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Dalla corte regia al monastero di San Salvatore - Santa Giulia di Brescia a cura di Gian Pietro Brogiolo con Francesca Morandini testi di F. Antonelli, g.P. Brogiolo, S. cAncelliere, A. cAnci, P. corSi, F. De ruBeiS, e. Fiorin, V. gherolDi, M. iBSen, l. lAzzArini, B. leAl, J. Mitchell, F. MorAnDini, o. SAlVADori, r. StrADiotti, S. StrAFellA, S. tonni SAP Società ArcheologicA Srl

Dalla corte regia al monastero di San Salvatore-Santa Giulia di Brescia, Mantova, 2014

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Dalla corte regia al monastero di San Salvatore - Santa Giulia

di Brescia

a cura di

Gian Pietro Brogiolo

con

Francesca Morandini

testi di

F. Antonelli, g.P. Brogiolo, S. cAncelliere, A. cAnci,P. corSi, F. De ruBeiS, e. Fiorin, V. gherolDi,

M. iBSen, l. lAzzArini, B. leAl, J. Mitchell, F. MorAnDini, o. SAlVADori, r. StrADiotti,

S. StrAFellA, S. tonni

SAP Società ArcheologicA Srl

+Z-SGiuliaBS_1_SGiuliaBS 01/07/14 11.11 Pagina 1

ISBN: 978-88-87115-91-8© 2014 SAP Società Archeologica srl - www.archeologica.it

Redazione: F. Benetti, F. Franzoni, R. Stradiotti

Rilievi di scavo ed elaborazioni grafiche: R. Benedetti, A. Maifreni

Elaborazione immagini: P. Vedovetto

Consulenza iconografica: S. Baragli, P. Tabaglio

Fotografie: oltre agli Autori, Archivio Fotografico Musei Civici d’Arte e Storia di Brescia, M. Rapuzzi(Fotostudio Rapuzzi), P. Tabaglio (Comune di Brescia, Musei d’Arte e Storia)

In copertina: San Salvatore, affresco con la scritta “Regnantem Desiderium” (elaborazione grafica P. Vedovetto)

La responsabilità del materiale pubblicato (testi e immagini) si deve agli Autoridei singoli contributi.

Ai sensi della legge n. 633 del 22 aprile 1941, e del Decreto Legislativo n.68/2003, è permessa la riproduzione, soltanto per uso personale, di una partenon superiore al 15 % dell’opera.

è vietata la diffusione di singole parti dell’opera, anche per via digitale, senzaautorizzazione scritta dell’editore.

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Dalla FonDazIone Del MonaSteRoal MIto DI anSa e Santa gIUlIa1

1. Prima del 759: un monastero ducale?

Un diploma emanato nel gennaio 7592 ricordala fondazione, da parte dei sovrani Desiderio eansa, di un monastero intitolato ai santi Michele ePietro e affidato alle cure della loro figlia ansel-perga3. l’aggiunta della dedica al Salvatore, comeintegrazione di una lacuna, è stata proposta dal-l’editore4, ma potrebbe essere stata aggiunta dal co-pista del XII secolo.

Il documento allude ai claustra cum ecclesiis etreliquis edificiis, tutti costruiti da Desiderio (a nobisibidem constitutis) su beni ricevuti in dono dal reastolfo (dunque, prima della sua morte nel 756) oottenuti tramite acquisto, permuta o donazione5.l’Ordinario del XIII secolo, trascritto nel 1438, col-loca la fondazione, attribuendola congiuntamentea Desiderio e alla moglie ansa, nell’anno 753, an-teriormente alla loro ascesa al trono6. la notizia èriportata anche dal Malvezzi che scrive la sua storiadi Brescia agli inizi del XV secolo7. alcuni storicihanno messo in discussione questa data, perché ilprimo documento conservato è solo del 7598, magià allora il monastero disponeva delle strutturefondamentali, per cui la notizia dell’Ordinario, ri-ferita forse agli inizi dei lavori (inchoatum fuit mo-nasterium), potrebbe anche essere verosimile. Unproblema più complesso pone la triplice intitola-zione, che non coincide con quella al solo Salvatore

dei documenti successivi. Da alcuni è stata inter-pretata come evidenza di un monastero più antico,per il quale non vi è però alcuna conferma9, sep-pure non lo si possa escludere. Quel che è certo èche la chiesa con la pianta a t, individuata da gae-tano Panazza al di sotto dell’attuale, risale al VIIsecolo (infra, capitolo 2).

le fonti sono assai avare di notizie sui fondatori.la memoria storica di Desiderio, ultimo re longo-bardo (dal 757 al 774) sconfitto dall’alleanza tra ilpapa e il franco Carlo, venne cancellata con tantaefficacia che di lui non conosciamo neppure i datibiografici essenziali. Possiamo stimare fosse natotra il 710 ed il 720 perché i figli anselperga, adel-perga e adelchi erano rivestiti di cariche importantinegli anni cinquanta: la prima, presumibilmente lapiù anziana, era badessa prima del 759; la secondaandò sposa ad arechi II nel 758; il figlio venne as-sociato al regno nel 759-760. al tempo di astolfo(749-756), Desiderio, quidam dux Langobardo-rum10, ma anche comes stabuli11 e poi plenipoten-ziario in toscana, ha specifici interessi nel bre-sciano: fonda una basilica a leno (infra), riceve indono dal re i beni della corte regia in città che co-stituiscono la dote iniziale del monastero di SanSalvatore. nonostante non vi sia alcuna fonte cheattesti esplicitamente la sua origine bresciana, ilruolo da lui svolto e la proprietà dei beni che con-

1 Una sintesi di questo contributo, priva di apparato critico,è stata pubblicata in BRogIolo 2000b. nella versione quipubblicata, ho tenuto conto anche della bibliografia succes-siva e, in particolare, dei contributi di anDenna 2001, di BeR-tellI 2000a e 2001a e degli atti del convegno tenutonell’ottobre del 2000 e pubblicati a cura di andenna (Cultoe storia 2001). Mi sono anche potuto avvalere della nuovaedizione critica dei documenti di Santa giulia (dal 759 al1170), curata in rete da e. Barbieri, I. Rapisarda, g. Cossandi(BaRBIeRI, RaPISaRDa, CoSSanDI 2008).2 CDl, III, 31.3 ai santi Pietro e Michele erano dedicati due distinti altaridella chiesa di San Salvatore, forse proprio a ricordo del-l’originaria intitolazione.4 la lettura, proposta già da aStezatI citato da BRUnatI 1855-1856, II, p. 246, viene accolta da BRühl, editore del terzovolume del Codice Diplomatico longobardo (CDl III). an-Denna 2001, p. 41 e CoSSanDI in BaRBIeRI, RaPISaRDa, CoSSanDI

2008 ritengono invece che la dedica al Salvatore sia stata in-serita dall’amanuense del XII secolo.5 CDl, III, 31. Il Liber Pontificalis (I, pp. 464-465) usa il termineclaustra monasterii per indicare l’area chiusa da moenia del

cenobio di Santo Stefano e Silvestro, fondato negli stessi annia Roma dal papa Paolo I (757-767). Sul significato di claustrumnell’altomedioevo, da intendersi come “insieme di fabbricati earee aperte”, diverso rispetto all’immagine che ne ricaviamodai chiostri romanici, si veda CantIno WataghIn 2000, p. 133.6 Ms. h.VI.11 Bibl. Quer. Bs.: c. 1r: Anno ab incarnationedomini CCCCCCCLIII. inchoatum fuit monasterium nostrumdomine sancte Julie (...) per excellentissimam dominamAnsam reginam et Desiderii.7 MalVezzI 1729, Dist. IV, c. 87.8 BognettI 1963, p. 432. Ultimamente la gaVInellI (2001, p.126), rilevando che quella data ricorda un po’ troppo quelladella fondazione di Roma, sospetta che si tratti di un’inven-zione del Malvezzi. Ma l’estensore dell’Ordinario sostienedi aver tratto le notizie da cronicis satis autenticis in dictomonasterio (c. 1), cronache alle quali poteva aver attintoanche lo storico bresciano che aveva terminato la sua operapochi anni prima.9 VoIgt 1909, pp. 23-25.10 Liber Pontificalis, I, p. 454.11 Annales Einhardi, p. 15.

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Gian Pietro Brogiolo

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g. P. BRogIolo

fluirono poi nel monastero di leno rendono plau-sibile che lo fosse al pari della moglie ansa, espli-citamente indicata come tale nell’epitaffio per leiscritto da Paolo Diacono (infra). non sappiamoperò se vi avesse esercitato, oltre al potere che gliderivava dal sostegno del re, anche una qualchefunzione pubblica di primo piano, di duca o ga-staldo. adelchi, nel privilegio del 766 per San Sal-vatore12, ricorda i beni elargiti tempore ducati nostri,prima dunque del 759, quando divenne re insiemeal padre. Due, a questo punto, le ipotesi possibili.la prima che Desiderio, già duca di Brescia, avesseceduto la carica al figlio, quando assunse il ruolo,più rappresentativo, di comes stabuli (749-756) odi plenipotenziario in toscana (756), ovvero soloquando fu eletto re (757). la seconda che non siamai stato duca di Brescia e che i suoi interessi inquesta città siano maturati dopo il matrimonio conansa; in questo caso sarebbe riuscito a far nominareduca il figlio grazie all’appoggio della famiglia dellamoglie e al prestigio personale. Questa interpreta-zione postula però la vacanza della carica o la de-stituzione del duca precedente.

Quale delle due congetture sia corretta, il con-testo non cambia. Desiderio godeva di prestigionon solo nel bresciano, ma anche a livello nazio-nale. Personaggio in ascesa e di vaste ambizioni,come molti altri aristocratici, pensò di rafforzare ilproprio prestigio con una fondazione monastica.nella prima metà di quel decennio, dopo la con-quista di Ravenna, la situazione politica si presen-tava favorevole, rispetto agli anni 755-757 segnatiin un primo momento dall’alleanza tra il papa e ilre franco Pipino contro astolfo, poi dalla tragicamorte del re durante una partita di caccia, infineda una lunga e contrastata partita per la succes-sione al trono.

a seguito della dura sconfitta inflitta ad astolfodai Franchi alleati del papa, il regno longobardoattraversava un momento di grave crisi e, alla no-tizia della morte improvvisa del re nel 756, due pre-tendenti si contendevano il trono: Desiderio e ilfriulano Ratchis, già re prima del fratello astolfo,cui aveva ceduto il potere per ritirarsi nel conventodi Montecassino. Dopo la morte del re, a capo diuna coalizione di nobili dell’Italia settentrionale,tentò di riconquistare il regno, ma Desiderio ebbe

il sopravvento, grazie all’appoggio decisivo delpapa Stefano II, che richiamò a Montecassino il do-cile Ratchis. In cambio del sostegno papale, si eraperò dovuto impegnare con giuramento ad ese-guire le volontà del pontefice e a cedergli le città ei territori dell’emilia e delle Marche, che liutprandotrent’anni prima aveva sottratto ai Bizantini e cheora il papa voleva annettere al suo stato in via diformazione13.

ottenuto il regno nel marzo 757 e morto il papanel mese seguente, Desiderio, in ciò favorito dalladebolezza del nuovo pontefice Paolo I che invanorichiede l’aiuto del re franco Pipino14, cerca di raf-forzare il suo potere, per salvaguardare la sua au-tonomia politica e l’indipendenza del regno. Rinviaaltresì la cessione dei territori contesi e rapida-mente, nel 758, muove su Spoleto e Benevento al-lontanando i duchi indipendentisti e filo papaliche vi si erano installati dopo la morte di astolfo.trattiene per sé, per un paio d’anni, Spoleto; inse-dia a Benevento il nobile arechi, al quale dà inmoglie la figlia adelperga. l’anno seguente si recaa Roma per trattare una revisione degli accordi,ma non riesce ad evitare la diffidenza del papa,che scrive segretamente al re franco pregandolo diintervenire contro di lui15.

Questo è il quadro storico che fa da sfondo al-l’evergetismo di Desiderio e ansa. Con l’istituzionedei due monasteri benedettini, quello maschile dileno e quello femminile di Brescia, la coppia realeintende rafforzare il prestigio nella roccaforte delpotere personale16. Una strategia politica che bens’inquadra nelle scelte ideologiche ed economicheintraprese dall’aristocrazia longobarda fin dalla finedel VII secolo, quando troviamo testimonianza dimonasteri fondati da nobili e soprattutto dai re17.Pavia anticipa una tendenza, che ben presto si ge-neralizza: tra la fine del VII e la prima metàdell’VIII, i re fondano i monasteri di Sant’agata,San Pietro in Ciel d’oro, Santa Maria teodote; nel714, anche il nobile Senatore e la moglie teodo-linda vi istituiscono un piccolo cenobio18. Menonumerosi paiono invece i monasteri rurali: SanMichele di lucedio, presso Vercelli, ad opera delmonaco gauderio prima del 707 e quello di Ber-ceto, da parte di liutprando lungo la strada ap-

12 CDl, III, 38.13 Codex Carolinus, n. 11.14 Codex Carolinus, nn. 14-16. 15 Codex Carolinus, n. 17; haCk 2006-2007, pp. 951-954, 974.16 la scelta della città e di leno, dipesa dalla disponibilità dibeni, ben si accordava alle due aree di potere definite findalla conquista: la città, sede delle corti ducale e regia, e laricca fascia di pianura che aveva attratto, fin dalla fine delVI secolo, cospicui gruppi di guerrieri testimoniati dalletombe di Calvisano e di leno (De MaRChI, BReDa 2000).

17 Dopo la fondazione, agli inizi del VII secolo, da parte diColombano del monastero di Bobbio, grazie al favore e al-l’appoggio di agilulfo e di teodolinda, non vi è infatti sicuratraccia per tutto il secolo di altre istituzioni cenobitiche. Èstata ipotizzata, ma non provata, una fondazione nel VII se-colo del monastero di San Dalmazzo di Pedona, sulla basedi una datazione della chiesa (CantIno WataghIn 2000).nell’editto di Rotari non vi è alcun capitolo che tratti i rap-porti dei longobardi con gli enti religiosi.18 loMaRtIRe 2007.

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Dalla FonDazIone Del MonaSteRo al MIto DI anSa e Santa gIUlIa

penninica della Cisa. Modesti insediamenti per iquali è difficile stabilire se si tratti di veri e proprimonasteri, in un periodo in cui il termine stessodi “monastero” aveva un significato ambiguo.l’evergetismo aristocratico, favorito dalla legisla-zione di liutprando che consentiva donazioni insanctis locis causa pietatis vel in senodochio, si ri-volgeva prevalentemente verso le basiliche fune-rarie, dove si celebravano messe e luminarie infavore dell’anima del defunto donatore.

la novità dei due monasteri bresciani sta nelloscenario politico a scala nazionale e nella dimen-sione economica, che rivelano una grande ambi-zione della coppia reale, in grado, grazie al poteree alla clientele, di ridisegnarne la funzione. a leno,la chiesa viene trasformata in monastero dotato diimportanti reliquie19; il cenobio bresciano, tra 759e 760, cambia sul piano istituzionale.

2. Il monastero regio di San Salvatore

Il monastero ritratto nel privilegio emanatonell’ottobre del 76020, ventidue mesi dopo quellodel gennaio 759, appare fortemente diverso. oltreche da Desiderio e ansa, il documento viene sot-toscritto anche dal figlio adelchi da poco associatoal trono21, a sottolineare un coinvolgimento in unprogetto strategico per il consolidamento del po-tere della famiglia.

oltre a confermare i beni già accordati e a con-cederne di nuovi, tra i quali una sede nella capitalePavia (lo xenodochio fondato da Desiderio e dedi-cato ai santi Maria, Pietro e Paolo) e gli arredi li-turgici (embrione di quello che nella tradizionedel cenobio sarà considerato il tesoro), stabilisceun diverso profilo istituzionale del monastero. Iltitolo esclusivo al Salvatore, che nella tradizionepavese è associato alle chiese regie, soppianta laprecedente dedica a due, forse tre santi. Sottoponeil cenobio alla protezione del re (ad nostrum sa-cratissimum defensione habeat palacium), sottra-endolo alla giurisdizione dei funzionari locali, cosìcome agilulfo, a suo tempo, aveva concesso perBobbio. Precisano le modalità di elezione dellabadessa de intra ipsa congregatione, senza dunqueinterferenze da parte del vescovo, a garanzia delcontrollo esercitato dalla famiglia dei fondatori.Fissa infine un limite di quaranta monache am-messe alla vita monastica.

le prime due concessioni sono conseguenzadella nuova condizione regale dei fondatori. lemodalità dell’elezione della badessa necessitavano

invece di ratifica papale, così come era avvenutoper il monastero di Bobbio nel 638, quando avevaottenuto un privilegio di esenzione dal papa ono-rio I22. Desiderio potrebbe averla proposta al papanella congiuntura politica del tardo 759 - inizi 760,quando, di fronte ad una minaccia di attacco bi-zantino a Ravenna e alle città marittime della Pen-tapoli, il pontefice gli aveva chiesto, tramite Pipino,un aiuto militare23. non è infatti fuori luogo ipotiz-zare che, nell’evoluzione dei rapporti, caratterizzatidalle più blande rivendicazioni papali dei territoribizantini e da una politica dilatoria da parte del relongobardo, anche questa concessione sia stata og-getto di negoziato. Discussa forse nel 760 in cam-bio dell’appoggio contro la minaccia dei Bizantini,e subito recepita nel diploma regio emanato da De-siderio, potrebbe essere stata formalmente elargitadal pontefice solo nel 762-763, se il documento chela ricorda è genuino.

3. Il coinvolgimento del papa Paolo I: esen-zione, consacrazione e reliquie

Il 760 segna dunque una svolta nella condi-zione di debolezza del re longobardo, che riescead ottenere la benevolenza di Pipino. Il papa, nonpotendo contare sul decisivo appoggio del refranco, attenua l’ostilità nei confronti di Desiderioche a sua volta si mostra disponibile a collaborareper risolvere situazioni di comune interesse a Ra-venna e nella Pentapoli24.

Sul fronte bresciano, tre episodi, ricordati dallatradizione documentaria del monastero, si inseri-scono perfettamente in questo clima di collabora-zione tra Paolo I e Desiderio: la concessione delprivilegio di esenzione, la donazione di reliquie e lavenuta a Brescia del papa per la consacrazione dellachiesa. episodi che nelle fonti bresciane risultanotra loro collegati e circoscritti in un periodo di tempoalquanto ristretto: l’estate-autunno del 763. la criticastorica si è soffermata solo sul privilegio di esen-zione, non considerando la possibile relazione congli altri due eventi. occorre invece ridiscuterli con-giuntamente, per tentare di capire se facciano partedi un falso storico creato dalla fantasia delle mona-che in una fase di revival della tradizione longo-barda, ovvero riflettano avvenimenti che le fontipontificie non registrarono, o addirittura cancella-rono ex post, in quanto testimoniavano una fase dicollaborazione tra il pontefice e il re longobardo. ladamnatio memoriae di Desiderio, come si è detto,venne perseguita accuratamente dalle cancellerie

19 Breve Chronicon del monastero di leno, pp. 501-504.20 CDl, III, 33.21 È il primo privilegio a noi noto di adelchi e l’unico di-ploma regio longobardo con tre autori.

22 Vita di san Colombano, II, 23, 6-7.23 Codex Carolinus, n. 31.24 DelogU in DBI e MIlleR 1969, pp. 358-376.

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G. P. BrOGiOlO

franche e papali e non è casuale che il Liber Ponti-ficalis dedichi poche pagine anche a papa Paolo i,il quale, pur regnando per dieci anni in un momentochiave della storia della Chiesa, ebbe il torto di averadottato un atteggiamento altalenante, ma nel com-plesso remissivo, nei confronti di Desiderio25.

3.1. Il privilegio di esenzione dalla giurisdi-zione del vescovo locale

il privilegio, giuntoci in una copia bresciana dellaprima metà dell’Xi secolo, è tra i più controversi egli storici si sono divisi sulle ipotesi di un falso o di

un documento fortemente interpolato sulla base,però, di un perduto archetipo che riprende la for-mula 32 del Liber Diurnus26. Se genuino, con questoprivilegio il papa avrebbe preso il monastero sottola sua protezione; lo avrebbe esentato da qualsiasiingerenza di altri ecclesiastici; avrebbe proibito lacelebrazione di messe senza l’autorizzazione dellabadessa che, a sua volta, avrebbe avuto facoltà discegliere un qualsiasi vescovo per la propria consa-crazione e per quella dei presbiteri, nonché per lafornitura del crisma battesimale e dei sacri oli.

l’esenzione dall’autorità del vescovo, in parti-colare nella scelta della badessa de intra ipsa

25 Sulla politica papale nei confronti di Desiderio e dei refranchi: MillEr 1969; NOBlE 1984. 26 hanno espresso dubbi sul documento Muratori, Brunati,Odorici, Jaffé, Schmitz e Cossandi; l’hanno ritenuto genuino,seppur interpolato, il troya e kehr. Quest’ultimo (kEhr 1913,

Vi, 1, pp. 321-322), pur ritenendolo genuino in quanto uti-lizza un formulario del Liber Pontificalis, lasciava nel dubbiose le sottoscrizioni fossero riprese o meno dal privilegio delPatriarca Sigualdo del 772; in realtà, come osserva Brühl, èil documento di Sigualdo ad essere stato falsificato sulla fal-sariga di quello di Paolo i (CDl, iii, 274, p. 387).

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Fig. 1 – Brescia altomedievale (da BREDA 2008, p. 92). In giallo le aree di pertinenza dell’episcopato e dei grandi monasteri.

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DAllA FONDAziONE DEl MONAStErO Al MitO Di ANSA E SANtA GiUliA

congregatione27, e gli altri privilegi assecondanodunque, con la ratifica del papa, le scelte istituzio-nali prefigurate dal documento regio del 760.

il documento presenta però alcune incon-gruenze, recentemente ribadite da Cossandi, chepotrebbero corrispondere ad interpolazioni del co-pista della prima metà dell’Xi secolo: la scelta daparte della badessa dei chierici destinati a officiarenelle chiese del monastero, attestata solo a partiredal privilegio di papa Niccolò ii del maggio 1060(kEhr 1913, Vi, p. 322), e la fornitura del crisma peril battesimo e degli olii santi per attività pastoralipubbliche, verosimile, secondo questo autore, solodall’Xi secolo. Non sono invece insuperabili altresue obiezioni. l’attribuzione alla sola Ansa dellafondazione del monastero, senza citare Desiderio,si trova anche nel privilegio di Adelchi del 766. lacoralità delle concessioni espressa nelle formule28,che secondo Cossandi “sembrerebbero inquadrarela concessione dell’atto all’interno di una riunione

sinodale”29, potrebbe essere giustificata dalla stesuradel documento a Brescia, alla presenza dei cinquevescovi che lo sottoscrivono. l’accenno ai cuncta-que monasteria, cum universis basilicis ad se perti-nentibus, che prefigurerebbero “una situazionealmeno di un decennio successiva”, può alluderealle fondazioni già completate, come quella diPavia, o avviate nel caso di Sirmione30. Anche l’in-certezza nella datazione tra 762 e 76331 e l’inusualesottoscrizione da parte di vescovi dell’italia setten-trionale verrebbero meno se il documento fossestato emanato in occasione del viaggio a Brescia,nell’ottobre del 763, ricordato dall’Ordinario.

3.2. La consacrazione della chiesa e la collo-cazione delle reliquie ad opera di papa Paolo I(29 ottobre 763)

l’Ordinario attribuisce la consacrazione e la tra-slazione delle reliquie a papa Paolo i, asserendo di

27 BEttElli BErGAMASChi 1984, p. 154.28 cum religiosissimis et sanctissimis coepiscopis, concordan-tibus nobis reverendissimis episcopis, nostra ac coepiscopo-rum nostrorum auctoritate, communiter decrevimus,concordi institutione.29 COSSANDi c.s. 30 Monasteri, come quello bresciano, intitolati al Salvatore.

Sul monastero pavese cfr. MilANi in BArBiEri, rAPiSArDA, COS-SANDi 2008; su quello di Sirmione: BrOGiOlO 1989b.31 l’incertezza nella data dipende dall’indicazione contra-stante del XXiii anno dell’impero di Costantino V (762) edell’indizione prima (763). Nell’ipotesi che il documento siastato redatto a Brescia il 26 ottobre 763, sarebbe stato rila-sciato tre giorni prima della consacrazione della chiesa.

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Fig. 2 – Il complesso di Santa Giulia oggi (foto AFDM).

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G. P. BrOGiOlO

trarre la notizia da una cronaca degna di fede (cro-nicis satis autenticis)32. Secondo la Bettelli Berga-maschi “il testo latino (...) di solito molto scorretto,poco rispettoso delle regole grammaticali e sciattonella struttura sintattica, si rivela in questo branoinsolitamente corretto e ricercato. Sembra propriocioè che chi scrive abbia come riferimento unafonte di più elevato livello linguistico”33.

Un altro documento, ora disperso, in realtà unamemoria allegata alle reliquie già collocate nellacripta, ci è giunto nella traduzione della badessaBaitelli, che probabilmente l’aveva letto nel 1599, almomento del trasferimento delle reliquie “in un’arcadi piombo nell’Altar Maggiore della chiesa nuova”34:“l’Anno del incarnatione di Nostro Signore GesùChristo 763, alli 10 de M(en)se di Settembre fu edi-ficato questo Sacratissimo Monasterio in presenzaet ad istanza del Eccellentissima et Nobilissima re-gina Ansa Consorte dell’illustrisimo et Sacrato reDesiderio di lombardia et con grandissima solen-nità nella consecratione del tempio, che seguì alli29 del Mese d’ottobre, furono riposti con solennitàin Arche sotto terra e nelli altari che sono nel Santoet degno d’esser tenuto Monasterio, gl’infrascrittiCorpi de Santi et Sante oltre molte Arche ripiene diPretiosissime reliquie”. Questa traduzione proponedunque una data della fondazione del monastero al10 di settembre e della consacrazione della chiesaal 29 di ottobre del 76335. il Nazari, che è il primo acitare questo documento nel 1569, supera la con-traddizione tra la data della fondazione del mona-stero e quella di consacrazione della chiesa,riportando tutto al 753 e aggiungendo che un annopiù tardi Anselperga viene nominata badessa36.

Pur con alcune contraddizioni, il privilegio diPaolo i, la fonte dell’Ordinario e la memoria tra-scritta dalla Baitelli concordano nel riferire la de-posizione, nella cripta e negli altari, delle arche conle reliquie ad opera del papa37. è plausibile che lafonte del codice liturgico e il documento tradottodalla Baitelli abbiano avuto un comune archetipo38.l’anonimo estensore, come per la notizia della pre-senza del papa e dei cardinali, specifica infatti diriprendere un’antica fonte39 e possiamo credergliin quanto l’analisi del testo fatto dalla Bettelli con-ferma che si tratta di un’interpolazione (ma quantoantica?). la memoria coincide altresì con il privile-gio di Paolo i nel ricordare la presenza alla ceri-monia di consacrazione della sola Ansa, mentre sidiscosta dall’Ordinario in due punti: non vi è alcunriferimento alla partecipazione del pontefice e siaccenna ad una cerimonia di fondazione del mo-nastero distinta dalla consacrazione della chiesa.

il privilegio di Paolo i e i documenti presenti nelmonastero nel Xiii secolo, prima della compilazionedell’Ordinario, sono dunque in relazione. Se falsi,dovevano essere stati tutti costruiti in un momentodi recupero della tradizione longobarda, ma su que-sto problema tornerò più avanti. Se autentici, con-fermerebbero una fase di collaborazione tra il papae la coppia reale longobarda, attestata anche da altrefonti. Nel 760 Desiderio aveva stipulato un accordocon lui per andare insieme a ravenna a risolverequestioni di comune interesse. il viaggio potrebbeessersi svolto con un certo ritardo, ovvero la que-stione complessa potrebbe aver richiesto un ulte-riore incontro40. Solo nel 764-765, viene infatti siglatoun trattato bilaterale che risolve le controversie.

32 Ordinario, Ms. h.Vi.11 Bibl. Quer. Bs.: c. 1: Postea conse-cratum fuit per dominum papam cum suis cardinalibusprout invenitur in cronicis satis autenticis in dicto monaste-rio. c. 34v: In dedicatione ecclesie maioris s(cilicet) sanctiSalvatoris et sancte Julie. Quod festum fieri debet cum magnasolempnitate cum dominus papa fuit cum sua propria per-sona cum omnibus cardinalibus at peticionem regis Desideriiet Anse regine eius uxoris que construxit istud monasteriumet dotavit eum de maximis honoribus et divitiis tam spiritua-libus quam temporalibus, et etiam ornavit dictam ecclesiamde magno et optimo thesauro, videlicet de VIIII corporibussanctis integris que sunt condite in archis subtus in confes-sione … unde dicta ecclesia magnifice est ornata et propterhoc convocatus fuit dominus papa per dominam Ansam re-ginam ad dedicandam istam ecclesiam et consecrandamcum magno et laudabile honore et propterea sacreste mitteredebeant in ista dedicatione per multos presbiteros huius ci-vitatis ut dicant super omnia altaria missam et faciant offi-cium et missas cum magna reverentia et solempnitate.33 il fatto che i presuli al seguito del papa vengano definiticardinali è certo un anacronismo, ma non è a mio avvisoelemento sufficiente per negare a priori validità storica allavicenda. Vedi anche BEttElli BErGAMASChi 1983 e1984.34 BAitElli 1657, p. 104 lo ritiene “un’antichissima pergamenain lettere longobarde”. Non c’è però da far molto affida-mento sul giudizio della Baitelli circa “i caratteri longobardidel documento”, in quanto, a p. 12, ritiene longobardoanche l’Ordinario trascritto nel 1438.

35 Questa data contrasta tuttavia, come osserva BrUNAti 1855-1856, ii, p. 253, con quella del 19 ottobre, indicata dallacarta delle dedicazioni delle chiese di Brescia del 1143, editada Doneda, ma si può ritenere valida quella dell’Ordinario,documento interno al monastero stesso. la notizia è ripor-tata anche da FAiNO 1665, p. 76.36 NAzAri 1657: “Ansa Moglie di Desiderio …edificò il vostromonastero alli X settembre l’Anno 753. Et fu la Chiesa con-sacrata alli 29 Ottobre dell’istesso Anno. Et l’anno seguente754 fu creata et consecrata Abbadessa Ansilperga”.37 BAitElli 1657 osserva che il documento da lei tradotto“concorda con l’Antichissimo Cerimoniale nostro (...) la no-tula nel giorno stesso delli 29 doppo la Festa di SS. ApostoliSimone et Giuda, Giorno che si celebra fra noi con solennitàgrande, per essere stata Consacrata la Chiesa antica”.38 Per BrUNAti 1854-1855, ii, p. 252, nota 1, la Baitelliavrebbe costruito il documento, aggiungendo arbitraria-mente il nome di Paolo al testo dell’Ordinario. Ma la notizia,come si è visto, era già nel Nazari e nell’Ordinario mancal’indicazione del giorno e del mese.39 c. 20v: secundum quod dicebant domine antique quia vi-derunt cum oculis suis ed inoltre qui vidit testimonium proi-buit et fec(it) scribere.40 ANDENNA 2001, p. 43, da un lato ritiene la partecipazionedel papa alla consacrazione “anacronistica, perché tale po-tere spettava al vescovo diocesano e non al pontefice”, dal-l’altro un’ipotesi plausibile la sua presenza, ma se si accetta

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Un termine ante quem per la consacrazionedella chiesa e la deposizione delle reliquie è indi-rettamente contenuto nel diploma di Adelchi del76641, in cui si accenna ai sanctorum corpora quein ipso sancto cenobio humata quiescunt, depostiplausibilmente, anche se non necessariamente,nella cripta42.

3.3. Le reliquie

l’interesse precipuo dell’Ordinario e della me-moria è di sostenere la genuinità e la nobiltà dellenumerose reliquie deposte nelle chiese del mona-stero. tra quante si trovavano nella basilica di SanSalvatore, fin dal X secolo la più preziosa era con-siderata quella di santa Giulia. Ansa l’aveva trasfe-rita dall’isola di Gorgona, grazie alle relazioni chela coppia reale aveva mantenuto con la tuscia, oveDesiderio aveva esercitato il potere per conto diAstolfo. Un’iscrizione dedicatoria sull’urna che con-teneva i resti della santa riferiva l’episodio43.

tra le altre reliquie44, meritano la nostra atten-zione quelle di alcuni santi romani: di Pimenio, se-polto presso la via Portuense, di ippolito, depostolungo la via tiburtina, e di Sofia con le figlie Agape,Elpis e Pistis, ricordate oltre che con il nome grecoanche con quello latino di Fede, Speranza, Carità,sante inumate sulle vie Appia e Aurelia. Si è discussose siano state sottratte dal re longobardo Astolfonell’assedio del 756, di cui fa cenno il Liber Ponti-ficalis45, ovvero siano il frutto di una donazione da

parte di papa Paolo i. l’ipotesi che provenisserodal saccheggio di Astolfo è però contraddetta dallaloro menzione in due epigrafi del 756 che le ricor-dano in San Silvestro in capite46, dove erano statetrasferite proprio da Paolo i, del quale è parimentinota la cura nel recupero dei corpi santi da antichicimiteri suburbani47.

il re Desiderio è ricordato dalle fonti per avertrasferito corpi santi non solo a Brescia, ma anchenel monastero di leno. in questa località, come siè detto, aveva fondato una chiesa prima di salireal trono nel 757. l’aveva poi trasformata in mona-stero, dotandola di tre reliquie: di san Benedetto edei martiri Vitale e Marziale, la prima provenienteda Montecassino, le altre due da roma. il recuperodi queste ultime potrebbe essere avvenuto al tempodella spedizione militare organizzata, subito dopol’ascesa al trono, contro i duchi di Spoleto e Bene-vento e conclusa agli inizi del 758, quando il re in-contra il nuovo papa Paolo i nella chiesa di SanPietro a roma48.

Nell’evergetismo dell’Viii secolo le reliquie as-sumono un peculiare significato ideologico: il re,incaricandosi del loro reperimento e trasporto, ri-ceve il riverbero della loro sacralità; la chiesa chele ospita diviene centro di pellegrinaggio e di cultoprivilegiato. il trasporto delle reliquie di Sant’Ago-stino, dalla Sardegna desolata dagli Arabi a Pavia,promosso da liutprando, trova risonanza nella cro-naca dell’anglo Beda, fonte contemporanea agli av-venimenti. Nel momento in cui le città costruiscono

la data del 763 per il documento papale “molte riserve sol-levate dal documento verrebbero a cadere”. Cfr. anchetOMEA 2001, pp. 52-55. 41 CDl, iii, 38. 42 Assertiva a questo proposito ANDErSON 1976, p. 36, n. 44,per la quale il documento conferma “that monastic churchhad a confessio by 766 to which such relics as those of saintJulia and others eight have been entrusted”, anche se si po-trebbe sempre obiettare che questa sia stata una secondacollocazione rispetto ad una più antica di cui si potrebbeaver perso la memoria.43 Se ne conservano tre contrastanti trascrizioni, concordituttavia nell’indicare il coinvolgimento di Desiderio e Ansa.la BAitElli (1657, p. 6) trascrive “la lapide”: Divae Iuliae Car-tagin, Ansaloni f. Christi Virgini et Mart., Templum hocS.D.D. Desiderius Rex et Ansa Regina. FAiNO (1665, p. 76)sostiene che fosse su marmo (In cuius fundatione Regia amanus posuit marmoreum Monimentum) e ne dà la se-guente lettura: Divae Iuliae Cartaginensi, Ansaloni filiae,Christi Virgini et Martyri, Templum hoc Salvatori DicaruntDesiderius Rex et Ansa Regina. la doppia dedica a santaGiulia e al Salvatore la collocherebbe non prima del iX se-colo, o anche più tardi, secondo G. PANAzzA (1978a, p. 15).Gli Acta Sanctorum, Maii, V, Antverpiae 1685, p. 168, nedanno però una diversa trascrizione (D.O.M. ET DIVAE IU-LIAE. CARTHAG. ANSALONI. F. CHRISTI. VIR. ET MART. T.H. S. DESIDERIUS. REX. ANS.) con l’ipotesi che l’abbrevia-zione t.h.S possa essere sciolta in Tumulum hunc, o Tum-bam o Thecam hanc sacrat. 44 l’Ordinario, c. 34v-35r, elenca le seguenti reliquie: vide-licet de VIIII corporibus sanctis integris que sunt condite in

archis subtus in confessione, s(cilicet) corpus beatissime Iulieet tres filie sancte Sofie et capud matris eorum, s(cilicet) Pi-stis, Helpis, Agape et duo corpora Innocentum et sunt isti inarcha sancte Iullie; in altare de medio est corpus sancti Ypo-liti et erat brachium sancti Blaxii et modo est de foris; inarcha III sunt corpora sancti Pimenei et santi Iustissimi in-tegri et relique sancti Firmi et Rustici, Castuli et Anestasii etmulte alie relique sanctorum et sanctarum. il medesimoelenco compare a c. 20r.45 Liber Pontificalis, ii, pp. 451-452: multa corpora sancto-rum effodiens, eorum sacra cymiteria ad magnum animaesue detrimentum abstulit. WEiS 1977 ritiene che siano le re-liquie che papa Stefano ii aveva trasportato nel suo oratorioprivato di San Silvestro in capite. BrUNAti 1854-1855, ii, pp.244-245, è incerto se si tratti di quelle sottratte da Astolfo,ovvero siano state donate da Paolo i. Una sintesi delle po-sizioni storiografiche in tOMEA 2001, pp. 47-50.46 MArUCChi 1909, pp. 398-399, cfr. tOMEA 2001, p. 52; BEr-tElli 2001a, p. 71.47 Liber Pontificalis, i, p. 464: cernens plurima sanctorumcymiteriorum loca neglectu ac desidia antiquitatis maximademolitione atque iam vicina ruine posita, protinus eademsanctorum corpora de ipsis dirutis abstulit cymiteriis.48 tOMEA (2001, p. 47) è fin troppo prudente quando osservache è “egualmente lecito il sospetto che dietro il generico esfuggente «ab urbe roma» impiegato dall’anonimo monacoleonense, si celasse – cancellato o dimenticato – un pos-sesso dei sacri resti, che rimontava in realtà all’assedio ro-mano”. Da parte mia ritengo sia preferibile ipotizzare undono del papa Paolo, sia per le reliquie di Vitale e Marziale,sia per quelle di Pimenio, ippolito, Agape, Elpis e Pistis.

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la loro identità storica, il culto delle reliquie deisanti ne rafforza la coesione49. A Desiderio si deveil trasferimento a Verona delle reliquie di SanFermo. A Brescia, al culto dei santi conservati nelmonastero, all’interno dei quali assumerà una nettapreminenza quello per Santa Giulia, risponde neiprimi decenni del iX secolo il vescovo rampertocon una duplice traslazione: quella del vescovo Fi-lastrio dalla chiesa suburbana di Sant’Andrea allacattedrale di Santa Maria e quella dei Santi Faustinoe Giovita nell’omonimo monastero.

4. Un centro economico e politico di pri-maria importanza

Agli occhi dei fautori come dei numerosi av-versari, il monastero di San Salvatore dovevaproporsi come l’immagine tangibile di un poterepolitico ed economico che la famiglia reale anelavacostruire sotto l’ombra protettrice del monastero. idocumenti permettono di seguirne l’evoluzionepatrimoniale, dal modesto insediamento religiosodelineato dal documento del 759, fino alla “rifon-dazione regia” e al conseguente straordinario in-cremento della sua ricchezza patrimoniale nelcorso degli anni ’60. ricchezza ottenuta con unaspregiudicata politica di cessione di beni regi e dibeni confiscati, con accorte transazioni finanziarie,con la fondazione di monasteri dipendenti daquello bresciano, con le donazioni dei beni dellafamiglia di Ansa e dei principali sostenitori di De-siderio, il genero duca di Benevento Arechi ii e ilduca di Spoleto teodisio50.

la fortuna di Desiderio, dopo aver raggiunto ilculmine nel 770-771 quando il re franco Carloprende in moglie la figlia del re, precipita rapida-mente dopo la morte del coreggente Carlomanno,avvenuta nel dicembre del 771.

il diploma di Adelchi dell’11 novembre 77251,che riassume il quadro patrimoniale del monastero,promulgato nel momento cruciale dello scontropolitico con il nuovo papa Adriano i, tradisce unultimo tentativo di resistenza. in questo dramma-tico frangente, ribadisce implicitamente la centralitàdel monastero nel progetto politico della famigliaora minacciata da forze interne ed esterne, e lo raf-forza con nuove rilevanti concessioni: l’esenzionedal pagamento delle imposte sui commerci (telo-neo e siliquatico) e degli oneri pubblici (scufias pu-blicas et angarias atque operas et dationes); aqueste aggiunge la legalizzazione del matrimoniotra servi e donne libere, i cui figli possono dunquerimanere, come aldii, sulle proprietà monastichesenza divenire di proprietà regia, come prescrivevala legislazione da rotari a liutprando52.

Dal punto di vista patrimoniale, due sono gliaspetti da sottolineare: la rete di monasteri dipendentie di proprietà distribuite lungo la Penisola e la granquantità di beni concentrati nella città di Brescia.

4.1. La rete di monasteri dipendenti

Nel documento del 772 vengono elencati novemonasteri dipendenti, alcuni fondati da Ansa, altridonati o acquisiti in altro modo, in lombardia, Emi-lia, lazio ed Abruzzo53 con proprietà in Austria,Neustria e nei territori di Spoleto, Fermo, Osimo,Benevento. l’importanza politica di controllo e diassistenza lungo i percorsi stradali anticipa quellache sarà una delle preoccupazioni primarie dei Ca-rolingi. Nessuno tra i re longobardi, prima di Desi-derio, aveva varato un progetto di così ampiorespiro. lo stesso liutprando, il più potente, si eralimitato a fondare un piccolo monastero a Berceto,lungo la strada tra Pavia e la tuscia54. Nessuno delresto, prima di Desiderio, aveva esercitato un pro-tettorato così incisivo sui ducati di Spoleto e di Be-

49 OrSElli 1985.50 il monastero nel 765 acquisisce i beni di Cunimondo diSirmione, che peraltro ne mantiene l’usufrutto vita naturaldurante (CDl, iii, 36). Nel 766 (CDl, iii, 38) incamera la pro-prietà di ripa Alta e il patrimonio familiare lasciato dal padredi Ansa, Verissimo, e dai fratelli Arechi e Domnolo a temo-line e Fistolina e altre proprietà non specificate in Austria,Neustria e tuscia. Nel 769 completa l’acquisto della partemancante della grande corte di Alfiano nel cremonese (CDl,ii, pp. 271-275, 277-281). Prima del 771 (CDl, iii, 40) si sonoaggiunti beni nel ducato di Spoleto e il monastero di Paviadedicato a San Salvatore, agli apostoli e a San Daniele. Primadel 772 (CDl, iii, 44) possiede proprietà nella città di Bresciae in Emilia; regge le celle monastiche costruite direttamentesotto la sua tutela e i nove monasteri donati o acquisiti conaltro negozio giuridico: a Pavia, Sirmione, Soriano, Bologna,Pistoia, Sextuno e San Vito (rieti), sulla Maiella (Benevento);incamera i beni sequestrati ai traditori Augino, fuggito inFrancia, Sesenno, raidolfi, Stabili, Eoardi, Ansaheli, Gotefrid,teodosi; riceve donativi da Arechi ii, duca di Benevento, adAmiterno nel reatino e a Vico Novo nel territorio di Pennee da teodisio, duca di Spoleto, nello Spoletino.

51 CDl, iii, 44. 52 ANDENNA 2001, p. 45.53 A Pavia (San Salvatore, Santi Apostoli e San Daniele, fon-dato da Ansa e Desiderio: CDl, iii, 40), Sirmione (San Sal-vatore fondato da Ansa), Soriano loc. Monte lungo, Bologna(San Cassiano, acquisito dal presbitero Sindulfo), Pistoia(pervenuto per scambio dall’abate Ermeberto), Sextuno (nelterritorio di rieti, con massa e fondo a San rustico di Nar-nate), San Vito (nel medesimo territorio, ottenuto per scam-bio dal vescovo teutone), intride (nel territorio di Valvanell’Aquilano), nel Beneventano a San liberatore (della Ma-iella), concesso da Arechi ii. i monasteri dell’Appennino bo-lognese e nel Pistoiese sorgono su itinerari stradali cheportano rispettivamente verso i territori pervicacemente ri-vendicati dalla Chiesa e verso la tuscia, ove invece Deside-rio poteva contare su forze a lui fedeli. i monasteri e i beninel ducato di Spoleto e di Benevento sono forse il prezzoche i duchi, imposti con le armi ad un’aristocrazia locale de-siderosa di autonomia, sono costretti a pagare in cambiodell’appoggio del re.54 PAUli DiACONi, Historia Langobardorum, Vi, 58.

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nevento. le donazioni dei duchi in italia centralee meridionale ne sono una conferma. Pur nonescludendo la funzione di assistenza ai pellegrini,la distribuzione di queste proprietà riflette un lu-cido disegno di influenza e condizionamento poli-tico in aree chiave della Penisola, da Pavia, dove ilmonastero ottiene, prima del 760, lo xenodochiocon la chiesa dei Santi Maria, Pietro e Paolo55, a Sir-mione, dove, dopo la punizione e la confisca deibeni di Cunimondo, gasindio della regina, Ansaprovvede ad istituire un cenobio dedicato, comequello bresciano, al Salvatore56.

4.2. Il controllo della città

Particolare rilevanza assumono, per la strutturadel monastero e per le attività che vi sono docu-

mentate archeologicamente, le proprietà e i privi-legi nella città di Brescia. risultato di successivedonazioni, solo sommariamente ricordate nei pri-vilegi, comprendono: (a) l’area di pertinenza dellacorte regia, concessa da Astolfo a Desiderio primadella sua morte nel 756, sulla quale viene fondatoil monastero57; (b) i beni donati da Ansa, apparte-nenti al patrimonio della regina, tra cui le curteset possessiones innominatas et locas del diplomadi Adelchi del 77258; (c) il diritto di derivare l’ac-qua dall’acquedotto romano, acquisito prima del761, quando il monastero stipula quattro contrattiper cessione di diritti di passaggio del relativocondotto59; (d) due mulini, pertinenti alla corteregia e ducale, che sfruttavano l’acqua dell’acque-dotto romano, donati da Desiderio nel 76760.

Nel Polittico, che descrive agli inizi del X secolo

55 CDl, iii, 33. è identificato con quello successivo di SanFelice (hUDSON 1987, p. 248; MilANi in BArBiEri, rAPiSArDA,COSSANDi 2008).56 et monasteriolo illo infra ipso castro, quem Ansa novoopere construxit (MGh, Diplomata Karolinorum, i, p. 115). 57 Come ricorda il diploma del 759 (CDl, iii, 31).58 CDl, iii, 44: singulas res moviles atque curtes et posses-siones innominatas et locas infra Brexiana civitate regie pro-prietatis sue seu et gastaldios suos; cfr. anche CDl, iii, p. 275.59 CDl, ii, 151, 152, 153, 155.

60 CDl, iii, 1, 39: duas insimul molentes positas in aqua quaeexit de cuniclo, qui decurrit intra suprascripta civitateBrixiana foris muros civitatis ante porta BeatissimorumFaustini et Jovittae, sicuti ad curte nostra publica vel ad cur-tem ducalem pertinuit, unacum areales et platea ibi positamiuxta portam (...) eo tamen ordine, ut potestatem habeatomni in tempore pars predicti monasterii, si voluerit, ibi mo-linas habeat vel, si claudere voluerit ipsa aqua, quae ad ipsamolina decurrit, aut quod eorum oportune fuerit faciendumabsque omni publica contradictione.

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Fig. 3 – San Salvatore, interno.

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le proprietà del monastero, manca purtroppobuona parte della prima pergamena. è perciò ipo-tetico, seppur plausibile, riferire a Brescia la corteurbana (infra civitate), menzionata dopo la cortedi iseo e prima di quella di Cavriana. Forse costi-tuita con i beni del fisco concessi da Astolfo e conquelli del patrimonio della regina donati da Ansa,comprendeva una casa, una caminata, del terrenoarativo sfruttato per frumento, orzo, segale e le-gumi, dei vigneti e dei prati per l’allevamento delbestiame61. in base alla documentazione di Xi-Xiisecolo62, possiamo localizzare queste proprietà trai terrazzi meridionali del Cidneo, coltivabili a vi-gneti e legumi, e la braida pianeggiante a sud deldecumano massimo, adatta all’arativo per cereali eai prati per l’allevamento di bestiame.

5. La chiesa di San Salvatore: un mausoleodinastico?

Nel progetto concepito dalla famiglia reale, lachiesa di San Salvatore doveva proporsi come l’im-magine del suo potere politico ed economico. Stru-mento ideologico e culturale che la monarchialongobarda e i principali duchi avevano imparatoad utilizzare da tempo, facendo della chiesa mau-soleo uno dei simboli del loro potere da trasmet-tere in eredità.

Che San Salvatore sia stato concepito come taleè anzitutto suggerito da alcune evidenze materiali,sulle quali ci soffermeremo nel capitolo successivo:nella chiesa, fin dall’origine, vennero previste, inposizione privilegiata, una tomba ad arcosolio peril fondatore/trice e tre sepolture nella navata cen-trale; vi sono stati rinvenuti frammenti di sarcofagiromani di altissima qualità e con raffigurazioni dialto valore simbolico, forse utilizzati per i membridella dinastia.

in questo paragrafo, mi limito a discutere le te-stimonianze scritte: l’epitaffio composto da PaoloDiacono per la regina Ansa e la memoria storicadel monastero che dà per certa la sepoltura di Ansanella tomba ad arcosolio.

Paolo Diacono compose presumibilmente l’epi-taffio per la regina Ansa nel momento in cui la co-struzione di un potente monastero era stata portataa felice compimento63. Al culmine del potere, Desi-derio, grazie ad un’accorta politica matrimoniale, po-teva esercitare un’influenza a livello europeo.ricorda infatti Paolo Diacono, con un’immaginepoetica che, forse non casualmente, sarà ripresa nel“5 maggio” del Manzoni, come le figlie del re si fos-sero accasate su tre grandi fiumi europei: sull’Ofanto,con il matrimonio di Adelperga celebrato nel 758con il duca di Benevento Arechi ii; sul Danubio, conlo sposalizio nel 763 di liutperga con il potente ducadi Baviera tassilone; infine sul reno, dove la suastrategia sembrava aver toccato l’apice con l’unione,nel 770, tra l’ultima figlia, plausibilmente di nomeGerperga64, e Carlo, il potente re dei Franchi65.

i versi, riflettendo l’ottimismo di quegli anni, ce-lebrano le glorie della regina, che ha ristabilito as-sieme al marito la sua patria percorsa dal fremitodelle rivolte (patriam bellis laceram iamiamqueruentem/ compare cum magno relevans stabilivitet auxit) e della famiglia, destinata ad un gloriosofuturo, grazie ai figli: Adelchi, bello di aspetto e dianimo forte, speranza dei longobardi; le figlie, an-date spose al re dei Franchi e ai duchi di Baviera edi Benevento; la vergine Anselperga, destinata aDio in questo monastero (virgineo splendore mi-cans, his dedita templis).

l’epitaffio, composto nel breve periodo del 770-771, in cui la figlia minore fu sposa di Carlo, primadi essere da lui ripudiata, anima l’illusione di unpotere consolidato che doveva ben presto tramu-

61 PASQUAli 1979, pp. 58-59; vedi anche l’introduzione a p. 49.62 ANDENNA 1992. le proprietà monastiche urbane compren-devano appunto non solo l’area occupata dal monastero edell’attigua Ortaglia, ma anche quella a sud di via Musei,parte del castello e dell’area della corte ducale ad occi-dente.63 il documento è in MGh, Poetae lat. aevi Karol., i, p. 45ss. Vedi BOGNEtti 1963, p. 443; di parere contrario hElBliNGin DBi, pp. 360-361, che ritiene che Paolo Diacono abbiacomposto l’epitaffio “negli anni che seguirono il crollo delregno, in un’atmosfera propizia all’idealizzazione dello statopassato”. ipotesi da rigettare almeno per due motivi. Vi èun esplicito riferimento al monastero: his dedita templis, chemal si accorda con una composizione celebrativa genericae posteriore. E soprattutto il contenuto riassume assai benel’illusione del successo politico tenacemente perseguito dalre, che sembrava a portata di mano nel 770-771, ma sarebbeapparso del tutto stonato dopo la sua caduta.64 NElSON 1998, p. 179, nota 39 e p. 183, ipotizza che si chia-masse Gerperga, nome tramandato però dal solo Andreada Bergamo (Historia, c. 3, p. 224). Si tratta del medesimo

nome della moglie di Carlomanno, il che avrebbe ingene-rato la confusione nelle fonti contemporanee. Confusioneaccresciuta da alcuni storici che, interpretando come so-stantivo un aggettivo della vita di Adalardo di Corbie (de-sideratam filiam) le hanno affibbiato il nome di Desiderata,ed infine dal Manzoni che, nell’Adelchi, ha inventato disana pianta il nome di Ermengarda, nome di un paio di ba-desse del monastero, rispettivamente del iX e dell’Xi se-colo.65 Alla morte di Pipino, avvenuta nel 768, il regno era con-teso dai figli Carlo e Carlomanno. Due anni più tardi, Ber-trada, la vedova di Pipino, viene in italia a cercarel’appoggio di Desiderio. Appoggio da consolidare con unadoppia relazione matrimoniale: Adelchi avrebbe sposato lafiglia di Pipino Gisella, mentre la figlia del re longobardoavrebbe sposato Carlo. Solo questo secondo matrimoniovenne celebrato, nonostante la fermissima opposizione delpapa che in una lettera di rara violenza (Codex Carolinus,n. 45) invitò Carlo a non contaminare la nobile progeniefranca cum horrida Langobardorum gente (...) de cuius na-tione et leprosorum genus oriri certum est.

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tarsi in tragedia per la famiglia reale, oltre che perl’italia. infatti, subito dopo la morte di Carlomanno,avvenuta il 4 dicembre del 771, Carlo ripudia lasposa, esplicitando con tale gesto un vero e pro-prio atto di ostilità. Desiderio, ferito nell’orgoglio,abbandona la tradizionale cautela e risponde conuna sfida che lo porterà alla rovina: accoglie pressodi sé la vedova e i figli di Carlomanno, rivendican-done i diritti al trono franco, e pensa di intimorireil nuovo papa, invadendo i territori della Chiesa.Una parte dell’aristocrazia longobarda si dissociaperò dalla sua politica e si rifugia da Carlo, impe-gnato nel 772 nella campagna contro i Sassoni. ipressanti appelli del papa, principale artefice della

rovina dei longobardi, e il rifiuto di Desiderio atrattare portano all’attacco franco dell’anno succes-sivo e all’assedio di Pavia, che cadrà nel giugno del774. Desiderio, Ansa e la figlia, con ogni probabi-lità la stessa moglie ripudiata da Carlo, vengonofatti prigionieri e inviati in Francia66. il re viene rin-chiuso nel convento di Corbie, dove morirà. Deldestino delle due donne le fonti contemporaneenon fanno alcun cenno.

Dell’epitaffio, previsto in lettere bronzee (lacteaquae fulget tumba metallo)67 come nelle monu-mentali iscrizioni di San Vincenzo al Volturno e diSalerno, non vi è alcuna traccia nella tradizionebresciana ed è plausibile che non sia mai stato rea-

66 Liber Pontificalis, i, p. 499 e Annales Fuldenses, a. 744, p.9 ricordano solo la deportazione di Ansa e Desiderio; An-nales Mettenses Priores, p. 72 anche della figlia. hElBliNG in

DBi, pp. 360-361; MAJOCChi s.a. 67 BErtElli 2001a, p. 72, pensa invece ad una decorazione amosaico in tessere d’oro, improbabile nell’arcosolio.

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Fig. 4 – San Salvatore, tomba ad arcosolio nella parete meridionale.

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lizzato. la tomba è invece concordemente ricono-sciuta nell’arcosolio ancora esistente nella paretesud della basilica di San Salvatore. Malvezzi, all’ini-zio del XV secolo, è il primo a ricordarne la sepol-tura in un sepolcro di pietra presso il campanile,segnalata da una semplice epigrafe: Ansa ReginaRegis Desideri Vxor68, iscrizione già scomparsa altempo di Astezati (nel XViii secolo)69. la ricorrenzadella morte veniva celebrata con canti e con la di-stribuzione di pane ai poveri70, consuetudine con-fermata dagli affreschi del Xiii secolo che nedecoravano gli stipiti71.

la tradizione bresciana non ha dunque dubbinel ritenere che Ansa vi fosse stata sepolta, in unaposizione privilegiata che ritroviamo, ad esempio,nella chiesa monastica di Novalesa72. Non ne ab-biamo però alcuna conferma da altre fonti e non soquanto sia verosimile che, dopo le tragiche vicendeche seguirono la sconfitta e comportarono la sosti-tuzione della badessa, alla regina sia stato concessodi finire i suoi anni nel monastero e vi abbia trovatosepoltura73. Per cui non si può escludere che anchequesta vicenda faccia parte della costruzione delmito, attuata in età berengariana (infra).

6. L’eredità longobarda

il disegno strategico di Desiderio, che era sem-brato aver successo nei due anni di crisi del regnofranco succeduti alla morte di Pipino nel 768, si eraben presto rivelato troppo ambizioso. la debolezzainterna del regno, dove le velleità di autonomia edi repulsione contro la nuova dinastia non eranovenute mai meno, e soprattutto l’energia di duepersonaggi destinati a cambiare la storia d’Europa,il papa Adriano i e il re franco Carlo, ne avevanorapidamente decretato il fallimento.

l’idea politica, fortemente innovativa, almenoper il regno longobardo, perseguita con la fonda-zione del monastero di San Salvatore come stru-

mento di controllo territoriale a scala interregionalee come centro economico di primaria importanza,viene rimodulata con i Carolingi74.

in una prima fase, avviata fin dal giugno 774, su-bito dopo la cattura di Desiderio, Carlo Magno lo in-debolisce togliendogli beni (come quelli di Sirmionetrasferiti a San Martino di tours75), sostituendo la ba-dessa, affidando la gestione amministrativa del patri-monio ad un rector ed al controllo di altri ecclesiatici,“come se per i Carolingi si trattasse di impostare unanuova e più ridotta istituzione religiosa”76.

l’atteggiamento muta allorché le rendite patri-moniali del monastero, considerato “solo come ungrande sistema produttivo da far funzionare nelmodo economicamente più vantaggioso”77, ven-gono attribuite a mogli e figlie degli imperatori.ludovico il Pio nell’823 le cede alla moglie Giuditta,sub immunitatis defensione dell’imperatore78; lo-tario i le passa nell’848 alla moglie Ermengarda ealla figlia Gisla79. Nell’851 la stessa Gisla ne ottieneconferma unitamente alla concessione al monasterodi numerosi beni che erano stati in precedenzasottratti, quali i monasteri di Sirmione, di Sextunoe di Pavia e l’ospedale di San Benedetto di Monte-lungo, sull’Appennino emiliano. Morta Gislanell’859, due anni più tardi ludovico ii fa monacarein San Salvatore la figlia, anch’essa di nome Gisla,concedendole l’amministrazione del patrimonio80.Dopo la sua morte nell’868, stabilisce che l’usufruttopassi alla moglie Angelberga e, in caso di morte,all’altra figlia di nome Ermengarda81. Questa, nel-l’ambito delle lotte per la successione a ludovicoii, nell’876 viene rapita dal conte Bosone di Vienne,ma vi ritornerà come badessa e riceverà nell’880 laconferma dell’immunità dall’imperatore Carlo ilGrosso82.

in questa nuova situazione, tra 848 e 851, lota-rio i e ludovico ii avrebbero concepito “un pro-getto per trasformare il cenobio in un vivace centrodi cultura, di vita religiosa e di potere politico eeconomico”83, in grado di attrarre l’interesse del-

68 MAlVEzzi 1729, col. 847: membra quoque huius Serenis-sime Ansae Reginae in eodem Coenobio apud campanile insepulchro lapideo sepulta fuere. la notizia è riportata ancheda altri autori del XVi e XVii secolo. 69 Per CAPriOlO (1976 rist. anast., p. XXViir.) il suo sepolcroè marmoribus perornatum campaniloque reconditum. Altempo della Baitelli era stato rimosso: “ella è sepolta dovehora è il nostro campanile con una lapide di marmo grecocon semplice iscrizione, Ansa Regina Regis Desideri Vxor,di che anco fanno fede li due manuscritti cronici del Girellie del Nazari” (BAitElli 1657, p. 5; cfr. PANAzzA 1962a, p. 198,nota 30; BOSChi 1978, p. 81).70 Ordinario (Ms. h.Vi.11 Bibl. Quer. Bs), c. 32 v.: In festosanctorum Fabiani et Sebastiani (...) ad missam maiorempresbiteri debent cantare Ansam pro defuncta, videlicet prodomina Ansa regina que sepulta fuit in tali die et ideodo(na)tur pane pro anima sua et in memoria eius.71 Affreschi in PANAzzA 1962a.

72 CANtiNO WAtAGhiN 1995. 73 hElBliNG in DBi, p. 361.74 ANDENNA 2001, pp. 46-50.75 MGh, Diplomata Karolinorum, i, pp. 115-117.76 ANDENNA 2001, p. 46. Anche i beni in italia centrale e me-ridionale furono sottratti, pur in epoca imprecisata, ma co-munque prima dell’837, dal momento che non compaiononell’inquisitio di quell’anno (MGh, Diplomata Karolinorum,iii, pp. 112-115).77 ANDENNA 2001, p. 47.78 C.D.Langobardiae, n. 103.79 MGh, Diplomata Karolinorum, iii, pp. 241-242.80 MGh, Diplomata Karolinorum, iV, n. 34.81 MGh, Diplomata Karolinorum, iV, n. 48.82 MGh, Karoli III diplomata, n. 28.83 ANDENNA 2001, p. 47.

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l’aristocrazia europea, progetto testimoniato, oltreche dai diplomi imperiali, dal Liber vitae, la cuicompilazione iniziò nell’856, in occasione di unavisita di ludovico ii accompagnato dai principalipersonaggi del regno84. il Liber Vitae attesta unafitta rete di rapporti con altri cenobi europei e con-ferma la presenza in quello bresciano di donneprovenienti dai più illustri casati dell’aristocraziadel tempo.

la politica carolingia nei confronti del mona-stero dalla conquista fino all’820 circa, di conteni-mento e di riduzione del suo potere, rende inve-rosimile l’ipotesi di una costruzione della chiesadi San Salvatore e del suo apparato decorativo al-l’epoca di ludovico il Pio, come propose GaetanoPanazza. Potrebbe essere avvenuta in seguito, dal820 al 860, quando fu utilizzato come rendita perle principesse imperiali? Ma con quale scopo?

in tutta la ricchissima documentazione di quelperiodo non vi è alcun cenno né alla fondazionedel monastero, né ai sovrani longobardi, sconfittie dimenticati. A testimoniarne l’origine sopravvive-vano, però, nel chiuso dei chiostri, elementi icono-grafici in grado, conclusa la parentesi carolingia, ditrasformare in mito lo sfortunato disegno politicodi Desiderio e Ansa.

7. Lo sviluppo del mito

la centralità di Brescia e del cenobio di SanSalvatore permane anche dopo la dissoluzionenell’888 dell’impero carolingio. Berengario i, figliodi quell’Eberardo ricordato nel Liber Vitae, sposala bresciana Bertilla, della famiglia comitale deiSupponidi. Da questa stessa famiglia proviene Ar-dingo, vescovo della città nell’898 e arcicancelliereimperiale. Frutto di questi legami è la nomina diBerta, figlia di Berengario e Bertilla, a badessa delmonastero, che diviene snodo importante nellasua politica alla ricerca del sostegno dell’aristocraziadell’Austria, recuperandone le memorie “localistiche”longobarde85. il cambiamento del nome, da SanSalvatore a Santa Giulia, rientra in questa strategia86.la dedica alla martire cartaginese compare per laprima volta nel 91587, anno in cui Berengario

ottiene il titolo imperiale, ma coesiste con quellaal Salvatore fino alla fine dell’Xi secolo, quandol’intitolazione alla santa diviene esclusiva. Questolento passaggio da un titolo all’altro sembra dunquesuggerire un cambiamento maturato lentamenteall’interno del monastero, ma certamente avviatoal tempo di Berengario i, con la costruzione delmito che collega Ansa a Santa Giulia.

la regina Ansa ha fatto costruire e decorare lachiesa e trasportare le reliquie di santa Giulia. ledue figure femminili eroiche, nelle quali le mona-che potevano trovare ideali di santità, sono oggettodi memoria e celebrazione. Divengono mito ed ele-mento fondante della cadenza liturgica, testimo-niata dall’Ordinario del Xiii secolo, ma certamentepiù antico almeno per alcuni momenti fondamen-tali del cerimoniale, come suggeriscono alcuni testiliturgici che si possono collocare agli inizi del X se-colo.

7.1. Ansa fondatrice del monastero e trasla-trice delle reliquie di santa Giulia

Mentre dai documenti del iX secolo non tra-spare traccia del culto della santa cartaginese, altrefonti liturgiche (due passi di breviari pubblicati ne-gli Acta Sanctorum, una nota aggiunta al Martiro-logio di Adone, un inno tratto da un lezionariodell’Xi secolo), risalgono al periodo nel quale siandava definitivamente affermando il suo cultocon la sostituzione del titolo del monastero. tutteribadiscono il trasporto delle reliquie della santaad opera di Ansa, la loro sistemazione nel mona-stero, la sontuosità dell’edificio fatto costruire dallaregina.

1. Negli Acta Sanctorum88, nel testo che riportala passio della santa è aggiunta la notizia della tra-slazione ad opera di Ansa nel monastero da lei fon-dato e della collocazione mirificentissime dellereliquie della santa89. il codice, segnalato ai Bollan-disti da Bernardino Faino, è ora disperso e dunquenon databile con puntualità, se non dopo l’intito-lazione del monastero a santa Giulia.

2. le medesime notizie, seppur in forma piùsintetica90, sono riportate in aggiunta al martirolo-gio di Adone, scritte a Brescia tra la fine del iX egli inizi del X secolo.

84 lUDWiG 2001.85 rOSENWEiN 1996, pp. 255-256 e ArNAlDi in DBi.86 GAViNElli 2001, p. 127.87 SChiAPArElli 1903, I diplomi di Berengario I, n. 96.88 Acta Sanctorum, Maii, V, p. 171; il testo è tratto Ex Bre-viario Brixiensium sanctimonialium regii caenobii S. Iu-liae.89 Dei nutu inspirata Ansa Regina, uxor Desiderii gentis Lan-gobardorum audiens eius venerabilia gesta atque miracula,eius desiderio accensa, praecepit eius corpus debita cum ve-

neratione sibi afferri. Tunc apud Brixiam civitatem, ad ho-norem ipsius Beatae martyris Juliae, monasterium dignocultu dignaque fabrica constructum dedicavit, ubi corpusipsius mirificentisseme collocavit.90 Ansa fece portare a Brescia il corpo di santa Giulia e lofece collocare mirificentissime nel monastero costruito inonore della santa: aggiunte al codice della Biblioteca Apo-stolica Vaticana reg. lat. 540, f. 61: de ipsa insula Ansa re-gina uxor Desiderii regis Langobardorum praecepit corpuseius afferri et in monasterio, quod ad honorem ipsius beataeIuliae construxit, Brixiae mirificentissime collocavit.

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3. Un testo metrico di un breviario, pubblicatosempre negli Acta Sanctorum91, associa, nell’intito-lazione del monastero, San Salvatore e Santa Giu-lia. rimanda dunque ad una tradizione posterioreal iX secolo, che ricorda la fondazione, la trasla-zione dei corpi di santa Giulia e di molti altri santi,la collocazione sontuosa nel monastero regio, laricca dotazione92.

4. il quarto testo, contenuto nel lezionario mar-tirologico, già conservato nell’Archivio Capitolaree ora disperso, ma trascritto da Brunati che lo as-segnò all’Xi secolo93, ricorda la traslazione delle re-liquie dalla Corsica ad opera di Ansa, specificandoche la regina costruì la cripta cum schemate miramper collocarvi l’arca della santa94.

5. le notizie sulla traslazione di santa Giulia a Bre-scia ad opera di Ansa e sulla collocazione sontuosadei suoi resti mortali nel monastero sono riprese neicinque inni pubblicati dai Bollandisti nel 175195.

A questo punto degli studi è indispensabile unintero riesame della documentazione agiografica eliturgica, per ricostruire la tradizione documentariache alimentò la memoria storica del monastero finoall’Ordinario del Xiii secolo96.

Nella tradizione letteraria del monastero, il cultodelle reliquie conservate in tre arche marmoreedella cripta si associa dunque costantemente, findalla fine del iX secolo, alla memoria dei fondatori,in particolare della regina Ansa97. tale culto trovavaampio riscontro nell’iconografia delle decorazionipresenti nel monastero, in particolare negli affre-schi altomedievali di San Salvatore raffigurantiscene della storia di questi santi98. le iscrizioni, checostituivano parte integrante del piano di comuni-cazione ideologica suggerita dalla committenza,dovevano associare il trasferimento delle reliquienel monastero alla figura di Desiderio e Ansa. Daquesti testi epigrafici sarebbero poi derivate le fontiscritte che abbiamo esaminato in questo paragrafo.

7.2. I tesori di Desiderio e Ansa

A partire dal Xiii secolo, la tradizione docu-mentaria accomuna le reliquie al tesoro di oggettipreziosi donati dai fondatori. ricordati nei privilegidel 76099 e del 771100, oggetto delle mire di Carlo ilGrosso contro il quale dovette intervenire il papain persona101, sono elencati negli inventari del 1267e del 1294, ripresi dal Nazari102. Ai tempi della Bai-

91 Acta Sanctorum Maii, V, Antverpiae 1685, p. 170: RexLombardorum Flavius/ Illustris Desiderius/ Fundavit hoccoenobium./ Et sacravit monjalium./ In Salvatoris Nomine./Virginis quoque Iuliae./ Anxae Reginae precibus./ Exultatcaelum laudibus./ Sacratum corpus Iuliae,/ Transalatumjacet Brixiae:/ Ornavit illud splendide,/ Lucis creator op-time,/ Sanctorum multa corpora/ Secum traduxit socia,/ EtMartyrum et Virginum,/ Deus tuorum militum,/ Summo lo-cavit gaudio,/ Regali monasterio,/ Dotato magno munere/Honore Sanctae Iuliae.92 BOGNEtti (1963, p. 439, nota 4) accostava il passo del bre-viario pubblicato negli Acta Sanctorum a un’epigrafe me-trica conservata nell’abside, forse dipinta al pari di quelleche stavano ai piedi degli affreschi delle navate: “la trasla-zione di Giulia dalla Gorgona a Brescia è attribuita alla re-gina Ansa da un’epigrafe metrica che correva un temposull’abside di S. Giulia e, come l’inno del breviario bre-sciano, ricordava il martirio di Giulia in Corsica”.93 BrUNAti 1855-1856, ii, p. 240, nota 5. BEGNi rEDONA (2001,pp. 157-158), affrontando il rapporto tra iconografia e fontiscritte, suggerisce un collegamento tra i 26 esametri dell’innoin onore di Santa Giulia del codice del capitolo della catte-drale, ora disperso, trascritti da Brunati che li ritenne dell’Xisecolo, e i 12 apposti a didascalia degli affreschi in SantaMaria in Solario, per concludere che i versi tramandati daBrunati sono da ritenersi un falso del XVi secolo, in quanto“stilisticamente incompatibili con gli altri inni della officiaturadi Santa Giulia”. Conclusione che non mi pare possa essereaccettata senza un’analisi accurata del testo, in quanto po-stula che le monache, committenti degli affreschi cinquecen-teschi, avessero tratto da un falso la didascalia per un’operacosì importante collocata nella cappella a loro riservata.94 Corsica, quo fecit sacrum, Tibi, Gorgona, venit/ Ansa re-gina. Post hinc sustollitur illa,/Quae tibi dona dedit. jamgaude Brixia felix./Hinc fecit absidam summo cum schematemiram’; (a margine: Absida in ecclesia pario (lezione dubbia)refulgens) (…) hac, felix, arca posuit sua membra beata.95 Acta Sanctorum, Maii, V, p. 171 ss. Nuova edizione inBlUME 1909, pp. 342-345; SilAGi 2001 concorda con Blume nel

ritenerli derivati da un ufficio in versi e sottolinea come sianoil prodotto di due differenti autori che avrebbero utilizzato lapassio di altri santi e versi del repertorio ambrosiano.96 lavoro avviato dalla GAViNElli 2001 che ha analizzato l’Or-dinario in rapporto a una serie di codici della Queriniana edella Biblioteca Universitaria di Bologna, acquistati a Brescianel XViii secolo. Fin dal X-Xi secolo il Salterio-CollettarioQueriniano h.Vi.21 nomina Santa Giulia unitamente alle tresorelle Sofia, Pistis e Elpis e alla loro madre Sofia, menzioneche ritroviamo nei codici bolognesi del Xii-Xiii secolo.97 la festa di Ansa veniva celebrata il 20 gennaio nella ricor-renza dei Santi Fabiano e Sebastiano, il cui altare si trovavanella chiesa di Santa Maria parva, da riconoscere, come si diràin BrOGiOlO, Dalla corte regia, in questo volume (pp. 480-481), in una piccola memoria eretta nell’area cimiteriale, cheandò sviluppandosi, fin dalla prima chiesa, nel cortile a sud.98 Secondo WEiS 1977, giudizio sul quale tOMEA 2001 si man-tiene neutrale per la loro frammentarietà.99 CDl, iii, 33: et sacra vasa et pallia et ea omnia que ad al-taris ministerium pertinent.100 CDl, iii, 40: atque vasa et thesauro et ornamentorum exauro argentoque vel gemmis.101 a. 887, lettera di papa Giovanni Viii in MGh, Epistolae,Vii, n. 43, p. 41.102 NAzAri 1657, s.p.: “una Cassetta d’oro con Pietre pretiose.Cassette cinque d’Argento. Una Cassetta d’Argento con cin-que Pietre pretiose; et un’altra con doi Pietre pretiose. DoiCassette d’Argento, con doi Crocifissi. Una Cassetta d’Ar-gento, con dodeci Pietre pretiose, et dodici Perle. Due Cas-sette d’Argento à modo di Castello. Una Cassetta d’Argentocon trè Marie, et un Crocifisso, et altri Santi d’Argento. UnaCrocetta d’Argento, con un Crocifisso da due parti. Una Cas-setta d’Argento, con dodeci Pietre pretiose, et trè Marie. UnaCassetta d’Argento con nove Pietre pretiose. Una Cassettad’Argento, con un Santo in Cadrega. Sei Crocette d’Argentocon quattro cristalli, et una Cassettina, in una delle quali eradel legno della Croce del Salvatore. Una imagine di MariaVergine grande d’Argento. Una Croce d’Argento grande, che

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telli il tesoro, funzionale alle celebrazioni liturgiche,era conservato in armadi di ferro all’interno dellachiesa di Santa Maria in Solario. tra i molti oggettipreziosi, spiccavano per splendore e suggestionela croce detta di Desiderio, la corona adorna dipietre preziose, donata da Desiderio o da Ansa ele vesti d’oro della regina103.

il loro ricordo, codificato dall’Ordinario del Xiiisecolo104, si manterrà anche attraverso le trasforma-zioni istituzionali della metà del XV secolo, perme-ando la memoria monastica fino alla soppressione.

8. Conclusione

le fonti scritte, pur nella loro eterogeneità, for-niscono indizi univoci sulla fondazione di un mo-nastero, da parte del duca Desiderio e della moglieAnsa, su beni fiscali donati dal re Astolfo, che com-prendevano, come hanno dimostrato gli scavi ar-cheologici, una prima chiesa e alcuni edifici105.

l’anno della fondazione, nell’Ordinario e nelMalvezzi, è fissato nel 753, prima dell’ascesa altrono di Desiderio. Certamente venne fondatoprima del 759, data del primo documento che loricorda con il titolo di [San Salvatore], San Michelee San Pietro.

Nella tradizione monastica dell’italia settentrio-nale, dopo quella di San Colombano agli inizi delVii non erano poi seguite, come in Gallia, altrefondazioni importanti, sebbene re, duchi e aristo-cratici, soprattutto nei primi decenni dell’Viii secolo,se ne siano fatti promotori in ogni regione italiana.la riorganizzazione di Montecassino attorno allametà del secolo, ad opera del bresciano Petronace,costituisce una svolta. A lui si rivolge infatti Desi-derio per chiedere alcuni monaci cassinesi per av-viare il cenobio di leno. Negli stessi anni importantimonasteri vengono istituiti da nobili aristocratici aSesto al reghena e Nonantola. Se il San Salvatoredi Brescia data al 753, rientra in questo fervore checoinvolge le aristocrazie longobarde.

la rifondazione in senso regio, delineata neldocumento del 760 e conclusa plausibilmente conla consacrazione della chiesa di San Salvatore nel763, assume caratteri fortemente innovativi. Svi-luppata dall’intera famiglia reale (Desiderio, il co-reggente Adelchi, la moglie Ansa, la figlia Ansel-perga badessa nel monastero bresciano) perseguesistematicamente quattro obiettivi: l’autonomia isti-tuzionale dalla giurisdizione del vescovo locale;la fondazione o l’acquisizione di una rete di mo-nasteri distribuiti non solo nel regno, ma anchenei ducati indipendentisti di Spoleto e Benevento;un fortissimo incremento patrimoniale che, in po-chi anni, fa del monastero uno degli enti econo-micamente più rilevanti del regno (le cui tappesono scandite dai privilegi superstiti, in particolareda quello di Adelchi del 3 marzo 766106, di Desi-derio del 771107 e ancora di Adelchi del 772108); lacostruzione di un monumento simbolo, al con-tempo mausoleo della famiglia, santuario per lapresenza di numerose ed importanti reliquie efonte di messaggi ideologici, semplici ma incisivi,destinati ad alimentare presso i contemporanei lagloria dei fondatori.

A rimarcare le vicende della fondazione, oltreai diplomi, vi erano, secondo quanto dichiara espli-citamente l’Ordinario, altre memorie scritte che ri-cordavano gli avvenimenti relativi alla collocazionedelle reliquie.

Dei numerosi messaggi incisi su marmo, tra-scritti dagli storici del passato, sopravvivono solo iframmenti superstiti di due iscrizioni dipinte (RE-GNANTEM DESIDERIVM e ancora REGNANTVM)che paiono seguire un ritmo metrico109. Sono, comevedremo nel prossimo capitolo, di controversa in-terpretazione e datazione, ma stanno comunque adindicare che notizie sulla fondazione erano sottogli occhi di chi frequentava il cenobio. Del tesoro,scomparsa la corona e le vesti auree, è rimasta solola croce detta di Desiderio, la cui datazione oscillatra l’età longobarda e quella carolingia110.

hora è sopra il Choro della Chiesa in alto. Una Croce d’Ar-gento grande ornata di Pietre pretiose. Un Boccale d’Ar-gento. Un Bacino d’Argento. Una statua di S. Giulia. UnaCorona regale con Pietre pretiose. Una tavola d’Argento.Una Croce d’Oro grande con Pietré pretiose. Et inoltre altrecose, delle quali hora se ne trovano molte”.103 Dono di Desiderio, per MAlVEzzi 1729, col. 847: post co-ronationem suam magnificentissimum Rex Desiderius co-ronam unam auri lapidibus pretiosis ridimitam, et perapsidam pariter ex lapide specioso ad perpetuum decus ip-sius Basilicae reposuit, quae, ut vetera scripta testantur, va-loris erant trium milium florenorum auri; dono di Ansaunitamente alle sue vesti auree per il Capriolo (p. XXViir.):regiam coronam suam multis lapillis maximo pretio dignisredimitam suasque aureas vestes virginibus ipsis testamentolegavit.104 MAlVEzzi 1729, col. 929, ripete la medesima tradizione al-

l’inizio del XV secolo, sane Diebus illis hoc Beatae Juliaecoenobium multarum nobilium ac honestimissimarum Mo-nacharum excolenda congregatione refulgebat, divitiis quo-que, et ornamentis multis auri, et argenti, pretiosorumquelapidum, quibus illustrissimi Regis Desiderii coniunx AnsaRegina memoratu dignissima mirifice decoraverat.105 Preveggenti, alla luce dei risultati della ricerca archeolo-gica, le parole di BOGNEtti 1963, p. 432: “dentro Brescia allefalde della collina, un groviglio di rovine e forse già unachiesetta e un piccolo chiostro avrebbero attratto l’interessedei due recenti coniugi sovrani, Desiderio e Ansa”.106 CDl, iii, 38.107 CDl, iii, 40.108 CDl, iii, 44.109 lOMArtirE 1998, p. 48, nota 34.110 Cfr. SENA ChiESA 2002; MOrANDiNi, StrADiOtti 2008.

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Pur con questi dubbi e lacune, mi pare si per-cepisca un filo della memoria longobarda, soprav-vissuto nonostante la parentesi carolingia, interes-sata più allo sfruttamento economico del monasteroche a rinnovare il suo messaggio ideologico. Dopooltre un secolo, quella memoria si riannoda nell’etàdi Berengario e diviene mito collegando la reginaAnsa, e in subordine il consorte Desiderio, alle re-liquie di santa Giulia. Sono i testi liturgici a farsicarico di questo messaggio.

è senz’altro possibile che almeno alcuni dei do-cumenti che alimentano il mito (non solo alcuneepigrafi, ma forse anche l’idea che nella tomba adarcosolio riposasse effettivamente Ansa e alcunioggetti del tesoro) siano stati inventati non solodopo l’età carolingia, che non ne ha trasmessa al-cuna traccia, ma anche dopo l’età berengariana.Ma nemmeno abbiamo prove per sostenere chetutte le testimonianze tramandate dalle fonti bre-

sciane (inni liturgici, oggetti del tesoro, documenti,memorie e cronache) siano il frutto di una falsifi-cazione, veramente sistematica, pervasiva e soprat-tutto coerente, costruita a tavolino dopo la fase ca-rolingia che non sentì la necessità di costruire unapropria memoria. Nonostante la quantità di docu-menti prodotti, che pur rimarcavano il rilievo dellafamiglia imperiale nella gestione del monastero (sipensi ai diplomi, al necrologio), nessuno degli im-peratori e delle imperatrici di quel periodo è entratonella leggenda. Personaggi come Giuditta, le dueGisle, ludovico ii non hanno lasciato traccia di sénella memoria del monastero. Sono scomparsicome la dimensione imperiale ed europea, vivanon solo nelle fonti scritte, ma anche nel ritmo deltempo monastico, quale ci appare dal Liber vitae111.

D’altra parte un mito, per quanto falsificato, ri-chiede ingredienti plausibili e se la costruzionedella chiesa, la sua decorazione e la collocazione

111 il Liber Vitae e il Sacramentarium, progettati fin dall’ini-zio nel medesimo codice, come ha dimostrato l’analisi co-dicologica e paleografica di VEziN, finalmente editi neiMonumenta Germaniae Historica, costituiscono una mi-niera di informazioni sulla società italiana ed europea daltempo dell’imperatore lotario in poi. la stesura fu avviatapresumibilmente nell’856 durante un soggiorno brescianodell’imperatore ludovico ii con la moglie Angelperga e conil seguito di numerosi nobili del regno italico, tra i quali Ebe-

rardo del Friuli, liutfredo e Adalgiso. i nomi dei personaggiinseriti nel registro attestano relazioni speciali con il mona-stero di reichenau. il rapporto tra i due cenobi riflette unascelta non solo religiosa, ma anche di schietto sapore poli-tico. ludovico ii, prima che imperatore era stato re d’italia,una compagine politica spostata verso Oriente tra la Baviera,il Friuli e la Dalmazia. Brescia, in questo ridisegno politico,riveste un ruolo notevole come saltuaria residenza di un im-peratore che ha sposato una bresciana.

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Fig. 5 – San Salvatore, navata centrale, parete sud: affreschi con iscrizione rEGNANtEM DESiDEriVM.

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DAllA FONDAziONE DEl MONAStErO Al MitO Di ANSA E SANtA GiUliA

delle reliquie nella cripta fossero avvenute tra l’etàdi ludovico il Pio e quella di ludovico ii, come sa-rebbe stato possibile retrodatare questi avveni-menti, ancor vicini al tempo di Berengario i, all’etàdi Desiderio ed Ansa? Nessuno avrebbe confutatoun falso tanto grossolano?

è dunque plausibile che l’operazione, avviatain età berengariana e proseguita poi nel tempo, siail frutto di un accorto recupero e revisione dellamemoria storica del monastero, a partire da un nu-cleo di testi epigrafici e documentari genuini (leiscrizioni pictae, presumibilmente anche quelle sumarmo non conservate, il privilegio di Paolo i, senon lo riteniamo un falso). Andati perduti, nonpossiamo sottoporli al vaglio filologico per accer-tarne o meno l’autenticità. Nessuno è manifesta-mente falso, nessuno è confermato da fontiesterne: dalla venuta del papa Paolo a Brescia, allasepoltura di Ansa, all’attribuzione ad Ansa e Desi-derio dei più significativi oggetti del tesoro.

il mito, costruito sulla base di un nucleo docu-mentario autentico, collegando il ricordo di Ansa,fondatrice e costruttrice di un edifico riccamentedecorato112, a quello di santa Giulia, assurta a pro-tettrice del cenobio, si focalizza su due elementi ar-chitettonici: la tomba della regina e la cripta con lereliquie della santa, che la regina aveva portato aBrescia dall’isola di Gorgona. Entrambi divengonopunto di riferimento del cerimoniale monastico113.in particolare, la presenza di Ansa nelle vicendedel monastero traspariva non solo dalla tradizionedocumentaria, che l’archivio tra X e Xii progressi-vamente trascrisse, ma era quotidianamente mante-nuta viva nell’immaginario delle monache dall’iscri-zione sulla sua tomba oltre che dai testi epigraficidipinti alla base degli affreschi (in questo volume,BrOGiOlO, Archeologia e architettura, e DE rUBEiS).

Un mito come questo, sebbene germogliato trale discrete mura di un cenobio, poteva avere ancheun significato politico. Nel controverso periodo diBerengario e del regno d’italia la valorizzazionedell’età di Desiderio poteva assumere il significato

di un recupero dell’idea di indipendenza e di au-tonomia del regno, messe in discussione dal giocopolitico europeo114.

in seguito, col restringersi, tra la fine del X e l’Xisecolo, dell’orizzonte del monastero al più modestoambito della feudalità bresciana, il mito, rinnovato,poteva servire alla memoria dell’aristocrazia locale,impegnata nella costruzione di una propria identitàattraverso la quale si affermerà il Comune cittadino.Per questa aristocrazia contavano ancora le radicilongobarde, alle quali una parte consistente potevalegittimamente, o almeno idealmente, rifarsi.

leggende, iscrizioni e iconografie costituironol’archetipo anche per gli interventi di età romanica:(a) la cripta altomedievale e le reliquie rimangonoal loro posto, collegate ad un nuovo più ampiovano; (b) nella tomba attribuita ad Ansa, nuovi di-pinti raffigurano il dono del pane nella ricorrenzadella morte, ravvivando la tradizione della fonda-trice; (c) il tesoro, custodito nella nuova chiesa diSanta Maria in Solario, è parte integrante del ceri-moniale religioso. i motivi iconografici delle deco-razioni (la rappresentazione di Ansa nel capitellodella cripta romanica e forse anche nelle decorazionia fresco della chiesa) suggellano la continuità conla tradizione fino alla soppressione napoleonica.

in una prospettiva di lungo termine, il mito disanta Giulia e dei fondatori diviene, unitamente aquello dei santi patroni Faustino e Giovita, abil-mente costruito dal vescovo ramperto nella primametà del iX secolo, il nucleo centrale della memo-ria storica dell’intera città, destinato a sopravviverecon le sue suggestioni fino ai nostri giorni.

Questa è dunque la storia che si può ricavaredalle fonti scritte, con alcuni riscontri sicuri, altriplausibili e molti problemi aperti. Accanto a questaesiste un’altra storia, basata su un gran numero didati materiali (architetture, decorazioni, arredo li-turgico, suppellettili), accumulati in oltre un secolodi ricerche, che cercherò di esporre criticamentenel prossimo capitolo.

112 Un ricordo di questo evento doveva essere trasmessodalle iscrizioni che correvano sotto gli affreschi, se nell’Xisecolo si poteva riferire ad Ansa l’abside summo cum sche-mate miram.113 Da notare come l’intento celebrativo ed ideologico si ri-versi sulla sola reliquia di santa Giulia, mentre le altre, quelle

plausibilmente portate dal papa, non ottennero pari onore.114 Di parere contrario tOMEA 2001, p. 95, nota 162, per ilquale la valorizzazione della santa e la costruzione del mitonon hanno alcun significato politico, ma sono state svilup-pate esclusivamente “nell’ambito liturgico-agiografico” delmonastero.

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