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BARBARI, ROMANI E GRECI. VERSATILITà DI UN MOTIVO POLEMICO NELLE STORIE DI POLIBIO 1. Per il II secolo a.C., l’età di Polibio, parlare di cultura greco-roma- na sarebbe prematuro. Il processo di ellenizzazione della società romana procedeva a grandi passi – ma non senza resistenze, e battute d’arresto 1 ; analoghe reazioni, d’altra parte, ‘il modello ellenistico’ le andava susci- tando anche ad Oriente 2 . Nell’altro senso, come ha riconosciuto Emilio Gabba 3 , l’ignoranza dei Greci riguardo alla storia e alla potenza di Car- tagine e Roma 4 è essenziale presupposto del programma storiografico di Polibio. A proposito di Cartagine, il cui sistema politico era stato analiz- zato, ed apprezzato, già da Aristotele, Polibio potrebbe aver esagerato 5 ; 1 Così già J. Jüthner, Hellenen und Barbaren. Aus der Geschichte des Nationalbewußtseins, Leipzig 1923, 62-63 («Der Einzug griechischer Bildung und Kultur vollzog sich allerdings nicht ohne heftige Opposition»); 65; 68; cf. anche J.-L. Ferrary, Philhellénisme et impérialisme. Aspects idéologiques de la conquête romaine du monde hellénistique, de la seconde guerre de Macédoine à la guerre contre Mithridate, École Française de Rome 1988, 517-526, e più di recente vd. le ricerche di E.S. Gruen, Culture and National Identity in Republican Rome, Ithaca, New York 1992 (già a p. 1, la reazione della classe dirigente romana all’Ellenismo viene definita «complex, enigmatic, and dissonant»); P. Desideri, L’impero bilingue e il parallelismo Greci/Romani, in S. Settis (a cura di), I Greci, 2. Una storia greca, III. Trasformazioni, Torino 1998, 909-938, in particolare per es. 927; Id., Roma e la Grecia: una cultura per due popoli, in B. Virgilio (a cura di), «Studi Ellenistici» XV, Pisa-Roma 2003, 229-243, in partico- lare 238-240; C.B. Champion, Cultural Politics in Polybius’s Histories, Berkeley-Los Angeles-London 2004, 57-62. [A Craige Champion sono grato per aver accettato di leggere questo contributo]. 2 Vd. L. Troiani, Il modello ellenistico, in Virgilio (a cura di), «Studi Ellenistici» XV, cit., 215-227, in particolare 219; 225-227. 3 E. Gabba, La nascita dell’idea di Roma nel mondo greco, RSI 109, 1997, 425-435, seguito da Desideri, L’impero bilingue, cit., 909-910; cf. già J.R.F. Martínez Lacy, [Eqh kai; novmima. Polybius and His Concept of Culture, «Klio» 73, 1991, 83-92, e ora anche J. Marincola, Greek Historians, G&R New Surveys in the Classics No. 31, Oxford 2001, 122 n. 42, e R. V attuone, Timeo, Polibio e la storiografia greca d’Occidente, in G. Schepens - J. Bollansée (ed. by), The Shadow of Polybius. Intertextuality as a Research Tool in Greek Historiography. Proceedings of the International Colloquium Leuven, 21-22 September 2001, Leuven-Paris-Dudley, Ma 2005, pp. 89-122, in particolare 92-93. 4 Polyb. I 3, 8. Cf. anche I 13, 10-13 e I 26, 9. Interessante anche V 33, 3, dove Polibio si fa beffe di quegli autori che si gloriavano di aver composto una storia universale per aver narrato in tre o quattro co- lonne la guerra fra Romani e Cartaginesi (cf. Marincola, Greek Historians, cit., 134). In V 33, 5, a que- sti autori si attribuisce una prospettiva analoga a quella di Agelao di Naupatto: le guerre puniche a loro apparivano storia barbara. Per l’ignoranza della storia (istituzionale) di Roma che Polibio presuppone nei suoi lettori cf. anche VI 3, 3 (…dia; th;n a[gnoian tw'n progegonovtwn peri; aujtou;" ijdiwmavtwn kai; koinh/' kai; kat∆ ijdivan), con Champion, Cultural Politics, cit., 91. 5 Così Gabba, La nascita dell’idea di Roma, cit., 426, con rinvio ad Aristotele, Politica II 1272 b – 1273 b; cf. anche Desideri, L’impero bilingue, cit., 911; 913, e già H.H. Schmitt, Hellenen, Römer und

Barbari, Romani e Greci. Versatilità di un motivo polemico nelle Storie di Polibio

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BarBari, romani e Greci. Versatilità di un motiVo polemico

nelle Storie di poliBio

1. per il ii secolo a.c., l’età di polibio, parlare di cultura greco-roma-na sarebbe prematuro. il processo di ellenizzazione della società romana procedeva a grandi passi – ma non senza resistenze, e battute d’arresto 1; analoghe reazioni, d’altra parte, ‘il modello ellenistico’ le andava susci-tando anche ad oriente 2. nell’altro senso, come ha riconosciuto emilio Gabba 3, l’ignoranza dei Greci riguardo alla storia e alla potenza di car-tagine e roma 4 è essenziale presupposto del programma storiografico di polibio. a proposito di cartagine, il cui sistema politico era stato analiz-zato, ed apprezzato, già da aristotele, polibio potrebbe aver esagerato 5;

1 così già J. Jüthner, Hellenen und Barbaren. Aus der Geschichte des Nationalbewußtseins, leipzig 1923, 62-63 («der einzug griechischer Bildung und Kultur vollzog sich allerdings nicht ohne heftige opposition»); 65; 68; cf. anche J.-l. Ferrary, Philhellénisme et impérialisme. Aspects idéologiques de la conquête romaine du monde hellénistique, de la seconde guerre de Macédoine à la guerre contre Mithridate, École Française de rome 1988, 517-526, e più di recente vd. le ricerche di e.s. Gruen, Culture and National identity in republican rome, ithaca, new York 1992 (già a p. 1, la reazione della classe dirigente romana all’ellenismo viene definita «complex, enigmatic, and dissonant»); p. desideri, L’impero bilingue e il parallelismo Greci/romani, in s. settis (a cura di), i Greci, 2. Una storia greca, iii. trasformazioni, torino 1998, 909-938, in particolare per es. 927; id., roma e la Grecia: una cultura per due popoli, in B. Virgilio (a cura di), «studi ellenistici» XV, pisa-roma 2003, 229-243, in partico-lare 238-240; c.B. champion, Cultural Politics in Polybius’s Histories, Berkeley-los angeles-london 2004, 57-62. [a craige champion sono grato per aver accettato di leggere questo contributo].

2 Vd. l. troiani, il modello ellenistico, in Virgilio (a cura di), «studi ellenistici» XV, cit., 215-227, in particolare 219; 225-227.

3 e. Gabba, La nascita dell’idea di roma nel mondo greco, rsi 109, 1997, 425-435, seguito da desideri, L’impero bilingue, cit., 909-910; cf. già J.r.F. martínez lacy, [Eqh kai; novmima. Polybius and His Concept of Culture, «Klio» 73, 1991, 83-92, e ora anche J. marincola, Greek Historians, G&r new surveys in the classics no. 31, oxford 2001, 122 n. 42, e r. Vattuone, timeo, Polibio e la storiografia greca d’occidente, in G. schepens - J. Bollansée (ed. by), the Shadow of Polybius. intertextuality as a research tool in Greek Historiography. proceedings of the international colloquium leuven, 21-22 september 2001, leuven-paris-dudley, ma 2005, pp. 89-122, in particolare 92-93.

4 polyb. i 3, 8. cf. anche i 13, 10-13 e i 26, 9. interessante anche V 33, 3, dove polibio si fa beffe di quegli autori che si gloriavano di aver composto una storia universale per aver narrato in tre o quattro co-lonne la guerra fra romani e cartaginesi (cf. marincola, Greek Historians, cit., 134). in V 33, 5, a que-sti autori si attribuisce una prospettiva analoga a quella di agelao di naupatto: le guerre puniche a loro apparivano storia barbara. per l’ignoranza della storia (istituzionale) di roma che polibio presuppone nei suoi lettori cf. anche Vi 3, 3 (…dia; th;n a[gnoian tw'n progegonovtwn peri; aujtou;" ijdiwmavtwn kai; koinh/' kai; kat∆ ijdivan), con champion, Cultural Politics, cit., 91.

5 così Gabba, La nascita dell’idea di roma, cit., 426, con rinvio ad aristotele, Politica ii 1272 b – 1273 b; cf. anche desideri, L’impero bilingue, cit., 911; 913, e già H.H. schmitt, Hellenen, römer und

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per roma però un interesse qualitativamente nuovo da parte greca non si registra prima della fine del iV secolo, e in definitiva l’attribuzione a timeo della ‘scoperta di roma’ resta valida – almeno a livello di si-stemazione di una congerie di dati sparsi raccolti in precedenza 6. agli occhi del giovane politico acheo che negli anni del soggiorno obbligato a roma si diede alla storiografia, dunque, quella in cui si era trovato a vivere poteva legittimamente apparire ancora una società che ai suoi con-nazionali andava spiegata 7.

una trattazione sistematica delle istituzioni politiche e militari roma-ne s’incontra solo nel Vi libro delle Storie; ma gli elementi essenziali, come il numero e gli effettivi delle legioni 8, la pena di morte comminata a chi si dava alla fuga abbandonando il posto di combattimento 9, o la differenza fra prerogative e poteri del dittatore e dei consoli 10 ne vengono anticipati appena necessario. si rileva debitamente «come, quando e per quali ragioni i romani entrarono in mare per la prima volta» 11 – coglien-

Barbaren. eine Studie zu Polybios, «Wissenschaftliche Beilage zum Jahresbericht 1957/58 des Huma-nistischen Gymnasiums aschaffenburg», 13 n. 21 per l’apprezzamento diffuso del sistema istituzionale di cartagine, con rinvio anche a isocrate iii 24 e a catone fr. 80 peter (cui si potrebbe aggiungere anche il frammento di eratostene citato infra, 65-66). [desidero ringraziare il professor Hans-ulrich Wiemer, alla cui amichevole cortesia devo di aver potuto consultare il saggio di schmitt, che non mi era riuscito di trovare a roma].

6 a. momigliano, Atene nel iii secolo a.C. e la scoperta di roma nelle Storie di timeo di taurome-nio, rsi 71, 1959, 529-556, poi in id., terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, i, roma 1966, 25-53, in particolare 44-53; cf. e. Gabba, Storiografia greca e imperialismo romano (iii-i sec. a.C.), rsi 86, 1974, 625-642, in particolare 625-626; 628; desideri, L’impero bilingue, cit., 912-915; id., roma e la Grecia, cit., 236-237; si tengano presenti comunque anche le recenti precisazioni di Vattuone, timeo, Polibio e la storiografia greca d’occidente, cit., 92; 98 («la ‘scoperta di roma’ che momigliano attribuiva come elemento originale alla scrittura timaica avviene attraverso una lettura paziente e meticolosa di dati contenuti in altre opere, e precisamente nelle sezioni arcaiche dei tanti peri; ∆Italiva" che ‘precedono’ la sistemazione di timeo, nell’ambito di un’archeologia dell’occidente greco che la storiografia di madrepatria ignora»); 102; 121-122.

7 cf. champion, Cultural Politics, cit., 236 («polybius was indeed a stranger in a strange land»). diversamente, Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 74, si era spinto ad affermare che «der Grieche, der im 2. Jahrhundert v.chr. oder später die reichshauptstadt besuchte, konnte sich dort wie zu Hause fühlen», ma solo in base al fatto che i tre filosofi venuti a roma nel 155 a.c. a difendere gli interessi d’atene avevano potuto tenere discorsi in greco. sull’ambasceria di diogene, critolao e carneade cf., oltre a G. Garbarino, roma e la filosofia greca dalle origini alla fine del ii secolo a.C., i. introduzione e testi; ii, Commento e indici, torino 1973, vol. i, 80-86; vol. ii, 362-370; Ferrary, Philhellénisme et impérialisme, cit., 351-363, e da ultimo c. champion, philosophia pragmatike: Carneades’ pithanon and the Philosophical embassy of 155 BCe, in corso di stampa (che ho potuto leggere grazie alla cortesia dell’autore).

8 polyb. i 16, 2.9 polyb. i 17, 11-13 (su cui vd. m. dubuisson, Le latin de Polybe. Les implications historiques d’un

cas de bilinguisme, paris 1985, 275; marincola, Greek Historians, cit., 122); un cenno implicito agli effetti di questo costume eccellente (cf. hJ tw'n ejqismw'n diaforav in i 17, 11) anche in i 34, 7. sul si-stema delle punizioni nell’esercito romano, un tratto profondamente apprezzato da polibio, cf. Vi 37-38, con champion, Cultural Politics, cit., 93.

10 polyb. iii 87, 7-8.11 polyb. i 20, 7-8 (trad. m. mari).

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do l’occasione per illustrare to; megalovyucon kai; paravbolon th'" ÔRwmaivwn aiJrevsew" 12; parallelamente, ma per così dire in negativo, il naufragio di camarina consente di aprire una riflessione sull’impeto audace e violento tipico dei romani: la cieca determinazione con cui affrontavano non solo i nemici, ma anche il mare e le forze della natura, convinti che nulla fosse impossibile di quanto avevano stabilito, e che auJtoi'" pavnta kairo;n ei\nai plwtovn, poteva generare esiti rovinosi 13. Fin dall’inizio dell’opera, poi, la formula kata; to; par∆ aujtoi'" e[qo", o, al plurale, kata; ta; par∆ aujtoi'" e[qh, segnala le occasioni in cui polibio avverte l’esigenza di presentare ai suoi lettori usi tipicamente romani – quali il supplicium more maiorum inflitto nel foro ai soldati macchiatisi del tradimento di reggio, che polibio riporta alla volontà di ristabilire la propria pistis presso gli alleati 14, o il frastuono delle armi e il grido di guerra con cui i romani si gettavano contro i nemici 15.

al termine del racconto della prima guerra punica, nei capitoli 63 e 64 del i libro delle Storie, polibio, in omaggio a un diffuso topos storio-grafico, rilevava le straordinarie dimensioni del conflitto, e in particolare l’enormità delle battaglie navali in cui si erano scontrati i due contendenti, schierando forze tanto più imponenti rispetto alle flotte dei basileis elle-nistici, e ancor più a quelle delle battaglie fra Greci e persiani, o fra ate-niesi e spartani. ne risultava chiaramente che «i romani non grazie alla fortuna, come credono alcuni dei greci Greci (kaqavper e[nioi dokou'si tw'nÔ Ellhvnwn), né accidentalmente, ma anzi del tutto a buon diritto, dopo essersi esercitati in tali e tanto grandi imprese, non solo aspirarono audacemente all’egemonia e al dominio universali, ma raggiunsero an-che quanto si erano proposti» 16. riguardo poi al problema della riduzione

12 polyb. i 20, 11-12.13 polyb. i 37, 7-10, su cui vd. già dubuisson, Le latin de Polybe, cit., 267 («une mise en garde on

ne peut plus nette»); 277, e ora anche c. champion, romans as bavrbaroi: three Polybian Speeches and the Politics of Cultural indeterminacy, cph 95, 2000, 425-444, in particolare 432, e id., Cultural Politics, cit., 187; 199; di «critica presuntivamente costruttiva di polibio» parla d. ambaglio, Fabio e Filino: Polibio sugli storici della prima guerra punica, in schepens - Bollansée (ed. by), the Shadow of Poly-bius, cit., 205-222, in particolare 213. diversamente, m. Gigante, La crisi di Polibio, pp 6, 1951, 33-53, in particolare 50 n. 2 aveva creduto di poter recare questo passo, assieme ad i 63, 9, a testimonianza della «sua [di polibio] intuizione della superiorità morale, politica e militare dell’urbe».

14 polyb. i 7, 12.15 polyb. i 34, 2. sul ricorrere di questa o simili formule, applicate nella maggioranza dei casi a

usi romani, cf. già dubuisson, Le latin de Polybe, cit., 276-277 e 370 n. 13. a. erskine, Polybios and Barbarian rome, mediterrant 3, 2000, 165-182, in particolare 175-176, ha osservato come polibio spesso applichi queste formule a proposito di «a custom which is not only not Greek, but which goes to un-Greek extremes»; in questi casi, «reference to ancestral custom simply shows how alien the romans are»; cf. anche 181-182.

16 polyb. i 63, 9 (trad. m. mari). per l’ambizione di spiegare ai lettori, a proposito dei romani, o{ti kai; livan eujlovgoi" ajformai'" crhsavmenoi prov" te th;n ejpivnoian w{rmhsan kai; pro;" th;n suntevleian ejxivkonto th'" tw'n o{{lwn ajrch'" kai; dunasteiva", cf. già polyb. i 3, 9-10.

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della flotta romana rispetto all’epoca della prima guerra punica, polibio, rimandandone la spiegazione ad un altro momento, anticipa tuttavia la condanna dell’agnoia di quanti ne avevano trattato prima di lui 17. i rilievi mossi ai suoi predecessori, servono a enfatizzare le doti di competenza, capacità critica e coscienziosità di polibio nel contesto fortemente com-petitivo della storiografia ellenistica 18; per il nostro discorso, quel che va ribadito è però piuttosto come polibio denunci l’inadeguatezza dei tenta-tivi di spiegazione di roma disponibili, e rivendichi così per sé il compito di presentare correttamente ai suoi lettori la società romana.

2. oltre roma, poi, si aprivano le regioni dell’occidente. Già nel confronto fra l’imperium romanum e le egemonie precedenti, proprio all’inizio delle Storie, polibio aveva osservato come i macedoni non solo non avevano mai neppure aspirato al dominio della sicilia, della sarde-gna e della libia, ma th'" d∆ Eujrwvph" ta; macimwvtata gevnh tw'n prosesperivwn ejqnw'n ijscnw'" eijpei'n oujd∆ ejgivnwskon 19. più avanti, aveva riportato i pericoli affrontati nel corso dei viaggi tra i celti, nella penisola iberica, nel continente e poi lungo le coste dell’africa al deside-rio «di correggere l’ignoranza in questo campo di quelli vissuti nel pas-sato e di rendere note ai Greci anche queste parti del mondo» (i{na dior­qwsavmenoi th;n tw'n progegonovtwn a[gnoian ejn touvtoi" gnwvrima

17 polyb. i 64, 1-4. la critica ai predecessori del § 4 (oiJ me;n ga;r hjgnohvkasin, oiJ d∆ ajsafh' kai; televw" ajnwfelh' pepoivhntai th;n ejxhvghsin) potrebbe forse essere rivolta contro gli stessi storici presi di mira in V 33 (cf. supra, n. 4).

18 m. Vercruysse, À la recherche du mensonge et de la vérité. La fonction des passages méthodolo-giques chez Polybe, in H. Verdin, G. schepens and e. de Keyser (ed. by), Purposes of History. Studies in Greek Historiography from the 4th to the 2nd Centuries B.C. proceedings of the international collo-quium leuven, 24-26 may 1988, lovanii 1990, 17-38; ora cf. anche marincola, Greek Historians, cit., 134; 139 (e in generale, sulla funzione della polemica nella storiografia greca, vd. già id., Authority and tradition in Ancient Historiography, cambridge 1997, 218-236: «the denigration of one's predecessors was a useful means of advertising one's own skills and abilities», p. 221); champion, Cultural Politics, cit., 26; e F.W. Walbank, the two-way Shadow: Polybius among the Fragments, in schepens – Bol-lansée (ed. by), the Shadow of Polybius, cit., 1-18, in particolare 1-3.

19 polyb. i 2, 6. come ha rilevato F.G.B. millar, Polybius between Greece and rome, in J.t.a. Koumoulides (ed. by), Greek Connections: essays on Culture and Diplomacy. Foreword by J. Brade-mas, notre dame, indiana 1987, 1-18 (ora anche in F. millar, rome, the Greek World, and the east, 3. the Greek World, the Jews, & the east, ed. by H.m. cotton & G.m. rogers, chapel Hill 2006, 91-105), in particolare 6, qui «polybius is emphasizing a distinctive feature of roman domination»; va da sé che alla più ampia estensione del dominio romano corrispondeva un allargamento della prospettiva geogra-fica di polibio rispetto ai suoi predecessori. sul brano vd. ora anche ma cruz Gonzaléz rodríguez, el bárbaro y lo bárbaro en la obra polibiana, in J. santos Yanguas - e. torregaray pagola (eds.), Polibio y la península ibérica, revisiones de Historia antigua iV, Vitoria - Gasteiz 2003, 141-171, in particolare 148. per il carattere bellicoso dei popoli occidentali, cf. la presentazione dei Gesati in ii 22, 6 (mhdevpote mhvte pleivou" mht∆ ejndoxotevrou" mhvte macimwtevrou" a[ndra" ejxelqei'n ejk touvtwn tw'n tovpwn th'" Galativa") e dei Galati in XViii 41, 7 (o} baruvtaton kai; macimwvtaton e[qno" h\n tovte kata; th;n ∆Asivan).

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poihvswmen toi'" {Ellhsi kai; tau'ta ta; mevrh th'" oijkoumevnh") 20. in pagine rimaste meritatamente classiche, arnaldo momigliano osser-vò che polibio poté viaggiare solo grazie all’aiuto e alla protezione dei romani, che dei suoi viaggi «sarebbero stati i beneficiari» 21. con la loro «esplorazione dell’occidente barbarico», polibio, artemidoro di efeso e posidonio ne avrebbero reso «più facile l’accesso ai romani» 22. negli stessi anni, parallelamente, Jean-Georges texier denunciava il carattere ‘coloniale’ della geografia dell’occidente di polibio, attenta soprattutto alle potenzialità economiche dei territori aperti alla conquista di roma; la rappresentazione dei Galli nelle Storie gli appariva finalizzata a dimo-strare la superiorità dei romani, e a giustificarne il dominio 23. in effetti, polibio non sembra mai voler mettere in discussione la legittimità del dominio romano sui celti o sugli iberi, o del dominio punico sulle popo-lazioni libiche; ma si deve pure osservare – ed è un punto su cui tornere-mo – che ne suggerisce comunque un esercizio moderato.

circa un terzo degli impieghi del termine barbaro in polibio 24 riguar-da proprio i celti, che risultano così ai suoi occhi i barbari per eccellenza. negli ultimi anni, l’immagine dei celti nelle Storie è stata analizzata esaurientemente in una serie di studi 25, di cui qui basterà riassumere i risultati: bellicosi, al punto da non praticare altra attività che la guerra e l’agricoltura, e ignari di ogni techne 26, in battaglia sono audaci, temerari,

20 polyb. iii 59, 7-8 (trad. m. mari).21 a. momigliano, Alien Wisdom. the Limits of Hellenization, cambridge 1975, che cito dalla trad.

it. Saggezza straniera. L’ellenismo e le altre culture, torino 1980, 70.22 momigliano, Saggezza straniera, cit., 52; cf. però soprattutto 68-77; da ultimo, cf. anche Gon-

zaléz rodríguez, el bárbaro y lo bárbaro, cit., 141-142; 150-151.23 J.-G. texier, Polybe géographe, dHa 2, 1976, 395-411. obiettivo polemico dichiarato di texier

era il quadro di un polibio trasformatosi da politico in geografo disinteressato tracciato da p. pédech, La méthode historique de Polybe, paris 1964, 515-597, in particolare per es. 516 (dove si parla di «trans-formation d’un homme politique en savant», e si afferma che polibio si sarebbe sentito «attiré de plus en plus par la recherche pure»); 555 («l’homme d’État s’effacera devant le voyageur qui, ébloui des perspectives révélées, cultivera la géographie pour elle-même avec la curiosité et le désintéressement du savant»); 561 (a proposito dell’esplorazione delle coste africane, «polybe ne s’était proposé d’autre but que la science»). cf. e. Foulon, Polybe et les Celtes (i), lec 68, 2000, 319-354, in particolare 330 n. 57, che a proposito del viaggio di polibio lungo le coste africane rileva: «la visée n’est pas seulement scientifique, elle est en même temps commercialement, sinon militairement, expansionniste».

24 ora utilmente raccolti e presentati da champion, Cultural Politics, cit., 245-253.25 J.-J. Hatt, L’opinion que les Grecs avaient des Celtes, «Ktema» 9, 1984, 79-87; p. Berger, Le

portrait des Celtes dans les Histoires de Polybe, ancsoc 23, 1992, 105-126; id., La xénophobie de Poly-be++, rea 97, 1995, 517-525; Foulon, Polybe et les Celtes (i), cit.; id., Polybe et les Celtes (ii), lec 69, 2001, 35-64; Gonzaléz rodríguez, el bárbaro y lo bárbaro, cit., 157-164; cf. anche champion, Cultural Politics, cit., 114-117.

26 polyb. ii 17, 10: dia; ga;r to; stibadokoitei'n kai; kreafagei'n, e[ti de; mhde;n a[llo plh;n ta; polemika; kai; ta; kata; gewrgivan ajskei'n aJplou'" ei\con tou;" bivou", ou[tÆ ejpisthvmh" a[llh" ou[te tevcnh" par∆ aujtoi'" to; paravpan ginwskomevnh". per le connotazioni che nella cultura greca accompagnano una dieta a base di carne (e di latte) cf. B.d. shaw, «eaters of Flesh, Drinkers of Milk»: the Ancient Mediterranean ideology of the Pastoral Nomad, ancsoc 13-14, 1982-1983, 5-31.

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impulsivi; nel loro impeto però c'è qualcosa di eccessivo; li muove il solo thymòs, sono completamente privi di logismòs 27; la loro tolma si trasfor-ma presto in phronema, e in aponoia 28. temibili al primo attacco 29, se non riportano immediatamente il successo si scoraggiano facilmente, e risultano incapaci di perseveranza. sul piano politico, li caratterizza l’in-costanza nelle alleanze, e una tendenza al tradimento che polibio presen-ta come innata caratteristica nazionale 30 – secondo un tratto ricorrente nell’idea che i ceti o i popoli dominanti si fanno dei loro sottoposti 31; slealtà, perfidia, empietà, crudeltà, violenza, cupidigia sono gli stereotipi che compongono un quadro improntato all’etnocentrismo.

in ii 35, concludendo la trattazione dedicata ai Galli e ai loro conflitti con roma, dalle origini alla vigilia della guerra annibalica (ii 14-34), polibio giustifica il largo spazio fatto alla storia della loro progressiva espulsione dalla pianura padana – o almeno della loro marginalizzazione – con la necessità di spingere i posteri a non lasciarsi intimorire dalle inva-sioni barbariche, ma ad affrontarle con coraggio, fidando nella superiorità dell’intelligenza greca (nous e logismòs). polibio sembra volersi spingere quasi ad equiparare il suo racconto delle guerre di roma contro i celti alle rievocazioni delle vittorie greche sull’invasione persiana 32 e su quella dei Galati contro delfi, come contributo pro;" tou;" uJpe;r th'" koinh'" tw'nÔ Ellhvnwn ejleuqeriva" ajgw'na" 33: la memoria di quegli insperati successi

27 per l’impiego di logismòs in polibio come «the quintessential Hellenic virtue of reasoning power», in contrapposizione al thymòs tipico dei barbari, cf. ancora champion, Cultural Politics, cit., 255-259; per il thymòs, «lié au manque de lovgo" ou de logismov"», che caratterizzerebbe i celti, vd. Foulon, Polybe et les Celtes (i), cit., 342-343.

28 Vd. soprattutto polyb. ii 35, 2-3.29 polyb. ii 33, 2.30 cf. polyb. ii 7, 5 e 12, con schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 6; ii 32, 8 (thvn te

Galatikh;n ajqesivan). lo stesso giudizio ritorna anche a proposito degli iberi in iii 98, 3: abilige sune­logivsato par∆ ejautw/' peri; th'" tw'n oJmhvrwn prodosiva" sullogismo;n ∆Ibhriko;n kai; barbari­kovn; vd. anche il giudizio di scipione su andabale e mandonio in Xi 29, 3. cf. m. molin, Les Histores de Polybe entre essai d’objectivité et déformation historique: l’exemple du livre iii, in G. lachenaud et d. longrée (sous la direction de), Grecs et romains aux prises avec l’histoire. réprésentations, récits et idéologie, i, rennes, 2003, 279-294, in particolare 286.

31 come ha osservato J.c. scott, Domination and the Arts of resistance. Hidden transcripts, new Haven and london 1990, 35, le strategie difensive elaborate di fronte a un potere arbitrario vengono riportate a caratteristiche innate del gruppo subordinato, con un ragionamento perverso che ne riafferma l’inferiorità e ribadisce la legittimità del dominio.

32 Vd. F.W. Walbank, A Historical Commentary on Polybius, i. Commentary on Books i-Vi, oxford 1957, 213; idem, Polybius, Berkeley-los angeles-london 1972, 84.

33 polyb. ii 35, 7, su cui vd. G.a. lehmann, the ‘Ancient’ Greek History in Polybios’ Historiae: tendencies and Political objectives, sci 10, 1989/90, 66-77, in particolare 68, che identifica in ero-doto ed eforo i ‘cantori’ delle vittorie sui persiani, e in ieronimo di cardia l’autore della celebrazione della vittoria sui Galati, respinti da delfi (cf. già Walbank, A Historical Commentary, i, cit., 213); c. champion, Polybius, Aetolia and the Gallic Attack on Delphi (279 B.C.), «Historia» 45, 1996, 315-328. isocrate iV 158-159 ‘arruola’ anche omero fra gli autori che attraverso l’encomio di tou;" polemhvsan­ta" toi'" barbavroi" insegnavano l’odio contro i barbari ed esortavano ad imitare le imprese degli eroi

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 51

contro le forze apparentemente preponderanti del barbaro doveva indurre anche in futuro a non cedere di fronte alle invasioni celtiche 34 – una mi-naccia che incombeva ancora su una parte del mondo greco 35.

l’invenzione del barbaro, che la si voglia far risalire già ad eraclito 36, la si riporti ai Persiani di eschilo 37 o si preferisca abbassarla alla metà circa del V secolo 38, è apparsa legata alle esigenze della lotta antipersia-

contro questi nemici naturali dei Greci. per l’impiego in funzione antimacedone delle gloriose tradizioni della resistenza ai persiani, ad atene, tra fine iV e prima metà del iii secolo a.c., vd. diod. XViii 10, 3 (alla notizia della morte di alessandro, gli ateniesi inviano alle città greche ambasciatori con il messag-gio o{ti kai; provteron me;n oJ dh'mo", th;n ÔEllavda pa'san koinh;n ei\nai patrivda krivnwn tw'n ÔEllhvnwn, tou;" ejpi; douleiva/ strateusamevnou" barbavrou" hJmuvnato kata; qavlassan kai; nu'n oi[etai dei'n uJpe;r th'" koinh'" tw'n ÔEllhvnwn swthriva" kai; swvmasi kai; crhvmasi kai; nausi; prokinduneuvein); Hyper. Vi, coll. ii-iii, 3-5; e il decreto di cremonide (H.H. schmitt (bearbeitet von), Die Staatsverträge des Altertums, iii. Die Verträge der griechisch-römischen Welt von 338 bis 200 v.Chr., münchen 1969, 476 pp. 129-133, ll. 7-16), con champion, Cultural Politics, cit., 42, e ora a. Giovan-nini, Les relations entre États dans la Grèce antique du temps d’Homère à l’intervention romaine (ca. 700–200 av. J.-C.), «Historia» einzelschriften 193, stuttgart 2007, 33. per la ripresa di questi motivi ad atene ancora nel 267 d.c., in funzione della resistenza agli eruli, cf. dexippo FGrHist 100 F 29, con c. Brélaz, L’adieu aux armes: la défense de la cité greque dans l’empire romain pacifié, in Sécurité collective et ordre pubblic dans les sociétés anciennes, entretiens sur l’antiquité classique liV, Genève 2008, 155-196, in particolare 188-190.

34 su questo passo cf. già millar, Polybius between Greece and rome, cit., 7, che rileva come la prospettiva di polibio sia determinata da «both a national tradition of Greek patriotism and (…) a hi-storiographical tradition». sul brano cf. anche erskine, Polybios and Barbarian rome, cit., 173-174; champion, Cultural Politics, cit., 70-71; 139; 243; 255.

35 cf. in iii 3, 5 l’apprezzamento di polibio per la campagna di manlio Vulsone, che avrebbe liberato barbarikw'n fovbwn kai; th'" Galatw'n paranomiva" gli abitanti dell’asia al di qua del tauro (per la distinzione dell’asia in due parti, a nord – al di qua – e a sud – al di là – della catena del tauro, vd. già J. thornton, Al di qua e al di là del tauro. Una nozione geografica da Alessandro Magno alla tarda anti-chità, rccm 37, 1995, 97-126; da ultimo, cf. anche s. lebreton, Le taurus en Asie Mineure: contenus et conséquences de représentations stéréotypées, rea 107, 2005, 655-674). Vd. anche dubuisson, Le latin de Polybe, cit., 281-282 e 371 n. 42, che rettifica l’impressione che la celtofobia di polibio sia, almeno in parte, d’origine romana, con l’osservazione che la paura dei Galli era comune anche ai Greci, e con il rinvio appunto a ii 35.

36 così ancora di recente p. cartledge, Greeks and “barbarians”, in a.-F. christidis (ed. for the centre for the Greek language by) with the assistance of m. arapopoulou, m. chriti, A History of Ancient Greek. From the Beginnings to Late Antiquity, cambridge 2007 (edizione originale thessaloniki 2001), 307-313, in particolare 308, con riferimento al celebre fr. 107 diels (kakoi; mavrture" ajnqrwv­poisin ojfqalmoi; kai; w\ta barbavrou" yuca;" ejcovntwn), in cui potrebbe leggersi un’estensione del significato dell’epiteto ‘barbaro’ dalla sfera della differenza linguistica a quella di «a difference of ‘soul’, that is one of essential and unalterable nature (fuvsi") rather than learned custom (novmo") or acquired character (h\qo")»; il fenomeno, suggerisce cartledge, potrebbe essere una conseguenza «of the conquest and subjugation of Greeks, including those of Heraclitus’ ephesus, by the persian empire». per la storia dell’interpretazione di questo discusso frammento di eraclito, a partire da diels (che ad l. spiegava «seelen, die wie Barbaren die aussagen der sinne nicht richtig verstehen können») e Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 8 («so sind ‘barbarische seelen’ eben solche, deren Verstand nicht geschult ist, d. h. also ‘ungebildete seelen’»), cf. s. mazzarino, Fra oriente e occidente. ricerche di storia greca arcaica, milano 19892 (prima ed. Firenze 1947), 100-101; 331 n. 288.

37 È d’obbligo il rinvio a e. Hall, inventing the Barbarian: Greek Self-Definition through tragedy, oxford 1989; per il dibattito sull’interpretazione della tragedia, cf. brevemente J.m. Hall, Hellenicity: between ethnicity and culture, chicago and london 2002, 176-177.

38 in questo senso G. Walser, La Grecia nel confronto ideale e politico con l’impero persiano, in tra Grecia e roma. temi antichi e metodologie moderne, istituto della enciclopedia italiana, roma 1980,

52 john thornton

na, nel contesto ideologico della democrazia ateniese, e alla propaganda panellenica della lega delio-attica 39. la riattualizzazione da parte di poli-bio della ‘naturale’ contrapposizione fra Greci e barbari, a proposito dei celti, si rivela anch’essa finalizzata a una sorta di chiamata alle armi; la definizione dell’identità ellenica attraverso la contrapposizione binaria 40 a un nemico percepito come portatore di valori radicalmente opposti a quelli del proprio mondo ha avuto fin dalle origini caratteri aggressivi 41 – riflettendo solo molto parzialmente l’assai più ricca e complessa realtà dei rapporti fra i Greci e gli altri popoli 42. come ha acutamente rilevato craige champion, accostando la conquista romana della pianura padana alle vittorie greche su serse e su Brenno, polibio eleva i romani al rango di ‘Greci onorari’, e sembra promuovere una politica di assimilazione culturale dei romani all’ellenismo 43: un passo deciso nel senso della creazione di una cultura greco-romana. Va da sé però che nell’età di po-libio, e persino nella sua opera, questa non era l’unica risposta al proble-

27-31. più di recente, cf. anche W. nippel, La costruzione dell’«altro», in s. settis (a cura di), i Greci. Storia Cultura Arte Società, i. Noi e i Greci, torino 1996, 165-196, in particolare 175-180 (ora anche in versione inglese in th. Harrison (ed. by), Greeks and Barbarians, edinburgh 2002, 278-310).

39 da ultimo, cf. la formulazione di Giovannini, Les relations entre États, cit., 28-30: «l'idéologie anti-barbare est le fruit des guerres médiques»; cf. comunque già le considerazioni di mazzarino, Fra oriente e occidente, cit., 82-86; 95; 96-101, e naturalmente Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 3; 12. sulla questione cf. anche e. lévy, Naissance du concept de barbare, «Ktema» 9, 1984, 5-14; Hall, Hellenicity, cit., 175-189. [non ho potuto vedere l.G. mitchell, Panhellenism and the Barbarian in Archaic and Classical Greece, swansea 2007, che conosco solo attraverso la recensione di K. Joss Wrenhaven, Bmcr 2008.05.22].

40 per il carattere della contrapposizione fra elleni e barbari, «als a und nona», vd. già Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 7 (ma vd. ora anche le considerazioni di Hall, Hellenicity, cit., 179-182).

41 cf. a. erskine, rhetoric and Persuasion in the Hellenistic World: Speaking up for the polis, in i. Worthington (ed. by), A Companion to Greek rhetoric, oxford 2007, 272-285, in particolare 276; 280, che osserva come in SiG3 560, ll. 8-22, nel sunto del discorso degli ambasciatori di magnesia agli epidam-ni, ad enfatizzare la comune appartenenza delle due città a «the community of Greeks» sia il riferimento al ruolo dei magneti nella difesa di delfi contro i celti: era in quanto «defenders of the Greeks against outsiders» che i magneti si consideravano intitolati all’organizzazione del festival panellenico in onore di artemide leucophryene. per la lunga sopravvivenza del motivo polemico dell’opposizione fra libera europa ed asia asservita cf. l. cracco ruggini, L’ecumenismo politico nel iV secolo d.C., in oriente e in occidente, in l. aigner Foresti - a. Barzanò - c. Bearzot - l. prandi - G. Zecchini (a cura di), L’ecumenismo politico nella coscienza dell’occidente, roma 1998, 383-395, in particolare 385; 387.

42 cf. per esempio champion, Cultural Politics, cit., 43.43 champion, romans as bavrbaroi, cit., 429-430; cf. anche id., Cultural Politics, cit., 70-71; 117;

139; id., Polybius and Aetolia: A Historiographical Approach, in J. marincola (ed. by), A Companion to Greek and roman Historiography, ii, oxford 2007, 356-362, in particolare 360; già Walbank, A Historical Commentary, i, cit., 213 aveva osservato che «throughout the romans are clearly the civilized element repelling barbarism, not barbarians themselves»; sul brano cf. anche Gonzaléz rodríguez, el bárbaro y lo bárbaro, cit., 156 n. 53. per l’ammissione romana agli agoni dell’istmo, attestata da polyb. ii 12, 8, cf. anche desideri, L’impero bilingue, cit., 924 (e naturalmente già Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 68-69; e schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 9-10, che ne aveva negato ogni «genealogische rechtfertigung», considerandola piuttosto un’eccezione alla regola che limitava la parte-cipazione ai Greci, da considerare «als Zeichen für die entwertung des vormals so strengen prinzips»).

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 53

ma della collocazione di roma fra i due poli di grecità e barbarie 44 – né forse la più diffusa. ancora «in piena età augustea», d’altra parte, come è stato rilevato, dionigi di alicarnasso dovette scrivere la sua rhomaikè Archaio logia «per sradicare» l’idea della barbarie dei romani 45.

in questa sede, ci si propone in primo luogo di analizzare le indicazioni ricavabili dalle Storie e dalla tradizione che ne dipende sui diversi modi in cui il motivo della contrapposizione fra Greci e barbari venne articolan-dosi e fu sfruttato dall’epoca della symplokè – l’intreccio fra la storia del mondo ellenistico e quella dell’occidente che polibio faceva iniziare con la pace di naupatto 46 – fino alla guerra acaica; si tenterà cioè di passare in rassegna le forme imposte a questo versatile strumento polemico da parti diverse, in circostanze diverse, lungo tutto l’arco cronologico delle Storie; quindi, ci si interrogherà sulla posizione di polibio – di cui recentemente è stata a buon diritto affermata la complessità 47 –, valorizzando alcuni indizi che sembrano poter consentire di andare oltre la versione ufficiale, potremmo dire, il public transcript del giudizio di polibio su roma.

3. il celebre discorso di agelao di naupatto in occasione delle tratta-tive di pace fra gli etoli e Filippo V nel 217 48 mostra con quanta natu-

44 cf. n. 118.45 desideri, L’impero bilingue, cit., 924, con rinvio a e. Gabba, Dionysius and the History of

archaic rome, Berkeley-los angeles-oxford 1991, che cito dalla trad. it. di e. migliario, Dionigi e la Storia di roma Arcaica, Bari 1996,171-176; cf. anche desideri, roma e la Grecia, cit., 237. Vd. già Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 69; 74; 77 («aber im Grunde beweisen alle diese Versuche, die römer zu echten Griechen zu stempeln, doch nur, daß die im hellenischen Volk, namentlich bei den Gebildeten verbreitete ansicht die gegenteilige war»).

46 sull’idea polibiana di symplokè vd. polyb. i 3, 3-4; iV 28, 5; V 105, 4 e 9; è d’obbligo il rinvio al fondamentale saggio di F.W. Walbank, symploke: its role in Polybius’ Histories, Ycls 24, 1975, 197-212, ora anche in id., Selected Papers. Studies in Greek and roman History and Historiography, cambridge 1985, 313-324; cf. d. Vollmer, Symploke. Das Übergreifen der römischen expansion auf den griechischen osten. Untersuchungen zur römischen Aussenpolitik am ende des 3. Jahrhunderts v.Chr., «Hermes» einzelschriften 54, stuttgart 1990, 1-14; d. Golan, the res Graeciae in Polybius. Four Studies, Biblioteca di «athenaeum» 27, como 1995, 61-62, testo e nn. 27-28, e qualche considerazione anche in J. thornton, recensione di V.m. Warrior, the initiation of the Second Macedonian War. An explication of Livy Book 31, «Historia» einzelschriften 97, stuttgart 1996, in mediterrant 2, 1999, 227-232, in particolare 228-230.

47 mi riferisco ancora a champion, romans as bavrbaroi, cit., passim, e 436 n. 45, e ora naturalmen-te soprattutto id., Cultural Politics, cit., passim.

48 sul discorso di agelao di naupatto vd. almeno F.W. Walbank, Philip V of Macedon, cambridge 1940, 66; o. mørkholm, the Speech of Agelaos at Naupactus 217 B.C., c&m 28, 1967, 240-253; J. deininger, Der politische Widerstand gegen rom in Griechenland 217–86 v.Chr., Berlin-new York 1971, 25-29; id., Bemerkungen zur Historizität der rede des Agelaos 217 v.Chr. (Polyb. 5,104), «chi-ron» 3, 1973, 103-108; o. mørkholm, the Speech of Agelaus again, «chiron» 4, 1974, 127-132; c. Wooten, the Speeches in Polybius: An insight into the Nature of Hellenistic oratory, aJph 95, 1974, 235-251, in particolare 238-239 (con rinvio a G. de sanctis, recensione di G.p. landmann, eine rede des thukydides: die Friedensmahnung des Hermocrates, Kiel 1932, in rFic 62, 1934, 108-109 per il rapporto con thuc. iV 59-64, il discorso di ermocrate di Gela: «quale che sia stata in effetto la capacità divinatoria di ermocrate o di agelao, non mi par dubbio che le loro divinazioni sono state potenziate ex

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ralezza si potessero rivolgere contro i romani i principi panellenici che alimentavano l’immagine del barbaro radicalmente antitetica ai valori della grecità 49. consapevole delle dimensioni del conflitto che si stava svolgendo in italia e in spagna, agelao delineò un progetto di alleanza panellenica a guida macedone in funzione innanzi tutto difensiva: in po-libio V 104 il generico riferimento a ta;" tw'n barbavrwn ejfovdou" al § 1 sembra dover almeno comprendere il rischio – presentato in realtà ai §§ 2 e 3 quasi come una certezza – che la potenza che sarebbe uscita vittoriosa dalla guerra annibalica rivolgesse le sue mire espansionistiche contro il mondo greco 50. appare dunque necessario mantenersi fedeli all’interpretazione tradizionale secondo cui qui, sia pure in forma in-

eventu dagli storici che le narravano»); t. schmitt, Die Bedeutung des zweiten Punischen Krieges für den Frieden von Naupaktos, in e. lipínski - H. devijver (ed. by), Punic Wars, studia phoenicia 10, leuven 1989, 229-239; Vollmer, Symploke, cit., 96-107; e. lévy, Le discours d’Agélaos de Naupacte, in l. aigner Foresti - a. Barzanò - c. Bearzot - l. prandi - G. Zecchini (a cura di), Federazioni e federalismo nell’europa antica. Alle radici della casa comune europea, Bergamo, 21-25 settembre 1992, i, milano 1994, 33-50; Golan, the res Graeciae in Polybius, cit., 55-74; c. champion, the Nature of Authoritative evidence in Polybius and the Speech of Agelaus at Naupactus, tapha 127, 1997, 111-128; G. schepens, Between Utopianism and Hegemony. Some reflections on the Limits of Political ecumen-ism in the Graeco-roman World, in aigner Foresti - Barzanò - Bearzot - prandi - Zecchini (a cura di), L’ecumenismo politico, cit., 117-147, in particolare 135-137; marincola, Greek Historians, cit., 131; H.-u. Wiemer, rhodische traditionen in der hellenistischen Historiographie, Frankfurt am main 2001, 55; champion, Cultural Politics, cit., 55-56; e da ultimo s. usher, oratio recta and oratio obliqua in Polybius, GrBs 49, 2009, 487-514, in particolare 493-494. c.W. Fornara, the Nature of History in Ancient Greece and rome, Berkeley-los angeles-london 1983, 161 afferma che in Giustino XXiX 3 il discorso di agelao di naupatto è attribuito a Filippo V: effettivamente, in XXiX 2-3 Giustino registra dapprima le esortazioni di demetrio di Faro, che indussero il re a siglare la pace con gli etoli (cf. polyb. V 101, 6 - 102, 1), per attribuire poi a Filippo considerazioni assai vicine a quelle di agelao di naupatto, con la ripresa e lo sviluppo anche dell’immagine della nube (XXiX 3, 1: videre se itaque, ait, consurgentem in italia nubem illam trucis at cruenti belli; videre tonantem ac fulminantem ab occasu procellam, quam in quascumque terrarum partes victoriae tempestas detulerit, magno cruoris imbre omnia foedaturam). il procedimento comunque non deve apparire del tutto arbitrario, in quanto il re macedone doveva necessariamente condividere l’analisi che lo portò alla pace con gli etoli.

49 per una precoce applicazione ostile ai romani della contrapposizione Greci/barbari vd. d.H. XiX 5 (i tarentini non solo non avrebbero prestato la dovuta attenzione alle parole del legato romano lucio postumio megello, ajll∆ ei[ ti mh; kata; to;n ajkribevstaton th'" ÔEllhnikh'" dialevktou ca­rakth'ra uJp∆ aujtou' levgoito parathrou'nte" ejgevlwn: kai; pro;" ta;" ajnatavsei" ejtracuvnonto, kai; barbavrou" ajpekavloun, kai; teleutw'nte" ejxevballon ejk tou' qeavtrou); app. Samn. 7 (i tarentini rimproverano ai turii o{ti {Ellhne" o[nte" ejpi; ÔRwmaivou" katevfugon ajnti; sfw'n; succes-sivamente, ricevuti in assemblea i legati romani, ejcleuvazon ei[ ti mh; kalw'" eJllhnivseian: e[skwpton de; kai; th;n stolh;n aujtw'n kai; to; ejpipovrfuron), con Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 60 e 136 n. 147a. da ultimo, per un tentativo di analisi della tradizione sulle origini della guerra contro pirro, vd. c.l.H. Barnes, images and insults. Ancient Historiography and the outbreak of the tarentine War, «Historia» einzelschriften 187, stuttgart 2005.

50 polyb. V 104, 3: dh'lon ga;r ei\nai panti; tw/' kai; metrivw" peri; ta; koina; spoudavzonti kai; nu'n, wJ" ejavn te Karchdovnioi ÔRwmaivwn ejavn te ÔRwmai'oi Karchdonivwn perigevnwntai tw/' polevmw/, diovti kat∆ oujdevna trovpon eijkov" ejsti tou;" krathvsanta" ejpi; tai'" ∆Italiwtw'n kai; Sikeliwtw'n mei'nai dunasteivai", h{xein de; kai; diateivnein ta;" ejpibola;" kai; dunavmei" auJtw'n pevra tou' devonto". sulla critica implicita nell’espressione pevra tou' devonto", vd. Golan, the res Graeciae in Polybius, cit., 64-65.

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 55

diretta, i romani, con i rivali cartaginesi, sarebbero definiti barbari, o almeno accomunati ai barbari 51. nella valutazione dell’etolo agelao, la situazione imponeva a tutti, e per primo a Filippo V, di stare in guardia 52: ponesse fine dunque alle ostilità contro i Greci, che li avrebbero resi fa-cile preda degli assalitori, e se ne prendesse cura come di se stesso 53. la pronoia nei loro confronti gli avrebbe procurato l’eunoia dei Greci, che sarebbero stati pronti a collaborare ad ogni sua impresa; all’esterno poi tutti sarebbero rimasti impressionati dalla pistis dei Greci verso il re, e nessuno avrebbe osato tendere insidie al suo potere 54.

eunoia e pistis dovevano essere dunque i fondamenti dell’egemonia di Filippo sui Greci. il programma di agelao, approvato da polibio in quan-to non faceva che estendere a tutti i Greci le aspirazioni degli achei sui rapporti all’interno della symmachia a guida macedone 55, non escludeva poi la possibilità che, scongiurato grazie all’unità panellenica ogni rischio di ephodoi barbariche, Filippo potesse trarre vantaggio dallo scontro fra le potenze occidentali 56. presentare un fronte unito era essenziale però, in

51 per l’opinione tradizionale cf. schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 4. diversamente lévy, Le discours d’Agélaos de Naupacte, cit., 41-43, secondo cui i barbari di V 104, 1 (o}" e[fh dei'n mavlista me;n mhdevpote polemei'n tou;" {Ellhna" ajllhvloi", ajlla; megavlhn cavrin e[cein toi'" qeoi'", eij levgonte" e}n kai; taujto; pavnte" kai; sumplevkonte" ta;" cei'ra", kaqavper oiJ tou;" potamou;" diabaivnonte", duvnainto ta;" tw'n barbavrwn ejfovdou" ajpotribovmenoi sussw/vzein sfa'" aujtou;" kai; ta;" povlei") non potrebbero essere i romani, non ancora qualificati come tali nelle Storie; il riferimento secondo lévy sarebbe invece «aux raids illyriens, évoqués juste avant (V, 101) et juste après notre texte (V, 108)».

52 polyb. V 104, 4: diovper hjxivou pavnta" me;n fulavxasqai to;n kairovn, mavlista de; Fivlip­pon; al § 2, cf. già katav ge to; paro;n hjxivou sumfronei'n kai; fulavttesqai.

53 polyb. V 104, 5: ei\nai de; fulakhvn, eja;n ajfevmeno" tou' katafqeivrein tou;" {Ellhna" kai; poiei'n eujceirwvtou" toi'" ejpiballomevnoi" kata; toujnantivon wJ" uJpe;r ijdivou swvmato" bouleuvhtai, kai; kaqovlou pavntwn tw'n th'" ÔEllavdo" merw'n wJ" oijkeivwn kai; proshkovntwn auJtw/' poih'tai provnoian.

54 polyb. V 104, 6: tou'ton ga;r to;n trovpon crwmevnou toi'" pravgmasi tou;" me;n {Ellhna" eu[nou" uJpavrcein aujtw/' kai; bebaivou" sunagwnista;" pro;" ta;" ejpibolav", tou;" d∆ e[xwqen h|tton ejpibouleuvsein aujtou' th/' dunasteiva/, katapeplhgmevnou" th;n tw'n ÔEllhvnwn pro;" aujto;n pivstin.

55 sulla consonanza delle proposte di agelao in V 104, 5-6 con l’invito di arato a Filippo V in polyb. Vii 12, 5-7 a frourei'n tou;" Messhnivou", oJmoivw" de; kai; tou;" loipou;" summavcou" con la sola pi-stis, e più in generale per il ruolo nella riflessione di polibio di un trattamento degli alleati/hypotattomenoi tale da procurarsene l’eunoia, cf. a. erskine, Spanish Lessons: Polybius and the Maintenance of imperial Power, in santos Yanguas - torregaray pagola (eds.), Polibio y la península ibérica, cit., 229-243, in particolare 229-239 (236 n. 24 per il parallelo fra i discorsi di agelao e di arato). cf. anche polyb. V 10, 1-5, a proposito del comportamento di Filippo ii nei confronti degli ateniesi dopo cheronea, contrapposto al saccheggio di termo da parte di Filippo V, con Golan, the res Graeciae in Polybius, cit., 62-63 n. 29.

56 polyb. V 104, 7-8: eij de; pragmavtwn ojrevgetai, pro;" ta;" duvsei" blevpein aujto;n hjxivou kai; toi'" ejn ∆Italiva/ sunestw'si polevmoi" prosevcein to;n nou'n, i{na genovmeno" e[fedro" e[mfrwn peiraqh/' su;n kairw/' th'" tw'n o{lwn ajntipoihvsasqai dunasteiva". ei\nai de; to;n ejnestw'ta kairo;n oujk ajllovtrion th'" ejlpivdo" tauvth". non parlerei però, con lévy, Le discours d’Agélaos, cit., 37 di incoerenza dell’«évocation des problèmes occidentaux», presentati «à la fois comme des menaces et com-me des sujets d’espoir». nel discorso di agelao si considerano due possibili scenari futuri, diversi, anzi opposti, in rapporto alle diverse possibili scelte del re macedone: se avesse persistito nel katafqeivrein tou;" {Ellhna", li avrebbe resi eujceirwvtou" toi'" ejpiballomevnoi" (i vincitori della guerra annibalica,

56 john thornton

primo luogo, per stornare dalla Grecia le nubi minacciose che andavano addensandosi ad occidente; il discorso si chiude facendo risuonare non le note della speranza, ma il tema cupo della minaccia che in un prossimo futuro «dovremo persino pregare gli dèi per avere la facoltà di far guerra o concludere la pace gli uni con gli altri quando vogliamo, e, insomma, di essere padroni delle controversie che sorgono tra noi» 57.

il progetto panellenico di agelao di naupatto fallì rapidamente; in capo a pochi anni, Filippo V siglò l’alleanza con annibale 58, e gli etoli non esitarono a concludere con roma un trattato volto contro la symma-chia a guida macedone 59. anche nell’ambito più ristretto dell’alleanza che aveva combattuto il symmachikòs polemos contro gli etoli, le vicen-de di messene mostrano che Filippo V non riuscì ad attenersi a lungo alla raccomandazione di arato di controllare gli alleati solo con la pistis. Qualche anno prima, all’inizio del suo regno, rinunciando a infliggere una dura punizione a sparta, dove erano stati messi a morte i capi del gruppo filomacedone e l’eforo adimanto 60, Filippo aveva seguito il consiglio di arato 61; e polibio giudicava che in quell’occasione avesse fornito agli al-leati greci un kalo;n dei'gma th'" eJautou' proairevsew" 62; poco dopo, a egio, gli achei avevano accolto le parole del giovane re met∆ eujnoiva" 63; e alla fine della stagione, polibio registra come Filippo V ispirasse pa'si toi'" {Ellhsi (…) kala;" ejlpivda" (…) pra/ovthto" kai; megaloyu­civa" basilikh'" 64. Queste speranze, tuttavia, andarono deluse. in quello che resta della discussione che polibio dedicò a più riprese al comporta-mento di Filippo a messene, nel quale individuava l’inizio della sciagu-rata metabolè del giovane re macedone, le cui prime avvisaglie si erano manifestate con il saccheggio del santuario etolico di termo 65, si avverte

che non si sarebbero accontentati del loro dominio, ma avrebbero spinto «i loro disegni e i loro eserciti al di là del dovuto»: polyb. V 104, 3, trad. m. mari); nel caso invece che Filippo, accogliendo l’invito di agelao, si fosse assicurato l’eunoia e la pistis dei Greci, nessuno dall’esterno avrebbe osato minacciare il suo dominio (§ 6), e sarebbe stato lui piuttosto a poter guardare allo scontro fra romani e cartaginesi in italia dalla prospettiva dell’ e[fedro", pronto a sfruttare ogni opportunità che potesse presentarsi.

57 polyb. V 104, 10-11 (trad. m. mari).58 polyb. Vii 9, 1-17.59 per cui vd. naturalmente schmitt (bearbeitet von), Die Staatsverträge des Altertums, iii, cit., 536

pp. 258-266.60 polyb. iV 22, 3 sgg.61 almeno a stare all’ipotesi avanzata da polyb. iV 24, 1-3.62 cf. polyb. iV 24, 4-5 per il rifiuto di Filippo di intervenire negli affari interni della città e il § 9,

con Walbank, Philip V of Macedon, cit., 31, per il giudizio di polibio.63 polyb. iV 26, 8.64 polyb. iV 27, 9.65 Vd. polyb. V 8, 4 – 14, 7 per il saccheggio di termo nel 218; Vii 12-14 per il progetto di occupare

la rocca di messene, da cui arato dissuase il re; Viii 8a – 8; 12, 1-2 per il successivo tentativo contro messene. in generale, sulla metabolè di Filippo V (polyb. Vii 11, 1), vd. Golan, the res Graeciae in Polybius, cit., 9-54 (31-32 sul saccheggio di termo), e le considerazioni svolte da erskine, Spanish Les-

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 57

del rimpianto per il naufragio del programma panellenico, di cui polibio attribuiva la responsabilità in parte agli etoli, in parte a Filippo; ai fini del nostro discorso, più che ricordare la ben nota durezza dei suoi giudizi su-gli etoli 66, mette conto osservare come nel discuterne i tragici errori poli-bio ora definisca l’operato di Filippo V in termini di asebeia e paranomia, accusandolo di aver agito qumw'/ to; plei'on h] logismw/' crwvmeno" 67: una caratterizzazione che ricorda quella dei celti 68.

4. il fallimento del programma di agelao di naupatto non implica però la subitanea rinuncia al ricorso al tema dell’eterna contrapposizione fra Greci e barbari, nel quadro della propaganda antiromana. tutt'altro: come ha mostrato già Jürgen deininger, nel corso della prima guerra macedoni-ca questo motivo ricorre più volte nella polemica antietolica e nei tentativi dei neutrali di indurre a un accordo etoli e macedoni 69. nella disponibi-lità di polibio a fare spazio a discorsi in cui i romani venivano presentati esplicitamente come barbari – in particolare quello con cui l’acarnano licisco, nella primavera del 210, invitò gli spartani a schierarsi con Fi-lippo V, e quello di trasicrate rodio nell’estate del 207, in occasione di un tentativo di mediazione – craige champion ha visto una significativa scelta di politica culturale, testimonianza dell’ambiguità della tormentata posizione di polibio fra due pubblici di lettori di orientamento opposto 70.

sons, cit., 236-237. sul santuario degli etoli a termo, vd. c. antonetti, Les Étoliens. image et religion, annales littéraires de l’université de Besançon 405, paris 1990, 151-210.

66 della vasta bibliografia su polibio e gli etoli, cf. almeno, oltre alla classica Historiographische Würdigung des Polybius, mit besonderer Beziehung auf die Nachrichten über ätolische Geschichte di F.a. Brandstäter, Die Geschichten des Aetolischen Landes, Volkes und Bundes, in drei Büchern nach den Quellen dargestellt, nebst einer historiographischen Abhandlung über Polybius, Berlin 1844, 199-297, più di recente K. sacks, Polybius’ other View of Aetolia, JHs 95, 1975, 92-106, con la replica di d. mendels, Did Polybius have «another» View of the Aetolian League? A Note, ancsoc 15-17, 1984-1986, 63-73, e ora champion, Polybius and Aetolia, cit., e già id., Cultural Politics, cit., 129-135.

67 polyb. Viii 8, 1-4, con champion, Cultural Politics, cit., 256.68 polyb. ii 35, 3 : … dia; to; mh; to; plei'on ajlla; sullhvbdhn a{pan to; ginovmenon uJpo; tw'n

Galatw'n qumw/' ma'llon h] logismw/' brabeuvesqai. champion, Cultural Politics, cit., ha posto al centro della sua analisi il motivo della degenerazione delle forme politiche in polibio; l’osservazione se-condo cui «in polybius’ political theory, political communities may pass through cyclical developmental stages, enjoying periods of ‘Hellenic’ virtue when they are directed by the guiding hand of reason, or logismos, and alternately devolving into degenerate conditions of irrationality and unbridled passion, the realm of polybian barbarians» (champion, Cultural Politics, cit., 6), sembrerebbe potersi applicare anche alla rappresentazione di Filippo V (cf. champion, Cultural Politics, cit., 151; 193).

69 deininger, Der politische Widerstand, cit., 29-35. cf. anche p. derow, the Arrival of rome: from the illyrian Wars to the Fall of Macedon, in a. erskine (ed. by), A Companion to the Hellenistic World, oxford 2003, 51-70, in particolare 56: «the language of mediation is infused with hostility to the romans».

70 champion, Cultural Politics, cit., 193-195; diversamente Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 61 riteneva che «der römerfreund polybios» anche nel discorso di licisco potesse aver applicato ai romani la definizione di barbari solo nel senso di ‘non greci’: «einen solchen unverfänglichen sprachgebrauch konnte man, namentlich von einem römer selbst, hinnehmen». F.W. Walbank, A Historical Commentary

58 john thornton

replicando al discorso con cui l’etolo clenea aveva invitato gli spartani a ridar vita all’alleanza antimacedone (e antiachea), l’acarna-no licisco denunciò il radicale cambiamento della situazione rispetto all’epoca della guerra sociale: ora, gli alleati degli etoli non erano più tutti greci; clenea voleva far aderire gli spartani all’alleanza tw'n bar­bavrwn 71. non si trattava più di una guerra fra homophyloi, combattuta uJpe;r hJgemoniva" kai; dovxh" – una di quelle guerre che agelao di naupatto aveva ridotto al rango di ta;" paidia;", a}" nu'n paivzomen pro;" ajllhvlou", «i giochi da bambini (…), con i quali ora ci trastullia-mo gli uni con gli altri» 72 –, ma di una guerra peri; douleiva" (…) pro;" ajllofuvlou" ajnqrwvpou" 73: una guerra che, adottando una prospetti-va analoga a questa di licisco, trasicrate rodio considererà pavntwn ai[sciston kai; pollh'" ajdoxiva" plhvrh kai; blasfhmiva" 74. la nube che gli etoli avevano attirato da occidente forse avrebbe fatto om-bra per primi sui macedoni 75, ma kata; de; to; sunece;" pa'sin e[stai

on Polybius, ii. Commentary on Books Vii-XViii, oxford 1967, 176, ricorda (per condannarle) le tesi di quanti, come Brandstäter, Die Geschichten des Aetolischen Landes, cit., 250-257, ritenevano che po-libio approfittasse dei discorsi per esprimere critiche nei confronti di roma che non osava pronunciare in prima persona; su questo tema, cf. già schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 5; 10-11. la linea di Golan, the res Graeciae in Polybius, cit., secondo cui «polybius had to develop an unusual system in order to communicate privately, and exclusively, with the potential future leaders of achaea (and Greece)» (7), può considerarsi uno sviluppo delle posizioni di Brandstäter: vd. già thornton, tra politica e storia: Polibio e la guerra acaica, mediterrant 1, 1998, 585-634, in particolare 590-593.

71 polyb. iX 37, 4-5; champion, romans as bavrbaroi, cit., 434. in generale, sul discorso di licisco, vd. schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 3-4; deininger, Der politische Widerstand, cit., 29-31; Wooten, the Speeches in Polybius, cit., 240, che lo giudica «one of the most emotional of the gene-rally flat and rather colorless speeches in polybius»; champion, Polybius, Aetolia and the Gallic Attack, cit., 321-324. desideri, L’impero bilingue, cit., 919-920; derow, the Arrival of rome, cit., in partico-lare 55-56. sui discorsi contrapposti di clenea e licisco, vd. anche F.W. Walbank, Speeches in Greek Historians, third myres memorial lecture, oxford 1965, ora in id., Selected Papers, cit., 242-261, in particolare 258-259; millar, Polybius between Greece and rome, cit., 15-17; lehmann, the ‘Ancient’ Greek History in Polybios’ Historiae, cit., 75-76; e, per il loro impiego degli «historical exempla that most benefit their side» come uno strumento per conferire «to the present moment a sense of crucial im-portance and decisiveness», cf. marincola, Greek Historians, cit., 133; da ultimo, vd. anche erskine, rhetoric and Persuasion, cit., 281, e usher, oratico recta and oratio obliqua in Polybius, cit., 494-502.

72 polyb. V 104, 10 (trad. m. mari).73 polyb. iX 37, 6-7, su cui vd. F.W. Walbank, Polybius and Macedonia, in Ancient Macedonia.

papers read at the First international symposium Held in thessaloniki, 26-29 august 1968, institute for Balkan studies, thessaloniki 1970, 291-307, e ora anche in id., Polybius, rome and the Hellenistic World, cambridge 2002, 91-106, in particolare 298. l'evocazione della douleia potrebbe doversi inten-dere forse non solo nel tradizionale significato politico di sottomissione, ma anche più concretamente come un riferimento alla «vendita in schiavitù – ad opera dei romani – degli abitanti di alcuni centri acarnani saccheggiati», in base alla clausola del trattato con gli etoli che assegnava ai romani «la parte mobile – e specialmente le persone – della preda bellica» (desideri, L’impero bilingue, cit., 920). per il termine ajllovfuloi come «un modo eufemistico per dire barbari» vd. ancora desideri, L’impero bilingue, cit., 925.

74 polyb. Xi 4, 8, con Wooten, the Speeches in Polybius, cit., 241.75 polyb. iX 37, 10: boulovmenoi ga;r perigenevsqai Filivppou kai; tapeinw'sai Makedovna",

lelhvqasin auJtoi'" ejpispasavmenoi thlikou'to nevfo" ajpo; th'" eJspevra", o} kata; me;n to; paro;n

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 59

toi'" {Ellhsi megavlwn kakw'n ai[tion 76. licisco non esitava a porre la resistenza ai romani sullo stesso piano di quelli che polibio aveva de-finito tou;" uJpe;r th'" koinh'" tw'n ÔEllhvnwn ejleuqeriva" ajgw'na": come al tempo di serse, si trattava di una lotta in difesa della libertà di tutti i Greci. se si fossero schierati con i barbari, gli spartani avrebbero rinnegato l’amore per la libertà dei Greci per cui si era sacrificato le-onida. per quanto riguardava gli etoli, la loro alleanza con i romani, volta kata; pavsh" th'" ÔEllavdo" 77, viene posta sullo stesso piano di quella precedente con gli illirii 78, o del patto stretto con il re antigono a proposito degli achei e del popolo degli acarnani 79, e considerata frutto di aponoia 80. il discorso di licisco si conclude con l’evocazione degli oltraggi che, nella sventurata città di anticira, avevano dovuto patire donne e bambini caduti in schiavitù nelle mani di allophyloi, e con un ulteriore, insistito parallelismo fra l’ephodos dei romani e l’invasione persiana – quando sparta aveva assunto un atteggiamento inesorabile nei confronti dei tebani, «che per necessità avevano deciso, soli tra i Greci, di mantenersi neutrali» 81.

i[sw" prwvtoi" ejpiskothvsei Makedovsi… l'immagine della nube da occidente costituisce un legame con il discorso di agelao di naupatto in polyb. V 104, 10 (wJ" eja;n a{pax ta; profainovmena nu'n ajpo; th'" eJspevra" nevfh prosdevxhtai toi'" kata; th;n ÔEllavda tovpoi" ejpisth'nai…), e con la ripresa dei suoi motivi in Giustino XXiX 3, 1 (cit. in n. 48). Qui però, una volta aperte le ostilità e concluso il trattato romano-etolico, la nube da occidente oscura prima la macedonia, per passare poi sul resto della Grecia; nelle riflessioni prestate da Giustino a Filippo V, al tempo della pace di naupatto, s’immaginava invece una possibile aggressione dei vincitori della guerra annibalica prima contro i Greci (Giustino XXiX 3, 4: feros igitur victorum animos minus quidem Macedoniae quam Graeciae timendos, quia et remotior et in vindictam sui robustior sit).

76 polyb. iX 37, 10. per l’espressione, che trova paralleli a partire da erodoto (V 97, 3: l’invio delle navi ateniesi in aiuto degli ioni come ajrch; kakw'n; vd. però per esempio anche isocrate iV 119), cf. già J. thornton, Pausania e la guerra acaica. Una lettura di Polibio nel ii secolo d.C., in l. troiani e G. Zecchini (a cura di), La cultura storica nei primi due secoli dell’impero romano. atti del convegno in-ternazionale di studi in onore di Fergus millar, milano, 3-5 giugno 2004, «alle radici della casa comune europea», 5, roma 2005, 199-215, in particolare 202-203, testo e n. 19.

77 polyb. iX 38, 9.78 polyb. iX 38, 8.79 polyb. iX 38, 9; cf. anche iX 34, 6 e ii 43, 9-10; 45, 1 per l’accordo antiacheo fra gli etoli e il re

antigono Gonata; il patto contro gli acarnani in realtà fu siglato non con antigono Gonata, ma con ales-sandro ii d’epiro: cf. iX 34, 7 e ii 45, 1 con Walbank, A Historical Commentary, i, cit., 239-240; id., A Historical Commentary, ii, cit., 178 per l’ipotesi che il nome di alessandro d’epiro «has been omitted here perhaps through a straining after conciseness».

80 polyb. iX 39, 1.81 polyb. iX 39, 4-5 (kalovn ge tauvth" th'" summaciva" metascei'n kata; proaivresin, a[llw"

te kai; Lakedaimonivou" uJpavrconta", oi{ ge Qhbaivou" tou;" kat∆ ajnavgkhn hJsucivan a[gein bouleusamevnou" movnou" tw'n ÔEllhvnwn kata; th;n tw'n Persw'n e[fodon ejyhfivsanto dekateuv­sein toi'" qeoi'" krathvsante" tw/' polevmw/ tw'n barbavrwn; si noti la studiata contrapposizione fra kata; proaivresin e kat∆ ajnavgkhn; per il senso della progettata dekateusis dei tebani, vd. m. mari, Le ‘primizie di uomini’ ad Apollo delfico. indagine su un rito greco, mediterrant 2, 1999, 263-320, in particolare 311-320, che penserebbe ad «una minaccia di sterminio rivestita di un alone di sacralità»). cf. millar, Polybius between Greece and rome, cit., 16-17, che ritiene «surely significant» che in occasio-

60 john thornton

analoghi temi sembrano essere stati agitati ad egio, nel 209, in trat-tative di pace di cui dà conto brevemente livio 82, affermando che si vo-leva evitare che la guerra offrisse «ai romani o ad attalo» l’opportunità di mettere piede in Grecia, e alle quali sembrerebbe potersi riferire un frammento di un discorso riportato da polibio, in cui si ventilava la pos-sibilità che un’eventuale vittoria degli etoli preludesse all’asservimento loro e di tutti i Greci da parte dei romani 83. all’estate del 207 spetta poi il discorso di trasicrate rodio 84, tenuto anch’esso in occasione di un ten-tativo di mediazione. dopo aver rivendicato l’esigenza della parrhesia 85, l’oratore rimproverò agli etoli di combattere non contro Filippo in difesa dei Greci, secondo quanto affermavano – ricorrendo significativamente a loro volta a motivi panellenici, ma in funzione antimacedone; la loro era piuttosto una guerra ejp∆ ejxandrapodismw/' kai; katafqora/' th'" ÔEllavdo" 86, come dimostrava ormai non più solo la lettera del trattato romano-etolico, ma lo stesso destino di oreo in eubea e di egina 87. agli etoli veniva riconosciuto che essi, impadronitisi di una città, non avreb-bero osato né uJbrivzein (…) tou;" ejleuqevrou" né darla alle fiamme, nomivzonte" wjmo;n ei\nai to; toiou'to kai; barbarikovn; tuttavia, aveva-no concluso un trattato con il quale a{panta" tou;" a[llou" {Ellhna" ejkdovtou" dedwvkate toi'" barbavroi" eij" ta;" aijscivsta" u{brei" kai; paranomiva" 88. Gli etoli avevano appiccato un incendio che non

ne del primo significativo intervento in Grecia dei romani polibio «makes a speaker represent them as foreigners intent on enslaving Greece, directly comparable to the persians, those barbaroi whose defeat was the central event in Greek history».

82 liv. XXVii 30, 10-15.83 polyb. X 25, 1-5 (nikhsavntwn de; touvtwn, o} mh; dovxeie toi'" qeoi'", a{ma touvtoi" kai; tou;"

a[llou" {Ellhna" uJf∆ auJtou;" ejkei'noi poihvsontai). cf. deininger, Der politische Widerstand, cit., 31.

84 su cui vd. H.H. schmitt, rom und rhodos, münchen 1957, 56-57; deininger, Der politische Widerstand, cit., 32-34; Wooten, the Speeches in Polybius, cit., 240-241, e più di recente desideri, L’impero bilingue, cit., 920; e derow, the Arrival of rome, cit., 56-57. per un’accurata discussione della bibliografia precedente e dei diversi problemi posti dal discorso vd. ora l’ampia trattazione di Wiemer, rhodische traditionen, cit., 49-58; da ultimo, cf. usher, oratio recta and oratio obliqua in Polybius, cit., 502-504.

85 polyb. Xi 4, 9, con cui si deve confrontare anche Xi 6, 7, dove la parrhesia è annoverata fra i do-veri dei veri amici. alla fine dell’isologia degli achei pro;" ÔRwmaivou", in conseguenza dell’ambasceria in senato di callicrate del 180 (polyb. XXiV 10, 9), polibio sembra riportare il fatto che in breve tempo il senato si trovò a kolavkwn me;n eujporei'n, fivlwn de; spanivzein ajlhqinw'n (polyb. XXiV 10, 5): a caratterizzare i veri amici, in politica, sarebbe proprio la virtù di una sincerità non offuscata dal timore. cf. anche isocrate iV 130.

86 polyb. Xi 5, 1.87 polyb. Xi 5, 2 e 8. sulla sorte di egina, cf. anche il discorso attribuito a cassandro di egina in

polyb. XXii 8, 9-12.88 polyb. Xi 5, 6-7. cf. champion, romans as bavrbaroi, cit., 434, e le riflessioni di Wiemer, rho-

dische traditionen, cit., 53, che rileva come per trasicrate «sind die römer keineswegs nur insofern Barbaren, als sie keine Griechen sind; vielmehr verhalten sie sich auch als Barbaren, indem sie auf eine von ihm ausdrücklich als grausam und barbarisch gekennzeichnete art und Weise Krieg führen».

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 61

riuscivano più a controllare; se non avessero posto fine alla guerra, essa sarebbe stata kakw'n ajrch;n megavlwn a{pasi toi'" {Ellhsin 89.

nonostante il loro limitato successo pratico, i richiami alla barbarie dei romani non cessano. si è persino proposto di riportare a questo cli-ma la vigorosa ripresa di motivi panellenici nel dossier epigrafico intorno al riconoscimento delle celebrazioni in onore di artemide leukophryene promosse a magnesia sul meandro (208/7) 90, e nella richiesta di soccor-so per la ricostruzione delle mura della città rivolta dai dori di Kytenion a buona parte del mondo ellenistico 91.

alla vigilia della seconda guerra di macedonia, in un celebre pas-so di livio, sono gli ambasciatori macedoni presso gli etoli a ricorrere al motivo dell’eterna contrapposizione fra Greci e barbari, e a definire i romani alienigenae homines plus lingua et moribus et legibus quam maris terrarumque spatio discreti; quindi, riecheggiando formule che risalgono almeno al Panegirico di isocrate 92, affermano che cum alie-nigenis, cum barbaris aeternum omnibus Graecis bellum est eritque; natura enim, quae perpetua est, non mutabilibus in diem causis hostes sunt 93. nel corso del conflitto, l’appello alla naturale e perpetua ostilità fra Greci e barbari risultò ancor meno efficace che nella prima guerra di macedonia; possiamo certamente credere a polibio, quando mostra che il giorno della battaglia di cinoscefale i macedoni definivano i loro nemici oiJ bavr baroi 94; ma il fatto è che dalla parte dei barbari romani ormai si erano schierati non solo gli etoli, ma anche gli achei, gli spar-tani con nabide, i Beoti…; «con un autentico scambio dei ruoli», come rilevò domenico musti 95, dei temi panellenici, e della connessa tematica dell’eleutheria dei Greci, si andava appropriando Flaminino.

89 polyb. Xi 5, 9. un’espressione analoga si era incontrata già nel discorso di licisco, e ritorna anche altrove in polibio: vd. già la n. 76.

90 per cui vd. K.J. rigsby, Asylia. territorial inviolability in the Hellenistic World, Berkeley-los angeles-london 1996, 179-279.

91 così derow, the Arrival of rome, cit., 57: «there was clearly something in the air». per l’iscri-zione di Xanthos in licia relativa all’ambasceria dei dori di Kytenion vd. J. Bousquet, La stèle des Kyténiens au Létôon de Xanthos, reG 101, 1988, 12-53; seG 38, 1988, 1476.

92 isocrate, iV 158-159 (ou{tw de; fuvsei polemikw'" pro;" aujtou;" e[comen…); 183 (pavnta to;n crovnon ou{tw pro;" hJma'" diakeimevnou"); 184 (oujk ejpi; tou;" kai; fuvsei polemivou" kai; patri­kou;" ejcqrouv").

93 liv. XXXi 29, 12 e 15; cf. Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 6 e 127 n. 27; deininger, Der politische Widerstand, cit., 36-37; desideri, L’impero bilingue, cit., 920-921; champion, romans as bavrbaroi, cit., 435.

94 polyb. XViii 22, 8; cf. erskine, Polybios and Barbarian rome, cit., 172; champion, Cultural Politics, cit., 252.

95 Vd. d. musti, Formulazioni ideali e prassi politica nell’affermazione della supremazia romana in Grecia, in tra Grecia e roma, cit., 55-66, in particolare 58.

62 john thornton

5. l’inefficacia pratica del motivo dell’ostilità eterna fra Greci e bar-bari, che non seppe animare un fermo e duraturo panellenismo politico in chiave antiromana 96, porta ad una sorta di esplosione di quest'arma propagandistica, le cui schegge vengono raccolte ed impugnate in una guerra di tutti contro tutti che ai nostri occhi non solo conferma il caratte-re aggressivo di una costruzione identitaria fondata su una radicale con-trapposizione, ma dimostra anche la caratteristica elasticità della catego-ria dell’ellenismo 97. le progressive estensioni dei confini della grecità, per esempio verso il nord 98, non potevano mai darsi per definitivamente acquisite: ogni qual volta lo richiedessero le esigenze della propaganda, potevano essere negate, con il ritorno a criteri più rigorosi.

così, mentre nel 217 l’etolo agelao immaginava di conferire al re macedone la guida di un’alleanza panellenica, e non accentuava la distin-zione fra Greci e macedoni 99; e, parallelamente, ancora alla vigilia della seconda guerra di macedonia i rappresentanti di Filippo V di fronte al concilio degli etoli potevano porre sullo stesso piano Aetolos Acarnanas Macedonas, eiusdem linguae homines, contrapponendo i loro contrasti, sorti da cause occasionali, alla guerra eterna fra Greci e barbari 100; col mutare delle circostanze politiche, non solo le due parti riprendono a rinfacciarsi il tradimento dell’ideale panellenico, ma fra etoli e mace-doni viene meno il reciproco riconoscimento di appartenenza al campo dell’ellenismo.

nel novembre del 198, nelle trattative fra Filippo V e Flaminino, il re, irritato dall’intransigenza degli etoli, che volevano imporgli il ritiro da tutta la Grecia – rivolgendo così contro di lui l’arma del panellenismo –, replicò contestando la grecità degli etoli, o almeno della maggior parte di essi: to; ga;r tw'n ∆Agraw'n e[qno" kai; to; tw'n ∆Apodwtw'n, e[ti de; tw'n ∆Amfilovcwn, oujk e[stin ÔEllav" 101. pochi anni più tardi, ancora

96 per questo fallimento vd. deininger, Der politische Widerstand, cit., 268-270; 271.97 Già messa in luce da Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 28-32, a proposito di etoli, acarnani,

locresi ozoli, epiroti e macedoni.98 cf. in primo luogo p. cabanes, Les habitants des régions situées au Nord-ouest de la Grèce éta-

ient-ils des étrangers aux yeux des gens de Grèce centrale et méridionale?, in L’Étranger dans le monde grec. actes du colloque organisé par l’institut d’etudes anciennes, nancy, mai 1987, sous la direction de r. lonis, nancy 1988, 89-111; sul problema della grecità dei molossi, vd. anche J.K. davies, A Wholly Non-Aristotelian Universe: the Molossians as ethnos, State, and Monarchy, in r. Brock and s. Hodkin-son (ed. by), Alternatives to Athens. Varieties of Political organization and Community in Ancient Greece, oxford 2000, 234-258; sull’epiro, cf. i. malkin, Greek Ambiguities: “Ancient Hellas” and “Barbarian epirus”, in id. (ed. by), Ancient Perceptions of Greek ethnicity, Washington, d.c. 2001, 187-212.

99 cf. Golan, the res Graeciae in Polybius, cit., 64, per il riconoscimento da parte di agelao di naupatto dell’appartenenza dei macedoni alla grecità.

100 liv. XXXi 29, 15.101 polyb. XViii 5, 8. l’interpretazione di K.J. Beloch, Griechische Geschichte, i. Die Zeit vor den

Perserkriegen, 2, strassburg 19132, 37, secondo cui «wollte er nur sagen, daß Hellas im geographischen

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 63

una volta di fronte a Flaminino, e ancora una volta in risposta alle accuse di un rappresentante degli etoli, fu lo stratego acheo aristeno a metterne in dubbio la grecità – e l’umanità stessa: Linguam tantum Graecorum ha-bent sicut speciem hominum: moribus ritibusque efferatioribus quam ulli barbari, immo quam immanes beluae uiuunt 102. rivolgere contro l’acheo aristeno l’accusa di barbarie sarebbe stato difficile. l’irreprensibile gre-cità degli achei non consentiva di spingersi oltre l’accusa di non aver rispettato modelli di comportamento ai quali, proprio in quanto Greci, si sarebbero dovuti attenere; già a proposito della presa di mantinea, nel 223, assieme ai macedoni, Filarco aveva potuto rimproverarli soltanto di aver agito oujc ÔEllhnikw'" 103. assai meno sicura, da questo punto di vista, era la posizione macedone: nel iV secolo, per isocrate, Filippo ii era ancora un greco che regnava su un popolo non homophylos (movno" ga;r tw'n ÔEllhvnwn oujc oJmofuvlou gevnou" a[rcein ajxiwvsa") 104; per demostene, era un re barbaro, naturale nemico della polis greca 105; e in

sinne keineswegs mit Hellas im nationalen sinne zusammenfiele», è stata respinta già da Jüthner, Hel-lenen und Barbaren, cit., 28-29. sulla questione della «‘barbarie’ étolienne – vraie, présumée ou fausse», cf. antonetti, Les Étoliens, cit., 41-143, in particolare 136-137 su polyb. XViii 5, 8, su cui vd. anche J.B. scholten, the Politics of Plunder. Aitolians and their Koinon in the early Hellenistic era, 279-217 B.C., Berkeley-los angeles-london 2000, 4. Walbank, Polybius, cit., 4 n. 16 ritiene che anche l’osservazione dell’inviolabilità «fra i Greci» del santuario di artemide fra clitore e cineta in polyb. iV 18, 10 tenda «to throw doubts on the Greekness of the aetolians who violated it».

102 liv. XXXiV 24, 3-4; per la tradizionale affermazione della disumanità dei barbari, assimilati alle fiere, vd. Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 6-7; 128 n. 30. per le accuse che avevano fatto perdere la calma ad aristeno, cf. a.m. eckstein, Polybius, Aristaenus, and the Fragment ‘on traitors’, cQ 37, 1987, 140-162, in particolare 147-148.

103 plut. Arat. 45, 6; sul brano, derivato verosimilmente da Filarco, vd. da ultimo G. schepens, Poly-bius’ Criticism of Phylarchus, in schepens and Bollansée (ed. by), the Shadow of Polybius, cit., 141-164, in particolare 148-150, testo e n. 18, e K. Haegemans - e. Kosmetatou, Aratus and the Achaean Background of Polybius, ibidem, 123-139, in particolare 132-133.

104 isocrate V 108, su cui vd. m. mari, Al di là dell’olimpo. Macedoni e grandi santuari della Grecia dall’età arcaica al primo ellenismo, atene 2002, 19.

105 Filippo ii barbaro: dem. iii 16; 24; iX 29-31; 45; naturalmente ostile alla polis greca: dem. i 5; Vi 25; Viii 39-43, con erskine, rhetoric and Persuasion, cit., 278; 284 n. 21; cf. anche dem. XiX 327 per la protesta contro la scandalosa ammissione nel 346 di Makedovne" kai; bavrbaroi nell’anfizionia delfica, con mari, Al di là dell’olimpo, cit., 108-109. per l’ambigua posizione della macedonia fra i due poli di grecità e barbarie vd. già Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 29-32, e più di recente per esem-pio Walbank, Polybius and Macedonia, cit., 298-299, e passim; r. Browning, Greeks and others: From Antiquity to the renaissance, in id., History, Language and Literacy in the Byzantine World, nor-thampton 1989, 1-26, ora anche in th. Harrison (ed. by), Greeks and Barbarians, edinburgh 2002, 257-277, in particolare 259-260; J.m. Hall, Contested ethnicities: Perceptions of Mecedonia within evolving Definitions of Greek identity, in i. malkin (ed. by), Ancient Perceptions of Greek ethnicity, cit., 159-186; ma ora soprattutto mari, Al di là dell’olimpo, cit., passim, che in un brillante tentativo di ricostruzione del «complesso processo di definizione di una identità ‘nazionale’ – l’identità dell’ethnos macedone – all’interno e in rapporto alla più vasta e complessa realtà dell’Hellenikón» (336) perviene alla conclusione che «i termini della definizione erodotea della ‘grecità’ permettono senz'altro di rico-noscervi la macedonia» (337), e nel ricorrente giudizio di esclusione della macedonia dal mondo greco vede, al di là degli obiettivi polemici di trasimaco o di demostene, cui meglio possono assimilarsi i casi discussi qui, «una scorciatoia per spiegare una realtà sostanzialmente irriducibile agli standard greci di

64 john thornton

plutarco la liberazione dell’acrocorinto da parte di arato era presentata come un’azione contro una ejpakto;n ajrch;n … kai; ajllovfulon 106. la questione macedone rimase dunque centrale nel dibattito politico interno al mondo greco ben oltre eschine e demostene, fino appunto all’età di polibio 107. per parte loro, nei momenti di ostilità, gli etoli non avevano esitato ad impiegare contro Filippo e i suoi predecessori sul trono di pella parole d’ordine tratte dalla contrapposizione ideologica Greci/barbari, e dalla polemica politica del iV secolo. È probabilmente a questa consi-derazione della macedonia come una minacciosa potenza barbara volta all’asservimento del mondo greco che si deve ricondurre già l’abbatti-mento delle statue dei re macedoni a dion, nel 219; forse anche gli onori e l’ammirazione che fra gli etoli ne riportò scopa, nonostante la condanna sdegnata di polibio 108, potrebbero avere a che fare con questa tradizionale lettura dei rapporti greco-macedoni: con la fortunata incursione a dion, scopa poteva ritenere di aver dato espressione pratica alla diffusa insof-ferenza per il dominio macedone, di aver tradotto in un atto eclatante di vendetta rancori covati per decenni 109. ad analoghi sentimenti sembra po-tersi riportare un’altra decisione politica, ancora durante la guerra sociale, il fermo rifiuto da parte degli elei delle pur favorevoli condizioni di pace proposte dal re macedone 110, con i sospetti e l’ostilità nei confronti del

organizzazione del territorio e di prassi istituzionale» (338); cf. anche per es. 19-20 per la tesi isocratea della grecità dei re, non del popolo; 31-36 per l’ammissione del re macedone alessandro i agli agoni di olimpia (vd. in particolare 34-35, testo e n. 1); 334 n. 1. cf. anche Giovannini, Les relations entre États, cit., 31-32, e m. Hatzopoulos, Perception of the self and the other: the case of Macedon, relazione presentata al Vii international symposium on ancient macedonia, thessaloniki, 14-18 october 2002, in c.d.s., ma già disponibile su internet.

106 plut. Arat. 16, 4. Vd. Walbank, Polybius and Macedonia, cit., 298.107 Walbank, Polybius and Macedonia, cit., 291; 296 e passim. cf. anche millar, Polybius between

Greece and rome, cit., 6-8; 14; 17-18, che ha sottolineato con forza come «for polybius (…) Greek histo-ry from the fifth century to his own time was a continuum, in which there had been many disasters but no violent break»; a partire dall’invasione di serse nel 480 aveva inizio «a continuous and still relevant story, all of which was of importance for the present»; la tensione fra il potere monarchico e la libertà delle città greche stabiliva un elemento di continuità fra l’età di Filippo ii e l’epoca di polibio; e lehmann, the ‘Ancient’ Greek History in Polybios’ Historiae, cit., 75-77, che ha rilevato acutamente l’importanza contemporanea, in rapporto alle speranze nutrite prima nei confronti di Filippo V e quindi di roma, dell’immagine idealizzata del ruolo di Filippo ii nelle Storie; da ultimo, per la polemica antimacedone a partire dal iV secolo, e l’espressione del risentimento nei confronti della macedonia nei termini della contrapposizione Greci/barbari, cf. anche champion, Cultural Politics, cit., 40-43. il tema dell’impiego dei motivi panellenici in direzione antimacedone in età ellenistica può essere solo sfiorato in questo contributo, dedicato alla visione dei romani nel mondo greco, e in particolare in polibio; mi riprometto però di affrontarlo più distesamente altrove.

108 polyb. iV 62.109 sulla spedizione condotta da scopa a dion nel 219 cf. scholten, the Politics of Plunder, cit.,

214-218, che rileva come «skopas, dorimachos, and their friends had actually rekindled a serious anti-makedonian movement in thessalia».

110 Vd. polyb. iV 84, 2-6 per le promesse recate da anfidamo, lo stratego degli elei caduto prigionie-ro di Filippo V e fattosene portavoce (eja;n e{lwntai th;n pro;" aujto;n filivan, o{ti ta; me;n aijcmav­

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 65

loro latore anfidamo 111. la verosimiglianza delle calunnie di apelle ad arato, accusato di aver convinto in extremis anfidamo o{ti kat∆ oujdevna trovpon sumfevrei toi'" Peloponnhsivoi" to; genevsqai Fivlippon ∆Hleivwn kuvrion 112, sembra poter attestare, se ve ne fosse bisogno, la per-manenza di risentimenti, diffidenza e sospetti nei confronti dei macedoni anche fra quanti, come arato, si erano visti costretti ad invocarne l’al-leanza 113. i temi tradizionali dell’opposizione ai macedoni ritornano nel discorso dell’etolo clenea cui replicò poi l’acarnano licisco: clenea non esitò ad equiparare ripetutamente il dominio macedone alla douleia dei Greci 114. ancora una volta, si riprendeva in chiave antimacedone il motivo della contrapposizione fra la libertà dei Greci, e in particolare dell’atene democratica, che tanta parte ebbe nella definizione di questi ideali 115, e la tirannide che avrebbe imposto la vittoria dei barbari 116: centrale, per cle-nea come poi per Flaminino, e per polibio, era la difesa della libertà delle città greche di fronte alle minacce recate da stati monarchici 117.

lwta pavnta cwri;" luvtrwn ajpodwvsei, th/' de; cwvra/ th;n ajsfavleian aujto;" ajpo; pavntwn tw'n ejkto;" paraskeuavsei, pro;" de; touvtoi" aujtou;" ejleuqevrou", ajfrourhvtou", ajforologhvtou", crwmevnou" toi'" ijdivoi" politeuvmasi, diathrhvsei), e la risposta degli elei, con il commento di polibio (oiJ me;n ou\n ∆Hlei'oi diakouvsante" touvtwn oujde;n prosevscon, kaivper ejpispastikw'n kai; megavlwn ei\nai dokouvntwn tw'n proteinomevnwn). Vale forse la pena di rilevare l’analogia con il caso delle proposte di pace di cleomene iii respinte dai megalopoliti a messene; a proposito di questo episodio, polibio aveva rimproverato Filarco di aver rimosso to; th'" iJstoriva" i[dion, vale a dire to;n e[painon kai; th;n ejp∆ ajgaqw/' mnhvmhn tw'n ajxiolovgwn proairevsewn (ii 61, 6), e si era spinto a rimproverargli una sorta di cecità peri; ta; kavllista kai; mavlista suggrafei' kaqhvkonta tw'n e[rgwn (ii 61, 12). la fedeltà degli elei all’alleanza con gli etoli, in ogni caso, non produce lodi analoghe a quelle che polibio esigeva da Filarco per la fedeltà agli achei dei suoi concittadini.

111 polyb. iV 86, 3. 112 polyb. iV 84, 8; cf. iV 85, 1 – 86, 7 per la fiducia prestata all’accusa in origine da Filippo V, e il

modo in cui se ne dimostrò la falsità. cf. anche Golan, the res Graeciae in Polybius, cit., 26-28.113 come ha rilevato Walbank, Polybius and Macedonia, cit., 293, «the relations of achaea and mace-

donia were not wholly free from embarrassment»; cf. 301 per «the ambiguities and inconsistencies which exist in polybius’ attitude and indeed the achaean attitude towards macedonia»; 306-307. più in generale, vd. mari, Al di là dell’olimpo, cit., 340 per «il profondo e secolare rancore covato dal mondo delle povlei" verso lo stato che, storicamente, aveva determinato una tanto drastica evoluzione dei suoi destini».

114 polyb. iX 28, 1; 29, 6. analoghe concezioni ritornano anche nelle parole dell’etolo alessandro a tempe, nella discussione con Flaminino sulle condizioni di pace da imporre ai macedoni: per ales-sandro, l’unica via per assicurare h] ÔRwmaivoi" th;n eijrhvnhn h] toi'" {Ellhsi th;n ejleuqerivan era «allontanare Filippo dal potere» (polyb. XViii 36, 5-9, trad. m. mari). sulla rappresentazione dei macedoni come i perenni nemici di tutti i Greci nel discorso di clenea vd. già Walbank, Polybius and Macedonia, cit., 296; sul discorso di clenea, vd. Wooten, the Speeches in Polybius, cit., 239-240. per parte sua, l’acarnano licisco rilevò invece il «ruolo storico (e geografico) della macedonia come ‘baluar-do’ della grecità di fronte al minaccioso mondo dei ‘barbari’»: vd. polyb. iX 35, 2-4 con deininger, Der politische Widerstand, cit., 30; mari, Al di là dell’olimpo, cit., 12 n. 2.

115 Vd. Hall, Hellenicity, cit., 8; 188-189; 199.116 Hall, inventing the Barbarian, cit., 13-14; 16.117 su questo punto, vd. millar, Polybius between Greece and rome, cit., 16, e quindi, sul tema

della libertà dei Greci al tempo della seconda guerra di macedonia, soprattutto Ferrary, Philhellénisme et impérialisme, cit., 45-132.

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alla frammentazione del motivo polemico della contrapposizione fra Greci e barbari, con il recupero, in funzione ora antietolica, ora antimace-done, di temi che potevano apparire definitivamente superati, sembrereb-be aver contribuito, oltre al fallimento politico del panellenismo antiro-mano, anche una tendenza intellettuale: in un celebre frammento riportato da strabone, eratostene aveva respinto la distinzione del genere umano in Greci e barbari in favore di una divisione in base ai criteri di aretè e kakia: pollou;" ga;r kai; tw'n ÔEllhvnwn ei\nai kakou;" kai; tw'n barbavrwn ajsteivou", kaqavper ∆Indou;" kai; ∆Arianou;", e[ti de; ÔRw maivou" kai; Karchdonivou", ou{tw qaumastw'" politeuomevnou" 118. se da un lato in questa via si poteva trovare una scappatoia per liberare i romani dal

118 strab. i 4, 9, su cui vd. Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 49; schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 5-6, con la tesi che «den einfluß solcher Gedanken, die vor allem der stoischen leh-re entstammen, werden wir auch im Barbarenbegriff des polybios finden» (cf. anche 8; 10); r. müller, Hellenen und Barbaren im Spiegel der hellenistischen Philosophie, «Klio» 60, 1978, 183-189, in parti-colare 186-187; Browning, Greeks and others, cit., 262, e più di recente desideri, L’impero bilingue, cit., 923-924, che rileva come «per eratostene l’ordinamento politico romano era già molto prima di polibio un modello di perfezione, ed era di per sé la prova di quanto fosse angusta la posizione di chi pensava di poter riproporre la contrapposizione Greci/barbari come strumento di classificazione dei po-poli», e richiama l’ammissione dei romani agli agoni istmici (polyb. ii 12, 8, con Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 68-69; e ora champion, Cultural Politics, cit., 48); schepens, Between Utopianism and Hegemony, cit., 128 n. 36, con bibliografia; Gonzaléz rodríguez, el bárbaro y lo bárbaro, cit., 144. la paternità della tesi secondo cui polibio non «sapeva bene in quale categoria mettere i romani, e ne aveva pertanto creato per loro una intermedia tra i Greci e i barbari» (traggo questa formulazione da Gabba, Dionigi e la Storia di roma Arcaica, cit., 171) spetta naturalmente a schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 10: «ethnisch keine Hellenen, kulturell keine Barbaren, gehören sie vielmehr gewissermaßen einer eigenen Zone an»; cf. anche Walbank, Speeches in Greek Historians, cit., 259. sulla possibilità di una divisione dell’umanità «into three classes, Greeks, romans and barbarians», cf. ancora Browning, Greeks and others, cit., 262; cartledge, Greeks and “barbarians”, cit., 311: «polybius implicitly replaced the old Greek vs. Barbarian polarity with a new, tripartite classification of mankind: Greeks, Barbarians – and romans». più di recente, nega che polibio considerasse i romani barbari, aderendo alla tesi di schmitt, anche Wiemer, rhodische traditionen, cit., 53-54. per la dispo-nibilità greca a riconoscere ai romani «uno status etnico particolare, che superava la canonica opposi-zione greci-barbari», vd. anche desideri, roma e la Grecia, cit., 239-242, e già id., L’impero bilingue, cit., 922-926. sul celebre passo del Panegirico di isocrate (iV 50: to; tw'n ÔEllhvnwn o[noma pepoi­vhken mhkevti tou' gevnou", ajlla; th'" dianoiva" dokei'n ei\nai, kai; ma'llon {Ellhna" kalei'sqai tou;" th'" paideuvsew" th'" hJmetevra" h] tou;" th'" koinh'" fuvsew" metevconta"), da cui talora si era creduto di poter concludere che già isocrate «die schranken der abstammung zwischen Hellenen und Barbaren beseitigen und einen Barbaren, der griechische Bildung besaß, als Hellenen gelten lassen wollte», ancora essenziale l’analisi di Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 34-37 (con la bibliografia precedente a p. 132 n. 92), che, pur rilevando che «immerhin wird hier zum ersten male offenkundig der nationale Boden verlassen und das kulturelle moment betont», ha mostrato come isocrate intendesse affermare l’insufficienza della nascita greca «um Hellene zu heißen»; determinanti erano piuttosto «die attische Bildung und Gesittung». più di recente, cf. anche müller, Hellenen und Barbaren, cit., 187; Browning, Greeks and others, cit., 260; cartledge, Greeks and “barbarians”, cit., 308; G. most, Atene come scuola della Grecia, in s. settis (a cura di), i Greci. Storia Cultura Arte Società, 2. Una storia greca, ii. Definizione, torino 1997, 1339-1352, in particolare 1346-1347; 1351-1352; desideri, L’impero bilingue, cit., 922-923 (testo e n. 57); Hall, Hellenicity, cit., 209-210 (con bibliografia in n. 172); desideri, roma e la Grecia, cit., 233; troiani, il modello ellenistico, cit., 221.

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 67

campo della barbarie, in cui etnicamente rientravano 119, dall’altro, stabi-lito che determinanti dovevano ritenersi i comportamenti, indipendente-mente dall’appartenenza etnica, la barbarie poteva imputarsi ormai anche ai Greci 120: gli ambasciatori ateniesi al concilio etolico del 199 rimpro-verarono a Filippo V, che chiamava i romani alienigenas et barbaros, di aver empiamente violato omnia simul diuina humanaque iura, nelle sue invasioni dell’attica. il vero barbaro, dunque, era il re macedone, non i romani 121! per parte sua, l’acarnano licisco, filomacedone, aveva rimproverato agli etoli di aver compiuto, contro santuari greci, Skuqw'n e[rga kai; Galatw'n 122.

con la possibilità di attribuire la barbarie in base ai comportamenti, quest'arma polemica era ormai a disposizione di tutti – e poteva essere rivolta contro chiunque. proprio questa estensione del campo d’impiego del motivo polemico della barbarie, o del comportamento barbaro, rende però difficile accettare la tesi di deininger, secondo cui dopo cinoscefale in Grecia non si sarebbe più sentito parlare della barbarie dei romani, e anche polibio non avrebbe mai definito i romani ‘barbari’ 123. Quest'ul-timo punto, ribadito ancora pochi anni fa dalla Gonzaléz rodríguez 124, è

119 un itinerario questo percorso coerentemente da cicerone: vd. le parole attribuite a lelio in de re publica i 58 in risposta alla domanda se romolo fosse stato re di barbari (si ut Graeci dicunt omnis aut Graios esse aut barbaros, vereor ne barbarorum rex fuerit; sin id nomen moribus dandum est, non linguis, non Graecos minus barbaros quam romanos puto), con Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 67, e più di recente desideri, L’impero bilingue, cit., 926-932, in particolare 930, che vi ha scorto lucida-mente la rivendicazione «ad esclusivo beneficio del popolo romano» dell’opportunità «del superamento di una concezione angustamente etnica di grecità e barbarie». cf. anche champion, Cultural Politics, cit., 237, che riconduce all’influenza di polibio, che aveva rappresentato i romani «alternately as quasi Hellenes and as barbarians», le successive «roman articulations of the romans as a distinctive “third type”, a tertium genus, which appropriates the best of the “old Greeks”», e naturalmente già schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 10, e Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 79.

120 si pensi, oltre alla già menzionata (n. 103) accusa di comportamento oujc ÔEllhnikw'" mossa da Filarco agli achei a proposito della distruzione di mantinea nel 223 (plut. Arat. 45, 6), già ad isocrate ep. 9, 8-9, sul trattamento delle poleis della costa dell’asia minore da parte non solo dei barbari, ajlla; kai; tw'n ÔEllhvnwn toi'" th'" me;n fwnh'" th'" hJmetevra" koinwnou'si, tw/' de; trovpw/ tw/' tw'n barbavrwn crwmevnoi" (su cui vd. Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 131 n. 90).

121 liv. XXXi 30, 4, su cui cf. anche schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 13 n. 22, che rinvia all’analogo comportamento di Filippo V nel 201 a pergamo, condannato in polyb. XVi 1, 1-5 (dove, pur senza esplicito riferimento alla contrapposizione elleni/barbari, si parla di luttw'n qumov" e di ojrghv); pédech, La méthode, cit., 298; desideri, L’impero bilingue, cit., 921. per l’empietà (asebeia) dei barbari imitata da Filippo V, cf. isocrate iV 156.

122 polyb. iX 34, 11.123 deininger, Der politische Widerstand, cit., 37; 265.124 Gonzaléz rodríguez, el bárbaro y lo bárbaro, cit., 146; nello stesso senso, cf. già schmitt,

Hellenen, römer und Barbaren, cit., 8; dubuisson, Le latin de Polybe, cit., 284, secondo cui per polibio «le romain n’est plus étranger, ce qui prouve qu'il se sent lui-même romain ou qu'il réunit Grecs et romains en un seul peuple»; anche erskine, Polybios and Barbarian rome, cit., 171 ritiene che «in polybios’ history the romans are only called barbarians in speeches»; cf. 172.

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stato revocato in dubbio da craige champion 125, in base a Xii 4b, 1 – 4c, 1, un passo di cui il meno che si possa dire è che polibio, nel calore della polemica contro timeo, si spinge, forse inavvertitamente, ad accostare i romani ai barbari 126; più in generale, però, appare legittimo chiedersi se proprio i romani potessero risultare immuni dall’applicazione ostile di un così ricco patrimonio di motivi propagandistici ormai a disposizione di chiunque volesse farne uso 127, e se alla tesi secondo cui «questa teoria della barbarie romana, alla quale si contrapponeva un’ideologia panelle-nica, ebbe un declino piuttosto rapido», per risorgere poi «nel i secolo a.c. nell’età di mitridate» 128, quando «le argomentazioni più viete sulla roma delle origini» sarebbero state «riesumate con intenzioni ostili» 129, non sia preferibile l’idea di una sopravvivenza costante, di cui è possibile recuperare almeno qualche traccia.

6. all’idealizzazione dell’egalitarismo greco rispetto alla natura gerar-chica dell’impero achemenide che si incontra già nei Persiani di eschi-lo 130 sembra potersi riportare una rapida lettura comparata delle strutture istituzionali e sociali di sparta e di roma. in un colloquio con Flamini-no, nel 195, nabide rivendicò con orgoglio l’egalitarismo della sparta licurghea, contrapponendolo alla rigida gerarchia della società romana: Vos a censu equitem, a censu peditem legitis et paucos excellere opibus, plebem subiectam esse illis uultis: noster legum lator non in paucorum manu rem publicam esse uoluit, quem uos senatum appellatis, nec excel-lere unum aut alterum ordinem in ciuitate, sed per aequationem fortunae ac dignitatis fore credidit ut multi essent qui arma pro patria ferrent 131.

È ancora una volta per una scelta politica, non meno significativa di quella di segno opposto che l’aveva portato ad accogliere i discorsi di

125 c. champion, Histories 12.4b.1-c.1: An overlooked Key to Polybios’ Views on rome, «Histos» 2000; id., romans as bavrbaroi, cit., 431-432; id., Cultural Politics, cit., 199; 202; 233; 238.

126 sul brano cf. naturalmente anche Walbank, A Historical Commentary, ii, cit., 328 («not in-cluding the romans, whom polybius never calls barbarians except in reported speeches»); erskine, Polybios and Barbarian rome, cit., 172 n. 26 (con l’ammissione che il passo «could be interpreted as including the romans among the horse-sacrificing barbarians peoples»); 180 n. 60; Gonzaléz rodrí-guez, el bárbaro y lo bárbaro, 150 n. 38, ne fa menzione senza toccare il problema del coinvolgimento o meno dei romani nella categoria dei barbari. anche in V 33, 3-5, già cit. supra, 45 n. 4, distinguendone la storia da quella dell’ellade, polibio mostra di annoverare i romani, con i cartaginesi, fra i barbari; ma in entrambi i brani non si va oltre l’ovvia constatazione della non grecità dei romani, e non vi è alcun uso polemico della categoria di ‘barbaro’.

127 cf. già champion, Cultural Politics, cit., 56-57.128 Gabba, Storiografia greca e imperialismo romano, cit., 636, con rinvio a deininger, Der poli-

tische Widerstand, cit., 34-37.129 Gabba, Storiografia greca e imperialismo romano, cit., 641.130 Hall, inventing the Barbarian, cit., 80; cf. però già Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 18-19.131 liv. XXXiV 31, 17-18. cf. champion, Cultural Politics, cit., 215.

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agelao, licisco e trasicrate rodio, che polibio, dopo la data indicata da deininger, non sembra aver riservato molto spazio all’impiego in senso antiromano della dicotomia Greci/barbari 132. che potesse ignorarne del tutto il ruolo, per gli anni della guerra contro perseo e della rivolta acaica, non è verosimile; ma in questa fase, piuttosto che riecheggiare i motivi della propaganda antiromana, sembra sposare le tesi del senato – certo almeno in parte strumentalmente, per esigenze apologetiche.

così, nel tentativo di mostrare quanto sarebbe stato facile spegnere con argomenti razionali l’entusiasmo divampato fra le masse, nelle città greche, alla notizia della vittoria macedone nella battaglia di callicino, polibio riversò contro perseo un tema classico della contrapposizione fra la libertà dei Greci e il dispotismo barbarico, il carattere irresponsabile (anypeuthynos) del potere monarchico. nei Persiani di eschilo, al verso 213, atossa, la madre di serse, osservava che il re kakw'" de; pravxa" oujc uJpeuvquno" povlei; per conto suo, polibio, per indicare ai suoi connazionali quanto irrazionale e ingiustificato fosse il loro favore per perseo, immaginava che si sarebbe potuto giocare sul sospetto che un potere irresponsabile doveva suscitare nella cultura politica greca, non appena qualcuno l’avesse denunciato; poi, come già l’etolo clenea pri-ma di lui, dava un’interpretazione negativa del ruolo macedone, foriero di douleia per i Greci, in confronto ai benefici arrecati dai romani 133. È evidente che le masse che non avevano saputo trattenere la loro gioia alla notizia della sconfitta romana 134 non potevano condividere l’impiego in senso antimacedone di motivi presi in prestito dall’epopea delle guerre persiane; per loro, e per perseo, che ne ebbe a provare l’hyperephania 135, i barbari dovevano essere i romani 136.

che questo motivo figurasse ancora nell’armamentario ideologico dei leaders della rivolta acaica risulta non solo dalla natura delle cose, ma

132 cf. desideri, L’impero bilingue, cit., 925, che parla di «considerazioni di ordine pratico, che suggerivano l’opportunità di non esasperare sul piano ideologico un contrasto politico fra i due popoli che alla metà del secolo appariva definitivamente risolto a favore di roma».

133 Vd. polyb. XXVii 10, 2-3, e più in generale i capitoli XXVii 9-10, con le osservazioni svolte in J. thornton, Lo storico il grammatico il bandito. Momenti della resistenza greca all’imperium roma-num, catania 2001, 131-148. sul carattere anypeuthynos del potere monarchico nella rappresentazione di polibio, vd. da ultimo anche B. Virgilio, Polibio, il mondo ellenistico e roma, «athenaeum» 95, 2007, 49-73, in particolare 64-65; 76. Qualche ulteriore considerazione anche in J. thornton, Polybius the orator, in Polybius 1957-2007, proceedings of a conference held at the university of liverpool (18-21 July 2007), oxford in corso di stampa.

134 deininger, Der politische Widerstand, cit., 159-160.135 polyb. XXVii 8, 11-15.136 a questo riguardo, appaiono pienamente condivisibili le conclusioni di schmitt, Hellenen, rö-

mer und barbaren, cit., 11: «und alle ehreninschriften für das römische Volk, alle schmeicheleien grie-chischer rhetoren können nicht darüber hinwegtäuschen, daß der römer in den augen des Griechen noch lange ein Barbar geblieben ist».

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anche da alcune indicazioni ricavabili dalle Storie o dalla tradizione che ne dipende. rimproverando a dieo di non aver neppure considerato la possibilità di sacrificarsi nobilmente per la salvezza dei polloì, accettan-do le proposte di pace di cecilio metello, che dovevano prevedere la con-segna a roma dei responsabili della guerra, polibio osservava o{per h\n ajndrw'n filodovxwn kai; prostatei'n faskovntwn th'" ÔEllavdo" 137. l’espressione riecheggia quelle con cui erodoto o isocrate presentavano l’egemonia sulla Grecia di sparta e di atene 138. dieo dunque, e prima di lui critolao, si presentavano come alla guida di una guerra di libera-zione contro i barbari. alcune misure adottate dai leaders della rivolta sembrano poter indicare persino una consapevole, intenzionale ispirazio-ne ai provvedimenti presi ad atene contro i persiani: è quanto afferma pausania, secondo cui dieo avrebbe liberato gli schiavi, to; Miltiavdou kai; ∆Aqhnaivwn bouvleuma pro; tou' e[rgou tou' ejn Maraqw'ni mimouvmeno" 139. in questa indicazione, Ferrary vide un tratto positivo, indizio a suo parere dell’impiego di una fonte diversa da polibio, e non altrettanto ostile alla dirigenza achea 140; nel commento al passo, mau-ro moggi vi ha letto «semplicemente una integrazione alla narrazione erodotea» 141; sembra però lecito individuarvi anche una preziosa traccia dell’ideologia che guidò la rivolta degli achei 142. a proposito del richia-mo dall’esilio di damocrito in occasione della crisi 143, poi, Frank Wal-bank ha ricordato il rientro degli ostracizzati ad atene in vista della mi-naccia persiana 144: anche in questo caso, l’analogia fra i provvedimenti potrebbe non essere casuale 145.

polibio però contestava il richiamo abusivo degli spregevoli leaders della rivolta alla resistenza ai persiani, e ai suoi connazionali ribelli rim-proverò qualità peggio che barbare 146. un accenno, di tono decisamente negativo, alle gloriose tradizioni panelleniche, e in particolare al ruolo storico delle termopile, figura anche nel logos di pausania sulla guer-

137 polyb. XXXViii 17, 8.138 Vd. Hdt. i 69, 2; V 49, 2; isocrate iV 95.139 paus. Vii 15, 7.140 Ferrary, Philhellénisme et impérialisme, cit., 203 n. 274. sul problema della fonte del logos

acheo di pausania, cf. thornton, Pausania e la guerra acaica, cit.141 m. moggi, in pausania, Guida della Grecia. libro Vii. L’Acaia. testo e traduzione a cura di m.

moggi. commento a cura di m. moggi e m. osanna, milano 2000, 270-271.142 in questa direzione, cf. già thornton, Polibio e la guerra acaica, cit., 619-620 n. 157.143 polyb. XXXViii 17, 9, con deininger, Der politische Widerstand, cit., 236 n. 25.144 F.W. Walbank, A Historical Commentary on Polybius, iii. Commentary on Books XiX-XL, ox-

ford 1979, 715.145 thornton, Polibio e la guerra acaica, cit., 622 n. 168.146 polyb. XXXViii 18, 7: toiauvth" de; th'" ajnoiva" kai; th'" ajkrisiva" sumbainouvsh" peri;

pavnta" oi{an oujd∆ a]n ejn barbavroi" eu{roi ti" rJa/divw"… sul brano vd. schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 6; champion, Cultural Politics, cit., 83; 167.

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ra acaica, e apporta un ulteriore elemento a conferma dell’ipotesi che i leaders achei si richiamassero ai nobili precedenti delle guerre persiane e della vittoria sui celti nel 279 147, e che ai loro avversari premesse di rile-vare quanto indegni se ne erano dimostrati. che le tradizioni relative alla resistenza ai persiani e ai celti potessero contribuire pro;" tou;" uJpe;r th'" koinh'" tw'n ÔEllhvnwn ejleuqeriva" ajgw'na", d’altra parte, l’aveva rilevato già proprio polibio; il quale però, per parte sua, era ben lontano dall’annoverare la guerra acaica fra le «lotte per la comune libertà dei Greci». in ogni caso, il rovesciamento polemico del motivo nelle fonti ostili suggerisce la sua assunzione da parte dei leaders achei.

la disperata adesione alla guerra acaica 148 indica che il tema della contrapposizione fra Greci e barbari, in funzione antiromana, non aveva esaurito la sua forza d’attrazione; d’altra parte, come è ben noto, ancora in età imperiale plutarco considerava pericolosa la memoria di marato-na, dell’eurimedonte e di platea 149.

7. dunque, concludendo, potremmo dire di aver trovato conferma del carattere polemico del tema ideologico dell’eterna contrapposizione fra Greci e barbari, e della sua intima connessione con i motivi panellenici; e di aver almeno indicato, se non indagato, la conseguente, sconcertante varietà degli usi, talora contrapposti, cui furono piegati gli elementi di un sistema ideologico nato nel V secolo e incessantemente rielaborato a partire da allora in un’epoca la cui vita politica era ancora condizionata dall’eredità del iV secolo.

per quanto riguarda polibio, potremmo accontentarci di aver rilevato la strumentalità delle posizioni assunte nelle Storie intorno al proble-

147 paus. Vii 15, 3, a proposito di critolao: … ajlla; ej" tosou'to ajfivketo deivmato" wJ" mhde; aujto; poihvsasqai to; cwrivon pro;" ajmeivnono" ejlpivdo", e[nqa h\n me;n Lakedaimonivoi" uJpe;r tw'n ÔEllhvnwn ta; ej" Mhvdou", h\n de; kai; ∆Aqhnaivoi" ta; ej" Galavta" oujde;n ajfanevstera ejkeivnwn tolmhvmata. nell’epitafio per i caduti del primo anno della guerra lamiaca, a proposito della vittoria di leostene su antipatro, iperide non si era lasciato sfuggire l’occasione di un cenno alle guerre persiane: ejlqw;n eij" Puvla", kai; katalabw;n ta;" parovdou" di∆ w|n kai; provteron ejpi; tou;" {Ellhna" oiJ bavrbaroi ejporeuvqhsan, th'" me;n ejpi; th;n ÔEllavda poreiva" ∆Antivpatron ejkwvlusen, aujto;n de; katalabw;n ejn toi'" tovpoi" touvtoi" kai; mavch/ nikhvsa", ejpoliovrkei katakleivsa" eij" Lamivan (Hyper. Vi, col. V, 12, su cui cf. mari, Al di là dell’olimpo, cit., 274 n. 1). pausania riprende il motivo tradizionale del ruolo delle termopile nella resistenza contro i barbari a tutto svantaggio di critolao, che non poteva però non essersi richiamato a questi temi.

148 per l’adesione alla guerra nelle città della lega achea vd. a. Fuks, the Bellum Achaicum and its Social Aspect, JHs 90, 1970, 78-89; per l’adesione nella Grecia centrale, cf. almeno deininger, Der politische Widerstand, cit., 233-234, e più di recente la messa a punto di d. Knoepfler, L. Mummius Achaicus et les cités du golfe euboïque: à propos d’une nouvelle inscription d’erétrie, mH 48, 1991, 252-280.

149 plut. Mor. 814 a-c, su cui vd. almeno p. desideri, La vita politica cittadina nell’impero: lettura dei praecepta gerendae rei publicae e dell’an seni res publica gerenda sit, «athenaeum» 74, 1986, 371-381, in particolare 373; 379.

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ma della posizione dei romani sullo spettro fra grecità e barbarie. per l’epoca lontana della prima guerra di macedonia, polibio non fa miste-ro del suo rimpianto per il fallimento del progetto panellenico di age-lao di naupatto, imputandone la responsabilità a Filippo e agli etoli 150; di conseguenza, almeno attraverso i discorsi, che gli offrivano forse la possibilità di esprimersi con maggior libertà 151, fa spazio alla rappre-sentazione dei romani come barbari minacciosi. Quindi, per la seconda guerra di macedonia, sembra aver lamentato che l’inerzia di attalo e dei rodii avesse costretto a ricorrere all’aiuto di roma, in uno sforzo bellico in direzione antimacedone che sarebbe stato meglio mantenere a livello panellenico, escludendone pericolosi apporti esterni 152. a partire da un certo punto però, e in particolare in corrispondenza della sua attiva partecipazione alla vita politica, non è più disposto a fare da megafono ai motivi dell’appello panellenico in funzione antiromana, e condanna fermamente le politiche pericolose che nel panellenismo cercavano la giustificazione della resistenza armata a roma.

non direi però che il polibio maturo consideri il patrimonio dei motivi panellenici inapplicabile al problema dei rapporti con roma. una trac-cia lasciata forse inconsapevolmente, indizio di una dissonanza, ci mette sulla strada di un sentire più profondo: commentando il discorso in dife-sa della propria patria tenuto in senato dal rodio astimede nell’inverno 168/7, e poi pubblicato dall’autore 153, polibio si lascia andare a una se-vera critica, che rifletterebbe il giudizio di tutti i Greci che poterono leg-gerlo. ad astimede, lo storico rimprovera di aver costruito la difesa ouj movnon ejk tw'n th'" patrivdo" dikaivwn, e[ti de; ma'llon ejk th'" tw'n a[llwn kathgoriva" («non solo sui diritti della patria, ma anche e piut-tosto sulle accuse contro gli altri»). ripercorrendo la storia dei rapporti fra roma e il mondo greco nei decenni precedenti, l’ambasciatore rodio non si era limitato ad esaltare il ruolo della sua patria nelle guerre contro

150 per la condivisione da parte di polibio del giudizio sugli etoli attribuito all’acarnano licisco in iX 37, 9-10 vd. d. musti, Polibio e l’imperialismo romano, napoli 1978, 72-74, che ne ha acutamente rilevato le «significative e letterali coincidenze» con XViii 13-15, il passo sui traditori: «un filo segreto e pur consistente, …, collega il giudizio di licisco sugli etoli a quello di polibio sui prodotai, e perciò rivela la genesi, l’allusività, in definitiva il senso profondo di quest'ultimo brano» (73).

151 Vd., oltre alla bibliografia cit. supra, in n. 70, champion, Cultural Politics, cit., 238.152 Vd. thornton, Pausania e la guerra acaica, cit., 215, testo e n. 101, con riferimento alla critica

della oligoponia di attalo e dei rodii in XVi 28, 3 e al rimprovero di aver lasciato ai romani la gloria di aver condotto a termine la guerra contro il re mosso loro in liv. XXXi 15, 10-11. cf. anche Wiemer, rhodische traditionen, cit., 257, che rileva la necessità per la storiografia rodia di scansare dalla repub-blica la responsabilità di aver contribuito ad aprire ai romani la via del dominio sul mondo greco.

153 su questo primo discorso di astimede, di cui si può confrontare la versione data da liv. XlV 20, 4 – 24, 14, vd. già thornton, Lo storico il grammatico il bandito, cit., 127-130, e Wiemer, rhodische traditionen, cit., 179; 260.

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 73

Filippo V e antioco iii, ma aveva passato in rassegna anche le colpe nei confronti di roma, esagerando e presentando come inespiabili quelle degli altri stati greci, che tutti erano stati perdonati, per far apparire al confronto piccole e degne di indulgenza quelle che ora venivano rimpro-verate alla sua città 154. contro questo genere di difesa polibio protesta scandalizzato: ejpeivtoi kai; tw'n koinopraghsavntwn periv tinwn ajporrhvtwn ouj tou;" dia; fovbon h] povron mhnuta;" genomevnou" tw'n suneidovtwn ejpainou'men, ajlla; tou;" pa'san ejpidexamevnou" bavsanon kai; timwrivan kai; mhdeni; tw'n suneidovtwn paraitivou" genomevnou" th'" aujth'" sumfora'", touvtou" ajpodecovmeqa kai; touvtou" a[ndra" ajgaqou;" nomivzomen. oJ de; dia; to;n a[dhlon fovbon pavnta ta; tw'n a[llwn aJmarthvmata tiqei;" uJpo; th;n o[yin toi'" kratou'sin kai; kainopoihvsa", uJpe;r w|n oJ crovno" eij" lhvqhn aj­ghovcei tou;" uJperevconta", pw'" oujk e[melle dusaresthvsein toi'" iJstorhvsasin; («poiché, certo, anche nel caso di coloro che collaborano a certe operazioni segrete non lodiamo chi per paura o guadagno rivela i nomi dei complici, ma apprezziamo e giudichiamo uomini di valore quelli che sopportano ogni tortura e punizione e non causano a nessuno dei complici la stessa sventura. ma colui che, per un’oscura minaccia, pone sotto lo sguardo dei potenti e rinnova tutte le colpe degli altri, che il tempo aveva fatto dimenticare a chi sta in alto, come potrà non dispiacere a coloro che ne sono venuti a conoscenza?») 155.

polibio ormai appare certamente rassegnato all’inevitabilità del do-minio romano 156: il brano sulla superiorità delle legioni rispetto alla fa-lange macedone 157 può essere letto forse in rapporto alle considerazioni di segno opposto sull’impeto delle orde dei celti; contro gli uni, inten-deva animare la resistenza armata, contro gli altri, voleva scoraggiarla. di fronte ai kratountes, all’imperium romanum, polibio afferma però

154 Wiemer, rhodische traditionen, cit., 255; 257 rileva questa stessa spiccata tendenza apologetica anche nelle tradizioni storiografiche di origine rodia accolte da polibio.

155 polyb. XXX 4, 10-17 (la lunga citazione corrisponde ai §§ 16-17; trad. m. mari). sul brano come testimonianza del «superamento del localismo in direzione di un più maturo panellenismo» vd. già thornton, Lo storico il grammatico il bandito, cit., 129-130, con riferimento anche alle critiche mosse agli ateniesi in XXX 20. Walbank, A Historical Commentary, iii, cit., 421 non mostrava alcuna com-prensione per le critiche di polibio («nor is p.’s criticism in fact very apposite, for there is no real parallel between astymedes’ tactics in comparing the services and errors of rhodes with those of other states and the action of a detected conspirator who reveals the names of his accomplices through fear or under stress of torture»); non aveva inteso il senso del rimprovero mosso ad astimede da polibio neppure pédech, La méthode, cit., 269; 295 (ma vd. n. 198). più di recente, sul brano cf. anche a.m. eckstein, Moral Vision in the Histories of Polybius, Berkeley-los angeles-london 1995, 96-98; 223, che ne analizza il contenuto etico anziché il significato politico, e lo impiega a riprova della sincerità dell’apprezzamento di polibio per «the important general principle of good faith toward others».

156 cf. deininger, Der politische Widerstand, cit., 272.157 polyb. XViii 28-32.

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l’esigenza di un nuovo panellenismo: i Greci devono unirsi in una difesa che non potrà essere più militare, ma diplomatica; il panellenismo nei confronti di roma passa, potremmo dire si ritira, dal campo di battaglia al luogo dell’agone oratorio, del confronto politico e diplomatico che presuppone l’accettazione dell’egemonia. nel 174 a.c., protestando con-tro callicrate che voleva impedire la normalizzazione dei rapporti con la macedonia proposta dal re perseo, arcone aveva invocato l’adozione da parte degli achei dell’atteggiamento comune a tutti i Greci (quod Aeto-lis, quod thessalis, quod epirotis, omni denique Graeciae cum Macedo-nibus iuris est, idem et nobis sit 158); e aveva rimproverato callicrate con toni che richiamano quelli impiegati da polibio contro il rodio astimede (quid, ut ipsi locum adsentandi romanis habeamus, suspectos alios ⟨et⟩ inuisos efficimus? 159). in questa sorta di anticipazione del panellenismo diplomatico sviluppato in seguito da polibio nella critica ad astimede, figura già l’assimilazione delle autorità romane ad un giudice severo, e la denuncia dell’atteggiamento di quanti non esitavano a mettere in cattiva luce i connazionali. pochi anni più tardi, nel 170 a.c., convocati tou;" kata; th;n a[llhn politeivan oJmognwmonou'nta" 160 dopo la legazione di Gaio popilio lenate e Gneo ottavio, licorta avrebbe aperto la discus-sione analizzando la situazione alla luce degli interessi non degli achei, ma di tutti i Greci 161. il panellenismo di arcone, licorta e polibio è in fondo lo stesso che, a distanza di pochi decenni, porterà le città legate a colofone da rapporti di syngeneia e philia ad inviarvi ambasciatori kata; lovgon sunhdovmenoi tw'i dhvmwi kai; sunquvonte", in occasione di un responso del senato favorevole, a quanto sembra, all’autonomia giudizia-ria della città libera, anche nei casi più delicati 162. per gli strati più pro-fondi del giudizio di polibio sull’imperium romanum, in ogni caso, non è privo di significato che egli accostasse i rapporti fra roma e i Greci a quelli fra i membri di una congiura e l’autorità che li scopre, ed esaltasse il valore della solidarietà fra i congiurati.

ma c'è di più. approdato infine a questo nuovo panellenismo diploma-tico – di cui in realtà, tipicamente, non sarebbe forse impossibile indicare qualche precedente nella storia dei rapporti fra la lega achea di arato

158 liv. Xli 24, 10.159 liv. Xli 24, 18.160 polyb. XXViii 6, 2.161 polyb. XXViii 6, 3-4 (… to; me;n ga;r sunergei'n ajlusitele;" ejnovmize pa'sin ei\nai

toi'" {Ellhsin …). cf. anche liv. Xlii 30, 5-6, con l’attribuzione alla tertia pars fra i principes greci alla vigilia della terza guerra di macedonia di un interesse per la condizione delle civitates in generale.

162 Vd. le ll. 48-50 della col. i del decreto per menippo: l. et J. robert, Claros i. Décrets helléni-stiques, paris 1989, 64.

barbari, romani e greci. un motivo polemico nelle storie di polibio 75

e la macedonia –, polibio si spinge quasi a superarne i confini, affian-cando, se non sostituendo, al pesante retaggio della polarità fra Greci e barbari una più attuale contrapposizione fra i romani e tutti i popoli sog-getti al loro dominio. in un recente, breve ma acuto intervento sul tema del barbaro nelle Storie, Jean-louis Ferrary ha rilevato con forza come in polibio non si possa trovare nulla che vada nel senso del consiglio di aristotele ad alessandro 163, o della vecchia teoria d’isocrate 164, raccolta ed elaborata poi da cicerone 165, secondo cui altro sarebbe il modo di governare i Greci, altro quello di regnare sui barbari 166. Fin dal primo libro delle Storie, a proposito dello sfruttamento delle popolazioni libi-che da parte dei cartaginesi all’epoca della prima guerra punica 167, e poi ancora, in modo quasi ossessivo, ogni qual volta gli capiti l’occasione di analizzare i rapporti fra una potenza egemone e i popoli soggetti – tutti i popoli soggetti, senza distinzione alcuna, poniamo, fra Greci ed iberi –, polibio ribadisce l’universale utilità di certe regole di comportamento, improntate all’epieikeia, alla praotes e alla philanthropia, le sole virtù capaci di garantire l’eunoia sincera dei sudditi e, con essa, la stabilità del dominio. in questo atteggiamento, Ferrary individuava un aspetto della complessità del problema dei barbari in polibio.

parlare di superamento dell’antitesi fra Greci e barbari, dopo quanto abbiamo detto dell’immagine dei celti nelle Storie, sarebbe senza dubbio esagerato 168. c'è però in polibio la consapevolezza della comune sogge-zione all’imperium romanum; in questo quadro, raccomandare l’epiei-keia nell’esercizio del dominio, anche nei confronti delle popolazioni libiche o iberiche, significava farsi carico, attraverso l’opera storiogra-fica, di un compito diplomatico: indurre la potenza egemone a praticare le scelte politiche più favorevoli ai popoli soggetti. Fra questi, di fatto,

163 arist. fr. 658 rose, da plut. Mor. 329 b (toi'" me;n {Ellhsin hJgemonikw'" toi'" de; barbavroi" despotikw'" crwvmeno", kai; tw'n me;n wJ" fivlwn kai; oijkeivwn ejpimelouvmeno" toi'" d∆ wJ" zw/voi" h] futoi'" prosferovmeno"), con Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 33, e ora erskine, Polybios and barbarian rome, cit., 165; 167; desideri, L’impero bilingue, cit., 923.

164 isocr. V 16: e[sti de; to; me;n peivqein pro;" tou;" {Ellhna" sumfevron, to; de; biavzesqai pro;" tou;" barbavrou" crhvsimon. sul brano cf. Jüthner, Hellenen und Barbaren, cit., 32-33, che rileva tuttavia, con rinvio al § 154 (dove si prefigura la riconoscenza per Filippo non solo di Greci e macedoni, ma anche di to; de; tw'n a[llwn gevno", h]n dia; se; barbarikh'" despoteiva" ajpalla­gevnte" ÔEllhnikh'" ejpimeleiva" tuvcwsin), come isocrate finisse per proporre «eine politik im sinne des neuen Humanitätsgedankens».

165 cic. ad Quintum fratrem i 1, 27-28, con desideri, L’impero bilingue, cit., 927-928; id., roma e la Grecia, cit., 232-233.

166 J.-l. Ferrary, intervento in santos Yanguas - torregaray pagola (eds.), Polibio y la penín-sula ibérica, cit., 181.

167 polyb. i 71, 8 – 72, 7.168 come riconobbe già schmitt, Hellenen, römer und Barbaren, cit., 6: «an einigen stellen zeigt

es sich jedoch, daß auch bei polybios mit dem ethnischen Barbarenbegriff noch Kulturell-moralisches verknüpft ist».

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si veniva a realizzare una comunanza d’interessi che andava oltre i limiti del panellenismo.

in conclusione, si può ritenere che ci sia una scrittura nascosta, che emerge talora quasi involontariamente, in polibio, sul tema non solo in generale dei rapporti fra il mondo greco e l’egemonia romana, ma anche più in particolare sul problema della classificazione dei romani all’in-terno della dicotomia Greci/barbari 169. Questa scrittura nascosta indica la permanenza della percezione dei romani come radicalmente altri rispet-to ai Greci 170; diversi dal punto di vista etnico, cosicché nei loro confronti si possono invocare i valori del panellenismo, e al polo opposto sul piano del dominio, fino al punto che nella contrapposizione all’egemonia ro-mana si possono affiancare i Greci e le popolazioni barbariche.

John thornton Università degli Studi di roma “La Sapienza” Dipartimento di Scienze storiche archeologiche e antropologiche dell’antichità Facoltà di Lettere e Filosofia

169 cf. già champion, Cultural Politics, cit., 7: «Yet there are also subtexts in the Histories in which polybius in subtle fashion suggests that the romans are barbarians after all…».

170 così, della tesi di dubuisson, Le latin de Polybe, cit., 282, secondo cui «il est claire que polybe a embrassé la cause du vainqueur et qu'il défend une politique de collaboration avec le pouvoir romain», sembra accettabile solo il secondo termine, insostenibile il primo; non sembra potersi affermare che «polybe, dans certaines occasions, réagit donc comme s’il avait perdu tout lien avec sa patrie et comme s’il était devenu entièrement romain» (dubuisson, Le latin de Polybe, cit., 283). tutte le considerazioni svolte nell’ultimo paragrafo sembrano andare decisamente contro le conclusioni di dubuisson, Le latin de Polybe, cit., 288, secondo cui a polibio non sarebbe riuscito possibile «se placer au point de vue des peuples soumis (…) il ne parvient plus à se détacher du point de vue romain, ni à adopter une autre per-spective que celle des intérêts de rome». cf. piuttosto erskine, Polybios and Barbarian rome, cit., 175.