œ™(๐‘ค๐‘–, ๐‘ค๐‘—) = ๐›ฟ๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘— โ‡” [ ๐‘€.๐‘ก ๐‘€]๐‘–๐‘— = ๐›ฟ๐‘–๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘— โ‡” ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›).

Dunque possiamo migliorare il teorema di triangolabilitร  per matrici:

PROPOSIZIONE 4.5.6: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„) triangolabile. Allora โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›)| ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = ๐‘‡ triangolare.

Dimostrazione:

Interpretando ๐ด:โ„๐‘› โ†’ โ„๐‘›, allora ๐”๐’ž(๐ด) = ๐ด, dove ๐’ž รจ la base canonica di โ„๐‘›.

Come conseguenza dellโ€™algoritmo di Gram-Schmidt, โˆƒโ„ฌ base di โ„๐‘› ortonormale e a bandiera

per ๐ด.

Sia ๐‘€ = ๐”โ„ฌ,๐’ž(๐‘–๐‘‘); allora ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = ๐”โ„ฌ(๐ด) = ๐‘‡ triangolare.

Poichรฉ โ„ฌ e ๐’ž sono basi ortonormali, ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›).

Osservazione: Se โ„ฌ รจ una base ortonormale, la restrizione di ๐”โ„ฌ: ๐บ๐ฟ(๐‘‰) โ†’ ๐บ๐ฟ(๐‘›, โ„) a ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™)

identifica ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) con il sottogruppo ๐‘‚(๐‘›) di ๐บ๐ฟ(๐‘›,โ„). ๐”โ„ฌ: ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ†’ ๐‘‚(๐‘›)| ๐‘“ โ†’ ๐”โ„ฌ(๐‘“)

Per quanto visto, se ๐‘“ รจ isometria, allora:

det(๐‘“) = ยฑ1;

gli unici autovalori reali di ๐‘“ sono ยฑ1.

Denotiamo con ๐‘†๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) = {๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™)| det(๐‘“) = 1} il gruppo ortogonale speciale.

Gli elementi di ๐‘†๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) sono detti isometrie dirette o rotazioni.

๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™)\๐‘†๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) si dice isometria inversa.

Osservazione: Lavoriamo in (โ„๐‘›, โŸจ, โŸฉ).

Ogni isometria di โ„๐‘› รจ composizione di al piรน ๐‘› riflessioni.

Ogni isometria diretta รจ composizione di un numero pari di riflessioni, poichรฉ se ๐œŒ รจ una

riflessione, det(๐œŒ) = โˆ’1, quindi det(๐œŒ1 โˆ˜ โ€ฆ๐œŒ๐‘˜) = 1 โ‡” ๐‘˜ pari.

Analogamente le isometrie inverse sono composizione di un numero dispari di riflessioni.

Se ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(โ„๐‘›, โŸจ, โŸฉ) e dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)) = ๐‘˜, allora ๐‘“ รจ composizione di ๐‘› โˆ’ ๐‘˜ riflessioni.

PROPOSIZIONE 4.5.7: Ogni matrice in ๐‘‚(2) รจ della forma:

๐‘…๐œƒ = {(cos(๐œƒ) โˆ’ sin(๐œƒ)

sin(๐œƒ) cos(๐œƒ)) |๐œƒ โˆˆ โ„} โˆจ ๐œŒ๐œƒ = {(

cos(๐œƒ) sin(๐œƒ)

sin(๐œƒ) โˆ’ cos(๐œƒ)) |๐œƒ โˆˆ โ„}.

Dimostrazione:

122

Se ๐ด = (๐‘ฃ1 | ๐‘ฃ2), {๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2} รจ base ortonormale di โ„2.

In particolare, se ๐‘ฃ1 = (๐‘ฅ1๐‘ฅ2), allora โŸจ๐‘ฃ1, ๐‘ฃ1โŸฉ = ๐‘ฅ1

2 + ๐‘ฅ22 = 1, quindi โˆƒ๐œƒ1| ๐‘ฅ1 = cos(๐œƒ1),

๐‘ฅ2 = sin(๐œƒ1).

Analogamente ๐‘ฃ2 = (cos(๐œƒ2)

sin(๐œƒ2)).

Ma:

0 = โŸจ๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2โŸฉ = cos(๐œƒ1) cos(๐œƒ2) + sin(๐œƒ1) sin(๐œƒ2) = cos(๐œƒ1 โˆ’ ๐œƒ2).

Dunque ๐œƒ2 = ๐œƒ1 +๐œ‹

2+ 2๐‘˜๐œ‹ โˆจ ๐œƒ2 = ๐œƒ1 โˆ’

๐œ‹

2+ 2๐‘˜๐œ‹.

Se vale la prima, allora (cos(๐œƒ2)

sin(๐œƒ2)) = (

โˆ’ sin(๐œƒ1)

cos(๐œƒ1)).

Se vale la seconda, allora (cos(๐œƒ2)

sin(๐œƒ2)) = (

sin(๐œƒ1)

โˆ’cos(๐œƒ1)), tesi.

PROPOSIZIONE 4.5.8 (Forma canonica per unโ€™isometria in uno spazio euclideo): Sia ๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›).

Allora โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) tale che:

๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€ = ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ =

(

๐ผ

โˆ’๐ผ

๐‘…๐œƒ1

โ‹ฑ๐‘…๐œƒ๐‘˜ )

,

con ๐‘…๐œƒ๐‘– = (cos(๐œƒ๐‘–) โˆ’ sin(๐œƒ๐‘–)

sin(๐œƒ๐‘–) cos(๐œƒ๐‘–)), con ๐œƒ๐‘– โ‰  ๐‘˜๐œ‹ โˆ€๐‘–.

FORMULAZIONE ALTERNATIVA: Sia (๐‘‰, ๐œ™) uno spazio euclideo di dimensione ๐‘›.

Sia ๐œ“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™). Allora โˆƒโ„ฌ base ortonormale di ๐‘‰ tale che:

๐”โ„ฌ(๐œ“) =

(

๐ผ

โˆ’๐ผ

๐‘…๐œƒ1

โ‹ฑ๐‘…๐œƒ๐‘˜ )

.

(Osservazione: Le due formulazioni sono equivalenti, infatti:

Prima โ‡’ Seconda: Scelgo โ„ฌโ€ฒ base ortonormale per (๐‘‰, ๐œ™). Allora ๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ™) = ๐ผ.

๐œ“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โ‡’ (๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“)).

๐‘ก๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ™)๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“) = ๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ™), cioรจ

(๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“)).

๐‘ก๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“) = ๐ผ.

Dunque per la prima formulazione โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) tale che:

๐‘€.๐‘ก ๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“)๐‘€ =

(

๐ผ

โˆ’๐ผ

๐‘…๐œƒ1

โ‹ฑ๐‘…๐œƒ๐‘˜ )

Ma ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›), per cui rappresenta un cambio di base da โ„ฌโ€ฒ a unโ€™altra base

ortonormale, cioรจ ๐‘€ = ๐”โ„ฌ,โ„ฌโ€ฒ(๐‘–๐‘‘), dunque ๐‘€.๐‘ก ๐”โ„ฌโ€ฒ(๐œ“)๐‘€ = ๐”โ„ฌ(๐œ“), tesi.

Il viceversa รจ analogo.)

123

Dimostrazione:

Per induzione su ๐‘›:

Passo base): ๐‘› = 1: Basta osservare che un autovalore reale di ๐ด puรฒ essere solo ยฑ1.

Passo induttivo): ๐‘› โ‰ฅ 2.

Caso a) ๐ด ammette lโ€™autovalore reale ๐œ† = ยฑ1.

Sia ๐‘ฃ un autovettore relativo a ๐œ†. Allora:

โ„๐‘› = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠ•โŠฅ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ)โŠฅ, ๐ด๐‘ฃ โˆˆ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ) โ‡’ (poichรฉ ๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›)) โ‡’

โ‡’ ๐ด๐‘ฃโŠฅ โŠ† ๐‘ฃโŠฅ, dunque ๐ด|๐‘ฃโŠฅ โˆˆ ๐‘‚(๐‘ฃโŠฅ, โŸจ, โŸฉ|๐‘ฃโŠฅ).

Per ipotesi induttiva della seconda formulazione โˆƒโ„ฌ base ortonormale

di ๐‘ฃโŠฅ| ๐”โ„ฌ(๐ด|๐‘ฃโŠฅ) = ๐ถ della forma voluta.

Se scelgo ๐‘ฃ normalizzato, ๐ตโˆ— = {๐‘ฃ} โˆช โ„ฌ รจ una base ortonormale di โ„๐‘›

e ๐”โ„ฌโˆ—(๐ด) = (ยฑ1 | 0

0 | ๐ถ ), dunque a meno di permutare i vettori di โ„ฌโˆ—

ho la tesi.

Caso b) ๐ด non ha autovalori reali. Sia ๐œ† un autovalore complesso.

|๐œ†| = 1 โ‡’ ๐œ† = cos(๐œƒ) + ๐‘– sin(๐œƒ). Sia ๐‘ฃ = ๐‘ฃโ„ + ๐‘– ๐‘ฃ๐•€ โˆˆ โ„‚๐‘› un

autovettore per ๐œ† (๐‘ฃโ„,๐‘ฃ๐•€ โˆˆ โ„๐‘›).

So dalla forma di Jordan reale che ๐‘ฃโ„,๐‘ฃ๐•€ sono indipendenti.

Mostro che โ€–๐‘ฃโ„โ€– = โ€–๐‘ฃ๐•€โ€– e che โŸจ๐‘ฃโ„, ๐‘ฃ๐•€โŸฉ = 0.

Se denoto con โŸจ, โŸฉ il prodotto scalare standard su โ„‚๐‘›,

๐ด.๐‘ก ๐ด = ๐ผ โ‡’ ๐ด โˆˆ ๐‘‚(โ„‚๐‘›, โŸจ, โŸฉ), dunque:

โŸจ๐‘ฃ, ๐‘ฃโŸฉ = โŸจ๐ด๐‘ฃ, ๐ด๐‘ฃโŸฉ = โŸจ๐œ†๐‘ฃ, ๐œ†๐‘ฃโŸฉ = ๐œ†2โŸจ๐‘ฃ, ๐‘ฃโŸฉ.

Ma ๐œ†2 โ‰  1 e dunque โŸจ๐‘ฃ, ๐‘ฃโŸฉ = 0, cioรจ: 0 = โŸจ๐‘ฃโ„ + ๐‘– ๐‘ฃ๐•€, ๐‘ฃโ„ + ๐‘– ๐‘ฃ๐•€โŸฉ = โŸจ๐‘ฃโ„, ๐‘ฃโ„โŸฉ โˆ’ โŸจ๐‘ฃ๐•€, ๐‘ฃ๐•€โŸฉ + 2๐‘–โŸจ๐‘ฃ๐•€, ๐‘ฃโ„โŸฉ โ‡’ โ‡’ uguagliando a 0 parte reale e immaginaria:

โŸจ๐‘ฃโ„, ๐‘ฃโ„โŸฉ = โŸจ๐‘ฃ๐•€, ๐‘ฃ๐•€โŸฉ โ‡’ โ€–๐‘ฃโ„โ€– = โ€–๐‘ฃ๐•€โ€– e โŸจ๐‘ฃโ„, ๐‘ฃ๐•€โŸฉ = 0.

A meno di riscalare ๐‘ฃ, posso supporre che ๐‘ฃโ„,๐‘ฃ๐•€ siano ortonormali.

Dalla forma di Jordan reale so che ๐ด(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃโ„, ๐‘ฃ๐•€)) โŠ† ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃโ„, ๐‘ฃ๐•€) e

๐ด|๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃโ„,๐‘ฃ๐•€) si rappresenta rispetto a {๐‘ฃโ„, ๐‘ฃ๐•€} come:

(cos(๐œƒ) โˆ’ sin(๐œƒ)

sin(๐œƒ) cos(๐œƒ)).

Concludo come prima sfruttando lโ€™invarianza di ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃโ„, ๐‘ฃ๐•€)โŠฅ.

4.6 IL TEOREMA SPETTRALE REALE

In tutto il capitolo lavoreremo in uno spazio euclideo (๐‘‰, ๐œ™).

DEFINIZIONE 4.6.1: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) si dice ortogonalmente diagonalizzabile se โˆƒ una base โ„ฌ di ๐‘‰

ortonormale per ๐œ™ e di autovettori per ๐‘“ (detta anche base spettrale).

Osservazione: Se ๐‘“ รจ ortogonalmente diagonalizzabile, allora ๐‘“ รจ autoaggiunto.

Infatti se โˆƒโ„ฌ base spettrale โ‡’ ๐”โ„ฌ(๐‘“) = ๐ท diagonale. Ma poichรฉ ๐‘“ รจ autoaggiunto โ‡” โˆƒโ„ฌ base di

๐‘‰ ๐œ™-ortonormale| ๐”โ„ฌ(๐‘“) รจ simmetrica e ๐ท lo รจ, allora ๐‘“ รจ autoaggiunto.

124

LEMMA 4.6.1: ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) autoaggiunto, ๐‘Š sottospazio di ๐‘‰.

Allora ๐‘“(๐‘Š) โŠ† ๐‘Š โ‡’ ๐‘“(๐‘ŠโŠฅ) โŠ† ๐‘ŠโŠฅ.

Dimostrazione:

Dobbiamo mostrare che โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ, ๐‘“(๐‘ฅ) โˆˆ ๐‘ŠโŠฅ.

โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š, 0 = ๐œ™(๐‘ฅ, ๐‘“(๐‘ค)) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฅ),๐‘ค), dunque segue la tesi.

LEMMA 4.6.2: ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„). Allora ๐‘๐ด(๐‘ก) รจ completamente fattorizzabile in โ„[๐‘ก].

Dimostrazione:

Consideriamo ๐ด come matrice complessa, ๐ด: โ„‚๐‘› โ†’ โ„‚๐‘›; sia ๐œ† autovalore per ๐ด.

Se ๐‘‹ โˆˆ โ„‚๐‘›\{0} autovettore per ๐ด relativo a ๐œ†, allora ๐ด๐‘‹ = ๐œ†๐‘‹, dunque ๐ด๏ฟฝ๏ฟฝ = ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ.

Allora:

๐‘‹.๐‘ก ๐ด๏ฟฝ๏ฟฝ =<

๐‘‹.๐‘ก (๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ) = ๏ฟฝ๏ฟฝ ๐‘‹.

๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ

(๐ด๐‘‹).๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ = (๐œ†๐‘‹).

๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐œ† ๐‘‹.๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ

Dunque (๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ’ ๐œ†) ๐‘‹.๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ = 0.

Ma ๐‘‹.๐‘ก ๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐‘ฅ1๐‘ฅ1+. . . +๐‘ฅ๐‘›๐‘ฅ๐‘› = |๐‘ฅ1|

2+. . . +|๐‘ฅ๐‘›|2 โˆˆ โ„+, poichรฉ ๐‘‹ โ‰  0.

Dunque ๏ฟฝ๏ฟฝ = ๐œ† โ‡’ ๐œ† โˆˆ โ„.

TEOREMA SPETTRALE REALE: (๐‘‰, ๐œ™) spazio euclideo.

๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰) รจ ortogonalmente diagonalizzabile โ‡” ๐‘“ รจ autoaggiunto.

Dimostrazione 1:

โ‡’) Giร  vista.

โ‡) Per induzione su ๐‘› = dim(๐‘‰):

Passo base): ๐‘› = 1: ovvio.

Passo induttivo): Per il lemma โˆƒ๐œ† โˆˆ โ„ autovalore per ๐‘“.

Sia ๐‘ฃ1 โˆˆ ๐‘‰๐œ† di norma 1.

Allora ๐‘‰ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1) โŠ• ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ.

Per il primo lemma, ๐‘“(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ) โŠ† ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)

โŠฅ; inoltre

dim(๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ) = ๐‘› โˆ’ 1 e ๐‘“|๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ รจ autoaggiunto.

Dunque per ipotesi induttiva, โˆƒ{๐‘ฃ2, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} base ortonormale di ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ

di autovettori per ๐‘“|๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1)โŠฅ (e quindi per ๐‘“).

Allora {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ base spettrale per ๐‘“, da cui la tesi.

Dimostrazione 2:

โ‡’) Giร  vista.

โ‡) Sia ๐’ฎ base ๐œ™-ortonormale, ๐ด = ๐”๐’ฎ(๐‘“). Allora ๐ด.๐‘ก = ๐ด.

Per il lemma ๐ด รจ triangolabile, in particolare โˆƒ๐‘ƒ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›)| ๐‘ƒโˆ’1๐ด๐‘ƒ = ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด๐‘ƒ = ๐‘‡ triangolare.

๐ด simmetrica โ‡’ ๐‘‡ simmetrica (poichรฉ congruente ad ๐ด) โ‡’ ๐‘‡ รจ diagonale.

Sia โ„ฌ base di ๐‘‰| ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘–๐‘‘) = ๐‘ƒ.

๐‘ƒ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) โ‡’ โ„ฌ ortonormale. ๐”โ„ฌ(๐‘“) = ๐‘‡ diagonale โ‡’ โ„ฌ di autovettori.

COROLLARIO 4.6.3: ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„). Allora โˆƒ๐‘ƒ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›)| ๐‘ƒโˆ’1๐ด๐‘ƒ = ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด๐‘ƒ = ๐ท diagonale.

Osservazione: Sia ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„). In particolare abbiamo dimostrato che:

๐ด รจ simile a ๐ท tramite una matrice ortogonale, cioรจ ๐ด โ„› ๐ท in โ„ณ(๐‘›,โ„)/๐‘ ๐‘–๐‘š๐‘–๐‘™๐‘–๐‘ก.๐‘ก๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘š๐‘–๐‘ก๐‘’ ๐‘’๐‘™.๐‘‘๐‘– ๐‘‚(๐‘›),

che corrisponde a ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰)/๐‘๐‘œ๐‘›๐‘–๐‘ข๐‘”๐‘–๐‘œ ๐‘ก๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘š๐‘–๐‘ก๐‘’ ๐‘’๐‘™.๐‘‘๐‘– ๐‘‚(๐‘‰,๐œ™);

125

๐ด รจ congruente a ๐ท tramite matrice ortogonale, ossia ๐ด โ„› ๐ท in

โ„ณ(๐‘›,โ„)/๐‘๐‘œ๐‘›๐‘”๐‘Ÿ๐‘ข๐‘’๐‘›๐‘ง๐‘Ž ๐‘ก๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘š๐‘–๐‘ก๐‘’ ๐‘’๐‘™.๐‘‘๐‘– ๐‘‚(๐‘›), che corrisponde a ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰)/๐‘–๐‘ ๐‘œ๐‘š๐‘’๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘Ž ๐‘ก๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘š๐‘–๐‘ก๐‘’ ๐‘’๐‘™.๐‘‘๐‘– ๐‘‚(๐‘‰,๐œ™).

Dunque, se ๐‘ƒโˆ’1๐ด๐‘ƒ = ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด๐‘ƒ = ๐ท diagonale, allora gli elementi sulla diagonale di ๐ท sono sia gli

autovalori di ๐ด, sia permettono di calcolare ๐œŽ(๐ด).

In particolare: ๐‘–+(๐ด) = #๐‘Ž๐‘ข๐‘ก๐‘œ๐‘ฃ๐‘Ž๐‘™๐‘œ๐‘Ÿ๐‘– ๐‘๐‘œ๐‘ ๐‘–๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘– ๐‘‘๐‘– ๐ด; ๐‘–โˆ’(๐ด) = #๐‘Ž๐‘ข๐‘ก๐‘œ๐‘ฃ๐‘Ž๐‘™๐‘œ๐‘Ÿ๐‘– ๐‘›๐‘’๐‘”๐‘Ž๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘– ๐‘‘๐‘– ๐ด; ๐‘–0(๐ด) = #๐‘Ž๐‘ข๐‘ก๐‘œ๐‘ฃ๐‘Ž๐‘™๐‘œ๐‘Ÿ๐‘– ๐‘›๐‘ข๐‘™๐‘™๐‘– ๐‘‘๐‘– ๐ด.

COROLLARIO 4.6.4: ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„) รจ definita positiva โ‡” tutti gli autovalori di ๐ด sono positivi.

PROPOSIZIONE 4.6.5: (๐‘‰, ๐œ™) euclideo, ๐‘“ โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰), ๐‘“โˆ— = ๐‘“, ๐œ† โ‰  ๐œ‡ autovalori per ๐‘“.

Allora ๐‘‰๐œ† โŠฅ ๐‘‰๐œ‡ (cioรจ ๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰๐œ†, ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰๐œ‡).

Dimostrazione:

๐œ†๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐œ™(๐œ†๐‘ฃ,๐‘ค) = ๐œ™(๐‘“(๐‘ฃ), ๐‘ค) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐‘“(๐‘ค)) = ๐œ™(๐‘ฃ, ๐œ‡๐‘ค) = ๐œ‡๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰๐œ†, ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰๐œ‡.

Dunque (๐œ† โˆ’ ๐œ‡)๐œ™(๐‘ฃ,๐‘ค) = 0 โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰๐œ†, ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰๐œ‡, ma ๐œ† โ‰  ๐œ‡, da cui la tesi.

TEOREMA DI ORTOGONALIZZAZIONE SIMULTANEA: ๐‘‰ โ„-spazio vettoriale.

๐œ™, ๐œ“ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰), ๐œ™ definito positivo. Allora โˆƒโ„ฌ base di ๐‘‰ ortonormale per ๐œ™ e ortogonale per ๐œ“.

Dimostrazione:

Sia ๐’ฎ base ortonormale per ๐œ™.

Sia ๐ด = ๐”๐’ฎ(๐œ“) โ‡’ ๐ด รจ simmetrica.

Sia ๐‘” โˆˆ ๐ธ๐‘›๐‘‘(๐‘‰)| ๐”๐’ฎ(๐‘”) = ๐ด โ‡’ ๐‘” รจ autoaggiunto.

Per il teorema spettrale โˆƒโ„ฌ base ortonormale per ๐œ™ e di autovettori per ๐‘”, ossia ๐”โ„ฌ(๐‘”) = ๐ท

diagonale.

Sia ๐‘€ = ๐”โ„ฌ,๐’ฎ(๐‘–๐‘‘); poichรฉ โ„ฌ e ๐’ฎ sono ortonormali, allora ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›).

Inoltre ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = ๐ท, perciรฒ ๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€ = ๐ท.

Ma ๐”โ„ฌ(๐œ“) = ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€ = ๐ท, per cui la base โ„ฌ รจ ortogonale per ๐œ“.

PROPOSIZIONE 4.6.6: ๐ด โˆˆ โ„ณ(๐‘›,โ„). ๐ด รจ simmetrica โ‡” {๐ด ๐ด.๐‘ก = ๐ด.

๐‘ก ๐ด ๐ด รจ ๐‘ก๐‘Ÿ๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘”๐‘œ๐‘™๐‘Ž๐‘๐‘–๐‘™๐‘’

.

Dimostrazione:

โ‡’) Ovvia.

โ‡) Come conseguenza di Gram-Schmidt โˆƒ๐‘ƒ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›)| ๐‘ƒโˆ’1๐ด๐‘ƒ = ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด๐‘ƒ = ๐‘‡ triangolare superiore.

๐‘‡ ๐‘‡.๐‘ก = ๐‘ƒ.

๐‘ก ๐ด๐‘ƒ ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐‘ƒ = ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด ๐ด.

๐‘ก ๐‘ƒ = ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐ด๐‘ƒ = ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐‘ƒ ๐‘ƒ.๐‘ก ๐ด๐‘ƒ = ๐‘‡.

๐‘ก ๐‘‡.

Ma una matrice ๐‘‡ triangolare superiore tale che ๐‘‡.๐‘ก ๐‘‡ = ๐‘‡ ๐‘‡.

๐‘ก รจ diagonale, infatti: [๐‘‡ ๐‘‡.

๐‘ก ]11 = ๐‘‡1 โˆ™ ๐‘‡1 = [๐‘‡]112 +. . . +[๐‘‡]1๐‘›

2 [ ๐‘‡.

๐‘ก ๐‘‡]11 = [๐‘‡]112 ,

dunque [๐‘‡]1๐‘— = 0 โˆ€2 โ‰ค ๐‘— โ‰ค ๐‘›.

Iterando, ottengo che ๐‘‡ รจ diagonale.

Allora ๐ด รจ simmetrica perchรฉ congruente a ๐‘‡ tramite ๐‘ƒ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›).

COROLLARIO 4.6.7: ๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›). Se ๐ด ha tutti gli autovalori reali, allora รจ simmetrica (e dunque

diagonalizzabile).

126

PROPOSIZIONE 4.6.8: ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„). ๐ด รจ definita positiva โ‡” โˆƒ! ๐‘† โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„) definita positiva tale

che ๐ด = ๐‘†2 (si dice che ๐‘† รจ la radice quadrata di ๐ด).

Dimostrazione:

โ‡) โˆ€๐‘‹ โˆˆ โ„๐‘›\{0}, ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ = ๐‘‹.

๐‘ก ๐‘†2๐‘‹ = ๐‘‹.๐‘ก ๐‘†.

๐‘ก ๐‘†๐‘‹ = (๐‘†๐‘‹).๐‘ก ๐‘†๐‘‹ > 0, poichรฉ ๐‘† โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,โ„), tesi.

โ‡’) Esistenza: Per ipotesi gli autovalori di ๐ด sono reali positivi, quindi โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) tale che

๐‘€โˆ’1๐ด๐‘€ = (๐œ†1

โ‹ฑ๐œ†๐‘›

) = ๐ท2 โ‡’ ๐ท = (

โˆš๐œ†1โ‹ฑ

โˆš๐œ†๐‘›

).

Allora ๐ด = ๐‘€๐ท2๐‘€โˆ’1 = (๐‘€๐ท ๐‘€.๐‘ก )(๐‘€๐ท ๐‘€.

๐‘ก ).

Basta prendere ๐‘† = ๐‘€๐ท ๐‘€.๐‘ก (che รจ simmetrica e definita positiva perchรฉ congruente a ๐ท

simmetrica e definita positiva).

Unicitร : Sia ๐‘† una qualsiasi matrice simmetrica definita positiva tale che ๐ด = ๐‘†2.

Allora ๐‘†๐ด = ๐‘† โˆ™ ๐‘†2 = ๐‘†2 โˆ™ ๐‘† = ๐ด๐‘†.

Se โ„๐‘› = ๐‘‰๐œ†1(๐ด)โŠ•โ€ฆโŠ• ๐‘‰๐œ†๐‘˜(๐ด), ๐‘†๐ด = ๐ด๐‘† โ‡’ ๐‘† (๐‘‰๐œ†๐‘—(๐ด)) โŠ† ๐‘‰๐œ†๐‘—(๐ด) โˆ€๐‘—.

Vediamo ora che ๐‘†|๐‘‰๐œ†๐‘—(๐ด) รจ completamente determinato (e quindi ๐‘† รจ unica).

Sia ๐œ‡ autovalore per ๐‘†|๐‘‰๐œ†๐‘—(๐ด) e ๐‘ฃ un autovettore relativo a ๐œ‡, cioรจ ๐‘†๐‘ฃ = ๐œ‡๐‘ฃ.

๐œ†๐‘—๐‘ฃ = ๐ด๐‘ฃ = ๐‘†2๐‘ฃ = ๐œ‡2๐‘ฃ โ‡’ ๐œ‡2 = ๐œ†๐‘— โ‡’ ๐œ‡ = โˆš๐œ†๐‘— โ‡’ ๐‘†|๐‘‰๐œ†๐‘—(๐ด)= โˆš๐œ†๐‘— โˆ™ ๐‘–๐‘‘|๐‘‰๐œ†๐‘—(๐ด)

.

Dunque ๐‘† รจ determinato univocamente, cioรจ ho la tesi.

Osservazione: Con la stessa dimostrazione si prova che ๐ด รจ semidefinito positivo โ‡”

โ‡” โˆƒ! ๐‘† โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,โ„) semidefinita positiva tale che ๐ด = ๐‘†2.

PROPOSIZIONE 4.6.9: ๐ด โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,โ„). Allora โˆƒ! ๐‘† โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›, โ„) definita positiva e ๐‘ƒ โˆˆ ๐‘‚(๐‘›)|

๐ด = ๐‘†๐‘ƒ (questa decomposizione prende il nome di decomposizione polare).

Dimostrazione:

Esistenza: ๐ด ๐ด.๐‘ก รจ evidentemente simmetrica e definita positiva, in quanto

๐‘‹.๐‘ก ๐ด ๐ด.

๐‘ก ๐‘‹ = ( ๐ด.๐‘ก ๐‘‹.

๐‘ก ) ๐ด.๐‘ก ๐‘‹ > 0, poichรฉ ๐ด โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›, โ„) โ‡’ ๐ด.

๐‘ก โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,โ„) (oppure ๐ด.๐‘ก ๐ด รจ definita

positiva perchรฉ rappresenta lโ€™identitร  in una base differente, cioรจ รจ una matrice congruente

allโ€™identitร , che รจ definita positiva โ‡’ ๐ด.๐‘ก ๐ด definita positiva โ‡’ ๐ด ๐ด.

๐‘ก รจ definita positiva).

Dunque per la proposizione precedente โˆƒ๐‘† simmetrica definita positiva| ๐ด ๐ด.๐‘ก = ๐‘†2.

Quindi ๐‘†โˆ’1๐ด ๐ด.๐‘ก ๐‘†โˆ’1 = ๐ผ โ‡’ ๐‘†โˆ’1๐ด (๐‘†โˆ’1๐ด).

๐‘ก = ๐ผ, cioรจ ๐‘ƒ = ๐‘†โˆ’1๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›).

Inoltre ๐ด = ๐‘†(๐‘†โˆ’1๐ด) = ๐‘†๐‘ƒ, da cui la tesi.

Unicitร : Se ๐ด = ๐‘†๐‘ƒ, allora ๐ด ๐ด.๐‘ก = ๐‘†๐‘ƒ ๐‘ƒ.

๐‘ก ๐‘† = ๐‘†2, ma allora ๐‘† รจ unica per la proposizione

precedente. Poichรฉ ๐‘ƒ = ๐‘†โˆ’1๐ด, anche ๐‘ƒ รจ unica.

PROPOSIZIONE 4.6.10: Siano ๐‘“, ๐‘” endomorfismi autoaggiunti di uno spazio euclideo (๐‘‰, ๐œ™)|

๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘” โˆ˜ ๐‘“. Allora โˆƒbase ortonormale di ๐‘‰ fatta da autovettori sia per ๐‘“ che per ๐‘”.

Dimostrazione:

๐‘“, ๐‘” diagonalizzabili per il teorema spettrale. Inoltre โˆ€๐œ† autovalore per ๐‘“, ๐‘‰๐œ†(๐‘“) รจ ๐‘”-invariante.

๐‘”|๐‘‰๐œ†(๐‘“) รจ autoaggiunto nello spazio euclideo (๐‘‰๐œ†(๐‘“), ๐œ™|๐‘‰๐œ†(๐‘“)), dunque ๐‘”|๐‘‰๐œ†(๐‘“) ammette una base

โ„ฌ๐œ† di autovettori ortogonale rispetto a ๐œ™|๐‘‰๐œ†(๐‘“). Al variare di ๐œ†๐‘– โˆˆ ๐‘†๐‘(๐‘“), pongo โ„ฌ = โ‹ƒ โ„ฌ๐œ†๐‘–๐‘– .

Ogni elemento di โ„ฌ รจ di autovettori per ๐‘“ e per ๐‘”; ma ๐‘“ รจ autoaggiunto, per cui

๐‘‰ = ๐‘‰๐œ†1(๐‘“)โŠ•โŠฅ โ€ฆโŠ•โŠฅ ๐‘‰๐œ†๐‘˜(๐‘“), quindi โ„ฌ รจ ortonormale; da questo segue la tesi.

127

5 SPAZI AFFINI

5.1 ISOMETRIE AFFINI

Riprendiamo la notazione ๐‘†(๐‘‹) = {๐‘“: ๐‘‹ โ†’ ๐‘‹ ๐‘๐‘–๐‘ข๐‘›๐‘–๐‘ฃ๐‘œ๐‘โ„Ž๐‘’}, ๐‘‹ โ‰  0.

DEFINIZIONE 5.1.1: Ogni sottogruppo di ๐‘†(๐‘‹) si chiama gruppo di trasformazioni di ๐‘‹.

Esempi: 1) Se ๐‘‰ รจ uno spazio vettoriale, con lโ€™algebra lineare abbiamo studiato ๐บ๐ฟ(๐‘‰) come

gruppo di trasformazioni di ๐‘‰.

2) Allo stesso modo abbiamo studiato ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) se ๐œ™ โˆˆ ๐‘ƒ๐‘†(๐‘‰).

Osservazione: Non tutte le trasformazioni sono lineari, infatti:

DEFINIZIONE 5.1.2: ๐‘‰ spazio vettoriale. La trasformazione ๐œ๐‘ฃ: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰| ๐œ๐‘ฃ(๐‘ค) = ๐‘ค + ๐‘ฃ

รจ detta traslazione del vettore ๐‘ฃ fissato, ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰.

Osservazione: ๐œ๐‘ฃ รจ lineare โ‡” ๐‘ฃ = 0.

Notazione: Indicheremo con ๐‘‡(๐‘‰) = {๐‘ก๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘ ๐‘™๐‘Ž๐‘ง๐‘–๐‘œ๐‘›๐‘– ๐‘‘๐‘– ๐‘‰}.

PROPOSIZIONE 5.1.1: (๐‘‡(๐‘‰),โˆ˜) รจ un gruppo abeliano di trasformazioni di ๐‘‰ e

(๐‘‡(๐‘‰),โˆ˜) โ‰… (๐‘‰,+).

Dimostrazione:

๐œ0 = ๐‘–๐‘‘, vale evidentemente la proprietร  associativa e (๐œ๐‘ฃ)โˆ’1 = ๐œโˆ’๐‘ฃ.

Inoltre ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œ๐‘ค = ๐œ๐‘ฃ+๐‘ค = ๐œ๐‘ค+๐‘ฃ = ๐œ๐‘ค โˆ˜ ๐œ๐‘ฃ.

Quindi (๐‘‡(๐‘‰),โˆ˜) รจ un gruppo abeliano.

Poichรฉ ๐น: (๐‘‰,+) โ†’ (๐‘‡(๐‘‰),โˆ˜)| ๐น(๐‘ฃ) = ๐œ๐‘ฃ รจ sicuramente un isomorfismo, segue anche lโ€™altra tesi.

DEFINIZIONE 5.1.3: Sia ๐บ un gruppo. Si chiama azione di ๐บ su un insieme ๐‘‹ ogni

omomorfismo ๐œ“:๐บ โ†’ ๐‘†(๐‘‹).

Lโ€™azione di un gruppo si dice transitiva se โˆ€๐‘ฅ, ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‹, โˆƒ๐‘” โˆˆ ๐บ| ๐œ“(๐‘”)(๐‘ฅ) = ๐‘ฆ.

Osservazione: ๐‘‡(๐‘‰) agisce su ๐‘‰ in modo transitivo, infatti โˆ€๐‘ฃ, ๐‘ค โˆˆ ๐‘‰ โˆƒ๐œ โˆˆ ๐‘‡(๐‘‰)| ๐œ(๐‘ฃ) = ๐‘ค

(in particolare ๐œ = ๐œ๐‘คโˆ’๐‘ฃ e ๐œ“(๐‘ค โˆ’ ๐‘ฃ) = ๐œ๐‘คโˆ’๐‘ฃ).

DEFINIZIONE 5.1.4: Sia (๐‘‰, ๐œ™) uno spazio euclideo e sia ๐‘‘ la distanza indotta da ๐œ™ su ๐‘‰.

Allora definiamo ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‘) = {๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰|๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘„) = ๐‘‘(๐‘“(๐‘ƒ), ๐‘“(๐‘„)) โˆ€๐‘ƒ, ๐‘„ โˆˆ ๐‘‰} come lโ€™insieme

delle isometrie affini di ๐‘‰ (spesso in seguito le chiameremo semplicemente isometrie).

Osservazione: Sicuramente ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) โŠ† ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‘) e ๐‘‡(๐‘‰) โŠ† ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‘), quindi

โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™), ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‘).

128

LEMMA 5.1.2: โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, โˆ€๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™) (in realtร  basterebbe ๐‘“ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)),

๐‘“ โˆ˜ ๐œ๐‘ฃ = ๐œ๐‘“(๐‘ฃ) โˆ˜ ๐‘“ (dunque in generale non commutano).

Dimostrazione:

(๐‘“ โˆ˜ ๐œ๐‘ฃ)(๐‘ฅ) = ๐‘“(๐‘ฅ + ๐‘ฃ) = ๐‘“(๐‘ฅ) + ๐‘“(๐‘ฃ) = (๐œ๐‘“(๐‘ฃ) โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ฅ).

PROPOSIZIONE 5.1.3: {๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“|๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™)} รจ un gruppo rispetto al prodotto di

composizioni.

Dimostrazione:

Mostriamo che รจ chiuso rispetto al prodotto di composizioni: (๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“) โˆ˜ (๐œ๐‘ค โˆ˜ ๐‘”) = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ (๐‘“ โˆ˜ ๐œ๐‘ค) โˆ˜ ๐‘” = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œ๐‘“(๐‘ค)โŸ

โˆˆ๐‘‡(๐‘‰)

โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘”โŸโˆˆ๐‘‚(๐‘‰,๐œ™)

.

Inoltre ๐‘–๐‘‘ = ๐œ0 โˆ˜ ๐‘–๐‘‘, dunque rimane da far vedere che (๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“)โˆ’1 โˆˆ {๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“|๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™)}.

๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐œ๐‘ค โˆ˜ ๐‘” = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œ๐‘“(๐‘ค) โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘–๐‘‘ โ‡” {๐‘“ โˆ˜ ๐‘” = ๐‘–๐‘‘

๐‘“(๐‘ค) = โˆ’๐‘ฃ {๐‘” = ๐‘“โˆ’1

๐‘ค = โˆ’๐‘“โˆ’1(๐‘ฃ)

Quindi (๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“)โˆ’1 = ๐œโˆ’๐‘“โˆ’1(๐‘ฃ) โˆ˜ ๐‘“

โˆ’1, da cui la tesi.

Osservazione: Con la stessa dimostrazione si prova che {๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“|๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘“ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)} รจ un gruppo di

trasformazioni di ๐‘‰.

TEOREMA 5.1.4: {๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“|๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™)} = ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‘).

Dimostrazione:

โŠ†) Giร  vista.

โŠ‡) Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‘).

Abbiamo giร  provato che, se ๐‘“(0) = 0, allora ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™).

Se invece ๐‘“(0) = ๐‘ฃ โ‰  0, allora ๐œโˆ’๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐‘‰, ๐‘‘) e (๐œโˆ’๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“)(0) = 0, dunque

๐œโˆ’๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“ = ๐‘” โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™), da cui ๐‘“ = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘” con ๐‘” โˆˆ ๐‘‚(๐‘‰, ๐œ™).

Osservazione: Ora andremo a studiare le isometrie di (โ„๐‘›, โŸจ, โŸฉ).

Notiamo che ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›) = {๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต|๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›), ๐ต โˆˆ โ„๐‘›}.

Inoltre se ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›), allora ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) = {๐‘‹ โˆˆ โ„๐‘›|๐ด๐‘‹ + ๐ต = ๐‘‹} = {๐‘‹ โˆˆ โ„๐‘›|(๐ด โˆ’ ๐ผ)๐‘‹ = โˆ’๐ต},

quindi ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) o รจ vuoto, oppure รจ un sottospazio affine di โ„๐‘› con giacitura

{๐‘‹ โˆˆ โ„๐‘›|(๐ด โˆ’ ๐ผ)๐‘‹ = 0} = ๐‘‰1(๐ด) = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด).

DEFINIZIONE 5.1.5: ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›) รจ detta simmetria se ๐‘“2 = ๐‘–๐‘‘.

PROPOSIZIONE 5.1.5: Sia ๐‘“ una simmetria di โ„๐‘›, ๐‘“(๐‘‹) = ๐ด๐‘‹ + ๐ต, con ๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›). Allora:

1) ๐ด2 = ๐ผ e ๐‘“(๐ต) = ๐ด๐ต + ๐ต = 0;

2) ๐ต

2โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) (quindi ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) =

๐ต

2+ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด));

3) ๐ต รจ ortogonale a ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด).

Dimostrazione:

1) โˆ€๐‘‹ โˆˆ โ„๐‘›, ๐‘“2(๐‘‹) = ๐‘‹ โ‡’ ๐ด(๐ด๐‘‹ + ๐ต) + ๐ต = ๐ด2๐‘‹ + ๐ด๐ต + ๐ต = ๐‘‹ โ‡’ ๐ด2 = ๐ผ e ๐ด๐ต + ๐ต = 0.

2) ๐‘“ (๐ต

2) = ๐ด โˆ™

๐ต

2+ ๐ต = โˆ’

๐ต

2+ ๐ต =

๐ต

2 (il passaggio = segue da 1)).

3) ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด) = ๐‘‰1(๐ด) e ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด)โŠฅ = ๐‘‰โˆ’1(๐ด), in quanto ๐ด2 = ๐ผ e dunque ha come autovalori solo 1

e โˆ’1; inoltre se ๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‰โˆ’1(๐ด), ๐‘ฆ โˆˆ ๐‘‰1(๐ด), si ha โŸจ๐‘ฅ, ๐‘ฆโŸฉ = ๐‘ฅ.๐‘ก ๐‘ฆ = (โˆ’๐ด๐‘ฅ).

๐‘ก ๐ด๐‘ฆ = โˆ’ ๐‘ฅ.๐‘ก ๐ด.

๐‘ก ๐ด๐‘ฆ = โˆ’ ๐‘ฅ.๐‘ก ๐‘ฆ,

129

cioรจ โŸจ๐‘ฅ, ๐‘ฆโŸฉ = 0. Poichรฉ per 1) ๐ด๐ต = โˆ’๐ต โ‡’ ๐ต โˆˆ ๐‘‰โˆ’1(๐ด), ho la tesi.

DEFINIZIONE 5.1.6: ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›) รจ detta riflessione se ๐‘“2 = ๐‘–๐‘‘ e ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) รจ un iperpiano affine

(cioรจ ha come giacitura un sottospazio di dimensione ๐‘› โˆ’ 1).

Osservazione: Se ๐‘“(๐‘‹) = ๐ด๐‘‹ + ๐ต รจ una riflessione, allora dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด)) = ๐‘› โˆ’ 1, per cui

๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›) รจ una riflessione lineare rispetto alla giacitura di ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“).

In particolare det(๐ด) = โˆ’1.

DEFINIZIONE 5.1.7: ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›) รจ detta rotazione se ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) ha come giacitura un

sottospazio di dimensione ๐‘› โˆ’ 2.

LEMMA 5.1.7: La composizione di due riflessioni ๐œŒ1, ๐œŒ2 di โ„๐‘› rispetto a iperpiani incidenti ๐ป1 e

๐ป2 (non coincidenti) รจ una rotazione ๐‘Ÿ tale che ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ) = ๐ป1 โˆฉ ๐ป2.

Dimostrazione:

Dobbiamo mostrare che dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ)) = ๐‘› โˆ’ 2.

Notiamo che, se ๐‘Š๐‘– รจ la giacitura di ๐ป๐‘– per ๐‘– = 1,2, allora dim(๐‘Š1 โˆฉ๐‘Š2) = dim(๐‘Š1) +

dim(๐‘Š2) โˆ’ dim(๐‘Š1 +๐‘Š2) = ๐‘› โˆ’ 1 + ๐‘› โˆ’ 1 โˆ’ ๐‘› = ๐‘› โˆ’ 2 e ๐‘Š1 โˆฉ๐‘Š2 รจ la giacitura di ๐ป1 โˆฉ ๐ป2.

Sicuramente ๐ป1 โˆฉ ๐ป2 โŠ† ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ), poichรฉ se ๐œŒ๐‘–(๐‘‹) = ๐ด๐‘–๐‘‹ + ๐ต๐‘– per ๐‘– = 1,2, allora:

๐‘‹ โˆˆ ๐ป1 โˆฉ ๐ป2 โ‡’ ๐ด๐‘–๐‘‹ + ๐ต๐‘– = ๐‘‹ per ๐‘– = 1,2 โ‡’ ๐‘Ÿ(๐‘‹) = (๐œŒ1 โˆ˜ ๐œŒ2)(๐‘‹) = ๐ด1(๐ด2๐‘‹ + ๐ต2) + ๐ต1 =

= ๐ด1๐‘‹ + ๐ต1 = ๐‘‹.

Dunque la dimensione della giacitura di ๐‘Ÿ puรฒ essere ๐‘› โˆ’ 2 o ๐‘› โˆ’ 1 (se fosse ๐‘› โ‡’ ๐‘Ÿ = ๐‘–๐‘‘, cioรจ i

due piani sarebbero coincidenti).

Se la dimensione รจ ๐‘› โˆ’ 1, allora ๐‘Ÿ รจ una riflessione, assurdo, perchรฉ

det(๐ด1๐ด2) = det(๐ด1) โˆ™ det(๐ด2) = 1.

Dunque ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ) = ๐ป1 โˆฉ ๐ป2.

Osservazione: Notiamo anche che la rotazione ๐‘Ÿ รจ di un angolo doppio rispetto a quello formato

dai due iperpiani ๐ป1 e ๐ป2; questo รจ semplicemente dimostrabile in โ„2 e โ„3, ma non lo

dimostriamo in dimensione maggiore per evitare di definire un angolo in โ„๐‘›.

130

PROPOSIZIONE 5.1.8: La composizione di due riflessioni di โ„๐‘› puรฒ essere una traslazione o

una rotazione.

Dimostrazione:

Siano ๐œŒ1(๐‘‹) = ๐ด1๐‘‹ + ๐ต1 e ๐œŒ2(๐‘‹) = ๐ด2๐‘‹ + ๐ต2 le due riflessioni.

Siano ๐ป1 = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ1) e ๐ป2 = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ2) i due iperpiani di punti fissi.

Caso 1): ๐ป1 e ๐ป2 sono paralleli (e quindi hanno la stessa giacitura).

Allora ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด1) = ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐ด2), cioรจ ๐ด1 e ๐ด2 sono riflessioni lineari rispetto allo stesso

iperpiano lineare โ‡’ ๐ด1 = ๐ด2 = ๐ด. Allora: (๐œŒ2 โˆ˜ ๐œŒ1)(๐‘‹) = ๐ด(๐ด๐‘‹ + ๐ต1) + ๐ต2 = ๐ด2๐‘‹ + ๐ด๐ต1 + ๐ต2 = ๐‘‹ + (๐ด๐ต1 + ๐ต2) = = ๐‘‹ + (๐ต2 โˆ’ ๐ต1) โ‡’ ๐œŒ2 โˆ˜ ๐œŒ1 รจ la traslazione ๐œ๐ต1๐ต2 .

(Osservazione: ๐ต2 โˆ’ ๐ต1 รจ ortogonale ai due iperpiani e โ€–๐ต2 โˆ’ ๐ต1โ€– = 2๐‘‘(๐ป1, ๐ป2).

Pertanto qualsiasi coppia di iperpiani paralleli a ๐ป1, ๐ป2 e aventi la stessa distanza

produce ๐œŒ2 โˆ˜ ๐œŒ1.)

Caso 2): ๐ป1 e ๐ป2 non sono paralleli.

Allora ๐ป1 e ๐ป2 sono incidenti non coincidenti (altrimenti la composizione sarebbe

lโ€™identitร ), dunque la tesi segue per il lemma.

FORMA CANONICA PER UNA SIMMETRIA: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›) una simmetria,

๐‘˜ = dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“)). Allora esiste una base ortonormale {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} di โ„๐‘› rispetto alla quale ๐‘“ si

scrive:

๐‘“(๐‘‹) = (๐ผ๐‘˜ 0

0 โˆ’๐ผ๐‘›โˆ’๐‘˜)๐‘‹ + ๐›ผ๐‘ฃ๐‘›.

TEOREMA 5.1.9: Ogni ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›) รจ composizione di al piรน ๐‘› + 1 riflessioni.

Dimostrazione:

Se ๐‘“(0) = 0 โ‡’ ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(โ„๐‘›) โ‡’ ๐‘“ รจ composizione di al piรน ๐‘› riflessioni lineari.

Se ๐‘“(0) = ๐ต โ‰  0, consideriamo ๐ป = {๐‘‹ โˆˆ โ„๐‘›|๐‘‘(๐‘‹, 0) = ๐‘‘(๐‘‹, ๐ต)}.

๐ป รจ un iperpiano, poichรฉ ๐‘‹ โˆˆ ๐ป โ‡” โ€–๐‘‹โ€–2 = โ€–๐‘‹ โˆ’ ๐ตโ€–2 โ‡” โŸจ๐‘‹, ๐‘‹โŸฉ = โŸจ๐‘‹ โˆ’ ๐ต, ๐‘‹ โˆ’ ๐ตโŸฉ โ‡”

โ‡” 2โŸจ๐ต, ๐‘‹โŸฉ = โŸจ๐ต, ๐ตโŸฉ, che รจ unโ€™unica equazione. Inoltre ๐ต

2โˆˆ ๐ป.

In particolare la giacitura di ๐ป รจ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ต)โŠฅ.

Sia ๐œŒ๐ป la riflessione rispetto a ๐ป. Allora:

๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›) e (๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“)(0) = ๐œŒ๐ป(๐ต) = 0, quindi ๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“ โˆˆ ๐‘‚(โ„๐‘›) รจ composizione di al piรน

๐‘› riflessioni โ‡’ ๐‘“ รจ composizione di al piรน ๐‘› + 1 riflessioni.

DEFINIZIONE 5.1.8: Unโ€™isometria si dice diretta se รจ composizione di un numero pari di

riflessioni, inversa altrimenti.

Osservazione: ๐‘“(๐‘‹) = ๐ด๐‘‹ + ๐ต รจ diretta (inversa) โ‡” det(๐ด) = 1 (det(๐ด) = โˆ’1).

DEFINIZIONE 5.1.9: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›). Diciamo che ๐‘“ รจ:

una glissoriflessione (o riflessione traslata, o glide) se รจ composizione di una riflessione ๐œŒ e di

una traslazione parallela a ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ);

131

una riflessione rotatoria se รจ composizione di una riflessione ๐œŒ e di una rotazione attorno a

una iperretta (sottospazio di dimensione ๐‘› โˆ’ 2) che contiene una retta ortogonale a ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ);

un avvitamento (o twist) se รจ composizione di una rotazione ๐‘Ÿ e di una traslazione (non

banale) parallela a ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ).

Osservazione: Da quello che abbiamo visto, segue che:

se ๐œ โˆˆ ๐‘‡(๐‘‰), allora det(๐œ) = 1 e ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œ) = โˆ…;

se ๐œŒ รจ una riflessione, det(๐œŒ) = โˆ’1 e dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ)) = ๐‘› โˆ’ 1;

se ๐‘Ÿ รจ una rotazione, det(๐‘Ÿ) = 1 e dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ)) = ๐‘› โˆ’ 2;

se ๐‘” รจ una glissoriflessione, det(๐‘”) = โˆ’1 e ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘”) = โˆ…;

se ๐‘… รจ una riflessione rotatoria, det(๐‘…) = โˆ’1 e dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘…)) = ๐‘› โˆ’ 3 (poichรฉ se ๐‘ฅ โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘…),

รจ chiaro che ๐‘ฅ โˆˆ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ) โˆฉ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ), dove ๐‘… = ๐œŒ โˆ˜ ๐‘Ÿ, e

dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ) โˆฉ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ)) = dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ)) + dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ)) โˆ’ dim(๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ) + ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘Ÿ)) = ๐‘› โˆ’ 1 +

๐‘› โˆ’ 2 โˆ’ ๐‘› = ๐‘› โˆ’ 3)

se ๐‘ก รจ un avvitamento, allora det(๐‘ก) = 1 e ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘ก) = โˆ….

PROPOSIZIONE 5.1.10: Sia ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„๐‘›). Se ๐‘“ ha almeno un punto fisso, allora ๐‘“ รจ

composizione di al piรน ๐‘› riflessioni.

Dimostrazione:

Sia ๐‘“(0) = ๐ต. Se ๐ต = 0, segue subito la tesi.

Sia allora ๐ต โ‰  0.

Sia ๐‘„|๐‘“(๐‘„) = ๐‘„; ๐ป = {๐‘‹ โˆˆ โ„๐‘›|๐‘‘(๐‘‹, 0) = ๐‘‘(๐‘‹, ๐ต)}.

Come provato prima, ๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“ รจ lineare. Inoltre ๐‘„ โˆˆ ๐ป, infatti:

๐‘‘(๐‘„, 0) = ๐‘‘(๐‘“(๐‘„), ๐‘“(0)) = ๐‘‘(๐‘„, ๐ต).

Allora ๐œŒ๐ป(๐‘„) = ๐‘„ e quindi (๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“)(๐‘„) = ๐‘„ โ‡’ ๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“ รจ lineare e dim๐น๐‘–๐‘ฅ(๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“) โ‰ฅ 1, quindi

๐œŒ๐ป โˆ˜ ๐‘“ รจ composizione di al piรน ๐‘› โˆ’ 1 riflessioni, quindi ๐‘“ รจ composizione di al piรน ๐‘› riflessioni,

da cui la tesi.

Osservazione: Se ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) = โˆ…, possono effettivamente essere necessarie ๐‘› + 1 riflessioni:

๐‘“:โ„2 โ†’ โ„2| ๐‘“((๐‘ฅ, ๐‘ฆ)) = (๐‘ฅ + 2,โˆ’๐‘ฆ); allora ๐‘“: (๐‘ฅ๐‘ฆ) โ†’ (

1 00 โˆ’1

) (๐‘ฅ๐‘ฆ) + (

20).

๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) = โˆ…; non bastano 2 riflessioni perchรฉ ๐‘“ non รจ nรฉ una traslazione, nรฉ una riflessione, nรฉ

una rotazione.

Dโ€™altra parte, se ๐‘“ = ๐œ๐‘ฃ, ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) = โˆ… ma bastano 2 riflessioni.

TEOREMA DI CLASSIFICAZIONE DELLE ISOMETRIE PIANE: Ogni ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„2) รจ:

1) una traslazione;

2) una rotazione;

3) una riflessione;

4) una glissoriflessione.

Dimostrazione:

๐‘“ รจ composizione di al piรน 3 riflessioni.

Se ๐‘“ รจ composizione di 0 riflessioni, ๐‘“ = ๐‘–๐‘‘.

Se ๐‘“ รจ composizione di 1 riflessione, allora ๐‘“ รจ una riflessione.

Se ๐‘“ รจ composizione di 2 riflessioni, abbiamo visto che ๐‘“ รจ una traslazione o una rotazione.

132

Se ๐‘“ รจ composizione di 3 riflessioni, diciamo ๐‘“ = ๐œŒ1 โˆ˜ ๐œŒ2 โˆ˜ ๐œŒ3, allora:

Caso 1): ๐œŒ1 โˆ˜ ๐œŒ2 = ๐œ๐‘ฃ traslazione.

Scrivo ๐‘ฃ = ๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2, con ๐‘ฃ1//๐‘ฃ3 e ๐‘ฃ2 โŠฅ ๐‘Ÿ3. Allora:

๐‘“ = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œŒ3 = ๐œ๐‘ฃ1 โˆ˜ ๐œ๐‘ฃ2 โˆ˜ ๐œŒ3.

Ma ๐œ๐‘ฃ2 โˆ˜ ๐œŒ3 รจ una riflessione con asse ๐‘Ÿ3โ€ฒ//๐‘Ÿ3, dunque ๐‘“ รจ una glissoriflessione.

(Osservazione: Se ๐‘ฃ1 = 0 (cioรจ ๐‘ฃ โŠฅ ๐‘Ÿ3), ๐‘“ รจ una riflessione. Quindi:

๐‘“ = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐œŒ3 รจ una riflessione โ‡” gli assi di riflessione sono 3 rette parallele.)

Caso 2): ๐œŒ1 โˆ˜ ๐œŒ2 รจ una rotazione attorno ad un punto ๐‘ƒ con angolo ๐›ผ.

a) ๐‘ƒ โˆ‰ ๐‘Ÿ3.

Allora scrivo la rotazione ๐‘… = ๐œŒ1 โˆ˜ ๐œŒ2 come composizione di due riflessioni ๐œŒ1โ€ฒ e ๐œŒ2

โ€ฒ

rispetto a rette incidenti di angolo ๐›ผ

2 e ๐‘Ÿ2

โ€ฒ//๐‘Ÿ3.

๐‘“ = ๐‘… โˆ˜ ๐œŒ3 = ๐œŒ1โ€ฒ โˆ˜ ๐œŒ2

โ€ฒ โˆ˜ ๐œŒ3โŸ ๐‘ก๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘ ๐‘™๐‘Ž๐‘ง๐‘–๐‘œ๐‘›๐‘’

โ‡’ ๐‘“ รจ glissoriflessione.

b) ๐‘ƒ โˆˆ ๐‘Ÿ3 (gli assi di ๐œŒ1, ๐œŒ2, ๐œŒ3 si dicono concorrenti in ๐‘ƒ).

Scrivo ๐‘… = ๐œŒ1 โˆ˜ ๐œŒ2 come ๐œŒ1โ€ฒ โˆ˜ ๐œŒ3, dove ๐œŒ1

โ€ฒ รจ una riflessione rispetto ad una opportuna

retta passante per ๐‘ƒ โ‡’ ๐‘“ = ๐œŒ1โ€ฒ โˆ˜ ๐œŒ3 โˆ˜ ๐œŒ3 = ๐œŒ1

โ€ฒ โ‡’ ๐‘“ รจ riflessione.

(Osservazione: ๐œŒ1 โˆ˜ ๐œŒ2 โˆ˜ ๐œŒ3 รจ riflessione โ‡” i 3 assi sono concorrenti o paralleli).

Osservazione: La composizione di 3 riflessioni di โ„3 rispetto a 3 piani incidenti in un punto ๐‘ƒ e

a due a due ortogonali รจ una simmetria con ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘“) = {๐‘ƒ}. Questโ€™ultima รจ detta simmetria

centrale di centro ๐‘ƒ.

In generale la composizione fra due isometrie โ€œelementariโ€ (riflessioni, traslazioni e rotazioni)

non รจ commutativa, tranne che nei casi speciali della glissoriflessione, della riflessione rotatoria

e dellโ€™avvitamento. Ne tralasciamo la dimostrazione.

TEOREMA DI CLASSIFICAZIONE DELLE ISOMETRIE DI โ„3: Ogni ๐‘“ โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(โ„3) รจ una:

traslazione;

riflessione;

rotazione;

glissoriflessione;

avvitamento;

riflessione rotatoria.

Dimostrazione:

๐‘“(๐‘‹) = ๐ด๐‘‹ + ๐ต, con ๐ด โˆˆ ๐‘‚(๐‘›), per cui โˆƒโ„ฌ base ortonormale di โ„3, โ„ฌ = {๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ3}| ๐”โ„ฌ(๐ด) =

a) ๐ผ;

b) (1 0 00 1 00 0 โˆ’1

);

c) (๐‘Ÿ๐‘œ๐‘ก(๐œƒ) | 0

0 | 1), ๐œƒ โˆˆ (0,2๐œ‹);

d) (๐‘Ÿ๐‘œ๐‘ก(๐œƒ) | 0

0 | โˆ’ 1), ๐œƒ โˆˆ (0,2๐œ‹).

Studiamo i vari casi:

a) ๐‘“ รจ una traslazione, ๐‘“ = ๐œ0.

133

b) ๐‘“(๐‘‹) = ๐ด๐‘‹ รจ una riflessione (poichรฉ ๐‘“|๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1,๐‘ฃ2) = ๐‘–๐‘‘), quindi il tipo di ๐‘“(๐‘‹) = ๐ด๐‘‹ + ๐ต

dipende dalla posizione della traslazione ๐ต.

Sia ๐ป = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2) e โˆ€๐‘ฃ โˆˆ โ„3, ๐‘ฃ๐ป, ๐‘ฃ๐ปโŠฅ le proiezioni di ๐‘ฃ su ๐ป e ๐ปโŠฅ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ฃ3) rispetto a

โ„3 = ๐ปโŠ•โŠฅ ๐ปโŠฅ.

๐‘“(๐‘‹) = (๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ปโŠฅ) + ๐ต๐ป.

Studiamo ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ปโŠฅ):

๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ปโŠฅ = ๐‘‹ โ‡” (๐ด โˆ’ ๐ผ)๐‘‹ = โˆ’๐ต๐ป

โŠฅ.

Ora (๐ด โˆ’ ๐ผ)|๐ป โ‰ก 0 e (๐ด โˆ’ ๐ผ)|๐ปโŠฅ = โˆ’2๐ผ, dunque:

(๐ด โˆ’ ๐ผ)๐‘‹ = (๐ด โˆ’ ๐ผ)(๐‘‹๐ป + ๐‘‹๐ปโŠฅ) = โˆ’2๐‘‹๐ป

โŠฅ โ‡’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ปโŠฅ = ๐‘‹ โ‡” โˆ’2๐‘‹๐ป

โŠฅ = โˆ’๐ต๐ปโŠฅ โ‡” ๐‘‹๐ป

โŠฅ =๐ต๐ปโŠฅ

2

โ‡” ๐‘‹ =๐ต๐ปโŠฅ

2+ โ„Ž, โ„Ž โˆˆ ๐ป โ‡” ๐‘‹ โˆˆ

๐ต๐ปโŠฅ

2+ ๐ป

Perciรฒ ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ปโŠฅ) รจ un piano affine e ๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ป

โŠฅ รจ una riflessione ๐œŒ.

๐‘“ = ๐œ๐ต๐ป โˆ˜ ๐œŒ, ๐ต๐ป โˆˆ ๐ป che รจ la giacitura di ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘†).

Dunque ๐‘“ รจ una riflessione se ๐ต๐ป = 0, una glissoriflessione se ๐ต๐ป โ‰  0.

c) Usando la stessa notazione del punto precedente, vogliamo mostrare che ๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ป รจ una

rotazione.

๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ป = ๐‘‹ โ‡” (๐ด โˆ’ ๐ผ)๐‘‹ = โˆ’๐ต๐ป.

(๐ด โˆ’ ๐ผ)|๐ป: ๐ป โ†’ ๐ป รจ invertibile, (๐ด โˆ’ ๐ผ)|๐ปโŠฅ โ‰ก 0; per cui:

โˆƒ! ๐‘‹0 โˆˆ ๐ป|(๐ด โˆ’ ๐ผ)๐‘‹0 = โˆ’๐ต๐ป; inoltre ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐ด โˆ’ ๐ผ) = ๐ปโŠฅ, quindi

๐‘‹ risolve (๐ด โˆ’ ๐ผ)๐‘‹ = โˆ’๐ต๐ป โ‡” ๐‘‹ โˆˆ ๐‘‹0 + ๐ปโŠฅ.

Quindi ๐น๐‘–๐‘ฅ(๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ป) รจ una retta affine, per cui ๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต๐ป รจ una rotazione.

Dunque se ๐ต๐ปโŠฅ = 0, ๐‘“ รจ una rotazione, altrimenti ๐‘“ รจ un avvitamento.

d) (๐‘Ÿ๐‘œ๐‘ก(๐œƒ) | 0

0 | โˆ’ 1)

โŸ =๐ด

= (๐‘Ÿ๐‘œ๐‘ก(๐œƒ) | 0

0 | 1)

โŸ =๐ด๐ป

+ (1 0 00 1 00 0 โˆ’1

)โŸ

=๐ด๐ปโŠฅ

โˆ’ ๐ผ

Dunque: ๐‘“(๐‘‹) = ๐ด๐‘‹ + ๐ต = (๐ด๐ป + ๐ด๐ปโŠฅ โˆ’ ๐ผ)๐‘‹ + ๐ต๐ป + ๐ต๐ปโŠฅ =

= (๐ด๐ป๐‘‹ + ๐ต๐ป โˆ’ ๐‘‹๐ป) + (๐ด๐ปโŠฅ๐‘‹ + ๐ต๐ปโŠฅ โˆ’ ๐‘‹๐ปโŠฅ)

Sappiamo giร  per il punto c) che (๐ด๐ป๐‘‹ + ๐ต๐ป โˆ’ ๐‘‹๐ป):๐ป โ†’ ๐ป รจ una rotazione e per il punto b)

che (๐ด๐ปโŠฅ๐‘‹ + ๐ต๐ปโŠฅ โˆ’ ๐‘‹๐ปโŠฅ):๐ปโŠฅ โ†’ ๐ปโŠฅ รจ una riflessione (con piano di riflessione โŠฅ allโ€™asse di

rotazione).

Dunque โˆ€๐ต, ๐‘“ รจ una riflessione rotatoria.

134

5.2 SPAZI E SOTTOSPAZI AFFINI

DEFINIZIONE 5.2.1: Definiamo ๐ด(๐‘‰) = {๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“|๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘“ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)}.

Osservazione: Abbiamo visto che ๐ด(๐‘‰) รจ un gruppo di trasformazioni di ๐‘‰ (che in particolare

coincide con il sottogruppo di ๐‘†(๐‘‰) generato da ๐‘‡(๐‘‰) e ๐บ๐ฟ(๐‘‰))

DEFINIZIONE 5.2.2: ๐บ gruppo di trasformazioni di un insieme ๐‘‹. โˆ€๐‘ฅ โˆˆ ๐‘‹, definiamo

stabilizzatore di ๐‘ฅ lโ€™insieme ๐‘†๐‘ก๐‘ฅ(๐บ) = {๐‘” โˆˆ ๐บ|๐‘”(๐‘ฅ) = ๐‘ฅ}.

PROPOSIZIONE 5.2.1: 1) ๐‘†๐‘ก๐‘ฃ(๐บ๐ฟ(๐‘‰)) = ๐บ๐ฟ(๐‘‰) โ‡” ๐‘ฃ = 0

2) ๐‘†๐‘ก๐‘ฃ(๐ด(๐‘‰)) โ‰… ๐บ๐ฟ(๐‘‰) โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰.

Dimostrazione:

1) Ovviamente ๐‘†๐‘ก0(๐บ๐ฟ(๐‘‰)) = ๐บ๐ฟ(๐‘‰).

Dโ€™altra parte se ๐‘ฃ โ‰  0, โˆƒ๐‘“ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐‘“(๐‘ฃ) โ‰  ๐‘ฃ.

2) Vediamo intanto che โˆ€๐‘ฃ,๐‘ค โˆˆ ๐‘‰, ๐‘†๐‘ก๐‘ฃ(๐ด(๐‘‰)) e ๐‘†๐‘ก๐‘ค(๐ด(๐‘‰)) sono isomorfi.

Infatti se ๐‘ข = ๐‘ฃ โˆ’ ๐‘ค (cosรฌ che ๐œ๐‘ข(๐‘ค) = ๐‘ฃ):

๐‘†๐‘ก๐‘ฃ(๐ด(๐‘‰)) โ†’ ๐‘†๐‘ก๐‘ค(๐ด(๐‘‰))

๐‘“ โ†’ ๐œโˆ’๐‘ข โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐œ๐‘ข

รจ un isomorfismo.

Inoltre ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“ โˆˆ ๐‘†๐‘ก0(๐ด(๐‘‰)) โ‡” (๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“)(0) = 0 โ‡” ๐‘ฃ = 0. Cioรจ ๐‘†๐‘ก0(๐ด(๐‘‰)) = ๐บ๐ฟ(๐‘‰), tesi.

Osservazione: Questo fa capire che in ๐‘‰ cโ€™รจ un punto privilegiato, cioรจ lโ€™origine ๐‘‚, mentre

rispetto ad ๐ด(๐‘‰) tutti i punti di ๐‘‰ sono equivalenti.

Dunque nella seguente trattazione distingueremo gli elementi di ๐‘‰ pensati come punti e i

vettori di ๐‘‰ pensati come traslazioni (poichรฉ sappiamo che (๐‘‡(๐‘‰),โˆ˜) โ‰… (๐‘‰,+)).

DEFINIZIONE 5.2.3: ๐‘‰ spazio vettoriale. Un insieme ๐ด (anche โˆ…) si dice spazio affine su ๐‘‰ se

โˆƒ๐น: ๐ด ร— ๐ด โ†’ ๐‘‰ che associa ad ogni coppia di punti ๐‘ƒ, ๐‘„ โˆˆ ๐ด un vettore di ๐‘‰, denotato ๐‘ƒ๐‘„ , in

modo che:

1) โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ด, โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, โˆƒ!๐‘„ โˆˆ ๐ด| ๐‘ƒ๐‘„ = ๐‘ฃ;

2) โˆ€๐‘ƒ, ๐‘„, ๐‘… โˆˆ ๐ด, ๐‘ƒ๐‘„ + ๐‘„๐‘… = ๐‘ƒ๐‘… (relazione di Chasles).

DEFINIZIONE 5.2.4: Definiamo dimensione di uno spazio affine ๐ด, dim(๐ด) = dim (๐‘‰) se ๐ด โ‰  โˆ…,

altrimenti dim(โˆ…) = โˆ’1.

Osservazione: Dalla relazione di Chasles discende:

โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ด, ๐‘ƒ๐‘ƒ = 0 (basta prendere ๐‘ƒ = ๐‘„ = ๐‘…);

โˆ€๐‘ƒ, ๐‘„ โˆˆ ๐ด, ๐‘„๐‘ƒ = โˆ’๐‘ƒ๐‘„ (basta prendere ๐‘ƒ = ๐‘…).

Esempi: Alcuni esempi di spazi affini possono essere:

1) ๐ด = ๐‘‰, ๐น: ๐‘‰ ร— ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰| (๐‘ƒ, ๐‘„) โ†’ ๐‘ƒ๐‘„ โ‰ ๐‘„ โˆ’ ๐‘ƒ (detto spazio affine standard su ๐‘‰)

2) ๐‘“: ๐‘ˆ โ†’ ๐‘Š lineare, ๐‘ โˆˆ ๐‘Š.

135

Sia ๐ด = ๐‘“โˆ’1(๐‘), ๐‘‰ = ๐‘“โˆ’1(0) = ๐พ๐‘’๐‘Ÿ(๐‘“).

Allora ๐ด รจ spazio affine su ๐‘‰ tramite ๐น: ๐ด ร— ๐ด โ†’ ๐‘‰| (๐‘Ž1, ๐‘Ž2) โ†’ ๐‘Ž1๐‘Ž2 โ‰ ๐‘Ž2 โˆ’ ๐‘Ž1.

DEFINIZIONE 5.2.5: Definiamo traslazione del vettore ๐‘ฃ, ๐œ๐‘ฃ: ๐ด โ†’ ๐ด| ๐‘ƒ โ†’ ๐‘„, con ๐‘ƒ๐‘„ = ๐‘ฃ.

Notazione: Se ๐‘ƒ โˆˆ ๐ด e ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, denoteremo con ๐‘ƒ + ๐‘ฃ lโ€™unico punto ๐‘„ di ๐ด tale che ๐‘ƒ๐‘„ = ๐‘ฃ.

Osservazione: Con questa notazione si ha:

๐‘ƒ(๐‘ƒ + ๐‘ฃ) = ๐‘ฃ;

๐‘ƒ + ๐‘ƒ๐‘„ = ๐‘„;

๐œ๐‘ฃ(๐‘ƒ) = ๐‘ƒ + ๐‘ฃ.

Si ha cosรฌ lโ€™applicazione ๐ด ร— ๐‘‰ โ†’ ๐ด| (๐‘ƒ, ๐‘ฃ) โ†’ ๐‘ƒ + ๐‘ฃ.

LEMMA 5.2.2: โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ด, โˆ€๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2 โˆˆ ๐‘‰, (๐‘ƒ + ๐‘ฃ1) + ๐‘ฃ2 = ๐‘ƒ + (๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2).

(Osservazione: Questa relazione non รจ affatto ovvia, in quanto la scrittura ๐‘ƒ + ๐‘ฃ รจ solamente

una notazione e non ha niente a che fare con la somma tradizionale.)

Dimostrazione:

Sia ๐‘ƒ1 = ๐‘ƒ + ๐‘ฃ1, ossia ๐‘ƒ๐‘ƒ1 = ๐‘ฃ1.

Sia ๐‘ƒ2 = ๐‘ƒ1 + ๐‘ฃ2, ossia ๐‘ƒ1๐‘ƒ2 = ๐‘ฃ2.

๐‘ƒ + (๐‘ฃ1 + ๐‘ฃ2) = ๐‘ƒ + (๐‘ƒ๐‘ƒ1 + ๐‘ƒ1๐‘ƒ2 ) = ๐‘ƒ + ๐‘ƒ๐‘ƒ2 = ๐‘ƒ2, da cui la tesi.

DEFINIZIONE 5.2.6: Fissato ๐‘ƒ โˆˆ ๐ด, definiamo lโ€™applicazione ๐น๐‘ƒ: ๐ด โ†’ ๐‘‰| ๐‘„ โ†’ ๐‘ƒ๐‘„ (a volte questa

applicazione prende il nome di sollevamento di ๐ด su ๐‘‰).

Osservazione: Dagli assiomi segue che ๐น๐‘ƒ รจ bigettiva e ๐น๐‘ƒ(๐‘ƒ) = ๐‘ƒ๐‘ƒ = 0, dunque ๐น๐‘ƒ trasforma ๐‘ƒ

nellโ€™origine di ๐‘‰.

In altre parole, con ๐น๐‘ƒ โ€œidentificoโ€ ๐ด con ๐‘‰, ossia โ€œsollevoโ€ su ๐ด una struttura di spazio

vettoriale. Questo si puรฒ fare โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ด.

Osservazione: โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐น๐‘ƒโˆ’1(๐‘ฃ) = ๐‘ƒ + ๐‘ฃ.

Osservazione: Cerchiamo di sollevare la nozione di combinazione lineare di vettori nello spazio

affine: siano ๐‘ƒ1, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด. Fissiamo ๐‘ƒ โˆˆ ๐ด.

๐น๐‘ƒ trasforma ๐‘ƒ๐‘– in ๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘– โˆ€๐‘–.

Inoltre โˆ€๐‘ก1, โ€ฆ , ๐‘ก๐‘˜ โˆˆ ๐•‚, โˆƒ๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐‘‰ e

๐น๐‘ƒโˆ’1(๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ ) = ๐‘ƒ + ๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด.

Affinchรฉ sia una buona definizione, il risultato non deve dipendere da ๐‘ƒ.

Cioรจ se ๐ด โˆ‹ ๐‘„ โ‰  ๐‘ƒ, allora deve valere ๐‘ƒ + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘– ๐‘˜๐‘–=1 = ๐‘„ + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘„๐‘ƒ๐‘– ๐‘˜

๐‘–=1 .

๐‘ƒ +โˆ‘๐‘ก๐‘–๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘–

๐‘˜

๐‘–=1

= ๐‘ƒ +โˆ‘๐‘ก๐‘–(๐‘ƒ๐‘„ + ๐‘„๐‘ƒ๐‘– )

๐‘˜

๐‘–=1

= ๐‘ƒ + (โˆ‘๐‘ก๐‘–

๐‘˜

๐‘–=1

)๐‘ƒ๐‘„ +โˆ‘๐‘ก๐‘–๐‘„๐‘ƒ๐‘–

๐‘˜

๐‘–=1

,

che coincide con ๐‘„ +โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘„๐‘ƒ๐‘– ๐‘˜๐‘–=1 โ‡” ๐‘ƒ + (โˆ‘ ๐‘ก๐‘–

๐‘˜๐‘–=1 )๐‘ƒ๐‘„ = ๐‘„ โ‡” โˆ‘ ๐‘ก๐‘–

๐‘˜๐‘–=1 = 1.

136

DEFINIZIONE 5.2.7: Dati ๐‘ƒ1, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด e ๐‘ก1, โ€ฆ , ๐‘ก๐‘˜ โˆˆ ๐•‚| โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘˜๐‘–=1 = 1, definiamo combinazione

affine dei punti ๐‘ƒ๐‘– con coefficienti e ๐‘ก1, โ€ฆ , ๐‘ก๐‘˜ il punto ๐‘ƒ + ๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ , dove ๐‘ƒ รจ un

qualunque punto di ๐ด.

Osservazione: Notiamo che โˆ€๐‘ƒ, ๐‘ƒ1, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด e โˆ€๐‘ก1, โ€ฆ , ๐‘ก๐‘˜ โˆˆ ๐•‚| โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘˜๐‘–=1 = 1, vale:

๐‘ƒ + ๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ = ๐‘ก1๐‘ƒ1+. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘˜.

Infatti ๐น๐‘ƒ(๐‘ƒ + ๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ ) = ๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ e

๐น๐‘ƒ(๐‘ก1๐‘ƒ1+. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘˜) = ๐‘ƒ(๐‘ก1๐‘ƒ1+. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘˜) = ๐‘ก1๐‘ƒ๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘ƒ๐‘˜ ,

e poichรฉ ๐น๐‘ƒ รจ bigettiva, ho la tesi.

Esempi: 1) Se ๐‘ƒ, ๐‘„ โˆˆ ๐ด, 1

2๐‘ƒ +

1

2๐‘„ รจ detto punto medio fra ๐‘ƒ e ๐‘„ (๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) โ‰  2)

2) Se ๐‘ƒ1 , โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด, 1

๐‘˜๐‘ƒ1+. . . +

1

๐‘˜๐‘ƒ๐‘˜ รจ detto baricentro dei ๐‘ƒ๐‘– (๐‘โ„Ž๐‘Ž๐‘Ÿ(๐•‚) โˆค ๐‘˜).

DEFINIZIONE 5.2.8: Definiamo insieme delle combinazioni affini dei punti ๐‘ƒ1, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด

๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ1, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜) = {๐‘๐‘œ๐‘š๐‘๐‘–๐‘›๐‘Ž๐‘ง๐‘–๐‘œ๐‘›๐‘– ๐‘Ž๐‘“๐‘“๐‘–๐‘›๐‘– ๐‘‘๐‘– ๐‘ƒ1, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜}.

Esempio: ๐ด = ๐•‚๐‘›, ๐‘ƒ1, ๐‘ƒ2 โˆˆ ๐ด punti distinti.

๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ1, ๐‘ƒ2) = {๐‘ก1๐‘ƒ1 + ๐‘ก2๐‘ƒ2|๐‘ก1 + ๐‘ก2 = 1} = {๐‘ƒ1 + (1 โˆ’ ๐‘ก)๐‘ƒ1๐‘ƒ1 + ๐‘ก๐‘ƒ1, ๐‘ƒ2 |๐‘ก โˆˆ ๐•‚} =

= {๐‘ƒ1 + ๐‘ก(๐‘ƒ2 โˆ’ ๐‘ƒ1)|๐‘ก โˆˆ ๐•‚}, cioรจ รจ la retta passante per ๐‘ƒ1 e ๐‘ƒ2.

Analogamente se vede che ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ1, ๐‘ƒ2, ๐‘ƒ3) รจ il piano contenente ๐‘ƒ1, ๐‘ƒ2, ๐‘ƒ3 (se i tre punti non

sono allineati).

Similmente al caso lineare, definisco:

DEFINIZIONE 5.2.9: ๐ป โŠ† ๐ด (anche ๐ป = โˆ…) รจ detto sottospazio affine di ๐ด se รจ chiuso per

combinazioni affini.

Osservazione: Come nel caso lineare, lโ€™intersezione di una famiglia arbitraria di sottospazi affini

รจ un sottospazio affine.

Notazione: Se ๐‘ƒ0 โˆˆ ๐ด e ๐‘Š รจ sottospazio di ๐‘‰, indicheremo con ๐‘ƒ0 +๐‘Š = {๐‘ƒ0 + ๐‘ค|๐‘ค โˆˆ ๐‘Š}.

Osservazione: ๐‘ƒ0 +๐‘Š = {๐œ๐‘ค(๐‘ƒ0)|๐‘ค โˆˆ ๐‘Š} e ๐น๐‘ƒโˆ’1(๐‘Š) = ๐‘ƒ +๐‘Š.

PROPOSIZIONE 5.2.3: โˆ€๐‘ƒ0 โˆˆ ๐ด, โˆ€๐‘Š sottospazio di ๐‘‰, ๐‘ƒ0 +๐‘Š รจ sottospazio affine di ๐ด.

Dimostrazione:

Verifico che ๐‘ƒ0 +๐‘Š รจ chiuso per combinazioni affini.

Siano ๐‘ƒ0 + ๐‘ค1, โ€ฆ , ๐‘ƒ0 + ๐‘ค๐‘˜ โˆˆ ๐‘ƒ0 +๐‘Š; ๐‘ก1+. . . +๐‘ก๐‘˜ = 1.

๐‘ก1(๐‘ƒ0 + ๐‘ค1) + โ‹ฏ+ ๐‘ก๐‘˜(๐‘ƒ0 + ๐‘ค๐‘˜) = ๐‘ƒ0 + ๐‘ก1๐‘ƒ0(๐‘ƒ0 + ๐‘ค1) + โ‹ฏ+ ๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ0(๐‘ƒ0 + ๐‘ค๐‘˜) = = ๐‘ƒ0 + ๐‘ก1๐‘ค1+. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ค๐‘˜ โˆˆ ๐‘ƒ0 +๐‘Š, da cui la tesi.

137

PROPOSIZIONE 5.2.4: Sia ๐ป โ‰  โˆ… un sottospazio affine di ๐ด. Allora esiste un unico sottospazio

๐‘Š๐ป di ๐‘‰ (detto la giacitura di ๐ป), tale che โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ป, ๐ป = ๐‘ƒ +๐‘Š๐ป.

Dimostrazione:

Sia ๐‘ƒ0 โˆˆ ๐ป. Cerco ๐‘Š0 sottospazio di ๐‘‰| ๐ป = ๐‘ƒ0 +๐‘Š0.

Poichรฉ ๐‘ƒ0 +๐‘Š0 = ๐น๐‘ƒ0โˆ’1(๐‘Š0), deve essere ๐‘Š0 = ๐น๐‘ƒ0(๐ป) = {๐‘ค โˆˆ ๐‘‰|๐‘ƒ0 + ๐‘ค โˆˆ ๐ป}.

Verifico che lโ€™insieme ๐‘Š0 รจ sottospazio di ๐‘‰.

Siano ๐‘ค1, ๐‘ค2 โˆˆ ๐‘Š0, ๐›ผ1, ๐›ผ2 โˆˆ ๐•‚.

Allora ๐‘ƒ0 + ๐‘ค1 โˆˆ ๐ป, ๐‘ƒ0 + ๐‘ค2 โˆˆ ๐ป.

Devo mostrare che ๐›ผ1๐‘ค1 + ๐›ผ2๐‘ค2 โˆˆ ๐‘Š0, cioรจ che ๐‘ƒ0 + ๐›ผ1๐‘ค1 + ๐›ผ2๐‘ค2 โˆˆ ๐ป.

๐‘ƒ0 + ๐›ผ1๐‘ค1 + ๐›ผ2๐‘ค2 = ๐‘ƒ0 + ๐›ผ1๐‘ƒ0(๐‘ƒ0 + ๐‘ค1) + ๐›ผ2๐‘ƒ0(๐‘ƒ0 + ๐‘ค2) =

= ๐‘ƒ0 + (1 โˆ’ ๐›ผ1 โˆ’ ๐›ผ2)๐‘ƒ0๐‘ƒ0 + ๐›ผ1๐‘ƒ0(๐‘ƒ0 + ๐‘ค1) + ๐›ผ2๐‘ƒ0(๐‘ƒ0 + ๐‘ค2) , che appartiene a ๐ป perchรฉ combinazione affine dei punti ๐‘ƒ0, ๐‘ƒ0 + ๐‘ค1, ๐‘ƒ0 + ๐‘ค2 che stanno in ๐ป.

Resta da controllare che ๐‘Š0 non dipende dalla scelta di ๐‘ƒ0, ossia che โˆ€๐‘ƒ1, ๐‘ƒ2 โˆˆ ๐ป,

๐น๐‘ƒ1(๐ป) = ๐น๐‘ƒ2(๐ป).

๐น๐‘ƒ1(๐ป) = {๐‘ƒ1๐‘„ |๐‘„ โˆˆ ๐ป}.

Sia ๐‘ƒ1๐‘„ โˆˆ ๐น๐‘ƒ1(๐ป).

Allora ๐‘ƒ1๐‘„ = ๐‘ƒ1๐‘ƒ2 + ๐‘ƒ2๐‘„ = โˆ’๐‘ƒ2๐‘ƒ1 โŸ โˆˆ๐น๐‘ƒ2(๐ป)

+ ๐‘ƒ2๐‘„ โŸโˆˆ๐น๐‘ƒ2(๐ป)

โˆˆ ๐น๐‘ƒ2(๐ป),

cioรจ ๐น๐‘ƒ1(๐ป) โŠ† ๐น๐‘ƒ2(๐ป).

Analogamente si prova lโ€™inclusione opposta โ‡’ tesi.

DEFINIZIONE 5.2.10: Se ๐ป รจ sottospazio affine di ๐ด, si pone dim(๐ป) = dim(๐‘Š๐ป).

๐ป รจ detto retta (affine) se dim(๐ป) = 1;

๐ป รจ detto piano (affine) se dim(๐ป) = 2;

๐ป รจ detto iperpiano (affine) se dim(๐ป) = dim(๐ด) โˆ’ 1.

Osservazione: ๐ป, ๐ฟ sottospazi affini di ๐ด, ๐ป โˆฉ ๐ฟ โ‰  โˆ….

Allora โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ป โˆฉ ๐ฟ, ๐ป = ๐‘ƒ +๐‘Š๐ป, ๐ฟ = ๐‘ƒ +๐‘Š๐ฟ.

๐ป โˆฉ ๐ฟ = (๐‘ƒ +๐‘Š๐ป) โˆฉ (๐‘ƒ +๐‘Š๐ฟ) = ๐‘ƒ + (๐‘Š๐ป โˆฉ๐‘Š๐ฟ) โ‡’ ๐‘Š๐ปโˆฉ๐ฟ = ๐‘Š๐ป โˆฉ๐‘Š๐ฟ.

Dunque dim(๐ป โˆฉ ๐ฟ) = dim(๐‘Š๐ป โˆฉ๐‘Š๐ฟ).

DEFINIZIONE 5.2.11: Due sottospazi affini ๐ป, ๐ฟ si dicono:

incidenti se ๐ป โˆฉ ๐ฟ โ‰  โˆ…;

paralleli se ๐‘Š๐ป โŠ† ๐‘Š๐ฟ โˆจ๐‘Š๐ฟ โŠ† ๐‘Š๐ป;

sghembi se ๐ป โˆฉ ๐ฟ = โˆ… โˆง๐‘Š๐ป โˆฉ๐‘Š๐ฟ = {0}.

Osservazione: Il parallelismo non รจ una relazione di equivalenza:

138

infatti dalla figura si vede che ๐‘Š๐‘Ÿ โŠ† ๐‘Š๐‘ƒ e ๐‘Š๐‘  โŠ† ๐‘Š๐‘ƒ, ma ๐‘Š๐‘  โŠˆ ๐‘Š๐‘Ÿ โˆง๐‘Š๐‘Ÿ โŠˆ ๐‘Š๐‘ .

PROPOSIZIONE 5.2.5: ๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด. Allora:

๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜) = ๐‘ƒ0 + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ0๐‘ƒ1 , โ€ฆ , ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘˜ ).

Quindi ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜) รจ un sottospazio affine di ๐ด, detto il sottospazio affine generato da

๐‘ƒ0, โ€ฆ๐‘ƒ๐‘˜. รˆ il piรน piccolo sottospazio affine di ๐ด contenente ๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜.

Dimostrazione:

Per definizione di combinazione affine vale โŠ†.

Mostriamo ora lโ€™inclusione opposta:

โˆ€๐‘ก1, โ€ฆ , ๐‘ก๐‘˜ โˆˆ ๐•‚, ๐‘ƒ0 + ๐‘ก1๐‘ƒ0๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘˜ = ๐‘ƒ0 + (1 โˆ’ โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘˜๐‘–=1 )๐‘ƒ0๐‘ƒ0 + ๐‘ก1๐‘ƒ0๐‘ƒ1 +. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘˜ , che

appartiene a ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜) โ‡’ tesi.

Osservazione: Dunque dim(๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜)) = dim (๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ0๐‘ƒ1 , โ€ฆ , ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘˜ )).

Notazione: In generale โˆ€๐‘‹ โŠ† ๐ด, ๐‘‹ โ‰  โˆ…, denotiamo con ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘‹) lโ€™insieme delle combinazioni

affini dei punti di ๐‘‹.

PROPOSIZIONE 5.2.6: ๐‘‹ โŠ† ๐ด. โˆ€๐‘… โˆˆ ๐‘‹, ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘‹) = ๐‘… + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›({๐‘…๐‘„ |๐‘„ โˆˆ ๐‘‹}).

Inoltre se ๐ป โŠ† ๐ด รจ un sottospazio affine di ๐ด che contiene ๐‘‹, allora ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘‹) โŠ† ๐ป.

Dimostrazione:

รˆ analoga a quella della proposizione precedente.

DEFINIZIONE 5.2.12: Se ๐ป, ๐ฟ sono sottospazi affini di ๐ด, poniamo ๐ป + ๐ฟ = ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐ป โˆช ๐ฟ).

Osservazione: ๐ป โŠ† ๐ฟ โ‡’ ๐‘Š๐ป โŠ† ๐‘Š๐ฟ.

Dimostrazione:

โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ป, ๐ป = ๐‘ƒ +๐‘Š๐ป, ๐ฟ = ๐‘ƒ +๐‘Š๐ฟ.

โˆ€๐‘ค โˆˆ ๐‘Š๐ป, ๐‘ƒ + ๐‘ค โˆˆ ๐ป โŠ† ๐ฟ โ‡’ ๐‘ค โˆˆ ๐‘Š๐ฟ.

PROPOSIZIONE 5.2.7: ๐ป, ๐ฟ sottospazi affini di ๐ด. Allora โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ป, โˆ€๐‘„ โˆˆ ๐ฟ:

๐‘Š๐ป+๐ฟ = ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ๐‘„ ).

Dimostrazione:

โŠ‡) ๐ป โŠ† ๐ป + ๐ฟ, ๐ฟ โŠ† ๐ป + ๐ฟ โ‡’ ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ โŠ† ๐‘Š๐ป+๐ฟ.

Poichรฉ ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ, ๐‘„) โŠ† ๐ป + ๐ฟ โ‡’ ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ๐‘„ ) โŠ† ๐‘Š๐ป+๐ฟ.

โŠ†) Considero il sottospazio affine ๐‘† = ๐‘ƒ + (๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ๐‘„ )).

Allora ๐‘† โŠ‡ ๐‘ƒ +๐‘Š๐ป = ๐ป; inoltre ๐‘† โŠ‡ ๐ฟ, infatti:

๐‘„ = ๐‘ƒ + ๐‘ƒ๐‘„ โˆˆ ๐‘† โ‡’ ๐‘† = ๐‘„ + (๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ๐‘„ )) โ‡’ ๐‘† โŠ‡ ๐‘„ +๐‘Š๐ฟ = ๐ฟ.

Per minimalitร , ๐‘† โŠ‡ ๐ป + ๐ฟ โ‡’ ๐‘Š๐‘† = ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ๐‘„ ) โŠ‡ ๐‘Š๐ป+๐ฟ.

LEMMA 5.2.8: ๐ป, ๐ฟ sottospazi affini di ๐ด. Allora ๐ป โˆฉ ๐ฟ = โˆ… โ‡” โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ป, โˆ€๐‘„ โˆˆ ๐ฟ, ๐‘ƒ๐‘„ โˆ‰ ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ .

Dimostrazione:

โ‡’) Per assurdo supponiamo che โˆƒ๐‘ƒ โˆˆ ๐ป,๐‘„ โˆˆ ๐ฟ| ๐‘ƒ๐‘„ = ๐‘ค1 + ๐‘ค2, con ๐‘ค1 โˆˆ ๐‘Š๐ป, ๐‘ค2 โˆˆ ๐‘Š๐ฟ.

139

๐‘ƒ + ๐‘ค1โŸ โˆˆ๐ป

= ๐‘ƒ + (๐‘ƒ๐‘„ โˆ’ ๐‘ค2) = (๐‘ƒ + ๐‘ƒ๐‘„ ) โˆ’ ๐‘ค2 = ๐‘„ โˆ’ ๐‘ค2โŸ โˆˆ๐ฟ

, assurdo.

โ‡) Per assurdo supponiamo โˆƒ๐‘… โˆˆ ๐ป โˆฉ ๐ฟ.

Siano ๐‘ƒ โˆˆ ๐ป, ๐‘„ โˆˆ ๐ฟ, per cui ๐ป = ๐‘ƒ +๐‘Š๐ป, ๐ฟ = ๐‘„ +๐‘Š๐ฟ.

Allora ๐‘ƒ๐‘„ = ๐‘ƒ๐‘… โŸโˆˆ๐‘Š๐ป

+ ๐‘…๐‘„ โŸโˆˆ๐‘Š๐ฟ

โˆˆ ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ, assurdo.

FORMULA DI GRASSMANN AFFINE: Siano ๐ป, ๐ฟ sottospazi di ๐ด.

1) Se ๐ป โˆฉ ๐ฟ โ‰  โˆ… โ‡’ dim(๐ป + ๐ฟ) = dim(๐ป) + dim(๐ฟ) โˆ’ dim(๐ป โˆฉ ๐ฟ).

2) Se ๐ป โˆฉ ๐ฟ = โˆ… โ‡’ dim(๐ป + ๐ฟ) = dim(๐ป) + dim(๐ฟ) โˆ’ dim(๐‘Š๐ป โˆฉ๐‘Š๐ฟ) + 1.

Dimostrazione:

dim(๐ป + ๐ฟ) = dim(๐‘Š๐ป+๐ฟ) e ๐‘Š๐ป+๐ฟ = ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ๐‘„ ), con ๐‘ƒ โˆˆ ๐ป e ๐‘„ โˆˆ ๐ฟ.

1) Per il lemma, se ๐ป โˆฉ ๐ฟ โ‰  โˆ…, ๐‘ƒ๐‘„ โˆˆ ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ โ‡’ ๐‘Š๐ป+๐ฟ = ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ.

La tesi segue dalla formula di Grassmann vettoriale: dim(๐‘Š๐ป+๐ฟ) = dim(๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ) = dim(๐‘Š๐ป) + dim(๐‘Š๐ฟ) โˆ’ dim(๐‘Š๐ป โˆฉ๐‘Š๐ฟ) =

= dim(๐ป) + dim(๐ฟ) โˆ’ dim(๐ป โˆฉ ๐ฟ).

2) Se ๐ป โˆฉ ๐ฟ = โˆ…, per il lemma ๐‘ƒ๐‘„ โˆ‰ ๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ.

Quindi dim(๐‘Š๐ป+๐ฟ) = dim (๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ + ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ๐‘„ )) = dim(๐‘Š๐ป +๐‘Š๐ฟ) + 1 e si conclude

come prima.

Osservazione: Se ๐ป e ๐ฟ sono sghembi, allora dim(๐ป + ๐ฟ) = dim(๐ป) + dim(๐ฟ) + 1

(infatti tutte le combinazioni affini di due rette sghembe in โ„3 generano tutto lo spazio โ„3).

DEFINIZIONE 5.2.13: ๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ si dicono affinemente indipendenti se

dim(๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜)) = ๐‘˜ (ossia se dim (๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐‘ƒ0๐‘ƒ1 , โ€ฆ , ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘˜ )) = ๐‘˜, cioรจ se ๐‘ƒ0๐‘ƒ1 , โ€ฆ , ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘˜

sono linearmente indipendenti.

DEFINIZIONE 5.2.14: Sia dim(๐ด) = ๐‘› . Si chiama riferimento affine di ๐ด ogni insieme ordinato

๐‘… = {๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘›} di ๐‘› + 1 punti di ๐ด affinemente indipendenti.

Osservazione: Essendo ๐‘… ordinato, scelgo ๐‘ƒ0 come โ€œpunto baseโ€.

Inoltre {๐‘ƒ0๐‘ƒ1 , โ€ฆ , ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘› } รจ una base di ๐‘‰.

Osservazioni: 1) Se โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ una base di ๐‘‰, โˆ€๐‘ƒ0 โˆˆ ๐ด, {๐‘ƒ0, ๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ๐‘›} รจ

riferimento affine di ๐ด.

2) Se ๐ด = ๐‘‰ e โ„ฌ = {๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ base di ๐‘‰ allora {0, ๐‘ฃ1, โ€ฆ , ๐‘ฃ๐‘›} รจ riferimento affine.

Ad esempio in ๐•‚๐‘›, {0, ๐‘’1, โ€ฆ , ๐‘’๐‘›} รจ detto riferimento affine standard.

PROPOSIZIONE 5.2.9: Se ๐‘… = {๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘›} รจ un riferimento affine di ๐ด, ogni punto ๐‘ƒ โˆˆ ๐ด si

scrive in modo unico come ๐‘ƒ = ๐‘Ž0๐‘ƒ0+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ƒ๐‘›, con ๐‘Ž0+. . . +๐‘Ž๐‘› = 1.

((๐‘Ž1, โ€ฆ , ๐‘Ž๐‘›) sono quindi dette le coordinate affini di ๐‘ƒ rispetto a ๐‘…).

Dimostrazione:

Per ipotesi ๐ด = ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘›), dunque gli ๐‘Ž๐‘– esistono.

Mostriamo che sono unici:

140

se ๐‘ƒ = ๐‘Ž0๐‘ƒ0+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ƒ๐‘› = ๐‘Ž0โ€ฒ๐‘ƒ0+. . . +๐‘Ž๐‘›

โ€ฒ ๐‘ƒ๐‘›, con โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–๐‘›๐‘–=0 = โˆ‘ ๐‘Ž๐‘–

โ€ฒ๐‘›๐‘–=0 = 1, allora:

๐‘Ž0๐‘ƒ0+. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ƒ๐‘› = ๐‘ƒ0 + ๐‘Ž1๐‘ƒ0๐‘ƒ1 +. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘› ;

๐‘Ž0โ€ฒ๐‘ƒ0+. . . +๐‘Ž๐‘›

โ€ฒ ๐‘ƒ๐‘› = ๐‘ƒ0 + ๐‘Ž1โ€ฒ๐‘ƒ0๐‘ƒ1 +. . . +๐‘Ž๐‘›

โ€ฒ ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘› ,

dunque ๐‘Ž1๐‘ƒ0๐‘ƒ1 +. . . +๐‘Ž๐‘›๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘› = ๐‘Ž1โ€ฒ๐‘ƒ0๐‘ƒ1 +. . . +๐‘Ž๐‘›

โ€ฒ ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘› , ma i ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘– sono linearmente indipendenti,

perciรฒ ๐‘Ž๐‘– = ๐‘Ž๐‘–โ€ฒ โˆ€๐‘– โ‡’ ๐‘Ž0 = ๐‘Ž0

โ€ฒ , da cui la tesi.

DEFINIZIONE 5.2.15: ๐ด spazio affine su ๐‘‰, ๐ต spazio affine su ๐‘Š, ๐‘‰,๐‘Š ๐•‚-spazi vettoriali.

๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต si dice trasformazione affine se conserva le combinazioni affini.

DEFINIZIONE 5.2.16: ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต trasformazione affine si dice isomorfismo affine se รจ biunivoca.

DEFINIZIONE 5.2.17: Un isomorfismo affine ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ด si dice affinitร .

Poniamo ๐ด๐‘“๐‘“(๐ด) = {๐‘Ž๐‘“๐‘“๐‘–๐‘›๐‘–๐‘กร  ๐ด โ†’ ๐ด}.

Esempi: 1) Le traslazioni sono affinitร .

2) Se ๐‘… รจ riferimento affine e dim(๐ด) = ๐‘›,

[ ]๐‘…:๐ด โ†’ ๐•‚๐‘›

๐‘ƒ โ†’ [๐‘ƒ]๐‘…, dove [๐‘ƒ]๐‘… sono le coordinate affini di ๐‘ƒ rispetto a ๐‘…,

รจ un isomorfismo affine (quindi ๐ด โ‰… ๐•‚๐‘›).

Osservazione: [ ]๐‘… trasforma i punti di ๐‘… in 0, ๐‘’1, โ€ฆ , ๐‘’๐‘›.

PROPOSIZIONE 5.2.10: ๐ด = ๐‘‰. Se ๐‘“: ๐‘‰ โ†’ ๐‘‰ รจ unโ€™affinitร  e ๐‘“(0) = 0, allora ๐‘“ รจ lineare.

Dimostrazione:

โˆ€๐‘ฃ1, ๐‘ฃ2 โˆˆ ๐‘‰, โˆ€๐‘ก1, ๐‘ก2 โˆˆ ๐•‚:

๐‘“(๐‘ก1๐‘ฃ1 + ๐‘ก2๐‘ฃ2) = ๐‘“((1 โˆ’ ๐‘ก1 โˆ’ ๐‘ก2) โˆ™ 0 + ๐‘ก1๐‘ฃ1 + ๐‘ก2๐‘ฃ2) = (1 โˆ’ ๐‘ก1 โˆ’ ๐‘ก2)๐‘“(0) + ๐‘ก1๐‘“(๐‘ฃ1) + ๐‘ก2๐‘“(๐‘ฃ2) =

= ๐‘ก1๐‘“(๐‘ฃ1) + ๐‘ก2๐‘“(๐‘ฃ2), da cui la tesi.

PROPOSIZIONE 5.2.11: ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐‘‰). Allora esistono unici ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘” โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)| ๐‘“ = ๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘”.

Dimostrazione:

Sia ๐‘ฃ = ๐‘“(0). Allora ๐‘” = ๐œโˆ’๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘“ โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐‘‰) e ๐‘”(0) = 0 โ‡’ ๐‘” โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰).

Poichรฉ ๐‘“(0) รจ unico, allora ๐‘ฃ รจ unico e quindi anche ๐‘” รจ univocamente determinato, tesi.

Osservazione: Dunque ๐ด๐‘“๐‘“(๐‘‰) = {๐œ๐‘ฃ โˆ˜ ๐‘”|๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰, ๐‘” โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰)}.

Di conseguenza ๐ด๐‘“๐‘“(๐‘‰) coincide con il gruppo di trasformazioni che avevamo precedentemente

denotato con ๐ด(๐‘‰), generato dalle traslazioni ๐‘‡(๐‘‰) di ๐‘‰ e da ๐บ๐ฟ(๐‘‰).

In particolare:

๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›) = {๐‘‹ โ†’ ๐ด๐‘‹ + ๐ต|๐ด โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), ๐ต โˆˆ ๐•‚๐‘›}.

Osservazione: Prendiamo ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต biunivoca, con ๐ด, ๐ต spazi affini su ๐‘‰,๐‘Š. Allora:

๐น๐‘ƒ0

๐ดโ†“๐‘‰

๐‘“โ†’

โ†’ ๐ตโ†“๐‘Š๐น๐‘“(๐‘ƒ0)

141

Sia ๐œ‘๐‘ƒ0: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lโ€™unica applicazione che rende commutativo il diagramma:

๐น๐‘ƒ0

๐ดโ†“๐‘‰

๐‘“โ†’

๐œ‘๐‘ƒ0

โ†’ ๐ตโ†“๐‘Š๐น๐‘“(๐‘ƒ0)

Dunque ๐œ‘๐‘ƒ0 รจ univocamente determinata da ๐œ‘๐‘ƒ0 = ๐น๐‘“(๐‘ƒ0) โˆ˜ ๐‘“ โˆ˜ ๐น๐‘ƒ0โˆ’1.

Osservazioni: Sia ๐œ‘๐‘ƒ0 lโ€™applicazione trovata nel punto precedente. Allora:

1) ๐ด โˆ‹ ๐‘ƒ๐น๐‘ƒ0โ†’ ๐‘ƒ0๐‘ƒ

๐œ‘๐‘ƒ0โ†’ ๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ƒ0๐‘ƒ

)๐น๐‘“(๐‘ƒ0)โˆ’1

โ†’ ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ƒ0๐‘ƒ ).

Dunque ๐‘“(๐‘ƒ) = ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ƒ0๐‘ƒ ) e quindi ๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ) = ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘๐‘ƒ0

(๐‘ฃ).

2) ๐‘‰ โˆ‹ ๐‘ฃ๐น๐‘ƒ0โˆ’1โ†’ ๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ

๐‘“โ†’ ๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ)

๐น๐‘“(๐‘ƒ0)โ†’ ๐‘“(๐‘ƒ0)๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ)

Dunque ๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ฃ) = ๐‘“(๐‘ƒ0)๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ) .

PROPOSIZIONE 5.2.12: ๐‘“ รจ affine โ‡” ๐œ‘๐‘ƒ0 รจ lineare.

Dimostrazione:

โ‡’) ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘๐‘ƒ0(โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘–๐‘˜๐‘–=1 ) = ๐‘“(๐‘ƒ0 + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘–

๐‘˜๐‘–=1 ) = ๐‘“ ((1 โˆ’ โˆ‘ ๐‘ก๐‘–

๐‘˜๐‘–=1 )๐‘ƒ0 + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ๐‘–)

๐‘˜๐‘–=1 ) =

= (1 โˆ’ โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘˜๐‘–=1 )๐‘“(๐‘ƒ0) + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ๐‘–)

๐‘˜๐‘–=1 = (1 โˆ’ โˆ‘ ๐‘ก๐‘–

๐‘˜๐‘–=1 )๐‘“(๐‘ƒ0) + โˆ‘ ๐‘ก๐‘– (๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘๐‘ƒ0

(๐‘ฃ๐‘–))๐‘˜๐‘–=1 =

= ๐‘“(๐‘ƒ0) + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ฃ๐‘–)

๐‘˜๐‘–=1 , da cui:

๐œ‘๐‘ƒ0(โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘ฃ๐‘–๐‘˜๐‘–=1 ) = โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐œ‘๐‘ƒ0

(๐‘ฃ๐‘–)๐‘˜๐‘–=1 , cioรจ ๐œ‘๐‘ƒ0 รจ lineare (i passaggi con = seguono dalle

osservazioni precedenti).

โ‡) Siano ๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜ โˆˆ ๐ด, ๐‘ก1+. . . +๐‘ก๐‘˜ = 1.

๐‘“(๐‘ก0๐‘ƒ0 +โ‹ฏ+ ๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ๐‘˜) = ๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ก1๐‘ƒ0๐‘ƒ1 + โ‹ฏ+ ๐‘ก๐‘˜๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘˜ ) = ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘๐‘ƒ0(โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘– ๐‘˜๐‘–=1 ) =

= ๐‘“(๐‘ƒ0) + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘– )๐‘˜

๐‘–=1 = ๐‘“(๐‘ƒ0) + โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘“(๐‘ƒ0)๐‘“(๐‘ƒ๐‘–) ๐‘˜๐‘–=1 = ๐‘ก0๐‘“(๐‘ƒ0)+. . . +๐‘ก๐‘˜๐‘“(๐‘ƒ๐‘˜), cioรจ

๐‘“ รจ affine.

PROPOSIZIONE 5.2.13: Sia ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต trasformazione affine. โˆ€๐‘ƒ0, ๐‘ƒ1 โˆˆ ๐ด, ๐œ‘๐‘ƒ0 = ๐œ‘๐‘ƒ1.

Dimostrazione:

Valgono le relazioni:

๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ) = ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ฃ);

๐‘“(๐‘ƒ1 + ๐‘ฃ) = ๐‘“(๐‘ƒ1) + ๐œ‘๐‘ƒ1(๐‘ฃ), โˆ€๐‘ฃ โˆˆ ๐‘‰.

Queste relazioni possono essere riscritte nella forma:

๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ฃ) = ๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ƒ0);

๐œ‘๐‘ƒ1(๐‘ฃ) = ๐‘“(๐‘ƒ1 + ๐‘ฃ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ƒ1).

Sia ๐‘ƒ = ๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ. Allora ๐‘ƒ1 + ๐‘ฃ = ๐‘ƒ1 + ๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0. Dunque: ๐œ‘๐‘ƒ1

(๐‘ฃ) = ๐‘“ (๐‘ƒ1 + ๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0)โŸ ๐‘๐‘œ๐‘š๐‘.๐‘Ž๐‘“๐‘“๐‘–๐‘›๐‘’

โˆ’ ๐‘“(๐‘ƒ1) = ๐‘“(๐‘ƒ1) + ๐‘“(๐‘ƒ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ƒ0) โˆ’ ๐‘“(๐‘ƒ1) = ๐‘“(๐‘ƒ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ƒ0) =

= ๐‘“(๐‘ƒ0 + ๐‘ฃ) โˆ’ ๐‘“(๐‘ƒ0) = ๐œ‘๐‘ƒ0(๐‘ฃ),

da cui la tesi.

COROLLARIO 5.2.14: ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต รจ affine โ‡” โˆƒ๐œ‘:๐‘‰ โ†’ ๐‘Š applicazione lineare tale che โˆ€๐‘ƒ0 โˆˆ ๐ด,

๐‘“(๐‘ƒ) = ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘(๐‘ƒ0๐‘ƒ ).

DEFINIZIONE 5.2.18: Questa ๐œ‘: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š prende il nome di applicazione lineare associata a ๐‘“.

142

Osservazione: Sia ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต applicazione affine con applicazione lineare associata ๐œ‘: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š.

Sia ๐‘”: ๐ต โ†’ ๐ถ applicazione affine con applicazione lineare associata ๐œ“:๐‘Š โ†’ ๐‘.

Sia ๐‘ƒ0 โˆˆ ๐ด, ๐‘„0 = ๐‘“(๐‘ƒ0).

Allora:

๐‘“(๐‘ƒ) = ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘(๐‘ƒ0๐‘ƒ ) โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ด,

๐‘”(๐‘„) = ๐‘”(๐‘„0) + ๐œ“(๐‘„0๐‘„ ) โˆ€๐‘„ โˆˆ ๐ต.

(๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ƒ) = ๐‘”(๐‘“(๐‘ƒ)) = ๐‘”(๐‘„0) + ๐œ“ (๐‘“(๐‘ƒ0)๐‘“(๐‘ƒ) )โŸ ๐œ‘(๐‘ƒ0๐‘ƒ )

= ๐‘”(๐‘“(๐‘ƒ0)) + (๐œ“ โˆ˜ ๐œ‘)(๐‘ƒ0๐‘ƒ ).

PROPOSIZIONE 5.2.15: Se ๐‘“: ๐ด โ†’ ๐ต รจ affine e invertibile, allora ๐‘“โˆ’1: ๐ต โ†’ ๐ด รจ affine.

Dimostrazione:

Sia ๐œ‘: ๐‘‰ โ†’ ๐‘Š lโ€™applicazione lineare associata. ๐œ‘ รจ invertibile e quindi isomorfismo.

Sia ๐‘ƒ0 โˆˆ ๐ด, ๐‘„0 = ๐‘“(๐‘ƒ0).

Sia ๐‘”: ๐ต โ†’ ๐ด definita da ๐‘”(๐‘„) = ๐‘“โˆ’1(๐‘„0) + ๐œ‘โˆ’1(๐‘„0๐‘„ ).

Allora (๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ƒ0) = ๐‘”(๐‘„0) = ๐‘“โˆ’1(๐‘„0) + ๐œ‘โˆ’1(๐‘„0๐‘„0 ) = ๐‘ƒ0.

Per la formula precedente:

(๐‘” โˆ˜ ๐‘“)(๐‘ƒ) = ๐‘ƒ0 + (๐œ‘โˆ’1 โˆ˜ ๐œ‘)(๐‘ƒ0๐‘ƒ ) = ๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0๐‘ƒ = ๐‘ƒ โˆ€๐‘ƒ.

Dunque ๐‘“โˆ’1(๐‘„) = ๐‘“โˆ’1(๐‘„0) + ๐œ‘โˆ’1(๐‘„0๐‘„ ), da cui la tesi.

Osservazione: Perciรฒ ๐ด๐‘“๐‘“(๐ด) รจ un gruppo.

PROPOSIZIONE 5.2.16: ๐ด spazio affine su ๐‘‰. {๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘›}, {๐‘„0, โ€ฆ , ๐‘„๐‘›} riferimenti affini di ๐ด.

Allora esiste una sola affinitร  ๐‘“ di ๐ด tale che ๐‘“(๐‘ƒ๐‘–) = ๐‘„๐‘– โˆ€0 โ‰ค ๐‘– โ‰ค ๐‘›.

Dimostrazione:

โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ด, ๐‘ƒ si scrive in modo unico come ๐‘ƒ = โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘ƒ๐‘–๐‘›๐‘–=0 , con โˆ‘ ๐‘ก๐‘–

๐‘›๐‘–=0 = 1.

Necessariamente dobbiamo definire ๐‘“(๐‘ƒ) = โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘„๐‘–๐‘›๐‘–=0 .

Verifico che ๐‘“ รจ unโ€™affinitร  (che sarร  dunque unica per quanto appena visto):

sia ๐œ‘ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘‰) lโ€™unico isomorfismo che trasforma ๐‘ƒ0๐‘ƒ1 , โ€ฆ , ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘› in ๐‘„0๐‘„1 , โ€ฆ , ๐‘„0๐‘„๐‘› .

๐‘“(๐‘ƒ) =โˆ‘๐‘ก๐‘–๐‘„๐‘–

๐‘›

๐‘–=0

= ๐‘„0 + ๐‘ก1๐‘„0๐‘„1 +. . . +๐‘ก๐‘›๐‘„0๐‘„๐‘› = ๐‘“(๐‘ƒ0) +โˆ‘๐‘ก๐‘–๐œ‘(๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘– )

๐‘›

๐‘–=1

= ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘ (โˆ‘๐‘ก๐‘–

๐‘›

๐‘–=1

๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘– )

Ma ๐‘ƒ = โˆ‘ ๐‘ก๐‘–๐‘ƒ๐‘–๐‘›๐‘–=0 = ๐‘ƒ0 +โˆ‘ ๐‘ก๐‘–

๐‘›๐‘–=1 ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘– ; inoltre ๐‘ƒ = ๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0๐‘ƒ โ‡’ ๐‘ƒ0๐‘ƒ = โˆ‘ ๐‘ก๐‘–

๐‘›๐‘–=1 ๐‘ƒ0๐‘ƒ๐‘– .

Dunque ๐‘“(๐‘ƒ) = ๐‘“(๐‘ƒ0) + ๐œ‘(๐‘ƒ0๐‘ƒ ) โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ด, da cui la tesi.

143

5.3 GEOMETRIA AFFINE EUCLIDEA

Notazione: Indicheremo con ๐‘‹ โ‹… ๐‘Œ il prodotto scalare standard fra ๐‘‹ e ๐‘Œ in โ„๐‘›.

DEFINIZIONE 5.3.1: ๐‘ฃ โˆˆ โ„๐‘› si dice ortogonale al sottospazio affine ๐‘† se ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š๐‘†โŠฅ.

Esempio: Se ๐ป รจ lโ€™iperpiano ๐ต โ‹… ๐‘‹ + ๐‘‘ = 0, allora ๐ต รจ ortogonale a ๐ป.

DEFINIZIONE 5.3.2: Due sottospazi affini ๐‘† e ๐‘†โ€ฒ si dicono ortogonali (e lo denoteremo ๐‘† โŠฅ ๐‘†โ€ฒ) se

๐‘Š๐‘† โŠ† ๐‘Š๐‘†โ€ฒโŠฅ (โ‡”๐‘Š๐‘†โ€ฒ โŠ† ๐‘Š๐‘†

โŠฅ).

Esempi: 1) Siano ๐‘Ÿ la retta ๐‘‹ = ๐ด๐‘ก + ๐ถ e ๐‘Ÿโ€ฒ la retta ๐‘‹ = ๐ดโ€ฒ๐‘ก + ๐ถโ€ฒ. Allora ๐‘Ÿ โŠฅ ๐‘Ÿโ€ฒ โ‡”๐‘Š๐‘Ÿ โŠ† ๐‘Š๐‘Ÿโ€ฒโŠฅ โ‡”

๐ด โˆˆ (๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ดโ€ฒ))โŠฅโ‡” ๐ด โ‹… ๐ดโ€ฒ = 0.

2) ๐‘Ÿ retta di equazione ๐‘‹ = ๐ด๐‘ก + ๐ถ e ๐ป iperpiano di equazione ๐ต โ‹… ๐‘‹ + ๐‘‘ = 0. Allora ๐‘Š๐ป =

{๐‘‹|๐ต โ‹… ๐‘‹ = 0} e ๐‘Š๐ปโŠฅ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ต), da cui ๐‘Ÿ โŠฅ ๐ป โ‡” ๐ด โˆฅ ๐ต.

PROPOSIZIONE 5.3.1: Sia ๐‘† un sottospazio affine di dimensione ๐‘˜. Allora:

1) ๐‘†โ€ฒ โŠฅ ๐‘† โ‡’ dim(๐‘†โ€ฒ) โ‰ค ๐‘› โˆ’ ๐‘˜.

2) โˆ€0 โ‰ค ๐‘‘ โ‰ค ๐‘› โˆ’ ๐‘˜ esiste un sottospazio affine ๐‘†โ€ฒ di dimensione ๐‘‘ tale che ๐‘†โ€ฒ โŠฅ ๐‘†.

3) Tutti i sottospazi affini ๐‘†โ€ฒ ortogonali a ๐‘† di dimensione massima (dim(๐‘†โ€ฒ) = ๐‘› โˆ’ ๐‘˜) sono

paralleli e ciascuno di essi interseca ๐‘† in uno e un solo punto.

4) โˆ€๐‘ƒ โˆˆ โ„๐‘› โˆƒ! sottospazio affine ๐‘†โ€ฒ ortogonale a ๐‘† di dimensione massima passante per ๐‘ƒ.

Dimostrazione:

1) ๐‘Š๐‘† โŠ† ๐‘Š๐‘†โ€ฒโŠฅ. Poichรฉ dim(๐‘Š๐‘†) = ๐‘˜, allora dim(๐‘Š๐‘†โ€ฒ

โŠฅ) โ‰ฅ ๐‘˜ e dunque dim(๐‘Š๐‘†โ€ฒ) โ‰ค ๐‘› โˆ’ ๐‘˜.

2) Basta prendere ๐‘†โ€ฒ tale che dim(๐‘†โ€ฒ) = dim(๐‘Š๐‘†โ€ฒ) = ๐‘‘ e ๐‘Š๐‘†โ€ฒ โŠ† ๐‘Š๐‘†โŠฅ.

3) Sia ๐‘† = ๐‘… +๐‘Š๐‘† e sia ๐‘†โ€ฒ come nelle ipotesi; ๐‘†โ€ฒ = ๐‘„ +๐‘Š๐‘†โ€ฒ con ๐‘Š๐‘†โ€ฒ โŠ† ๐‘Š๐‘†โŠฅ.

Poichรฉ dim(๐‘Š๐‘†โ€ฒ) = dim(๐‘Š๐‘†โŠฅ) = ๐‘› โˆ’ ๐‘˜, si ha ๐‘Š๐‘†โ€ฒ = ๐‘Š๐‘†

โŠฅ, e dunque ogni ๐‘†โ€ฒ ha giacitura ๐‘Š๐‘†โŠฅ.

Consideriamo ๐‘†โ€ฒ = ๐‘„ +๐‘Š๐‘†โ€ฒ. Visto che โ„๐‘› = ๐‘Š๐‘† โŠ•๐‘Š๐‘†โŠฅ, si ha ๐‘… โˆ’ ๐‘„ = ๐‘ฃ + ๐‘ค, con ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘Š๐‘† e

๐‘ค โˆˆ ๐‘Š๐‘†โŠฅ. Dunque ๐‘… โˆ’ ๐‘ฃ = ๐‘„ + ๐‘ค โˆˆ ๐‘† โˆฉ ๐‘†โ€ฒ, poichรฉ ๐‘… โˆ’ ๐‘ฃ โˆˆ ๐‘… +๐‘Š๐‘† = ๐‘† e ๐‘„ +๐‘ค โˆˆ ๐‘„ +

๐‘Š๐‘†โŠฅ = ๐‘†โ€ฒ. Per ragioni di dimensione, il punto รจ unico.

4) Basta prendere ๐‘†โ€ฒ = ๐‘ƒ +๐‘Š๐‘†โŠฅ.

Esempio: Sia ๐‘Ÿ una retta in โ„3 e ๐‘ƒ โˆˆ โ„3. Esiste un unico piano passante per ๐‘ƒ e ortogonale a ๐‘Ÿ;

tale piano interseca ๐‘Ÿ in uno e un solo punto.

In particolare, se ๐‘Ÿ ha equazione ๐‘‹ = ๐ด๐‘ก + ๐ถ, allora ๐‘Š๐‘Ÿ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ด); visto che ๐‘Š๐‘Ÿ โŠ† ๐‘Š๐ปโŠฅ, per

ragioni di dimensione ๐‘Š๐‘Ÿ = ๐‘Š๐ปโŠฅ, cioรจ ๐‘Š๐ป

โŠฅ = ๐‘†๐‘๐‘Ž๐‘›(๐ด). Dunque ๐ป ha equazione ๐ด โ‹… ๐‘‹ = ๐ด โ‹… ๐‘ƒ.

Osservazione: Siano ๐ป e ๐ปโ€ฒ due iperpiani in โ„๐‘›, di equazione rispettivamente ๐ต โ‹… ๐‘‹ + ๐‘‘ = 0 e

๐ตโ€ฒ โ‹… ๐‘‹ + ๐‘‘โ€ฒ = 0; ๐ป e ๐ปโ€ฒ si dicono ortogonali โ‡” ๐ต โŠฅ ๐ตโ€ฒ โ‡” ๐ต โ‹… ๐ตโ€ฒ = 0.

DEFINIZIONE 5.3.3: Sia ๐‘ƒ โˆˆ โ„๐‘› e ๐‘† un sottospazio affine di โ„๐‘›. Definiamo distanza di ๐‘ƒ da ๐‘†

๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘†) = inf๐‘‹โˆˆ๐‘† ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘‹).

144

PROPOSIZIONE 5.3.2: โˆƒ๐‘ƒ0 โˆˆ ๐‘† tale che ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘†) = โ€–๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0โ€– (e quindi lโ€™inf รจ un minimo).

Dimostrazione:

Sia dim(๐‘†) = ๐‘˜. Per la proposizione precedente โˆƒ! ๐‘†โ€ฒ sottospazio affine ortogonale a ๐‘†, di

dimensione massima e passante per ๐‘ƒ; sia ๐‘ƒ0 tale che ๐‘† โˆฉ ๐‘†โ€ฒ = {๐‘ƒ0}.

Osserviamo che (๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0) โŠฅ ๐‘†.

Vogliamo mostrare che ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘†) = โ€–๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0โ€–, cioรจ che โˆ€๐‘‹ โˆˆ ๐‘†, ๐‘‹ โ‰  ๐‘ƒ0, ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘‹) > โ€–๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0โ€–.

Abbiamo: ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘‹)2 = โ€–๐‘ƒ โˆ’ ๐‘‹โ€–2 = โ€–(๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0) + (๐‘ƒ0 โˆ’ ๐‘‹)โ€–2 =

= ((๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0) + (๐‘ƒ0 โˆ’ ๐‘‹)) โ‹… ((๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0) + (๐‘ƒ0 โˆ’ ๐‘‹)) =

= ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘ƒ0)2 + ๐‘‘(๐‘ƒ0, ๐‘‹)

2 + 2 (๐‘ƒ0 โˆ’ ๐‘‹) โ‹… (๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0)โŸ =0

= ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘ƒ0)2 + ๐‘‘(๐‘ƒ0, ๐‘‹)

2โŸ >0

>

> โ€–๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0โ€–2,

da cui la tesi.

COROLLARIO 5.3.3: ๐ป iperpiano di โ„๐‘› di equazione ๐ต โ‹… ๐‘‹ + ๐‘‘ = 0, ๐‘ƒ โˆˆ โ„๐‘›. Allora ๐‘‘(๐‘ƒ,๐ป) =|๐ตโ‹…๐‘ƒ+๐‘‘|

โ€–๐ตโ€–.

Dimostrazione:

๐‘‘(๐‘ƒ,๐ป) = โ€–๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0โ€–, dove ๐‘ƒ0 = ๐ป โˆฉ ๐‘Ÿ con ๐‘Ÿ la retta per ๐‘ƒ ortogonale a ๐ป. ๐‘Ÿ ha equazione

๐‘‹ = ๐ต๐‘ก + ๐‘ƒ.

Per determinare ๐‘ƒ0 = ๐ป โˆฉ ๐‘Ÿ, cerco ๐‘ก tale che ๐ต โ‹… (๐ต๐‘ก + ๐‘ƒ) + ๐‘‘ = 0, cioรจ ๐‘ก =โˆ’๐‘‘โˆ’๐ตโ‹…๐‘ƒ

โ€–๐ตโ€–2, ossia

๐‘ƒ0 =โˆ’๐‘‘โˆ’๐ตโ‹…๐‘ƒ

โ€–๐ตโ€–2๐ต + ๐‘ƒ.

Finalmente abbiamo ๐‘‘(๐‘ƒ,๐ป) = โ€–๐‘ƒ โˆ’ ๐‘ƒ0โ€– = โ€–๐‘‘+๐ตโ‹…๐‘ƒ

โ€–๐ตโ€–2๐ตโ€– =

|๐‘‘+๐ตโ‹…๐‘ƒ|

โ€–๐ตโ€–2โ€–๐ตโ€– =

|๐‘‘+๐ตโ‹…๐‘ƒ|

โ€–๐ตโ€–.

Osservazione: Il lettore puรฒ trovare in modo analogo la formula per la distanza di un punto da

una retta in โ„3.

DEFINIZIONE 5.3.4: ๐‘†, ๐‘†โ€ฒ sottospazi affini di โ„๐‘›. Definiamo distanza fra ๐‘† e ๐‘†โ€ฒ ๐‘‘(๐‘†, ๐‘†โ€ฒ) =inf๐‘‹โˆˆ๐‘†,๐‘Œโˆˆ๐‘†โ€ฒ ๐‘‘(๐‘‹, ๐‘Œ).

DISTANZA FRA DUE PIANI IN โ„3:

Se ๐ป1 โˆฉ ๐ป2 โ‰  โˆ…, ๐‘‘(๐ป1, ๐ป2) = 0.

Se ๐ป1 โˆฅ ๐ป2, ๐‘‘(๐ป1, ๐ป2) = ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐ป2) โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ป1, che si puรฒ calcolare con la formula precedente.

DISTANZA RETTA-PIANO IN โ„3:

Se ๐‘Ÿ โˆฉ ๐ป โ‰  โˆ…, ๐‘‘(๐‘Ÿ, ๐ป) = 0.

Se ๐‘Ÿ โˆฅ ๐ป, ๐‘‘(๐‘Ÿ, ๐ป) = ๐‘‘(๐‘ƒ,๐ป) โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐‘Ÿ, che si calcola ancora con la formula precedente.

DISTANZA FRA DUE RETTE IN โ„3:

Se ๐‘Ÿ1 โˆฉ ๐‘Ÿ2 โ‰  โˆ…, ๐‘‘(๐‘Ÿ1, ๐‘Ÿ2) = 0.

Se ๐‘Ÿ1 โˆฅ ๐‘Ÿ2, ๐‘‘(๐‘Ÿ1, ๐‘Ÿ2) = ๐‘‘(๐‘ƒ, ๐‘Ÿ2) โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐‘Ÿ1.

Se le rette sono sghembe, diciamo che ๐‘Ÿ1 e ๐‘Ÿ2 hanno equazione rispettivamente ๐‘‹ = ๐ด1๐‘ก + ๐ถ1

e ๐‘‹ = ๐ด2๐‘ก + ๐ถ2; proviamo che โˆƒ! ๐‘™ retta ortogonale a ๐‘Ÿ1 e ๐‘Ÿ2 che le interseca entrambe. Se ๐‘ƒ1

e ๐‘ƒ2 sono i punti di intresezione, evidentemente si ha che ๐‘‘(๐‘Ÿ1, ๐‘Ÿ2) = โ€–๐‘ƒ1 โˆ’ ๐‘ƒ2โ€–.

145

Dimostrazione:

Il generico punto di ๐‘Ÿ1 รจ ๐‘ƒ(๐‘ก) = ๐ด1๐‘ก + ๐ถ1, mentre il generico punto di ๐‘Ÿ2 รจ ๐‘„(๐œƒ) = ๐ด2๐œƒ + ๐ถ2.

La retta ๐‘™(๐‘ก, ๐œƒ) congiungente ๐‘ƒ(๐‘ก) e ๐‘„(๐œƒ) รจ ovviamente incidente sia a ๐‘Ÿ1 che a ๐‘Ÿ2; provo che

โˆƒ! (๐‘ก, ๐œƒ) tale che ๐‘™(๐‘ก, ๐œƒ) รจ ortogonale a entrambe le rette.

Poichรฉ ๐‘™ รจ parallela al vettore ๐‘ƒ(๐‘ก) โˆ’ ๐‘„(๐œƒ) = ๐ด1๐‘ก + ๐ถ1 โˆ’ ๐ด2๐œƒ โˆ’ ๐ถ2, basta imporre:

{(๐ด1๐‘ก + ๐ถ1 โˆ’ ๐ด2๐œƒ โˆ’ ๐ถ2) โ‹… ๐ด1 = 0(๐ด1๐‘ก + ๐ถ1 โˆ’ ๐ด2๐œƒ โˆ’ ๐ถ2) โ‹… ๐ด2 = 0

.

La matrice dei coefficienti di questo sistema 2x2 รจ:

๐‘€ = (๐ด1 โ‹… ๐ด1 โˆ’๐ด1 โ‹… ๐ด2๐ด1 โ‹… ๐ด2 โˆ’๐ด2 โ‹… ๐ด2

) ;

Se ๐ด1 = (๐›ผ1 ๐›ฝ1 ๐›พ1) e ๐ด2 = (๐›ผ2 ๐›ฝ2 ๐›พ2), si ha det(๐‘€) = โˆ’(๐ด1 โ‹… ๐ด1)(๐ด2 โ‹… ๐ด2) +

(๐ด1 โ‹… ๐ด2)2 = โˆ’(๐›ผ1๐›ฝ2 โˆ’ ๐›ผ2๐›ฝ1)

2 โˆ’ (๐›ผ1๐›พ2 โˆ’ ๐›ผ2๐›พ1)2 โˆ’ (๐›ฝ1๐›พ2 โˆ’ ๐›ฝ2๐›พ1)

2, dunque det(๐‘€) = 0 โ‡”

la matrice:

(๐ด1๐ด2) = (

๐›ผ1 ๐›ฝ1 ๐›พ1๐›ผ2 ๐›ฝ2 ๐›พ2

)

ha rango 1, cioรจ ๐ด1 e ๐ด2 sono linearmente dipendenti. Ma le rette sono sghembe, dunque ๐ด1

e ๐ด2 sono linearmente indipendenti e dunque det(๐‘€) โ‰  0.

Da questo segue lโ€™unicitร  (e lโ€™esistenza) della soluzione (๐‘ก0, ๐œƒ0) del sistema; i punti ๐‘ƒ1 =

๐‘ƒ(๐‘ก0) e ๐‘ƒ2 = ๐‘„(๐œƒ0) sono quelli cercati.

5.4 AFFINITร DI ๐•‚๐‘›

Osservazione: ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›) = {๐‘‹ โ†’ ๐‘€๐‘‹ + ๐‘|๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›, ๐•‚), ๐‘ โˆˆ ๐•‚๐‘›}.

Possiamo vedere ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›) come un sottogruppo di ๐บ๐ฟ(๐‘› + 1,๐•‚), infatti:

sia ๐ป = {๐‘‹ = (

๐‘ฅ1โ‹ฎ

๐‘ฅ๐‘›+1) โˆˆ ๐•‚๐‘›+1|๐‘ฅ๐‘›+1 = 1}. ๐ป รจ sottospazio affine di ๐•‚๐‘›+1 con giacitura

๐‘Š๐ป = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›+1|๐‘ฅ๐‘›+1 = 0}.

Sia ๐‘“:๐•‚๐‘› โ†’ ๐ป| ๐‘‹ โ†’ (๐‘‹

1) (se ๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›, la notazione (

๐‘‹

1) indica il vettore ๐‘‹โ€ฒ di ๐•‚๐‘›+1 tale che

๐‘ฅ๐‘–โ€ฒ = ๐‘ฅ๐‘– โˆ€๐‘– โ‰ค ๐‘› e ๐‘ฅ๐‘›+1

โ€ฒ = 1).

Poichรฉ (๐‘‹

1) = (

0

1)

โŸ=๐‘’๐‘›+1

+ (๐‘‹

0), allora ๐‘“ = ๐œ๐‘’๐‘›+1 โˆ˜ ๐œ‘, dove ๐œ‘:๐•‚๐‘› โ†’ ๐‘Š๐ป| ๐‘‹ โ†’ (

๐‘‹

0) รจ un isomorfismo

lineare.

Allora ๐‘“ รจ un isomorfismo affine e ๐•‚๐‘› โ‰…๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐ป.

Sia ๐บ(๐ป) = {๐‘” โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘› + 1,๐•‚)|๐‘”(๐ป) = ๐ป} e sia ๐‘” โˆˆ ๐บ(๐ป).

Allora:

๐‘”(๐‘Œ) = ( ๐‘€ | ๐‘

๐‘ƒ.๐‘ก | ๐‘ž

) โˆ™ ๐‘Œ

per certi ๐‘€ โˆˆ โ„ณ(๐‘›,๐•‚), ๐‘, ๐‘ƒ โˆˆ ๐•‚๐‘›, ๐‘ž โˆˆ ๐•‚ โˆ€๐‘Œ โˆˆ ๐•‚๐‘›+1.

Se ๐‘Œ = (๐‘‹

1) โˆˆ ๐ป, allora:

๐‘” (๐‘‹

1) = (

๐‘€ | ๐‘

๐‘ƒ.๐‘ก | ๐‘ž

) (๐‘‹

1) = (

โˆ—

๐‘ƒ.๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘ž)

146

e dunque ๐‘ƒ.๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘ž = 1 โˆ€๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›, cioรจ ๐‘ƒ = 0, ๐‘ž = 1.

Si ha perciรฒ:

๐บ(๐ป) = {๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ = (๐‘€ | ๐‘

0 | 1) |๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), ๐‘ โˆˆ ๐•‚๐‘›}.

Osservazione: (๐‘€1 | ๐‘1

0 | 1)(

๐‘€2 | ๐‘2

0 | 1) = (

๐‘€1๐‘€2 | ๐‘€1๐‘2 + ๐‘1

0 | 1 ) โ‡’ (๐บ(๐ป),โˆ˜) รจ un sottogruppo

di ๐บ๐ฟ(๐‘› + 1,๐•‚).

PROPOSIZIONE 5.4.1: ๐ฟ: (๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›),โˆ˜) โ†’ (๐บ(๐ป),โˆ˜)| (๐‘‹ โ†’ ๐‘€๐‘‹ + ๐‘) โ†’ (๐‘€ | ๐‘

0 | 1) รจ un

isomorfismo di gruppi (e dunque ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›) รจ isomorfo a un sottogruppo di ๐บ๐ฟ(๐‘› + 1,๐•‚)).

Dimostrazione:

Siano ๐‘“1, ๐‘“2 โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›); ๐‘“1(๐‘‹) = ๐‘€1๐‘‹ + ๐‘1, ๐‘“2(๐‘‹) = ๐‘€2๐‘‹ + ๐‘2.

Vediamo che (๐‘“1 โˆ˜ ๐‘“2)(๐‘‹) = ๐‘“1(๐‘€2๐‘‹ + ๐‘2) = ๐‘€1(๐‘€2๐‘‹ + ๐‘2) + ๐‘1 = ๐‘€1๐‘€2๐‘‹ +๐‘€1๐‘2 + ๐‘1.

Poichรฉ prima abbiamo visto che:

๐ฟ(๐‘“1)๐ฟ(๐‘“2) = (๐‘€1 | ๐‘1

0 | 1) (

๐‘€2 | ๐‘2

0 | 1) = (

๐‘€1๐‘€2 | ๐‘€1๐‘2 + ๐‘1

0 | 1 ),

allora effettivamente ๐ฟ(๐‘“1 โˆ˜ ๐‘“2) = ๐ฟ(๐‘“1)๐ฟ(๐‘“2), cioรจ ๐ฟ รจ lineare.

Poichรฉ รจ evidentemente bigettiva, ho la tesi.

DEFINIZIONE 5.4.1: Sia ๐บ un gruppo di trasformazioni di ๐•‚๐‘›.

Due sottoinsiemi ๐น1, ๐น2 di ๐•‚๐‘› sono detti ๐‘ฎ-equivalenti se โˆƒ๐‘” โˆˆ ๐บ| ๐‘”(๐น1) = ๐น2.

DEFINIZIONE 5.4.2: ๐น1, ๐น2 โŠ† ๐•‚๐‘› sono detti affinemente (rispettivamente, metricamente)

equivalenti se โˆƒ๐‘” โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›) (rispettivamente, ๐‘” โˆˆ ๐ผ๐‘ ๐‘œ๐‘š(๐•‚๐‘›)) tale che ๐‘”(๐น1) = ๐น2.

Notazione: Se ๐น1 e ๐น2 sono affinemente equivalenti, lo indicheremo con ๐น1 โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐น2.

Esempi: ๐ด = ๐•‚๐‘›.

1) Siano ๐น1 = {๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘˜}, ๐น2 = {๐‘„0, โ€ฆ , ๐‘„๐‘˜} (๐‘˜ + 1)-uple di punti di ๐•‚๐‘› affinemente

indipendenti. Abbiamo visto che โˆƒ๐‘” โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›)| ๐‘”(๐‘ƒ๐‘–) = ๐‘„๐‘– โˆ€๐‘– e dunque ๐น1 e ๐น2 sono

affinemente equivalenti.

2) ๐ป1, ๐ป2 iperpiani affini di ๐•‚๐‘›.

Allora โˆƒ๐‘” โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›)| ๐‘”(๐ป1) = ๐ป2, infatti, se ๐ป1 = ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘ƒ0, โ€ฆ , ๐‘ƒ๐‘›โˆ’1) e

๐ป2 = ๐ถ๐‘œ๐‘š๐‘๐‘Ž(๐‘„0, โ€ฆ , ๐‘„๐‘›โˆ’1), allora scegliendo ๐‘ƒ๐‘›, ๐‘„๐‘› in modo che sia i ๐‘ƒ๐‘– che i ๐‘„๐‘– siano un

riferimento affine, so che โˆƒ๐‘” โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›)| ๐‘”(๐‘ƒ๐‘–) = ๐‘„๐‘– โˆ€๐‘–, e dunque ๐‘”(๐ป1) = ๐ป2.

Dunque {๐‘–๐‘๐‘’๐‘Ÿ๐‘๐‘–๐‘Ž๐‘›๐‘– ๐‘Ž๐‘“๐‘“๐‘–๐‘›๐‘– ๐‘‘๐‘– ๐•‚๐‘›}/โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ ha una sola classe di equivalenza.

DEFINIZIONE 5.4.3: โˆ€๐‘” โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] (dove ๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] rappresenta lโ€™anello dei polinomi in

๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›), definiamo luogo di zeri di ๐‘” lโ€™insieme ๐‘‰(๐‘”) = {๐‘‹ โˆˆ ๐•‚๐‘›|๐‘”(๐‘‹) = 0}.

Osservazione: Lโ€™applicazione ๐‘‰:๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] โ†’ ๐•‚๐‘›| ๐‘” โ†’ ๐‘‰(๐‘”) non รจ iniettiva, infatti:

๐‘‰(๐›ผ๐‘”) = ๐‘‰(๐‘”) โˆ€๐›ผ โˆˆ ๐•‚\{0};

147

๐‘‰(๐‘”๐‘š) = ๐‘‰(๐‘”) โˆ€๐‘š โˆˆ โ„•+;

Se ๐•‚ = โ„‚ e ๐‘”1, ๐‘”2 non contengono fattori multipli, allora:

๐‘‰(๐‘”1) = ๐‘‰(๐‘”2) โ‡” โˆƒ๐›ผ โˆˆ โ„‚\{0}| ๐‘”1 = ๐›ผ๐‘”2.

Se ๐•‚ = โ„ la proprietร  precedente non vale, infatti โˆ€๐‘ > 0, ๐‘‰(๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + ๐‘) = โˆ….

DEFINIZIONE 5.4.4: ๐‘”1, ๐‘”2 โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›]. Diciamo che ๐‘”1, ๐‘”2 sono proporzionali

๐‘”1 โˆผ ๐‘”2 โ‡” โˆƒ๐›ผ โˆˆ ๐•‚\{0}| ๐‘”1 = ๐›ผ๐‘”2.

Osservazione: La relazione di proporzionalitร  fra polinomi รจ di equivalenza in ๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] (la

verifica รจ immediata).

DEFINIZIONE 5.4.5: Definiamo ipersuperficie affine (o semplicemente ipersuperficie) ogni

classe di proporzionalitร  di polinomi di ๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] di grado positivo.

DEFINIZIONE 5.4.6: Se ๐ผ = [๐‘”] รจ ipersuperficie, ๐‘”(๐‘‹) = 0 รจ detta equazione di ๐ผ e ๐‘‰(๐‘”) โŠ† ๐•‚๐‘› รจ

detto supporto di ๐ผ (indicato anche come ๐‘†๐‘ข๐‘๐‘(๐ผ)).

DEFINIZIONE 5.4.7: Se ๐ผ = [๐‘”] รจ ipersuperficie, definiamo grado di ๐ผ, deg([๐‘”]) = deg(๐‘”).

Osservazione: รˆ una buona definizione, poichรฉ se ๐‘”โ€ฒ โˆผ ๐‘” โ‡’ deg(๐‘”1) = deg(๐‘”2).

Se ๐‘› = 2, ๐ผ รจ detta curva affine;

se ๐‘› = 3, ๐ผ รจ detta superficie affine;

le ipersuperfici di grado 2 sono dette quadriche (coniche se ๐‘› = 2).

Osservazione: Come visto, lโ€™ipersuperficie determina il suo supporto, non il viceversa.

รˆ dunque improprio parlare di equivalenza affine solo per i supporti, in quanto due ipersuperfici

possono avere lo stesso luogo di zeri.

Introduciamo quindi il concetto di equivalenza affine anche per le ipersuperfici:

DEFINIZIONE 5.4.8: ๐ผ = [๐‘”] ipersuperficie. ๐œ“(๐‘‹) = ๐‘€๐‘‹ + ๐‘ โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›).

Definiamo ipersuperficie โ€œrimontataโ€ di ๐ผ tramite ๐œ“ lโ€™ipersuperficie ๐œ“โˆ’1(๐ผ) di equazione

๐‘”(๐œ“(๐‘‹)) = 0.

Osservazione:

๐•‚๐‘› โŠ‡ ๐‘‰(๐‘” โˆ˜ ๐œ“)๐œ“โ†’ ๐‘‰(๐‘”) โŠ† ๐•‚๐‘›

๐‘” โˆ˜ ๐œ“ โ†˜ โ†™ ๐‘” ๐•‚

La definizione precedente รจ coerente con il fatto che ๐œ“ trasforma il supporto di ๐œ“โˆ’1(๐ผ) nel

supporto di ๐ผ, infatti:

๐‘ฅ0 โˆˆ ๐‘†๐‘ข๐‘๐‘(๐œ“โˆ’1(๐ผ)) โ‡” ๐‘”(๐œ“(๐‘ฅ0)) = 0 โ‡” ๐œ“(๐‘ฅ0) โˆˆ ๐‘‰(๐‘”) = ๐‘†๐‘ข๐‘๐‘(๐ผ).

DEFINIZIONE 5.4.9: Due ipersuperfici affini ๐ผ e ๐ฝ si dicono affinemente equivalenti se

โˆƒ๐œ“ โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›)| ๐ผ = ๐œ“โˆ’1(๐ฝ).

In altre parole, ๐ผ = [๐‘“] e ๐ฝ = [๐‘”] sono affinemente equivalenti se โˆƒ๐œ“ โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›)| ๐‘“ = ๐‘” โˆ˜ ๐œ“.

148

Osservazione:

๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“โ„ โˆ‹ ๐ผ

๐œ“โˆ’1 โ† ๐ฝ โˆˆ

๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“โ„

๐‘‰ โ†“ โ†“ ๐‘‰๐•‚๐‘› โŠ‡ ๐‘†๐‘ข๐‘๐‘(๐ผ)

๐œ“ โ†’ ๐‘†๐‘ข๐‘๐‘(๐ฝ) โŠ‡ ๐•‚๐‘›

๐ผ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐ฝ โ‡’ ๐‘†๐‘ข๐‘๐‘(๐ผ) โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐‘†๐‘ข๐‘๐‘(๐ฝ). Il viceversa รจ falso.

Osservazione: โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ classifica dunque i polinomi (e non i supporti) a meno di coordinate affini.

Osservazione: ๐ผ = [๐‘”] ipersuperficie| ๐‘‰(๐‘”) รจ iperpiano. Allora deg(๐‘”) = 1.

Sia ๐‘”(๐‘‹) = ๐ด.๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘, ๐ด โˆˆ ๐•‚๐‘›\{0}, ๐‘ โˆˆ ๐•‚.

Sia ๐œ“(๐‘‹) = ๐‘€๐‘‹ + ๐‘ affinitร  di ๐•‚๐‘›.

Allora (๐‘” โˆ˜ ๐œ“)(๐‘‹) = ๐ด.๐‘ก (๐‘€๐‘‹ + ๐‘) + ๐‘ = ( ๐ด.

๐‘ก ๐‘€)๐‘‹ + ๐ด.๐‘ก ๐‘ + ๐‘.

Dunque se ๐ฝ = [๐‘“] รจ un altro iperpiano, ๐‘“(๐‘‹) = ๐ดโ€ฒ.๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘โ€ฒ.

๐ผ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐ฝ โ‡” โˆƒ๐›ผ โ‰  0, โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(๐‘›,๐•‚), โˆƒ๐‘ โˆˆ ๐•‚๐‘›|

{๐ดโ€ฒ = ๐›ผ ๐ด.

๐‘ก ๐‘€ .๐‘ก

๐‘โ€ฒ = ๐›ผ( ๐ด.๐‘ก ๐‘ + ๐‘)

.

Poichรฉ il sistema ha sempre soluzione, troviamo che due qualsiasi iperpiani sono affinemente

equivalenti anche come ipersuperfici, non solo come supporti.

5.5 QUADRICHE

DEFINIZIONE 5.5.1: Il supporto di unโ€™ipersuperficie si dice cono se vale la seguente proprietร :

se contiene un punto ๐‘ƒ, allora contiene tutti i punti ๐‘ก๐‘ƒ โˆ€๐‘ก โˆˆ ๐•‚.

Osservazione: Prendiamo una quadrica ๐ผ = [๐‘”], dunque deg(๐‘”) = 2.

Lโ€™equazione generica della quadrica รจ:

๐‘”(๐‘‹) = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ + 2 ๐ต.

๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘, con ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,๐•‚), ๐ด โ‰  0, ๐ต โˆˆ ๐•‚๐‘›, ๐‘ โˆˆ ๐•‚.

Esempio: ๐‘” (๐‘ฅ1๐‘ฅ2) = ๐‘ฅ1

2 + 2๐‘ฅ1๐‘ฅ2 + 3๐‘ฅ2 + 4๐‘ฅ2 + 5.

๐ด = (1 11 3

); ๐ต = (02); ๐‘ = 5.

Osservazione: Se denoto lโ€™equazione con ๐‘„ = (

. . .

. ๐ด .

. . .๐ต

๐ต.๐‘ก ๐‘

), allora, ponendo ๏ฟฝ๏ฟฝ = (๐‘‹

1):

๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ๐‘„๏ฟฝ๏ฟฝ = ( ๐‘‹.

๐‘ก | 1)(

. . .

. ๐ด .

. . .๐ต

๐ต.๐‘ก ๐‘

) (๐‘‹

1) = ( ๐‘‹.

๐‘ก ๐ด + ๐ต.๐‘ก | ๐‘‹.

๐‘ก ๐ต + ๐‘) (๐‘‹

1) =

= ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ + ๐ต.

๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘‹.๐‘ก ๐ตโŸ

๐‘ ๐‘œ๐‘›๐‘œ ๐‘›๐‘ข๐‘š๐‘’๐‘Ÿ๐‘–

+ ๐‘ = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ + 2 ๐ต.

๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘ = ๐‘”(๐‘‹).

149

Dunque ๐‘‰(๐‘”) = ๐‘‰( ๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘„๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ).

Osservazione: Lโ€™equazione ๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ๐‘„๏ฟฝ๏ฟฝ รจ omogenea di secondo grado, quindi ๐‘‰( ๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘„๏ฟฝ๏ฟฝ.

๐‘ก ) รจ un cono.

Dunque vedo ๐‘‰(๐‘”) come un cono in ๐•‚๐‘›+1 intersecato con lโ€™iperpiano ๐‘ฅ๐‘›+1 = 1:

Esempio: La figura precedente mostra lโ€™equivalenza fra ๐‘ฅ1

2 + ๐‘ฅ22 โˆ’ 1 = 0 e

{๐‘ฅ12 + ๐‘ฅ2

2 โˆ’ ๐‘ฅ32 = 0

๐‘ฅ3 = 1 .

Osservazione: Sia ๐ผ la quadrica di equazione ๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘„๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก = 0.

Sia ๐œ“(๐‘‹) = ๐‘€๐‘‹ + ๐‘ affinitร ; calcoliamo lโ€™equazione della quadrica ๐œ“โˆ’1(๐ผ).

Poniamo ๐œ“(๐‘‹) = ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ = (๐‘€ | ๐‘

0 | 1) (

๐‘‹

1) = (

๐‘€๐‘‹ + ๐‘

1).

Dunque ๐œ“โˆ’1(๐ผ) ha equazione:

(๐œ“(๐‘‹)).

๐‘ก๐‘„(๐œ“(๐‘‹)) = ๏ฟฝ๏ฟฝ.

๐‘ก ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ๐‘„๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ๏ฟฝ = 0.

Dunque la matrice associata alla quadrica ๐œ“โˆ’1(๐ผ) รจ ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ๐‘„๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.

Perciรฒ studiare {๐‘ž๐‘ข๐‘Ž๐‘‘๐‘Ÿ๐‘–๐‘โ„Ž๐‘’ ๐‘‘๐‘– ๐•‚๐‘›}/โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ corrisponde a studiare

{

๐‘„ = (

. . .

. ๐ด .

. . .๐ต

๐ต.๐‘ก ๐‘

) ||๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›,๐•‚)\{0}

}

โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“

โ„

,

dove ๐‘„ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐‘„โ€ฒ โ‡” โˆƒ๐›ผ โˆˆ ๐•‚\{0}, โˆƒ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(๐•‚๐‘›)| ๐‘„โ€ฒ = ๐›ผ ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.

๐‘ก ๐‘„๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.

150

Vogliamo trovare dei โ€œrappresentanti canoniciโ€ per equivalenza affine, cioรจ una famiglia

{๐น1, โ€ฆ , ๐น๐‘˜} di quadriche di ๐•‚๐‘› tali che:

โˆ€๐ฝ quadrica di ๐•‚๐‘›, โˆƒ๐‘–| ๐ฝ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐น๐‘–;

๐น๐‘– โ‰๐‘Ž๐‘“๐‘“ ๐น๐‘— โˆ€๐‘–, ๐‘—.

Questi rappresentanti prendono il nome di forme canoniche.

Restringiamoci al caso ๐•‚ = โ„ โˆจ ๐•‚ = โ„‚.

Cominciamo dal caso ๐‘› = 2, cioรจ dalle coniche di ๐•‚2.

CLASSIFICAZIONE AFFINE DELLE CONICHE:

Sia ๐ถ la conica di equazione ๐‘”(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐‘Ž11๐‘ฅ2 + 2๐‘Ž12๐‘ฅ๐‘ฆ + ๐‘Ž22๐‘ฆ

2 + 2๐‘Ž13๐‘ฅ + 2๐‘Ž23๐‘ฆ + ๐‘Ž33,

๐‘Ž๐‘–๐‘— โˆˆ ๐•‚ = โ„ โˆจ โ„‚, ๐‘Ž11, ๐‘Ž12, ๐‘Ž22 non tutti nulli.

Se ๏ฟฝ๏ฟฝ = (๐‘ฅ๐‘ฆ1), ๐ด = (

๐‘Ž11 ๐‘Ž12๐‘Ž12 ๐‘Ž22

), ๐ต = (๐‘Ž13๐‘Ž23

), ๐‘ = ๐‘Ž33, ๐‘„ = (

. . .

. ๐ด .

. . .๐ต

๐ต.๐‘ก ๐‘

), allora

๐ถ ha equazione ๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ๐‘„๏ฟฝ๏ฟฝ = 0.

Se ๐œ“(๐‘‹โ€ฒ) = ๐‘€๐‘‹โ€ฒ + ๐‘ รจ affinitร , allora ๐œ“โˆ’1(๐ถ) ha equazione ๐‘‹ โ€ฒ.๐‘ก ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.

๐‘ก ๐‘„๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ๐‘‹ โ€ฒ = 0.

๐‘„โ€ฒ = ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ๐‘„๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ = (

๐‘€.๐‘ก | 0

๐‘.๐‘ก | 1

)(

. . .

. ๐ด .

. . .๐ต

๐ต.๐‘ก ๐‘

)(๐‘€ | ๐‘

0 | 1) = (

๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€ | ๐‘€.

๐‘ก ๐ด๐‘ + ๐‘€.๐‘ก ๐ต

๐‘.๐‘ก ๐ด.๐‘ก ๐‘€+ ๐ต.๐‘ก ๐‘€ | ๐‘.๐‘ก ๐ด๐‘ + 2 ๐‘.๐‘ก ๐ต + ๐‘)

Quindi ๐ดโ€ฒ = ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€, ๐ตโ€ฒ = ๐‘€.

๐‘ก (๐ด๐‘ + ๐ต).

Osservazione: ๐‘€ invertibile e ๐ด โ‰  0 โ‡’ ๐ดโ€ฒ โ‰  0, quindi lโ€™affinitร  trasforma la conica in una

conica.

Osservazione: ๐‘„ e ๐‘„โ€ฒ sono congruenti e ๐ด e ๐ดโ€ฒ sono congruenti โ‡’ ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) e ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) sono

invarianti per equivalenza affine (non cambiano se ๐‘„ รจ moltiplicata per ๐›ผ โ‰  0).

DEFINIZIONE 5.5.2: ๐ถ รจ detta degenere se det(๐‘„) = 0. Piรน precisamente, si dice:

semplicemente degenere se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2;

doppiamente degenere se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 1.

DEFINIZIONE 5.5.3: ๐ถ = [๐‘”] รจ detta conica a centro se โˆƒ๐‘ โˆˆ ๐•‚2| ๐‘”(๐‘‹) = ๐‘”(๐œŽ๐‘(๐‘‹)) โˆ€๐‘‹, dove

๐œŽ๐‘ รจ la simmetria centrale di centro ๐‘.

Osservazione: Se ๐‘ = (0,0), ๐œŽ๐‘(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = (โˆ’๐‘ฅ, โˆ’๐‘ฆ), dunque (0,0) รจ centro per ๐ถ = [๐‘”] โ‡”

โ‡” ๐‘”(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) non contiene monomi di primo grado (ossia ๐ต = 0).

In generale, se ๐‘ โˆˆ ๐•‚2 รจ un centro per ๐ถ e considero la traslazione ๐œ(๐‘‹) = ๐‘‹ + ๐‘, allora ๐œโˆ’1(๐ถ)

ha centro in (0,0), e quindi ๐ตโ€ฒ = 0.

Poichรฉ ๐ตโ€ฒ = ๐‘€.๐‘ก (๐ด๐‘ + ๐ต) = ๐ด๐‘ + ๐ต, in quanto in una traslazione ๐‘€ = ๐‘€.

๐‘ก = ๐ผ, allora ๐‘ รจ

centro per ๐ถ โ‡” ๐ด๐‘ = โˆ’๐ต.

In altre parole, i centri della conica ๐ถ sono le soluzioni del sistema ๐ด๐‘Œ = โˆ’๐ต.

151

Per la trattazione delle coniche, distinguiamo il caso delle coniche a centro da quelle non a

centro:

CONICHE NON A CENTRO: Sia ๐ถ la conica non a centro tale che

๐‘„ = (

. . .

. ๐ด .

. . .๐ต

๐ต.๐‘ก ๐‘

).

Siamo nel caso in cui il sistema ๐ด๐‘Œ = โˆ’๐ต non ha soluzione, dunque ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1, poichรฉ

0 < ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) < 2.

Allora โˆƒ๐‘€ โˆˆ ๐บ๐ฟ(2,๐•‚)| ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€ = (

ยฑ1 00 0

), quindi con la trasformazione lineare ๐‘‹ โ†’ ๐‘€๐‘‹ (ossia

๐‘€0), ed eventualmente cambiando di segno allโ€™equazione, ๐‘„ diventa:

๐‘„1 = (1 00 0

๐‘1๐‘2

๐‘1 ๐‘2 ๐‘‘

).

Poichรฉ ๐ถ non ha centri, ๐‘2 โ‰  0 (altrimenti il sistema ๐ด๐‘Œ = โˆ’๐ต avrebbe infinite soluzioni) e

quindi ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 3.

Vediamo che โˆƒ๐‘ = (๐›ผ๐›ฝ) | la traslazione ๐‘‹ โ†’ ๐‘‹ + ๐‘ trasforma ๐‘„1 in:

๐‘„2 = (1 00 0

0๐‘2

0 ๐‘2 0

), con ๐‘2 โ‰  0.

Infatti impongo che:

{(1 00 0

) (๐›ผ๐›ฝ) + (

๐‘1๐‘2) = (

0โˆ—)

(๐›ผ ๐›ฝ) (1 00 0

) (๐›ผ๐›ฝ) + 2(๐›ผ ๐›ฝ) (

๐‘1๐‘2) + ๐‘‘ = 0

{๐›ผ + ๐‘1 = 0

๐›ผ2 + 2๐›ผ๐‘1 + 2๐›ฝ๐‘2 + ๐‘‘ = 0 {๐›ผ = โˆ’๐‘1

2๐›ฝ๐‘2 = ๐‘12 โˆ’ ๐‘‘

,

che ha soluzione perchรฉ ๐‘2 โ‰  0.

Infine con la trasformazione {๐‘ฅ = ๐‘ฅโ€ฒ

๐‘ฆ =๐‘ฆโ€ฒ

2๐‘2

, cioรจ con lโ€™affinitร :

๐‘€โ€ฒ = (

1 0 0

01

2๐‘20

0 0 1

), si ottiene lโ€™equazione ๐‘ฅโ€ฒ2 โˆ’ ๐‘ฆโ€ฒ = 0, ossia:

๐‘„3 = (

1 0 0

0 0 โˆ’1

2

0 โˆ’1

20

), chiamato tipo ๐‘ช๐Ÿ o parabola.

CONICHE A CENTRO: Sia ๐ถ una conica a centro.

Passo 1): Eliminazione dei termini di primo grado con una traslazione.

In particolare, se ๐‘ รจ il centro di ๐ถ, con la traslazione ๐œ: ๐‘‹ โ†’ ๐‘‹ + ๐‘ si ottiene la nuova conica

๐œโˆ’1(๐ถ) che ha per matrice associata:

๐‘„1 = (

. . .

. ๐ด .

. . .

.0.

. 0 . ๐‘‘

).

Se ๐‘‘ โ‰  0 posso dividere lโ€™equazione per ๐‘‘, ossia posso supporre ๐‘‘ = 0 o ๐‘‘ = 1.

152

๐ด si modifica per congruenza, quindi la forma canonica dipende dal campo.

Caso ๐•‚ = โ„‚

Il rango di ๐ด รจ un invariante completo per congruenza, quindi:

se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2, ๐ด รจ congruente a (1 00 1

);

se ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1, ๐ด รจ congruente a (1 00 0

).

Vediamo dunque come si semplifica lโ€™equazione di ๐ถ a seconda della coppia (๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด), ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„)):

a) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 3

. Quindi ๐‘‘ = 1. Allora ๐ถ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ (1 0 00 1 00 0 1

), che ha equazione ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + 1 = 0;

b) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2

๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2. Quindi ๐‘‘ = 0. Allora ๐ถ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ (

1 0 00 1 00 0 0

), che ha equazione ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 = 0

(dunque il supporto รจ lโ€™unione delle rette incidenti ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘–๐‘ฆ = 0 e ๐‘ฅ + ๐‘–๐‘ฆ = 0);

c) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2

. Quindi ๐‘‘ = 1. Allora ๐ถ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ (1 0 00 0 00 0 1

), che ha equazione ๐‘ฅ2 + 1 = 0

(ossia il supporto รจ lโ€™unione delle rette parallele ๐‘ฅ โˆ’ ๐‘– = 0 e ๐‘ฅ + ๐‘– = 0);

d) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 1

. Quindi ๐‘‘ = 0. Allora ๐ถ โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ (1 0 00 0 00 0 0

), che ha equazione ๐‘ฅ2 = 0, detta retta

doppia perchรฉ รจ lโ€™unione di due rette coincidenti.

Osservazione: Ricordiamo che nel caso della conica non a centro si aveva ๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1,

๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 3.

Abbiamo cosรฌ provato:

TEOREMA DI CLASSIFICAZIONE AFFINE DELLE CONICHE DI โ„‚2: Ogni conica di โ„‚2 รจ

affinemente equivalente ad una e una sola delle seguenti:

1) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ = 0;

2) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + 1 = 0;

3) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 = 0;

4) ๐‘ฅ2 + 1 = 0;

5) ๐‘ฅ2 = 0.

La coppia (๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด), ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„)) รจ un sistema completo di invarianti per equivalenza affine in โ„‚2.

Caso ๐•‚ = โ„

Su โ„ il rango non รจ un invariante completo per congruenza.

La segnatura lo รจ, ma non รจ invariante per โˆผ๐‘Ž๐‘“๐‘“ (in quanto se moltiplico unโ€™equazione per ๐›ผ < 0

cambia la segnatura da (๐‘–+(๐‘„), ๐‘–โˆ’(๐‘„), ๐‘–0(๐‘„)) a (๐‘–โˆ’(๐‘„), ๐‘–+(๐‘„), ๐‘–0(๐‘„))).

Possiamo perรฒ usare lโ€™indice di Witt che รจ insensibile alla moltiplicazione per scalare โ‰  0

(infatti min(๐‘–+(๐‘„), ๐‘–โˆ’(๐‘„)) rimane lo stesso).

Passo 2 โ€“ Caso reale): Semplifichiamo ๐ด.

Infatti dopo il passo 1 ci siamo ridotti alla forma:

153

๐‘„ = (

. . .

. ๐ด .

. . .

.0.

. 0 . ๐‘‘

), con ๐‘‘ = 0 โˆจ ๐‘‘ = 1.

Distinguiamo i casi a seconda dei valori di (๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด), ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„),๐‘ค(๐ด), ๐‘ค(๐‘„)).

1) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 3

, quindi ๐ถ รจ non degenere, cioรจ ๐‘‘ = 1.

Si possono avere i seguenti sottocasi:

{๐‘ค(๐ด) = 0 โ‡’ ๐‘ค(๐‘„) =<

01

๐‘ค(๐ด) = 1 โ‡’ ๐‘ค(๐‘„) = 1

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 3, ๐‘ค(๐ด) = 0, ๐‘ค(๐‘„) = 0:

๐‘„ โ† (1 0 00 1 00 0 1

), ossia ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + 1 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ, detta โ€œellisse immaginariaโ€ (๐‘‰(๐‘“) = โˆ…).

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 3, ๐‘ค(๐ด) = 0, ๐‘ค(๐‘„) = 1:

๐‘„ โ† (1 0 00 1 00 0 โˆ’1

), ossia ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ 1 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ‘, detta โ€œellisse realeโ€

(๐‘‰(๐‘“) = circonferenza).

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 3, ๐‘ค(๐ด) = 1, ๐‘ค(๐ด) = 1:

๐‘„ โ† (1 0 00 โˆ’1 00 0 1

), ossia ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 + 1 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ’, detta โ€œiperboleโ€ (๐‘‰(๐‘“) = iperbole).

2) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2

, quindi ๐ถ รจ semplicemente degenere, cioรจ ๐‘‘ = 0.

Si possono avere i seguenti sottocasi:

{๐‘ค(๐ด) = 0 โ‡’ ๐‘ค(๐‘„) = 1๐‘ค(๐ด) = 1 โ‡’ ๐‘ค(๐‘„) = 2

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2, ๐‘ค(๐ด) = 0, ๐‘ค(๐‘„) = 1:

๐‘„ โ† (1 0 00 1 00 0 0

), ossia ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ“, detta โ€œrette complesse incidentiโ€

(๐‘‰(๐‘“) = {(0,0)}).

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 2, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2, ๐‘ค(๐ด) = 1, ๐‘ค(๐‘„) = 2:

๐‘„ โ† (1 0 00 โˆ’1 00 0 0

), ossia ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ”, detta โ€œrette incidentiโ€

(๐‘‰(๐‘“) = rette incidenti)

3) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2

, cioรจ ๐‘‘ = 1.

Si possono avere i seguenti sottocasi:

{๐‘ค(๐ด) = 1 โ‡’ ๐‘ค(๐‘„) =<12

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2, ๐‘ค(๐ด) = 1, ๐‘ค(๐‘„) = 1:

154

๐‘„ โ† (1 0 00 0 00 0 1

), ossia ๐‘ฅ2 + 1 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ•, detta โ€œrette complesse paralleleโ€ (๐‘‰(๐‘“) = โˆ…).

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 2, ๐‘ค(๐ด) = 1, ๐‘ค(๐‘„) = 2:

๐‘„ โ† (1 0 00 0 00 0 โˆ’1

), ossia ๐‘ฅ2 โˆ’ 1 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ–, detta โ€œrette paralleleโ€

(๐‘‰(๐‘“) = rette parallele).

4) {๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 1

, cioรจ ๐‘‘ = 0.

Si possono avere i seguenti sottocasi: {๐‘ค(๐ด) = 1 โ‡’ ๐‘ค(๐‘„) = 2

๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด) = 1, ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„) = 1, ๐‘ค(๐ด) = 1, ๐‘ค(๐‘„) = 2:

๐‘„ โ† (1 0 00 0 00 0 0

), ossia ๐‘ฅ2 = 0, tipo ๐‘ช๐Ÿ—, detta โ€œretta doppiaโ€ (๐‘‰(๐‘“) = {๐‘ฅ = 0}).

Abbiamo dunque provato:

TEOREMA DI CLASSIFICAZIONE AFFINE DELLE CONICHE DI โ„2: Ogni conica di โ„2 รจ

affinemente equivalente a una e una sola delle seguenti:

1) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ = 0;

2) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + 1 = 0;

3) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ 1 = 0;

4) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 + 1 = 0;

5) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 = 0;

6) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 = 0;

7) ๐‘ฅ2 + 1 = 0;

8) ๐‘ฅ2 โˆ’ 1 = 0;

9) ๐‘ฅ2 = 0.

Inoltre la quaterna (๐‘Ÿ๐‘˜(๐ด), ๐‘Ÿ๐‘˜(๐‘„),๐‘ค(๐ด),๐‘ค(๐‘„)) รจ un sistema completo di invarianti per

equivalenza affine in โ„2.

Osservazione: La conica ๐ถ di equazione ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 + 1 = 0 (lโ€™iperbole) puรฒ essere vista come:

๐ถ = ๐‘† โˆฉ {๐‘ง = 1}, dove ๐‘† = {(๐‘ฅ, ๐‘ฆ, ๐‘ง) โˆˆ โ„3|๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 + ๐‘ง2 = 0}.

155

Esempio: Sia ๐ถ la conica di โ„2 di equazione ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + 4๐‘ฅ๐‘ฆ โˆ’ 2๐‘ฅ โˆ’ 10๐‘ฆ + 1 = 0.

Determinare il modello canonico affine ๏ฟฝ๏ฟฝ di ๐ถ e determinare unโ€™affinitร 

๐œ“ โˆˆ ๐ด๐‘“๐‘“(โ„2)| ๐œ“(๏ฟฝ๏ฟฝ) = ๐ถ.

Svolgimento:

๐‘„ = (1 2 โˆ’12 1 โˆ’5โˆ’1 โˆ’5 1

), ๐ด = (1 22 1

), ๐ต = (โˆ’1โˆ’5

).

det(๐ด) = โˆ’3 โ‡’ ๐œŽ(๐ด) = (1,1,0) โ‡’ ๐‘ค(๐ด) = 1.

det(๐‘„) = โˆ’3 + 5(โˆ’3) โˆ’ 1(โˆ’9) = โˆ’9 โ‡’ ๐œŽ(๐‘„) = (2,1,0) โ‡’ ๐‘ค(๐‘„) = 1.

Dunque ๏ฟฝ๏ฟฝ = (1 0 00 โˆ’1 00 0 1

), ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 + 1 = 0, cioรจ รจ unโ€™iperbole.

Sia ๐‘“(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + 4๐‘ฅ๐‘ฆ โˆ’ 2๐‘ฅ โˆ’ 10๐‘ฆ + 1.

Sia ๐‘“(๐‘ฅ, ๐‘ฆ) = ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 + 1.

1) Ricerchiamo il centro di ๐ถ.

Dobbiamo risolvere il sistema ๐ด๐‘‹ = โˆ’๐ต, cioรจ:

(1 22 1

) (๐›ผ๐›ฝ) = (

15) โ‡’ {

๐›ผ = 3๐›ฝ = โˆ’1

โ‡’ ๐‘ = (๐›ผ๐›ฝ) = (

3โˆ’1

).

Sia ๐œ“1(๐‘‹) = ๐‘‹ + ๐‘ = ๐‘‹ + (3โˆ’1

).

Allora ๐‘€1 = (1 0 30 1 โˆ’10 0 1

) rappresenta lโ€™affinitร  ๐œ“1.

La conica ๐œ“1โˆ’1(๐ถ) ha come matrice associata ๐‘„1 = ๐‘€1.

๐‘ก ๐‘„๐‘€1.

Per quanto visto nella teoria:

๐‘„1 = (1 2 02 1 00 0 3

).

2) Trasformo ๐ด nella forma di Sylvester.

๐‘ฃ1 = ๐‘’1, ๐‘ฃ2 = ๐‘’2 โˆ’2

1๐‘’1 = ๐‘’2 โˆ’ 2๐‘’1.

โŸจ๐‘ฃ2, ๐‘ฃ2โŸฉ = โŸจ๐‘’2 โˆ’ 2๐‘’1, ๐‘’2 โˆ’ 2๐‘’1โŸฉ = 1 + 4 โˆ’ 8 = โˆ’3. Dunque:

๐”{๐‘ฃ1,๐‘ฃ2},{๐‘’1,๐‘’2}(๐‘–๐‘‘) = (

1 โˆ’20 1

).

Sia ๐œ“2(๐‘‹) = (1 โˆ’20 1

)๐‘‹, che รจ rappresentata da ๐‘€2 = (1 โˆ’2 00 1 00 0 1

).

La matrice relativa alla conica ๐ถ2 = ๐œ“2โˆ’1(๐ถ1) รจ:

๐‘„2 = ๐‘€2.๐‘ก ๐‘„1๐‘€2 = (

1 0 00 โˆ’3 00 0 3

).

Dobbiamo trasformare il coefficiente di ๐‘ฅ2 da 1 a 3, poichรฉ in questo modo otterremmo

lโ€™ipersuperficie cercata (poichรฉ nella classo di equivalenza ci sta il polinomio di ๏ฟฝ๏ฟฝ moltiplicato

per una qualsiasi ๐›ผ โ‰  0, in questo caso ๐›ผ = 3):

๐‘€3 = (โˆš3 0 00 1 00 0 1

).

Lโ€™affinitร  cercata รจ ๐‘€1 โˆ™ ๐‘€2 โˆ™ ๐‘€3 = (โˆš3 โˆ’2 30 1 โˆ’10 0 1

), cioรจ:

156

๐œ“(๐‘‹) = (โˆš3 โˆ’20 1

) (๐‘ฅ๐‘ฆ) + (

3โˆ’1

).

Osservazione: Si possono classificare metricamente le coniche di โ„2 in modo simile al caso

affine. Si diagonalizza ๐ด non con Sylvester ma con il teorema spettrale.

Se ๐‘€ โˆˆ ๐‘‚(2), det(๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ) = det(

. . .

. ๐‘€ .

. . .๐‘

0 1

) = det(๐‘€) = ยฑ1, quindi:

๐‘ก๐‘Ÿ( ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€) = ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด);

det( ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€) = det(๐ด);

det( ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ.๐‘ก ๐‘„๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ) = det(๐‘„) (anche se ๐‘€๏ฟฝ๏ฟฝ โˆ‰ ๐‘‚(3)).

Se moltiplico lโ€™equazione della conica per ๐›ผ โ‰  0, la matrice della conica diventa:

๐›ผ๐‘„ = (

. . .

. ๐›ผ๐ด .

. . .๐›ผ๐ต

๐›ผ ๐ต.๐‘ก ๐›ผ๐‘

), dunque:

det(๐›ผ๐‘„) = ๐›ผ3 det(๐‘„);

det(๐›ผ๐ด) = ๐›ผ2 det(๐ด);

๐‘ก๐‘Ÿ(๐›ผ๐ด) = ๐›ผ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด).

Quindi (se ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด) โ‰  0) i numeri det(๐ด)

๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด)2 e

det(๐‘„)

๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด)3 sono invarianti metrici.

Se ๐ถ e ๐ถโ€ฒ sono metricamente equivalenti, allora โˆƒ๐›ผ โ‰  0|

det(๐‘„โ€ฒ) = ๐›ผ3 det(๐‘„);

det(๐ดโ€ฒ) = ๐›ผ2 det(๐ด);

๐‘ก๐‘Ÿ(๐ดโ€ฒ) = ๐›ผ ๐‘ก๐‘Ÿ(๐ด).

Non vale perรฒ il viceversa, cioรจ questi invarianti non sono sufficienti per decidere se due

coniche sono metricamente equivalenti. Infatti:

(1 0 00 0 00 0 1

) e (1 0 00 0 00 0 ๐‘

)

non sono metricamente equivalenti โˆ€๐‘ โ‰  1, ma hanno gli stessi invarianti precedenti.

DEFINIZIONE 5.5.4: Sia ๐‘“(๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›) โˆˆ ๐•‚[๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘›] un polinomio di grado 2.

Allora ๐‘“(๐‘‹) = ๐‘‹.๐‘ก ๐ด๐‘‹ + 2 ๐ต.

๐‘ก ๐‘‹ + ๐‘, con ๐ด โˆˆ ๐’ฎ(๐‘›, ๐•‚).

Definiamo matrice della quadrica [๐‘“]:

๐‘„ = (

. . .

. ๐ด .

. . .๐ต

๐ต.๐‘ก ๐‘

) โˆˆ โ„ณ(๐‘› + 1,๐•‚).

La quadrica ๐ถ si dice degenere se det(๐‘„) = 0.

DEFINIZIONE 5.5.5: Una quadrica ๐ถ si dice cono di vertice ๐‘ท๐ŸŽ โˆˆ ๐ถ se โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ถ, ๐‘ƒ โ‰  ๐‘ƒ0, tutta la

retta congiungente ๐‘ƒ0 e ๐‘ƒ รจ contenuta in ๐ถ.

DEFINIZIONE 5.5.6: Una quadrica ๐ถ รจ detta cilindro se โˆƒ๐‘Ÿ retta di ๐•‚๐‘› tale che โˆ€๐‘ƒ โˆˆ ๐ถ la retta

passante per ๐‘ƒ e parallela a ๐‘Ÿ รจ contenuta in ๐ถ.

157

Esempi: 1) Se ๐‘“ รจ un polinomio omogeneo di secondo grado, [๐‘“] รจ un cono di vertice lโ€™origine.

2) Se ๐‘“ รจ un polinomio di secondo grado in ๐‘ฅ1, โ€ฆ , ๐‘ฅ๐‘› in cui non compare una variabile ๐‘ฅ๐‘—, allora

[๐‘“] รจ un cilindro parallelo allโ€™asse ๐‘ฅ๐‘—.

3) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 = 0 in โ„3 (che รจ lโ€™unione di due piani incidenti), รจ sia un cono di vertice (0,0,0), sia

un cilindro parallelo allโ€™asse ๐‘ง.

In modo simile al caso delle coniche si prova:

TEOREMA DI CLASSIFICAZIONE AFFINE DELLE QUADRICHE: Ogni quadrica di ๐•‚๐‘› รจ

affinemente equivalente ad una e una sola delle seguenti:

1) Se ๐•‚ = โ„‚:

๐‘ฅ12+. . . +๐‘ฅ๐‘Ÿ

2 + ๐‘‘ = 0, con ๐‘‘ = 0 โˆจ ๐‘‘ = 1 (conica a centro);

๐‘ฅ12+. . . +๐‘ฅ๐‘Ÿ

2 โˆ’ ๐‘ฅ๐‘› = 0, detto โ€œparaboloideโ€.

2) Se ๐•‚ = โ„:

๐‘ฅ12+. . . +๐‘ฅ๐‘

2 โˆ’ ๐‘ฅ๐‘+12 โˆ’. . . โˆ’๐‘ฅ๐‘Ÿ

2 + ๐‘‘ = 0, con ๐‘‘ = 0 โˆจ ๐‘‘ = 1 (conica a centro);

๐‘ฅ12+. . . +๐‘ฅ๐‘

2 โˆ’ ๐‘ฅ๐‘+12 โˆ’. . . โˆ’๐‘ฅ๐‘Ÿ

2 โˆ’ ๐‘ฅ๐‘› = 0, detti โ€œparaboloidiโ€.

LISTA DEI MODELLI AFFINI PER LE QUADRICHE DI โ„3:

a) A centro:

A centro non degeneri (cioรจ ๐‘ โ‰  0):

1) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + ๐‘ง2 + 1 = 0, detto โ€œellissoide immaginarioโ€ (๐‘‰(๐‘“) = โˆ…);

2) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + ๐‘ง2 โˆ’ 1 = 0, detto โ€œellissoideโ€;

3) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ ๐‘ง2 โˆ’ 1 = 0, detto โ€œiperboloide a una faldaโ€;

158

4) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ ๐‘ง2 + 1 = 0, detto โ€œiperboloide a due faldeโ€

A centro degeneri con ๐‘ = 0 (dunque coni):

5) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + ๐‘ง2 = 0, detto โ€œpuntoโ€, o โ€œcono immaginarioโ€ (๐‘‰(๐‘“) = {(0,0,0)});

6) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ ๐‘ง2 = 0, detto โ€œcono realeโ€;

7) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 = 0, detto โ€œpiani complessi incidentiโ€ (๐‘‰(๐‘“) = asse ๐‘ง);

8) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 = 0, detto โ€œpiani incidentiโ€;

9) ๐‘ฅ2 = 0, detto โ€œpiano doppioโ€;

A centro degeneri con ๐‘ โ‰  0:

10) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 + 1 = 0, detto โ€œcilindro immaginarioโ€ (๐‘‰(๐‘“) = โˆ…);

159

11) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 + 1 = 0, detto โ€œcilindro iperbolicoโ€;

12) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ 1 = 0, detto โ€œcilindro ellitticoโ€;

13) ๐‘ฅ2 โˆ’ 1 = 0, detto โ€œpiani paralleliโ€;

14) ๐‘ฅ2 + 1 = 0, detto โ€œpiani complessi paralleliโ€ (๐‘‰(๐‘“) = โˆ…);

b) Non a centro (paraboloidi):

Non a centro non degeneri:

160

15) ๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ ๐‘ง = 0, detto โ€œparaboloide ellitticoโ€;

16) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ฆ2 โˆ’ ๐‘ง = 0, detto โ€œparaboloide iperbolicoโ€ o โ€œsellaโ€;

Non a centro degeneri:

17) ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ง = 0, detto โ€œcilindro parabolicoโ€;

161

Osservazione: Lโ€™iperboloide a una falda รจ spesso detto โ€œrigatoโ€ perchรฉ per ogni suo punto

passano due rette incidenti completamente giacenti sullโ€™iperboloide. Infatti:

๐‘ฅ2 + ๐‘ฆ2 โˆ’ ๐‘ง2 โˆ’ 1 = 0 โ‡’ ๐‘ฅ2 โˆ’ ๐‘ง2 = 1 โˆ’ ๐‘ฆ2 โ‡’ (๐‘ฅ + ๐‘ง)(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ง) = (1 + ๐‘ฆ)(1 โˆ’ ๐‘ฆ).

Dunque ci sono due tipi di queste rette:

1ยฐ tipo: {๐œ†(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ง) = ๐œ‡(1 โˆ’ ๐‘ฆ)

๐œ‡(๐‘ฅ + ๐‘ง) = ๐œ†(1 + ๐‘ฆ)

2ยฐ tipo: {๐œ†(๐‘ฅ โˆ’ ๐‘ง) = ๐œ‡(1 + ๐‘ฆ)

๐œ‡(๐‘ฅ + ๐‘ง) = ๐œ†(1 โˆ’ ๐‘ฆ).

PROPOSIZIONE 5.5.1: Sia ๐‘„ una quadrica di โ„๐‘› e ๐‘… un centro di ๐‘„. Allora, se ๐‘“:โ„๐‘› โ†’ โ„๐‘› รจ

unโ€™affinitร , ๐‘“(๐‘…) รจ un centro di ๐‘“(๐‘„) (cioรจ le affinitร  mantengono i centri).

Dimostrazione:

Utilizzando la notazione usuale:

๐‘… รจ centro per ๐‘„ โ‡” ๐‘€.๐‘ก ๐ด๐‘€ โˆ™ ๐‘… = โˆ’ ๐‘€.

๐‘ก (๐ด๐‘ + ๐ต) โ‡” ๐ด๐‘€๐‘… = โˆ’๐ด๐‘ โˆ’ ๐ต โ‡”

โ‡” ๐ด๐‘€๐‘… + ๐ด๐‘ = โˆ’๐ต โ‡” ๐ด(๐‘€๐‘… + ๐‘) = โˆ’๐ต โ‡” ๐ด(๐‘“(๐‘…)) = โˆ’๐ต โ‡” ๐‘“(๐‘…) รจ centro per ๐‘“(๐‘„),

dove il passaggio โ‡” segue dal fatto che ๐‘€ รจ invertibile, poichรฉ ๐‘“ รจ affinitร .

SITOGRAFIA: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/91/HyperboloidOfTwoSheets.png