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Acustica chimica/acustica trascendentale. Novalis e la filosofia romantica del suono
di Riccardo Martinelli
1. Lastre di pece e vetro
Molteplici vie percorrono gli uomini. Chi le segue e confronta vede formarsi bizzarre figure; figure che sembra appartengano a quella grande scrittura cifrata che si vede dappertutto, su ali, gusci d’uovo, nubi, neve, in cristalli e forme di roccia, su acque che si stanno congelando, all’interno e all’esterno delle montagne, delle piante, degli animali, degli uomini, nelle luci del cielo, nelle lastre di pece e vetro toccate e strofinate, nelle limature intorno alla calamita e nelle strane combinazioni del caso1.
L’incompiuto romanzo poetico-filosofico I discepoli di Sais di Novalis si apre con
questa celebrazione della grande «scrittura cifrata» (Chiffrenschrift) della natura. Le
molteplici «figure» elencate rimandano tutte a una matrice profondamente unitaria, che
gli uomini comprendono però solo a tratti: ben presto la grammatica della «meravigliosa
scrittura» sfugge loro nuovamente. Lasciando per il momento da parte cause e
implicazioni di questa incomprensione umana, soffermiamoci sulla casistica introdotta
da Novalis nella citazione. Ben si comprende in che senso ali d’uccello, nubi, cristalli o
costellazioni celesti esemplifichino una sorta di linguaggio cifrato della natura; verso la
fine del passaggio compaiono tuttavia casi assai meno intuitivi. Abbastanza note sono le
figure generate dalla limatura di ferro che, alle opportune condizioni, si dispone
(diremmo oggi) lungo le linee di forza di un campo magnetico: fenomeno scoperto da
Georg Christoph Lichtenberg nel 1777 e oggetto, come l’intero insieme dei fenomeni
magnetici, di grande attenzione all’epoca2. Ma a cosa allude Novalis quando parla di
«lastre di pece e vetro toccate e strofinate»?
L’espressione è riferita ai dispositivi adoperati dal fisico Ernst Florens Friedrich
Chladni nelle sue celebri esperienze sul suono, oggi per lo più dimenticate, ma che
influenzarono in modo determinante la riflessione dell’epoca. Siamo così rimandati ad
alcuni significativi progressi allora compiuti dalla scienza acustica e, per questa via, al
più ampio problema del significato del suono per la riflessione filosofica ed estetica
1 Novalis (Friedrich von Hardenberg), I discepoli di Sais, trad. it. in Opere, Milano, Guanda, p. 99. 2 Quanto alle «strane combinazioni del caso», Novalis parla talora di un «senso per il caso» che rivela il
destino nelle combinazioni astrali, in quelle divinatorie e nelle «figure» in generale. Cfr. Novalis, Opera filosofica, trad. it. a cura di G. Moretti e F. Desideri, 2 voll., Torino, Einaudi, 1993, vol. II, p. 775.
1
dell’età romantica. In analogia col procedimento adoperato da Lichtenberg con la
limatura di ferro e i magneti, Chladni aveva cosparso di sabbia fine delle lastre di varia
forma geometrica, che poneva in vibrazione utilizzando un comune archetto da violino.
Variando il punto d’attacco e toccando con le dita le piastre in alcuni punti notevoli –
procedimento analogo a quello usato per evincere i sons harmoniques da una corda tesa
– Chladni aveva ottenuto specifiche serie di suoni (per lo più in progressione non
armonica) accompagnati dalle celebri e singolari «figure» generate per effetto del
disporsi della sabbia lungo le «linee nodali», luoghi geometrici dei punti che rimangono
in quiete durante l’oscillazione complessiva della superficie.
Tav. I Tav. VIII
Le tavole riprodotte, tratte dall’opera di Chladni Entdeckungen über die Theorie
des Klanges (1787), mostrano alcune delle figure ottenute su piastre di forma circolare e
quadrata3. Altrettanto varie quanto regolari – invariabilmente simmetriche – le figure
corrispondono rigorosamente alla frequenza del suono ottenuto. Si manifestava così,
nell’opera di Chladni, un’inattesa e spettacolare corrispondenza tra suoni e figure,
capace di rimandare a un modello di acustica e di filosofia del suono ormai del tutto
inconciliabile con le ipotesi razionalistiche (fisiche, matematiche e teorico-musicali),
3 E.F.F. Chladni, Entdeckungen über die Theorie des Klanges, Leipzig, Weidmanns Erben und Reich, 1787, Tavv. I e VIII. Dopo questo esordio Chladni pubblicherà un’opera più sistematica: E.F.F. Chladni, Die Akustik, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1802 (18302), rist. anast. Hildesheim, Olms, 2004 (include altri testi dalla Allgemeine musikalische Zeitung, 1809-10); in versione francese Traité d’acoustique, Paris, Courcier, 1809. Si tratta del primo manuale interamente ed espressamente dedicato all’acustica.
2
che avevano dominato la scena dell’età illuminista e che sembravano ora dover recedere
a fronte della scoperta di una più profonda, enigmatica radice della sonorità.
Era dunque del tutto naturale che Novalis, il quale possedeva le Entdeckungen di
Chladni4, includesse le lastre – «strofinate» con l’archetto e «toccate» nei punti notevoli
– tra le mirabili «cifre» della natura. Tutto ciò è da tempo noto alla critica, e non v’è
commento attendibile all’opera hardenbergiana che non citi almeno fuggevolmente lo
studioso di acustica e le sue stupefacenti «Klangfiguren». Ma occorre fare un passo
avanti5. La mancanza di un’adeguata contestualizzazione delle tesi di Chladni, capace di
sottrarne gli studi al catalogo delle curiosità o delle «romanticherie» per reintegrarli a
pieno diritto in quello della storia dell’acustica, ha infatti a lungo impedito di
apprezzarne il valore effettivo6. Non è questa la sede per un esame complessivo del
ruolo di Chladni nella storia delle idee, né del notevolissimo impatto delle sue ricerche
sulla cultura filosofica, letteraria, scientifica e musicale dalla Frühromantik
all’Enciclopedia di Hegel inclusa7. E’ però necessario segnalare almeno alcune delle
principali conseguenze che parvero delinearsi a partire dalle scoperte del fisico di
Wittenberg, in modo da poter apprezzare appieno la peculiare e innovativa lettura che
contraddistingue l’opera di Novalis.
Come lo stesso Chladni insisteva nel rilevare, i fondamenti lessicali e concettuali
della teoria musicale fondata sulla fisica delle corde vibranti appaiono inadatti a cogliere
il fenomeno del suono nel suo autentico significato8. Grazie agli studi condotti da
Chladni sulla sonorità delle piastre, ma anche di aste, verghe, anelli, campane, cilindri,
forchette (diapason) e via discorrendo, il suono ritorna a inerire ai corpi abbandonando
la dimensione scarnificata del punto materiale, caro all’acustica razionalista. Con la
experimentelle Akustik di Chladni gli oggetti della forma più varia rientrano
nell’acustica non da semplici comprimari, bensì da protagonisti. Ma al tempo stesso essi
4 Cfr. Novalis, Schriften. Die Werke Friedrich von Hardenbergs, Stuttgart, Kohlhammer, 1960 ss., vol. III, p. 232; IV, p. 697, 1067.
5 Nell’introduzione all’edizione critica dell’Allgemeines Brouillon il curatore H.-J. Mähl suggerisce l’opportunità di un approfondimento del rapporto di Novalis con Chladni. Cfr. Novalis, Schriften, cit., vol. III, p. 236.
6 Cfr. D. Ullmann, Chladni und die Entwicklung der Akustik von 1750-1860, Basel, Birkhäuser, 1996. 7 Sul tema sia lecito rimandare a R. Martinelli, Musica e natura. Filosofie del suono 1790-1930, Milano,
Unicopli, 1999; «Il canto della natura. Herder, Goethe, Chladni e la “monadologia musicale” nel primo Romanticismo», in Intersezioni, 18 (1), 1998, pp. 85-102; «Osservando i suoni. Chladni e la storia dell’acustica tra Settecento e Ottocento», in Annali del Dipartimento di filosofia dell’Università di Firenze, n.s., 3, 1998-99, pp. 55-87.
8 E.F.F. Chladni, Entdeckungen über die Theorie des Klanges, cit., p. 70 s. Chladni critica J.G. Sulzer e Ch.P. Erxleben, ma soprattutto Jean-Philippe Rameau.
3
non sono portatori di disordine acustico, di caotico e irrazionale rumore. Viceversa,
Chladni dimostra che la progressione lineare della serie armonica di sovratoni emessa
dalle corde vibranti non è che un caso particolare di una razionalità più complessa,
meno facile da afferrare ma tuttavia individuabile, soggetta a leggi ben precise ed anzi
addirittura visibile, una volta adottati gli opportuni accorgimenti.
Lungi dall’introdurre componenti «irrazionalistiche» tramite la teoria del suono,
Chladni mostra la parzialità della tradizionale dottrina acustica e musicale, prospettando
una teoria più comprensiva. Il suono riprende ad essere suono delle cose: è la natura a
far sentire la propria voce, non irregimentata in una formula universale ma diversa e
irripetibile per ciascun individuo. Le innovazioni scientifiche di Chladni rispondono
così a diversi requisiti cui l’età romantica, con la sua viva attenzione per la dimensione
della sonorità, fu particolarmente sensibile. Ma sarebbe completamente fuorviante
ricondurre tale attenzione – a livello filosofico, scientifico, estetico – a una sorta di
irrefrenabile compulsione o Sehnsucht irrazionalistica e sentimentaleggiante, della quale
l’aura ineffabile del suono e della musica si farebbero veicolo preferenziale. Si tratta
invece, nelle voci più significative ed attente, della feconda scoperta (magari solo
dell’ostinata ricerca) di un più vasto e più profondo senso nella natura e nell’esperienza
artistica umana, un senso dal quale la dimensione che potremmo dire acustica, in senso
lato, non può più essere espunta senza danno.
Sul carattere e i principi della filosofia del suono, ad ogni modo, le strade dei
protagonisti del tempo si divisero anche considerevolmente. Dell’opera di Chladni,
Goethe fu colpito soprattutto dalla possibilità di considerare pienamente naturale il
modo minore – poiché vi sono vari corpi, a partire dalle campane, la cui serie di
sovratoni genera una terza minore – istituendo così una «polarità» nel musicale; il tardo
Herder, quello della Kalligone del 1800 (ben diverse le tesi del Viertes Wäldchen del
1769), ritiene che l’intera musica si fondi sul «cerchio tonale» (Tonkreis): in una sorta
di «monadologia musicale», modellata sulla metafisica leibniziana, ogni tono rinvia a
tutti gli altri dal proprio specifico angolo prospettico, cosa che gli esperimenti di
Chladni hanno reso «addirittura visibile».
Anche Novalis comprese bene la portata scientifica ed estetica delle innovazioni
di Chladni. Ma il suo caso presenta delle specificità che lo rendono unico: nel portare
alle estreme conseguenze la filosofia romantica del suono, Novalis la trascende già per 4
più di un aspetto. Per chiarire il ruolo del suono nel quadro dell’«enciclopedistica»
sviluppata negli scritti filosofici hardenbergiani ci sembra opportuno approfondire il
senso di due espressioni occasionali, a tutta prima alquanto enigmatiche, dello stesso
Novalis: «acustica chimica» e «acustica trascendentale»9. In prima approssimazione, si
tratta dello studio del fenomeno del suono definito rispettivamente nel mondo naturale,
dove si manifestano gli effetti esemplificati dalle figure di Chladni, e nella sfera dell’io,
dove la sonorità svolge una funzione estetica e semantica di rilevanza primaria. Ma non
si tratta di una dicotomia: al contrario, l’«acustica» in questa duplice accezione mostra
in maniera esemplare il ricongiungersi di questi due momenti apparentemente
contrapposti, la «deduzione poetica» della loro unità. E’ questo il significato
dell’elevazione cui mirano i discepoli di Sais, della scoperta di sé dietro il velo di Iside10.
Alla fine della ricognizione, quasi che la dea concedesse di sollevare il «velo sonoro»
che impedisce di coglierne l’autentica voce, si potrà constatare che entrambe le strade
rimandano a una concezione unitaria e originale del suono.
2. Figure, cristalli, «caratteri»: acustica chimica
Il suono, leggiamo in uno dei Frammenti e studi risalente al 1799, «sembra non
essere altro che un movimento rifratto [gebrochne Bewegung], nel senso in cui il colore
è una luce rifratta»11. Alle condizioni sperimentali messe a punto da Chladni, in certo
modo analoghe a quelle del prisma newtoniano, il movimento subisce un processo di
rifrazione dal quale fuoriesce mirabilmente trasfigurato in sonorità, non senza lasciare
una «figura» a suggello della propria metabasi. Non solo il suono, peraltro, ma ogni
«qualità», ipotizza Novalis, potrebbe forse essere uno stato rifratto, e aggiunge: «Le
forme di cristallizzazione non sono forse – una forza di gravità rifratta?»12. Non si tratta
di spunti isolati. Si resta colpiti dalla frequenza delle occasioni in cui Novalis sottolinea
lo stretto legame tra il fenomeno della cristallizzazione (tema di indiscussa importanza
nella sua riflessione) e il meccanismo di produzione delle figure acustiche, poiché «le
9 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 336 e 464.10 «A uno riuscì – egli sollevò il velo della dea di Sais – Ma cosa vide? vide – miracolo dei miracoli –
Se Stesso»: ibidem, p. 525. Sui molteplici significati del riferimento a Iside cfr. F. Desideri, «La Dea velata: coscienza e natura in Kant, Schiller e Novalis», in Pensare la natura dal Romanticismo all’ecologia, a cura di P. Giacomoni, W. Müller-Funk e G.F. Frigo, Milano, Guerini, 1998, pp. 91-102.
11 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 644. Il suono si collega «quasi da se stesso con il movimento», cosa che spiega lo stretto legame tra musica e danza.
12 Ibidem, vol. II, p. 645. 5
cristallizzazioni in generale hanno certamente un’origine acustica»13. Come vi è un
ordine nella sequenza dei cristalli, così la serie delle Klangfiguren di Chladni è
determinata in modo rigoroso dalla successione dei suoni emessi dal corpo solido: «Sui
passaggi tra i cristalli. Applicazione di questa teoria alle trasformazioni delle figure in
generale. Non potrebbe influirvi l’acustica (?)»14.
Sono qui le matrici più profonde dell’idea di un’acustica chimica nel suo rapporto
con la «teoria delle figure» (Figuristik). Se il «principio chimico», infatti, è in generale
opposto a quello figurativo15, il paradigma acustico che attraversa l’opera filosofica di
Novalis riesce proprio a riconnettere i due ambiti. Si pensi al fatto elementare che «i
movimenti fissati sono linee», mentre il cerchio «nasce dalla vibrazione centrale di una
superficie»16. In altri termini, l’origine del cerchio è nel tipo di oscillazione che
caratterizza alcune delle più semplici figure di Chladni: si veda la fig. 89 nella tavola
VIII delle Entdeckungen, sopra riportata. Più in generale, se la geometria ha il suo
complemento nella plastica, la meccanica lo ha appunto nell’acustica17. L’acustica si
colloca in un certo senso tra la chimica e la teoria delle figure e riveste come tale un
ruolo strategico di mediazione.
Per questo motivo i lavori di Chladni meritano per Novalis la massima attenzione,
ma richiedono altresì un intenso lavoro di approfondimento e ampliamento. Sappiamo
che Novalis progettava di ripetere in concreto esperimenti di acustica18; di certo il suo
visionario e radicale sperimentalismo dà origine a diverse idee e progetti legati a una
chimica delle figure acustiche19. Talora egli immagina esperimenti chladniani con la luce
e il calore:
13 Ibidem, vol. II, p. 29. 14 Ibidem, vol. II, p. 496. Cfr. anche p. 418, dove Novalis affronta più ampiamente il problema delle
«sequenze di cristallizzazione» e parla di «Forme o figure acustiche della prospettiva» (Acustische Perspektivformen oder Figuren). Sull’importanza della chimica in Novalis cfr. F. Desideri, «Novalis e la chimica come “arte a priori”», in Annali dell’Istituto universitario orientale di Napoli (Sezione Germanica), n.s. III, 1-3, 1993, pp. 173-193.
15 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 321. 16 Ibidem, vol. II, p. 337. 17 Cfr. M. Piazza, «Simmetria e Rivelazione: Novalis e la matematica», in Annali dell’Istituto
universitario orientale di Napoli (Sezione Germanica), n.s. III, 1-3, 1993, p. 206. Altrove Novalis si esprime in maniera ancor più netta: «Geometria e meccanica si rapportano come scultura (Plastik) e musica». Novalis, Opera filosofica, cit. vol. II, p. 337, corsivo nostro. Plastica e musica sono poli opposti, che si rimandano però l’un l’altro reciprocamente, e in questo rimando l’acustica di Chladni ha un rilievo primario. Cfr. F. Roder, Die Menschwerdung des Menschen. Der magische Idealismus im Werk des Novalis, Stuttgart, Mayer, 1993, p. 499.
18 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 468. 19 Cfr. J. Daiber, Experimentalphysik des Geistes. Novalis und das romantische Experiment, Göttingen.
Vandenhoeck & Ruprecht, 2001, pp. 184 ss.6
Movimenti laterali dell’aria con il suono [Schall]. Movimenti figurati del suono come lettere dell’alfabeto (Le lettere dell’alfabeto non potrebbero essere state originariamente figure acustiche. Lettere a priori?) Movimenti laterali e figurati della luce e del calore. Le immagini colorate sono figure luminose [Farbenbilder sind Lichtfiguren]. Il raggio luminoso è l’archetto del violino che suona. Che cosa prende qui il posto della sabbia? Si (costringe) propriamente il suono a imprimere se stesso – a scriversi in cifre [zu chiffriren] – a trasferirsi su una tavola di rame. Ulteriore applicazione di questa idea. (Cospargimento di una tavola con polvere di fosforo – che assuma i colori della luce variopinta, o che, con un lieve riscaldamento di corpi diversamente configurati e variamente sfiorati, bruci – ed emetta luce – in figure particolari – Preparazione di questa polvere)20.
In questo passaggio si progetta di trasferire il procedimento di Chladni al dominio
dell’ottica, tanto che Novalis parla di Lichtfiguren in aperta analogia con le
Klangfiguren. Ciò è possibile in quanto il suono (Ton) è proprio il momento del
«passaggio dalla quantità alla qualità», mentre, inversamente, il colore è il passaggio
dalla qualità alla quantità21. Ne segue che entrambi i momenti, quello qualitativo e quello
quantitativo, non possono essere trascurati. Sotto questo profilo Novalis si distanzia
decisamente da Goethe, il quale istituiva una sorta di parallelismo tra prisma
newtoniano e monocordo «pitagorico», contrapponendo ad entrambi la considerazione
qualitativa della fisica sviluppata nella Farbenlehre e nell’abbozzo di Tonlehre, in parte
ispirata a Chladni.
Queste osservazioni consentono di mettere in luce, incidentalmente, un punto di
rilievo. Pur nell’interesse per le recenti novità, fin qui documentato, Novalis non nutre
alcuna velleità ricusatoria nei riguardi dell’intera tradizione quantitativa della fisica e in
particolare, per quanto qui ci concerne, dell’acustica. Prova ne siano le sue tesi generali
sul valore della musica, luogo ove la «vera matematica» appare «formalmente, come
rivelazione»22. Egli avvicina in più di un’occasione la musica all’algebra23 o all’analisi
combinatoria riconoscendo inoltre che «una Fuga è assolutamente logica o scientifica»24
e mostrando di apprezzare la teoria del basso continuo, utilizzata persino quale
paradigma esemplare della «disciplina della scienza» (Wissenschaftskunde)25. Con tutto
ciò, per la sua creativa ricezione delle tesi di Chladni, Novalis si distingue nettamente
dai «tradizionalisti» che non conoscono – o non riconoscono – gli studi di Chladni: da
Wackenroder, che idealizza il carattere «misterico» della matematica armonica e della
20 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 333.21 Ibidem, vol. II, p. 770. 22 Ibidem, vol. II, p. 677. 23 Ibidem, vol. II, p. 348. 24 Ibidem, vol. II, p. 390. 25 Ibidem, vol. II, p. 406.
7
sua rispondenza psichica, allo Schelling delle lezioni sulla Filosofia dell’arte che esalta
la (sconosciuta) musica dei Greci e centra sul ritmo la sua filosofia del suono, fino a
Schopenhauer che invocherà Pitagora, Eulero e Rameau quali garanti del contenuto
della perenne verità della teoria musicale26.
Ad ogni modo, è caratteristico della posizione di Novalis che le applicazioni
dell’acustica non siano limitate al dominio della dottrina tonale. Proprio nel passaggio
che contiene l’espressione «acustica chimica» che è qui al centro dell’esame, Novalis si
chiede:
Non si potrebbe spiegare ogni formazione plastica, dal cristallo all’uomo, acusticamente, mediante un movimento impedito [gehemt]? / Acustica chimica27.
Esplorando il versante antropologico adombrato nella citazione scopriamo
ulteriori, inattese applicazioni delle Klangfiguren. In un frammento che si apre con il
riconoscimento della sopraggiunta insoddisfazione verso la teoria fisiologica browniana,
Novalis parla di un’«acustica dell’eccitazione» (Erregung) e ipotizza la produzione di
figure acustiche stereometriche28. In generale, la fisiologia rappresenta un serio banco di
prova per le nuove teorie. Quanto alla percezione acustica, Chladni era un fiero
avversario della teoria della risonanza. Egli sottolineava il ruolo del liquido presente
nell’orecchio interno (nel labirinto), capace di ricevere le vibrazioni e dunque di
trasmettere complessivamente – non già per singole parti – il suono. Non a caso Chladni
difendeva dai critici le tesi di Samuel Thomas Sömmerring circa il ruolo del liquido
presente nelle cavità cerebrali, potenzialmente atto ad attivarsi dinamicamente proprio
nel senso evidenziato dalle Klangfiguren29. Novalis adotta una linea strategica analoga,
contrapponendosi alla teoria della risonanza: «nell’orecchio il suono [Ton] nasce di
nuovo»30. Né Novalis si ferma a questo. «Le parole – egli azzarda – sono configurazioni
26 Cfr. R. Martinelli, Musica e natura, cit., pp. 63 ss. e 92 ss. 27 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 336. I. Bark, «Steine in Potenzen». Konstruktive Rezeption
der Mineralogie bei Novalis, Tübingen, Niemeyer, 1999, p. 290, sottolinea opportunamente la continuità istituita da Novalis tra le forme naturali inorganiche ed organiche.
28 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 398 s. 29 E.F.F. Chladni, Die Akustik, cit., 1830, p. 222 s. Cfr. C. Welsh, Hirnhöhlenpoetiken. Theorien zur
Wahrnehmung in Wissenschaft, Ästhetik und Literatur um 1800, Rombach, Freiburg, 2003, pp. 55 ss. Nel 1826 il giovane Wilhelm Sömmerring, figlio del celebre Samuel Thomas citato nel testo, in seguito insigne oftalmologo, collaborò con Chladni nella messa a punto di un metodo per evidenziare le Klangfiguren che si generano nei liquidi.
30 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 462 («Musica chimica»). 8
acustiche dei pensieri»: gli elementi del linguaggio derivano forse da microvibrazioni
acustiche prodotte dal pensiero nel suo svolgersi31.
Ma la fisiologia non è il solo campo del sapere dove l’acustica chimica di Novalis
trova applicazione. Alla produzione di figure acustiche si deve la proposta di
naturalizzazione della semiosi alfabetica, per cui le lettere dell’alfabeto, secondo quel
che si legge in un passaggio sopra citato, «potrebbero essere state originariamente figure
acustiche». E si devono ancora ricordare le riflessioni dedicate alla «filologia», intesa
come meditazione di ampio respiro sul valore simbolico del libro in quanto tale – è
palese il riferimento alla Bibbia – e delle sue strutture componenti, nell’ipotesi che
«tutte le scienze costituiscono un unico libro. Alcune fanno parte dell’indice – altre del
piano, ecc.»32. In questa prospettiva, scrive tra le altre cose Novalis, «le illustrazioni, le
tavole, sono i segni superiori – dunque appartengono all’acustica superiore – passaggi
dal segno scritto all’immagine». La formazione di immagini da segni scritti è per
Novalis materia squisitamente «acustica» (tanto che il procedimento opposto è
adombrato come segue: «Segni peculiari – di ogni scienza – acustica capovolta»). E si
pensi al ruolo assegnato in questa visionaria filologia hardenbergiana alle note a piè di
pagina:
Le note sono [...] ostensioni. Esse contengono gli esperimenti e altre cose che servono a esplicare il testo, per esempio la bibliografia – Il testo manda un suono – la nota contiene la figura corrispondente33.
Non potrebbe essere più chiaro il riferimento alle figure di Chladni e al valore
universale dell’acustica, palesemente esteso ben al di là del dominio della Tonlehre o
della teoria musicale.
Nel complesso, i passaggi citati rimandano a uno spettro di questioni
apparentemente inconciliabili, nelle quali si riesce tuttavia a reperire un momento
unificante: la generazione fisica del qualitativo («dal cristallo all’uomo») ha natura
chemioacustica in quanto processo di trasformazione capace di determinare in ciascuna
occorrenza il carattere figurale (o «plastico») caratteristico. E questo procedimento si
eleva a costituire il paradigma di una semiotica e addirittura di una simbolica generale,
tutte ampiamente naturalizzate proprio dal rimando «acustico», che hanno un ruolo di
31 Ibidem, vol. II, p. 337.32 Ibidem, vol. II, p. 395. Cfr. M. Iwata, «Eine scientifische Bibel als das ideale Buch: zur
Enzyklopädistik des Novalis», in Herder-Studien, 6, 2000, pp. 26-55. 33 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 397.
9
rilievo ovunque si dia la generazione di figure o segni: dalla teoria dell’origine della
scrittura alla «filologia» nell’ampio senso ora introdotto.
Chiarito il senso anzitutto naturalistico dell’acustica chimica, è dunque importante
non farsene sfuggire il profondo significato simbolico, che apre già la strada verso
quella «acustica trascendentale» cui dovremo dedicare ampio spazio. Non solo il suono
«imprime se stesso», infatti, ma
si dovrebbe (costringere) tutto a imprimersi acusticamente, a formare silhouettes, a trasferirsi in cifre34.
Lo sperimentatore prende in mano le redini del processo e impone alle cose lo
svelamento della propria cifra acustica. Ciò permette di intendere in che senso l’acustica
sia un preliminare necessario all’«arte del decifrare»35. Si tratta di trovare l’impronta
acustica delle cose, di studiare le vibrazioni originarie che danno origine ai vari
«caratteri», alle «cifre» delle diverse individualità.
Questo aspetto merita particolare attenzione. Nel passaggio citato poc’anzi, il
riferimento alle silhouettes lascia pensare all’apparato iconografico tipico degli scritti di
fisiognomica di Lavater, frequentemente citati da Novalis36, e con ciò all’eredità delle
dottrine del «carattere» (termine proponderante nelle opere lavateriane), che dall’idea
rinascimentale della signatura rerum conduce per vie varie e multiformi, in parte ancora
da esplorare, fino all’epoca di Novalis. Qui la teoria del «carattere», opportunamente
emendata, conoscerà una nuova fioritura soprattutto in ambito antropologico:
dall’Antropologia pragmatica di Kant (con la sezione sulla «Caratteristica
antropologica»), attentamente letta da Novalis poco la sua comparsa, a quella coeva (ma
inedita) di Wilhelm von Humboldt37. Ma probabilmente è solo in Novalis che la
segnatura del carattere acquisisce una natura eminentemente acustica: dietro la «figura»
vi è una sempre una vibrazione, un suono. Questo avviene, lo si è visto, per le diverse
forme di cristallizzazione, ma la cosa assume contorni precisi anche di natura – per
l’appunto – antropologica.
34 Ibidem, vol. II, p. 337. 35 Ibidem, vol. II, p. 495. 36 Cfr. U. Stadler, «Zur Anthropologie Friedrich von Hardenbergs (Novalis)», in Novalis und die
Wissenschaften, a cura di H. Uerlings, Tübingen, Niemeyer, 1997, pp. 87-103. 37 Sul rapporto tra le dottrine del «carattere» e l’antropologia aveva richiamato l’attenzione assai per
tempo Wilhelm Dilthey in La funzione dell’antropologia nella cultura dei secoli decimosesto e decimosettimo (1904), trad. it. in L’analisi dell’uomo e l’intuizione della natura. Dal rinascimento al secolo XVIII, a cura di G. Sanna, Firenze, La Nuova Italia, 1974, pp. 210-302. Su questi temi sia consentito rimandare a R. Martinelli, Uomo, natura, mondo. Il problema antropologico in filosofia, Bologna, Il Mulino, 2004.
10
Il rimando al «carattere», beninteso, ha anzitutto lo scopo di rintracciare ciò che è
comune all’uomo e al mondo naturale. Per questa ragione Novalis può esprimersi come
segue:
I rapporti musicali mi sembrano proprio i rapporti fondamentali della natura. / Cristallizzazioni: figure acustiche di vibrazioni chimiche (Senso chimico). / Piante, animali, pietre, elementi, ecc. geniali, nobili, divinatori, prodigiosi, intelligenti, stupidi, ecc. Infinite individualità di questi esseri – loro senso musicale e individuale – loro carattere – loro inclinazioni ecc. / Sono esseri passati, storici. La natura è una città magica pietrificata38.
In assenza di ulteriori precisazioni, l’inizio di questo frammento sembrerebbe
rimandare alla cosmologia metafisica della tradizione, verso la quale peraltro (come si è
detto) Novalis non nutre alcuna animosità, riconoscendone invece la grandezza. Ma il
seguito non lascia dubbi: la corrispondenza tra i rapporti musicali e quelli naturali
appare ora trasfigurata, al punto che l’incontro avviene sul piano nuovo e diverso della
teoria ispirata agli esperimenti di Chladni e alle sue «acustische Figuren». Come le
«vibrazioni chimiche» sono all’origine dei fenomeni di cristallizzazione, le diverse
individualità, i «caratteri» degli esseri («geniali, nobili, divinatori, prodigiosi,
intelligenti, stupidi, ecc.») sono definiti all’origine da vibrazioni acustiche, che
cristallizzano nella «città magica pietrificata» della natura. In tal modo Novalis rilegge
il tema antichissimo del carattere musicale del mondo, la «vibrazione inconscia» che lo
definisce.
L’anima di chi vede spazialmente, figuratamente e plasticamente è musicale - le forme appaiono mediante vibrazioni di cui non si ha consapevolezza – l’anima di chi vede in se stesso suoni, movimenti ecc. è plastica - la varietà dei suoni e dei movimenti, infatti, nasce solo dalla figurazione39.
3. Musica e «ordo inversus»
E’ facile immaginare che l’idea hardenbergiana dell’acustica debba avere
conseguenze di rilievo in sede di estetica della musica. Al riguardo è necessario rinviare
anzitutto a un luogo speculativo di portata generale, che Novalis elabora fin dall’epoca
del serrato confronto filosofico con l’opera di Fichte. Una relazione di fondamentale
reciprocità consente al giovanissimo Novalis di superare l’impostazione fichtiana del
rapporto tra Io e non-Io, in quanto il reale è definito proprio da una sorta di
38 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 648. 39 Ibidem, vol. II, p. 361.
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«oscillazione» (Schwebung) tra questi due poli40. Inversione – e conseguente scambio –
si estrinsecano nell’opera filosofica di Novalis a livelli differenti, da quello ontologico
fino a quello estetico, che in questo contesto ci preme massimamente. Negli Studi
fichtiani del 1795-96 Novalis offriva un’interessante rappresentazione simbolica della
questione. Vergata sul quaderno un’immagine grafica speculare, una sorta di croce a più
bracci, Novalis osserva che Natura e Io «sono come due piramidi, che hanno un unico
vertice»41. Accanto a questa doppia piramide, Novalis traccia il simbolo della croce
iscritta nel cerchio, definita «immagine in assoluto» (Bild überhaupt). Questo simbolo è
associato da Novalis al tema della relazione tra analisi e sintesi, poiché «l’Analitico è
condizionato da una sintesi, il Sintetico da un’analisi», e il fatto che i due termini stiano
in tale rapporto, «ciò è l’Io per antonomasia» (schlechthin)42. La croce esprime in
maniera eccellente questo scambio o «chiasma», che è assoluto eppure al tempo stesso
determinato (iscritto nel cerchio). Negli stessi anni rifletteva sul senso di questa figura
anche Goethe, il quale (a prescindere qui dalla rilevante questione delle figure
«entottiche» di Thomas Seebeck) ricorda la simbologia della lettera greca chi, la prima
nel nome di Cristo (XristÒw) e ad un tempo simbolo della Croce; analogamente, in
Johann Wilhelm Ritter l’immagine in questione è simbolo dell’«uomo fatto di carne»
(Cristo), della vita, ma – significativamente – anche del «tono»43.
Non è ozioso osservare che una croce iscritta nel cerchio è la prima delle figure
ottenute da Chladni con le piastre circolari44. Beninteso, sarebbe del tutto fuorviante
ritenere che Chladni con i suoi esperimenti abbia suggerito a Novalis il pensiero
centrale del quale ci stiamo occupando: va ribadito al contrario che l’idea dell’ordo
inversus (così come la sua rappresentazione simbolica) ha origini, matrici e implicazioni
ben più profonde. Ma si concederà allora, proprio in ragione di tutto ciò, che Novalis
(come Goethe, come Ritter) ben difficilmente avrebbe potuto restare del tutto
indifferente di fronte al reperimento di questo Bild überhaupt, di una delle figure-
40 Cfr. M. Frank, Einführung in die frühromantische Ästhetik. Vorlesungen, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1989, che insiste sull’aspetto letteralmente speculare dell’inversione: «dopotutto, riflessione significa rispecchiamento, e ogni cosa che si rispecchia ha i lati invertiti», p. 253; G. Moretti, L’estetica di Novalis. Analogia e principio poetico nella profezia romantica, Torino, Rosenberg & Sellier, 1991, sottolinea non trattarsi della rinuncia romantica al mondo, bensì della «conoscenza completa del reale» (p. 40).
41 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. I, p. 118. 42 Ibidem, vol. I, p. 104. 43 Cfr. R. Martinelli, Musica e natura, cit., pp. 42 s., 52 s. 44 Cfr. supra, tav. I, fig. 2.
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simbolo più fondamentali, proprio al principio del vasto catalogo delle figure acustiche
di Chladni.
Nel considerare il problema della musica, occorre partire proprio dal peculiare
carattere chiasmatico della concezione hardenbergiana della sensibilità. In questo campo
– come altrove – Novalis adotta una teoria decisamente incentrata sulla funzione
simbolica:
ogni senso è rappresentativo – simbolico – un medium. […] Quanto più la rappresentazione […] è peculiare, astratta, potremmo dire, quanto meno è simile all’oggetto, allo stimolo, tanto più il senso è indipendente, spontaneo45.
Novalis insiste in particolar modo sul momento dell’inversione che questo
approccio rende possibile. La simbolicità del sentire comporta cioè una duplice
leggibilità del dato estetico: dall’esterno verso l’interno come pure dall’interno verso
l’esterno. Il possibile contrasto tra queste due opposte direzioni è risolto per così dire in
una doppia fungibilità che si armonizza con la ben nota semantica del termine
«estetica», in un tempo dottrina della sensibilità e filosofia delle arti. In breve, mentre
nella percezione l’uomo riceve a un primo ed elementare livello la «cifra» della natura,
nell’arte egli è il soggetto attivo dell’astrazione simbolica. Ogni artista pratica cioè in
primo luogo un’«inversione del senso» che per i più «è un mistero» ma che detiene un
significato estetico decisivo46. Il pittore dipinge con l’occhio, il musicista «ascolta in
modo attivo» e altrettanto fa il poeta nell’avvalersi di quel meraviglioso «strumento
musicale delle idee» che è la lingua47. L’io dell’artista diviene cioè effettivamente ed
autenticamente creatore in quanto rovescia la presunta passività del percepire,
affermando la propria libertà estetica.
L’artista ha animato nei suoi organi il germe della vita autoformativa – ne ha aumentato l’irritabilità per lo spirito ed è perciò in grado di far fuoriuscire attraverso di essi idee a piacere – senza sollecitazioni esterne – di usarli come strumenti per modificare a piacere il mondo reale48.
E’ questo aspetto «rivoluzionario», fondato su una teoria attiva della sensibilità, il
vero senso del «magico» in Novalis, che tanto facilmente offre il destro a
fraintendimenti d’ogni sorta49. Ma per converso, a scanso di equivoci ulteriori, occorre 45 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. I, p. 489.46 Ibidem, vol. I, p. 514. Cfr. R. Haym, La scuola romantica. Contributo alla storia dello spirito
tedesco, trad. it. di E. Pocar, Milano, Ricciardi, 1965, p. 410 s. 47 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, 390. 48 Ibidem, vol. vol. I, 514. 49 La «magia» come «arte di utilizzare a piacimento il mondo sensibile» (ibidem, vol. I, p. 485) va
ricondotta all’«inversione» nel quadro della Wechselwirkung tra natura e spirito: il «mago» utilizza la 13
sottolineare senza indugi il valore antropologico generale dell’operazione: non solo
l’artista quale superiore e isolato genio, bensì ogni uomo, artista almeno in potenza, è in
diversa misura chiamato ad agire nel mondo, sviluppando il germe della propria
produttività.
La musica detiene un valore addirittura esemplare nel mostrare lo svolgersi di
questo procedimento. Pensiamo anzitutto al formarsi, favorito dall’esercizio costante,
dell’istinto cristallizzato nella mano del pittore o del musicista, che diviene «sede di un
istinto»50. Nelle vibrazioni della tavola armonica la natura parla con suoni e «figure»; nel
gesto del violinista, inversamente, sedimenta col tempo e l’esercizio un’intenzione
estetica frutto della capacità di udire in modo attivo. Ma soprattutto, il valore della
musica si deve alla sua somma lontananza da ogni esecrato effetto mimetico. Il notorio
deficit di «imitazione», che tanto spesso aveva suggerito di relegare la musica in
posizione secondaria nel sistema delle arti, si rivela all’opposto per Novalis il segno
della sua superiorità: «il musicista trae da se stesso l’essenza della propria arte – né può
sfiorarlo anche il più piccolo sospetto d’imitazione»51. Novalis non si affanna a
costringere la musica nel dominio dell’imitazione, «esterna» o «interna» (cioè degli
Affekte), ma se ne avvale all’opposto come caso paradigmatico per mostrare che tutte le
arti – pittura inclusa – non sono caratterizzabili in senso mimetico: il pittore trae da sé
non meno del musicista la materia e il significato della visione artistica.
In un certo senso, però, questo fa sì che la musica – in alcuni passaggi dell’opera
di Novalis – venga a trovarsi comunque relegata in posizione marginale. L’unità di
simbolo, strumento e materia nella tela pittorica, che rende difficile scoprirne la natura
«simbolica» e non imitativa, è infatti anche l’indice della maggiore vicinanza della
pittura «al santuario dello spirito», come dimostrato dal controproducente argomento
apologetico secondo cui l’effetto della musica, registrabile persino sugli animali, è
maggiore di quello delle altre arti52. Ma si tratta di uno spunto recessivo rispetto alle
considerazioni sulla musica che è legittimo evincere da numerosi altri luoghi. Circa
l’universale «lingua n» della musica leggiamo ad esempio nell’Allgemeines Brouillon:
natura come fosse il proprio corpo (vol. II, p. 325). Cfr. E. Heftrich, Novalis. Vom Logos der Poesie, Frankfurt a.M., Klostermann, 1969, pp. 140 ss.
50 Novalis, Opera filosofica, cit.,vol. II., p. 302. 51 Ibidem, vol. I, p. 514. 52 Ibidem, vol. I, p. 515.
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Lo spirito, stimolato in maniera indeterminata, diviene libero – questo gli fa così bene – gli sembra così familiare, così patrio – per questi brevi attimi è nella sua patria indiana. Tutto l’amore – e il bene, tutto il futuro e il passato si agitano in lui – la speranza e la nostalgia (Sehnsucht)53.
Questa esplicita rivalutazione della musica va in parallelo con una certa idea del
suono e della lingua. Il passaggio prosegue infatti:
Tentativo di parlare attraverso la musica in maniera determinata. La nostra lingua – all’inizio era molto più musicale e solo con l’andar del tempo si è così prosaicizzata – così detonalizzata [enttönt]. Adesso è divenuta piuttosto squillo [Schallen] – mero suono [Laut] se si vuole abbassare in questo modo questo bel termine. Essa deve divenire di nuovo canto. Le consonanti trasformano il tono [Ton] in suono [Schall]54.
Le asperità consonantiche prosaicizzano e detonalizzano la lingua, che deve
invece tornare «canto». Si tratta allora di aerizzare, di vocalizzare la lingua,
indirizzandola verso una forma che è al tempo stesso poetica e sommamente musicale.
Ciò diviene possibile in quanto Novalis abbraccia una filosofia del suono nella quale
l’elemento aereo detiene un’importanza filosofico-naturale ed estetica decisamente
crescente, come vedremo parlando più diffusamente dell’acustica trascendentale.
Osserviamo intanto che l’insistenza sulla dimensione simbolica dell’arte porta con
sé svariate conseguenze nel campo dell’estetica musicale, a partire dal noto
pronunciamento di Novalis in favore della «musica assoluta»:
La musica della danza e dei canti non è propriamente la vera musica. Ne è piuttosto una degenerazione. Sonate – Sinfonie – Fughe – Variazioni (:) questa è la vera musica55.
Per non fraintendere il senso dell’affermazione, banalizzandone il significato, va
chiarito anzitutto che Novalis non mira in alcun modo a una svalutazione della danza o
del canto, e meno che mai della voce umana in generale. Si tengano presenti, al
riguardo, i passaggi dove al teatro musicale viene attribuita una funzione innovatrice
rispetto a quello di prosa56, ma soprattutto la tesi inequivocabile secondo cui «la voce
umana è per così dire il principio e l’ideale della musica strumentale» 57. Che non si tratti
di una clamorosa ritrattazione rispetto all’estetica della reine Instrumentalmusik è cosa
53 Ibidem, vol. II, p. 311. Il testo e la traduzione italiana riportano «indische» (indiana). Malgrado l’indubbia attenzione romantica per l’oriente, è ipotizzabile un refuso per «irdische» (terrena), vocabolo che Novalis vergava con l’arcaica grafia «irrdische» (cfr. ad es. Novalis, Schriften, cit., vol. III, p. 259), potenzialmente foriera di un simile equivoco. Si tratta ovviamente solo di un’ipotesi: per chiarire la questione servirebbe un controllo sui manoscritti.
54 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 312. Novalis riprende qui alcune tesi del libello di Ch.G. Schocher, Soll die Rede auf immer ein dunkler Gesang bleiben, und können ihre Arten, Gänge und Beugungen nicht anschaulich gemacht, und nach Art der Tonkunst gezeichnet werden?, Leipzig, Reinicke, 1791.
55 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 773. 56 Ibidem, vol. II, p. 779. 57 Ibidem, vol. II, p. 337.
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che appare comprensibile a partire dalla valenza assegnata alla voce umana nell’opera di
Novalis, alla luce del peculiare rapporto di complementarità tra vocali e consonanti che
in essa viene istituito.
4. Vocali e consonanti: acustica trascendentale
La musica, come si è visto, consente di mettere pienamente in gioco la riflessività
del sentire che è il fulcro dell’«inversione» estetica: la possibilità che l’uomo ha di
emettere suoni, anzitutto tramite la propria voce, appare in tal senso assolutamente
fondamentale. Il suono e la voce permettono all’uomo (e più specificamente all’artista)
di intervenire nel mondo imprimendo per così dire in esso le «figure acustiche» nel
modo che è opportuno, bello e financo giusto. Già nelle Fichte-Studien Novalis
sottolineava infatti il nesso tra la «voce» (Stimme), la «disposizione d’animo» o anche
accordatura di uno strumento musicale (Stimmung), e l’esser «giusto», corretto
(stimmen) che rimanda al piano dell’etica, aggiungendo che la voce «esprime qualcosa
che si costitusce da sé» (Stimme drückt ein sich selbst Constituierendes aus)58. Si lascia
già apprezzare, in questo passaggio dal sapore scopertamente fichtianeggiante, la
prospettiva dell’«acustica trascendentale», che sconfina in una poetica e persino in
un’etica del suono59. Ed è proprio sviluppando il tema della Stimmung, e nel rimando ai
«rapporti musicali dell’anima», che Novalis individua il dominio dell’«acustica
dell’anima»: un campo «ancora oscuro, forse però assai importante»60. Acustica e
psicologia si ricollegano naturalmente perché il suono e l’anima, come Novalis scoprirà
presto, condividono la materia prima: l’aria.
Nei medesimi passaggi sopra citati dove prospetta una posizione subordinata della
musica tra le belle arti, Novalis suggerisce anche un contrasto tra i suoni disarmonici
della natura e la bella musicalità della voce umana. Egli oppone ancora all’Ichheit
58 Ibidem, vol. I, p. 252. Novalis associa alla famiglia di termini citata anche bestimmen (determinare) ed einstimmen (intonare o aderire). Secondo R. Leusing, Die Stimme als Erkenntnisform – zu Novalis’ Roman “Die Lehrlinge zu Sais”, Stuttgart, Verlag für Wissenschaft und Forschung, 1993, p. 2, in questo passaggio si esprime l’idea che «la dimensione acustica sia predominante in ogni conoscenza naturale» di cui si tratta nel romanzo.
59 Nel passaggio in cui utilizza l’espressione, Novalis suggerisce un paragone tra la geometria intesa come «dottrina trascendentale dei segni» (transcendentale Zeichenkunst) e la meccanica come «acustica trascendentale». Novalis, Opera filosofica, cit. vol. II, p. 464. L’espressione ci sembra però adatta a esprimere concetti di più ampia portata, ben documentabili nell’opera di Novalis.
60 Ibidem, vol. II, p. 506. In un altro contesto Novalis osserva: «qui gettiamo uno sguardo profondo e istruttivo nella natura acustica dell’anima, e troviamo una nuova somiglianza tra la luce e i pensieri – in quanto sia quella sia questi si associano a vibrazioni»: ibidem, vol. II, p. 337.
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musicale lo stridore inarmonico del mondo naturale, poiché «in nessun altro luogo
– come nella musica – è […] più evidente che è soltanto lo spirito a poetizzare gli
oggetti»61. Fichtianamente, è l’io a donare significato e valore melodico ai toni della
natura, considerati rozzi e manchevoli di spirito.
Ogni suono [Ton] prodotto dalla natura è aspro – e privo di spirito – soltanto all’anima musicale il fremere del bosco – il sibilare [Pfeifen] del vento, il canto dell’usignolo, il mormorare del ruscello, appaiono spesso melodiosi e significativi62.
Si noti un dettaglio: il «sibilare del vento» è associato al restante catalogo dei
suoni naturali, di per sé aspri e «geistlos», ad inclusione del melodioso canto
dell’usignolo. Nell’Allgemeines Brouillon – che a dispetto della vicinanza temporale
nella stesura esprime senza dubbio una concezione più matura sulla musica in seno al
pensiero di Novalis – le cose si specificano però diversamente. Scrive Novalis:
il ruscello e la natura inanimata parlano perlopiù in prosa – solo il vento talora è musicale63.
Si vede bene che il vento è qui separato e posto in una condizione estetica
differenziale, contrapposta alla prosa del suono mondano. E’ certo una variazione
marginale, ma è l’indice dell’avvenuto mutamento del punto di vista sull’intera
questione. Come fonte di sonorità la natura (almeno in parte) si riscatta, e al tempo
stesso la musica abbandona la posizione vicariale in precedenza assegnatale. Questa
«riabilitazione» del vento significa in primo luogo che i suoni naturali più somiglianti
alla fonazione umana detengono un significato del tutto peculiare; ma questa
formulazione, valida in prima approssimazione, esige un approfondimento che finisce
col rivelare parecchi altri aspetti di grande interesse.
Novalis riattualizza un’alternativa antica nella storia dell’acustica quando chiede:
«in generale, a suonare è propriamente il corpo o l’aria?». La sua risposta passa
attraverso un deciso apprezzamento del ruolo dell’elemento aereo, che non implica
tuttavia un passo indietro rispetto all’insistenza dell’«acustica chimica» sulla corporeità.
Novalis risponde infatti al quesito: «il fluidum elastico non è forse la vocale, e il corpo
la consonante – l’aria il sole – e i corpi i pianeti – quello la prima voce – questi la
seconda?»64. Su questa strada la questione acustica e glottologica del rapporto tra vocali
61 Ibidem, vol. I, p. 513. 62 Ibidem, vol. I, p. 514. 63 Ibidem, vol. II, p. 349.64 Ibidem, vol. II, p. 337.
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e consonanti assume le dimensioni cosmiche di una dualità immanente alla natura
stessa. Un elemento vocalico-aereo del suono si affianca a quello consonantico-
corporeo e in un certo senso gli si contrappone. L’elemento aereo rimanda anzitutto alla
dimensione psichica: «Del suono [Ton] ecc. La nostra anima dev’essere d’aria, poiché
capisce la musica e ne trae piacere. Il suono è sostanza aerea – anima dell’aria [Ton ist
Luftsubstanz – Luft Seele] – il movimento propagatorio dell’aria una sua affezione ad
opera del suono [Ton]»65.
Più in generale, l’aria «madre di tutte le cose»66 detiene un’importanza particolare
nel pensiero di questo novello Anassimene. Ciò vale anzitutto per la chimica
antiflogistica e «pneumatica» di Novalis, dove lo stato aeriforme o gassoso della
materia è la sintesi di quello solido e fluido67. L’elemento aereo è poi decisivo anche in
altro senso: «L’universalizzare, o il filosofizzare di un concetto o di un’immagine
specifica non è altro che un eterizzare, un aerizzare – uno spiritualizzare uno specificum
– o un individuum»68. Mentre nelle figure acustiche si lascia imprimere il «carattere»
specifico dell’individuo, nell’aria l’individuale si eleva a universalità. Proprio in questo
senso, in piena analogia con la tonalità dei brani musicali, ogni essere umano ha la sua
«vocale fondamentale»69. Accanto alle proprietà evidenziate in precedenza si scopre ora
nel suono un elemento complessivamente irriducibile alla chimica e alla Figuristik. Se
la corporeità concreta e consonantica del suono è il luogo elettivo dell’acustica chimica,
l’aerea sonanza delle vocali ne è lo specchio sonoro, la vera cifra riassuntiva
dell’acustica trascendentale.
Ma Novalis evita di prospettare la semplice contrapposizione (tipica ad esempio
del primo Herder, sulla scorta di Rousseau) tra il suono fisico inteso come Klang (o
Schall) e la funzione rivitalizzante del Ton, che ha il compito di riportare la lingua e la
musica alla purezza melodica delle origini. Il rapporto tra acustica «chimica» e
«trascendentale», cioè, non mette capo a un’opposizione frontale tra elemento aereo e
corporeo del suono condotta a vantaggio esclusivo del primo dei due elementi. La 65 Ibidem, vol. II, p. 462. L’anima stessa è «corpo consonato», osserva Novalis, senza mancare di
aggiungere un riferimento alle vocali, considerate in ebraico «anime delle lettere» (ibidem, vol. II, p. 398); altrove Novalis esprime stupore per l’assenza delle vocali nell’ebraico scritto (p. 396). Il procedimento centrale dell’acustica chimica viene ora riassunto nel vocabolo «Consonation»: ogni figura, osserva Novalis, nasce per «consonazione»: ibidem, vol. II, p. 400.
66 Ibidem, vol. II, p. 187. 67 Cfr. F. Desideri, «Novalis e la chimica come “arte a priori”», cit., p. 190 s. 68 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 462.69 Ibidem, vol. II, p. 334. Anche qui si fa sentire l’influenza del già citato Ch.G. Schocher.
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lingua dell’uomo è composta di vocali ma anche di consonanti; così anche nel mondo
fisico la forza è «vocale infinita» e la materia corrisponde alla consonante70.
L’elevazione e la «purificazione» del suono nella musica e nella parola poetica – tema
comune a tutta la Romantik – avviene in Novalis secondo un itinerario del tutto
personale: la dimensione vocalica del suono non nega né sopprime la matrice corporea,
ma ne libera all’opposto tutto il potenziale simbolico, collocandosi in tal modo al cuore
della teoria della «fiaba» e del «romantico». Nel presente contesto appare
particolarmente significativo che tutto questo avvenga in virtù del riferimento a uno
strumento musicale, l’«arpa eolia», per il cui tramite il vento si fa suono, quasi che a
cantare fosse la voce stessa della natura.
5. Armonica ed Euphon, chitarra e arpa eolia
Per inquadrare adeguatamente il tema dell’arpa eolia, evitando facili
semplificazioni, è opportuno muovere qualche passo preliminare nel singolare contesto
dell’organologia romantica. Non ci sorprenderemo di ritrovare qui nuovamente il nome
di Chladni il quale, parallelamente alle scoperte teoriche e in stretta correlazione con
queste, aveva tentato di introdurre nuove sonorità nella prassi musicale. Ciò sarebbe
dovuto avvenire grazie a due strumenti musicali di sua invenzione, l’Euphon e il
Clavicylinder, nei quali l’emissione sonora si basava sulle proprietà acustiche di
elementi vitrei di varia fattura71. Scienziato indipendente e girovago, Chladni usava
portare con sé l’Euphon e poi il Clavicylinder nei numerosi viaggi attraverso la
Germania e l’Europa, mantenendosi grazie alle esibizioni pubbliche nelle quali
illustrava al pubblico le figure acustiche e promuoveva i propri strumenti. La
correlazione tra scienza acustica e applicazioni organologiche, si badi, non è affatto
casuale: in diverse occasioni Chladni la teorizza quanto mai esplicitamente 72. Al suono
«armonico» dei cordofoni e dei fiati, i cui dispositivi di emissione ridanno assieme alla
70 Ibidem, vol. II, p. 400. 71 E.F.F. Chladni, Beyträge zur praktischen Akustik und zur Lehre vom Instrumentbau, enthaltend die
Theorie und Anleitung zum Bau des Clavicylinders und damit verwandter Instrumente, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1821, p. V. L’Euphon si suonava sfregando con le dita delle aste di vetro collegate a risonatori metallici; il Clavicylinder era invece munito di una tastiera, i cui elementi premono i risonatori corrispondenti contro un cilindro di vetro in permanente rotazione.
72 Ibidem, p. III s. Cfr. anche E.F.F. Chladni, «Von dem Euphon, einem neuerfundenen musikalischen Instrumente», in Journal von und für Deutschland, 1790, 7, 3. St., p. 201-202; «Geschichte der Erfindung des Euphons und einiger anderer akustischer Entdeckungen», in Magazin für das Neueste aus der Physik und Naturgeschichte, 1794, 9, 4. St. p. 100-116.
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fondamentale una serie di sovratoni in proporzione armonica (il tutto con le dovute
approssimazioni), Chladni tentava di contrapporre anche sul piano pratico ed estetico il
suono prodotto dallo sfregamento (con oscillazioni longitudinali) dei corpi solidi, come
aste o cilindri di vetro.
A fronte della straordinaria versatilità e delle possibilità espressive di cordofoni e
fiati, per tacere del coevo sviluppo del pianoforte, simili tentativi possono oggi apparire
ingenui o patetici73. Non va comunque dimenticato il fiorire di nuove proposte all’epoca,
in una sorta di febbrile «corsa all’oro» organologica che diede luogo a innumerevoli
tentativi, caratterizzati da alterne fortune74. Si pensi anzitutto all’impatto che aveva avuto
sul pubblico la Glasharmonika messa a punto da Benjamin Franklin nel 1761, che
generò una diffusa e duratura moda. Alla sua voce suadente e misteriosa si attribuirono
oscuri e profondi effetti psichici: ora di tipo terapeutico, ora di segno sinistramente
opposto75. Lo strumento seguì in certo modo le alterne fortune di Franz Anton Mesmer,
che se ne avvaleva nei suoi celebri ma discussi trattamenti terapeutici connessi
all’ipotesi del «magnetismo animale»76. Eppure tutto nasceva da un esempio di
americanissimo pragmatismo applicato all’organologia: colpito dai musical glasses in
voga in Inghilterra (semplici batterie di bicchieri sfregati sul bordo), Franklin aveva
ideato un sistema a pedale per la rotazione di coni vitrei concentrici, umettati mediante
una vasca di pescaggio, sui quali le mani potevano intervenire in modo più efficace.
Egli scriveva all’amico Giovanni Battista Beccaria: «in onore della vostra lingua, così
musicale, ho mutuato da essa il nome per questo strumento, chiamandolo l’Armonica»77.
Come è noto, strumento e terminologia non hanno resistito alla prova del tempo. L’eco
soave e vagamente mistica dell’«Armonica» non era comunque destinata ad dissolversi
tanto in fretta, se è vero che trent’anni dopo la sua invenzione Wolfgang Amadeus
Mozart – e non fu l’unico compositore di rango – le dedicò l’Adagio e rondò in do
73 «Mi rallegrerei – scrive Chladni – se ancora mentre sono in vita alcune delle cose qui introdotte fossero perfezionate da altri nel medesimo grado in cui è stato sviluppato il pianoforte a partire dalla sua prima invenzione». E.F.F. Chladni, Beyträge zur praktischen Akustik, cit., p. 15.
74 Cfr. D. Ullmann, Chladni und die Entwicklung der Akustik von 1750-1860, cit., 33 ss. e 87 ss.75 Cfr. C. Sachs, Storia degli strumenti musicali, trad. it. Milano, Mondadori, 1980, p. 481 s. 76 Cfr. D.A. Gallo, S. Finger, «The Power of a Musical Instrument: Franklin, the Mozarts, Mesmer, and
the Glass Armonica», in History of Psychology, 2000, 3, pp. 326-343. Pare che il primo contatto del diciassettenne Mozart con la Glasharmonika sia avvenuto proprio nella casa viennese di Mesmer: cfr. H. Abert, Mozart, trad. it. Milano, Il Saggiatore, 2 voll., 1984-86, vol. I, p. 354
77 In italiano nel testo. Franklin a Beccaria (London, 13. Juli 1762), in The Works of Benjamin Franklin, containing several political and historical tracts (...), ed. by J. Sparks, vol. 6, Boston, Gray, 1840, p. 352.
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minore (per Glasharmonika, flauto, oboe, viola e violoncello, KV 617), e un Adagio
solista in do maggiore (KV 617a)78.
Inseriti in un simile contesto, l’Euphon e il Clavicylinder di Chladni appaiono
tentativi meno isolati, tanto più in quanto supportati da una proposta teorica ben precisa,
capace di fugare al lume della scienza acustica le inquietanti ombre del mesmerismo che
aleggiavano sulla Glasharmonika. Non sappiamo se Novalis abbia assistito
personalmente ad una delle esibizioni di Chladni, né se abbia udito composizioni per
«Armonica» frankliniana. Tuttavia, in un fondamentale passaggio sulla musica
dell’Allgemeines Brouillon egli fa contestualmente riferimento alla «Harmonika» e
all’«Euphon»79. L’interesse di Novalis per la teoria e la costruzione degli strumenti
musicali dell’epoca è tutt’altro che casuale. Fedele al tema della «vocalizzazione», nel
senso sopra introdotto, Novalis si indirizza verso una progressiva sublimazione del
suono che è in certo modo in linea con la soave timbrica di questi verrofoni, ma che lo
induce a spingersi ancora avanti, in una direzione diversa. Leggiamo il passaggio per
intero:
Le consonanti sono le diteggiature e il loro succedersi e alternarsi ha a che fare con il modo di porre le dita sullo strumento [Aplicatur]. Le vocali sono le corde che suonano o le colonne d’aria. Il polmone è l’archetto in movimento. / Le molteplici corde di uno strumento sono solo espedienti di comodo – sono abbreviazioni. Esso è propriamente un’unica corda. Gli organi sono imitazioni degli strumenti a corda. Sul tono caratterizzante della corda – il fondamento di questa individualità – massa – lunghezza – spessore ecc. Sui toni concomitanti [Mittönungen]. Serie tonale di ogni porzione di corda. Durata dell’attacco. Punto d’attacco dell’archetto. Ponticello. Costruzione dello strumento. Armonica. Euphon. Sul suono delle campane. Teoria del suonare l’Armonica. L’Armonica coi tasti80.
Mentre la diteggiatura rientra nell’elemento consonantico, le vocali sono
decisamente associate alle corde e alle colonne d’aria dei fiati. La corda, con il suo tono
«caratterizzante», con la sua «individualità» e la sua vocalità immanente, assume
dunque nuovamente quel primato estetico che tendeva invece a perdere nella visione di
78 I due lavori sono frutto dell’interesse suscitato dal concerto dell’allora celebre virtuosa cieca Mariane Kirchgässner, la cui tournée aveva toccato Vienna nel giugno del 1791. La composizione del quintetto risale dunque a pochi mesi prima della morte del compositore. Cfr. H. Abert, op. cit., vol. II, p. 601.
79 Cfr. Novalis, Schriften, cit., vol. III, p. 283. Il passaggio non compare in questa forma nella traduzione italiana. I curatori dell’opera tedesca, infatti, hanno integrato l’originale «Euphon» con «Euphon[ie]», lezione accolta nella traduzione italiana che suona dunque: «Armonica. Eufonia»: Novalis, Opera filosofica, cit, vol. II, p. 310. Novalis ci sembra invece rimandare senza dubbio ai due strumenti di Franklin e Chladni, la cui conoscenza – a onor del vero – è ristretta a una cerchia di specialisti.
80 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 310 (trad. it. modif.). Circa l’«Armonica coi tasti», va detto che il primo passo di Chladni nell’organologia fu proprio quello di procurarsi un’Armonica frankliniana, cui tentò di aggiungere dei tasti. La cosa fu invece realizzata da C.L. Rollig e D.T. Nicolai, due organisti che dissuasero Chladni dal limitarsi a rimaneggiare uno strumento altrui, «sul cui valore», per di più, «le voci del pubblico erano in certa misura divise». Cfr. E.F.F. Chladni, «Geschichte der Erfindung des Euphons und einiger anderer akustischer Entdeckungen», cit., p. 107.
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Chladni. Ma non si tratta di un puro e semplice regresso teorico. La superiorità dei
cordofoni non dipende dalla razionalità matematico-armonica delle Mittönungen che si
generano, ma dall’esemplare leggerezza con la quale la corda vibrante assume su di sé,
sublimandolo, il «carattere» individuale che è in realtà all’origine di ciascun suono. La
corda, potremmo dire, ridà le più pure ed elementari Klangfiguren, ed è dunque
l’autentica «vocale» che anima la materia risonante dello strumento. Di qui il paragone
tra il polmone e l’archetto, di qui la tesi apparentemente paradossale che la voce sia
«principio e ideale» della musica strumentale.
In questo senso crediamo vada compresa la predilezione di Novalis per i
cordofoni e anzitutto per la chitarra, strumento al quale si fa più volte riferimento
nell’Enrico di Ofterdingen, sempre in stretta correlazione con l’attività poetica.
La poesia vuole specialmente – seguitò Klingsohr – essere esercitata come arte severa. Come semplice diletto cessa d’esser poesia. Il poeta non deve correr dattorno sfaccendato tutto il giorno e andar a caccia d’immagini e sensazioni. Questa è proprio la strada opposta. [...] Se volete affidarvi a me, non deve passare per voi giorno che non abbia arricchito le vostre conoscenze, e conseguito qualche utile veduta. [...] Io vi ammaestrerò con piacere nella tecnica della nostra arte, e leggerò con voi gli scritti più notabili. Voi potrete partecipare alle lezioni di Matilde, ed ella v’insegnerà volentieri a sonare la chitarra81.
Anche nell’opera filosofica compaiono alcuni riferimenti autobiografici a questo
strumento, del quale Novalis progettava di impratichirsi82. La chitarra romantica, portata
a notevoli vertici estetici ad opera di un piccolo drappello di virtuosi-compositori, è uno
strumento più piccolo e discreto di quello odierno, inadatto alle forme musicali di ampio
respiro ma capace di esaltare la fruizione di piccoli, talora deliziosi camei. Nel
complesso, non sbaglia Novalis ad associare nell’Allgemeines Brouillon la chitarra alla
«romanza»83. Il passaggio dal livello della «romanza» a quello della «fiaba» potrebbe
allora essere letto come il passaggio dalla chitarra allo strumento che in certo modo le
corrisponde specularmente, nell’ordine inverso: l’arpa eolia, strumento le cui corde non
sono pizzicate dal musicista ma mosse dalla natura stessa tramite l’azione casuale e
libera del vento.
81 Novalis, Enrico di Ofterdingen, trad. it. in Opere, cit., p. 213. Cfr. anche in precedenza: «Matilde gli raccontò che suonava la chitarra. – Ah! – disse Enrico – vorrei imparare, da voi. L’ho desiderato lungamente. – M’ha insegnato mio padre. Egli la suona incomparabilmente, – disse ella arrossendo» (p. 207). E ancor prima, quando nel libro illustrato scritto in una lingua sconosciuta (simile al latino o all’italiano), Enrico ha la visione di se stesso in varie immagini, leggiamo: «Verso la fine gli si presentò la più grande e solenne. Una chitarra stava tra le sue braccia e la landgravia gli porgeva un serto (...)»: ibidem, p. 197.
82 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 468. 83 «La chitarra ovvero reliquie dell’età romantica. Una raccolta di romanze di Novalis»: ibidem, vol. II,
p. 734; si veda anche: «Il romanzo è pienamente da considerare come una romanza» (p. 775).22
La Aeolsharfe si colloca in certo modo a metà strada tra mito e realtà
organologica. Per la sua valenza simbolica, essa ricorre assai spesso nella saggistica e
nella letteratura a partire dalla seconda metà del Settecento, allorché lo strumento
divenne un’autentica moda e fu concretamente realizzato in vari esemplari soprattutto
– se non esclusivamente – in Inghilterra e in Germania84. Il timbro dello strumento,
suggestivamente atopico ed altamente evocativo, per noi assimilabile a certe sonorità
elettroniche, non è troppo dissimile (a dispetto delle differenti modalità di emissione) da
quello di altri originali strumenti del tempo, del genere dei sopra citati verrofoni di
Franklin e Chladni.
Per quanto concerne Novalis, comunque, l’arpa eolia non rappresenta solamente
un vago e toccante simbolo. Dietro la sua elaborazione poetica vi è una precisa filosofia
del suono, la quale ci impone di separare gli scritti hardenbergiani maturi dalla
concezione ancora fortemente fichtiana del «primissimo» Novalis, che aveva imposto di
degradare il suono naturale alla mera negatività acustica di un non-Io tonale. La libertà
dell’io, esprimentesi nell’autodeterminazione della Stimme, è ora ascritta alla stessa
natura: l’acustica «trascendentale» svela infine uno dei segreti più riposti tra quelli che
emergevano a partire dalle enigmatiche figure di Chladni. Per questa ragione, in diversi
passaggi, Novalis annota considerazioni sul tema che sono degne della massima
attenzione.
La natura è un’arpa eolia – è uno strumento musicale – i cui suoni sono a loro volta tasti di corde superiori dentro di noi (Associazione d’idee)85.
Ma al tempo stesso:
Smisurata varietà dei suoni dell’arpa eolia e semplicità della potenza che la muove. Così con l’uomo – l’uomo è l’arpa, dev’essere l’arpa86.
Assurta nel primo passaggio a simbolo della natura, l’arpa eolia coincide pure con
l’uomo, inteso nella dimensione pratica del dover-essere. Nella voce umana come
nell’arpa eolia, lo spirito soffia sulle corde secondo la logica di una spontaneità libera
ed assoluta, ma non per questo meno rigorosa. Sulla scorta della sua filosofia del suono,
Novalis ci consegna così una raffinata versione acustica della caduta del velo di Iside, e
84 Cfr. C. Sachs, Storia degli strumenti musicali, cit., p. 478 s.; P. D’Angelo, «Arpa eolia», in http://www.newcom.pr.it/filosofia/arpa.htm.
85 Novalis, Opera filosofica, cit. vol. II, p. II, 485. 86 Ibidem, vol. II, p. 466.
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con ciò dell’«inversione» nella sua forma forse più pura ed elevata: del liberarsi – in un
solo gesto – della voce della natura e dell’uomo nella dimensione poetica. Con ragione
Novalis condensa qui, allora, alcune delle sue più incisive riflessioni circa la «fiaba» (la
quale è di per sé di natura «del tutto musicale»87) e il senso del romantico in genere.
Una fiaba è proprio come un’immagine di sogno – senza nesso – Un ensemble di cose ed eventi meravigliosi – per esempio una fantasia musicale – le sequenze armoniche di un’arpa eolia – la natura stessa88.
E ancora:
Elementi del romantico. Gli oggetti, come i suoni dell’arpa eolia, devono darsi tutto d’un tratto, senza motivo – senza rivelare il loro strumento89.
La dimensione acustica, tra chimica e filosofia trascendentale, pervade l’opera
hardenbergiana dai suoi fondamenti, per insinuarsi fino nelle vette più elevate.
87 Ibidem, vol. II, p. 491. 88 Ibidem, vol. II, p. 487.89 Ibidem, vol. II, p. 641.
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