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Acustica chimica/acustica trascendentale. Novalis e la filosofia romantica del suono di Riccardo Martinelli 1. Lastre di pece e vetro Molteplici vie percorrono gli uomini. Chi le segue e confronta vede formarsi bizzarre figure; figure che sembra appartengano a quella grande scrittura cifrata che si vede dappertutto, su ali, gusci d’uovo, nubi, neve, in cristalli e forme di roccia, su acque che si stanno congelando, all’interno e all’esterno delle montagne, delle piante, degli animali, degli uomini, nelle luci del cielo, nelle lastre di pece e vetro toccate e strofinate, nelle limature intorno alla calamita e nelle strane combinazioni del caso 1 . L’incompiuto romanzo poetico-filosofico I discepoli di Sais di Novalis si apre con questa celebrazione della grande «scrittura cifrata» (Chiffrenschrift) della natura. Le molteplici «figure» elencate rimandano tutte a una matrice profondamente unitaria, che gli uomini comprendono però solo a tratti: ben presto la grammatica della «meravigliosa scrittura» sfugge loro nuovamente. Lasciando per il momento da parte cause e implicazioni di questa incomprensione umana, soffermiamoci sulla casistica introdotta da Novalis nella citazione. Ben si comprende in che senso ali d’uccello, nubi, cristalli o costellazioni celesti esemplifichino una sorta di linguaggio cifrato della natura; verso la fine del passaggio compaiono tuttavia casi assai meno intuitivi. Abbastanza note sono le figure generate dalla limatura di ferro che, alle opportune condizioni, si dispone (diremmo oggi) lungo le linee di forza di un campo magnetico: fenomeno scoperto da Georg Christoph Lichtenberg nel 1777 e oggetto, come l’intero insieme dei fenomeni magnetici, di grande attenzione all’epoca 2 . Ma a cosa allude Novalis quando parla di «lastre di pece e vetro toccate e strofinate»? L’espressione è riferita ai dispositivi adoperati dal fisico Ernst Florens Friedrich Chladni nelle sue celebri esperienze sul suono, oggi per lo più dimenticate, ma che influenzarono in modo determinante la riflessione dell’epoca. Siamo così rimandati ad alcuni significativi progressi allora compiuti dalla scienza acustica e, per questa via, al più ampio problema del significato del suono per la riflessione filosofica ed estetica 1 Novalis (Friedrich von Hardenberg), I discepoli di Sais, trad. it. in Opere, Milano, Guanda, p. 99. 2 Quanto alle «strane combinazioni del caso», Novalis parla talora di un «senso per il caso» che rivela il destino nelle combinazioni astrali, in quelle divinatorie e nelle «figure» in generale. Cfr. Novalis, Opera filosofica, trad. it. a cura di G. Moretti e F. Desideri, 2 voll., Torino, Einaudi, 1993, vol. II, p. 775. 1

Acustica chimica/acustica trascendentale. Novalis e la filosofia romantica del suono

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Acustica chimica/acustica trascendentale. Novalis e la filosofia romantica del suono

di Riccardo Martinelli

1. Lastre di pece e vetro

Molteplici vie percorrono gli uomini. Chi le segue e confronta vede formarsi bizzarre figure; figure che sembra appartengano a quella grande scrittura cifrata che si vede dappertutto, su ali, gusci d’uovo, nubi, neve, in cristalli e forme di roccia, su acque che si stanno congelando, all’interno e all’esterno delle montagne, delle piante, degli animali, degli uomini, nelle luci del cielo, nelle lastre di pece e vetro toccate e strofinate, nelle limature intorno alla calamita e nelle strane combinazioni del caso1.

L’incompiuto romanzo poetico-filosofico I discepoli di Sais di Novalis si apre con

questa celebrazione della grande «scrittura cifrata» (Chiffrenschrift) della natura. Le

molteplici «figure» elencate rimandano tutte a una matrice profondamente unitaria, che

gli uomini comprendono però solo a tratti: ben presto la grammatica della «meravigliosa

scrittura» sfugge loro nuovamente. Lasciando per il momento da parte cause e

implicazioni di questa incomprensione umana, soffermiamoci sulla casistica introdotta

da Novalis nella citazione. Ben si comprende in che senso ali d’uccello, nubi, cristalli o

costellazioni celesti esemplifichino una sorta di linguaggio cifrato della natura; verso la

fine del passaggio compaiono tuttavia casi assai meno intuitivi. Abbastanza note sono le

figure generate dalla limatura di ferro che, alle opportune condizioni, si dispone

(diremmo oggi) lungo le linee di forza di un campo magnetico: fenomeno scoperto da

Georg Christoph Lichtenberg nel 1777 e oggetto, come l’intero insieme dei fenomeni

magnetici, di grande attenzione all’epoca2. Ma a cosa allude Novalis quando parla di

«lastre di pece e vetro toccate e strofinate»?

L’espressione è riferita ai dispositivi adoperati dal fisico Ernst Florens Friedrich

Chladni nelle sue celebri esperienze sul suono, oggi per lo più dimenticate, ma che

influenzarono in modo determinante la riflessione dell’epoca. Siamo così rimandati ad

alcuni significativi progressi allora compiuti dalla scienza acustica e, per questa via, al

più ampio problema del significato del suono per la riflessione filosofica ed estetica

1 Novalis (Friedrich von Hardenberg), I discepoli di Sais, trad. it. in Opere, Milano, Guanda, p. 99. 2 Quanto alle «strane combinazioni del caso», Novalis parla talora di un «senso per il caso» che rivela il

destino nelle combinazioni astrali, in quelle divinatorie e nelle «figure» in generale. Cfr. Novalis, Opera filosofica, trad. it. a cura di G. Moretti e F. Desideri, 2 voll., Torino, Einaudi, 1993, vol. II, p. 775.

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dell’età romantica. In analogia col procedimento adoperato da Lichtenberg con la

limatura di ferro e i magneti, Chladni aveva cosparso di sabbia fine delle lastre di varia

forma geometrica, che poneva in vibrazione utilizzando un comune archetto da violino.

Variando il punto d’attacco e toccando con le dita le piastre in alcuni punti notevoli –

procedimento analogo a quello usato per evincere i sons harmoniques da una corda tesa

– Chladni aveva ottenuto specifiche serie di suoni (per lo più in progressione non

armonica) accompagnati dalle celebri e singolari «figure» generate per effetto del

disporsi della sabbia lungo le «linee nodali», luoghi geometrici dei punti che rimangono

in quiete durante l’oscillazione complessiva della superficie.

Tav. I Tav. VIII

Le tavole riprodotte, tratte dall’opera di Chladni Entdeckungen über die Theorie

des Klanges (1787), mostrano alcune delle figure ottenute su piastre di forma circolare e

quadrata3. Altrettanto varie quanto regolari – invariabilmente simmetriche – le figure

corrispondono rigorosamente alla frequenza del suono ottenuto. Si manifestava così,

nell’opera di Chladni, un’inattesa e spettacolare corrispondenza tra suoni e figure,

capace di rimandare a un modello di acustica e di filosofia del suono ormai del tutto

inconciliabile con le ipotesi razionalistiche (fisiche, matematiche e teorico-musicali),

3 E.F.F. Chladni, Entdeckungen über die Theorie des Klanges, Leipzig, Weidmanns Erben und Reich, 1787, Tavv. I e VIII. Dopo questo esordio Chladni pubblicherà un’opera più sistematica: E.F.F. Chladni, Die Akustik, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1802 (18302), rist. anast. Hildesheim, Olms, 2004 (include altri testi dalla Allgemeine musikalische Zeitung, 1809-10); in versione francese Traité d’acoustique, Paris, Courcier, 1809. Si tratta del primo manuale interamente ed espressamente dedicato all’acustica.

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che avevano dominato la scena dell’età illuminista e che sembravano ora dover recedere

a fronte della scoperta di una più profonda, enigmatica radice della sonorità.

Era dunque del tutto naturale che Novalis, il quale possedeva le Entdeckungen di

Chladni4, includesse le lastre – «strofinate» con l’archetto e «toccate» nei punti notevoli

– tra le mirabili «cifre» della natura. Tutto ciò è da tempo noto alla critica, e non v’è

commento attendibile all’opera hardenbergiana che non citi almeno fuggevolmente lo

studioso di acustica e le sue stupefacenti «Klangfiguren». Ma occorre fare un passo

avanti5. La mancanza di un’adeguata contestualizzazione delle tesi di Chladni, capace di

sottrarne gli studi al catalogo delle curiosità o delle «romanticherie» per reintegrarli a

pieno diritto in quello della storia dell’acustica, ha infatti a lungo impedito di

apprezzarne il valore effettivo6. Non è questa la sede per un esame complessivo del

ruolo di Chladni nella storia delle idee, né del notevolissimo impatto delle sue ricerche

sulla cultura filosofica, letteraria, scientifica e musicale dalla Frühromantik

all’Enciclopedia di Hegel inclusa7. E’ però necessario segnalare almeno alcune delle

principali conseguenze che parvero delinearsi a partire dalle scoperte del fisico di

Wittenberg, in modo da poter apprezzare appieno la peculiare e innovativa lettura che

contraddistingue l’opera di Novalis.

Come lo stesso Chladni insisteva nel rilevare, i fondamenti lessicali e concettuali

della teoria musicale fondata sulla fisica delle corde vibranti appaiono inadatti a cogliere

il fenomeno del suono nel suo autentico significato8. Grazie agli studi condotti da

Chladni sulla sonorità delle piastre, ma anche di aste, verghe, anelli, campane, cilindri,

forchette (diapason) e via discorrendo, il suono ritorna a inerire ai corpi abbandonando

la dimensione scarnificata del punto materiale, caro all’acustica razionalista. Con la

experimentelle Akustik di Chladni gli oggetti della forma più varia rientrano

nell’acustica non da semplici comprimari, bensì da protagonisti. Ma al tempo stesso essi

4 Cfr. Novalis, Schriften. Die Werke Friedrich von Hardenbergs, Stuttgart, Kohlhammer, 1960 ss., vol. III, p. 232; IV, p. 697, 1067.

5 Nell’introduzione all’edizione critica dell’Allgemeines Brouillon il curatore H.-J. Mähl suggerisce l’opportunità di un approfondimento del rapporto di Novalis con Chladni. Cfr. Novalis, Schriften, cit., vol. III, p. 236.

6 Cfr. D. Ullmann, Chladni und die Entwicklung der Akustik von 1750-1860, Basel, Birkhäuser, 1996. 7 Sul tema sia lecito rimandare a R. Martinelli, Musica e natura. Filosofie del suono 1790-1930, Milano,

Unicopli, 1999; «Il canto della natura. Herder, Goethe, Chladni e la “monadologia musicale” nel primo Romanticismo», in Intersezioni, 18 (1), 1998, pp. 85-102; «Osservando i suoni. Chladni e la storia dell’acustica tra Settecento e Ottocento», in Annali del Dipartimento di filosofia dell’Università di Firenze, n.s., 3, 1998-99, pp. 55-87.

8 E.F.F. Chladni, Entdeckungen über die Theorie des Klanges, cit., p. 70 s. Chladni critica J.G. Sulzer e Ch.P. Erxleben, ma soprattutto Jean-Philippe Rameau.

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non sono portatori di disordine acustico, di caotico e irrazionale rumore. Viceversa,

Chladni dimostra che la progressione lineare della serie armonica di sovratoni emessa

dalle corde vibranti non è che un caso particolare di una razionalità più complessa,

meno facile da afferrare ma tuttavia individuabile, soggetta a leggi ben precise ed anzi

addirittura visibile, una volta adottati gli opportuni accorgimenti.

Lungi dall’introdurre componenti «irrazionalistiche» tramite la teoria del suono,

Chladni mostra la parzialità della tradizionale dottrina acustica e musicale, prospettando

una teoria più comprensiva. Il suono riprende ad essere suono delle cose: è la natura a

far sentire la propria voce, non irregimentata in una formula universale ma diversa e

irripetibile per ciascun individuo. Le innovazioni scientifiche di Chladni rispondono

così a diversi requisiti cui l’età romantica, con la sua viva attenzione per la dimensione

della sonorità, fu particolarmente sensibile. Ma sarebbe completamente fuorviante

ricondurre tale attenzione – a livello filosofico, scientifico, estetico – a una sorta di

irrefrenabile compulsione o Sehnsucht irrazionalistica e sentimentaleggiante, della quale

l’aura ineffabile del suono e della musica si farebbero veicolo preferenziale. Si tratta

invece, nelle voci più significative ed attente, della feconda scoperta (magari solo

dell’ostinata ricerca) di un più vasto e più profondo senso nella natura e nell’esperienza

artistica umana, un senso dal quale la dimensione che potremmo dire acustica, in senso

lato, non può più essere espunta senza danno.

Sul carattere e i principi della filosofia del suono, ad ogni modo, le strade dei

protagonisti del tempo si divisero anche considerevolmente. Dell’opera di Chladni,

Goethe fu colpito soprattutto dalla possibilità di considerare pienamente naturale il

modo minore – poiché vi sono vari corpi, a partire dalle campane, la cui serie di

sovratoni genera una terza minore – istituendo così una «polarità» nel musicale; il tardo

Herder, quello della Kalligone del 1800 (ben diverse le tesi del Viertes Wäldchen del

1769), ritiene che l’intera musica si fondi sul «cerchio tonale» (Tonkreis): in una sorta

di «monadologia musicale», modellata sulla metafisica leibniziana, ogni tono rinvia a

tutti gli altri dal proprio specifico angolo prospettico, cosa che gli esperimenti di

Chladni hanno reso «addirittura visibile».

Anche Novalis comprese bene la portata scientifica ed estetica delle innovazioni

di Chladni. Ma il suo caso presenta delle specificità che lo rendono unico: nel portare

alle estreme conseguenze la filosofia romantica del suono, Novalis la trascende già per 4

più di un aspetto. Per chiarire il ruolo del suono nel quadro dell’«enciclopedistica»

sviluppata negli scritti filosofici hardenbergiani ci sembra opportuno approfondire il

senso di due espressioni occasionali, a tutta prima alquanto enigmatiche, dello stesso

Novalis: «acustica chimica» e «acustica trascendentale»9. In prima approssimazione, si

tratta dello studio del fenomeno del suono definito rispettivamente nel mondo naturale,

dove si manifestano gli effetti esemplificati dalle figure di Chladni, e nella sfera dell’io,

dove la sonorità svolge una funzione estetica e semantica di rilevanza primaria. Ma non

si tratta di una dicotomia: al contrario, l’«acustica» in questa duplice accezione mostra

in maniera esemplare il ricongiungersi di questi due momenti apparentemente

contrapposti, la «deduzione poetica» della loro unità. E’ questo il significato

dell’elevazione cui mirano i discepoli di Sais, della scoperta di sé dietro il velo di Iside10.

Alla fine della ricognizione, quasi che la dea concedesse di sollevare il «velo sonoro»

che impedisce di coglierne l’autentica voce, si potrà constatare che entrambe le strade

rimandano a una concezione unitaria e originale del suono.

2. Figure, cristalli, «caratteri»: acustica chimica

Il suono, leggiamo in uno dei Frammenti e studi risalente al 1799, «sembra non

essere altro che un movimento rifratto [gebrochne Bewegung], nel senso in cui il colore

è una luce rifratta»11. Alle condizioni sperimentali messe a punto da Chladni, in certo

modo analoghe a quelle del prisma newtoniano, il movimento subisce un processo di

rifrazione dal quale fuoriesce mirabilmente trasfigurato in sonorità, non senza lasciare

una «figura» a suggello della propria metabasi. Non solo il suono, peraltro, ma ogni

«qualità», ipotizza Novalis, potrebbe forse essere uno stato rifratto, e aggiunge: «Le

forme di cristallizzazione non sono forse – una forza di gravità rifratta?»12. Non si tratta

di spunti isolati. Si resta colpiti dalla frequenza delle occasioni in cui Novalis sottolinea

lo stretto legame tra il fenomeno della cristallizzazione (tema di indiscussa importanza

nella sua riflessione) e il meccanismo di produzione delle figure acustiche, poiché «le

9 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 336 e 464.10 «A uno riuscì – egli sollevò il velo della dea di Sais – Ma cosa vide? vide – miracolo dei miracoli –

Se Stesso»: ibidem, p. 525. Sui molteplici significati del riferimento a Iside cfr. F. Desideri, «La Dea velata: coscienza e natura in Kant, Schiller e Novalis», in Pensare la natura dal Romanticismo all’ecologia, a cura di P. Giacomoni, W. Müller-Funk e G.F. Frigo, Milano, Guerini, 1998, pp. 91-102.

11 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 644. Il suono si collega «quasi da se stesso con il movimento», cosa che spiega lo stretto legame tra musica e danza.

12 Ibidem, vol. II, p. 645. 5

cristallizzazioni in generale hanno certamente un’origine acustica»13. Come vi è un

ordine nella sequenza dei cristalli, così la serie delle Klangfiguren di Chladni è

determinata in modo rigoroso dalla successione dei suoni emessi dal corpo solido: «Sui

passaggi tra i cristalli. Applicazione di questa teoria alle trasformazioni delle figure in

generale. Non potrebbe influirvi l’acustica (?)»14.

Sono qui le matrici più profonde dell’idea di un’acustica chimica nel suo rapporto

con la «teoria delle figure» (Figuristik). Se il «principio chimico», infatti, è in generale

opposto a quello figurativo15, il paradigma acustico che attraversa l’opera filosofica di

Novalis riesce proprio a riconnettere i due ambiti. Si pensi al fatto elementare che «i

movimenti fissati sono linee», mentre il cerchio «nasce dalla vibrazione centrale di una

superficie»16. In altri termini, l’origine del cerchio è nel tipo di oscillazione che

caratterizza alcune delle più semplici figure di Chladni: si veda la fig. 89 nella tavola

VIII delle Entdeckungen, sopra riportata. Più in generale, se la geometria ha il suo

complemento nella plastica, la meccanica lo ha appunto nell’acustica17. L’acustica si

colloca in un certo senso tra la chimica e la teoria delle figure e riveste come tale un

ruolo strategico di mediazione.

Per questo motivo i lavori di Chladni meritano per Novalis la massima attenzione,

ma richiedono altresì un intenso lavoro di approfondimento e ampliamento. Sappiamo

che Novalis progettava di ripetere in concreto esperimenti di acustica18; di certo il suo

visionario e radicale sperimentalismo dà origine a diverse idee e progetti legati a una

chimica delle figure acustiche19. Talora egli immagina esperimenti chladniani con la luce

e il calore:

13 Ibidem, vol. II, p. 29. 14 Ibidem, vol. II, p. 496. Cfr. anche p. 418, dove Novalis affronta più ampiamente il problema delle

«sequenze di cristallizzazione» e parla di «Forme o figure acustiche della prospettiva» (Acustische Perspektivformen oder Figuren). Sull’importanza della chimica in Novalis cfr. F. Desideri, «Novalis e la chimica come “arte a priori”», in Annali dell’Istituto universitario orientale di Napoli (Sezione Germanica), n.s. III, 1-3, 1993, pp. 173-193.

15 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 321. 16 Ibidem, vol. II, p. 337. 17 Cfr. M. Piazza, «Simmetria e Rivelazione: Novalis e la matematica», in Annali dell’Istituto

universitario orientale di Napoli (Sezione Germanica), n.s. III, 1-3, 1993, p. 206. Altrove Novalis si esprime in maniera ancor più netta: «Geometria e meccanica si rapportano come scultura (Plastik) e musica». Novalis, Opera filosofica, cit. vol. II, p. 337, corsivo nostro. Plastica e musica sono poli opposti, che si rimandano però l’un l’altro reciprocamente, e in questo rimando l’acustica di Chladni ha un rilievo primario. Cfr. F. Roder, Die Menschwerdung des Menschen. Der magische Idealismus im Werk des Novalis, Stuttgart, Mayer, 1993, p. 499.

18 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 468. 19 Cfr. J. Daiber, Experimentalphysik des Geistes. Novalis und das romantische Experiment, Göttingen.

Vandenhoeck & Ruprecht, 2001, pp. 184 ss.6

Movimenti laterali dell’aria con il suono [Schall]. Movimenti figurati del suono come lettere dell’alfabeto (Le lettere dell’alfabeto non potrebbero essere state originariamente figure acustiche. Lettere a priori?) Movimenti laterali e figurati della luce e del calore. Le immagini colorate sono figure luminose [Farbenbilder sind Lichtfiguren]. Il raggio luminoso è l’archetto del violino che suona. Che cosa prende qui il posto della sabbia? Si (costringe) propriamente il suono a imprimere se stesso – a scriversi in cifre [zu chiffriren] – a trasferirsi su una tavola di rame. Ulteriore applicazione di questa idea. (Cospargimento di una tavola con polvere di fosforo – che assuma i colori della luce variopinta, o che, con un lieve riscaldamento di corpi diversamente configurati e variamente sfiorati, bruci – ed emetta luce – in figure particolari – Preparazione di questa polvere)20.

In questo passaggio si progetta di trasferire il procedimento di Chladni al dominio

dell’ottica, tanto che Novalis parla di Lichtfiguren in aperta analogia con le

Klangfiguren. Ciò è possibile in quanto il suono (Ton) è proprio il momento del

«passaggio dalla quantità alla qualità», mentre, inversamente, il colore è il passaggio

dalla qualità alla quantità21. Ne segue che entrambi i momenti, quello qualitativo e quello

quantitativo, non possono essere trascurati. Sotto questo profilo Novalis si distanzia

decisamente da Goethe, il quale istituiva una sorta di parallelismo tra prisma

newtoniano e monocordo «pitagorico», contrapponendo ad entrambi la considerazione

qualitativa della fisica sviluppata nella Farbenlehre e nell’abbozzo di Tonlehre, in parte

ispirata a Chladni.

Queste osservazioni consentono di mettere in luce, incidentalmente, un punto di

rilievo. Pur nell’interesse per le recenti novità, fin qui documentato, Novalis non nutre

alcuna velleità ricusatoria nei riguardi dell’intera tradizione quantitativa della fisica e in

particolare, per quanto qui ci concerne, dell’acustica. Prova ne siano le sue tesi generali

sul valore della musica, luogo ove la «vera matematica» appare «formalmente, come

rivelazione»22. Egli avvicina in più di un’occasione la musica all’algebra23 o all’analisi

combinatoria riconoscendo inoltre che «una Fuga è assolutamente logica o scientifica»24

e mostrando di apprezzare la teoria del basso continuo, utilizzata persino quale

paradigma esemplare della «disciplina della scienza» (Wissenschaftskunde)25. Con tutto

ciò, per la sua creativa ricezione delle tesi di Chladni, Novalis si distingue nettamente

dai «tradizionalisti» che non conoscono – o non riconoscono – gli studi di Chladni: da

Wackenroder, che idealizza il carattere «misterico» della matematica armonica e della

20 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 333.21 Ibidem, vol. II, p. 770. 22 Ibidem, vol. II, p. 677. 23 Ibidem, vol. II, p. 348. 24 Ibidem, vol. II, p. 390. 25 Ibidem, vol. II, p. 406.

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sua rispondenza psichica, allo Schelling delle lezioni sulla Filosofia dell’arte che esalta

la (sconosciuta) musica dei Greci e centra sul ritmo la sua filosofia del suono, fino a

Schopenhauer che invocherà Pitagora, Eulero e Rameau quali garanti del contenuto

della perenne verità della teoria musicale26.

Ad ogni modo, è caratteristico della posizione di Novalis che le applicazioni

dell’acustica non siano limitate al dominio della dottrina tonale. Proprio nel passaggio

che contiene l’espressione «acustica chimica» che è qui al centro dell’esame, Novalis si

chiede:

Non si potrebbe spiegare ogni formazione plastica, dal cristallo all’uomo, acusticamente, mediante un movimento impedito [gehemt]? / Acustica chimica27.

Esplorando il versante antropologico adombrato nella citazione scopriamo

ulteriori, inattese applicazioni delle Klangfiguren. In un frammento che si apre con il

riconoscimento della sopraggiunta insoddisfazione verso la teoria fisiologica browniana,

Novalis parla di un’«acustica dell’eccitazione» (Erregung) e ipotizza la produzione di

figure acustiche stereometriche28. In generale, la fisiologia rappresenta un serio banco di

prova per le nuove teorie. Quanto alla percezione acustica, Chladni era un fiero

avversario della teoria della risonanza. Egli sottolineava il ruolo del liquido presente

nell’orecchio interno (nel labirinto), capace di ricevere le vibrazioni e dunque di

trasmettere complessivamente – non già per singole parti – il suono. Non a caso Chladni

difendeva dai critici le tesi di Samuel Thomas Sömmerring circa il ruolo del liquido

presente nelle cavità cerebrali, potenzialmente atto ad attivarsi dinamicamente proprio

nel senso evidenziato dalle Klangfiguren29. Novalis adotta una linea strategica analoga,

contrapponendosi alla teoria della risonanza: «nell’orecchio il suono [Ton] nasce di

nuovo»30. Né Novalis si ferma a questo. «Le parole – egli azzarda – sono configurazioni

26 Cfr. R. Martinelli, Musica e natura, cit., pp. 63 ss. e 92 ss. 27 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 336. I. Bark, «Steine in Potenzen». Konstruktive Rezeption

der Mineralogie bei Novalis, Tübingen, Niemeyer, 1999, p. 290, sottolinea opportunamente la continuità istituita da Novalis tra le forme naturali inorganiche ed organiche.

28 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 398 s. 29 E.F.F. Chladni, Die Akustik, cit., 1830, p. 222 s. Cfr. C. Welsh, Hirnhöhlenpoetiken. Theorien zur

Wahrnehmung in Wissenschaft, Ästhetik und Literatur um 1800, Rombach, Freiburg, 2003, pp. 55 ss. Nel 1826 il giovane Wilhelm Sömmerring, figlio del celebre Samuel Thomas citato nel testo, in seguito insigne oftalmologo, collaborò con Chladni nella messa a punto di un metodo per evidenziare le Klangfiguren che si generano nei liquidi.

30 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 462 («Musica chimica»). 8

acustiche dei pensieri»: gli elementi del linguaggio derivano forse da microvibrazioni

acustiche prodotte dal pensiero nel suo svolgersi31.

Ma la fisiologia non è il solo campo del sapere dove l’acustica chimica di Novalis

trova applicazione. Alla produzione di figure acustiche si deve la proposta di

naturalizzazione della semiosi alfabetica, per cui le lettere dell’alfabeto, secondo quel

che si legge in un passaggio sopra citato, «potrebbero essere state originariamente figure

acustiche». E si devono ancora ricordare le riflessioni dedicate alla «filologia», intesa

come meditazione di ampio respiro sul valore simbolico del libro in quanto tale –  è

palese il riferimento alla Bibbia – e delle sue strutture componenti, nell’ipotesi che

«tutte le scienze costituiscono un unico libro. Alcune fanno parte dell’indice – altre del

piano, ecc.»32. In questa prospettiva, scrive tra le altre cose Novalis, «le illustrazioni, le

tavole, sono i segni superiori – dunque appartengono all’acustica superiore – passaggi

dal segno scritto all’immagine». La formazione di immagini da segni scritti è per

Novalis materia squisitamente «acustica» (tanto che il procedimento opposto è

adombrato come segue: «Segni peculiari – di ogni scienza – acustica capovolta»). E si

pensi al ruolo assegnato in questa visionaria filologia hardenbergiana alle note a piè di

pagina:

Le note sono [...] ostensioni. Esse contengono gli esperimenti e altre cose che servono a esplicare il testo, per esempio la bibliografia – Il testo manda un suono – la nota contiene la figura corrispondente33.

Non potrebbe essere più chiaro il riferimento alle figure di Chladni e al valore

universale dell’acustica, palesemente esteso ben al di là del dominio della Tonlehre o

della teoria musicale.

Nel complesso, i passaggi citati rimandano a uno spettro di questioni

apparentemente inconciliabili, nelle quali si riesce tuttavia a reperire un momento

unificante: la generazione fisica del qualitativo («dal cristallo all’uomo») ha natura

chemioacustica in quanto processo di trasformazione capace di determinare in ciascuna

occorrenza il carattere figurale (o «plastico») caratteristico. E questo procedimento si

eleva a costituire il paradigma di una semiotica e addirittura di una simbolica generale,

tutte ampiamente naturalizzate proprio dal rimando «acustico», che hanno un ruolo di

31 Ibidem, vol. II, p. 337.32 Ibidem, vol. II, p. 395. Cfr. M. Iwata, «Eine scientifische Bibel als das ideale Buch: zur

Enzyklopädistik des Novalis», in Herder-Studien, 6, 2000, pp. 26-55. 33 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 397.

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rilievo ovunque si dia la generazione di figure o segni: dalla teoria dell’origine della

scrittura alla «filologia» nell’ampio senso ora introdotto.

Chiarito il senso anzitutto naturalistico dell’acustica chimica, è dunque importante

non farsene sfuggire il profondo significato simbolico, che apre già la strada verso

quella «acustica trascendentale» cui dovremo dedicare ampio spazio. Non solo il suono

«imprime se stesso», infatti, ma

si dovrebbe (costringere) tutto a imprimersi acusticamente, a formare silhouettes, a trasferirsi in cifre34.

Lo sperimentatore prende in mano le redini del processo e impone alle cose lo

svelamento della propria cifra acustica. Ciò permette di intendere in che senso l’acustica

sia un preliminare necessario all’«arte del decifrare»35. Si tratta di trovare l’impronta

acustica delle cose, di studiare le vibrazioni originarie che danno origine ai vari

«caratteri», alle «cifre» delle diverse individualità.

Questo aspetto merita particolare attenzione. Nel passaggio citato poc’anzi, il

riferimento alle silhouettes lascia pensare all’apparato iconografico tipico degli scritti di

fisiognomica di Lavater, frequentemente citati da Novalis36, e con ciò all’eredità delle

dottrine del «carattere» (termine proponderante nelle opere lavateriane), che dall’idea

rinascimentale della signatura rerum conduce per vie varie e multiformi, in parte ancora

da esplorare, fino all’epoca di Novalis. Qui la teoria del «carattere», opportunamente

emendata, conoscerà una nuova fioritura soprattutto in ambito antropologico:

dall’Antropologia pragmatica di Kant (con la sezione sulla «Caratteristica

antropologica»), attentamente letta da Novalis poco la sua comparsa, a quella coeva (ma

inedita) di Wilhelm von Humboldt37. Ma probabilmente è solo in Novalis che la

segnatura del carattere acquisisce una natura eminentemente acustica: dietro la «figura»

vi è una sempre una vibrazione, un suono. Questo avviene, lo si è visto, per le diverse

forme di cristallizzazione, ma la cosa assume contorni precisi anche di natura – per

l’appunto – antropologica.

34 Ibidem, vol. II, p. 337. 35 Ibidem, vol. II, p. 495. 36 Cfr. U. Stadler, «Zur Anthropologie Friedrich von Hardenbergs (Novalis)», in Novalis und die

Wissenschaften, a cura di H. Uerlings, Tübingen, Niemeyer, 1997, pp. 87-103. 37 Sul rapporto tra le dottrine del «carattere» e l’antropologia aveva richiamato l’attenzione assai per

tempo Wilhelm Dilthey in La funzione dell’antropologia nella cultura dei secoli decimosesto e decimosettimo (1904), trad. it. in L’analisi dell’uomo e l’intuizione della natura. Dal rinascimento al secolo XVIII, a cura di G. Sanna, Firenze, La Nuova Italia, 1974, pp. 210-302. Su questi temi sia consentito rimandare a R. Martinelli, Uomo, natura, mondo. Il problema antropologico in filosofia, Bologna, Il Mulino, 2004.

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Il rimando al «carattere», beninteso, ha anzitutto lo scopo di rintracciare ciò che è

comune all’uomo e al mondo naturale. Per questa ragione Novalis può esprimersi come

segue:

I rapporti musicali mi sembrano proprio i rapporti fondamentali della natura. / Cristallizzazioni: figure acustiche di vibrazioni chimiche (Senso chimico). / Piante, animali, pietre, elementi, ecc. geniali, nobili, divinatori, prodigiosi, intelligenti, stupidi, ecc. Infinite individualità di questi esseri – loro senso musicale e individuale – loro carattere – loro inclinazioni ecc. / Sono esseri passati, storici. La natura è una città magica pietrificata38.

In assenza di ulteriori precisazioni, l’inizio di questo frammento sembrerebbe

rimandare alla cosmologia metafisica della tradizione, verso la quale peraltro (come si è

detto) Novalis non nutre alcuna animosità, riconoscendone invece la grandezza. Ma il

seguito non lascia dubbi: la corrispondenza tra i rapporti musicali e quelli naturali

appare ora trasfigurata, al punto che l’incontro avviene sul piano nuovo e diverso della

teoria ispirata agli esperimenti di Chladni e alle sue «acustische Figuren». Come le

«vibrazioni chimiche» sono all’origine dei fenomeni di cristallizzazione, le diverse

individualità, i «caratteri» degli esseri («geniali, nobili, divinatori, prodigiosi,

intelligenti, stupidi, ecc.») sono definiti all’origine da vibrazioni acustiche, che

cristallizzano nella «città magica pietrificata» della natura. In tal modo Novalis rilegge

il tema antichissimo del carattere musicale del mondo, la «vibrazione inconscia» che lo

definisce.

L’anima di chi vede spazialmente, figuratamente e plasticamente è musicale - le forme appaiono mediante vibrazioni di cui non si ha consapevolezza – l’anima di chi vede in se stesso suoni, movimenti ecc. è plastica - la varietà dei suoni e dei movimenti, infatti, nasce solo dalla figurazione39.

3. Musica e «ordo inversus»

E’ facile immaginare che l’idea hardenbergiana dell’acustica debba avere

conseguenze di rilievo in sede di estetica della musica. Al riguardo è necessario rinviare

anzitutto a un luogo speculativo di portata generale, che Novalis elabora fin dall’epoca

del serrato confronto filosofico con l’opera di Fichte. Una relazione di fondamentale

reciprocità consente al giovanissimo Novalis di superare l’impostazione fichtiana del

rapporto tra Io e non-Io, in quanto il reale è definito proprio da una sorta di

38 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 648. 39 Ibidem, vol. II, p. 361.

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«oscillazione» (Schwebung) tra questi due poli40. Inversione – e conseguente scambio –

si estrinsecano nell’opera filosofica di Novalis a livelli differenti, da quello ontologico

fino a quello estetico, che in questo contesto ci preme massimamente. Negli Studi

fichtiani del 1795-96 Novalis offriva un’interessante rappresentazione simbolica della

questione. Vergata sul quaderno un’immagine grafica speculare, una sorta di croce a più

bracci, Novalis osserva che Natura e Io «sono come due piramidi, che hanno un unico

vertice»41. Accanto a questa doppia piramide, Novalis traccia il simbolo della croce

iscritta nel cerchio, definita «immagine in assoluto» (Bild überhaupt). Questo simbolo è

associato da Novalis al tema della relazione tra analisi e sintesi, poiché «l’Analitico è

condizionato da una sintesi, il Sintetico da un’analisi», e il fatto che i due termini stiano

in tale rapporto, «ciò è l’Io per antonomasia» (schlechthin)42. La croce esprime in

maniera eccellente questo scambio o «chiasma», che è assoluto eppure al tempo stesso

determinato (iscritto nel cerchio). Negli stessi anni rifletteva sul senso di questa figura

anche Goethe, il quale (a prescindere qui dalla rilevante questione delle figure

«entottiche» di Thomas Seebeck) ricorda la simbologia della lettera greca chi, la prima

nel nome di Cristo (XristÒw) e ad un tempo simbolo della Croce; analogamente, in

Johann Wilhelm Ritter l’immagine in questione è simbolo dell’«uomo fatto di carne»

(Cristo), della vita, ma – significativamente – anche del «tono»43.

Non è ozioso osservare che una croce iscritta nel cerchio è la prima delle figure

ottenute da Chladni con le piastre circolari44. Beninteso, sarebbe del tutto fuorviante

ritenere che Chladni con i suoi esperimenti abbia suggerito a Novalis il pensiero

centrale del quale ci stiamo occupando: va ribadito al contrario che l’idea dell’ordo

inversus (così come la sua rappresentazione simbolica) ha origini, matrici e implicazioni

ben più profonde. Ma si concederà allora, proprio in ragione di tutto ciò, che Novalis

(come Goethe, come Ritter) ben difficilmente avrebbe potuto restare del tutto

indifferente di fronte al reperimento di questo Bild überhaupt, di una delle figure-

40 Cfr. M. Frank, Einführung in die frühromantische Ästhetik. Vorlesungen, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1989, che insiste sull’aspetto letteralmente speculare dell’inversione: «dopotutto, riflessione significa rispecchiamento, e ogni cosa che si rispecchia ha i lati invertiti», p. 253; G. Moretti, L’estetica di Novalis. Analogia e principio poetico nella profezia romantica, Torino, Rosenberg & Sellier, 1991, sottolinea non trattarsi della rinuncia romantica al mondo, bensì della «conoscenza completa del reale» (p. 40).

41 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. I, p. 118. 42 Ibidem, vol. I, p. 104. 43 Cfr. R. Martinelli, Musica e natura, cit., pp. 42 s., 52 s. 44 Cfr. supra, tav. I, fig. 2.

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simbolo più fondamentali, proprio al principio del vasto catalogo delle figure acustiche

di Chladni.

Nel considerare il problema della musica, occorre partire proprio dal peculiare

carattere chiasmatico della concezione hardenbergiana della sensibilità. In questo campo

– come altrove – Novalis adotta una teoria decisamente incentrata sulla funzione

simbolica:

ogni senso è rappresentativo – simbolico – un medium. […] Quanto più la rappresentazione […] è peculiare, astratta, potremmo dire, quanto meno è simile all’oggetto, allo stimolo, tanto più il senso è indipendente, spontaneo45.

Novalis insiste in particolar modo sul momento dell’inversione che questo

approccio rende possibile. La simbolicità del sentire comporta cioè una duplice

leggibilità del dato estetico: dall’esterno verso l’interno come pure dall’interno verso

l’esterno. Il possibile contrasto tra queste due opposte direzioni è risolto per così dire in

una doppia fungibilità che si armonizza con la ben nota semantica del termine

«estetica», in un tempo dottrina della sensibilità e filosofia delle arti. In breve, mentre

nella percezione l’uomo riceve a un primo ed elementare livello la «cifra» della natura,

nell’arte egli è il soggetto attivo dell’astrazione simbolica. Ogni artista pratica cioè in

primo luogo un’«inversione del senso» che per i più «è un mistero» ma che detiene un

significato estetico decisivo46. Il pittore dipinge con l’occhio, il musicista «ascolta in

modo attivo» e altrettanto fa il poeta nell’avvalersi di quel meraviglioso «strumento

musicale delle idee» che è la lingua47. L’io dell’artista diviene cioè effettivamente ed

autenticamente creatore in quanto rovescia la presunta passività del percepire,

affermando la propria libertà estetica.

L’artista ha animato nei suoi organi il germe della vita autoformativa – ne ha aumentato l’irritabilità per lo spirito ed è perciò in grado di far fuoriuscire attraverso di essi idee a piacere –  senza sollecitazioni esterne – di usarli come strumenti per modificare a piacere il mondo reale48.

E’ questo aspetto «rivoluzionario», fondato su una teoria attiva della sensibilità, il

vero senso del «magico» in Novalis, che tanto facilmente offre il destro a

fraintendimenti d’ogni sorta49. Ma per converso, a scanso di equivoci ulteriori, occorre 45 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. I, p. 489.46 Ibidem, vol. I, p. 514. Cfr. R. Haym, La scuola romantica. Contributo alla storia dello spirito

tedesco, trad. it. di E. Pocar, Milano, Ricciardi, 1965, p. 410 s. 47 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, 390. 48 Ibidem, vol. vol. I, 514. 49 La «magia» come «arte di utilizzare a piacimento il mondo sensibile» (ibidem, vol. I, p. 485) va

ricondotta all’«inversione» nel quadro della Wechselwirkung tra natura e spirito: il «mago» utilizza la 13

sottolineare senza indugi il valore antropologico generale dell’operazione: non solo

l’artista quale superiore e isolato genio, bensì ogni uomo, artista almeno in potenza, è in

diversa misura chiamato ad agire nel mondo, sviluppando il germe della propria

produttività.

La musica detiene un valore addirittura esemplare nel mostrare lo svolgersi di

questo procedimento. Pensiamo anzitutto al formarsi, favorito dall’esercizio costante,

dell’istinto cristallizzato nella mano del pittore o del musicista, che diviene «sede di un

istinto»50. Nelle vibrazioni della tavola armonica la natura parla con suoni e «figure»; nel

gesto del violinista, inversamente, sedimenta col tempo e l’esercizio un’intenzione

estetica frutto della capacità di udire in modo attivo. Ma soprattutto, il valore della

musica si deve alla sua somma lontananza da ogni esecrato effetto mimetico. Il notorio

deficit di «imitazione», che tanto spesso aveva suggerito di relegare la musica in

posizione secondaria nel sistema delle arti, si rivela all’opposto per Novalis il segno

della sua superiorità: «il musicista trae da se stesso l’essenza della propria arte – né può

sfiorarlo anche il più piccolo sospetto d’imitazione»51. Novalis non si affanna a

costringere la musica nel dominio dell’imitazione, «esterna» o «interna» (cioè degli

Affekte), ma se ne avvale all’opposto come caso paradigmatico per mostrare che tutte le

arti – pittura inclusa – non sono caratterizzabili in senso mimetico: il pittore trae da sé

non meno del musicista la materia e il significato della visione artistica.

In un certo senso, però, questo fa sì che la musica – in alcuni passaggi dell’opera

di Novalis – venga a trovarsi comunque relegata in posizione marginale. L’unità di

simbolo, strumento e materia nella tela pittorica, che rende difficile scoprirne la natura

«simbolica» e non imitativa, è infatti anche l’indice della maggiore vicinanza della

pittura «al santuario dello spirito», come dimostrato dal controproducente argomento

apologetico secondo cui l’effetto della musica, registrabile persino sugli animali, è

maggiore di quello delle altre arti52. Ma si tratta di uno spunto recessivo rispetto alle

considerazioni sulla musica che è legittimo evincere da numerosi altri luoghi. Circa

l’universale «lingua n» della musica leggiamo ad esempio nell’Allgemeines Brouillon:

natura come fosse il proprio corpo (vol. II, p. 325). Cfr. E. Heftrich, Novalis. Vom Logos der Poesie, Frankfurt a.M., Klostermann, 1969, pp. 140 ss.

50 Novalis, Opera filosofica, cit.,vol. II., p. 302. 51 Ibidem, vol. I, p. 514. 52 Ibidem, vol. I, p. 515.

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Lo spirito, stimolato in maniera indeterminata, diviene libero – questo gli fa così bene – gli sembra così familiare, così patrio – per questi brevi attimi è nella sua patria indiana. Tutto l’amore – e il bene, tutto il futuro e il passato si agitano in lui – la speranza e la nostalgia (Sehnsucht)53.

Questa esplicita rivalutazione della musica va in parallelo con una certa idea del

suono e della lingua. Il passaggio prosegue infatti:

Tentativo di parlare attraverso la musica in maniera determinata. La nostra lingua – all’inizio era molto più musicale e solo con l’andar del tempo si è così prosaicizzata – così detonalizzata [enttönt]. Adesso è divenuta piuttosto squillo [Schallen] – mero suono [Laut] se si vuole abbassare in questo modo questo bel termine. Essa deve divenire di nuovo canto. Le consonanti trasformano il tono [Ton] in suono [Schall]54.

Le asperità consonantiche prosaicizzano e detonalizzano la lingua, che deve

invece tornare «canto». Si tratta allora di aerizzare, di vocalizzare la lingua,

indirizzandola verso una forma che è al tempo stesso poetica e sommamente musicale.

Ciò diviene possibile in quanto Novalis abbraccia una filosofia del suono nella quale

l’elemento aereo detiene un’importanza filosofico-naturale ed estetica decisamente

crescente, come vedremo parlando più diffusamente dell’acustica trascendentale.

Osserviamo intanto che l’insistenza sulla dimensione simbolica dell’arte porta con

sé svariate conseguenze nel campo dell’estetica musicale, a partire dal noto

pronunciamento di Novalis in favore della «musica assoluta»:

La musica della danza e dei canti non è propriamente la vera musica. Ne è piuttosto una degenerazione. Sonate – Sinfonie – Fughe – Variazioni (:) questa è la vera musica55.

Per non fraintendere il senso dell’affermazione, banalizzandone il significato, va

chiarito anzitutto che Novalis non mira in alcun modo a una svalutazione della danza o

del canto, e meno che mai della voce umana in generale. Si tengano presenti, al

riguardo, i passaggi dove al teatro musicale viene attribuita una funzione innovatrice

rispetto a quello di prosa56, ma soprattutto la tesi inequivocabile secondo cui «la voce

umana è per così dire il principio e l’ideale della musica strumentale» 57. Che non si tratti

di una clamorosa ritrattazione rispetto all’estetica della reine Instrumentalmusik è cosa

53 Ibidem, vol. II, p. 311. Il testo e la traduzione italiana riportano «indische» (indiana). Malgrado l’indubbia attenzione romantica per l’oriente, è ipotizzabile un refuso per «irdische» (terrena), vocabolo che Novalis vergava con l’arcaica grafia «irrdische» (cfr. ad es. Novalis, Schriften, cit., vol. III, p. 259), potenzialmente foriera di un simile equivoco. Si tratta ovviamente solo di un’ipotesi: per chiarire la questione servirebbe un controllo sui manoscritti.

54 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 312. Novalis riprende qui alcune tesi del libello di Ch.G. Schocher, Soll die Rede auf immer ein dunkler Gesang bleiben, und können ihre Arten, Gänge und Beugungen nicht anschaulich gemacht, und nach Art der Tonkunst gezeichnet werden?, Leipzig, Reinicke, 1791.

55 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 773. 56 Ibidem, vol. II, p. 779. 57 Ibidem, vol. II, p. 337.

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che appare comprensibile a partire dalla valenza assegnata alla voce umana nell’opera di

Novalis, alla luce del peculiare rapporto di complementarità tra vocali e consonanti che

in essa viene istituito.

4. Vocali e consonanti: acustica trascendentale

La musica, come si è visto, consente di mettere pienamente in gioco la riflessività

del sentire che è il fulcro dell’«inversione» estetica: la possibilità che l’uomo ha di

emettere suoni, anzitutto tramite la propria voce, appare in tal senso assolutamente

fondamentale. Il suono e la voce permettono all’uomo (e più specificamente all’artista)

di intervenire nel mondo imprimendo per così dire in esso le «figure acustiche» nel

modo che è opportuno, bello e financo giusto. Già nelle Fichte-Studien Novalis

sottolineava infatti il nesso tra la «voce» (Stimme), la «disposizione d’animo» o anche

accordatura di uno strumento musicale (Stimmung), e l’esser «giusto», corretto

(stimmen) che rimanda al piano dell’etica, aggiungendo che la voce «esprime qualcosa

che si costitusce da sé» (Stimme drückt ein sich selbst Constituierendes aus)58. Si lascia

già apprezzare, in questo passaggio dal sapore scopertamente fichtianeggiante, la

prospettiva dell’«acustica trascendentale», che sconfina in una poetica e persino in

un’etica del suono59. Ed è proprio sviluppando il tema della Stimmung, e nel rimando ai

«rapporti musicali dell’anima», che Novalis individua il dominio dell’«acustica

dell’anima»: un campo «ancora oscuro, forse però assai importante»60. Acustica e

psicologia si ricollegano naturalmente perché il suono e l’anima, come Novalis scoprirà

presto, condividono la materia prima: l’aria.

Nei medesimi passaggi sopra citati dove prospetta una posizione subordinata della

musica tra le belle arti, Novalis suggerisce anche un contrasto tra i suoni disarmonici

della natura e la bella musicalità della voce umana. Egli oppone ancora all’Ichheit

58 Ibidem, vol. I, p. 252. Novalis associa alla famiglia di termini citata anche bestimmen (determinare) ed einstimmen (intonare o aderire). Secondo R. Leusing, Die Stimme als Erkenntnisform – zu Novalis’ Roman “Die Lehrlinge zu Sais”, Stuttgart, Verlag für Wissenschaft und Forschung, 1993, p. 2, in questo passaggio si esprime l’idea che «la dimensione acustica sia predominante in ogni conoscenza naturale» di cui si tratta nel romanzo.

59 Nel passaggio in cui utilizza l’espressione, Novalis suggerisce un paragone tra la geometria intesa come «dottrina trascendentale dei segni» (transcendentale Zeichenkunst) e la meccanica come «acustica trascendentale». Novalis, Opera filosofica, cit. vol. II, p. 464. L’espressione ci sembra però adatta a esprimere concetti di più ampia portata, ben documentabili nell’opera di Novalis.

60 Ibidem, vol. II, p. 506. In un altro contesto Novalis osserva: «qui gettiamo uno sguardo profondo e istruttivo nella natura acustica dell’anima, e troviamo una nuova somiglianza tra la luce e i pensieri – in quanto sia quella sia questi si associano a vibrazioni»: ibidem, vol. II, p. 337.

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musicale lo stridore inarmonico del mondo naturale, poiché «in nessun altro luogo

– come nella musica – è […] più evidente che è soltanto lo spirito a poetizzare gli

oggetti»61. Fichtianamente, è l’io a donare significato e valore melodico ai toni della

natura, considerati rozzi e manchevoli di spirito.

Ogni suono [Ton] prodotto dalla natura è aspro – e privo di spirito – soltanto all’anima musicale il fremere del bosco – il sibilare [Pfeifen] del vento, il canto dell’usignolo, il mormorare del ruscello, appaiono spesso melodiosi e significativi62.

Si noti un dettaglio: il «sibilare del vento» è associato al restante catalogo dei

suoni naturali, di per sé aspri e «geistlos», ad inclusione del melodioso canto

dell’usignolo. Nell’Allgemeines Brouillon – che a dispetto della vicinanza temporale

nella stesura esprime senza dubbio una concezione più matura sulla musica in seno al

pensiero di Novalis – le cose si specificano però diversamente. Scrive Novalis:

il ruscello e la natura inanimata parlano perlopiù in prosa – solo il vento talora è musicale63.

Si vede bene che il vento è qui separato e posto in una condizione estetica

differenziale, contrapposta alla prosa del suono mondano. E’ certo una variazione

marginale, ma è l’indice dell’avvenuto mutamento del punto di vista sull’intera

questione. Come fonte di sonorità la natura (almeno in parte) si riscatta, e al tempo

stesso la musica abbandona la posizione vicariale in precedenza assegnatale. Questa

«riabilitazione» del vento significa in primo luogo che i suoni naturali più somiglianti

alla fonazione umana detengono un significato del tutto peculiare; ma questa

formulazione, valida in prima approssimazione, esige un approfondimento che finisce

col rivelare parecchi altri aspetti di grande interesse.

Novalis riattualizza un’alternativa antica nella storia dell’acustica quando chiede:

«in generale, a suonare è propriamente il corpo o l’aria?». La sua risposta passa

attraverso un deciso apprezzamento del ruolo dell’elemento aereo, che non implica

tuttavia un passo indietro rispetto all’insistenza dell’«acustica chimica» sulla corporeità.

Novalis risponde infatti al quesito: «il fluidum elastico non è forse la vocale, e il corpo

la consonante – l’aria il sole – e i corpi i pianeti – quello la prima voce – questi la

seconda?»64. Su questa strada la questione acustica e glottologica del rapporto tra vocali

61 Ibidem, vol. I, p. 513. 62 Ibidem, vol. I, p. 514. 63 Ibidem, vol. II, p. 349.64 Ibidem, vol. II, p. 337.

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e consonanti assume le dimensioni cosmiche di una dualità immanente alla natura

stessa. Un elemento vocalico-aereo del suono si affianca a quello consonantico-

corporeo e in un certo senso gli si contrappone. L’elemento aereo rimanda anzitutto alla

dimensione psichica: «Del suono [Ton] ecc. La nostra anima dev’essere d’aria, poiché

capisce la musica e ne trae piacere. Il suono è sostanza aerea – anima dell’aria [Ton ist

Luftsubstanz – Luft Seele] – il movimento propagatorio dell’aria una sua affezione ad

opera del suono [Ton]»65.

Più in generale, l’aria «madre di tutte le cose»66 detiene un’importanza particolare

nel pensiero di questo novello Anassimene. Ciò vale anzitutto per la chimica

antiflogistica e «pneumatica» di Novalis, dove lo stato aeriforme o gassoso della

materia è la sintesi di quello solido e fluido67. L’elemento aereo è poi decisivo anche in

altro senso: «L’universalizzare, o il filosofizzare di un concetto o di un’immagine

specifica non è altro che un eterizzare, un aerizzare – uno spiritualizzare uno specificum

– o un individuum»68. Mentre nelle figure acustiche si lascia imprimere il «carattere»

specifico dell’individuo, nell’aria l’individuale si eleva a universalità. Proprio in questo

senso, in piena analogia con la tonalità dei brani musicali, ogni essere umano ha la sua

«vocale fondamentale»69. Accanto alle proprietà evidenziate in precedenza si scopre ora

nel suono un elemento complessivamente irriducibile alla chimica e alla Figuristik. Se

la corporeità concreta e consonantica del suono è il luogo elettivo dell’acustica chimica,

l’aerea sonanza delle vocali ne è lo specchio sonoro, la vera cifra riassuntiva

dell’acustica trascendentale.

Ma Novalis evita di prospettare la semplice contrapposizione (tipica ad esempio

del primo Herder, sulla scorta di Rousseau) tra il suono fisico inteso come Klang (o

Schall) e la funzione rivitalizzante del Ton, che ha il compito di riportare la lingua e la

musica alla purezza melodica delle origini. Il rapporto tra acustica «chimica» e

«trascendentale», cioè, non mette capo a un’opposizione frontale tra elemento aereo e

corporeo del suono condotta a vantaggio esclusivo del primo dei due elementi. La 65 Ibidem, vol. II, p. 462. L’anima stessa è «corpo consonato», osserva Novalis, senza mancare di

aggiungere un riferimento alle vocali, considerate in ebraico «anime delle lettere» (ibidem, vol. II, p. 398); altrove Novalis esprime stupore per l’assenza delle vocali nell’ebraico scritto (p. 396). Il procedimento centrale dell’acustica chimica viene ora riassunto nel vocabolo «Consonation»: ogni figura, osserva Novalis, nasce per «consonazione»: ibidem, vol. II, p. 400.

66 Ibidem, vol. II, p. 187. 67 Cfr. F. Desideri, «Novalis e la chimica come “arte a priori”», cit., p. 190 s. 68 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 462.69 Ibidem, vol. II, p. 334. Anche qui si fa sentire l’influenza del già citato Ch.G. Schocher.

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lingua dell’uomo è composta di vocali ma anche di consonanti; così anche nel mondo

fisico la forza è «vocale infinita» e la materia corrisponde alla consonante70.

L’elevazione e la «purificazione» del suono nella musica e nella parola poetica – tema

comune a tutta la Romantik – avviene in Novalis secondo un itinerario del tutto

personale: la dimensione vocalica del suono non nega né sopprime la matrice corporea,

ma ne libera all’opposto tutto il potenziale simbolico, collocandosi in tal modo al cuore

della teoria della «fiaba» e del «romantico». Nel presente contesto appare

particolarmente significativo che tutto questo avvenga in virtù del riferimento a uno

strumento musicale, l’«arpa eolia», per il cui tramite il vento si fa suono, quasi che a

cantare fosse la voce stessa della natura.

5. Armonica ed Euphon, chitarra e arpa eolia

Per inquadrare adeguatamente il tema dell’arpa eolia, evitando facili

semplificazioni, è opportuno muovere qualche passo preliminare nel singolare contesto

dell’organologia romantica. Non ci sorprenderemo di ritrovare qui nuovamente il nome

di Chladni il quale, parallelamente alle scoperte teoriche e in stretta correlazione con

queste, aveva tentato di introdurre nuove sonorità nella prassi musicale. Ciò sarebbe

dovuto avvenire grazie a due strumenti musicali di sua invenzione, l’Euphon e il

Clavicylinder, nei quali l’emissione sonora si basava sulle proprietà acustiche di

elementi vitrei di varia fattura71. Scienziato indipendente e girovago, Chladni usava

portare con sé l’Euphon e poi il Clavicylinder nei numerosi viaggi attraverso la

Germania e l’Europa, mantenendosi grazie alle esibizioni pubbliche nelle quali

illustrava al pubblico le figure acustiche e promuoveva i propri strumenti. La

correlazione tra scienza acustica e applicazioni organologiche, si badi, non è affatto

casuale: in diverse occasioni Chladni la teorizza quanto mai esplicitamente 72. Al suono

«armonico» dei cordofoni e dei fiati, i cui dispositivi di emissione ridanno assieme alla

70 Ibidem, vol. II, p. 400. 71 E.F.F. Chladni, Beyträge zur praktischen Akustik und zur Lehre vom Instrumentbau, enthaltend die

Theorie und Anleitung zum Bau des Clavicylinders und damit verwandter Instrumente, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1821, p. V. L’Euphon si suonava sfregando con le dita delle aste di vetro collegate a risonatori metallici; il Clavicylinder era invece munito di una tastiera, i cui elementi premono i risonatori corrispondenti contro un cilindro di vetro in permanente rotazione.

72 Ibidem, p. III s. Cfr. anche E.F.F. Chladni, «Von dem Euphon, einem neuerfundenen musikalischen Instrumente», in Journal von und für Deutschland, 1790, 7, 3. St., p. 201-202; «Geschichte der Erfindung des Euphons und einiger anderer akustischer Entdeckungen», in Magazin für das Neueste aus der Physik und Naturgeschichte, 1794, 9, 4. St. p. 100-116.

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fondamentale una serie di sovratoni in proporzione armonica (il tutto con le dovute

approssimazioni), Chladni tentava di contrapporre anche sul piano pratico ed estetico il

suono prodotto dallo sfregamento (con oscillazioni longitudinali) dei corpi solidi, come

aste o cilindri di vetro.

A fronte della straordinaria versatilità e delle possibilità espressive di cordofoni e

fiati, per tacere del coevo sviluppo del pianoforte, simili tentativi possono oggi apparire

ingenui o patetici73. Non va comunque dimenticato il fiorire di nuove proposte all’epoca,

in una sorta di febbrile «corsa all’oro» organologica che diede luogo a innumerevoli

tentativi, caratterizzati da alterne fortune74. Si pensi anzitutto all’impatto che aveva avuto

sul pubblico la Glasharmonika messa a punto da Benjamin Franklin nel 1761, che

generò una diffusa e duratura moda. Alla sua voce suadente e misteriosa si attribuirono

oscuri e profondi effetti psichici: ora di tipo terapeutico, ora di segno sinistramente

opposto75. Lo strumento seguì in certo modo le alterne fortune di Franz Anton Mesmer,

che se ne avvaleva nei suoi celebri ma discussi trattamenti terapeutici connessi

all’ipotesi del «magnetismo animale»76. Eppure tutto nasceva da un esempio di

americanissimo pragmatismo applicato all’organologia: colpito dai musical glasses in

voga in Inghilterra (semplici batterie di bicchieri sfregati sul bordo), Franklin aveva

ideato un sistema a pedale per la rotazione di coni vitrei concentrici, umettati mediante

una vasca di pescaggio, sui quali le mani potevano intervenire in modo più efficace.

Egli scriveva all’amico Giovanni Battista Beccaria: «in onore della vostra lingua, così

musicale, ho mutuato da essa il nome per questo strumento, chiamandolo l’Armonica»77.

Come è noto, strumento e terminologia non hanno resistito alla prova del tempo. L’eco

soave e vagamente mistica dell’«Armonica» non era comunque destinata ad dissolversi

tanto in fretta, se è vero che trent’anni dopo la sua invenzione Wolfgang Amadeus

Mozart – e non fu l’unico compositore di rango – le dedicò l’Adagio e rondò in do

73 «Mi rallegrerei – scrive Chladni – se ancora mentre sono in vita alcune delle cose qui introdotte fossero perfezionate da altri nel medesimo grado in cui è stato sviluppato il pianoforte a partire dalla sua prima invenzione». E.F.F. Chladni, Beyträge zur praktischen Akustik, cit., p. 15.

74 Cfr. D. Ullmann, Chladni und die Entwicklung der Akustik von 1750-1860, cit., 33 ss. e 87 ss.75 Cfr. C. Sachs, Storia degli strumenti musicali, trad. it. Milano, Mondadori, 1980, p. 481 s. 76 Cfr. D.A. Gallo, S. Finger, «The Power of a Musical Instrument: Franklin, the Mozarts, Mesmer, and

the Glass Armonica», in History of Psychology, 2000, 3, pp. 326-343. Pare che il primo contatto del diciassettenne Mozart con la Glasharmonika sia avvenuto proprio nella casa viennese di Mesmer: cfr. H. Abert, Mozart, trad. it. Milano, Il Saggiatore, 2 voll., 1984-86, vol. I, p. 354

77 In italiano nel testo. Franklin a Beccaria (London, 13. Juli 1762), in The Works of Benjamin Franklin, containing several political and historical tracts (...), ed. by J. Sparks, vol. 6, Boston, Gray, 1840, p. 352.

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minore (per Glasharmonika, flauto, oboe, viola e violoncello, KV 617), e un Adagio

solista in do maggiore (KV 617a)78.

Inseriti in un simile contesto, l’Euphon e il Clavicylinder di Chladni appaiono

tentativi meno isolati, tanto più in quanto supportati da una proposta teorica ben precisa,

capace di fugare al lume della scienza acustica le inquietanti ombre del mesmerismo che

aleggiavano sulla Glasharmonika. Non sappiamo se Novalis abbia assistito

personalmente ad una delle esibizioni di Chladni, né se abbia udito composizioni per

«Armonica» frankliniana. Tuttavia, in un fondamentale passaggio sulla musica

dell’Allgemeines Brouillon egli fa contestualmente riferimento alla «Harmonika» e

all’«Euphon»79. L’interesse di Novalis per la teoria e la costruzione degli strumenti

musicali dell’epoca è tutt’altro che casuale. Fedele al tema della «vocalizzazione», nel

senso sopra introdotto, Novalis si indirizza verso una progressiva sublimazione del

suono che è in certo modo in linea con la soave timbrica di questi verrofoni, ma che lo

induce a spingersi ancora avanti, in una direzione diversa. Leggiamo il passaggio per

intero:

Le consonanti sono le diteggiature e il loro succedersi e alternarsi ha a che fare con il modo di porre le dita sullo strumento [Aplicatur]. Le vocali sono le corde che suonano o le colonne d’aria. Il polmone è l’archetto in movimento. / Le molteplici corde di uno strumento sono solo espedienti di comodo – sono abbreviazioni. Esso è propriamente un’unica corda. Gli organi sono imitazioni degli strumenti a corda. Sul tono caratterizzante della corda – il fondamento di questa individualità – massa – lunghezza – spessore ecc. Sui toni concomitanti [Mittönungen]. Serie tonale di ogni porzione di corda. Durata dell’attacco. Punto d’attacco dell’archetto. Ponticello. Costruzione dello strumento. Armonica. Euphon. Sul suono delle campane. Teoria del suonare l’Armonica. L’Armonica coi tasti80.

Mentre la diteggiatura rientra nell’elemento consonantico, le vocali sono

decisamente associate alle corde e alle colonne d’aria dei fiati. La corda, con il suo tono

«caratterizzante», con la sua «individualità» e la sua vocalità immanente, assume

dunque nuovamente quel primato estetico che tendeva invece a perdere nella visione di

78 I due lavori sono frutto dell’interesse suscitato dal concerto dell’allora celebre virtuosa cieca Mariane Kirchgässner, la cui tournée aveva toccato Vienna nel giugno del 1791. La composizione del quintetto risale dunque a pochi mesi prima della morte del compositore. Cfr. H. Abert, op. cit., vol. II, p. 601.

79 Cfr. Novalis, Schriften, cit., vol. III, p. 283. Il passaggio non compare in questa forma nella traduzione italiana. I curatori dell’opera tedesca, infatti, hanno integrato l’originale «Euphon» con «Euphon[ie]», lezione accolta nella traduzione italiana che suona dunque: «Armonica. Eufonia»: Novalis, Opera filosofica, cit, vol. II, p. 310. Novalis ci sembra invece rimandare senza dubbio ai due strumenti di Franklin e Chladni, la cui conoscenza – a onor del vero – è ristretta a una cerchia di specialisti.

80 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 310 (trad. it. modif.). Circa l’«Armonica coi tasti», va detto che il primo passo di Chladni nell’organologia fu proprio quello di procurarsi un’Armonica frankliniana, cui tentò di aggiungere dei tasti. La cosa fu invece realizzata da C.L. Rollig e D.T. Nicolai, due organisti che dissuasero Chladni dal limitarsi a rimaneggiare uno strumento altrui, «sul cui valore», per di più, «le voci del pubblico erano in certa misura divise». Cfr. E.F.F. Chladni, «Geschichte der Erfindung des Euphons und einiger anderer akustischer Entdeckungen», cit., p. 107.

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Chladni. Ma non si tratta di un puro e semplice regresso teorico. La superiorità dei

cordofoni non dipende dalla razionalità matematico-armonica delle Mittönungen che si

generano, ma dall’esemplare leggerezza con la quale la corda vibrante assume su di sé,

sublimandolo, il «carattere» individuale che è in realtà all’origine di ciascun suono. La

corda, potremmo dire, ridà le più pure ed elementari Klangfiguren, ed è dunque

l’autentica «vocale» che anima la materia risonante dello strumento. Di qui il paragone

tra il polmone e l’archetto, di qui la tesi apparentemente paradossale che la voce sia

«principio e ideale» della musica strumentale.

In questo senso crediamo vada compresa la predilezione di Novalis per i

cordofoni e anzitutto per la chitarra, strumento al quale si fa più volte riferimento

nell’Enrico di Ofterdingen, sempre in stretta correlazione con l’attività poetica.

La poesia vuole specialmente – seguitò Klingsohr – essere esercitata come arte severa. Come semplice diletto cessa d’esser poesia. Il poeta non deve correr dattorno sfaccendato tutto il giorno e andar a caccia d’immagini e sensazioni. Questa è proprio la strada opposta. [...] Se volete affidarvi a me, non deve passare per voi giorno che non abbia arricchito le vostre conoscenze, e conseguito qualche utile veduta. [...] Io vi ammaestrerò con piacere nella tecnica della nostra arte, e leggerò con voi gli scritti più notabili. Voi potrete partecipare alle lezioni di Matilde, ed ella v’insegnerà volentieri a sonare la chitarra81.

Anche nell’opera filosofica compaiono alcuni riferimenti autobiografici a questo

strumento, del quale Novalis progettava di impratichirsi82. La chitarra romantica, portata

a notevoli vertici estetici ad opera di un piccolo drappello di virtuosi-compositori, è uno

strumento più piccolo e discreto di quello odierno, inadatto alle forme musicali di ampio

respiro ma capace di esaltare la fruizione di piccoli, talora deliziosi camei. Nel

complesso, non sbaglia Novalis ad associare nell’Allgemeines Brouillon la chitarra alla

«romanza»83. Il passaggio dal livello della «romanza» a quello della «fiaba» potrebbe

allora essere letto come il passaggio dalla chitarra allo strumento che in certo modo le

corrisponde specularmente, nell’ordine inverso: l’arpa eolia, strumento le cui corde non

sono pizzicate dal musicista ma mosse dalla natura stessa tramite l’azione casuale e

libera del vento.

81 Novalis, Enrico di Ofterdingen, trad. it. in Opere, cit., p. 213. Cfr. anche in precedenza: «Matilde gli raccontò che suonava la chitarra. – Ah! – disse Enrico – vorrei imparare, da voi. L’ho desiderato lungamente. – M’ha insegnato mio padre. Egli la suona incomparabilmente, – disse ella arrossendo» (p. 207). E ancor prima, quando nel libro illustrato scritto in una lingua sconosciuta (simile al latino o all’italiano), Enrico ha la visione di se stesso in varie immagini, leggiamo: «Verso la fine gli si presentò la più grande e solenne. Una chitarra stava tra le sue braccia e la landgravia gli porgeva un serto (...)»: ibidem, p. 197.

82 Novalis, Opera filosofica, cit., vol. II, p. 468. 83 «La chitarra ovvero reliquie dell’età romantica. Una raccolta di romanze di Novalis»: ibidem, vol. II,

p. 734; si veda anche: «Il romanzo è pienamente da considerare come una romanza» (p. 775).22

La Aeolsharfe si colloca in certo modo a metà strada tra mito e realtà

organologica. Per la sua valenza simbolica, essa ricorre assai spesso nella saggistica e

nella letteratura a partire dalla seconda metà del Settecento, allorché lo strumento

divenne un’autentica moda e fu concretamente realizzato in vari esemplari soprattutto

– se non esclusivamente – in Inghilterra e in Germania84. Il timbro dello strumento,

suggestivamente atopico ed altamente evocativo, per noi assimilabile a certe sonorità

elettroniche, non è troppo dissimile (a dispetto delle differenti modalità di emissione) da

quello di altri originali strumenti del tempo, del genere dei sopra citati verrofoni di

Franklin e Chladni.

Per quanto concerne Novalis, comunque, l’arpa eolia non rappresenta solamente

un vago e toccante simbolo. Dietro la sua elaborazione poetica vi è una precisa filosofia

del suono, la quale ci impone di separare gli scritti hardenbergiani maturi dalla

concezione ancora fortemente fichtiana del «primissimo» Novalis, che aveva imposto di

degradare il suono naturale alla mera negatività acustica di un non-Io tonale. La libertà

dell’io, esprimentesi nell’autodeterminazione della Stimme, è ora ascritta alla stessa

natura: l’acustica «trascendentale» svela infine uno dei segreti più riposti tra quelli che

emergevano a partire dalle enigmatiche figure di Chladni. Per questa ragione, in diversi

passaggi, Novalis annota considerazioni sul tema che sono degne della massima

attenzione.

La natura è un’arpa eolia – è uno strumento musicale – i cui suoni sono a loro volta tasti di corde superiori dentro di noi (Associazione d’idee)85.

Ma al tempo stesso:

Smisurata varietà dei suoni dell’arpa eolia e semplicità della potenza che la muove. Così con l’uomo – l’uomo è l’arpa, dev’essere l’arpa86.

Assurta nel primo passaggio a simbolo della natura, l’arpa eolia coincide pure con

l’uomo, inteso nella dimensione pratica del dover-essere. Nella voce umana come

nell’arpa eolia, lo spirito soffia sulle corde secondo la logica di una spontaneità libera

ed assoluta, ma non per questo meno rigorosa. Sulla scorta della sua filosofia del suono,

Novalis ci consegna così una raffinata versione acustica della caduta del velo di Iside, e

84 Cfr. C. Sachs, Storia degli strumenti musicali, cit., p. 478 s.; P. D’Angelo, «Arpa eolia», in http://www.newcom.pr.it/filosofia/arpa.htm.

85 Novalis, Opera filosofica, cit. vol. II, p. II, 485. 86 Ibidem, vol. II, p. 466.

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con ciò dell’«inversione» nella sua forma forse più pura ed elevata: del liberarsi – in un

solo gesto – della voce della natura e dell’uomo nella dimensione poetica. Con ragione

Novalis condensa qui, allora, alcune delle sue più incisive riflessioni circa la «fiaba» (la

quale è di per sé di natura «del tutto musicale»87) e il senso del romantico in genere.

Una fiaba è proprio come un’immagine di sogno – senza nesso – Un ensemble di cose ed eventi meravigliosi – per esempio una fantasia musicale – le sequenze armoniche di un’arpa eolia – la natura stessa88.

E ancora:

Elementi del romantico. Gli oggetti, come i suoni dell’arpa eolia, devono darsi tutto d’un tratto, senza motivo – senza rivelare il loro strumento89.

La dimensione acustica, tra chimica e filosofia trascendentale, pervade l’opera

hardenbergiana dai suoi fondamenti, per insinuarsi fino nelle vette più elevate.

87 Ibidem, vol. II, p. 491. 88 Ibidem, vol. II, p. 487.89 Ibidem, vol. II, p. 641.

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