84
Fig. 1. M. Lasne, R. P. Joannes Franciscus Niceron ex Ordine Minimorum, egregiis animi dotibus et singulari matheseos peritia celebris, obiit Aquis Sextiis 22 septem- bris an. Dni 1646, Aetat 33. Incisione. Parigi prima metà del XVII sec.

A. DE ROSA (2013). L’oblio del visibile, la memoria dell’invisibile: Jean-François Niceron taumaturgo ottico. In: a cura di A. De Rosa. Jean François Nicéron. Prospettiva, catottrica

  • Upload
    iuav

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Fig. 1. M. Lasne, R. P. Joannes Franciscus Niceron ex Ordine Minimorum, egregiis animi dotibus et singulari matheseos peritia celebris, obiit Aquis Sextiis 22 septem-bris an. Dni 1646, Aetat 33. Incisione. Parigi prima metà del XVII sec.

L'ObLiO DeL ViSibiLe, LA MeMORiA DeLL'iNViSibiLe:JeAN FRANçOiS NiCeRON TAuMATuRgO OTTiCOAgostino De Rosa

"L'obiettivo delle scienze naturali non è semplicemente accettare ledichiarazioni [narrate] degli altri, ma investigare le cause che sonoall'opera in natura" Alberto Magno, De Mineralibus, Libro II, tr. ii, i, Venezia 1495.

P. IOANNIS FRANCISCO NICERONO. GENI DEL MIRABILIBVS SVI OPERIBVS

Il ritratto (fig. 1) mostra un giovane Frate dalviso emaciato, delineato da una barba appenaaccennata, che indossa la tunica con cappucciotipica dell’Ordine religioso dei Minimi,1 mentresorregge con la mano la planche di uno dei suoitrattati, quello più prossimo alla data della suamorte, il 22 settembre 1646. L’incisione, esegui-ta da Michel Lasne,2 appare come un paradossospazio-temporale, soprattutto dal momento che ilsoggetto del ritratto non avrà il tempo materialedi vedere pubblicata la sua ultima opera, chepure stringe tra le sue mani nell’immagine e che,dunque, verrà edita postuma. Se il corpo è rivol-to al testo, il viso e soprattutto lo sguardo sonorivolti altrove, oltre i limiti della pagina illustra-ta, verso la sorgente di luce che si riflette nellesue terse pupille, orientate al di fuori dei cenaco-li religiosi e scientifici – romani e parigini – incui il giovane Frate minimo visse per gran partedella sua breve esistenza. Jean François Niceronmuore infatti ad Aix-en-Provence all’età cristo-logica di 33 anni, avendo speso la sua giovinez-za tra l’esercizio della fede, la ricerca scientificae le sperimentazioni applicative di una bizzarra,ma affascinante teoria della magia artificiale, almondo delle immagini e della percezione. Letracce di questa esistenza sono rarefatte, comesentieri dispersi in una radura improvvisamenteavvolta dalla nebbia, e dunque difficile risultaper lo studioso avvicinarsi a lui con così pochipunti di riferimento. Scarsi i documenti diretti,molti invece i riferimenti indiretti alla sua vita;una stima incontrastata dalle menti più notevolidell’Europa della prima metà del ‘600, e poi ilcorpus della sua opera scientifica e artistica,spesso negletta e trascurata: queste le coordinateche si offrono a chi affronti la descrizione del‘continente Niceron’, riecheggiate nei versi cele-brativi che accompagnano il suo ritratto:

“R. P. Joannes Franciscus Niceron ex

Ordine Minimorum, egregiis animi dotibuset singulari matheseos peritia celebris, obiitAquis Sextiis 22 septembris an. Dni 1646,

Æat 33.Ære micat mentis vis ignea, vultibus ore:Ars tibi, quid fingis? Suæ Niceronis erat.”

Già l’esame della sua unica effige ufficiale,come si diceva, solleva alcune osservazioni chein qualche modo ricapitolano il tracciato carsicoe obliquo della breve vita di Padre Niceron. Purrientrando nel trend stilistico dei ritratti di stu-diosi tipici della prima metà del XVII sec.,3 cheanticipano la memorializzazione iconografica delsoggetto prima della sua morte, l’immagine deli-neata dal Lasne, nel suo apparentemente asciuttoe ascetico approccio fisiognomico, offre alcuneincongruenze di natura ottico-prospettica, ilcampo di studi di cui proprio Niceron fu campio-ne. Il drappo alle spalle del Padre minimo è sol-levato, al fine di lasciarci intravedere, da unvano-finestra, il paesaggio romano del Pincio e,soprattutto, il convento della SS. Trinità deiMonti – dove Niceron soggiornò –, orientatoaccidentalmente rispetto al piano dell’immagine:ne scorgiamo appena l’attacco al suolo, in partevediamo la doppia rampa che consente l’accessoalla chiesa conventuale che si staglia in tutta lasua elegante simmetricità, con in evidenza le duetorri campanarie di gusto francese. Sulla plache che Niceron sorregge in posizioneverticale leggiamo in calce:

“F. Iaon Franciscus NiceronDelinea Romæ ano Sal. 1642

Ætatis Suæ 29”

Se ne deduce che essa fu redatta durante il secon-do soggiorno romano di Niceron (post gennaio1641- aprile 1642) e che, in quel lasso di tempo,l’autore stesse elaborando l’edizione latina e lerelative tavole del suo La Perspective Curieuse(1638), un’opera dedicata a svelare i segreti delleprospettive aberrate, note come anamorfosi, e

che l’uso della lingua francese aveva sottratto aduna più ampia diffusione tra gli studiosi di tuttaEuropa. La tavola selezionata da Niceron (fig. 2)è la n°13 raffigurante la Propositio Trigesima(30) (fig. 3) e dedicata alla rappresentazione pro-spettica di un “...un solido stellato sfericamentecon piramidi a basi quadrate.”4 La scelta di que-sto soggetto fu probabilmente legata alla novitàtematica che esso simboleggiava, suggerendocosì, per via grafica, l’ampliamento dell’edizio-ne latina rispetto a quella francese. Ritornandoall’immagine del cenobio romano raffigurato dalLasne, l’immagine della chiesa appare legger-mente compressa in altezza rispetto alle vedutestereotipate, cui l’incisore dovette probabilmen-te ispirarsi: forse la Vue de Rome (1632; NationalGallery, Londra) (fig. 4) di Claude ‘Lorrain’Gellée (1600-1682) che accostava ad una parte‘archeologica’ di totale invenzione, posta sulladestra del quadro, uno scorcio di Trinità deiMonti, probabilmente ripreso dal terrazzo supe-riore della casa dell’artista, all’epoca in viaMargutta.5 L’immagine del Lorrain, purmostrando il medesimo fianco dell’edifico, non èsovrapponibile a quella di Lasne, che appare ese-guita da una posizione più prossima al monu-mento. A quest’ultima sono invece decisamenteavvicinabili alcune vedute del complesso con-ventuale di incisori anonimi, risalenti alla primametà del XVII sec., in cui il punto di vista appa-re meglio compatibile con quello di Lasne e cheprobabilmente ispirarono, a loro volta, la celebreacquaforte della Chiesa della SS. Trinità de’Monti6 (1669) di Giovanni Battista Falda (1643-1678) (fig. 5). Al fine di comprendere la strategiaesecutiva del ritratto si è proceduto ad una cali-brazione, in ambito di fotomodellazione, tra leimmagini fotografiche attuali del complesso e lasua restituzione fornitane dal Lasne (figg. 6a, b):il risultato di questo processo di accoppiamentodelle coordinate spaziali del monumento agliomologhi punti rappresentati nelle immagini –grafiche e fotografiche –, indica che il punto divista assunto dal ritrattista sarebbe stato colloca-

3

Fig. 2. M. Lasne, R. P. Joannes Franciscus Niceron ex OrdineMinimorum. Dettaglio.

Fig. 4. C. ‘Lorrain' Gellée, Veduta di Trinità dei Monti, 1632. Olio su tela. National Gallery, Londra (Inv. 1319).

Fig. 3. J. F. Nicéron, ioannis Francisci Niceronis... Thaumaturgus opticus,Francisci Langlois, Parigi 1646. Tav. 13.

4

Fig. 5. G. B. Falda, La SS. Trinità de' Monti e Villa Medici, 1669. Incisione. Collezione privata.

Figg. 6a, b. 6a) Calibrazione degli elementi omologhi per la determinazione delpunto di vista da cui la facciata della chiesa della SS. Trinità dei Montiè stata rappresentata nell’incisione di M. Lasne. Elaborazioni digitali:C. Boscaro/Imago rerum.

6b) Il punto di vista riportato nella Nova pianta et alzata della cittàdi Roma (1676) di G. B. Falda, con una vista della nuvola di punti.Elaborazioni digitali: C. Boscaro/Imago rerum.

5

Figg. 7a, b. 7a) Confronto fra le vedute di Trinità dei Monti fornite da Niceron e dal Falda.

7b) Confronto fra le vedute di Trinità dei Monti fornite da Niceron e dal Falda (speculare).

to a circa -16.00 ml dal sagrato della chiesa, dun-que alla quota dell’attuale piazza di Spagna, e inprossimità dell’attuale via di San Sebastianello,al termine della quale si inerpica una delle rampeche raggiungono proprio il colle Pincio. Questodato confermerebbe che l’originario incisore,con tutta probabilità, eseguì il ritratto da unapostazione remota rispetto allo scenario delinea-to, cioè da Parigi dove la prima edizione delThaumaturgus opticus (1646) fu edita, venendoincorporata al suo interno.Lasne non poteva conoscere la topografia dellascena fondale da porre alle spalle del ritratto, nonessendo mai stato a Roma, e per eseguirla dovet-te basarsi su una incisione o uno schizzo – forsedi mano dello stesso Frate minimo? – ritraente ilConvento romano dei Minimi, centro devoziona-le e di ricerca scientifica del XVII secolo, chevide Niceron protagonista con le sue opere siateoriche che decorative. Oppure è ipotizzabileche il set scenografico corrispondesse ad unavera stanza sita probabilmente al piano terra, inun immobile appartenente all’Ordine deiMinimi, nei pressi della futura Piazza di Spagna.Nel caso prevalesse questa ipotesi o quella del‘plagio’ iconografico, rubricabile come praticaassai comune all’epoca, sorprenderebbe accor-gersi che invece la veduta della Chiesa minimi-tana sia offerta al nostro sguardo in modalitàspeculare rispetto alla realtà fenomenica dei luo-ghi: così che l’ala del Convento appaia a sinistradella chiesa e l’area, ancora libera, all’epoca,dall’ingombro di fabbricati, taumaturgicamentemigri alla sua destra, mostrando un muro diruto(un contrafforte, come nell’incisione di Falda) e

una vegetazione selvaggia che ne invada la som-mità (figg. 7a, b). Le fronde di un albero, collocato idealmente trala stanza che avrebbe ospitato Niceron e la colli-na del Pincio, sono disposte ad arte per nascon-dere alla vista porzioni urbane dei dintorni cheavrebbero lasciato immediatamente intuire iltrucco ottico ad un osservatore più smaliziato. Ma si trattava di un gioco illusionistico? ForseLasne e Niceron volevano divertirsi con il letto-re – coevo e futuro – del Thaumaturgus opticussin dal suo incipit, offrendo una sciarada graficadi gusto barocco che mostrasse come anche il piùaustero e quaresimale autoritratto potessenascondere un segreto – Vexierbild – dal quale losguardo del protagonista, diretto altrove, volessedistrarci o al quale, con la sua ostentata disatten-zione, suggerirci di prestare maggiore attenzio-ne, poiché la vista, tra i sensi tutti, è più fallace.Inizia dunque con un piccolo mistero questa sto-ria che ha per protagonista un geniale Padredell’Ordine dei Minimi, vissuto tra Parigi eRoma in anni mirabolanti e complessi (la primametà del XVII secolo), sia dal punto di vista cul-turale-scientifico che politico e la cui immagineè affidata a quest’unico ritratto, ben presto dive-nuto un modello per altri ritratti di suoiConfratelli, in primis per quello agiografico del-l’amico e maestro E. Maignan7 (1601-1676) (fig.8), e che forse descriveva in tralice la difficiledialettica esistenziale di una vita compressa frale esigenze di preghiera, morigeratezza e rinun-cia, tipiche della Regola dell’Ordine cui egliapparteneva, ed invece il continuo contatto mon-dano con il milieu scientifico e patrizio dei più

importanti cenacoli culturali dell’Europa. Sonoquesti i due poli, rappresentati nell’illustrazionerispettivamente dagli strumenti della conoscenzascientifica e prospettica – un compasso, unasquadra e un regolo –, e dal simbolo di vita reli-giosa e penitenziale – l’abito sacerdotale –, tra iquali oscillò l’opera di Jean François Niceron,immaginiamo non senza difficoltà, squadernan-do un universo fatto di visioni apocalittiche emeravigliose. La storia inizia così… Niceron8

era nato a Parigi il 5 luglio 1613 da ClaudeNiceron e Reneé Barbièr – residenti in RueSaint-Denis, parrocchia di Saint-Leu-Saint-Gilles – che lo battezzarono con il nome diFrançois: maggiore di due fratelli e due sorelle,dopo aver condotto i suoi primi studi presso ilCollège de Nevers9 (Parigi), all’età di 19 anni,nel 1632, orfano di padre, entra a far partedell’Ordine dei Minimi,10 presso il convento diNigeon-Chaillot11 (l’attuale Passy) (fig. 9a),dove svolge il noviziato. Il 26 gennaio 1632, ter-minato questo periodo di apprendistato, vieneammesso alla professione e poi al Convento diPlace Royale (Parigi) (fig. 9b) nel medesimoanno.12 Niceron è accompagnato da una renditaannua di 200 livres, frutto di una donazionematerna di ben 12000 livres in vista della profes-sione del figlio, attesa per il 7 marzo di quell’an-no.13 È in questa sede che assume il secondonome, Jean, in omaggio allo zio paterno,anch’egli ordinato Minimo.14 Al momento del-l’ingresso del giovane Niceron, l’Ordine fondatoda San Francesco di Paola15 (1416-1507, cano-nizzato nel 1519) contava in Europa ben 457monasteri (150 dei quali in Italia e 156 in

6

Francia), e il passaggio dalla parrocchia diNigeon al prestigioso convento di Place Royale16

– fondato da Maria de’ Medici (fig. 10) nel 1605,all’epoca non ancora completato – costituiva unacertificazione delle potenzialità scientifiche delgiovane devoto che, in ossequio della Regolapaolotta, riusciva a contemperare l’eserciziodella carità cristiana con la pratica degli studi.17

Durante il noviziato nel 1631, a 18 anni, Niceronaveva già concepito la sua prima opera artistica,un ritratto anamorfico di Jaques d’Auzolles deLapeyre18 (1571-1642) (fig. 11), celebre autoredel Mercure charitable,19 che proprio in que-st’opera la inserisce, fornendone dettagli crono-logici sul suo retro:20 si tratta di un’immagineaberrata, delineata e incisa da J. Picard, che siirradia su di una superficie orizzontale e siricompone qualora se ne osservi il riflesso su diun cilindro trattato a specchio, posto al suo inter-no, esattamente nell’area dell’immagine indivi-duata da un ritratto ‘rettificato’ dello scrittore –eseguito in foggia di medaglione –, definito dallostesso Niceron, “princeps chronographorum”.21

Secondo Frédéric-Charles Baitinger, l’applica-zione , da parte di Niceron, della tecnica anamor-fica catottrica al ritratto di Jaques d’Auzolles, èun esplicito indizio che oramai “…venendoassociata alle ultime scoperte scientifiche e tec-nologiche del suo tempo – l’ottica e la cameraoscura –, l’immagine dipinta aveva subito unavera rivoluzione, passando dal mondo incerto ecaotico dell’effigie, al mondo finito e sistemati-co della costruzione.”22 Introducendo uno iatotra l’idea di natura e suggerendo come se nepotessero imitare i princìpi operativi, l’anamor-

fosi catottrica in questione reifica “…il gestocartesiano del dubbio costringendo chi la con-templa a abbandonare l’immediatezza della pro-pria percezione per elevarsi ad un atto di giudi-zio senza il quale la forma che gli viene mostra-ta non resta che un simulacro.”23 Pochi anniseparano la realizzazione di questo ritratto catot-trico (1631) dalla pubblicazione della sua primaopera teorica, La Perspective Curieuse (1638) dicui tra poco diremo, ma già in quel periodo diformazione doveva essere ben chiaro al giova-nissimo Niceron che la sua predilezione perimmagini dalla forte caratura geometrica avessecome logica premessa un anti-platonismo difondo. Com’è noto, per il filosofo greco (427-347 a.C.) – Sofista (236 C6, 264 C4) – l’arte diprodurre immagini può condurre l’artista a duepossibili tipologie di rappresentazioni: quelleiconiche che tentano di replicare mimeticamente,in proporzioni e configurazione, il modello origi-nale (eikón), e quelle che ne riproducono l’appa-renza illusoria (phántasma) da un preciso puntodi osservazione. Così “all’arte che riproduceapparenza, ma non la somiglianza”,24 cioè all’ar-te pittorica, si dovrebbe attribuire più coerente-mente la definizione di arte fantastica, venendoquella inquadrata in un sistema rappresentativo‘illusorio’, che assecondi la fallacia dei nostrisensi, perpetrando in tal modo un duplice ingan-no nel mostrarci parvenze di parvenze. Ancorapiù rilevante è che, per Platone, “…l’immagine,sia essa iconica o illusoria parvenza, si frapponecome un doppio dell’oggetto reale, col quale nonpuò identificarsi, sebbene nel primo caso si sfor-zi di imitarlo approssimativamente, e nel secon-

Figg. 9a, b.9a) Portale della chiesa e ingresso del Complesso Conventuale deiMinimi di Nigeon. Incisione. A.-L. Millin, Antiquités Nationales, t. II,ch. XII, pl. 1, Parigi 1790.

9b) il Complesso Conventuale dei Minimi di Place Royale, primametà del XVII sec. Incisione. Bibliothèque Nationale de France, Est.,Va 244d.

Fig. 8. J. Michael, Ritratto del Padre emmanuel Maignan, 1669.Incisione. Parigi seconda metà del XVII sec.

7

Fig. 10. F. Pourbus il Giovane, Maria de' Medici in abiti vedovili,1613. Olio su tela. Museo Nacional del Prado, Madrid (Inv. P01624).Dettaglio

Fig. 11. J. F. Niceron, ritratto anamorfico catottrico di Jaques d'Auzolles de Lapeyre, 1631. Incisione. Archives Départementales duCantal, Aurillac Cedex (Auvergne).

Fig. 12. F. Hals, Portret van René Descartes, 1649 ca. Olio sutela. Musée du Louvre, Departement des Peintures, Parigi (Inv.1317).

Fig. 13. C. Duflos, incisore, Ritratto del Padre Marin Mersenne,prima metà del XVII sec.

8

Fig. 14. S. Vouët, Scena allegorica con anamorfosi catottrica, 1625ca. Incisione di H. Tröschel.

do caso si tratti di un inganno illusorio o, persi-no, di un’usurpazione.”25 Dunque proprio a quel-le apparenze illusorie, dalla natura fantasmatica,si rivolge precocemente il giovane Niceronquando realizza la sua prima anamorfosi catottri-ca che inibisce nell’osservatore la capacità dicomprendere se “… l’immagine non sia altro cheun’immagine, e quindi di farlo credere nella real-tà stessa. Lo scopo del simulacro in definitiva èquello di rimuovere se stesso dalla sua funzionerappresentativa, rendendo impossibile identifica-re l’immagine in quanto immagine”.26

L’anamorfosi catottrica costituisce una sorta dimeccanismo sensorio a cui, vicario, si avvicinalo sguardo, irreggimentato nella sua fissità, per-ché la meraviglia della ricomposizione parastati-ca dell’immagine si compia. E proprio nelSeicento l’ottica, traduzione in termini matema-tico-geometrici dei processi che sovraintendonoalla visione, si configura come sommo strumen-to, non solo di conoscenza scientifica dei proces-si illusori della percezione visiva, ma di ricrea-zione in vitro degli stessi. Risulta evidente che,all’epoca del ritratto di Jaques d’Auzolles,Niceron non potesse ancora aver letto alcuneopere seminali di René Descartes27 (1596-1650)(fig. 12), come La Dioptrique (1637) o lagéométrie (1637) che, proprio sul tema dellapercezione e degli errori cui i sensi inevitabil-mente ci condannano, si incardineranno. Ad esseavrà accesso sicuramente poi, frequentando siala babelica Biblioteca del Convento dell’Ordinedei Minimi di Place Royale (Parigi) che riunivaoltre ai preziosi volumi e incunaboli28 (ben ven-

timila opere censite all’epoca della Rivoluzionefrancese, aperta ‘al pubblico’ dei ricercatorialmeno dal 1639 al 1689,29 per consultazionequattro giorni alla settimana), anche i molti stu-diosi, tra i quali lo stesso Descartes (che perònon incontrò mai di persona), Claude Mydorge(1585-1647), Claude Hardy (1598-1678),Etienne de Villebressieu (*-1653) e FlorimondDebeaune (1601-1652), che frequentavano il cir-colo intellettuale di Padre Marin Mersenne30

(1588-1648) (fig. 13), secrétaire de l’europesavante, e che si riunivano nella sua cella ognisabato.31 Gli scienziati ivi convenuti – comequelli che corrisposero con lui da tutta Europa –erano prevalentemente interessati a questionifilosofico-matematiche e soprattutto alle impli-cazioni che l’idea di meccanismo poteva com-portare nell’analisi e nella riproduzione dei feno-meni naturali: non bisogna infatti dimenticareche Padre Mersenne fu promotore di un’accezio-ne anti-tomistica dell’idea di meccanismo, deltutto opposta a quella sostenuta ufficialmentedalla Chiesa, e dunque oggetto di ampio dibatti-to anche nel suo stesso cenacolo parigino. Lariconducibilità a meccanismo a cui i sensi tutti,in primis la vista, ma in generale le strutture vita-li possono essere ricondotte, scatenarono fortiripercussioni anche in ambito metafisico: in unsimile orizzonte ontologico, non è chi non vedail rischio di assimilare l’uomo a parte, frammen-to riducibilissimo di quella res extensa cuiDescartes dedicò tanta attenzione speculativa.L’opera di Niceron, sin da questa prima esperien-za artistica e scientifica, costituisce un tentativo

di sfuggire a questa inesorabilità meccanicista, diindividuare “…una strategia per evitare la ridu-zione delle apparenze alle leggi della materiainerte, o meglio, trovare il modo grazie al quale,di per sé, le apparenze dei corpi materiali fosse-ro riconoscibili e si rivolgessero allo spirito,riflettessero la loro alterità e il loro principio, pernon essere ridotte alle dimensioni della resextensa, al rigoroso modello meccanicistico espaziale di partes extra partes.”32 L’anamorfosiniceroniana si delinea come “….il luogo in cuil’ottica denuncia se stessa quale arte della finzio-ne”,33 sfuggendo alla omertà dei phántasma pla-tonici. Inoltre, “…invertendo il rapporto cosìstretto tra, da un lato, il punto di vista dello spet-tatore e, dall’altro, l’effetto del simulacro – nellamisura in cui il simulacro non è nulla senza ilpunto di vista per il quale e dal quale emerge –,l’anamorfosi allora protegge come il suo piùcaro segreto l’immagine che egli rappresentasolo per far vedere prima i suoi resti sfigurati.”34

Il ritratto mostruosamente deformato di Jaquesd’Auzolles è presente contemporaneamente allasua immagine rettificata, così che della sciaradavisiva sia fornita, dal suo stesso autore, anche lasoluzione, senza creare dubbi interpretativi nel-l’osservatore. Lo specchio assume qui un ruoloscientificamente cartesiano, evitando la sua tipi-ca funzione magica.35

È probabile che Niceron avesse visto le primeanamorfosi catottriche nel 1627 a Parigi: si trat-terebbe di alcuni esotici esemplari importati inFrancia dal pittore Simon Vouët (1590-1649)(fig. 14) al suo rientro da un viaggio a

9

10

Costantinopoli, e lì acquistati tra il 1611 e il1612.36 Comunque, l’opera sembra fosse stataeseguita senza alcuna consapevolezza ‘proietti-va’ da parte del giovane Niceron, ma con risulta-ti così convincenti che lo stesso Jaquesd’Auzolles lo definisce

“…très-excellent esprit et très-savant homme(si alors on le devait appeler homme, n’ayantque quelque dix-huit ans) en tout ce quidépend de l’optique; ce gentil esprit lors quemoins j’y pensais s’avisa de faire de monportrait la suivante figure, laquelle sembleplutôt un monstre qu’un homme, mais yappliquant un cylindre et le mettant sur lerond qui est marqué cela me représente sinaïvement bien, qu’il ne s’est fait portrait demoi soit plus semblable.”37

Queste espressioni di stima trovano una sorta direciprocità nel fatto che lo stesso Niceron avreb-be poi realizzato il disegno per un monumentoequestre commemorativo per Jaques d’Auzolles,oggi andato perduto. Secondo il Whitmore, “…ilritratto di Auzolles eseguito da Niceron risulta[...] in linea con l’interessante e inedita speri-mentazione in una forma d’arte che era diretta-mente collegata a problemi di decorazione d’in-terni, mentre l’opera teoretica che egli [Niceron,n.d.R.] redasse implicava un perfezionamentodella tecnica di proiezione cartografica rispettoalla quale esistono prove di un suo interesse per-sonale”,38 come poi vedremo.A questa categoria di immagini, inserite in dispo-sitivi catottrici rigenerativi, appartengono anchei quattro oli su tela (eseguiti a Parigi nel 1635circa; figg. 15a-c),39 di dimensioni contenute (50x 66,5 cm), rettificabili attraverso la loro rifles-sione su cilindri tirati a specchio, visibili oggipresso la Galleria Nazionale d’Arte Antica inPalazzo Barberini (Roma), e ritraenti rispettiva-mente: Ludovico Xiii davanti a un crocefisso,Luigi Xiii, San Francesco di Paola e una Scenadi vita matrimoniale.40

J. Bousquet,41 citando un inventario dellaCollezione Barberini risalente al 1631, attribui-sce a Niceron anche due ritratti ‘in scorcio’, davedersi con l’ausilio di ‘un cannoncino d’accia-ro’, rispettivamente di enrico iV di Francia eLuigi Xiii, oggi andati perduti. L’autore conclu-de, sulla base di quel documento, che essi fosse-ro stati realizzati in quella data, e tuttavia l’in-ventario, cui fa riferimento, risulta copia di unoantecedente,42 risalente al 1627, allorchèNiceron avrebbe avuto solo 14 anni. Pertanto ledue anamorfosi catottriche in questione sarebbe-ro state donate a Francesco Barberini dalCardinale Bernardino Spada, Nunzio Apostolicoalla corte di Francia fino all’inizio del 1627. Èdunque possibile che il Cardinale, nominato dal

Papa Urbano VIII protettore di alcuni Ordinireligiosi – tra i quali il cistercense, il premostra-tense, il cappuccino, ma soprattutto quello deiMinimi43 –, avesse portato con sé, al suo rientroin Italia, alcuni esempi delle straordinarie capa-cità inventive, in ambito anamorfico-catottrico,del precocissimo Jean François. Nonostante unodei soggetti di queste due anamorfosi catottricheperdute – segnatamente il ritratto di Luigi Xiii –coincida con uno degli esemplari conservatipresso la collezione di palazzo Barberini, nondovrebbe esserci alcuna relazione fra i due gio-chi catottrici oggi esposti nella collezione roma-na, essendo stati acquisiti dal Ministerodell’Educazione italiano solo nel 1937.44

L’effetto stupefacente di ricomposizione perriflessione di queste immagini deformi è ottenu-to da Niceron applicando le costruzioni geome-triche poi presenti nel trattato ‘in volgare’ del1638 – riviste e affinate nell’edizione postumacui si faceva dianzi riferimento –, che si basava-no a loro volta su quelle elaborate dal matemati-co francese Jean-Louis Vaulezard (*-*), nellaPerspectivae cilindrique et conique ou traictédes apparences vuës par le moyen des miroirs45

(Parigi 1630; fig. 16), ad uso dei suoi studenti,che furono i primi a fargliene richiesta: esse pre-vedevano un’iniziale deformazione in anamorfo-si piana della figura, per passare poi alla sua ‘tra-sformazione’ catottrica. È interessante notarecome il procedimento proposto dal Vaulezard sibasasse sull’impiego simultaneo delle due proie-zioni ortogonali – pianta e prospetto – dell’og-getto dato, compresenti nella tavola preparatoria,e come tale scelta costituisca una delle anticipa-zioni di quello che noi oggi conosciamo comemetodo di Monge. Tale metodo, codificato soloalla fine del XVIII secolo, era già impiegato danumerosi trattatisti ed architetti, in assenza diuna completa consapevolezza proiettiva, che quiappare invece interamente intuita.46

Gli schemi elaborati in maniera geometricamen-te coerente da Niceron costituiranno, dal 1638 inpoi, il punto di riferimento obbligato per gli ope-ratori che si sarebbereo cimentati con il comples-so mondo delle anamorfosi catottriche, la cui dif-fusione è attribuibile, oltre che a Jean Dubreuil(1602-1670; fig. 17), anche a Mario Bettini(1584-1657; fig. 18), Athanasius Kircher(1602–1680; fig. 19) e Gaspar Schott (1608-1666; fig. 20), quest’ultimo pupillo diMersenne.47

Intanto, Reneé Barbièr segue amorevolmente lacarriera ecclesiastica del figlio Jean François:dagli Annales de l’Ordre des religieuxMinimes relativi al Convento parigino, appren-diamo di una sua donazione di 600 livres per unornamento rosso,48 avvenuta nel 1635, lo stessoanno in cui (14 dicembre 1635) Niceron venneammesso all’Ordine del Diaconato insieme ad

Figg. 15 a-c. J. F. Nicéron, anamorfosi catottriche, 1635 ca. Olio sutavola. Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma.a. Ludovico Xiii davanti a un crocefisso (Inv. 1953); b. Ritratto di Luigi XiiI (Inv. 1954);c. San Francesco di Paola (Inv. 1955);d. Scena di vita matrimoniale (Inv. 1956).

11

altri Confratelli.49 Risale al 1638 un’ulterioreofferta, in occasione della prima messa celebratadal figlio, di “…un très beau calice, burettes,cuvette, un grand plat, un aiguière, le tout d’ar-gent bien ciselé, pesants trente mars.”50 Pursenza tralasciare lo studio delle discipline teolo-giche e filosofiche, il giovane Jean Françoisnutriva una particolare inclinazione per gli studimatematici e un notevole interesse per l’ottica, lacatottrica e la diottrica, che convogliò nella suaprima opera trattatistica: proprio in quell’annofatidico infatti il venticinquenne Niceron pubbli-ca a Parigi, presso Pierre Billaine, LaPerspective curieuse, ou magie artificiele deseffets mervellieux…51 (1638; figg, 21a, b), operainfluenzata dai testi di Salomon de Caus (LaPerspective, Londra 1612; fig. 22) e del già cita-to Jean-Louis Vaulezard (Abrégé… de la per-spective par l’imitation, Parigi 1635), e tuttaviaoriginale anche rispetto a più celebri predecesso-ri.L’opera in-folio – dedicata a monsignor GiorgioBolognetti,52 Vescovo di Ascoli Satriano – con-sta di 20 pagine non numerate (comprendentil’epistre, la Permission du R.p. Provincial del’Ordre des Minimes en la Province de France, ilSommaire de ce qui est contenu e la Preface etadvertissement), 120 numerate (comprendenti iPreludes géométriques, le Definitions necessai-res e i libri i-iV),53 due ancora non numerate e 25tavole, le cui illustrazioni furono incise da Joan

Blanchin54 ma su disegno dello stesso Niceron,la cui abilità grafica pare fuori discussione, cometestimoniano le già citate sue prime prove incampo artistico.Consapevole del grado di raffinatezza cui erapervenuta la tecnica prospettica nel corso delCinquecento e all’inizio del Seicento, Niceronaffronta il problema delle deformazioni con unapproccio che oggi si potrebbe definire ‘proietti-vo’ ante litteram, abbandonando gli espedientipratici ormai ampiamente sfruttati,

“…poiché si tratta di una cosa di poco peso eper la quale non è necessario avere alcunaconoscenza della prospettiva.”55

Nel suo trattato il Padre Minimo, mostrando unaprofonda conoscenza delle teorie prospetticheformulate dai suoi predecessori, sia italiani chefrancesi e tedeschi, assume un ruolo di primopiano nello sviluppo della disciplina, sterzandoverso un approccio ‘archimedeo’ piuttosto che‘platonico’ nelle questioni espositive, in cui cioèè privilegiato il versante applicativo di un temarispetto a quello astrattamente speculativo. Il pri-mato dell’ottica è subito stabilito, in quanto, tra isensi, domina proprio la vista, come lo stessoDescrates sosteneva nella sua premessa a LaDioptrique. Con linguaggio chiaro e rigoroso,Niceron propone e risolve numerosi problemi diprospettiva lineare, accompagnando la spiega-

Fig. 16. J.-L. Vaulezard, Perspectivae cilindrique et conique ou traic-té des apparences veuës par le moyen des miroirs…, Parigi 1630.Frontespizio.

Fig. 17. J. Dubreuil, La Perspective practique, Parigi 1642. Antiporta.

Fig. 18. M. Bettini, Apiaria universae Philosophiae Mathematicae, Bologna1642. Antiporta.

Fig. 20. G. Schott, Magia universalis naturae et artis…,Parigi 1657-1659.Frontespizio.

Fig. 19. C. Bloemart, Ritratto di Athanasius Kircher, in A. Kircher,Mundus Subterraneus, Amsterdam 1664. Incisione.

12

Fig. 21a. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, ou magie artificiele des effets mer-vellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Antiporta.

Fig. 21b. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, ou magie artificiele des effetsmervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Frontespizio.

Fig. 21b. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, Parigi 1638. Tav. 2r: Premiere pro-position un point essant donné au plan....

Fig. 22. S. de Caus, La Perspective, avec la raison des ombres et miroirs,Londra 1611. Frontespizio.

13

14

zione teorica con le splendide tavole incise dalBlanchin. Tra i numerosi contributi offerti dalPadre parigino, è interessante notare come egli, adifferenza dei suoi antesignani, preferisca nellesue costruzioni l’impiego del ‘punto di distanza’(fig. 23), rimanendo del tutto estraneo alla con-suetudine del cosiddetto ‘punto di concorso’, edunque optando per un procedimento cheall’epoca si riteneva introdotto nella pratica arti-stica da Baldassarre Peruzzi, ma poi ampiamen-te diffusosi in nord Europa56 (figg. 24a, b).Sicuramente Niceron dovette riferirsi all’impie-go intensivo fàttone da Daniele Barbaro nellecostruzioni prospettiche presenti nel suo La pra-tica della prospettiva (Venezia 1569), grazie allequali dalla vera forma di un quadrato, tracciata aldi sotto della linea di terra (perfetto), era possibi-le ottenerne lo scorcio (degradato) attraverso ilribaltamento sul quadro del punto di vista (figg.25a, b). Quest’ultimo, migrando dalla sua posi-zione frontale, collocata nello spazio fisico del-l’esperienza percettiva, al foglio da disegno finoa divenire parte di esso, garantiva in un’unicatavola sintetica tutte le costruzioni necessarie pereseguire prospettive coerenti di figure piane:Niceron intesifica retoricamente questa consu-stanzialità tra osservatore – monoculare e adi-mensionale – e piano della rappresentazione,evitando di delineare il quadro di profilo e assi-milando il punto di distanza laicamente alla figu-ra di un uomo in panni borghesi. Il metodo adot-tato da Niceron quindi mitigava l’eccessiva rigi-dità costruttiva del Barbaro, integrandolo con imetodi proposti da Jean Cousin (1490-1560/61;

fig. 26), Jacopo Barozzi detto il Vignola(1507–1573; fig. 27) – soprattutto la sua secon-da regola – e Salomon de Caus (1576–1626; fig.28) – regolarizzandone proiettivamente l’uso deipoinct d’eslongment – nei rispettivi trattati.57 Ilricorso a continui ribaltamenti in situ degliaggetti relativi ai punti notevoli delle figure darappresentare, impiegando archi di circonferenzee non semplici diagonali lineari a 45° (fig. 29),esprime inoltre una scelta grafico-espressiva alcontempo elegante e rigorosa, in linea con ilcoevo sviluppo degli strumenti per il disegnotecnico, in primis del compasso, ma anche conl’alto tasso di eloquente didascalicità affidatoall’illustrazione. Questa sensibilità orientata arendere sempre intellegibile al lettore, con unaligne claire, sia l’aspetto astratto delle costruzio-ni prospettiche, che il risultato finale cui essedevono tendere nella pratica pittorica, è ben evi-denziata anche da altre due caratteristiche meta-narrative delle planche che illustrano il trattato:da un lato, la costante presenza di una sinteticaimmagine finale, in cui si restituisce opacità allesupefici studiate, che vengono rivestite di ombreproprie e che proiettano spesso realistiche ombreportate;58 dall’altro, l’impiego di piani ausiliarinon ortogonali al quadro su cui delineare lequote, se non addirittura i prospetti interi deisolidi o delle superfici rappresentate (fig. 30):l’introduzione di queste immagini oblique con-tribuisce non solo a liberare l’immagine dall’af-fastellarsi di troppe linee convergenti nel classi-co punto principale, dispiegando così sul pianoausiliario costruzioni altrimenti eccessivamente

Figg. 24a, b. J. Pelerin detto il Viator, De artificiali perspectiva, Toul1521, pp. 8, 9.

15

scorciate, dunque poco utili didatticamente; maintroduce anche, in maniera subliminale, il temadelle anamorfosi dirette, sviluppato nel SecondoLibro de La Perspective Curieuse, mentre nelTerzo e Quarto l’autore affronta e risolve i pro-blemi posti rispettivamente dalle immaginicatottriche e da quelle distorte per effetto dellarifrazione, di cui parleremo più avanti. Introducendo i contenuti nel Secondo Libro,l’autore precisa che in esso

“…sono dichiarati i modi di costruire nume-rosi tipi di figure appartenenti alla visioneretta, le quali fuori dal loro punto [di osserva-zione] sembreranno deformi e senza senso, eviste dal loro punto [di osservazione] appari-ranno ben proporzionate.”59

L’intenzione di Padre Niceron non è quella dicurare un regesto critico dei migliori trattati a luiprecedenti, ma di occuparsi delle

“…gentilezze della prospettiva curiosa, lequali, come hanno divertito lui e distrattolodalla serietà degli studi teologici, potrannonon essere sgradevoli ai curiosi.”60

Niceron, con l’ausilio di numerose incisioni,descrive in maniera molto dettagliata la genesidel processo anamorfico, seguendo un procedi-mento, chiaro e sequenziale, per la distorsionegeometrica di semplici figure piane: assegnata lafigura da deformare in un reticolo a maglie qua-drate, stabilisce la posizione del punto di vista

dal quale l’immagine dovrà apparire rettificata.La distanza dell’osservatore dall’ideale reticolo,il cui bordo inferiore si sceglie coincidente conquello deformato, fornisce la posizione delcosiddetto ‘punto di distanza’, mediante il qualeè possibile verificare la correttezza degli scorcidelle suddivisioni trasversali (fig. 31). Uno deglielementi critici che emergono dalla trattazioneniceroniana dell’anamorfosi è l’inedito sovverti-mento ontologico del set scenico previsto dallaprospettiva comune, che classicamente contem-plava il piano figurativo disposto tra l’occhiodell’osservatore e l’oggetto da rappresentare:Niceron scardina questa liturgia, ammettendoche l’oggetto possa essere disposto accidental-mente tra gli altri due elementi,61 così da produr-re ulteriori distorsioni in fase proiettiva, in pri-mis l’effetto che l’immagine anamorfica aggettiverso l’osservatore, una volta rettificata. I pro-dromi di questo approccio proiettivo devono rin-tracciarsi in Piero della Francesca, segnatamentenella sua prospettiva di un rinfrescatoio con pie-distallo, oggetto della fig. LXXIX (fig. 32) delsuo De Prospectiva Pingendi (1482 ca.): qui iparalleli della coppa, rappresentata in alzato,vengono sottoposti ad un’intensa azione di pro-iezione prospettica da un punto di vista che esor-bita dai limiti dell’illustrazione, e le cui immagi-ni circolari, ribaltate in situ, sono accolte dallasuperficie di una tavola-quadro orizzontale.Piero ottiene così il contorno della figura – perinviluppo di cerchi – che è interpretabile comel’ombra portata della coppa o, ancora meglio,come sua anamorfosi: per la prima volta, nella

Figg. 25a, b. D. Barbaro, La pratica della perspettiva di monsignorDaniel barbaro, Venezia 1569, Parte Seconda, pagg. 32, 33.a. Modo di ridurre in quadro il piano degradato.b. Divisione del quadro digradato in perfetto.

Fig. 26. J. Cousin, Jean, Livre de perspective, Parigi 1560, f. A5:Règle ou figure par laquelle la source et l'origine de l'art de perspec-tive nous peut être déclaré.

Fig. 27. J. Barozzi detto il Vignola, Le due regole della prospettiva pratica di M.J.b. da V.,Bologna 1582: Annotazione prima. Come si debba collocare il punto di distanzia.

Fig. 28. S. de Caus, La Perspective, avec la raison des ombres et miroirs, Londra 1611. Chapitredeuxiesme, Autre façon pour mettre un carré en raccourcissement.

Fig. 29. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificiele des effetsmervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 3r: Proposition iiii. un cer-cle essant donné en un plan...

Fig. 30. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificiele des effets mer-vellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 6r: Proposition X. Mettre un cubeen perspéctive...

16

17

Fig. 31. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 13r:Proposition ii. Donner la methode de... Corollaire ii.

storia della trattatistica prospettica, l’oggetto darappresentare non è più dietro il rassicurantelimite del piano iconico, bensì è posto dall apar-te dell’osservatore, sovvertendo la classicadisposizione del riferimento prospettico rinasci-mentale.Più avanti Niceron insiste nel ricordare di avereimpiegato la parola magia non per alludere a pra-tiche proibite, rubricabili come esoteriche ooccultiste, ma per riferirsi, sull’esempio diGiambattista della Porta,62 a quegli effects mer-veilleux che saranno mostrati grazie alla prospet-tiva, questa sì una magie artificielle; secondo lostorico Amodeo,63 fu proprio a causa del terminemagia incluso nel titolo della sua opera, che lecopie della prima edizione del trattato di Niceronscomparvero in breve tempo, ritirate forse dalleautorità ecclesiastiche perché ritenute eretiche.L’opinione dello studioso non sembra però suf-fragata da alcuna prova documentaria, né daldibattito teologico, coevo di Niceron, circa l’ideadi magia che il suo testo esibiva e invocava, giànel titolo. L’esperienza prospettico-anamorficaseicentesca deve infatti essere inquadrata in unasorta di preparatio animi, di impronta agostinia-na, attraverso la quale gli studiosi tentavano difornire del mondo fenomenico una possibilespiegazione – e forse rispetto ad esso ancheun’elevazione spirituale –, grazie ai princìpidella matematica e della geometria. Il primato diquest’ultima disciplina, che fa il paio con quellodell’ottica, è di palese stampo platonico, costi-

tuendo una dissonante contraddizione nell’appa-rato teorico-filosofico dei trattati specialistici delXVII secolo (Kircher, Schott, Bettini), spessocaratterizzati da premesse dichiaratamente archi-medee. Queste scienze erano però qui orientate allo stu-dio ed alla riproduzione controllata degli effettimeravigliosi, dei fenomeni decettivi e curiosi(mirabilia), così collocandosi in prossimità del-l’arte della magia artificiale. Sia GiovanniBattista della Porta (1535-1615; fig. 33) cheGirolamo Cardano (1501-1576; fig. 34) avevanodimostrato nei loro scritti di magia naturale unospiccato interesse per lo studio dell’ottica, assun-ta con un valore demiurgico e rivelatore, capace,nelle mani di un mago dalle conoscenze enciclo-pediche, di svelare verità superiori e ascose agliocchi dei più. Si tratta di una pratica inoffensiva, come ricorda-va Gabriel Naudé (1600-1653; fig. 35), la qualeconsentirebbe di giungere

“…à se Paradis terrestre de la contemplationde causes. Et parvenir enfin à ce suprêmedegré de félicité, qui seul permit à l’hommed’habiter ce lieux tant vantés par Lucréce:edita doctrina sapientum templa serena.”64

Gran parte dei teologi dell’epoca concordavanocon questa presunta innocenza della magia arti-ficiale, accostata a quella naturale,65 chiaramen-te distinta da quella nera o diabolica, dalla quale

Fig. 32. Piero della Francesca, De Prospectiva Pingendi, 1482 ca. Fig.LXXiX: prospettiva di un rinfrescatoio con piedistallo.

Fig. 33. G. B. Battista della Porta, De Distillatione Lib. iX. Quibuscerta methodo, multiplicique artificio, penitioribus naturae arcanisdetectis, cuiuslibet mixti in propria elementa resolutio, perfecte doce-tur, Roma 1608. Ritratto di G. B. della Porta.

Fig. 34. G. Cardano, Hieronimi C. Cardani medici Mediolanensis,practica arithmetice, & mensurandi singularis, Milano 1539.Frontespizio con ritratto di Girolamo Cardano.

Fig. 35. Claude Mellan, Ritratto di gabriel Naudé, 1648. Incisione.The Metropolitan Museum of Art, New York (Inv.: 41.57.17).

Fig. 36. D. Henrion, J. Leurechon, C. Mydorge, Les recreationsmathematiques avec l'examen de ses problemes. Premierement reveupar D. Henrion. Depuis par M. Mydorge..., Parigi 1661 (Cinquiesmeet derniere edition). Frontespizio.

18

Fig. 37. J. Jouvenet, enigma: Alessandro con la famiglia di Dario,1674. Lycée Louis-le-Grand (prima Collége de Clermont), Parigi.

conveniva tenersi lontani in quegli anni di rap-porti tesi, e spesso conflittuali, tra speculazionescientifica e Chiesa cattolica. Le tre categoriesono ben descritte nel testo postumo diCostantino Grimaldi (1667-1750), dove si legge,fra l’altro:

“È cosa a tutti nota, esser la Magia un’arte,che produce effetti, quasi miracolosi, e por-tentosi. Quella, come dicemmo, suol divi-dersi in tre, una Naturale, Artificiosa l’altra,e la terza Negra, ovvero diabolica. Le primeson ben lodevoli; perché la Naturale operaper vie occulte, e l’Artificiosa con le sue dili-genze e i suoi meravigliosi effetti produce,l’ultima è affatto detestevole, ed esecranda: acagion che si vale di mezzi preternaturali,non da Dio provenienti, ma dai demoni som-ministrati.”66

Dunque per il Grimaldi, se la magia naturale èquella che si occupa di “…contemplare le virtùocculte delle naturali cose…”,67 la magia artifi-ciale è invece quella che “…considera gli ascosiartifici, che adopera ne’ suoi meravigliosi effet-ti.”68 L’autore tralascia di elencare le mirabilia“…che cagiona la Magia Artificiale colla lanter-na magica, con vari instromenti ottici, e condiversi specchi, i cui effetti dall’ignaro volgodella Magia Negra si arrecano.”69 Così, i trattati-sti seicenteschi – tra i quali Niceron, e forse conl’eccezione di Kircher70 – che si occuparono inmodo intensivo di magia artificiale, espunsero

sempre dal loro orizzonte teoretico ogni aspettoesoterico – anche lontanamente collegabile adinfluenze neoplatoniche –, specificando che leloro ricerche e le loro invenzioni erano sempliciRecreations mathématiques, riecheggiando iltitolo del volume (1624), dedicato anche ai gio-chi ottici, del Padre gesuita Jean Leurechon71

(c.1591–1670; fig. 36). La magia ora sveste ipanni dell’occultismo e indossa quelli del giocointellettuale e filosofico, da esercitare nei salottie nei cabinets scientifici dell’epoca:72 comeosserva Jean-Vincent Blanchard, “...un elementocruciale di questo cambiamento epistemologicoconsiste nella perdita progressiva di una nozioneenciclopedica del sapere, in virtù di una conce-zione totale della conoscenza”,73 a cui l’autoreabbina l’eclisse della visione neoplatonica delmondo, derivante dalle influenze controriformi-ste. Tuttavia, per Niceron, la prospettiva noncostituiva solo una forma di recreations desavants, bensì uno di quegli esercizi spinti dimìmesis del mondo fenomenico cui apparteneva-no anche le favolose sfere di Posidonio (135 a.C.circa–50 a.C.)74, un planetario che imitava i motidei corpi celesti; o la lignea colomba volante diArchita (428 a.C.–347 a.C.);75 o ancora la bron-zea testa parlante realizzata da Alberto Magno(1206 –1280):76 una pletora di automates77 la cuifinalità era dunque quella di rivaleggiare con lemeraviglie della natura, e a cui rimanda lo stessoRené Descartes nell’introduzione all’edizionelatina del suo Traité de l’homme78 (1648), dimo-strando di avere impiegato la stessa fonte lettera-

ria di Niceron, ovvero il De occulta philosophia(1531) di Cornelio Agrippa.79 L’utilizzo retoricodi quel modello, da parte di Descartes, è peròorientato a sottolineare come da queste curiosemacchine e invenzioni – di cui fanno parte anchele anamorfosi e, per l’autore, soprattutto queigiochi ottici o rifrattivi che impiegano, in modointensivo e creativo, le lenti – deve estrarsi nontanto l’effetto di sorpresa, che attecchisce sullementi suggestionabili di coloro “qui en ignora-ient les raisons”, quanto la logica e i principi difunzionamento: in altri termini che il mondonaturale è comprensibile e riproducibile soloattraverso le leggi delle scienze matematiche.Il centro motore de La Perspective curieuse restacomunque l’anamorfosi, soggetto a tal puntoapprofondito da Niceron, nelle sue implicazionigeometriche e figurative, dirette e indirette, dadivenire ben presto il testo di riferimento neglistudi specialistici e il suo autore l’auctoritassumma sull’argomento.Il termine (ajnamovrfwsiς), di evidente derivazionegreca, rintraccia il suo etimo nel suffisso ajna;(all’insù, all’indietro, ritorno verso) e nella radi-ce morfhv (forma),80 comparendo, secondo lo stu-dioso Jurgis Baltrušaitis,81 per la prima volta neltrattato di Gaspar Schott Magia universalisnaturae et artis82 (Parigi 1657-1659), come pre-cisa anche l’Oxford Companyon to Arts:83 incampo artistico tale termine allude a una partico-lare categoria di immagini piane o di strutture tri-dimensionali, rappresentate o costruite in unaprospettiva fortemente deformata, e dunque non

19

riconoscibili immediatamente nella loro realeconfigurazione se non, per effetto dello scorcio,da un prefissato punto d’osservazione, oppuremediante il loro riflesso su di una superficie aspecchio convessa – sferica, cilindrica, conica opiramidale –, detta anamorfoscopio.84 Così,come osserva Kirsti Andersen,85 si dovrà parlaredi anamorfosi prospettiche dirette nel primocaso, mentre l’aggettivo catottriche connoterà leseconde.Le anamorfosi, risultando indissolubilmentelegate – sia nella loro genesi geometrica chenella loro fruizione – alle regole della prospetti-va lineare (perspectiva artificialis), possono con-siderarsi quali espressioni virtuosistiche delleleggi prospettiche medesime, rispetto alle qualicostituiscono una sorta di ‘depravazione’ proiet-tiva, come ebbe a definirla ancora il Baltrušaitis:non convenzionali nei risultati, queste immaginiriposano tuttavia sugli acquisiti e ineludibiliassunti dell’ottica euclidea, non ultimo l’esplici-to invito alla monocularità del soggetto osser-vante. Rispetto alle convenzioni rappresentative,fissate nei relativi trattati da Leon BattistaAlberti86 (1435) e da Piero della Francesca87

(1472 ca.), l’immagine anamorfica si distinguenel superare l’esigenza primaria tipica dell’arterinascimentale di far collimare lo spazio dellarappresentazione con quello dell’esperienza otti-ca naturale; dunque, pur se geometricamentecorretta, essa si offre al pubblico come una scia-rada grafica, in cui determinate scelte rappresen-tative fanno il paio con il forte simbolismo misti-co, se non addirittura magico-rituale, connessoall’immagine così deformata. Già nella prima metà del Cinquecento lo scardi-namento dalle regole della perspectiva artificia-

lis può dirsi pressoché compiuto: la posizioneobliqua dell’osservatore, rispetto ai canoni quat-trocenteschi della rappresentazione prospettica,è solo una delle connotazioni trasgressive chel’anamorfosi racchiude in sé, e che vengonocodificate nei trattati del secolo successivo, oveoramai l’artista assurge – o si riduce, a secondadelle opinioni – “…a intrattenitore i cui disposi-tivi spettacolari producono sprazzi di meravigliae mistero, intriganti occultamenti e improvviserivelazioni.”88 Appare così inevitabile che i mag-giori artefici e divulgatori scientifici del fenome-no anamorfico divenissero proprio gli studiosi diottica e prospettiva appartenenti agli Ordini reli-giosi,89 anzitutto a quello dei Gesuiti e, in subor-dine, a quello dei Minimi, che ne impiegarononel Seicento la naturale propensione a veicolaremessaggi e allegorie nascoste nel codice arcanodi questa cosiddetta perspectiva secreta. Nébisogna dimenticare che spesso, all’interno dellaratio studiorum dei vari ordini religiosi – in spe-cial modo in quella dei Gesuiti –, era espressa-mente previsto l’esercizio interpretativo di enig-mi dipinti (fig. 37), commissionati ad artisticoevi e poi sottoposti alla capacità risolutivadegli studenti.90 Secondo il Baltrušaitis, dunque,“…il procedimento si afferma come curiositàtecnica ma contiene una poetica dell’astrazione,un meccanismo potente di illusione ottica e unafilosofia della realtà artificiosa. L’anamorfosi èun rebus, un mostro, un prodigio. Pur apparte-nendo al mondo delle bizzarrie, che nel profon-do dell’uomo hanno sempre avuto un cabinet eun rifugio, ne travalica spesso la cornice ermeti-ca.”91

È infatti soprattutto nel Seicento che lo studio delgenere anamorfico raggiunse livelli di approfon-

Fig. 38. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 11v:Le second livre de la perspective curieuse. Premiere proposition.Faire une chaire en perspéctive...

Fig. 39. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 20r:Le troisiesme livre de la perspective curieuse. Proposition iiii. essantdonné un miroir cylondrique...

20

dimento teorico e di virtuosismo grafico solointravisti nei trattati o nelle realizzazioni artisti-che precedenti. Affrontato all’inizio del secoloda Salomon de Caus, ne La perspective avec laraison des ombres et miroirs, par S.D.C. inge-nieur du sérénissime prince de galles92 (Londra1612), e poi da Pierre Herigon nel suoDefinitiones perspectivæ; axioma et nonnullatheoremata in geometria demonstrata; proposi-tiones perspectivæ93 (Parigi 1634-1637), il temadell’anamorfosi trova la sua esegesi più esausti-va proprio nei testi scientifici elaborati dai reli-giosi di stanza a Roma, e segnatamente ne LaPerspective curieuse del nostro Jean FrançoisNiceron e nella successiva edizione latina,apparsa postuma del 1646, curata e integrata daPadre M. Mersenne, e titolata Thaumaturgusopticus seu admiranda. Optices per radiumdirectum; catoptrices per reflexum e’ politis cor-poribus, planis, cylindricis, polyedris, poligonis,et aliis; Dioptrices, per rifractum in diaphanis.Come già segnalato da Ilaria Rizzini,94 quest’ul-tima opera deve intendersi come una parzialerealizzazione – per questioni congiunturali e bio-grafiche – del progetto editoriale che Niceroncoltivava da molti anni e che, prima gli impegnicomunitari e poi una morte precoce, gli impedi-rono di portare a termine. Nel testo, oltre chefigure umane, Niceron deforma, in prospettivefortemente aberrate, le immagini di oggetticomuni, come ad esempio una sedia e una panca(fig. 38), di cui vengono offerte, della prima, unaversione distorta in profondità e, dell’altra, inlarghezza, ma che magicamente si rettificano seosservate sotto un angolo visivo molto acuto e dauna posizione opportuna:95 ancora una volta ilpunto di distanza (indicato con la lettera R) è lachiave per risolvere entrambe le bizzare sciaradeottiche qui proposte dall’autore. La sua prossimi-tà al punto principale (Q) allude alla brevedistanza a cui l’occhio dell’osservatore deve col-locarsi, rispetto al piano dell’immagine, perchéciascuna anamorfosi venga corretta in modo ade-guato dal relativo punto di vista prospettico. Dinuovo la figura umana, che incarna il punto didistanza nelle tavole de La Perpsective Curieuseindica retoricamente già dove dovesse collocarsil’osservatore per completare la fruizione del-l’opera, il suo scopo essendo quello “… nontanto di produrre complessivamente l’illusionedella distanza, quanto piuttosto di trascinare l’os-servatore in un punto di vista più acuto, ristrettoche è anche così vicino al quadro che l’immagi-ne stessa sembra sparire alla vista”.96

L’osservatore dunque diventa a tal punto ‘consu-stanziale’ con l’immagine, avvicinandosi istinti-vamente al quadro per risolverne il significato,da collassare su di essa: l’annullamento di questoiato, indispensabile per risolvere il gioco catarti-co,97 in cui si succedono dubbio inziale, incertez-

za visiva e, infine, il rinnovato dominio sull’im-magine, secondo Lyle Massey, si inscrive in unprocesso di acquisizione della certezza visiva, incui l’osservatore si fa tutt’uno con la cosa osser-vata; processo che fa il paio con l’ontologia car-tesiana fondata “…su un modello di punto divista che dipende da una visione despazializza-ta… Ciò che distinge l’anamorfosi dal cogito èche il punto anamorfico resiste al recupero carte-siano della conoscenza del sé riaffermando inve-ce la divisione di un soggetto che è dilaniatodalla certezza sia epistemologica che ontologi-ca.”98

Passando ai contenuti del iii Libro, così Niceronli riassume didascalicamente, rivelando comeesso sia interamente dedicato allo studio

“…delle apparenze degli specchi piani, cilin-drici e conici, e del modo di costruire figureche si riferiscano e rappresentino per rifles-sione tutt’altra cosa, di quella che sembraessendo viste direttamente.” 99

Qui l’influenza esercitata dall’opera diVaulezard è palese e ammessa dall’autore stes-so,100 anche se Jean François Niceron si dediche-rà ad approfondire tanto gli aspetti sperimentaliche quelli teorici legati alle anamorfosi catottri-che, proponendo infatti due procedimenti percostruire quelle di riflessione, segnatamentecilindriche: il primo, più rigoroso dal punto divista geometrico (fig. 39), riprende e corregge ilmetodo già intuito da Vaulezard, ma successiva-mente abbandonato dallo stesso autore che neaveva riconosciuto le difficoltà teoriche e appli-cative. Il secondo metodo, che prevede la sosti-tuzione delle complesse curve identificate dalVaulezard, quali immagini anamorfiche dei seg-menti orizzontali del reticolo originale, con unsistema di cerchi concentrici in rapporto recipro-co di ventuno ventesimi101 (sic!), rappresentauna semplificazione costruttiva dello stesso pro-cedimento, risultando così facilmente riproduci-bile dai pittori: tuttavia, l’approssimazione grafi-ca di cui si diceva, rende il metodo non totalmen-te affidabile dal punto di vista ottico-geometrico.Lo stesso Niceron riconosce che

“…questa costruzione sembra fatta senzatener conto degli angoli d’incidenza e diriflessione e senza determinare la distanza el’altezza dell’occhio: non affermerò quindiche sia una dimostrazione perfetta di tutte leregole della catottrica.”102

Nella tavola 18 (ill. Liii, LiV, LV; fig. 40) de LaPerspective Curieuse appaiono anche le istruzio-ni103 per realizzare un gioco ottico costituito daalcune stecche lignee di forma prismatica e asezione triangolare isoscele, disposte in succes-

sione all’interno di una scatola, sulle cui faccevisibili Niceron ritrae, in sequenza alternata, ilviso di Francesco i di Francia104 e il motto cele-brativo:

“FranciscusPrimus

Dei GratiaFrancorum

RexChristianissimus

Anno DominiM.DC.XV”105

L’effetto illusorio che si genera permette divedere al contempo la dedica, “in faccia”, e ilritratto reale, “per via di sfera”, cioè grazieall’uso di uno specchio, inclinato ad hoc, cherifletta le superfici dei ‘regoli’ non direttamentevisibili.106 Qui Niceron ammette di ricorrere adue semplici teoremi tratti dalla Catottrica diEuclide107 (325 a.C. ca.-285 a.C.) per ottenere ilsuo scopo decettivo, segnatamente il Vii108 e ilXiX:109 in particolare, il secondo è l’unico chefaccia esplicitamente cenno all’impiego di spec-chi, anche se deve ritenersi spurio, secondo leattuali conclusioni filologiche,110 in quanto nonscritto direttamente da Euclide. La realizzazione pratica del gioco ottico prevedel’utilizzo di due regoli con alloggiamenti dentel-lati concavi ed equilateri, in cui vengono inseritii prismi, in modo che questi diano luogo ad unasuperficie unica. Su questa, assunta come tavoladella rappresentazione, verrà dipinta una delledue immagini prescelte (nello specifico, Niceronmostra il ritratto completo di Francesco i diFrancia), eseguito però in modo invertito (eanche capovolto), così che la successiva rifles-sione ne corregga l’aspetto. Analoga operazioneandrà effettuata per l’immagine gemella, anchequesta dipinta ruotando di 60° i regoli prismaticisul lato desiderato: le scanalature dei regoli con-sentiranno che i prismi ricostituiscano una nuovasuperficie unica su cui il pittore avrebbe redattola seconda immagine (nel caso specifico, ilmotto celebrativo) questa volta non invertita per-ché visibile dallo spettatore in modo diretto.111

Inoltre, Niceron offre una variante alla primasoluzione proposta, sostituendo, per il ritratto diPapa urbano Viii, i regoli prismatici a sezionetriangolare con dei listelli piani. Tuttavia l’auto-re omette di approfondire nel trattato un aspettonon trascurabile nel processo fruitivo di questeimmagini, ovvero la correzione ottica cui essedovrebbero essere preventivamente sottoposte,perché la loro visione in soggettiva non producadeformazioni prospettiche improprie. Comeosservano Hunt e Sharp, “…la scelta di unasezione triangolare equilatera di 60° interniintroduce una distorsione anamorfica che sem-

21

22

Fig. 40. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 18r:Premiere proposition. Construire une figure en image...

brerebbe essere stata adottata raramente dagliartefici del XVI e XVII secolo.”112 In particolare“…si può notare che ciascuna striscia osservata èvista inclinata rispetto al raggio visivo di 60° equindi che un’immagine di lunghezza l appari-rebbe scorciata secondo un fattore di riduzionepari a lsen60°=0.866l. Questo fattore può consi-derarsi costante per l’intera larghezza di ognisingola striscia, e quindi può essere compensatoattraverso una compressione dell’immagine inlunghezza pari allo stesso fattore.”113 Solo inquesto modo, fissato rigidamente il punto di sta-zione, sarebbe possibile deformare l’immagineprincipale, in ragione non solo della distanza del-l’osservatore, ma anche degli effetti di parzialeostruzione visiva che ciascun regolo esercitasulla superficie visibile del successivo.Un dispositivo analogo (fig. 41) è presente nellacollezione del Museo Galileo - Istituto e Museodi Storia delle Scienze di Firenze,114 ove sonoritratti sia Cristina di Lorena (1565-1637,moglie del granduca di Toscana Ferdinando ide’ Medici) che il padre Carlo iii Duca diLorena115 (1543-1608): l’opera, erroneamenteattribuita in passato a Niceron per le ovvie ana-logie con l’illustrazione sopra citata, fu eseguitainvece nel 1593 da Ludovico Buti (1560-dopo il1611) per il granduca Ferdinando i de’Medici116 (1549-1609; fig. 42), e pare fosse ispi-rata all’artista dal Frate predicatore EgnatioDanti (1536-1586), celebre cartografo e matema-tico che, nei suoi Commentari a Le due regoledella prospettiva pratica (Roma 1583) di Jacopo

Barozzi da Vignola (1507-1573), affrontò la que-stione di “Come si facciano quelle pitture, chedall’occhio non possono esser viste se non rifles-se nello specchio”,117 precisando anche che ana-loghi giochi ottici erano già presenti nelle colle-zioni della famiglia dei Medici.118 Il dispositivodescritto da Vignola-Danti119 (fig. 43) – ispiratodal doppio ritratto di Francesco i (1494-1547) eenrico ii bambino (1519–1559) portato in dono,dalla Francia, dal Cardinale Raffaele Carafa(1517-1561) al Cardinale Innocenzo Ciocchi delMonte (1532-1577) – raffigurava Papa gregorioXiii (1502-1585). Il gioco niceroniano di cuisopra – insieme ad un altro, anch’esso anamorfi-co, ma impiegante una lente poliedrica, di cuidiremo tra poco – si suppone sia arrivato aFirenze, anticipato dall’invio, da parte diNiceron stesso, di una copia della sua LaPerspective Curieuse al Cardinale Leopoldo de’Medici (1617-1675; fig. 44), fratello delGranduca di Toscana, Ferdinando II (fig. 45),fortemente interessato alle questioni ‘prospetti-che’.120 Con molta probabilità quindi la sua ese-cuzione deve risalire al 1641-1642, in prossimi-tà temporale del soggiorno del giovane Niceron(giugno 1642) presso la corte granducale diFirenze.121

James L. Hunt e John Sharp classificano questotipo di dispositivo come channel anamorphosis,in assonanza con la definizione fornita da A.Kircher di tabula scalata,122 osservando che lasua presenza in ambito artistico era già stata rile-vata da Shakespeare.123 La storica Frances

Fig. 41. L. Buti, gioco ottico con doppio ritratto di Cristina di Lorenae Carlo iii Duca di Lorena, Museo Galileo - Istituto e Museo di Storiadelle Scienze di Firenze, 1593 (Inv. 3197).

23

Fig. 42. S. Pulzone, detto il Gaetano, Ritratto de Ferdinando i de' Medici, 1590. Firenze, Galleriadegli Uffizi (Inv. 1890, n. 2243).

Fig. 43. J. Barozzi detto il Vignola, Le due regole della prospettivapratica di M.J.b. da V., Bologna 1582, p. 95. La prima regola.

Fig. 44. G.B. Gaulli, detto il Baciccia, Ritratto del Cardinale Leopoldo de' Medici, 1667 ca.Firenze, Galleria degli Uffizi (Inv. 1890, n. 2194 ).

Fig. 45. Scuola di Justus Sustermans, Portrait von Ferdinando ii de' Medici, großherzog vonToskana, XVII sec. Olio su tela. Galerie Bassenge, Berlino.

24

Fig. 46. J. F. Niceron, gioco ottico, Museo Galileo-Istituto e Museo di Storia delle Scienze di Firenze, 1642 (Inv. 3196)

Fig. 47. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificiele des effets mervellieux…, chez Pierre billaine, Parigi 1638. Frontespizio. Dettaglio.

25

Terpak individua una discendenza classica inquesto continuo bipolarismo del dispositivo,associandolo al Metamorphoseon libri XV, ilcelebre poema epico di Publio Ovidio Nasone(43 a.C.-18 a.C.) in cui, oltre al tema della muta-zione magica e meravigliosa, siglato anchedrammaticamente dalla sua latente hybris, emer-ge una struttura ipotattica che è tipica delle ana-morfosi, in particolare quelle che stiamo qui esa-minando: la plurima articolazione in subordinateinterconnesse del testo fa il paio con i molteplicilivelli semantici dell’immagine, nel suo signifi-cante sempre cangiante, ma anche nei suoi pluri-mi significati e rimandi intertestuali. “La straor-dinaria fascinazione che le Metamorfosi hannoesercitato per oltre due millenni può essere rin-tracciata in larga parte in questo paradosso: essedimostrano che il mondo naturale è magico e cheil mondo magico è naturale.”124 A Niceron eraperò evidente, nel suo orizzonte culturale e teo-logico, che queste immagini doppie, così come ifenomeni suggestivi legati ad un uso spinto e vir-tuosistico delle leggi dell’ottica e della catottrica,rientrassero a pieno titolo nello statuto dellamagia naturale: basterà il passaggio di un seco-lo perché quegli stessi fenomeni e quelle stesseleggi, in un clima dominato dalla luce dellaRagione, che tutto illumina e chiarisce, diventi-no parti inevitabili e necessarie delle leggi dellanatura.125 Ma un altro potente elemento simboli-co e speculativo agisce in questi giochi otticiapparentemente frivoli: lo specchio, metafora siadelle capacità taumaturgiche di rendere visibilel’invisibile, ma anche di quelle logiche che con-

sentono la vera conoscenza. Come osservaBaltrušaitis, è lo stesso Schott ad avvertirci che“speculum est Christus”, in questo seguendo unaricca tradizione ben sintetizzata nel De speculumsymbolis (Lione 1636) di Bernardus Caesius(1581-1630), ma che risale al mondo pagano se,con Pierre Guillebaud, ricordiamo che “… gliabitanti dell’Arcadia dedicarono un tempio aGiove e vi collocarono uno specchio fatto contale artificio che chi vi si guardava non vedeva sestesso ma solo gli dèi e il trono di Giove.”126 Mal’uso niceroniano dello specchio è per certi versianche un’eco della temperie cartesiana in cui ilNostro operò, per via speculativa o semplice-mente osmotica, rispetto agli ambienti da lui fre-quentati. Come osserva acutamente AndreaTaglialapietra, in Descartes la vista, senso privi-legiato nel suo sistema speculativo, è tra i sensiquello maggiormente sottoposto all’esame deldubbio metodico, fino al punto paradossale didare luogo “… a un pensiero che non vuole piùabitare il visibile e decide di ricostruirlo secondoil modello che se ne crea.”127 Il volano di questoapproccio gnoseologico è la natura aptica dellosguardo, in virtù della quale Descartes assimilala radiazione luminosa ad un moto che raggiun-ge istantaneo e potente il nostro sistema visivo“…nello stesso modo in cui il movimento o laresistenza dei corpi, che incontra un cieco, si tra-smetterebbe alla sua mano attraverso il basto-ne.”128 Visione e cecità dunque sono avvicinatein questo orizzonte gnoseologico attraverso unanozione fisica e corporea dello sguardo – dalmomento che il tatto, tra i sensi tutti, è giudicato

Fig. 49. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 24r:Le quatriesme livre de la perspective curieuse. Corollaire.Proposition iV. Construire le plan naturel de l'image…

Fig. 48. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 23r:Le quatriesme livre de la perspective curieuse. Proposition iii.Donner la methode de diviser le plan du tableau...

Fig. 50. J.F. Nicéron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 25r:Le quatriesme livre de la perspective curieuse. Proposition V. Les par-ties de la figure...

da Descartes il meno ingannevole –, in cui sem-bra necessario chiudere gli occhi per vederemeglio e in modo certificato, a meno di nonincorrere nella follia dello sguardo: come osser-va Foucault, “Descartes ha rotto i ponti con ognipossibile incanto e, se vede, è certo di vedere ciòche vede. Mentre davanti allo sguardo del folle[…] salgono e si moltiplicano immagini incapa-ci di criticarsi, poiché il folle le vede, ma irrime-diabilmente separate dall’essere.”129 I giochicatottrici di Niceron sembrano assecondare que-sta interpretazione della vista come “...un pensie-ro che decifra rigorosamente i segni delcorpo”,130 in cui la follia è espunta, e al suo postocompare un’immagine frutto di creazione artisti-ca, palesemente artefatta, che dunque rendeesplicite, nel suo farsi e mostrarsi, le struttureretoriche e scientifiche che la sostengono: cosìcome la prospettiva rende credibile, dal punto divista ottico, le immagini delle cose distanziando-sene formalmente, così le immagini disarticolateche ‘Convenerunt in Unum’ nelle opere diNiceron ci dicono che il nuovo modello di visio-ne oramai accettato, anche dall’autore stesso, èdi tipo meccanico e non più mimetico. A questo profilo ermeneutico appartiene ancheun’anamorfosi diottrica,131 presente nella stessaraccolta del Museo fiorentino dedicata all’Ottica(fig. 46), sicuramente eseguita su indicazione esupervisione di Niceron intorno al 1642,132 e checonsiste in un quadro ad olio su tavola, fissato adun’altra tavoletta orizzontale, sulla quale è anco-rato, di fronte al dipinto, un piedistallo ligneorecante, nella sua parte superiore, un invito semi-cilindrico. Nell’immagine sono raffigurate diverse teste diturchi, disposte quasi radialmente intorno ad untrofeo di armi e bandiere che occupa una posizio-ne centrale nella composizione, la quale dovevaessere poi osservata attraverso un ‘cannocchiale’– dotato di una lente prismatica e di un diafram-ma –, andato perduto nell’alluvione del 1966:solo in questo modo compariva, magicamente, ilritratto del granduca di Toscana Ferdinando iide’ Medici, ottenuto grazie alla ‘selezione’ rifrat-tiva, operata dalle sfaccettature della lente, diparte dei visi saraceni ritratti. L’opera presenta anche un’iscrizione sull’ele-mento di raccordo orizzontale, parzialmenteabrasa, recitante:

“SPOLIA AMPLA REPORTAT

SERENISSIMI

FERDINANDO IIMAGNO ETRURIAE DUCI

LITERATORUM/MECENATI

INFIDELIUM TURCARUM

IN MARE MEDITERRANEO

TERRORI

ARTIFICIOSUM

TROPHEORUM

QUORUM/SIMBOLUM HOC

APPENDIT

F. JOAN. FRANCIS. NICERON

PARISINUS

EX ORD. MINIM.ASPICE UT INSIGNIS SPOLIIS

MEDICAEUS OPIMIS,QUEM TIBI DE TURCIS

CLARA DIOPTRA REFERT

ANNO SAL. MDCXLLII”133

e che si riferisce, evidentemente, al ruolo gioca-to dalla famiglia de’ Medici, sin dall’epoca diCosimo i, nel finanziare la flotta navale chesconfisse i Turchi nel Mediterraneo. Un simile dispositivo è raffigurato (fig. 47) giànel frontespizio,134 inciso da Pierre Daret, de LaPerspective Curieuse, in cui un gruppo di eroti,sullo sfondo di un emiciclo architettonico e dirovine classiche, sembra dilettarsi nell’eseguireesperimenti ottici, secondo un classico topos ico-nografico dei trattati scientifici del XVII secolo.Uno di loro presta attenzione alla ricomposizio-ne catottrica di un ritratto anamorfico di LuigiXIII di Francia che si riflette su un cilindrometallico tirato ‘a specchio’, del tutto identico –se non per il soggetto – a quello effigiato nel-l’immagine già citata di Simon Vouët; un altroguarda dal basso un analogo effetto riprodursi suun cono rovescio riflettente, la cui base risultaancorata all’intradosso di un arco di trionfo135

decorato con un ritratto deformato (alla manieradei cabinet anamorfici di Padre Dubreuil) diLuigi XIII; altri due infine sono concentrati sulla‘decodificazione’ diottrica, a mezzo di un appo-sito cannocchiale – immaginiamo – dotato dilente poliedrica, sempre del ritratto de saMajesté Tres Christienne, il Re di Francia com-posto da frammenti di busti di Ottomani:136 nonè chi non veda la sottile ironia messa in scena daquesto dispositivo il cui messaggio implicito èche ci vogliono ben 12 teste di regnanti turchiper fare quella del sovrano francese.137

Il richiamo più esplicito, in ambito filosofico, aquesto gioco ottico è fornito da Thomas Hobbes(1588-1679) che nel suo Leviathan (1651) neimpiega la logica rifrattiva in chiusura del capi-tolo dedicato a The rights of sovereigns by insti-tutions (i diritti dei sovrani che regnano per isti-tuzione), dove si legge:

“Agli uomini sono date dalla natura dellelenti moltiplicatrici (multiplying glassesn.d.r.) (vale a dire le Passioni e l’Autostima),per mezzo delle quali un tributo per quantopiccolo pare che sia frutto di una grande coer-cizione, ma sono privi invece di quelle lentiprospettiche (prospective glasses n.d.r.), gra-zie alle quali scorgere da lontano quelle mise-

rie che incombono su di loro e che sono ine-vitabili senza simili contributi in denaro.”138

Le implicazioni simboliche e politiche del passocitato saranno approfondite altrove,139 ma quipreme sottolineare che Hobbes con tutta proba-bilità vide il gioco ottico di Niceron a Parigi eprecisamente nella biblioteca del Convento deiMinimi di Place Royale,140 e non dovette sfug-girgli che l’immagine magicamente ricompostadai frammenti di teste di Ottomani fosse quelladi un nouveau Leviatano, Luigi XIII appunto.Se ne trova una puntuale descrizione proprio nelIV libro de La Perspective Curieuse,

“Nel quale si tratta delle meraviglie dellaDiottrica inventata ai giorni nostri, per laquale sul piano di un quadro, dove sarannodescritte numerose figure o ritratti nelle lorogiuste proporzioni: si può farne vedere un’al-tra differente da tutte quelle che sono nelquadro, altrettanto ben proporzionata esimile a qualche oggetto o ritratto dato.”141

Segnatamente nella tav. 23 (fig. 48) – di cui èfornita spiegazione alle pagine 114-118 – è pre-sente anche l’immagine planimetrica di due dis-tinte lenti prismatiche con il ‘piano’ delle sfac-cettature utili per creare l’inganno ottico, ancoraapprofondito nella successiva tav. 24 (fig. 49),dove il ritratto che si ricompone, attraversol’osservazione forzata nel cannocchiale dei visidi dodici ‘infedeli’, è appunto quello del ReLuigi XIII.142 J. F. Niceron arricchisce questaimmagine segreta con un anagramma sul suonome composto dall’amico signor Billon,Avvocato del Parlamento di Aix-en-Provence:

“Frater Ioannes Franciscus Niceronus Anagrammatismus

Rarus Feriens Turcas, Annon Conficies?”143

Delle due lenti poliedriche presenti nell’incisio-ne della tav. 23, solo della seconda (quella collo-cata a destra, nel disegno indicata col numeroLXV) è fornito anche l’elevato, dal quale è possi-bile ricavare la sua plausibile configurazionespaziale.144

L’altra (quella posta a sinistra, nel disegno indi-cata col numero LXiV) si deve associare alla suc-cessiva tavola 25 (fig. 50) del trattato, doveNiceron applica la stessa costruzione per ottene-re, attraverso la ricomposizione diottrica dei 14busti di altrettanti pontefici e padri della Chiesa,ruotanti intorno all’immagine di Cristo, il ritrat-to del Papa Urbano VIII. Da notare che non par-tecipa alla ricomposizione dell’immagine di que-st’ultimo proprio la sacra effige centrale, lascia-ta intonsa anche dalle operazioni di decostruzio-ne e ricostruzione ottiche, attraverso le lenti sfac-

26

cettate; inoltre, le chiavi che appaiano alla visio-ne diretta nella mani di San Pietro, padre dellaChiesa cattolica, attraverso la rifrazione multipladella lente poliedrica ‘migrano’ miracolosamen-te nelle mani di Urbano VIII.145

Non sappiamo se Jacques Bénigne Bossuet(1627-1704; fig. 51) avesse avuto in mente pro-prio questo dispositivo progettato ed eseguito daNiceron – ma più probabilmente l’anamorfosimurale del San giovanni evangelista a Pathmos(1644) eseguita dal Frate minimo presso il con-vento di Place Royale, dove lo stesso Bossuetaveva predicato durante la Quaresima, nel 1660–, quando redasse il suo celebre Sermon sur laProvidence (1662), ma certo è inevitabile rinve-nirvi delle analogie dal confronto fra immagine etesto:

“Quand je considère en moi-même la disposi-tion des choses humaines, confuse, inégale,irrégulière, je la compare souvent à certainstableaux, que l’on montre assez ordinaire-ment dans les bibliothèques des curieuxcomme un jeu de la perspective. La premièrevue ne vous montre que des traits informes etun mélange confus de couleurs, qui sembleou l’essai de quelque apprenti, ou le jeu dequelque enfant, plutôt que l’ouvrage d’unemain savante. Mais aussitôt que celui qui saitle secret vous les fait regarder par un certainendroit, aussitôt, toutes les lignes inégalesvenant à se ramasser d’une certaine façondans votre vue, toute la confusion se démêle,et vous voyez paraître un visage avec seslinéaments et ses proportions, où il n’y avaitauparavant aucune apparence de forme

humaine. C’est, ce me semble, Messieurs,une image assez naturelle du monde, de saconfusion apparente et de sa justesse cachée,que nous ne pouvons jamais remarquer qu’enle regardant par un certain point que la foi enJésus-Christ nous découvre.”146

L’anamorfosi con il suo risolutivo punctum opti-mum, eccentrico e obliquo, costituisce, secondoOlivier Leplatre, la metafora di una conoscenzamistica che, emancipandosi dall’ordinario puntodi vista frontale – quello della visione su scalaumana –, riesce a risolvere l’enigma contenuto inun mondo di immagini apparentemente prive disenso e schizofreniche, quelle del mondo secola-rizzato: “…integrata nel messaggio di fede,l’anamorfosi fornisce una lezione di meditazionesul disordine immanente nel mondo che riflettela finitezza e l’ottenebramento della creatura checerca di creare senza la presenza illuminante diDio. L’uomo non è sufficiente per comprendereil significato del mondo se non si colloca in pro-spettiva, e, per così dire, dal punto di vista diDio.”147 O dal punto di vista della razionalità,avrebbe detto Descartes, per il quale queste biz-zarrie prospettiche ci aiutano a “…distingueretra le illusioni sensorie e la funzione correttivadella onnipotente ragione.”148 E tuttavia ciòaccade, per uno strano contrappasso, attraversoun processo anacronistico, in cui il rapporto traimmagine deformata – irriconoscibile all’occhiodi un osservatore inesperto o non indottrinato – ela sua rettificazione – obbligata ad un punto distazione, fisso nello spazio dell’esperienza per-cettiva –, trasforma continuamente le parti del-l’immagine che non partecipano al gioco ottico a

Fig. 51. H. Rigaud, Ritratto di Jacques-bénigne bossuet (1627-1704),1702. Olio su tela. Musée du Louvre, Departement des Peintures,Parigi (Inv. 7506).

Fig. 52. J. A. Komenský, Labyrint sveta a ráj srdce, 1623.Frontespizio.

27

semplice sfondo, a decorazione: una modalitàche rimanda inesorabilmente all’esteticamedioevale. Un ulteriore rimando intertestuale del giocopotrebbe essere quello riconducibile alla figuraretorica del pellegrino, descritta da Johann AmosComenius (1592-1670) nel suo Labirinto delMondo e Paradiso del Cuore149 (1631; fig. 52):il protagonista (l’autore stesso) osserva il mondoattraverso un paio di occhiali distorcenti, “la lorolente è la lente dell’illusione, la loro montatura èla montatura dell’abitudine. Avendo scoperto chequeste lenti altro non rivelano se non ombre, chela verità sempre sfuggirà a noi comuni mortali, ilpellegrino di Comenius getta via queste lentidella Menzogna”150 e, svilito dalla vanità e dallainsensatezza degli umani affanni, torna nella suaoscura dimora

“…la cui finestrella di vetro era così affumi-cata da non lasciare più filtrare la luce.Magia degli occhiali, pespicilli diversi conla cornice di vetro divino e lenti di SpiritoSanto, gli consentono ora di scorgere laverità. Recuperata la fiamma della fede, laquiete interiore, netto di ogni mondiglia diturbamento terreno, dedito a Cristo e protet-to dagli Angeli, il Pellegrino trova nellaComunione con Dio il senso del proprioviaggio.”151

Le lenti aberranti del pellegrino di Comeniusoffrono un’immagine labirintica del mondo,dando corpo ad un topos della filosofia di epocabarocca che si ritrova in autori come BaltasarGracián y Morales (1601-1658) o Francis Bacon(1561-1626), in cui solo l’intervento della lucedivina e di quella della ragione geometrica – chesovraintende all’ottica e alla diottrica – puòintervenire per rischiarare le tenebre dell’igno-ranza: in questo senso i giochi ottici di Niceron edegli autori a lui coevi diventano una strategia diconversione, religiosa e politica. Essi si basava-no sul processo scientifico di ricomposizionecatottrica dell’immagine, indispensabile sia dalpunto di vista proiettivo che morale, ma non tra-scuravano che la Fede fosse anche mistero: daqui, il loro altalenante oscillare tra costruzione edecostruzione, tra forma e informe.152

Ritornando al personaggio ritratto da Niceronnel suo dispositivo ottico-steganografico,153 que-sti è dunque quell’Urbano VIII (fig. 53) che nel1633 aveva ‘convinto’ Galileo Galilei (1564-1642; fig. 54) a ritrattare pubblicamente (abiu-ra), di fronte all’Inquisizione Romana, la suacondivisione della teoria eliocentrica (o coperni-cana) – alla quale aveva fornito nel SidereusNuncius (1610) il supporto empirico –, dispo-nendone poi il domicilio coatto prima a VillaMedici e, successivamente, nel villino di Arcetri

fino alla sua morte. Dobbiamo supporre cheNiceron, in qualità di raffinato studioso, apparte-nente a una comunità internazionale aggiornatasui progressi filosofici e scientifici coevi, purcomprendendo che l’ipotesi cosmologica galile-iana era totalmente condivisibile, non poté maischierarsi in difesa dell’astronomo pisano perlealtà verso il Papa: pur tuttavia, trovò il modo diesprimere la sua incondizionata ammirazione perGalilei elogiandone, ne La Perspective Curieuse,le qualità di studioso di ottica e le sue osserva-zioni sulle macchie solari;154 una stima ricam-biata da Galilei, della cui morte, fra l’altro, saràlo stesso Niceron ad informare Padre Mersenne,in una lettera datata 2 febbraio 1642, ove annota:

“Enfin, c’est à ce coup qu’il faut que lesMathematiques portent le deuil, puisque leurgloire est esteinte en la personne de Galilée,qui mourut à sa villa auprès de Florence, lemercredy 8 janvier durant la nuit. On luy afait l’Epitaphe que ie vous envoye cy-joint,dont vous ferez part à vos amis, que je salue,et Mr Naudé entre autres, s’il est arrivé aParis. Vous voyez la diligence que j’apportea satisfaire votre curiosité...”155

In un passaggio del iV libro del trattato, dedica-to alla diottrica, Niceron cita senza censura ilnome di Galilei, inserendolo in una costellazionedi autorità (Daza, de Dominis, Keplero, Sirturus)– e la cui stella polare è naturalmenteDescartes156 –, le quali, grazie alle loro invenzio-ni (in primis, il cannocchiale)

“[…] che tra le altre meraviglie che hannoscoperto nel Cielo, che prima ci erano sco-nosciute, hanno scorto attorno a Giove deinuovi pianeti, che hanno chiamato le guar-die di Giove, e hanno riconosciuto cheanche Venere così come la Luna aveva lasua [fase] crescente e la sua [fase] calante,come ho notato più volte io stesso in pienogiorno, per mezzo di questi cannocchiali(lunettes),”157

precisando però come i suoi interessi lo spinga-no verso un uso più giocoso e meno utilitaristico,ma non perciò meno interessante, delle scopertecui sono giunti questi illustri studiosi nel campodella rifrazione attraverso le lenti. La citazione‘trasversale’ di Galileo Galilei nel testo diNiceron fornisce dunque alcune indicazioni circale difficoltà deontologiche con cui dovetteroscontrarsi gli scienziati dell’epoca appartenentiagli Ordini religiosi, divisi tra la pubblica profes-sione di adesione ai dictat aristotelici dellaChiesa seicentesca e del Papa Urbano VIII,Vicario di Cristo sulla Terra, e invece la pienaconsapevolezza della incontrovertibile verità

dell’eliocentrismo. Di questo complesso rappor-to fra scienza e Chiesa, secondo Fratini eMoriconi,158 se ne rinverrebbe un’ulteriore provain un caso di autocensura di un passo del succes-sivo Thaumaturgus Opticus, nella cui Prefazionel’autore (o lo zelante curatore postumo?!) rimuo-ve chirurgicamente una citazione in greco antico,tratta dal De Specialibus Legibus di Filone diAlessandria, presente invece per esteso nellaprima edizione de La Perspective Curieuse. Il brano in questione recitava:

“…la vera magia, che è la scienza ottica, gra-zie alla quale le opere della natura vengonoaccresciute attraverso immagini/rappresen-tazioni più chiare, la quale sembra essereoggetto di venerazione e insuperabile, la pra-ticano non solo i privati ma anche i re e, frai re, i più grandi e soprattutto quelli deiPersiani, al punto che si dice che, presso diloro, nessuno possa essere insignito di pote-re regale se prima non abbia frequentato lastirpe dei magi.” 159

Si tratta di una ‘rimozione’ che i due studiosiattribuiscono non tanto ai contenuti della citazio-ne – perfettamente allineati con la nozione dimagia artificiale tollerata dalla Chiesa seicente-sca e su cui abbiamo già riferito –, quanto al pro-filo imbarazzante, dal punto di vista teologico,del suo autore: com’è noto, cardine della filoso-fia giudaico-alessandrina di Filone, basata suun’esegesi comparata della Torah, e sull’uso dielementi classici, segnatamente platonici e stoi-ci, è la distinzione tra mondo intellegibile emondo sensibile. Tra Dio e il mondo, il filosofocolloca il Logos, repositorio di forme formantiper la creazione del mondo. L’immagine di Diocosì promossa è simile a quella del demiurgoplatonico, con l’eccezione però – evidentementefatta notare a Niceron – che il Dio cristiano, adifferenza di quella figura filosofica, crea lamateria dal nulla.Secondo Stephen Jay Gould e Rhonda RolandShearer, le sciarade ottiche di Niceron – in cuidialetticamente figure appartenenti ad uno sfon-do si tramutano nel ritratto di un personaggio adesse correlato, sia in senso polemico che elogia-tivo – esemplificano una pratica assai diffusa nelSeicento e reinterpretabile in chiave moderna, sesi immagina che essa rimandi ad un modellognoseologico il quale, come le lenti di Niceron,ricostruisce il mondo “…formando immaginimentali da molteplici punti di vista che non pos-sono essere tutti rappresentati pienamente esimultaneamente nel nostro mondo tridimensio-nale, ma che il cervello può ricordare e ricostrui-re con l’occhio della mente in un mondo quadri-dimensionale – poiché il nostro immaginariomentale può integrare la geometria della natura,

28

Fig. 54. J. Sustermans, Ritratto di galileo galilei, 1640 ca. Olio sutela. National Maritime Museum, Greenwich, London, CairdCollection, (Inv. BHC2700).

Fig. 53. P. Berrettini da Cortona, Ritratto di urbano Viii (Maffeobarberini), 1627. Olio su tela. Musei Capitolini, Roma (Inv. PC 153).

Fig. 55. Lucas Vorsterman, Ritratto di Juan Caramuel y Lobkowitz.Incisione. Trustees of the British Museum Department of Prints &Drawings (Inv. AN489996001).

il ricordo di differenti e specifici punti di vista, el’estensione temporale delle nostre esplorazionida alcune posizioni spaziali che non possonoessere letteralmente occupate tutte in unavolta.”160 Il giovane Niceron, in questa chiaveesegetica, avrebbe fornito una modalità rappre-sentativa più ricca semanticamente della classicaprospettiva ‘unica e forzata’ di stampo rinasci-mentale, associando un potenziale numero infi-nito di immagini ritratte da più punti di vista, adun’unica e sintetica icona, e fornendo così unarappresentazione della nostra realtà mentale piùdiretta rispetto a chiunque altro prima di lui. Puòdunque “…un fragile Frate minimo, che morìcosì giovane nel 1646, avere gettato uno sguardosu questa realtà di carattere superiore – e poi averespresso la virulenza della sua interiorità, cosìcome è tipico di questa umanità fallibile e bene-detta, in un grande scherzo giocato da Turchiinfedeli e Papi sottomessi?”161 La domanda ènaturalmente retorica e senza alcuna risposta:scartando ipotesi storiche basate sul what if…?,da parte di noi contemporanei, può esserci solo ilriconoscimento delle grandi intuizioni di PadreNiceron – troppo presto sottratto al mondo dellascienza e dell’arte – nel campo della sperimenta-zione e della riflessione critica sul rapporto tra‘realtà e finzione’, tema così caro ai coevi circo-li speculativi cartesiani.L’amore di Niceron per tutto ciò che nasconde,nella sua intima configurazione, un doppio livel-lo di lettura e fruizione – visiva o lessicale –,emerge chiaramente da quanto detto finora e

apparenta la sua opera, sia pur non per estensio-ne di interessi e per mole di lavori pubblicati, aquella del contemporaneo Juan Caramuel deLobkowitz (1606-1682; fig. 55), matematico eteologo cistercense, anch’egli in contatto con lementi più fertili e rigorose del panorama intellet-tuale europeo del XVII secolo, come testimoniala sua fitta corrispondenza con Padre Mersenne,con il Gesuita Athanasius Kircher e con RenéDescartes,162 tutti coinvolti in misura maggiore ominore nelle questioni anamorfiche.163

In particolare, non bisogna dimenticare chePadre Mersenne e lo stesso Descartes ebbero unafitta corrispondenza sul tema delle lenti, cosìcare a Niceron che le impiegò spesso come vola-no per ricomporre i suoi enigmi prospettici inuna struttura ordinata e razionale per un osserva-tore monoculare e monadico: il filosofo e mate-matico francese si riferisce proprio a lui, pocodopo la lettura della sua La PerspectiveCurieuse, quando ricorda…

“Je n’ay nullement trouvé mauvais que le P.Niceron aite imprimé mon nom: car je voyqu’il est si connu que je semblerois vouloirfair le fin à contreterms si je tesmoignoisavoir envie de le cacher.”164

Tuttavia Descartes mantenne sempre un raziona-le distacco dalle ricerche ottico-prospettichecondotte da personaggi come lo stesso Niceron odall’artigiano Jean (Guillaume) Ferrier165 (attivotra 1620-1640), col quale pure collaborò, insie-

29

me al matematico Claude Mydorge, per la realiz-zazione di lenti prive di aberrazione sferica enella definizione della cosiddetta ‘linea anacla-stica’.166 In particolare, Descartes confessa aMersenne (in una lettera dell’agosto 1629dall’Olanda) che il tempo speso con l’abile inta-gliatore di lenti equivarrebbe alle ore di svagopassate nel gioco o in inutili conversazioni,occupazioni analoghe alla vana science desmiracles in cui, ponendoci in una prospettivaermeneutica cartesiana, anche le ricerche diNiceron sarebbero quindi dovute ricadere:

“il y a une partie dans les mathématiquesque je nomme la science des miracles pource qu’elle enseigne à se servir si à propos del’air et de la lumière qu’on peut faire voirpar son moyen toutes les mêmes illusionsqu’on dit que les magiciens font paraître parl’aide des démons [...]. Il y pourrait faire detelle choses [...], encore que je méprise fortde semblables niaiseries [...].”167

Anche se l’osservazione critica qui svolta è evi-dentemente diretta alle capacità illusorie eserci-tate dalle imposture dei maghi, non è chi nonveda la sua possibile estensione alle prospettivemeravigliose e anamorfotiche di Padre Niceron:le prime – e, aggiungiamo noi, anche le seconde,inferendo dal pensiero cartesiano – vanno stu-diate e comprese nella loro fenomenologia, nonper essere usate, ma per poterci aiutare a discer-nere tra vero e falso, affinché il nostro giudizionon possa essere deviato da ciò che gli è ignoto:

“Car j’estime qu’il est utile de le savoir,non pas pour s’en servir, mais afin quenotre jugement ne puisse être prévenu parl’admiration d’aucune chose qu’il igno-re.”168

È dunque il caso di domandarsi se, come sostie-ne Baltrušaitis,169 Niceron sia o meno un artista-scienziato di matrice cartesiana, il convento diPlace Royale a Parigi, dove egli si formò, venen-do definito dallo studioso come un centro di irra-diazione del pensiero di Descartes. Nella suacelebre monografia dedicata all’anamorfosi, lostorico dell’arte lituano destina infatti un interocapitolo a i prospettici francesi: de Caus,Niceron, Maignan, cui fa seguire l’ancora piùprogrammatico Descartes: gli automi, il dubbio.Il nome di Niceron compare a più riprese nelvolume (anche nel capitolo dedicato alleAnamorfosi speculari), costituendo una sorta difil rouge dell’intera narrazione critica, ricca didettagli e avventure speculative. Se da un latoall’opera di Salomon de Caus – in particolare aLes Raisons des forces mouvantes (Francoforte1615) e alle descrizioni degli automi idraulici in

essa contenuti (fig. 56) – può essere ricondotta lavisione meccanicista del corpo umano diDescartes (1664),170 il ‘calco‘ niceroniano nellametafisica cartesiana (o il viceversa!) appare dipiù complessa decifrazione: è un fatto cheentrambi – l’uno nella Dioptrique (1637), l’altrone La Perspective Curieuse (1636) – citino spes-so gli stessi autori (Cornelio Agrippa e GiovanniBattista della Porta in primis), ma da differentiprospettive critiche, come abbiamo già sottoli-neato: prendendone le distanze, Descartes; ade-rendo al programma retorico dei predecessori,Niceron. Come osserva acutamente GenevièveRodis-Lewis, “L’ossessione dell’illusione hasaputo guadagnarsi, nella prima metà del XVIIsecolo, il chiostro così come la scena profana o igiardini principeschi; il filosofo non richiamaquesti temi dell’epoca barocca che per superarlirazionalizzandoli.”171 La studiosa francese dis-sente dall’ipotesi di Baltrušaitis, per il quale ilricorso a esperienze decettive, continuamenteesercitato dai ‘prospettivi’ della prima metà delXVII secolo, dovrebbe essere inquadrato in unariflessione critica, non solo sulla fallacia delleapparenze sensorie, ma soprattutto sulla nozionemistica del mondo transeunte e sul tema dellavanitas, così caro all’epoca barocca.172 Lo stessoPadre Maignan – teorico dell’anamorfosi, maanche teologo – sembra, agli occhi della Rodis-Lewis, avvicinarsi, ma illusoriamente, al pensie-ro cartesiano, allorché inquadra nel suo edificiodottrinale il problema delle apparenze eucaristi-che: sia pure il Frate Minimo compari le modali-tà con le quali i nostri sensi vengono ingannati,in un caso dalle costruzioni prospettiche, nell’al-tro dal mistero della transustanziazione –“…giacché spetta allo spirito distinguere leapparenze soggettive dalla realtà, che è in questocaso quella della fede”173 –, resta un gap incol-mabile che lo separa dalla convinzione diDescartes circa “…l’esistenza di un Dio perfettoche esclude ogni inganno... Gli artifici più sottilidei tecnici sono sicuramente alla base di alcuneriflessioni cartesiane, ma, come tutti gli argo-menti scettici, per quanto straordinari siano, essisono chiarificati, ordinati e finalmente sottomes-si alla potenza della ragione.”174

Ma torniamo sulle tracce della vita e delle operedel Nostro. Il 28 marzo del 1640 la madre diNiceron inserisce nel suo testamento un lascitodi ben 8000 livres a favore del Convento parigi-no dei Minimi con la clausola che il figlio, dopola sua professione solenne, riceva il titolo dibienfaiteur:175 la qualifica viene estesa ai suoifratelli e alle sue sorelle, in caso di morte dellostesso Niceron, nel corso di un Chapitre genéralintermedio, tenutosi a Roma nel 1643.176

La grande intelligenza e profondità scientificache traspariva da La Perspective Curieuse, unitaa notevoli capacità pratiche, valse a Niceron, da

parte del P. Gen. Lorenzo da Spezzamo, la nomi-na a commis del P. François de La Nouë177 (oFrancesco Lanovio, 1595 - 1670) e, sempre nel1639, quella a professore di matematica, venen-do, con questa carica, inviato presso il Conventodi Trinità dei Monti a Roma, dove avrebbeincontrato il dotto Confratello Emmanuel (oEmanuel) Maignan col quale, come ci ricorda ilBonnard, “…affronterà, oltre alle scienze speci-ficamente ecclesiastiche, uno studio approfondi-to dell’ebraico e dell’ottica”.178 Il primo soggior-no romano di Niceron è registrato nelleConclusions Capitulaires conventuali, confer-mandoci la sua presenza nel complesso pincianodal 25 maggio 1639 – data in cui diventa loca-le179 e vocale – al 28 marzo 1640.180

Il convento, allora sotto l’egida del certosinoAlphonse-Louis du Plessis de Richelieu(1576–1654; fig: 57), fratello del più celebre epotente Armand-Jean du Plessis (1585–1642;fig. 58), – noto come come Cardinale Richelieu– consigliere di Luigi XIII (fig. 59), permise aidue Frati Minimi di condividere, oltre al comunesentire religioso e alla medesima passione per lescienze matematiche e fisiche, un interesseossessivo per un aspetto della rappresentazioneprospettica, fortemente intriso di echi filosofici eesoterici, quello appunto dell’anamorfosi, che livedrà coinvolti nella realizzazione di un ciclopittorico unico al mondo.L’opera teorica e applicata di Niceron appare, achi vi si avvicini con piglio critico, strettamentelegata a quella di Padre Maignan, e dunque èproprio tenendo conto di questa liaison181 chebisogna indagare alcune delle attività speculativee artistiche del nostro taumaturgo ottico.Le fonti sulla vita di Emanuel Maignan (1601-1676) sono limitate. Come ricorda J. S.Withmore,182 a parte alcune scarne note biogra-fiche rinvenibili nel Dictionaire Historique etcritique183 del Bayle, le opere fondamentali, cuifare riferimento, restano l’agiografia redatta dalsuo allievo Padre Jean Saguens,184 e il resocontodel suo soggiorno romano nella storia manoscrit-ta di Santa Trinità dei Monti del reverendo PadreCharles Martin.185 Figlio di Pierre de Maignan(Doyen de la Chancellerie de Tolouse eConseiller du Roi) e di Gaudoise de Alvarez, findalla tenera età fu assorbito nella lettura e, dopoaver svolto i primi studi nel collegio gesuita diTolosa, all’età di 18 anni entrò nell’Ordine deiMinimi, trascorrendo il suo noviziato nella cittànatale, presso l’eremo di Saint Roche. La suadedizione agli studi di filosofia, matematica eastronomia lo segnalò ben presto all’attenzionedei Superiori e, specialmente, del CorrettoreGenerale di Trinità dei Monti ,che lo invitò pres-so la sede romana dell’Ordine per tenere lezioniai Confratelli, con la qualifica di professore difilosofia e di matematica.186 Il suo primo sog-

30

Fig. 56. S. de Caus, Les Raisons des forces mouvantes, avec diversesmachines tant utiles que plaisantes, Parigi 1615. Frontespizio.

Fig. 57. Alphonse-Louis du Plessis de Richelieu, Cardinal Primat desgaules, archevêque de Lyon, grand aumonier de France, XVII sec.Incisione. Châteaux de Versailles et de Trianon, Versailles.

Fig. 58. P. de Champaigne e bottega, Ritratto triplo del Cardinal Richelieu, 1642. Olio su tela. National Gallery, Londra (Inv. NG798).

31

Fig. 59. P. de Champaigne, Ritratto di Luigi Xiii, post 1670. Olio sutela. Museo del Prado, Madrid.

Fig. 60. G. Reni, il Cardinale bernardino Spada, c. 1631. Olio su tela.Galleria Spada, Roma (Inv. 190).

Figg. 61a. E. Maignan, Perspectiva horaria, sive de orographia gno-monica tum theorethica tum pratica libri quatuor, Roma 1648.Antiporta.

Figg. 61b. E. Maignan, Perspectiva horaria, sive de orographia gno-monica tum theorethica tum pratica libri quatuor, Roma 1648.Frontespizio.

Fig. 62. E. Maignan, Perspectiva horaria, sive de orographia gnomo-nica tum theorethica tum pratica libri quatuor, Roma 1648. LiberTertius. Catoptrice horaria sive horographiae gnomonicae.Propositio XXXVi. Linea Meridianam, in superficie horologjiCatoprtico-gnomonici plana…

32

giorno romano durò quattordici anni (1636-1650), durante i quali, oltre a svolgere i suoiincarichi di docenza, ricoprì i ruoli di PadreSuperiore del collegio (Correttore), di senior,pubblicò, grazie al sostegno economico delCardinale Bernardino Spada (1594-1661) (fig.60), il suo primo trattato, Perspectiva horaria,sive de orographia gnomonica tum theorethicatum pratica libri quatuor187 (Roma 1648) (figg.61a, b), prevalentemente dedicato a questioni diottica, prospettiva, gnomonica e della relativastrumentaria. La sezione dedicata alla costruzio-ne di complessi quadranti solari, anche su super-fici architettoniche, è un evidente riflesso dellasua attività ‘decorativo-scientifica’ presso il con-vento pinciano dove, sulle pareti interne e sullavolta a botte della galleria settentrionale delchiostro, aveva realizzato nel 1637188 un ‘astro-labio catottrico gnomonico’ (fig. 62) che consen-tiva di stabilire l’ora esatta in qualunque partedel mondo, così come di studiare le costellazionizodiacali e l’altezza del sole.189

Tra le 705 pagine in-folio che costituiscono laPerspectiva horaria, il III libro si segnala alnostro interesse perché dedica un’intera sezionealla teoria geometrica dell’anamorfosi, in parti-colare quando questa si debba impiegare per rea-lizzare ampi affreschi parietali. La proposizioneLXXVII e le illustrazioni presenti tra le pagine438-439 (figg. 63a, b) mostrano, con ben sei annidi ritardo, quali operazioni proiettive lo stessoMaignan avesse eseguito per realizzare nel 1642,presso la SS. Trinità dei Monti, l’immagine vio-lentemente deformata ritraente il romito SanFrancesco di Paola raccolto in preghiera: sceltala superficie muraria che doveva ospitare la pit-tura, veniva incernierato al montante verticale diuna struttura lignea – posta in aderenza con quel-la stessa parete – un pannello con l’immagine dadeformare; dopo di che, stabilito il punto d’os-servazione ad una determinata altezza e distanza,e fatto ruotare il pannello intorno alle relativecerniere di una angolazione arbitraria, venivanocondotti dal centro di vista dei fili – materializ-zazione dei raggi visivi – che, intercettando i varipunti dell’immagine dipinta, indicati con l’ausi-lio di una mira scorrevole su un ulteriore filo apiombo mobile (sospeso al braccio orizzontaledella forca lignea), ne consentivano la proiezio-ne sulla parete. Unendo i vari punti così ottenuti,si delineava l’anamorfosi voluta, mentre la pro-iezione del centro di vista sulla vicina parete ver-ticale costituiva un primo riferimento per unaapprossimata collocazione dell’osservatoreaffinché percepisse correttamente l’immagineraddrizzata.190 Il dipinto murale (figg. 64a, b),restaurato nel 1998 dall’arch. Vittoria Giartosiocon finanziamenti dei Pii stabilimenti dellaFrancia a Roma e a Loreto, durante l’attraversa-mento del corridoio subisce, una radicale trasfor-

mazione dal momento che il corpo del venerabi-le Santo, avvolto nel suo saio e posto sotto unprotettivo albero di ulivo, si tramuta alchemica-mente: le linee che ne definiscono i contornidilatandosi e i vari segni e campiture, originaria-mente riconducibili a parti del personaggio,distribuendosi sulla parete, fino a divenire profi-li orografici di una serie di paesaggi calabresi.Tra questi, in primo piano e nel registro basso,l’immagine dello stretto di Messina con la raffi-gurazione del celebre miracolo operato dal Santoche, pare, ne attraversò le acque ‘taumaturgica-mente’ sul suo mantello, nel tentativo di recarsi aMilazzo191 (figg. 65a, b). Il dinamismo implicitonei due livelli fruitivi dell’opera – quello obliquoe quello frontale – dà luogo ad una vera e propriakatastróphê scopica, sia in termini geometriciche metaforici, dal momento che la tipica posi-zione stanziale dell’osservatore rinascimentaleveniva in tal modo violata: il desiderio di svela-re il mistero di un’immagine indecifrabile, che sirivela gradualmente se inserita in un contestopittorico eseguito secondo le regole della per-spectiva artificialis, svincola lo spettatore dallasua posizione statica, fissata dai canoni pittoriciumanistici. Il fruitore è costretto a un dinamismoforzato, fino ad allora impensabile, ma che costi-tuirà il preludio alla nuova ricerca spaziale del-l’architettura barocca dove, negli esempi più riu-sciti e raffinati, il tema dominante sarà proprioquello della percezione cinetica degli spazi, tal-volta realizzati ricorrendo ai princìpi deformati-vi della prospettiva solida.Al corridoio rivolto a settentrione del Convento,in cui ancora oggi si ammira lo straordinarioastrolabio catottrico (1637; figg. 66a, b), segue –in ordine deambulatorio (nel senso orario) e cro-nologico – il lungo ambulacro che ospita il dipin-to ‘prospettico’ (1639-40; figg. 67a, b) realizzatoa colori da Padre Jean François Niceron: questavertiginosa anamorfosi ispirò, per amissione del-l’autore stesso,192 la successiva (1642) operaanamorfica di Padre Maignan, ritraente in gri-saille il fondatore dell’Ordine, di cui si diceva. Ildipinto murale venne forse eseguito in un diste-so clima collaborativo fra i due Confratelli,tenendo conto della loro compresenza nelConvento romano, e anche del fatto che Niceron(allora ventinovenne) era stato, in precedenza,collega del Maignan (allora quarantunenne),sempre presso il collegio di Trinità dei Monti,durante il suo primo soggiorno italiano dal 25maggio 1639 al 28 marzo 1640.193

In questo pur breve lasso temporale Niceroncontribuì anche ad arricchire la biblioteca con-ventuale194 con testi di matematica e filosofia, alcontempo dedicandosi all’insegnamento e allesue ricerche, tuttavia non allentando i contatticon la comunità scientifica internazionale e svol-gendo, con tutta probabilità, il ruolo di mediato-

re, o addirittura ‘corriere’, tra gli studiosi italianie quelli francesi, un ruolo non sempre privo dirisvolti polemici: Niceron infatti sarà coinvoltonelle querelle che, in quegli stessi anni, videimpegnati e fortemente opposti i sostenitori delleidee del gesuita Bonaventura Cavalieri (1591-1647; fig. 68) e di Evangelista Torricelli (1608-1647; fig. 69), il più importante allievo diGalileo Galilei, e di quelle di Gilles Personnes (oPersonier) detto Roberval195 (1602-1675; fig.70), rappresentante della fazione avversa, circala possibilità di ricavare la misura delle aree e deivolumi, dal raffronto degli indivisibili rettilineidi cui esse risultano composte. In particolare da una lettera, datata 14 febbraio1640, di Bonaventura Cavalieri, indirizzata aGalileo Galilei in quel di Arcetri, apprendiamo diun passaggio di Niceron a Bologna nel corsodella primavera o dell’estate del 1639. Durantequell’incontro, il Padre minimo avrebbe sottopo-sto al matematico italiano alcuni problemi, sug-geriti dai colleghi francesi:

“L’uno è la misura della superficie del conoscaleno; l’altro, la misura di quella lineacurva simile alla curvatura di un ponte[cicloide], descritta dalla revolutione di uncerchio sino che scorra con tutta la sua cir-conferenza una linea retta etc., e dello spatiopiano compreso da quella e del corpo gene-rato per la revolutione intorno all’asse et allabase; il che mi ricordo che una volta midimandò lei, ma che infruttuosamente mi viaffaticai.”196

Più avanti nella stessa lettera, si legge che lostesso Cavalieri aveva informato il Padre di S.Francesco di Paula (cioè Niceron):

“…ch’havevo trovato la misura del corpoparabolico nato dalla revolutione della para-bola intorno alla base, e che havevo trovatoche il cilindro generato dal parallelogrammocircoscritto alla parabola, al detto corpo eracome 15 a 8, se bene uno de’ principaliGesuiti matematici mi havea già un pezzo fascritto ch’era doppio. Hora il detto Padredisse: Lasci, di grazia, ch’io lo voglio scri-vere a quei matematici di Parigi, per vederese rincontrano questa verità; e così l’hanno,dice, trovata come 15 a 8.”197

È proprio dal suo ‘ritiro’ romano che Niceron,dunque, informa il Cavalieri, pare senza alcunamalizia o velleità spionistica, secondo DidierBessot,198 dell’opera di Pierre Fermat, di RenéDescartes (dal quale riceverà nel 1644 diretta-mente in dono, in segno di stima, una copia deisuoi Principia199) e soprattutto dei lavori scienti-fici del Roberval sulla quadratura e la cubatura

33

Figg. 63a, b. E. Maignan, Perspectiva horaria, sive de orographia gnomonica tum theorethica tum pratica libri quatuor, Roma 1648. Liber Tertius. Catoptrice horaria sive horographiae gnomonicae. Propositio LXXVii.Mirum, ac fidelissimum artificium tradere…

Figg. 64a, b. E. Maignan, San Francesco di Paola raccolto in preghiera, 1642. Pittura murale. Complesso Conventuale di Trinità dei Monti, Roma. Vedute di scorcio dell'anamorfosi.

delle curve nella forma parametrica di ym=xn, esulle proprietà della cicloide.200 Come è noto,Roberval era da tempo versato nello studio dellaquadratura delle superfici e nella determinazionedel volume dei solidi con una tecnica definita‘metodo degli indivisibili’ (1634), del tutto ana-loga a quella pubblicata l’anno successivo dalCavalieri, e con la quale lo scienziato franceseriuscì a determinare l’area racchiusa da un arcodi cicloide (1637) nonché il volume generato daquesta, per rotazione, intorno al proprio asse.Tuttavia, la scoperta della cicloide si dovrebbe

far risalire all’inizio del XVII secolo, comeaffermava Carlo Dati nel suo testo pubblicato aFirenze nel 1662,201 e precisamente a GalileoGalilei, mentre il primo studio relativo alla qua-dratura dello spazio compreso fra un arco com-pleto di cicloide (fig. 71) e una retta fissa andreb-be restituito legittimamente al Torricelli.202 Per ilDati lo comproverebbe la lettera del 4 febbraio1640, inviata dal Cavalieri a Galilei, su citata.Il latore di questi problemi al Cavalieri fu pro-prio il minimo Niceron, per conto di PadreMersenne, durante il suo primo soggiorno roma-

no. La risposta di Galileo Galilei, del 24 febbra-io successivo, recita:

“…De’ quesiti mandatigli di Francia non soche ne sia stato dimostrato alcuno. Gli ho conlei per difficili molto a essere sciolti. Quellalinea arcuata sono più di cinquant’anni che mivenne in mente il descriverla, e l’ammirai peruna curvità graziosissima per adattarla agliarchi d’un ponte. Feci sopra di essa, e sopra lospazio da lei e dalla sua corda compreso,diversi tentativi per dimostrarne qualche pas-

34

Figg. 65a, b. E. Maignan, San Francesco di Paola raccolto in preghiera, 1642. Pittura murale in grisaille. Complesso Conventuale di Trinità dei Monti, Roma. Dettagli.

sione, e parvemi da principio che tale spaziopotesse esser triplo del cerchio che lo descri-ve; ma non fu così, benché la differenza nonsia molta. Tocca all’ingegno del P. Cavalieri,e non ad altro, il ritrovarne il tutto, o metteretutti li specolativi in disperazione di potervenire a capo di questa contemplazione. Ebbicirca un anno fa una scrittura di un P.Mersenno de’ Minimi di S. Francesco diPaola, mandatami da Parigi, ma scrittami incaratteri tali, che tutta l’accademia di Firenzenon ne potette intender tanto che se ne potes-

se trar costrutto alcuno. Vedevasi che contene-va alcuni dubbi sopra alcune mie proposizio-ni, e pareva che ne domandasse la soluzione.Io risposi all’amico che me la mandò, chefacesse intendere al detto Padre che mi scri-vesse in carattere più intelligibile, perché quanon aviamo né la sfinge né altri interpreti dimisteri reconditi; ma non ho poi inteso altro.Sento grande afflizione de’ suoi travagli, iquali accrescono i miei, che sono tali cheposso con verità dire di ritrovarmi in unoinferno terrestre superficiale, poiché non mi

avanza momento di tempo che io possa passa-re senza lamentare. Piace al Signor Iddio così,e in ciò doviamo quietarci.”203

Secondo l’anonimo autore (forse BlaisePascal?!) di una controversa Histoire de laRoulette, appelée autrement la Trochoide ou laCycloide (Parigi 1658), sarebbe stato PadreMersenne a sottoporre inizialmente il problemaal Roberval che, una volta risoltolo (“l’espacecycloidal est 3pr2”), avrebbe a sua volta chiestoall’illustre Minimo di inoltrare il medesimo pro-

35

Figg. 66a, b. E. Maignan, Astrolabio catottrico, 1637. Pittura murale. Complesso Conventuale di Trinità dei Monti, Roma. Campo e controcampo del corridoio.

Figg. 67a, b. J. F. Niceron, San giovanni evangelista scrive l'Apocalisse nell'isola di Pathmos, 1639-40. Pittura muraria a colori. Complesso Conventuale di Trinità dei Monti, Roma. Vedute dell'anamorfosi.

36

blema, ma senza soluzione, ai più importanti stu-diosi d’Europa. Successivamente, nel 1635,Padre Mersenne avrebbe inviato la soluzione diRoberval ad alcuni matematici chiedendo loro diredigerne una dimostrazione: le uniche rispostericevute furono quelle di Fermat e di Descartes.Nell’Histoire de la Roulette si sostiene poi che,nel 1638, Jean de Beaugrand (1595-1640) avreb-be comunicato a Galilei le parti della soluzionerobervaliana a lui note, tacendone la provenien-za e spacciandosi per l’ingegno matematico fau-tore della scoperta: alla morte di Galilei, le cartecontenti la ‘soluzione di Beaugrand’ sarebberostate ereditate dal Torricelli, e quest’ultimo se nesarebbe avocato ingiustamente la primogenitura.Tuttavia il carteggio citato mostrerebbe proprioil contrario, essendo effettivamente stato ilTorricelli a trovare per primo la soluzione delproblema nella sua Opera geometrica (Firenze1644), segnatamente nella sezione intitolata Dedimensione Parabolæ, solidique Hyperboliciproblemata duo.204 Come si evince da questebrevi note, il ruolo giocato da Niceron nellavicenda fu del tutto marginale, anche se fu suffi-ciente ad attirarsi forse le rampogne del

Roberval – redattore dell’opera postuma diNiceron, come vedremo in seguito – che sembra-va volesse legittimamente mantenere segreti gliesiti delle sue ricerche in materia per la loro pub-blicazione, o per usarli in sede di ‘difesa’ dellasua cattedra, con decorso triennale, presso ilCollège Royale. Tuttavia non essendo stato pos-sibile da parte di Roberval stabilire con certezzachi fosse la ‘gola profonda’ che aveva diffusoinformazioni così delicate, il matematico france-se accusò pubblicamente il collega Beaugrand, lacause célèbre sgonfiandosi definitivamentequando il Cavalieri si decise a pubblicare, nel1643, la sua corrispondenza con PadreMersenne. L’incontro con Torricelli (avvenuto aRoma nel 1640, probabilmente all’interno delconvento pinciano) si svolse invece in un climapiù rilassato di ammirazione e simpatia recipro-ca tra coetanei, e non v’è dubbio che Niceroncontribuì non poco alla diffusione oltralpe delpensiero dello scienziato faentino, ancor primache Pascal si esprimesse nei suoi confrontilodandolo come “le grand Torricelli”: se ne rin-viene traccia in una cordiale lettera del Torricelli,di molto successiva a questi primi contatti italia-

ni, datata 1 ottobre 1643 e conservata presso laBiblioteca Nazionale Centrale di Firenze,205 malo testimonia anche il fatto che Torricelli abbiaaffidato proprio alle sapienti cure di Niceronalcuni complessi problemi geometrici, nel soloenunciato, dunque ‘senza dimostrazione alcuna’,e che il Padre minimo propose – tra il 1640 e il1643 – alla comunità scientifica francese. Ne dàchiaramente conto l’incipit dell’opera torricellia-na intitolata Racconto di alcuni problemi propo-sti scambievolmente tra gli matematici diFrancia e il Torricelli ne i quattro anni prossi-mamente passati.206 In particolare, Torricelli sot-tolinea come il rapporto scientifico e umano207

tra i due scienziati si sia protratto, come si ricor-dava, ben oltre i mesi del secondo soggiornoromano (1641-1642) di Niceron, ma anzi sia pro-seguito più intensamente – per via epistolare – alsuo rientro in Francia. Sicuramente il problemapiù complesso risolto da Torricelli, ricorrendo aprocedure di calcolo cavalieriane, fu la determi-nazione del volume del solido acuto iperbolico,la cui definizione formale avvenne nell’unicaopera data alle stampe in vita dall’autore,l’Opera geometrica (Firenze 1644). Come

37

Fig. 68. G. A. Labus, Monumento al matematico bonaventura Cavalieri, 1844. Cortile del Palazzo di Brera, Milano. Foto di Giovanni Dall'Orto.

Fig. 69. E. Torricelli, Lezioni accademiche d'evangelista Torricelli....,Firenze 1715. Frontespizio.

Fig. 70. H. Testelin (da C. Le Brun), Etablissement de l'Académie desSciences et fondation de l'observatoire, 1676 ca. Olio su tela. Muséedu Château, Versailles (Inv. MV2047). Dettaglio con il ritratto diGilles Personne de Roberval.

38

Fig. 71. Una cicloide è generata da un punto P su una circonferenza che rotola su di una retta. Fig. 72. M.-F. van Langren, Plenilunii Lumina Austriaca Philippica(Selenographia), ante 1645. Edimburgo, Crawford Library.

Fig. 73. A. M. Cospi (o Crespi), La interpretazione delle cifre, cioeRegola per intendere bene, e facilmente qualsiuoglia cifra semplice,Firenze 1639. Frontespizio.

Fig. 74. A. M. Cospi (o Crespi), L'interprétation des chiffres, ouReigle pour bien entendre et expliquer facilement toutes sortes dechiffres simples. Tiré de l'italien du Sr Ant. Maria Cospi... par F. i. F.N. P. M, Parigi 1641.

osserva Fabio Toscano, Torricelli “…aveva resonote molte sue scoperte geometriche già nel-l’estate del 1643, quando, con il tramite del-l’amico Michelangelo Ricci, le inviò a Parigiall’indirizzo del monaco e matematico franceseJean François Niceron. Il 18 luglio 1643, così Ricci informavaTorricelli:

“Il Padre Nicerone mi scrisse che esso e tuttigli virtuosi di quel regno desiderano di vederequanto prima le opere di V.S. e che il foglio diproposizioni che io gli mandai va cammi-

nando nelle mani di tutti con molta lode dellebelle invenzioni di V.S.”208

Sicuramente le brillanti e creative soluzioni dialcuni problemi da parte del Torricelli, in primisquello del calcolo del volume del solido acutoiperbolico, grazie alla mediazione culturale diNiceron, contribuirono non poco ad accrescere lapopolarità del matematico faentino tra i celebricolleghi francesi come Carcavi, Mersenne, DuVerdus e lo stesso Roberval,209 al quale – comesi ricordava prima – fu legato da un contenziososcientifico.210 Ma anche la stima del Cavalieri è

comprovata da carteggi e, non ultimo, dal fattoche Niceron nel 1640, di ritorno a Parigi dal suosoggiorno italiano, avesse portato con sé inFrancia le prime copie della sua geometria indi-visibilibus continuorum nova quadam rationepromota, pubblicata nel 1635.Allo scadere del suo primo soggiorno romano,sulla via del ritorno verso Parigi, Niceron ebbeanche modo di contribuire alla campagna intra-presa, per conto di Athanasius Kircher, da moltistudiosi a lui coevi per il rilievo della declinazio-ne con la bussola magnetica in vari siti geografi-ci, italiani e stranieri: in particolare, il Padre

39

Fig. 75. R. des Nanteuil, Louis d' Hesselin, in Portraits de Nanteuil,Tome I, Parigi 1658-60 (ritratto-1658; testo: 1660). British Museum,Londra (Inv : 1864,1114.512).

Fig. 76. Jean Marot, L' Hotel de Hesselin (sulla destra) e l'Hotel Sainctot, 1670 ca. Metropolitan Museum of Art, New York (Rogers Fund,1952, 52.519.186).

Fig. 77. M. Mersenne, Cogitata Physico Mathematica…, Parigi 1644.Frontespizio.

Fig. 78. C. Mellin, San Fraçois de Paule en prères, 1597. Olio su tela.Museé Historique Lorrain, Nancy.

Fig. 79. K. Audran, San François de Paule en priére, 1630, Paris,Bibliothèque Nationale, Cabinet des Estampe.

40

minimo eseguì le misurazioni commissionateglipresso Roma, Firenze e a Ligurno (forseLivorno, il maggior porto del Granducato diToscana) per ben due volte.211 In una lettera diKircher a Niceron, oggi conservata pressol’Archivio Storico della Pontificia UniversitàGregoriana,212 si legge che quest’ultimo ebbedifficoltà nell’eseguire le sue rilevazioni aFirenze, a causa di una virulenta epidemia dipeste,213 che affliggeva la città in quell’anno, tut-tavia ripromettendosi di proseguire le operazio-ni, iniziate in Italia, anche in Francia, segnata-mente a Lione e a Parigi.214

L’interesse di Niceron verso questioni geo-astro-nomiche, si rinnova, dopo qualche anno, quandorealizza, presso il Convento di Place Royale, unaselenographia (mappa lunare) oramai scompar-sa. L’informazione è indiretta, essendo riportatada Olivier le Fèvre d’Ormesson il cui fratello,Nicolas, era un collega di Jean François, all’epo-ca di stanza presso il convento nella sua celebresede parigina. Così Olivier annotava nel suo dia-rio, una domenica di novembre del 1645:

“Le dimanche, 26 novembre, je fus, l’apresdisnèe, avec mon frère, à l’acte de M.Chamillard, qui fit merveilles. Il y avoit forceévesques, les thèses estant dèdièes à M. lecoadjuteur. De là, aux Minimes, où le PéreNiceron me fit voir une carte faite à Bruxellesd’un monde dedans la lune, où toutes lesterres, montagnes, isles, éstoient nomméesdes noms des roys et grands de ce siècle, etfort proche celuy de la Reine de celui deMazarin.”215

Con tutta probabilità si trattava di una copia daun originale della mappa lunare realizzata aBruxelles da Michel-Florent van Langren216 (fig.72), da questi pubblicata nell’aprile di quellostesso anno,217 e che Niceron forse vide, informa di bozza, durante uno dei suoi viaggi isti-tuzionali nei Paesi Bassi.Nel 1640 Niceron è dunque presso la CasaMadre parigina, dapprima con l’incarico di com-pletare la sua formazione teologica e, successi-vamente, dopo il trasferimento presso il Collègede Nevers, svolgendo la funzione di collega delVisitatore ausiliario dell’Ordine, François de LaNouë (1597-1670), allievo di Mersenne, pressoaltri conventi – francesi e catalani – dei Minimi.L’attrazione esercitata da ciò che è recondito eascoso, nell’arte come nella letteratura,218 tutta-via non abbandonò mai Niceron che nel gennaiodel 1641 si cimenta in un’altra operazione cultu-rale ‘decettiva’: la pubblicazione della traduzio-ne e dell’adattamento in francese dell’operaL’interpretazione delle cifre219 (fig. 73), un trat-tato dell’italiano Antonio Maria Cospi (oCrespi), nel quale il contributo originale del

Padre minimo consiste nella disamina delle dif-ferenze tra de-crittografia italiana, francese espagnola, lingue da lui profondamente conosciu-te e frequentate durante i suoi viaggi e gli scam-bi epistolari con la comunità scientifica dell’epo-ca (fig. 74): in particolare, Niceron si sofferma“…sul problema della frequenza delle doppieconsonanti, delle doppie vocali, dei monosillabie di altre caratteristiche della lingua scritta chepossono aiutare a svelare un codice basato su unasemplice sostituzione di lettere.”220 Attraversol’analisi della ricorrenze di consonanti o di voca-li è possibile spezzare il sigillo di mistero cheracchiude un codice cifrato, anche se, avverte lostudioso, tale frequenza varia in ciascun idioma,e se tale pratica ha una sua utilità solo in campomilitare e politico. L’epistre dedicatoria è rivoltaa Louis Hesselin (1602-1622; fig. 75), il celebreconsigliere di Stato di Luigi XIII e suo Maître dela Chambre aux Deniers, ritenuto il sovrainten-dente ai piaceri del sovrano francese: in questaveste, egli aveva infatti organizzato sontuosiricevimenti e coreografie, presso la sua celebre ecelebrata casa parigina, progettata da Louis LeVau (1612-1670) e collocata presso il numero 24di quai de bethune sull’Île Saint-Louis221 (fig.76), custodiva una ricchissima collezione dicuriosi oggetti e opere d’arte nella quale Niceronsi augurava potesse trovare accoglienza anche lasua nuova fatica letteraria. Niceron aveva giàavuto modo di elogiare la collezione privata diHesselin ne La Perspective Curieuse (1638),descrivendone la ricchezza e atipicità rispetto aicoevi cabinet parigini.222 Come osserva R. L.Colie, l’interesse nutrito da Niceron per la critto-grafia si inquadra in un’attenzione più generalealla decifrazione del codice segreto della natura,condivisa da gran parte degli studiosi gravitantiintorno ai circoli cartesiani, parigino – di PadreMersenne – e romano – di Padre Kircher –, e inperfetta sintonia con le coeve scoperte nel campodell’ottica: “[questi studiosi, n.d.r.] applicavanola loro nuova comprensione dei meccanismi visi-vi, non solo per produrre camere oscure (model-li dell’occhio), ma per produrre deformazioni eanche illusioni ottiche. Non si tratta di qualcosadi strano, a ben pensarci: il dominio tecnico di unsoggetto spesso si rivolge contro il soggetto stes-so, e quando ciò accade, avvengono dei parados-si, come quando la logica collassa su se stessa inun ragionamento circolare o in una regressioneinfinita, oppure quando la retorica produce para-dossi che trascendono le sue stesse regole.”223

In questo periodo, caratterizzato da un’intensa eforzata serie di spostamenti, Niceron ha modo distabilire e rinsaldare legami con alcune delle per-sonalità europee più autorevoli in campo scienti-fico, legami che gli torneranno utili durante ilsuo secondo soggiorno romano (1642), quandocollaborerà con un gruppo di scienziati, residen-

ti a Roma (tra i quali Magiotti, Baliani, Kircher,Ricci e Maignan) ad alcuni esperimenti ispiratialle teorie di Galilei e alla ‘fisica nuova’. In par-ticolare, Niceron risultò latore di una serie di let-tere del fisico genovese Giovanni BattistaBaliani (o Baliano; 1582-1666) indirizzate aPadre Mersenne e concernenti problemi relativial moto del pendolo: com’è noto, Baliani fu ilprimo a pubblicare224 la legge del moto accelera-to dei gravi e a distinguere, nelle categorie dellafisica, fra il concetto di massa e quello di peso.In una di queste lettere – datata 15 aprile 1639 –,Baliani così scrive a Mersenne, probabilmente inrisposta ad una osservazione di quest’ultimocirca la legge dell’isocronismo delle oscillazionidi un pendolo:

“Praedictus siquidem eruditissimus PaterNiceron, et voce et scriptis circa illas mihiP.T. sententiam apperuit, ubi quo ad secun-dam dicitur pendulum.” 225

Ancora una volta emerge, dallo sfondo, il ruolodi messaggero e corriere scientifico del giovanePadre minimo, attivamente impegnato a seguirei dibattiti sulla nuova fisica, che andavano deli-neandosi tra Francia e Italia, a stretto seguito delConfratello e pigmalione Mersenne.Tra gli studiosi dell’Ordine dei Minimi,Emmanuel Maignan fu sicuramente quello checontribuì maggiormente al coevo dibattito scien-tifico sul concetto di ‘vuoto’, assumendo in que-sto campo, come già Niceron per questioni rela-tive all’ottica, posizioni non-aristoteliche o addi-rittura anti-aristoteliche, dunque antidogmati-che: gli studi sulla balistica e sul vuoto, contenu-ti nel suo Cursus philosophicus, mostrano comefosse possibile per l’autore ipotizzare l’esistenzadi microvacua e macrovacua, anche sulla scortadelle sue osservazioni al microscopio. Per letematiche anamorfiche svolte da lui e da Niceronin quegli anni, assume una particolare importan-za la nozione di ‘spazio immaginario’, opposto aquello ‘reale’, scaturita dalle precedenti riflessio-ni sul vacuum, e alla quale Maignan attribuisce ilcarattere di una entità invariabile, infinitamentediffusa: non identificabile con il vuoto, lo ‘spa-zio immaginario’ di Maignan si estende virtual-mente col rischio di poter introdurre, laddove siavanzi la sua identificazione con Dio, la perico-losa nozione di quantificazione dell’immensitàDivina.226

Proprio durante il suo secondo soggiorno roma-no, Niceron collaborò con Padre Mersenne227

per la redazione del suo CogitataPhysicomathematica228 (pubblicato a Parigi nel1644), inviando al Confratello e maestro cam-pioni di pesi e misure italiani229 utili alle sue spe-rimentazioni, contenuti nel volume, per determi-nare l’accelerazione dei gravi attraverso la loro

41

comparazione con l’oscillazione di un pendo-lo.230 Anche se nell’attività scientifico-artisticadi Niceron il delicato tema del ‘vuoto’ apparesullo sfondo rispetto al coevo dibattito, le sueopere maggiori certamente ne subirono un’in-fluenza diretta o indiretta, esplicita o solo allusa,come è desumibile soprattutto dal programmadecorativo delle gallerie superiori della SS.Trinità dei Monti (Roma) dipinte da lui e daPadre Maignan, secondo un progetto steganogra-fico e astrolabico senza precedenti. Fu qui infat-ti, tra la metà del 1639 e l’inizio del 1640, cheNiceron eseguì il grande murale anamorfico acolori – poi replicato con significative differen-ze, di cui diremo, nel 1644 a Parigi presso laCasa Madre dei Minimi in Place Royale –, raffi-gurante San giovanni evangelista che scrivel’Apocalisse nell’isola di Pathmos,231 e chePadre Maignan realizzò nel 1642 l’anamorfosimuraria in grisaille del fondatore dell’Ordine,San Francesco di Paola raccolto in preghie-ra.232

Dalla lettura delle Conclusions Capitulaires diTrinità dei Monti,233 relative agli anni compresifra il 1620 e il 1649, si ricava un’importanteannotazione (16 marzo 1640), spesso trascuratadagli studiosi, relativa all’affidamento da partedelle autorità conventuali al Padre Niceron, inpartenza per la Francia, di un altra pittura mura-le ‘in prospettiva’ – supponiamo da intendersi‘in anamorfosi’ –, raffigurante il Re Luigi XIII(1601-1643), e che doveva occupare una dellegallerie poste al di sopra del chiostro.234 Lo stu-dioso Pascal Julien235 sostiene che successiva-mente il soggetto del ritratto fu sostituito conquello del San giovanni evangelista ma, comeosservano Fratini e Moriconi,236 le date contrad-dicono questa deduzione. All’epoca dellaConclusione Capitolare citata, l’anamorfosi diNiceron era stata già realizzata (1639), e così idue studiosi ipotizzano che il ritratto anamorficodel Re di Francia dovesse presumibilmenteoccupare il corridoio del piano nobile che oggiospita la cappella della Mater Admirabilis, piut-tosto che quello decorato successivamente(1642), da Padre Maignan con il San Francescodi Paola anamorfico. Naturalmente non esistonoprove documentarie in tal senso, essendo peròpossibile che il programma decorativo dei corri-doi pinciani fosse stato affidato nella sua totalitàa Niceron proprio dal Correttore di Trinità deiMonti, all’epoca Padre du Rozier, su suggeri-mento dello stesso Maignan, grande estimatoredel più giovane Confratello. Nelle medesimeConclusions Capitulaires (Ottobre 1639), oltre aleggersi che Niceron, in qualità di scriba (segre-tario) del Capitolo, fu incaricato lettore del librodei Casi di Coscienza (in relazione alle confes-sioni dei Confratelli) e di quello delle Vestizioni(contenente l’elenco delle persone ammesse alla

professione sacerdotale), si ricava che per lui eraprevisto l’obbligo del rientro nella comunità pin-ciana, una volta terminato il suo soggiorno inFrancia, dove doveva recarsi per il disbrigo dialcuni affari che ‘tendevano al benedell’Ordine’:237 è da presumere che si attendes-se, dopo la partenza del 1640, un suo rapidoritorno a Trinità dei Monti e che, in questo senso,sia da intendersi l’affidamento dell’opera ritra-ente Luigi XIII, poco prima della partenza perParigi. Il tracciamento (la sola delineazione deicontorni?) di questa anamorfosi – a tutt’oggi ine-dita – avrebbe dunque impegnato Niceron tra il16 e il 28 marzo del 1640: tuttavia, non ne èsopravvissuta nessuna traccia nel primo pianodel convento, come poc’anzi ricordato. Sipotrebbe anche propendere per una sua colloca-zione alternativa, in uno dei corridoi o delle saleposte al secondo piano del complesso, oggi inac-cessibili al pubblico, e dormiente sotto gli attua-li strati di scialbo.238 Ma ancora un’altra ipotesipotrebbe essere avanzata, tenendo conto che ilrientro a Roma di Niceron avvenne in un perio-do successivo al gennaio 1641, e il suo secondosoggiorno romano si estese fino al 14 aprile1642.239 In questo arco temporale potrebbeinquadrarsi allora un cambio nella scelta del sog-getto anamorfico e del suo esecutore, con l’affi-damento del ritratto in prospettiva accelerata delSan Francesco di Paola a Padre Maignan, rino-minato proprio quell’anno Lettore di Teologiapresso Trinità dei Monti.240 Quest’ipotesi trove-rebbe sostegno nelle vicende storiche di queglianni, motivando la sostituzione del soggettoregale con quello, dottrinalmente più compatibi-le, del Santo fondatore dei Minimi: ovvero ilruolo di laicizzazione del conflitto che Luigi XIIIsvolse durante la guerra dei Trent’anni, proprionel periodo che va dal 1635 al 1648, impegnan-do la Francia cattolica contro un altro Impero,quello germanico, anch’esso cattolico. Forse ilCapitolo dell’Ordine dei Minimi, alla luce dellenuove vicende politiche, avrebbe potuto giudica-re azzardata una rappresentazione così celebrati-va, all’interno di un contesto conventuale sì fran-cese, ma pur sempre a Roma, di un personaggiocosì compromesso con questioni temporali chelo videro anche stringere alleanze con i prote-stanti. Per ammissione dello stesso Maignanfurono comunque le ricerche prospettiche diNiceron a spingerlo alal realizzazione del SanFrancesco di Paola in preghiera,241 oggi ancoravisibile presso il convento pinciano. Dell’operaniceroniana, per uno strano capriccio della sorte,rimanevano fino a pochi anni or sono, solo pic-coli lacerti, riportati alla luce, durante i lavori dimanutenzione sull’opera anamorfica diMaignan. Gli interventi globali di restauro coor-dinati da Luigi De Cesaris,242 a partire dal 2005,hanno finalmente rimosso gli spessi strati di pit-

tura e intonaco che ricoprivano il San giovannievangelista nell’isola di Pathmos – prevalente-mente imputabili all’azione vandalica delle trup-pe franco-napoletane (1798) e alle successivenon adeguate ridestinazioni d’uso del Convento–, portando alla luce l’eccezionale pittura mura-le di Niceron. A chi si domandava, tra i suoi con-temporanei, se dal groviglio di linee che il dise-gno anamorfico squadernava sulle superficimurarie, potesse emergere un’immagine dotatadi senso compiuto, Niceron così rispondeva nellaseconda edizione, riveduta e in latino, de LaPerspective Curieuse, intitolata ThaumaturgusOpticus, e pubblicata postuma a Parigi, pressoFrançois Langlois, nel 1646:

“In verità, abbiamo già ottenuto tale risulta-to, e pure piuttosto felicemente - stando algiudizio di coloro che sono venuti comespettatori - sia a Roma, nel nostro conventodella Santissima Trinità sul Pincio, che aParigi, in questo Cenobio pressol’Ippodromo Regio. In tali luoghi, è possibi-le vedere siffatte proiezioni realizzate da noinella più lunga parete dell’ambulacro: ilsoggetto è il medesimo, ma sono molto dis-simili la postura e la disposizione della figu-ra da adombrare. Infatti, in entrambi i casi sitratta dell’immagine di San giovannievangelista che contempla e scrive la sacraApocalisse nell’isola di Pathmos: ma diquella a Roma non abbiamo a disposizionela copia o ectipo e, a distanza di sei o setteanni da allora, ce ne resta soltanto unavaghissima idea...”243

Dunque l’opera romana di Niceron deve collo-carsi temporalmente prima (1639-1640) del-l’analoga, ma non identica, opera parigina.Niceron candidamente dichiara di non ricordarsiquale modello lo abbia ispirato, essendo passatitroppi anni dalla sua esecuzione (solo 7 anni, indefinitiva). Se quindi nel caso dell’anamorfosi diMaignan è possibile risalire all’opera artistica,che ha suggerito l’immagine del Santo effigiataanamorficamente sulla parete – e cioè il SanFrançois de Paule en prères di Charles Mellin244

(1600 ca.-1679; fig. 78) conservato presso ilMuseé historique Lorrain di Nancy, o più proba-bilmente l’incisione di Charles (o Karl)Audran245 (1594-1674; fig. 79) tratta da queldipinto intorno al 1630 e riprodotta in una popo-lare agiografia del Santo246 – , nel caso della pit-tura romana di Niceron, l’identificazione dellafonte iconografica di ‘partenza’ è più complessa,e forse impossibile.247 A lavori di restauro con-clusi (febbraio 2009), l’opera oggi si presentacon ampie lacune (fig. 80), ma la sua intellegibi-lità resta totale: anzitutto si è appurato che tratta-si di un’opera eseguita a secco. Questo dato non

42

Figg. 80-83. J. F. Niceron, San giovanni l'evangelista scrive l'Apocalisse nell'isola di Pathmos, 1639-40. Pittura murale a colori. Complesso Conventuale di Trinità dei Monti, Roma. Dettagli.

43

Figg. 84-87. J. F. Niceron, San giovanni l'evangelista scrive l'Apocalisse nell'isola di Pathmos, 1639-40. Pittura murale a colori. Complesso Conventuale di Trinità dei Monti, Roma. Dettagli.

è trascurabile, dal momento che nel curriculumvitae et studiorum di Niceron non è finora emer-so alcun apprendistato di carattere artistico d’al-to livello: poiché anche l’anamorfosi di SanFrancesco di Paola e la meridiana catottrica diMaignan furono eseguite con la stessa tecnica, sene deve desumere che essa fu adottata dai duestudiosi in ragione del minor grado di espertiseche essa richiedeva. Infatti, necessitava di una semplice base di into-naco asciutto, da stendere anticipatamente sullasuperficie muraria, sulla quale l’operatore poisarebbe intervenuto con pigmenti mescolati asostanze naturali (tempera), la cui adesione eragarantita dai collanti impiegati in fase di prepa-razione. Il disegno veniva poi trasposto redigen-do un abbozzo con il verdaccio, su cui eranostesi i colori partendo dalle tonalità chiare perpoi raggiungere quelle più scure: le tracce diquesto semplice procedimento sono ancora leg-gibili nell’opera niceroniana, soprattutto nellearee non compromesse dagli atti vandalici e,

nonostante tutto, grazie ai discutibili interventi direstauro eseguiti da Angelo Felici nel 1819.248

Con tutta evidenza, la scelta della pittura a seccodovette corrispondere a un programma di sem-plicità e rapidità esecutiva garantite forse dallostesso Niceron, che aveva dimostrato già notevo-li doti nell’ambito della decorazione e del dise-gno: una tecnica ideale dunque per tradurre velo-cemente, in forme dipinte, un complesso teore-ma ottico-matematico, controllando e correggen-do l’immagine via via che si procedeva, non inmodo frammentario, come avrebbe richiestol’affresco, ma nel suo complesso. La forte com-pressione ottica prodotta dall’osservazione obli-qua probabilmente avrebbe reso difficile il con-trollo di ogni singola giornata lavorativa. Le operazioni proiettive – ma non meccaniche –di trasposizione dal modello giovanneo retto inquello obliquo, anche se non esplicitamentedichiarate afferenti all’opera in questione, sonogià presenti ne ii enunciato, con i tre corollariche seguono e nelle tavv. 12 e 13 del ii Libro de

La Perspective Curieuse (1638), dove Niceronannuncia di

“Fornire il metodo per descrivere ogni sortadi figura, immagine e quadro, nello stessomodo delle sedie del precedente enunciato,vale a dire, che sembrino confuse in apparen-za, e da un certo punto [di osservazione] rap-presentino perfettamente un oggetto propo-sto.”249

Le costruzioni adottatet250 replicano, con finalitàanamorfiche, l’impiego del punto di distanza giàintrodotto da Niceron nel i Libro del trattato involgare, e si sovrappongono al reticolo a magliequadrate – in cui vengono inscritti i volti di GesùCristo e di San Pietro (cfr. fig. 31) –, permanen-za mnesica bidimensionale del velo albertiano251

(1435) o dello sportello düreriano252 (1525).Nonostante le componenti cromatiche siano for-temente compromesse, restando solo il 30%degli originali cromatismi seicenteschi, l’opera

44

squaderna ancora in modo chiaro tutto il suopotere affabulatorio, addirittura esibendo unanotevole sensibilità verso gli effetti della pro-spettiva atmosferica, in associazione con lemetamorfosi narrative a cui l’immagine del SanGiovanni era sottoposta, trasformandosi in unaridda di paesaggi dalle risonanze bibliche.L’opera, collocata nel braccio orientale e, par-zialmente, in quello settentrionale dei corridoiposti al primo livello del Convento pinciano, èun vero monstrum, nel senso etimologico del ter-mine: “che mostra ciò che è ammirabile” (damonere, avvisare, ammonire), segno della pre-senza divina e di un prodigio che sembra violarele leggi della natura, ma che funge anche damemento – rassicurante o perturbante – per l’os-servatore e il fedele, come vedremo. Un grandeulivo (fig. 81) si innalza sul fondo del corridoioestendendosi sulla volta a botte e sovrastandoSan Giovanni, chino sul volume nelle cui paginesta scrivendo con una penna d’oca (che, vista difronte, diventa una cascata; fig. 82) il quartoVangelo o l’Apocalisse, anche se quest’ultimaipotesi sembra più plausibile, per ammissionedello stesso Niceron. L’anamorfosi si rettifica daun punto di stazione collocato a sud-ovest (fig.83), prossimo dunque all’inizio del corridoio chela ospita, e poco distante dall’area in cui oggi sitrova la cappella dedicata alla MaterAdmirabilis. Dalle verifiche condotte da CosimoMonteleone e Cristian Boscaro253 si evince chequesto punctum optimum è simmetrico a quelloprevisto, nel corridoio occidentale, per l’osserva-zione del San Francesco di Paola. È dunque pre-sumibile, in accordo con la cronologia dellerispettive opere, che Niceron abbia influenzato lescelte del Confratello Maignan, non solo inambito proiettivo, ma anche nella configurazio-ne scenica dell’opera, essendo entrambe leimmagini fortemente condizionate dalle presen-ze arboree che delimitano i due ritratti. Inoltre,un altro albero – spezzato e arso (come nell’altraanamorfosi!) – emerge dietro il corpo di SanGiovanni (fig. 84): dal suo interno, e in vedutafrontale, sorge l’immagine di una città in fiamme(Babilonia?), come didascalicamente rammental’iscrizione incisavi accanto – AP Viii254

(Apocalisse, capitolo 8, 1-7) – su cui si libra unangelo che suona la tromba. Sulle pagine apertedel volume sorretto dalle ginocchia del Santo,viste frontalmente, appaiono immagini di anima-li come dispersi in un campo arato, i cui solchi sidiffondono radialmente, in un’anamorfosi dellerighe vergate a mano dall’Evangelista255 (fig.85).Le figure sono ritratte con discrezione, in modominuto e puntuale, e sempre mediante coloritonalmente prossimi allo sfondo che le ospita, inmodo da scomparire se osservate obliquamente,come suggerito da Niceron. Lo stesso accade

anche per altre figure, oggi solo parzialmentericonoscibili – corpi umani che fuggono, undemonio rubicondo e cornuto, altri angeli libran-tisi in volo –, o per suggestivi elementi paesaggi-stici – fiumi, laghi e cascate, boschi, palmeti efiori esotici –, che si rivelano solo ad una visio-ne minuziosa e diretta: così, nascosta nel mantel-lo scarlatto del San Giovanni – in progressivoinscurimento tonale, allontanandosi dal puntooculare –, si dovrebbe celare la vendemmia apo-calittica citata in AP XiV256 (18-20), mentre neilineamenti del viso sembra riconoscersi il tinodal quale, si narra, fluirà il correlato fiume disangue (ovvero il mantello scarlatto del Santo).Ancora un animale araldico popola uno dei ramisecchi del grande albero fondale: si tratta di ungufo (cfr. fig. 81), che rimanda al tema delladistruzione di Babilonia,257 cui abbiamo giàaccennato, e qui preluso in forma subliminale.Così come simbolico è il ruolo dei due uccellicollocati al di sopra del piano di imposta dellavolta a botte (fig. 86): il più grande, una colom-ba – allusiva dello Spirito Santo –, si libra nel-l’aria, mentre su di essa un serpente – tentatoredell’umanità – si sporge nel vuoto, parzialmenteattorcigliato ad una fronda; il volatile più picco-lo, un passero, resta fermo sul ramo inferiore,simboleggiando il mondo celeste, che si opponea quello terrestre, ancora una volta incarnato dalrettile tentatore.Come ricorda l’autore nel ThaumaturgusOpticus, la pittura murale reca anche, in corri-spondenza del dorso del volume scorciato (cfr.fig. 85), una lunga scritta in greco antico cherecita:

“l’apocalisse dell’Ottica, il testimone oculare dell’Apocalisse.”258

Il riferimento è chiaramente al potere rivelatore(ajpokavluyiı, rivelazione) implicito da un latonella magia anamorfica dell’opera – che esibisceil suo contenuto solo se osservata da un precisopunto di vista, geometricamente e spazialmentevincolato –, e dall’altro nel ruolo teologico svol-to da San Giovanni, unico fra gli umani ad averela vista così acuta da riuscire a contemplare laVera Luce del Verbo: l’aquila, attributo teriomor-fo dell’Evangelista, è l’unico essere viventecapace di librarsi così in alto nel cielo da vederedirettamente la luce del Sole senza accecarsi.259

Niceron la ritrae di scorcio accanto al Santo, inuna posizione molto avanzata: la sua testa rostra-ta e una delle sue ali dispiegate (l’altra, ricaden-do in un’area lacunosa della pittura murale, èandata perduta) diventano, se osservate frontal-mente, le campiture di un paesaggio biblicosopra il quale un sole occiduo viene oscurato daun denso fumo, preludio della parusia.260 Forseè in questo snodo critico che deve ricercarsi la

scelta di un soggetto così atipico per la pitturamurale niceroniana: non essendo oggetto di par-ticolare venerazione da parte dei Minimi france-si, la figura di San Giovanni deve essere stataprescelta per la sua complessa caratura etico-filosofica, da un lato capace di avvicinare laparola Logos (verbo) a Dio,261 conciliando cosìla cultura cristiana con una visione ebraico-elle-nistica del mondo, e dall’altro per l’assenzavoluta di astrazione, che caratterizzò la sua testi-monianza di fede, riferendosi solo a “…ciò chenoi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo vedutocon i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contem-plato e ciò che le nostre mani hanno toccato... lavita si è fatta visibile”. Del Logos vivente egli fudunque il testimone oculare, epiteto con il qualeGiovanni amava essere definito (Prima lettera digiovanni),262 così come i Padri minimi coevidell’opera pittorica furono i primi testimoni ocu-lari della catastrophè scopica dell’anamorfosi,sbigottiti e poi rassicurati dal suo continuo scom-porsi e ricomporsi. Ma, in questo atto testimo-niale affidato da Niceron alla ocularità, ci paredi scorgere ancora un elemento riconducibile allaspeculazione cartesiana. È forse a questa tempe-rie culturale che va ricondotta la scritta latina cheadorna il cartiglio pendente da uno dei rami postisopra la schiena del San giovanni (fig. 87), ovesi legge: “CITRA DOLUM FALLIMUR”(“siamo ingannati senza malizia”). Come sottoli-neano Fratini e Moriconi,263 si tratta di un calcodal motto che accompagnava il frontespizio delcelebre trattato Perspectivae Libri Sex264 (Pesaro1600; fig. 88) di Guidubaldo del Monte (1545-1607), un autore cui spesso Niceron fa riferimen-to nei suoi due trattati, sottolinenandone il rigo-roso approccio matematico e proto-proiettivo –talvolta eccessivamente astratto e complesso –alla prospettiva; ma oltre ad essere un omaggio auna delle fonti più autorevoli della scienza chel’autore più proficuamente coltiva, la scrittapotrebbe essere qui invocata per suggerire, gra-zie al suo inserimento in una anamorfosi murale,una riflessione critica sull’esercizio del dubbio.Infatti, la presenza di questa e di altre opere pit-toriche e decorative, che adornavano tanto ilconvento pinciano che quello parigino, comevedremo, se da un lato costituivano una vera epropria fucina in cui testare le sperimentazioni inambito ottico e figurativo, elaborate per via teo-rica in trattati e studi eseguiti in vitro, dall’altrocostituivano oggetto di una potente riflessione dimatrice cartesiana sul carattere labirintico delvisibile e sui falsa credita che da esso discendo-no.L’interesse di Descartes per il tema delle illusio-ni si manifesta precocemente, sin dai suoi scrittigiovanili (segnatamente nelle Cogitationes pri-vatae265), dove ne raccoglie una serie di signifi-cativi esempi: l’immagine di alberi evocata dal

45

Figg. 89a, b. J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646. Liber secundus, Propositio undecima, Tab. 33.

filosofo attraverso la percezione di ombre in ungiardino, o quelle di siepi tagliate ad hoc alpunto da suggerire nell’osservatore l’apparenzadi varie figure; l’impiego controllato di raggisolari che, artatamente direzionati, possano crea-re l’illusione di cifre e forme; l’apparizione,come per magia e grazie all’uso di specchi, dilingue di fuoco che assumano forme note; lamanipolazione della radiazione solare con spec-chi parabolici affinché appaia provenire sempredalla stessa direzione, o per invertire l’Orientecon l’Occidente.266 “In queste osservazioni,l’esplorazione dell’illusione da parte diDescartes riduce la Natura ad un elaborato tea-tro, la cui vera inclinazione è in dubbio comeprodotto dell’umano artificio. L’illusione è pre-sentata come un effetto meccanico, il cui caratte-re ottico-matematico è alla base anche delle sueapparizioni più fantastiche e magiche.”267 Inquesto senso, l’anamorfosi murale costituisce untentativo di riorganizzare il visibile attraverso unuso strumentale, distorcente della nozione diprospettiva, così come quest’ultima rappresenta-va nel XVII secolo un mezzo, al contempo tecni-co ed artistico, per organizzare la conoscenza delmondo definendone geometricamente i rapporti:Descartes definisce la conoscenza uno speculumuniversi, ovvero uno specchio che permetta diosservare con distacco mesottico il mondo, inter-ponendo un filtro razionale alla pletora di solle-citazioni, spesso erroneamente interpretate dainostri sensi, che da quello specchio provengono.L’anamorfosi distorce le forme attraverso “… unprocesso che le proietta al di fuori di esse stes-se”,268 incardinato sull’obliquità dell’osservato-re, che è così anti-prospettico da divenire iper-prospettico, come dimostra l’applicazione estre-mistica, da parte di Niceron, delle leggi proietti-ve che sovraintendono alla prospettiva tradizio-nale (quella frontale, per intenderci). Un simile

approccio apre una nuova stagione del vedere edel rappresentare, in cui lo sguardo umano iniziaad assumere un ruolo sempre più succedaneo:nonostante il comune elogio della visione, sia daparte di Descartes che di Niceron, entrambi sot-tolineano, in modo diretto o indiretto, la necessi-tà dell’utilizzo di quelle innovazioni tecnologi-che – le lenti, in primis, ma anche lo specchio –che ne possano implementare il potere. Iniziacosì un processo di esternalizzazione della visio-ne, che è anche denigrazione dello sguardo, pro-cesso esplicito nella sottolineatura della sua fini-tezza e incompletezza – sensoria e valutativa –umana. Solo divenendo altro da sé, il visibilediventa comprensibile, così come accade al lin-guaggio, e lo strumento di questa comprensioneè la geometria e non l’esperienza: per Descartes,“…la visione è semplicemente un costrutto il cuiriferimento pittorico è la proiezione di un siste-ma ottico-geometrico”,269 ed è proprio quest’ul-timo contenuto a garantire, nella sua semplicità eirriducibilità ad altro da sé, una buona approssi-mazione alla conoscenza della realtà.Significativa è allora l’osservazione critica diBetsy Newell Decyk, quando afferma, a conclu-sione della sua analisi sui complessi rapporti traimmaginario cartesiano e arte prospettica, che sipotrebbe sviluppare un paragone critico tra ladoppia natura dei dipinti romani di Niceron e diMaignan, in cui l’immagine rettificata dei dueSanti (il messaggio teologico) emerge solo indi-rettamente, l’osservatore abbandonando la visio-ne frontale dei paesaggi (rispettivamente, quelloapocalittico e quello calabrese) ivi nascosti; e ilcorpus dell’opera cartesiana che “…visto diret-tamente ci fa credere di vedere Dio e l’anima; èuna osservazione indiretta che invece riproduceil paesaggio di un mondo naturale attraverso unafilosofia naturale.”270 Nella tavola 33 (figg. 89a,b) del Thaumaturgus opticus (1646), Niceron

Fig. 88. G. del Monte, Perspectivae libri sex, Pesaro 1600.Frontespizio.

46

fornisce una sintesi grafica del metodo proietti-vo271 che con tutta probabilità impiegò per rea-lizzare l’opera anamorfica nel cenobio romano,ma che sicuramente usò per quella (gemella?)eseguita a Parigi: vi si riconosce l’ectipo, dise-gnato al tratto in bianco e nero e disposto obli-quamente rispetto alla superficie muraria, delritratto rettificato di San Giovanni, inserito in unreticolo di linee ortogonali. Nel testo (Libro ii, XI proposizione, III corolla-rio), Niceron puntualizza la natura del soggettoraffigurato e i relativi attributi cromatici dellaveste (verde) e del mantello (purpureo) delSanto, pur non accennando ad alcuna fonte ispi-rativa:

“Presso i pittori, è accettato per uso comune ecome consuetudine il fatto che, quando essiadombrano l’immagine di San GiovanniEvangelista, ne rappresentano la veste verde eil mantello purpureo.”272

Si tratta di una ricostruzione ‘a memoria’ – e dicarattere evidentemente didascalico – della sino-pia su cui si basava l’anamorfosi realizzata aParigi dallo stesso Niceron, nelle gallerie delConvento di Place Royale, intorno al 1645, pocoprima della sua morte, secondo un preciso pro-gramma decorativo di cui diremo. Così descrivel’opera parigina il Nostro:

“…Invece, di quella tracciata qui a Parigimostriamo direttamente in bCDe il prototipoda cui, per mezzo del metodo esposto, la pro-iezione è stata trasposta obliquamente sullaparete. Come già abbiamo detto, non si trattadi una nuda proiezione da vedere con raggiobliqui, ma in essa sono offerti a una visionediretta moltissimi altri oggetti non sgradevoliné brutti: in questa sede, li abbiamo elencati e

forniti come esempio appositamente perché,in una data circostanza, se ne possa tentareuna simile riproduzione, ed anzi ottenerne dipiù belli ed eleganti.”273

Notevole è la dimensione che dovette raggiunge-re la pittura anamorfica, collocata com’era in unambulacro

“…lungo centoquattro piedi (33,78 m), dovela proiezione dell’immagine citata si estendeper cinquantaquattro piedi di lunghezza(17,54 m) su una parete di almeno otto piedidi altezza (2,60 m), e il punto oculare, distan-te perpendicolarmente cinque piedi (1,62 m)da questa parete o piano di delineazione, siinnalza sopra il pavimento soltanto quattropiedi e mezzo (1,46 m). Non abbiamo potutodelineare con queste proporzioni la figuradata, a causa dell’angustia della tavola in cuil’abbiamo costretta.”274

È fuor di dubbio che la pratica corrente volesseche gli studiosi in questione traessero spunto, perle loro raffigurazioni, dal repertorio iconograficopiù accreditato, tant’è che lo stesso Niceron,quando nel 1638 illustra le modalità deformativecatottriche del ritratto di San Francesco di Paolane La Perspective Curieuse (1638, tav. LVII; fig.90), si affida al ridisegno del celebre ritratto delSanto eseguito da Simon Vouët (fig. 91), autorefra l’altro della calcografia del frontespizio delsuccessivo Thaumaturgus Opticus (1646); cosìcome Maignan si affidò, per il suo moreceauxd’optique, alle già citate immagini di Mellin, diAudran o di François Campion. Molte furonocomunque le opere commissionate dall’Ordinedei Minimi a illustri pittori seicenteschi – oltre aigià citati Mellin, Audran e Vouët, anche Lorrain,Dorigny e Boulanger – per adornare il convento

di Place Royale, oggi totalmente scomparse eforse, all’epoca, fonte di ispirazione per i sogget-ti delle anamorfosi: resta dunque da sondarel’eventualità che Niceron abbia attinto i bozzettiper i suoi ‘due’ San giovanni evangelista dallaserie di 17 schizzi di Santi che Laurent de LaHyre aveva realizzato per decorare il refettoriodel Cenobio parigino,275 anche se l’immaginecontenuta nel trattato e quella eseguita a sangui-gna dal pittore francese (fig. 92), oggi in nostropossesso, presentano notevoli discrepanze. Oppure che le sue fonti ispirative fossero desun-te – in un caso e/o nell’altro – dagli esempi ita-liani visti durante i suoi soggiorni a Roma, ipote-si questa sviluppata nel saggio di ElenaTrevisan.276

Sicuramente, l’invenzione pittorica di Nicerondoveva superare tutte quelle fino ad allora ese-guite, sia per la scelta di un tema religioso cosìtopico per la Cristianità – la rivelazione al Santodella fine dei tempi e l’inizio del Nuovo Regno –,ma anche perché il paesaggio nascosto nel ritrat-to anamorfico, come già nel suo San giovanniromano e nel San Francesco di Paola delMaignan, doveva mostrare un secondo e piùdrammatico livello esegetico: adombrati concolori tenui e parvenze attenuate, affinché

“…non siano invece scorti da un punto divista lontano e obliquo”,277

passeggiando lungo il portico, si potevano con-templare così

“…nelle pieghe oscure e ombrose della tuni-ca verde, […] selve intricate e boschi densi difittissimi alberi. Nelle parti della tunica piùilluminate o in primo piano, […] invece bion-de spighe e messi già mature. Nella candidacintura, fluenti acque di fiume o di fonte; nei

47

48

Fig. 90. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificielle des effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. LVii: Letroisiesme livre de la perspective curieuse. Proposition iii. essant donné un miroir cylindrique....

Fig. 92. L. De La Hyre, Saint Jean l’evangéliste à Pathmos.Sanguigna. Museo del Louvre, Cabinet des Dessins, Parigi (Inv.27482).

Fig. 91. C. Mella (da S. Vouët) , Saint François de Paule en extase,XVII sec. Incisione. Bibliothèque municipale de Lyon, Lione.

Fig. 93. J. M. Wright, Thomas Hobbes, 1669-1670. Olio su tela.National Portrait Gallery, Londra (Inv. NPG 225). Dettaglio.

49

Fig. 94. D. Zampieri, detto il Domenichino, San giovannievangelista, 1621-1623. Chiesa di Sant'Andrea della Valle, Roma.

bianchi fogli del libro aperto, un grande lago,e in esso un porto, spiagge, navi, pescatoriecc. Sulla testa, caverne, antri, rupi scoscese,rocce, edifici: anzi, le rovine dell’intera cittàdi Babilonia, accanto a cui abbiamo postoanche degli angeli che suonano la tromba.”278

Solo allontanandosi da quello che Niceron defi-nisce punto oculare – forse collocato sulla sogliadi ingresso del corridoio che consentiva l’acces-so alla biblioteca del Convento parigino279 –,comparivano le visioni e i misteri narrati dai varicapitoli di cui si compone dell’Apocalisse, e quiriprodotti figurativamente, in una crescente ver-tigine dello sguardo così coinvolgente che lostesso autore, poco incline all’autocelebrazione,se non a fini puramente retorici, dovette ammet-tere di essersi riferito ad essa con le parole gre-che che aveva riportato nel librodell’Evangelista:

“...‘l’apocalisse dell’Ottica, il testimone ocu-lare dell’Apocalisse.’ […] Così, nelle paginedel libro aperto, tra le righe del testo scritto otra i versi rappresentavamo solchi di terra, ein essi greggi che pascolavano e pastori chele custodivano; così, nel mantello purpureodel nostro Evangelista rappresentavo la ven-demmia che, nel XIV Capitolodell’Apocalisse, si dice che sia montata finoai freni dei cavalli e che sia fluita per mille-seicento stadi; inoltre, in cielo rappresentava-mo, seduto su una nube, colui che calava lafalce sulla terra e inviava gli angeli a ven-demmiare i grappoli della vigna. Anzi, puredai lineamenti del volto, applicando colori

adatti, dipingevamo con cura una botte o tinodal quale, pigiata l’uva, fluiva la vendem-mia.”280

Purtroppo le ricerche di archivio non hanno fino-ra fatto emergere documenti significativi ineren-ti al processo decisionale che avrebbe condotto,prima, alla ideazione, e, poi, alla relativa realiz-zazione sia del San giovanni evangelista nel-l’isola di Pathmos né dell’altra anamorfosi pari-gina a lui attribuita, quella della Maddalena incontemplazione alla Sainte-baume (1645): è daescludere che Niceron possa aver deciso in tota-le libertà di ritrarre soggetti così carichi di impli-cazioni dottrinali e simboliche, ponendoli in duecorridoi che divennero, da allora, tra i luoghi piùfrequentati del Convento. Le due anamorfosiparigine si trovavano infatti con tutta probabilitàal di sopra del chiostro, e decoravano superficimurali in cui non si aprivano né porte né finestre,riqualificando così degli spazi altrimenti moltoausteri, dal punto di vista sia architettonico chedecorativo:281 si trattava delle gallerie disposterispettivamente a nord e a est, identificate daiPadri minimi dell’epoca come “galeriesd’Aubervilliers et de Saint-Jean”,282 lungheapprossimativamente 34 metri e alte 2.5 metri. Inparticolare, il corridoio settentrionale avrebbeospitato il ritratto anamorfico di Saint-Jeanl’Évangéliste accompagné de l’aigle de l’ile dePatmos, di dimensioni impressionanti, come giàsi ricordava: 18 metri di lunghezza per 1,6 metridi altezza. Per proteggere l’anamorfosi, ilCapitolo conventuale decise (26 settembre 1644)di disporre, alle due estremità del corridoio, dellepareti in legno di abete,283 forse analoghe a quel-

Fig. 95. G. Edelink (da C. Le Brun), Saint Jean dans l'île de Patmos.Museo del Louvre, Cabinet des Dessins, Parigi (Inv. 10746).

Fig. 96. Anonimo, Maddalena alla Sainte-baume, 1662. Olio su tela. Galerie Jean-Marie Le Fell, Parigi.

le presenti oggi nei corridoi pinciani a Roma.L’opera dovette attirare molti visitatori, comericordano le cronache dell’epoca: lo stessoThomas Hobbes (1588-1679; fig. 93) lo vide contutta probabilità insieme a quello successivoritraente la Madeleine en contemplation –“Exemplum hujus rei exhibuit R. P. Niceronus inConventu Minimorum Parisiis.”284 –, durante ilsuo secondo, lungo soggiorno parigino (1640-1651), descrivendone gli effetti come perspecti-vae inversæ. Il filosofo inglese, in volontario esi-lio in Francia per timore di ritorsioni da parte del‘Parlamento lungo’ contro i filo-monarchici, trale cui fila egli era annoverato in patria, rientrònella coterie di Mersenne, dove probabilmenteconobbe di persona Niceron, al quale lo legavaanche il comune interesse per l’ottica.285 In par-ticolare, è appurato che il Nostro ebbe modo dileggere un florilegio della produzione hobbesia-na (Tractatus opticus) inserita da PadreMersenne nel suo Cogitata physico mathemati-ca286 (Parigi 1644) e per il quale – come riportafedelmente l’imprimatur del volume – diedero laloro approvazione sia il Visitatore Padre de LaNouë, che il suo ausiliario, Niceron appunto.287

Tornando all’anamorfosi, bisogna rilevare chenon fu manotenuta al meglio dai Confratelli –nonostante l’ordine dato dal Padre CapitolareMegnard, nel marzo 1742, di conservarne l’inte-grità288 –, se è vero che il 24 marzo 1786 le auto-rità conventuali disposero l’affitto della galleriain questione, autorizzando la cancellazione dellepitture parietali.289 Quando Luc-Vincent Thiéryvide l’opera nel 1787, essa era già fortementecompromessa, al punto da non lasciar distingue-re a un visitatore smaliziato i lineamenti deiSanti effigiati ‘quasi totalmente scomparsi’,290

mentre nel 1809 J. B. de Saint-Victor non ne fapiù menzione nel suo elenco delle curiosités rin-venibili in ciò che restava del Convento.291 Dalconfronto tra la pittura romana di Niceron, oggifinalmente visibile, e il disegno niceroniano diquello parigino – unica testimonianza superstitedel suo aspetto originario –, si evince che leposture assunte dal Santo nelle due immaginifossero totalmente diverse: a Roma, SanGiovanni è piegato in avanti, chino sulla pagina

sulla quale sta scrivendo l’Apocalisse, il suosguardo concentrato sulla stesura della profeziache si reifica negli episodi biblici che compaionoanamorficamente inseriti nel paesaggio circo-stante e in quello creato dal suo corpo e, soprat-tutto – elemento decisivo – il suo attributo terio-morfo, l’aquila, appare davanti al suo corpo; aParigi, invece, il Santo è ritratto in una posturaprossemicamente aperta, non riversa sul tomo,che pure poggia sulle sue coscie strette intorno alcollo dell’aquila: quest’ultimo aspetto figurativosi ritrova in alcune rappresentazioni coeve o dipoco successive del Santo, sia italiane – adesempio, quella dipinta dal Domenichino (1581-1641) in uno dei pennacchi sferici della chiesa diSant’Andrea della Valle in Roma (fig. 94) –, chefrancesi – come quella dipinta da Charles LeBrun (1619-1690) presso la Sacristie de laChapelle de Versailles (1653; fig. 95), oggi per-duta. Nel disegno niceroniano lo sguardo delsoggetto è rivolto esattamente dove si volgequello dell’animale, mentre il paesaggio – com-posto da un albero, su cui si avvita un tralcio diedera, e da rocce poste sul fondale – appareappena accennato per lasciare intendere un suosviluppo ‘narrativo’ nella relativa trasformazioneanamorfica: dunque non è possibile desumereuna logica corrispondenza tra la struttura figura-tiva dell’immagine e gli episodi biblici che inessa si sarebbero dovuti celare, pur descritti neltrattato postumo dall’autore. In quell’opera dun-que Niceron teorizzava e mostrava come l’ana-morfosi potesse applicarsi ad estese superficimurarie, consentendo la realizzazione di vere eproprie pitture parietali, come quelle da lui giàeseguite a Roma e a Parigi.292 Segnatamente,oltre alle raffigurazioni anamorfiche, di cui sidiceva, ritraenti San giovanni evangelista neidue celebri Conventi dei Minimi, l’autore realiz-zò nel Cenobio parigino un altro dipinto (presu-miamo a secco), accelerato prospetticamente –‘en perspective’ secondo gli Annali delConvento293 – che aveva per soggetto laMaddalena in contemplazione alla Sainte-baume (1645), e che fu terminato, per l’improv-visa morte dell’Autore, da Padre Maignan invisita a Place Royale, nel 1662.294 Whitmore

suppone che la missione di Maignan a Parigifosse stata fortemente voluta da quest’ultimo,quasi che il Padre minimo fosse spinto dallanostalgia di tornare in quei luoghi che videro gliultimi giorni operosi del Confratello scomparso,e qui finalmente dare compimento ad un altro deisuoi capolavori.295 Purtroppo, della Maddalenaalla Sainte-baume, dopo la distruzione delConvento di Place Royale, forse non rimane che,oltre alle descrizioni letterarie, una sola riprodu-zione cartacea anonima296 (1662; oggi presso laGalerie Jean-Marie Le Fell, Parigi) (fig. 96)esposta nel 1978 alla biennale des Antiquaires egià pubblicata dal Baltrušaitis. Secondo quantoasserito dal Brice,297 i due dipinti niceroniani,come già accennato, adornavano altrettanti corri-doi posti al piano nobile del chiostro di PlaceRoyale, in maniera del tutto analoga alle ana-morfosi pinciane. I due morceaux d’optique,come li definì Dézallier de Dargenville,298 rive-lavano agli osservatori in movimento i rispettivisoggetti religiosi, solo se osservati da un precisopunto di vista, apparendo altrimenti come com-plessi arabeschi paesistici e simbolici.299 Dallalettura di alcune descrizioni d’epoca si ricavanoalcune informazioni non sempre verificabili, trale quali riportiamo, a titolo di esempio, quellafornita, nel 1791, dall’encyclopédie méthodiquepar ordre des matières,300 versione riveduta eampliata dell’encyclopédie Ou DictionnaireRaisonné Des Sciences, Des Arts et DesMétiers,301 curata da Denis Diderot e Jean LeRond D’Alembert nel 1751. In essa si leggecome il corridoio conventuale su cui insistevanole due anamorfosi murarie fosse molto stretto elungo, e come la magica rettificazione dei ritrat-ti accelerati avvenisse tramite uno stenope dispo-sto nella porta, all’estremità del vano di passag-gio:

“Sul muro di un lungo corridoio ben illumi-nato, aveva dipinto, in proporzioni colossali,un San giovanni che scrive nell’isola diPathmos. Tutti i tratti paralleli all’orizzonte,sono stati prodigiosamente prolungati; quelliche sono perpendicolari, o che sono stati resitali, conservano invece le loro proporzioni.

50

Queste incongruenze, che compongono intutte le sue parti questa figura, la rendono tal-mente distorta che chi cammina in questostretto corridoio non ne riconosce alcunaforma che possa appartenere all’essereumano. Tra l’altro per mascherare meglioanche le masse d’ombra o le mezze tinte, èstata resa simile a piccole pietre, a parti di unpaesaggio e ad altri oggetti sparsi senza ordi-ne o connessione. Arrivati all’estremità delcorridoio, guardiamo sconfortati quello chevoleva sorprenderci, attraverso un foro prati-cato a questo scopo nella porta che chiudequesto luogo, e siamo sorpresi di vedere ilquadro che abbiamo annunciato […]. C’erain un altro corridoio dello stesso edifico unaMaddalena che presentava le stesse caratteri-stiche.”302

Il testo citato fu redatto quasi in coincidenza conla parziale distruzione della chiesa e del bracciooccidentale del chiostro conventuale, e in prossi-mità della parti del complesso di Place Royalerisultatnti dalla sua ridestinazione d’uso; dunquei suoi estensori dovrebbero essere stati gli ultimitestimoni oculari delle due anamorfosi nicero-niane, anche se, come abbiamo ricordato prima,all’epoca erano già intervenute trasformazionicosì radicali delle due pitture murarie al punto dacomprometterne addirittura la riconoscibilità.303

Altri dettagli sull’anamorfosi della Maddalena siapprendono da fonti successive, come Jean-Baptiste Bon Boutard:

“Percorrendo il corridoio, al quale si accedebruscamente, vedrete sul muro la rappresen-tazione di una spiaggia arida attraversata dalmoto delle onde marine, e sulla quale sonosparpagliati gruppi di conchiglie e di piantemarine; ma quando vi siete collocati in qual-che misura fuori la porta del corridoio, tuttoquesto mostra agli occhi l’immagine di unafigura femminile (Madeleine) adagiata.”304

Nei molti testi consultati e nell’iconografiacoeva all’opera,305 la Maddalena è descritta tal-volta come pénitente, allongée, repentante, fer-mée, en contemplation o couchée, e collocata orasur la plage, ora alla à Saint baume (baume inprovenzale significa grotta, con evidente allusio-ne alla spelonca del massiccio provenzale dove ilpersonaggio biblico avrebbe trascorso gli utlimitrent’anni della sua vita terrena) e infine neldésert. Le descrizioni fornite dai testi consultati pongo-no in essere alcune domande, di natura sia criti-ca che proiettiva, in relazione alle opere anamor-fiche realizzate a Parigi da Niceron: se le dueimmagini andassero traguardate attraverso unforamen comune o distinto, sorta di stenope che

obbligava al punto (ai punti?) di vantaggio riso-lutivo l’osservatore;306 se ci fosse una relazioneconfigurativa tra le due immagini e lo spazio cheoccupavano (le due pareti di una stessa galleria odi due gallerie adiacenti, confinanti o parallele?);se entrambe assolvessero ad un preciso intentosimbolico-teologico e ad una precisa strategiafruitiva. Dalla descrizione di Dezallierd’Argenville, si deve concludere che i dipintimurari erano collocati in due gallerie distinte, macontigue, poste al di sopra del chiostro conven-tuale. Nella ricostruzione del complesso di PlaceRoyale, eseguita da Elena Trevisan,307 confron-tando le fonti e i materiali d’archivio oggi dispo-nibili, l’autrice tenta una loro plausibile ricom-posizione, avanzando anche interessanti ipotesisulle fonti ispiratrici delle due anamorfosi e sulleconnessioni simboliche e spaziali dei temi ivisvolti, rispetto all’orizzonte devozionaledell’Ordine dei Minimi e delle Corona francese.Nel realizzare gli estesi dipinti parigini, sappia-mo che Niceron ha adottato un metodo analogo aquello del Maignan, desunto direttamente dallosportello düreriano, e che l’autore illustra ampia-mente nella già citata tavola del Thaumaturgusopticus (cfr. fig. 89): in questo caso però tutte lesuddivisioni divergenti del reticolo, qui preventi-vamente tracciato sulla parete, sono determinatemediante i raggi visivi materializzati in un ven-taglio di fili annodati nel punto F, mentre lescansioni verticali sono ottenute grazie ad unaltro filo che parte dal punto di vista, indicatocon la lettera A. Successivamente, nel reticolocosì delineato e ormai trapezoidale, viene inseri-ta l’immagine, che a sua volta si deforma in con-sonanza con la maglia così trasformata. AncheNiceron impiega una ‘forca’ alla quale collegaun filo a piombo scorrevole che consente l’indi-viduazione del punto da proiettare anamorfica-mente del ritratto rettificato, quest’ultimo incer-nierato alla parete della pittura muraria. Tuttavia,quest’opera, come quella superstite di Maignan,sancisce definitivamente il superamento delprincipio albertiano e düreriano della finestraaperta su una realtà che si offre agli occhi del pit-tore, perché ora sul telaio anamorfico è già mon-tata un’immagine prospettica, quella disegnata invera forma nel reticolo quadrettato e che saràproiettata sulla superficie muraria: non esistedunque più “…l’intersezione della piramide visi-va, che divide il soggetto dall’oggetto, né la pro-iezione semplice dell’oggetto sul piano di inter-sezione; ora, sul piano vengono raffigurateimmagini proiettate dalla mente.”308

La tavola di Niceron è chiaramente allusiva delleoperazioni proiettive eseguite nel convento pari-gino, essendo l’ambientazione architettonica raf-figurata e la postura del soggetto del tutto diver-se da quelle effettivamente presenti a Trinità deiMonti e che, invece, nell’illustrazione esplicati-

va contenuta nella Perspectiva horaria (Roma1648) di Maignan, precedentemente analizzata,si mostra più coerente, almeno in termini dimen-sionali, con il luogo che la ospitò e la ospita tut-tora: infatti, l’esteso ambulacro parigino (cento-quattro piedi), che custodiva l’anamorfosi delSan giovanni (cinquantaquattro piedi di lun-ghezza) su una parete alta circa otto piedi, pre-sentava il punto ideale dal quale lo ‘spazioimmaginario’ dell’Apocalisse biblica tornava adessere il rassicurante – anche se temporaneo –‘spazio reale’ della percezione rettificata, dispo-sto a circa cinque piedi da questa parete e adun’altezza dal pavimento di quattro piedi emezzo. Nell’immagine didascalica di Maignan (e non inquella di Niceron, riferibile – ripetiamolo – alcorridoio del collegio parigino di Place Royale),forse per chiarezza espositiva, sono comunqueomesse le operazioni di proiezione del disegnosulla superficie voltata a botte, qui rimossa, mache effettivamente copre tutti i corridoi romanidel piano nobile. I due autori erano tuttavia con-sapevoli delle implicazioni geometriche e defor-mative connesse a questo tipo di costruzioni:309

da un lato, Maignan ne aveva fatto un abbondan-te uso per la realizzazione del suo astrolabio nelcorridoio della SS. Trinità dei Monti (1637-1638), e in quello presente in Palazzo Spada(1646);310 dall’altro, Niceron ne conosceva isegreti in ambito catottrico, avendo già ideato,nel 1635 circa, le sue prime anamorfosi a rifles-sione di cui si è detto.

Siamo oramai giunti agli ultimi anni di vita diPadre Jean François che lo vedono, rientrato aParigi e concentrato sui suoi impegni cenobitici:ordinato dai Superiori di completare i suoi studiteologici,311 egli vide sempre più limitata, dagliimpegni conventuali312 e dottrinali, la possibilitàdi proseguire, come probabilmente avrebbevoluto, le sue sperimentazioni ottico-prospetti-che, il cui valore era ben presente alla comunitàreligiosa e scientifica internazionale; lo testimo-nia, fra l’altro, il fatto che l’inviato del celebreGranduca di Toscana Ferdinando II, GiovanniFrancesco Rucellai, durante il suo soggiorno aParigi, ebbe modo di visitare il cenobio di PlaceRoyale (24 giugno 1643) e di ammirare “alcunecuriosità di prospettiva”313 di Padre Niceron,esposte nella Biblioteca conventuale. Anche l’at-tività di stesura del Thaumaturgus opticusconobbe in questo periodo ritardi dovuti aimedesimi motivi: lo apprendiamo dalla già cita-ta lettera inviata da Niceron a Gabriel Naudé il14 maggio 1645, dalla quale infatti si evincecome il Frate minimo avesse immaginato diimpiegare solo quattro o cinque mesi per la ste-sura definitiva della versione latina, ma che aquella data avesse solo revisionato la prima metà

51

52

Fig. 97. H. Révoil, L'église Notre-Dame de la Seds, 1853. Aix-en-Provence.

Fig. 98. J.F. Nicéron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646. Antiporta.

Fig. 99. J.F. Nicéron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646. Liber pri-mus, Propositio Trigesima Prima, Tav. 15.

Fig. 100. W. Jamnitzer, Perspectiva Corporum Regularium,Norimberga 1568.

53

Fig. 101. J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646. Liber pri-mus, Tav. 2.

dell’opera.314 Venendo prima inviato al Collègede Nevers, che lo vide novizio, e poi

“…chiamato alla Visitazione generale di tuttele province della Francia, e destinato comecollega all’assai dotto e sapiente Rev. admo-dum P. François La Noue, Vicario del nostroordine in Francia e degnissimo Visitatoregenerale”,315

provato dalle continue trasferte e dall’austerostile di vita imposto dalla regola dell’Ordine –inclusa una dieta strettamente quaresimale –,Niceron si ammalò gravemente durante unaVisite générale nel Midi-de-France (Provenza) enella Cataluña, al seguito del Padre François deLa Nouë, amico di Mersenne, venendo dapprimaricoverato presso il convento dei Minimi diPourrières (fondato nel 1568), frazione delcomune di Brignole, e spirando il 22 settembre1646, all’età di trentatrè anni (e 14 di professio-ne sacerdotale), presso il convento di Notre-Dame de la Seds ad Aix-en-Provence316 (fig. 97).Il bel ritratto di Niceron eseguito da MichelLasne, di cui abbiamo parlato in apertura del pre-sente saggio (cfr. fig. 1), lo consegna ai posteri inuna posa ieratica, mentre con la mano destra,oltre ad un compasso, sostiene la tavola 13 delThaumaturgus Opticus, ritraente, in prospettiva,un complesso poliedro stellato. Quest’opera317

(fig. 98), come si accennava in precedenza, videla luce a Parigi nel 1646, per i tipi di FrançoisLanglois,318 dopo la scomparsa del suo autore:anche in questo caso si tratta di un volume in-folio, dedicato al Cardinale Mazarino319 (1602-

1661) e caratterizzato da 25 pagine iniziali nonnumerate – contenenti la Dedica, il Permesso distampa, il Sommario dei contenuti e laPrefazione –, da 221 pagine numerate, 30 nonnumerate e 42 tavole. La calcografia del fronte-spizio è opera di Simon Vouët, mentre le incisio-ni delle tavole interne sono attribuibili a JeanBlanchin e a Charles Audran. Il titolo dell’opera sembra riecheggiare, nell’im-piego dell’aggettivo thaumaturgus (composto daϑαῦμα ‘prodigio’ e ἔργον ‘opera’, dunque relativoa colui che compie miracoli), da un lato, l’attri-buto col quale era in genere designato SanFrancesco di Paola, fondatore dell’Ordine deiMinimi e noto per le sue doti di guaritore; dal-l’altro, un’opera giovanile di Descartes,Thaumantis regia o Palazzo delle meraviglie(1620 circa), di cui ci resta solo una breve descri-zione, firmata dallo stesso autore, e probabil-mente dedicata agli automi, con sembianzeumane e animali, e alle illusioni ottiche:320 ilriferimento per entrambi i testi pare fosse sempreDella Porta e la più antica tradizione del la scien-za alessandrina.321 In realtà questo trattato, perquanto esteso e pregevole, nelle intenzioni diNiceron non rappresentava che una parte diun’opera più vasta, alla quale l’autore da moltotempo lavorava senza sosta, e che complessiva-mente doveva comporsi di due sezioni.Purtroppo, la prematura morte dell’autore nonpermise la compiuta realizzazione del progettoeditoriale, sostenuto fortemente dall’Ordine deiMinimi che, su richiesta dei molti studiosi euro-pei che si erano avvicinati con difficoltà all’ope-ra in francese, ne aveva promosso la traduzione

Fig. 102. Anonimo, Porträt des Johannes Kepler, 1610. Olio su tavo-la. Sternwarte Kremsmünster, Kremsmünster.

Fig. 103. J. Kepler, Ad Vitellionem paralipomena, quibus astronomiaepars optica traditur…, Francoforte 1604. Frontespizio.

Fig. 104. J. Kepler, Dioptrice seu Demonstratio eorum quae visui &visibilibus propter conspicilla…, Augusta 1611. Frontespizio.

in latino, sorta di esperanto per gli scienziati e iletterati seicenteschi. Il Thaumaturgus Opticusdel 1646 traduce dunque solo la prima parte – enon l’intero volume – de La PerspectiveCurieuse, includendovi e aggiornando i due libriparalleli ai corrispondenti ‘volgari’ (pp. 15-190). Infatti al Preludio geometrico – il cui scopo èquello di introdurre il lettore alle nozioni basila-ri di ottica e alle costruzioni geometriche ele-mentari – segue il i Libro in cui l’autore svisce-ra, con dovizia di dimostrazioni ed esempi appli-cativi, i fondamenti della prospettiva pratica,fornendo

“...un metodo generale per mettere in prospet-tiva figure piane e solide di qualsiasi genere,benché esse non tocchino affatto il piano o lotocchino soltanto in un punto o secondo unalinea.”322

La sezione dedicata alla prospettiva di comples-si solidi stellati cavi (fig. 99) risulta particolar-mente affascinante e densa di riferimenti alla let-teratura specialistica sull’argomento, in primis alPerspectiva Corporum Regularium323

(Norimberga 1568) (fig. 100) di WenzelJamnitzer (1507/1508-1585). Anche in questocaso Niceron impiega l’espediente, già testatonell’opera in volgare, di proiettare prospettica-mente l’elevato dei solidi su di un piano vertica-le non perpendicolare al quadro, così da avere leimmagini delle relative quote libere dalle costru-zioni vincolate al punto principale.. Il ii Libro invece è dedicato alle proiezioni ana-morfiche, ovvero a

“…quel tipo di proiezione che è fatta neipiani obliqui, e in cui sono esposti numerosimodi raffinati e rapidi con i quali, nell’ambi-to della visione diretta, siano operate delledelineazioni prospettiche su qualsiasi superfi-cie regolare e irregolare; delineazioni che, seosservate direttamente, appaiono in sé defor-mi ma mostrano tuttavia distinte sembianzedi molte cose diverse, mentre, se osservate daun determinato punto, rappresentano immagi-ni assai simili a qualunque oggetto propo-sto.”324

Ad esso segue un intermezzo dedicato alladescrizione di uno strumento prospettico-ana-morfico chiamato Scenographum Catholicum(pp. 191-204), e un’appendice, assai innovativanei contenuti, sulla teoria delle ombre. A questaedizione latina, terminata e corretta da PadreMersenne, seguirono poi due nuove versioni infrancese, rispettivamente del 1652 e del 1663,curate dal matematico Roberval, che vi integròL’Optique et la Catoptrique dello stessoMersenne.325

In questa sede non entrerò nei contenuti prospet-tici dell’opera, esaminati altrove da GiuseppeD’Acunto,326 limitandomi a segnalare come sindalla tavola 2 (fig. 101) appaia evidente cheNiceron avesse seguito il dibattito sull’ottica svi-luppatosi negli anni compresi tra il 1636 e il1646: la rappresentazione di una camera oscuraposta ad esemplificare il funzionamento dell’or-gano visivo, e che sostituisce i classici schemitriangolari di derivazione vetero-euclidea,denuncia una conoscenza diretta, da parte del-

l’autore, delle teorie di Johannes Kepler (1571-1630) (fig. 102), così come erano state formaliz-zate inizialmente in Ad Vitellionem paralipome-na, quibus astronomiæ pars optica traditur…(Francoforte 1604) (fig. 103), e successivamentenell’opuscolo intitolato Dioptrice (Augusta1611) (fig. 104). Keplero, asserendo che:

“…la visione è prodotta da un’immagine(pictura) della cosa visibile che si forma sullasuperficie concava della retina…”,327

delegava ai ‘filosofi naturali’ il compito di inda-gare le questioni psicologiche connesse alla per-cezione visiva. Questo disinteresse, secondoSvetlana Alpers, inquadra l’ottica kepleriana inun contesto di ‘deantropomorfizzazione’ dellavisione, dove i meccanismi visivi trovano la lorosede in un modello astratto, macchinistico, quel-lo appunto dell’occhio ricondotto alla cameraoscura, in cui l’atto del vedere equivale a quellodel rappresentare: “La funzione del meccanismovisivo è di produrre una rappresentazione: rap-presentazione nel duplice senso di artificio – peril suo modo di operare – e di risolvere i raggi diluce in un’immagine.”328 Dunque, l’immagineretinica, proiezione rovesciata dell’imago rerum(cioè del mondo esterno), paradossalmente appa-re nell’occhio in modo indipendente dal fatto cheesso appartenga ad un essere vivente o meno: lapictura si produce comunque sulla superficie adoppia curvatura della retina, senza alcuna rela-zione con la volontà senziente dell’osservatore,ma legata solo alla inesorabile penetrazione deiraggi luminosi attraverso il diaframma della

54

Fig. 105. J. Kepler, Prodromus dissertationum cosmographicarum,continens mysterium cosmographicum…, Tubinga 1596.Frontespizio.

Fig. 106. J. Kepler, Prodromus dissertationum cosmographicarum,continens mysterium cosmographicum…, Tubinga 1596. Caput ii,Tabula iii, orbium Planetarum dimensiones...

pupilla, che qui svolge lo stesso ruolo del fora-men alhazeniano o di uno stenope, poi rifrattidall’umore cristallino. Tuttavia, Niceron non citamai direttamente né Keplero né le sue opere,anche questa rimozione, essendo inquadrabilenel clima prodotto dai decreti del Sant’Uffiziodel 1616,329 originati dalla difesa del copernica-nesimo di Galileo Galilei: infatti Keplero, cheaveva individuato le tre leggi del movimento deipianeti – in parte derivandole dalle osservazionidel maestro Tycho Brahe330 (1546-1601) – eraun convinto sostenitore del moto di rivoluzioneterrestre intorno al Sole e aveva inviato copia delsuo Mysterium Cosmographicum (Tubinga1596) (fig. 105), opera esplicitamente copernica-na, anche a Galilei che rispose con una lettera diringraziamento, in cui oltre a professarsi coper-nicano egli stesso, dichiarava di attendere ilmomento opportuno per far conoscere i suoiargomenti in favore di tale ipotesi. FernandHallyn sottolinea fra l’altro come alcune osser-vazioni svolte da Keplero in cui sono messi aconfronto il precedente, confuso sistema cosmo-logico geocentrico con la nuova, chiara e geome-trica concezione eliocentrica del mondo (fig.106), sembrerebbero essere tratte – senza perònessi causali – dai testi seicenteschi che descri-vono l’anamorfosi, in cui “…l’uomo non era piùil centro di segni circolari, ma il vertice di unapiramide o di un cono che potrebbe intercettareun senso così come accade per una sezione, cir-colare, ellittica, parabolica, iperbolica, lineare opuntiforme.”331 Esiste dunque per Hallyn unaanalogia tra la condizione dell’osservatore elio-centrico-kepleriano e quella dello spettatore

anamorfico, inseriti in “…due sistemi prospetti-ci distinti che regolano una buona visione delmondo: l’uno, consentendo di registrare i datidell’osservazione naturale, ordina la veduta d’in-sieme; l’altro, esigendo l’abbandono del punto divista ‘comune’, permette di catturare la logica diquella inconfutabilità che è il sistema solare.”332

Alla figura retorica Sole-Terra dell’uno corri-sponde quella mens-ratio dell’altro, ed è a questache si appellavano i ‘filosofi naturali’ cui appar-teneva anche Jean François Niceron. La suaopera thaumaturgica segna la fine della fasemanieristica di elaborazione anamorfica, profi-lando altresì un’interpretazione barocca delleprospettive curiose, in cui non è più al centrodella riflessione critico-artistica il solo desideriodi provocare sconcerto e meraviglia nell’osser-vatore, ma piuttosto la volontà di risolvere que-st’incertezza attraverso il pieno controllo delletecniche deformative, con l’ausilio che solo lescienze ottico-matematiche possono fornire.L’ipotesi di Descartes, secondo la quale ladiscrasia fra immagini mentali e oggetti filosofi-ci possa incrinare la certezza scientifica, costitui-sce “…una giustificazione filosofica alle distor-sioni anamorfiche, deducendo che esse fornisco-no un concreto riferimento per meditare suipotenziali inganni dell’esperienza sensoria”,333 eal contempo mostra come i temi dell’alterazionepercettiva della realtà e delle sue raffigurazionisiano entrati ormai nel linguaggio scientifico delSeicento. Secondo Dalia Judovitz, che ricordacome l’anamorfosi implichi uno spiazzamentodel soggetto e una sua ricollocazione secondouna strategia obliqua che debella il concetto di

‘frontalità’ connesso a quello di ‘visibilità’, lafigura retorica dell’immagine accelearata per-metteva a Descartes di screditare il ruolo svoltodalla visione naturale e di promuovere al suoposto quei costrutti concettuali – cioè a dirematematici e geometrici (Cogito) – che per ilfilosofo francese erano gli unici idonei a coglie-re la verità: la prospettiva allora diventa quellastruttura geometrica che sovrapposta alla realtàconsente di stabilire una connessione tra rescogitans e res extensa.334 Forse la retorica dellosguardo presente nel Thaumaturgus Opticus,come in un gioco di specchi, meglio si compren-de osservando l’opera di un contemporaneo diNiceron, il gesuita Mario Bettini, che nel suoApiaria universae Philosophiae Mathematicae(Bologna 1642) – segnatamente nel Libro V,dove illustra “...paradoxa et arcana opticae sce-nograpichæ”335 – rappresenta l’anamorfosicatottrica dell’occhio del Cardinale GirolamoColonna (1604-1666), che si rettifica parastatica-mente su un cilindro riflettente (fig. 107). Il dise-gno di Bettini, mostrando al contempo il proces-so di costruzione dell’immagine – attraversol’utilizzo di una sorgente luminosa, simmetricaal punto di vista, i cui raggi, attraversando il con-torno perforato dell’occhio sullo specchio, gene-rano la proiezione anamorfica – e l’effetto di ret-tificazione dovuto al riflesso, esplicita una fun-zione narrativa e moralizzante dell’immagine:l’occhio ieratico che ci osserva dallo specchioallude al ruolo ‘riformatore’ esercitato dalCardinale quando assunse la diocesi di Bolognanel 1643, mentre il suo analogon ‘deformato’rimanda all’equivoco ruolo assunto dalla Chiesa

55

in quella città, prima del suo arrivo. In modoanalogo Emanuele Tesauro (1592–1675) senten-ziava fosse necessario ritrarre Ottone I, cometiranno crudele prima e poi, nella seconda partedella sua vita, saggio imperatore, e cioè

“…in un Quadro optico, che per un verso cimostri un Demone, e per un altro ci mostri unAngelo. Forma due Ottoni in un Ottone; unpessimo e un ottimo: nell’uno sian tutti i Vizi,nell’altro sian tutte le Virtù, quegli e queste ingrado estremo. Percioché gli Animi grandi,capaci di Vizi grandi e di grandi Virtù, sde-gnano di ristarsi con la Mediocre turba dentroalle Mete. Pingilo dunque in tal guisa, che diviolento Tiranno, repentemente divenga unottimo Re; e di fierissimo Sovvertitore, fortis-simo Sostenitor della Italia e della Chiesa.”336

Christine Buci-Glucksmann337 osserva che l’im-magine di Bettini – definita dal suo autore comeuna iucunda fallacia ottica – mostra in tutta lasua pienezza il doppio temperamento della visio-ne seicentesca, ad un tempo scientifica e retori-ca: identificando l’occhio barocco con lo sguar-do anamorfico, la filosofa francese sottolineacome esso contenga sempre un principio diincertezza che è imprescindibile, e non semplice-mente interno all’immagine: “… il destino dellaforma barocca […] è diretto verso una condizio-ne instabile ed effimera, che continuamente sol-lecita uno sguardo doppio e raddoppiante, comequello presente nella incisione di Bettini.”338

Questa vertigine multipla – dovuta a obliquità edisassamento ottico-percettivo, ma anche simbo-lico-spirituale – costituisce l’inconscio dellosguardo barocco e si associa spesso, come nelcaso delle pitture murali di Niceron, ad un aspet-to catastrofico (cioè rivelatore) che sottende tut-tavia una forte strutturazione matematica, in par-ticolare geometrica, ed una idea patente del-l’azione teatrale che ora l’anamorfosi esercita inmodo sempre più esplicito: “Queste proiezioniaccelerate – dove un’immagine risulterà spessodistorta in una invisibilità amorfa – offrono unadecostruzione de facto del sistema monofocaledella prospettiva lineare. In un certo senso, seesiste una verità per la visione, è quella di vede-re le imperfezioni al centro di ogni sistema rap-presentativo, così come le distorsioni che detèr-minano il vero destino del visibile.”339 Ancor piùche ne La Perspective Curieuse, Niceron con ilThaumaturgus Opticus realizza unaWunderkammer della prospettiva anamorfica, ilcui destino, ben presto sarà quello di entrarequale curioso gioco filosofico nelle collezioniprincipesche di tutta Europa, svestendosi di quelcarattere aurorale, mistico e scientifico al con-tempo, che ne caratterizzò gli esordi, anche teo-rici.340 Passando da una fase attiva, in cui la geo-

metria problematizzava il processo interpretativodella realtà, e l’arte era movimento e trasforma-zione, ad una passiva in cui le forme e le cono-scenze si ipostatizzano nell’Accademia e nelpassatempo filosofico, l’anamorfosi diventaparte integrante dell’antropologia tardo barocca.La forma espositiva scelta nel trattato latinomostra così una maggiore ricchezza di contenutied correttezza proiettiva rispetto al precedenteesemplare francese – funzione anche della mag-giore diffusione preventivata grazie all’uso dellatino –, ma anche minor freschezza e sensodella meraviglia.Va qui ricordata un’altra ‘rimozione forzata’ daltesto latino, rispetto all’edizione francese: quellarelativa alle lodi originariamente indirizzate algeometra lionese Girard Désargues (1591-1661)il cui Méthode universelle, meglio noto comedelle ‘scale fuggenti’ (Parigi 1636) (fig. 108),“generale et fort expeditive”,341 viene ora sem-plicemente citato accanto a quello contenutonella Perspective pratique (Parigi 1642) (fig.109) di Padre Dubreuil, chiosando sulla querelleche vide impegnati i due studiosi nella primametà del XVII secolo:342

“Ma poiché da pochi anni a questa parte, atale proposito, è nata tra gli autori una grandedisputa e ne sono scaturiti scontri non dapoco, sicché ogni giorno vengono pubblicatinuovi opuscoli in cui costoro si insultano avicenda e si contendono la paternità di talimetodi, non vorrei indagare oltre su chi dicostoro possa a maggior diritto rivendicarequesta paternità. Mi basti aver elencato i sin-goli contributi su questo argomento, perché illettore studioso possa, secondo il propriodesiderio, consultare le opere di costoro e far-sene l’opinione che vuole. Nel frattempo,verrà a sapere che questo metodo non ècomunque un’invenzione così recente...”343

Ancora più sorprendente appare, nelThaumaturgus Opticus, l’attribuzione di quelmetodo prospettico, oggi unanimemente ricono-sciuto in sede storico-critica come elaborato ori-ginale di Désargues, al rivale di quest’ultimoJacques Alleaume344 (Aleaulme, Aléaume, oAlleaume, 1562-1627) (fig. 110). Questa dimi-nutio di Désargues si può attribuire, da un lato,come suggerisce Kirsti Andersen, alle violentereazioni polemiche dello stesso Dubreuil ilquale, accusato di plagio – a giusta ragione – dalmatematico lionese, lo accusò a sua volta di avercopiato alcune costruzioni prospettiche da quelledi Vaulezard e di Aleaume; dall’altro, comesostiene Didier Bessot, ad un intervento ex postdello stampatore dell’opera latina, FrançoisLanglois detto Chartres, sodale in tipografia diMelchior Tavernier, e inoltre editore e amico sia

di Migon che di Dubreuil.345 Infine, vorremmoqui segnalare, come anticipato, due approfondi-menti che il Thaumaturgus Opticus sviluppa,totalmente assenti dalla precedente edizione vol-gare: l’illustrazione di uno strumento prospettico(Scenografo Cattolico o Strumento universale) elo sviluppo di una coerente teoria delle ombre inprospettiva (Appendice sulla luce e le ombre). Per quanto concerne il prospettografo presentatonel Thaumaturgus Opticus da Niceron (fig. 111),si tratta evidentemente di un calco di quello idea-to dal toscano Ludovico Cardi Cigoli (1559-1613) (fig. 112), che il Frate minimo poté ammi-rare – probabilmente tra il 1643 e il 1646 – inuno dei cabinet più importanti di Francia, la giàcitata collezione parigina di Louis Hesselin.Ludovico Cigoli aveva descritto questo strumen-to, circa trent’anni prima, nella sua Prospettivapratica (1610-1613) (fig. 113), un manoscrittocomposto tra il 1605 e il 1613 e restato inedito –almeno fino al 1815346 –, la cui sesta parte eradedicata proprio alla Descrizione di dueStrumenti da tirare in prospettiva qualunqueoggetto da qualsivoglia distanza. Cigoli dimo-strava come questa macchina potesse essereimpiegata sia per disegnare immagini in prospet-tiva, venendo presentata quindi come una sofisti-cata versione dello sportello di Dürer o del veloalbertiano; sia per produrre, usandola con finali-tà inverse, immagini anamorfiche: fu quest’ulti-mo campo applicativo che esercitò un sottile, maineludibile appeal su Niceron. Lo strumento arri-vò ad Hesselin in dono dall’Italia – forse da partedi Leopoldo de’ Medici347 –, custodito, con leaste che lo componevano smontate, in una cas-setta. Niceron, oramai celebre in tutta Europa perle sue competenze ottico-prospettiche, fu inter-pellato da Hesselin per riassemblare quello stru-mento, pur ammettendo di non aver

“…mai visto da alcuna parte alcuno scrittorelativo a tale arnese, né mai ne ho ricevutanotizia a parole, ma mi sono capitate in manole sue singole parti non ancora assembla-te.”348

Come annota nel suo trattato, Niceron, dopo averproceduto ad una breve disamina storica dei pro-spettografi, desume, dall’analisi del monogram-ma inciso su una delle aste, recante le lettere LC,che si dovesse attribuire la paternità dello stru-mento al suo legittimo autore, cioè al Cigoli delquale elogia anche le doti di pittore. Come osser-va Filippo Camerota, Niceron non doveva cono-scere il trattato di Cigoli, nel quale il funziona-mento dello strumento era ampiamente discusso:lo storico lo desume dal fatto che, interpretandoin chiave puramente autografa quella iscrizione,Niceron “…pose il foglio da disegno fra le dueaste parallele, considerando l’asta orizzontale

56

Fig. 107. M. Bettini, Apiaria universae Philosophiae Mathematicae,Bologna 1642. Apiar V, Caput iii, imaginem in cilindrica superficieretcè formatan…

Fig. 108. G. Désargues, Diverses méthodes universelles, et nouvelles,en tout ou en partie pour faire des perspectives, Parigi 1642. Tav. 3(ciij). Pour mettre la distance juste en quel lieu…

Fig. 109. J. Dubreuil, Perspective Pratique, Parigi 1642. Deuxiesmeadvis de enfoncemens

Fig. 110. J. Aleaume, La perspective spéculative et pratique...: de l'in-vention du feu Sieur Aleaume/mise au jour par estienne Migon, Parigi1643. Frontespizio.

57

58

Fig. 112. Ricostruzione del prospettografo L. C. Cigoli a cura diFilippo Camerota e Opera Laboratori Fiorentini (2001).

Fig. 113. L. C. Cigoli, Prospettiva pratica, Firenze 1628-1629.Frontespizio.

Fig. 114. J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646.Scenographum catholicum sive instrumentum universale, Tav. 37.Dettaglio.

Fig. 111. J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646. Scenographum catholicum sive instrumentum universale, Tav. 37r.

59

Fig. 115. Anonimo, Ritratto di ismael boulliau, prima metà del XVIIsec. Incisione.

della squadra come un ribaltamento della sezio-ne sul piano. Cigoli invece metteva il foglio deldisegno fuori dallo strumento in modo da potervariare liberamente la distanza del punto di vistadal piano di sezione. A questo scopo l’estremitàdel gambo orizzontale della L del suo mono-gramma aveva un solco che serviva a garantire ilparallelismo del filo legato al ‘segnatore’.”349

Tuttavia, anche se la ricostruzione figurativa delprospettografo di Cigoli, fornita da Niceron nelletavole (36r, 37r, 38r) del Thaumaturgus opticus –nella pur ineccepibile descrizione funzionale chele accompagna – appare inscrivere lo strumentopiù tra le mirabilia tecnologiche da collezione,tipiche dei gabinetti scientifici del XVII secolo,che non nella solida strumentazione della praticapittorica, come suggeriscono invece le immaginioriginali elaborate dal Cigoli,350 si deve proprioal trattato di Niceron la sua fortuna critica, anchese con alcune varianti, tra i contemporanei e ifuturi studiosi di prospettiva.351 Lyle Massey352

puntualizza come la scelta di dedicare una sezio-ne autonoma del suo trattato a questo strumentoindichi in qualche modo che il contributo diNiceron debba inserirsi in quel clima di deantro-pomorfizzazione della visione, tipicamente fran-cese, nel quale l’occhio dell’osservatore venivafacendosi dipendente sempre più da macchineottiche, atte a registrare e riprodurre la realtàfenomenica. La stessa stilizzazione dell’osserva-tore prossimo all’oculare, restituito nella tavola37r come un occhio ciclopico e privo di corpo(R) (fig. 114), sembra assecondare questa ipotesicritica, così come il funzionamento del sottesomeccanismo proiettivo: il prospettografo infattiesegue le operazioni di intersecazione della pira-mide visiva – qui controllate da un sistema dicarrucole e aste – in un ambiente virtuale in con-tinuo cinematismo, senza la rassicurante fissità

della cornice garantita da più obsolete macchineprospettiche, la cui natura, ricordiamo, era stan-ziale. Lo Scenografo Cattolico così sembra tra-durre una rappresentazione piana e virtuale del-l’oggetto, traguardato dalla mira R e disegnato inuno spazio astratto, in una sua analoga immagi-ne piana, questa volta sul foglio da disegno.Secondo tale interpretazione, si tratterebbe diuno strumento perfettamente intonato all’idea dianamorfosi che Niceron aveva già elaborato neLa Perspective Curieuse: quella di un sistemaproiettivo atto a trasformare un’immagine piana(e non una configurazione tridimensionale) inun’altra immagine piana, sia pure violentementedeformata, ma omologa alla prima. Le illustra-zioni contenute nel Thaumaturgus Opticus nonlasciano spazio ad ipotesi alternative: Niceron,per realizzare le sue anamorfosi murali – a Romae a Parigi –, non impiegò il prospettografo diCigoli, ma si affidò ad una versione aggiornata –impiegata anche da Emmanuel Maignan353 – deltradizionale sportello düreriano a cui peròsovrappose l’utilizzo del reticolo di albertiana (ecartesiana) memoria: così facendo, “…la visioneè esternalizzata fino al punto che essa si reifica inuna rete di oggetti tangibili. I raggi visivi filifor-mi, la proiezione invertita di un’immagine e lostenope sono tutti elementi fisici dello spaziodell’osservatore piuttosto che proiezioni poste aldi là di quello spazio.”354 In relazione all’ultimasezione del trattato (Appendice sulla luce e leombre), Niceron ammette di avere avuto pocotempo per sviluppare l’argomento come avrebbemeritato e come egli stesso avrebbe desiderato,soprattutto a causa della nomina a Collega delVisitatore generale dell’Ordine dei Minimi chelo ha “...strappato, per così dire, dal seno delleMuse.”355 Il testo di fisica cui fa qui riferimentoNiceron è il De Natura lucis (Parigi 1638) di

Fig. 116. J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646. Appendixde lumine et umbris, Tav. 39.

Fig. 117. M. Mersenne, L'optique et la catoptrique du Père Mersenneminime.s, Parigi 1651. Frontespizio.

Fig. 118. J. F. Niceron, La Perspective curieuse du RévérendP.Niceron minime, divisé en quatre livres, Parigi 1663. Frontespizio.

Ismael Boulliau (1605-1694) (fig. 115), astrono-mo e corrispondente di Galileo Galilei, e su diesso si basano le definizioni preliminari fornitedall’autore: quelle di corpo opaco e corpo traspa-rente; quella relativa alla differenza fra i terminilux (fonte della luce) e lumen (la luminosità per-cepita), mentre il corpo luminoso è descrittocome quello che è soffuso di luce propria. Lenozioni di raggio luminoso e piramide luminosasono classicamente euclidee, mentre l’ombra èdefinita come

“…diminuzione di luce per interposizione diun corpo opaco; tenebre, invece, la completaprivazione di essa; oppure, l’ombra è un lumediminuito dal confronto con un lume piùintenso posto nelle immediate vicinanze.”356

Nella tavola 39 (fig. 116), viene fornito dappri-ma il principio generale mediante la costruzionedell’ombra di un segmento verticale – visualiz-zato nella forma di uno gnomone – da una sor-gente luminosa puntiforme, spesso assimilata aduna candela di cui è fornita anche la proiezionegeometrale. Vengono poi determinate le ombredi alcuni solidi, disegnati su frammenti di foglispiegazzati con un effetto trompe-l’oeil: laprima, relativa a un parallelepipedo, è particolar-mente interessante poiché diviene uno strumentodidattico; allo scopo, disegnata la base inferiorein vera forma, l’autore ne costruisce una sorta diproiezione assonometrica, dandone però i soli

spigoli verticali, a ciascuno dei quali trasferiscepoi quel principio generale: ogni spigolo deveessere perpendicolare alla propria proiezioned’ombra, cioè alla traccia del relativo pianoluminoso, e per ogni determinazione della lun-ghezza di ciascun segmento-ombra, il bastone,portatore del punto-luce, deve porsi in posizioneparallela a quello spigolo. Su questa base vienecostruita l’ombra del cubo, di un tetraedro conun vertice sul piano orizzontale, e di un cilindroobliquo, sempre assegnando il punto luce e lasua proiezione ortogonale, detti rispettivamenteA e b. Notevoli gli ultimi due disegni: nel primo vienecostruita la proiezione geometrale della basesuperiore del cilindro della quale costruire ilcontorno d’ombra e, nel secondo, vengono trac-ciate le tangenti comuni a tale contorno e allabase inferiore. È costruita l’ombra di una pirami-de sospesa, e ancora ombre portate da altresuperfici geometriche o da oggetti comuni, supiani diversi da quello orizzontale, con un proce-dimento assolutamente attuale. Segue poi la costruzione delle ombre di corpideterminate dalla luce solare, cosa inusuale, econ una premessa che suona come una precoceintuizione:

“Bisogna innanzitutto stabilire che la luce delsole riluce non solo dal centro ma anche daogni parte della superficie del suo corpo, eche si diffonde sui corpi esposti con raggi che

si possono considerare paralleli a causa dellasmisurata distanza del sole da tali corpi.Distanza smisurata non certamente se assun-ta in maniera assoluta, ma se considerata inrelazione al ridottissimo cammino dei raggi,quando dagli oggetti si diffondono nel pianoposto sotto.”357

L’autore, nel costruire le ombre in prospettiva,esamina i tre possibili casi: quando i raggi sola-ri sono paralleli al quadro, e allora le proiezionidegli stessi raggi risultano tra loro parallele,come parallele tra loro e al quadro risultano lerelative proiezioni geometrali, che dunque appa-iono orizzontali; quando invece il sole è dietro odavanti al quadro – dunque rispettivamentedavanti e dietro l’osservatore –, la costruzioneche Niceron propone è assai ingegnosa poiché,ancora in assenza di un chiaro concetto del puntodi fuga dei raggi luminosi, appare tuttavia nondiversa da quella attuale.358 Osserva Amodeoche qui troviamo ancora un’altra innovazione,precisamente quella di una notazione chiara perassociare un punto alla sua immagine, dove ilprimo viene indicato con una lettera maiuscola,la seconda con la stessa lettera ma minuscola(ricordiamo che un’analoga simbologia era stataadottata da Désargues, per la sua cage), e conclu-de “...questo testo forma una splendida eccezio-ne rispetto ai libri dell’epoca per la chiarezzadello stile e la precisione del linguaggio e dellefigure.”359 Chiude il volume una bibliografia dei

60

testi sulla Prospettiva artificiale o pratica che, seda un lato può costituire un indizio di quali testifossero posseduti dalle biblioteche conventualidi Roma e Parigi, dall’altro mostra l’ampio eaggiornato orizzonte critico di Niceron per lastesura della sua opera.Non bisogna dimenticare che nel Seicento laprospettiva, rispondendo all’esigenza primariadel pensiero coevo di riconciliare soggetto eoggetto, assume la particolare funzione di tras-formare la realtà fisica in una realtà metaforica:“In questo senso, essa incarnava anche un’opera-zione simbolica che, percepita attraverso l’espe-rienza sensoria, evocava la verità e l’eccellenzaideali.”360 È dunque comprensibile che in quellostesso secolo – in cui la prospettiva si definiscecome una disciplina geometrica pura grazieall’opera di Désargues – lo spazio postulato dalmondo barocco non diventi mai totalmenteastratto, e concepibile solo come vacuum, quan-to piuttosto un plenum che per essere compresochiami a raccolta tutta l’esperienza sensoria delfruitore: riaffermando la presenza umana all’in-terno del suo orizzonte configurativo, l’artebarocca ristabilisce quel legame tra soggetto erealtà fenomenica, che le epoche precedenti ave-vano reciso. Al contempo, si stabilisce una strut-tura gerarchica in cui, perché l’infinito appaia inquella stessa realtà, deve essere rappresentato econseguentemente percepito da una precisa posi-zione collocata nella ‘struttura geometrica dellaCreazione’. Nel caso dell’anamorfosi baroccainvece, “...la realtà in quanto presenza e la realtàin quanto apparenza non furono solo intenzional-mente disgiunte, ma il predominio della astanzaindeformata fu sostituito dal predominio dell’ap-parenza distorta”,361 come osserva Pérez-Gómez.È chiaro quindi che il processo evolutivo delleanamorfosi – sia dirette che catottriche – rag-giunse il suo apogeo proprio nel Seicento, inambito pittorico e con finalità prevalentementericreative: pur sottolineando il suo ruolo di rottu-ra delle convenzioni rappresentative rinascimen-tali, soprattutto rispetto alla fissità dell’osserva-tore quattrocentesco, e delineandosi come unatrasgressione figurativa che pittori e trattatistideclinarono in vari modi, essa non diverrà mai‘istituto linguistico’ in sé, proprio a causa del suoestremismo rappresentativo. Essa però ha anchecostituito un banco di prova e di tenuta dellacostruzione prospettica rinascimentale, consen-tendo al contempo di sostituire “…in epocabarocca, all’architettura fatta di solidi ben defini-ti e di spazialità immutabili, con disinvoltura,incanto e magia, non solo delle strutture anamor-fiche, ma anche degli spazi ambigui, distrutti ericostruiti da decorazioni prospettiche interne, edaltri del tutto illusori.”362 Le speculazioni spazia-li di Francesco Borromini363 (1599-1667), di

Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) e di GuarinoGuarini (1624-1683), sono esempi paradigmaticidelle possibili deformazioni prospettiche appli-cabili all’architettura, esperienze che non man-cheranno di raggiungere vertici di un virtuosi-smo molto avanzato, anche se spesso confinatinel ristretto novero dei casi eccezionali e dellestravaganze seicentesche.364 L’anamorfosi sei-centesca allora riassume “…la duplice naturadella prospettiva barocca, la cui finalità è sì quel-la di rivelare la verità della realtà, ma anche didimostrare il potere dell’uomo nel modificar-la.”365 Bisogna tuttavia evidenziare ancora unavolta il ruolo emblematico assunto dall’operatrattatistica di Niceron nella storia della figura-zione artistica occidentale: essa infatti, oltre atestimoniare la tendenza verso interessi definibi-li se non altro come decettivi, presenti negliscritti di alcuni autori del passato, evidenzia ilgrado di conoscenza e di approfondimento meto-dologico raggiunto, a partire dagli inizi delCinquecento, proprio nel campo della rappresen-tazione, tanto da ammettere deroghe in favore diraffigurazioni che esulassero dall’aspirazionerinascimentale all’immediato ‘realismo visivo’. Il declino dell’educazione visuale, in connessio-ne con l’esercizio didattico che traghetterà l’inci-piente società illuministica nell’era romanticaottocentesca, ne segnerà inevitabilmente le sorti,nonché il ruolo periferico, appunto anamorfico,che la storia dell’arte attribuirà a queste ‘ricrea-zioni matematiche’ e a questi ‘giochi filosofici’ apartire dal Settecento.366

Altre edizioni dell’opera seguirono a quella lati-na: in particolare, al momento della sua morte(1° settembre 1648), Mersenne si stava occupan-do di una nuova versione, ma in francese, deltrattato latino postumo (1646) di Padre Niceron,questa volta tuttavia unendo l’accattivante titolodella prima edizione volgare con la traduzioneparziale di quello dell’edizione latina. Mersenne,al contempo impegnato nella stesura di un suopersonale testo, dedicato all’Ottica e allaCatottrica (fig. 117), delegò al matematicoGilles Personne de Roberval la curatela dientrambe le opere,367 che vennero pubblicateinsieme, solo nel 1652,368 in un unico volume daltitolo: La Perspective curieuse du R. P. Niceron,Minime, divisée en quatre livres, avec l’Optiqueet la Catoptrique du R. P. Mersenne, du mesmeOrdre, mise en lumière après la mort del’Autheur..., à Paris, chez le veusue F. Langlois,dit Chartres, MDCLii.369 I padri MinimiHilarion de Coste (1595-1661) e AmbroiseGranjon approvarono a fini censori la nuova edi-zione che reca, come data per l’achevé d’impri-mer, quella del 25 novembre 1651. Se non risul-ta eccessivamente complesso distinguere le inte-grazioni di Mersenne o di Roberval nel testoniceroniano, essendo sopravvisute le due prece-

denti edizioni – francese e latina – su cui esse sibasavano, altrettanto non può dirsi circa la parteoriginale attribuibile a Mersenne. Quest’ultimopare avesse lasciato, prima di morire, i suoi duecontributi quasi completati, benché non ci sianopervenuti i relativi manoscritti originali, mentreciò che di autografo è giunto sino a noi si riducea circa una trentina di pagine riferibili alla sezio-ne sulla catottrica (segnatamente le pagine chevanno da 88 a 131).370 Grazie a Roberval, LaPerspective curieuse del 1651/52 completerebbedunque il progetto, non riuscito in vita a Niceron,di aggiungere ai due libri (I e II) delThaumaturgus opticus, tradotti in francese,anche gli ultimi due (III e IV), di cui l’edizionelatina del 1646 risultava priva. Devono pertantoessere ritenuti, nei limiti che la filologia suggeri-sce, non totalmente niceroniani, ma piuttostorobervaliani, palesi episodi di editing – ad esem-pio: la soppressione di dizioni come Magie arti-ficiele o effets merveilleux; oppure l’incorpora-mento della Appendice skiagraphica all’internodel II libro; o un giudizio fortemente critico suDésargues che Niceron in vita difficilmenteavrebbe espresso – che da alcuni storici vengonovalutati come segni dell’intervento di un geome-tra puro (Roberval) su un testo (quello appuntodi Niceron), dall’appeal accademico debole:infatti nell’edizione del 1951 “…lo stile è con-densato, le definizioni sono più precise, susse-guendosi in modo chiaro, e anche l’aspetto tipo-grafico, con definizioni e assiomi ben isolati,indicati da numeri collocati a metà della pagina,rimandano inevitabilmente ai manoscritti, orga-nizzati in modo analogo, di Roberval. Tra il 1646e il 1652, Padre Niceron aveva fatto passi dagigante... postumi.”371 Inoltre, anche il confron-to fra gli approcci dei due Minimi su analoghequestioni, che emergono dal confronto dellerispettive parti dell’opera latina mostra, da unlato, un giovane ricercatore, Niceron, che purnella sua naïveté difficilmente asseconda inge-renze di tipo dottrinale nelle spiegazioni di carat-tere scientifico; e dall’altro uno studioso maturo,Mersenne, che indulge in facili commistioni trascienza e religione. Se ne ha prova, ad esempio,quando, nella sua Ottica,372 Mersenne sembrapiù incline ad avvicinare la visione mistica aquella esperita nella percezione comune, parago-nando “…la nostra incapacità di concepire Diopresente anche se invisibile, con l’incapacità del-l’osservatore di non percepire la luce che passaattraverso una stanza completamente priva diparticelle riflettenti. Inoltre, l’assimilazione delcolore ad una luce degradata è presentata comeanaloga alla nostra condizione di esseri imperfet-ti in relazione a Dio. Nel suo Harmonieuniverselle, il rapporto fra i tre elementi costi-tuenti la Trinità è evocato attraverso il meccani-smo di generazione successiva che collega il

61

Fig. 119. M. Duchamp, White box/Á l'infinitif/, New York 1966. Fig. 120. M. Duchamp, A regarder (l'autre côté du verre) d'un oeil, deprès, pendant presque une heure, 1918. Pittura ad olio, foglia d’argen-to, cavo elettrico e lenti d’ingrandimento su vetro (incrinato), monta-to tra panelli di vetro in una cornice metallica con base. The Museumof Modern Art, New York. Katherine S. Dreier Bequest.

Fig. 121. M. Duchamp, The Wilson-Lincoln effect, in M. Duchamp,The bride Stripped bare by her bachelors, even: A TypographicVersion by Richard Hamilton of Marcel Duchamp's green box, ThirdEdition edition, New York 1976.

punto, la linea e la superficie in geometria.”373

La Perspective curieuse del 1663 confermeràquanto svolto da Roberval nella sua precedenteazione editoriale mostrando, come osservaPoudra,374 anche una maggiore attenzione al pro-cesso di riabilitazione del metodo prospettico diDésargues. Il frontespizio dell’opera (fig. 118)reca un’incisione con due putti che sorreggonouna corona, sovrastata da un cartiglio la cui iscri-zione così recita: “Non coronabitur nisi qui legi-time certaverit” (non sarà coronato se non coluiche legittimamente combatterà), una citazionetratta da Timoteo (2 Tim. 2, 5). E in effetti si puòdire che l’eredità di Niceron – sia in termini edi-toriali che decorativi – ha saputo ben difendere ilsuo nucleo più suggestivo e perturbante nelcorso dei secoli successivi, riuscendo ad inte-grarsi sia ai nuovi approcci scientifici della teo-ria prospettica, che al rinnovamento dei linguag-gi artistici. Se il lascito geometrico-proiettivo diNiceron sarà analizzato più avanti,375 qui mipreme ricordare al lettore come tracce niceronia-ne, più o meno carsiche, possano rintracciarsi intutte le forme d’arte, moderne e contemporanee:

basti pensare, nell’ambito delle Avanguardie sto-riche, alla fascinazione per l’optical trickery daparte di un autore come Marcel Duchamp376

(1887-1968) che nel suo taccuino White box/Ál’infinitif/,377 dove sono raccolti i suoi appuntidal 1920 al 1921, annotava (fig. 119) di avereconsultato, presso la bibliothèque de Saintegeneviève (1913-14), il Thaumaturgus Opticus(1646). Stephen Jay Gould e Rhonda RolandShearer – inquadrando parte dell’opera ducham-piana in un tentativo di riabilitazione teorica efigurativa della prospettiva rinascimentale ebarocca – ritengono che l’artista francese abbiaavuto la possibilità di consultare più proficua-mente La Perspective Curieuse (1638), operagiudicata dai due studiosi – e forse anche dall’ar-tista – “…più corta, affascinante e piacevole,giocosa e stravagante, ma matematicamenteesatta e rigorosa”. Accomuna i due artisti, pur adistanza di trecento anni, l’amore per gli ana-grammi e i giochi di parole, per i nomi palindro-mi, ma soprattutto un’inesauribile fascinazioneper il sedime ottico nelle loro invenzioni artisti-che,378 specialmente in relazione alla catottrica e

alla diottrica: così, l’opera intitolata À regarder(l’autre côté du verre) d’un oeil, de près, pen-dant presque une heure379 (1918; The Museumof Modern Art, New York) (fig. 120) rimandasicuramente alla sezione del trattato del 1638 incui il Nostro parla degli effetti ottici discrasiciottenibili con una lente piana, da un lato, e con-vessa, dall’altro;380 mentre la descrizione delgioco ottico definito The Wilson-Lincoln effect(fig. 121), presentato da Duchamp per la primavolta nel suo The green box381 (1934), apparemodellata sulla tabula scalata analizzata daNiceron nella tav. 18 del iii Libro de LaPerspective Curieuse, che oggi continua ad ispi-rare anche le perverspectives di PatrickHughes382 (1939-) (cfr. figg. 123a, b). Tu m’(Yale University Art Gallery, New Haven) (figg.122a, b) invece attinge a piene mani dalle ana-morfosi murarie di Trinità dei Monti, segnata-mente a quella eseguita da Padre Maignan,essendo agli inizi del ‘900 l’opera niceronianaancora sepolta sotto pesanti e vessatori strati diintonaco. Più in generale, Gould e Shearer osser-vano che la compulsiva abitudine duchampiana

62

Figg. 122a, b. M. Duchamp, Tu m', 1918. Olio e matita su tela, spazzolino per bottiglie, tre spalle di sicurezza e un bullone. Yale University Art Gallery, New Haven.

63

64

Figg. 123a, b. P. Hughes, Paradoxymoron, 1996.Olio su masonite. The British Library, Londra.

Fig. 124. J. Dibbets, PerspectiveCorrections: T01736, 1969. TateGallery, Londra.

Fig. 125. J. Dibbets, My studio i, i: Square on the Wall of My Studio,1969. Barbara Gladstone Gallery, New York.

65

Figg. 126a, b. F. Varini, 8 cercles excentrique n°1, 1998. GalerieJennifer Flay, Parigi.

di documentare le proprie opere, fotografandoleda più punti di vista durante la loro realizzazio-ne, sembrerebbe riecheggiare quel desiderio diconvenerunt ad unum, di convergenza del molte-plice in un’unità indivisa, che Niceron sperimen-tò nel gioco rifrattivo proposto nelle tavv. 24 e25 del iV Libro del suo primo trattato in volgare.Alle opere romane e parigine di Niceron e diMaignan si ispirano anche le anamorfosi concet-tuali dell’olandese Jan Dibbets (1941-), soprat-tutto quelle della serie fotografica in bianco enero, intitolata PerspectiveCorrections(1969):383 la prima immagine di questo gruppofu T01736 (1968; Tate Gallery, Londra) (fig.124, in cui un trapezio – delineato con una cordadi spessore decrescente adagiata su un prato – èprospetticamente deformato per apparire, da unpreciso punto di vista, come un quadrato colloca-to in un piano frontale. L’anamorfosi venne rea-lizzata dall’artista utilizzando come ‘sportello’anamorfico il reticolo del mirino della sua mac-china fotografica Yashica 124 MAT.384 L’operaMy studio i, i: Square on the Wall of My Studio(1969; Barbara Gladstone Gallery, New York)(fig. 125) esibisce in modo più evidente ladiscendenza dalle pitture a secco pinciane,mostrando il muro intonso di una stanza vuota,visto di scorcio, su cui Dibbets ha dipinto il peri-metro e le diagonali di un trapezio che dal pun-ctum optimum – coincidente con quello dellaripresa fotografica, che ha tramandato l’opera aiposteri – appariva come un quadrato. A posterio-ri, il quadrato sembra essere eseguito direttamen-

te sulla foto, e non nella stanza ritratta, questaosservazione producendo una sensazione di stra-niamento e collisione tra il senso comune e l’ideadi evidenza, associata al documento fotografico:Dibbets riduce così l’anamorfosi alla sua piùpura, minimale struttura, e nel suo caso, “…sedovessimo chiamare trompe l’œil un praticogioco visivo, allora l’anamorfosi potrebbe essereparagonata a un crittogramma che richiede acro-bazie ottiche.”385 Le stesse suggestioni nicero-niane, ma questa volta esplicitamente ricono-sciute in sede critica,386 sono alla base di moltilavori dello svizzero Felice Varini (1952), le cuiopere si situano sia in semplici e minimali inter-ni architettonici, che in contesti urbani più com-plessi in termini configurativi. Anche in questocaso, l’osservatore delle sue opere è vincolatoinizialmente ad un punto di fruizione privilegia-to, dal quale l’opera appaia coerentemente nellasua forma retta, come fosse ‘applicata’ in modometonimico sulla realtà fenomenica esistente;ma basta spostarsi di pochi centimetri e ruotarelo sguardo di pochi gradi, oppure percorrerecinematicamente lo spazio su cui si ‘proietta’ deiure l’opera, perché quel disegno coerente sifrantumi in una serie di lacerti anamorfici (figg.126a, b). La percezione convenzionale collassa eun senso di instabilità e, al contempo, di curiosi-tà emancipa l’osservatore dalla sua collocazionestanziale, di fronte all’opera, invitandolo adimmergersi nel gorgo dell’anamorfosi.La stessa vertigine dello sguardo si prova duran-te le proiezioni dei perturbanti cortometraggi e

Fig. 127a, b. Foto di scena tratta da institute benjamenta, regia deigemelli Quay. Gran Bretagna 1995. a. Jakob osserva dallo spioncino l’anamorfosi muraria.b. Lisa benjamenta accanto all’anamorfosi muraria.

film dei gemelli Stephen e Timothy Quay387

(1947-): il loro institute benjamenta,388 dal laco-nico sottotitolo or This dream people call humanlife, è forse quello maggiormente coinvolto conl’estetica dell’anamorfosi seicentesca e del cor-relato dubbio cartesiano. La protagonista femmi-nile, Fräulein Lisa, fende l’atmosfera neghittosae imbevuta di ombre del misterioso istituto,avvolta nel suo vestito immacolato, mentre scan-disce il ritmo dei suoi passi con un piccolo basto-ne dal piede caprino. In quella tipica calma asso-luta che preannuncia una tragedia imminente, trauna lezione agli inquietanti studenti che popola-no la sua scuola, dove si insegna la ‘divina artedel servire’, e il disbrigo di oscure incombenzeistituzionali, Lisa Benjamenta trascorre le orenotturne – forse solo nei sogni del giovaneJakob von Gunten, ultimo allievo appena arriva-to – percorrendo interminabili corridoi i cuipavimenti respirano, in cui polvere e sedimenta-ti organici si animano improvvisamente e dovearaldici cartigli annotano improbabili massimeesistenziali: l’ingresso nel mondo parallelo‘dove aleggia uno strano torpore e le cose rima-ste finora oscure accadono ancora’, che viveparallelamente a quello secolare dell’istituto,avviene oltrepassando – quasi come l’Alice diAttraverso lo specchio di Lewis Carroll389 – unperfetto ‘zero’ disegnato col gesso dall’istitutricesulla retorica lavagna di un’aula. In una di que-ste peregrinazioni, Lisa è seguita dal giovaneJakob che, perdendone le tracce, finisce in unvestibolo cui si accede tramite un lungo andito,dove si aprono tre porte: le due laterali di altezzausuale, mentre quella centrale – con la sogliadisposta più in alto rispetto al pavimento – didimensioni ridotte. Esplorando il corridoio, chesi estende oltre la porta di sinistra, Jakob scoprela circolarità di un percorso che lo riporta ineso-rabilmente nella stanza iniziale. Oltrepassandoinvece la porta di destra, il giovane entra in untortuoso corridoio labirintico la cui altezza pro-gressivamente si riduce fino a condurlo, in usci-ta, alla piccola porticina di cui si diceva: lo spa-zio ad essa antecedente, visto frontalmente, pre-senta su una parete strani geroglifici fitomorfiche, se osservati dal buco della serratura, si rive-lano come la rappresentazione anamorfica di duecervi che si accoppiano (fig. 127a, b). Si tratta diun’evidente citazione dissacrante e surreale, daparte dei due cineasti americani, del celebredipinto anamorfico realizzato a Roma, nel 1642,da Padre Emmanuel Maignan: non è casuale cheil messaggio a sfondo religioso celato nell’ana-morfosi del teologo-scienziato francese, sia quiproblematicamente declinato in chiave gendericasecondo l’uso tipico delle rappresentazioni licen-ziose cinque-seicentesche, così tradendo unapproccio decisamente teatrale alla materia pro-spettica. Con le parole pronunciate mentalmente

da Jakob, ormai irretito dai misteri dell’edificio edai dormienti che lo abitano, bisogna ammettereche ‘a volte c’è più vita nell’aprirsi di una portache in una domanda’. Ma ora è tempo di chiude-re, o almeno socchiudere quella porta, peravviarci ad una conclusione…

La storia, iniziata qualche pagina fa – ovveroqualche secolo fa e durata solo trentatré anni –sta per concludersi. Ma non vorremmo lasciare illettore senza un’immagine finale, dopo la riddadi figure, schemi, distorsioni, anamorfosi eriflessioni, che hanno popolato questo saggio:seguendo le suggestioni contenute in un articolodi Paul Gagnaire,390 vi invitiamo ad osservare latavola che accompagna la Propositio LVi (56)(fig. 128) della già citata Perspectiva horaria,391

redatta da Emmanuel Maignan nel 1648: in essasi vede una prospettiva dell’altra celebre meri-diana catottrica392 realizzata a Roma dal Minimodi Tolosa, presso palazzo Spada,393 oggi sede delConsiglio di Stato italiano. Com’è noto, l’operavenne realizzata nel 1644 su incarico delCardinale Bernardino Spada, protettoredell’Ordine dei Minimi, che nell’immagineaccompagna tre visitatori: è lui infatti il perso-naggio posto all’estrema destra, avvolto in unacappa, con il cappello in mano e con l’inconfon-dibile pizzetto immortalato da Guido Reni in uncelebre ritratto (1631) (cfr. fig. 60), oggi conser-vato presso la Galleria Borghese.L’identificazione degli altri tre convenuti è piùcomplessa: il Cardinale rivolge il suo sguardo inun’area della volta affrescata verso cui puntal’indice il personaggio centrale, un nobile conmantello che ci volge le spalle, interessato forsead approfondire le tematiche gnomoniche squa-dernate dall’astrolabio. Un segno distintivo perrisalire alla sua identità potrebbe essere la rosa ditessuto agganciata ad un lembo delle sue brache,simbolo araldico della famiglia Orsini. Accanto alui, sulla sinistra, due frati si fronteggiano: l’abi-to che indossano è la pazienza dell’Ordine deiMinimi: dunque non sarebbe peregrino ipotizza-re che uno dei due sia l’inventore della meridia-na, ovvero proprio Padre Maignan. Quello piùesterno mostra direttamente il suo viso, rivoltoverso l’alto, anch’esso attratto dal problema gno-monico sollevato dal nobile sconosciuto. I linea-menti smunti, lo sguardo spiritato e i capellirasati potrebbero indurci a identificarlo con JeanFrançois Niceron,394 mentre il Frate che ci volgele spalle, più robusto e con una evidente tonsura,consona al suo rango sacerdotale, sembrerebbePadre Maignan. Per l’identificazione di quest’ul-timo, ci aiuta un busto non agiografico eseguitoda Marc Arcis (1655-1739) e conservato pressola galleria degli illustres célébrant les grands del’histoire de Toulouse: qui Maignan appare con“...una faccia ampia e potente, i lineamenti forti,

gli occhi taglienti, che si inclinano leggermentedi lato, come ad osservare, riflettere. Le labbraserrate, finemente disegnate, leggermente soc-chiuse, suggeriscono domande poste già dagliocchi luminosi, scrutatori. Questo sguardo atten-to è discretamente sottolineato da sottili pieghedi pelle e questa tensione contenuta lascia spor-gere leggermente una vena sulle tempie.Sull’ampia fronte, si formano alcune rughed’espressione mentre, sulla parte superiore e suilati del cranio, delle ciocche ribelli, intagliate acaldo, ammorbidiscono e ravvivano questosguardo vigile. Sotto l’aspetto robusto di unuomo sovrappeso trapela un intelletto formidabi-le.”395 Ma anche in questa immagine, come nelritratto del Lasne, col quale abbiamo aperto ilnostro saggio, si insinua un paradosso spazio-temporale: qui sarebbe ritratto il fantasma diNiceron, essendo egli morto nel 1646, due anniprima che questa incisione venisse eseguita.Niceron non fu mai in questa galleria, neancheprima di quella fatidica data, dal momento che laparabola del suo breve, ultimo soggiorno roma-no si concluse nell’ottobre del 1642.Quest’immagine ex post assumerebbe, alla lucedel rapporto di discepolato e comunanza scienti-fica tra i due Minimi, un profondo significatoumano: Maignan avrebbe potuto volere accantoa sé, ancora per una volta, sia pure solo in un’im-magine, l’amico con il quale aveva condivisoriflessioni accademiche e teologiche, progettidecorativi e visioni meravigliose, nascoste nelcorpo della magia artificiale.

IOANNES FRANCISCVS NICERONVS. SENSIS NOVA NVNC RARE CONFICI

66

Fig. 128. E. Maignan, Perspectiva horaria, sive de orographia gnomonica tum theorethica tum pratica libri quattuor, Roma 1648. Liber Tertius.Catoptrice horaria sive horographiae gnomonicae. Propositio LVi. Linea Meridianam, in superficie horologji Catoprtico-gnomonici plana…

67

68

Note

1 La tunica con cappuccio indossata da Niceron è la classica pazienza, ingenere corredata da un cordone di lana, detto cingolo, portato intorno allavita. Il numero dei nodi pendenti – non visibili nell’immagine – simboleggiai voti presi dal Frate. Cfr. Regola di vita dei Frati dell’Ordine dei Minimi,Capitolo Terzo (si veda al sito: http://www.sanfrancescodapaola.com/min-imi/regola.html); G. Rocca, a cura di, La sostanza dell’effimero. Gli abitidegli ordini religiosi in Occidente, Edizioni Paoline, Roma 2000, p. 442.2 Michel Lasne (1595-1667), figlio di un orafo, allievo di Paul Rubens e divan Dyck ad Anversa, fu un celebre illustratore e collezionista francese, di-venendo, nel 1633, incisore ufficiale di Luigi XIII, per la cui famiglia eseguìben 23 ritratti. Sin dalle sue prime illustrazioni eseguite per la Mythologie(Rouen, 1611) di Jean de Montlyard, il suo stile appare inizialmente asciuttoe meticoloso nella restituzione dei dettagli e delle forme, per divenire piùmorbido e rotondo sotto l’influenza di Philip Galle, Hubertus Goltzius edello stesso Rubens. Cfr. F. Debaisieux, a cura di, Michel Lasne: Caen, vers1590 - Paris, 1667, illustrateur de son temps, catalogo della mostra, Hôteld’Escoville, Caen 1967; M. Bryan, Dictionary of painters & engravers, vol.II, George Bell and Sons, Londra 1889, p. 22; G. Duplessis, Histoire de lagravure en France, Rapilly, Parigi 1861, p. 124.3 Cfr. A. Mayer-Deutsch, ‘Quasi-Optical Palingenesis’. The Circulation ofPortraits and the Image of Kircher, in P. Findlen, a cura di, “AthanasiusKircher: the last man who knew everything”, Routledge, Londra 2004,pp.105-129; P. Kathke, Porträt und Accessoire: Eine Bildnisform im 16.Jahrhundert, Reimer, Berlino 1997.4 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, Parigi 1646, Libro I, pp. 94-97. Lasezione sui solidi stellati non appare ne La Perspective curieuse (Parigi1638). Sulle influenze del trattato di W. Jamnitzer (Norimberga 1568) sulThaumaturgus opticus si rimanda a: A. Flocon, Jamnitzer: Orfebre del rigorsensible, in W. Jamnitzer, “Perspectiva corporun regolarium”, Siruela,Madrid 2006.5 Cfr. C. De Seta, a cura di, Imago urbis Romae: l’immagine di Roma in etàmoderna, Electa, Milano 2005, pp. 28-29. 6 Cfr. G.B. Falda, Il Nuovo Teatro delle fabriche, et edificii, in prospettivadi Roma moderna…, 3 Libri, Gio. Iacomo Rossi, Roma 1665–1669; III,1669, pl. 73. 7 P. Julien ritiene che il ritratto di Padre E. Maignan, eseguito da Jean Michel,per la fondamentale biografia redatta da P.J. Saguens (De vita, moribus etscriptis R.Patris Emanuelis Maignani, Tolasatis, Mathematici praestantis-simi elogium, Tolosa 1697) sia stato modellato su quello di J. F. Niceron,inciso da Lasne: infatti esistono prove – ad esempio il paffuto busto scolpitoda Marc Arcis e conservato presso la galleria degli Illustres célébrant lesGrands de l’histoire de Toulouse – che la fisionomia di Maignan fosse af-fatto diversa da quella affidata ai posteri dalla ritrattistica ufficiale. Le tur-bolenti vicissitudini teologiche e private, che videro coinvolto PadreMaignan nell’ultima parte della sua vita, suggerirono al Saguens di adottareuno stile rappresentativo più austero e quaresimale per l’immagine ufficialedi Maignan, trovando proprio in quella di Niceron una fonte di ispirazionepiù consona alle sue esigenze agiografiche. Cfr. P. Julien, Anamorphoses etvision miraculeuses du Père Maignan (1602-1676), in “MEFRIM:Mélanges de l’École française de Rome. Italie et mediterranée”, t. 117, 1,École française de Rome, Roma 2005, pp. 64-71.8 Le scarne informazioni biografiche sulla vita di J. F. Niceron sono ricavateda: P. J. S. Withmore, The Order of Minims in Seventeenth-Century France,Springer, L’Aja 1967, pp. 155-162; G.M. Roberti, Disegno storico dell’Or-dine dei Minimi, 3 voll., Tip. Poliglotta, Roma 1902, 1908 e 1920; Corre-spondance de Mersenne, VIII-XII, con una breve biografia in X, p. 811;J.-P. Niceron, Mémoires pour servir à l’histoire des hommes illustres dansla république des lettres, avec un catalogue raisonné de leurs ouvrages,

tomo VII, Parigi 1729, pp. 153-156 (ristampa Ginevra, Slatkine 1971, pp.681-682) con un’aggiunta nel tomo X, Parigi 1730, pp. 175-176; J.-F.Bastien, Anecdotes des beaux-arts: contenant tout ce que la peinture, lasculpture, la gravure, l’architecture, la littérature, la musique…, tomo I,Parigi 1776, pp. 68-69; T. Curtis, a cura di, The London encyclopaedia: orUniversal dictionary of science, art, literature, and practical mechanics,comprising a popular view of the present state of knowledge…, vol. XV,Londra 1829, p. 652; J. Porcher, Le livre de raison de la famille Niceron, in“Bibliothèque de l’école des chartes”, tomo 103, Parigi 1942, pp. 334-335;M. Mahoney, voce Niceron, in “The Dictionary of Scientific Biography”,18 voll., New York, 1970-90, vol. 10, 1974, pp. 103-104; L. G. Michaud,voce Niceron, in “Biographie universelle ancienne et moderne, ou, Histoire,par ordre alphabétique…”, vol. 31, Parigi 1822, pp. 216-217; F. De Boni,voce Niceron, in “Biografia degli artisti: Volume unico”, Venezia 1840, p.704; voce Niceron, in F. Hoefer, a cura di, “Nouvelle biographie universellegénérale, publiée sous la direction de m. le dr. Hoefer”, vol. 37, Parigi 1863,p. 621; voce Niceron, in A.-H. Paulian, a cura di, “Dictionnaire DePhysique”, Volume 2, Avignone 1761, p. 619; F. Liceti, De quaesitis perepistolas a claris viris responsa…, 7 voll., Bologna e Udine, 1640-50, vol.III, 1646, pp. 225-228 (lettera di Niceron a Gabriel Naudé, Lione, 15 mag-gio 1645).9 Cfr. E. Duminy, Le College de Nevers, 1521-1860, Parigi 1907 (ristampaanastatica, Whitefish, MT 2010).10 Cfr. A. J. Crosnier, Les congrégations religieuses dans le diocèse de Nev-ers, Parigi 1877-1881, pp. 512-515. In più riferimenti biografici si legge cheNiceron, durante il suo soggiorno presso il collegio di Nevers, avrebbesvolto i suoi studi sotto la guida di Padre Mersenne che ne riconobbe le pre-coci doti intuitive in campo matematico. In realtà, Mersenne ritornò a Parigida Nevers nel 1619, quando Niceron aveva solo sei anni. Cfr. N. Malcolm,Aspects of Hobbes, Oxford University Press, Oxford 2004, p. 211. Si vedaanche R. Lenoble, Mersenne ou la naissance du mécanisme, Vrin, Parigi1943, pp. 22-23.11 Si tratta del convento costruito sulla magione – chiamata Nigeon – in cuiAnna di Bretagna, nel 1491, ospitò un primo nucleo di Frati Minimi. Lachiesa conventuale fu inaugurata nel 1578. Cfr. P. Hélyot, M. Bullot, His-toire des ordres monastiques, religieux et militairies.., Parigi 1718. L’ampiasezione dedicata alla storia dell’Ordine dei Minimi va da p. 426 a p. 452. Siveda anche: A. L. d’Harmonville, Dizionario delle date, dei fatti, luoghi eduomini storici..., Venezia 1845, Volume 4, p. 593; O. Krakovitch, La vie in-tellectuelle dans les trois couvents minimes de la place Royale, de Nigeonet de Vincennes, in “Bulletin de la Société de l’Histoire de Paris et de L’Ilede France”, n° 109, Parigi 1982; P. Benoist, A. Vauchez, Saint François dePaule et les Minimes en France de la fin du XVe au XVIIIe siècle, Pressesuniversitaires de François Rabelais, Tours 2010.12 Si veda R. Thuillier, Diarium patrum, fratrum et sororum ordinis mini-morum provinciae Franciae sive Parisiensis, qui religiose obierunt ab anno1506 ad annum 1700, 2 voll., Parigi 1709 (ristampa anastatica: Slatkine Re-prints, Ginevra 1972), vol. I, pp. 141-142; vol. II, pp. 143-144.13 Cfr. Conclusion Capitulaire faites au couvent de Paris de 1612 à 1643,LL 1564 Archives Nationales, Parigi, f° 71r. Si veda anche: J. Porcher, Lelivre de raison de la famille Niceron, cit. La livre – introdotta da CarloMagno come unità monetaria equivalente alla libbra di argento – è stata lavaluta francese fino al 1795, quando fu sostituita dal franco germinale. Cfr.J. Belaubre, Dictionnaire de Numismatique médiévale occidentale, Léopardd’Or, Parigi 1996. 14 Vigesima-Quinta Die: “Joannes Niceron, Parisinus, Joannis-Francisci viriexcellentis ingenii patruus, cum à juventute in bonis litteris educatus esset,meliorem tamen aetatis partem apud Mercatorem contrivit. Verùm accedentevocatione Religiosâ, non solùm in eo revixit prioris litteraturæ certa recor-datio, sed etiam inditus est ei spiritus quidam Apostolicus, & ope illius cul-

turæ, quam fuis impertit Religio, vigor etiam veluti divinus, quo istigantefactus est concioni bus ad populum habendis aptissimus, ut nemini coæta-norum in hoc ministerio cederet, sed & expertus ad audiendas Confessionesquorumcumque accedentium. Qod ex eo compertum fuit, quôd vix quis-quam inveniretur ad snodando casus coscientiæ, qui pro more Religionis inpublicum proponuntur, eo habilior & eruditior. His igitur in ministeriis, pe-regit ætatem cum ingenti beneficio Religionis, ac profectu suo, suìque no-minis laude & gloriâ, donec ad exitum perducta est, ad quem non modo secomparavit maturè, susceptis Ecclesiæ omnibus Sacramentis, sed præsentiquoque animo, valente judicio, & integris sensibus obit Parisiis anno Chri-stiano 1637. Ætatis suæ 55. À sancta Professione 30. 8. Calendas Februarii.”Cfr. R. Thuillier, Diarum Patrum, Fratrum et Sororum ordinis MinimorumProvinciæ Franciæ sive Parisiensis qui religiose obierunt ad Anno 1506 adAnnum 1700, I-II, Parisiis, MDCCIX, I, pp.41-42. Il pronipote di Jean Fran-çois Niceron sarà poi il celebre Jean-Pierre Niceron (1685–1738), lessico-grafo francese, formatosi presso il Collège Mazarin, che si unì allacompagnia dei Barnabiti nell’agosto 1702. Insegnò retorica presso il colle-gio di Loches, e successivamente a Montargis, ove rimase dieci anni. Dopoaver condotto alcuni importanti studi sui linguaggi moderni, si trasferì a Pa-rigi, nel 1716, dedicandosi alla sua opera letteraria più importante, una seriedi articoli bio- e biblio-grafici, raccolti in un compendio ragionato, degli uo-mini che si erano maggiormente distinti in campo artistico e scientifico apartire dal Rinascimento. Il primo volume di questa monumentale impresa,intitolata Mémoires pour servir à l’histoire des hommes illustres de la ré-publique des lettres avec le catalogue raisonné de leurs ouvrages (Parigi1727), fu pubblicato dopo 11 anni, mentre i successivi 38 volumi furonodati alle stampe tra il 1728 il 1738. L’ultimo tomo della serie fu pubblicatodue anni prima della morte dell’autore (Parigi, 1740). Padre Oudin, J.-B.Michauld, e Abbé Goujet aggiunsero in seguito altri tre volumi postumi allacollezione.15 Sulla vita di San Francesco di Paola e sulla storia dell’Ordine dei Minimisi rimanda a: G. F. Fontana, Storia degli Ordini Monastici, Religiosi e Mil-itari e della Congr. secolari... con la vita de’ loro fondatori e reformatori,tomo VII, G. Salani, Lucca 1739, pp. 437-465; G. Roberti, S. Francesco diPaola fondatore dell’Ordine dei Minimi (1416-1507). Storia della sua vita,F.lli Tempesta, Roma 1963; Id., Disegno storico dell’Ordine dei Minimi,cit.; A. Galuzzi, Origini dell’Ordine dei Minimi, Pontificia Università Late-renense/Curia Generalizia dell’Ordine dei Minim, Roma 1967; G. FioriniMorosini, Il carisma penitenziale di S. Francesco di Paola e dell’Ordinedei Minimi. Storia e spiritualità, Bibliotheca Minima 3, Roma 2000.16 Il convento era sito nel 3e arrondissement di Parigi, tra rue de Turenne erue des Tournelles. La sua costruzione fu quasi contemporanea a quella diPlace Royale (1607), l’attuale Place des Vosges. Realizzato parzialmentesui giardini della Maison Royale des Tournelles, consisteva di una chiostro(distrutto totalmente nel 1912), di un refettorio e di una biblioteca con piùdi ventimila volumi e manoscritti. Fu chiuso durante la Rivoluzione francese(1791), mentre nel 1805 venne distrutta l’annessa chiesa conventuale e laparte occidentale del chiostro, edificato in aderenza con essa solo dopo lamorte di Niceron. Nel 1823 divenne sede di una caserma di gendarmeria,venendo ricostruito nel 1925. Dell’originario edifico sopravvivono partedella facciata (che ingloba tracce dell’antica cappella) in rue des Minimesn°9, e una scala seicentesca. L’immagine che più fedelmente ne restituiscele fattezze risalenti alla prima metà del XVII sec. è contenuta nella vedutaredatta, nel 1652, da Jacques Gomboust (*-1668?). Cfr. O. Krakovitch, Lecouvent des Minimes de la Place-Royale, in “Paris et Ile-de-France-Mé-moires”, tome 30, Klincksieck, Parigi 1981; O. Krakovitch, L’architecturedes trois couvents des Minimes de la Place-Royale, in P. Benoist, A.Vauchez, Saint François de Paule et les Minimes en France de la fin duXVe au XVIIIe siècle, cit., pp. 229-248; Y. Christ, P. Siguret, J. S. de Sacy, acura di, Le Marais, Andre Balland, Parigi 1964.

17 Un analogo percorso fu seguito, pochi anni dopo Niceron, dal BeatoNicola Barré (1621-1686), celebre teologo, soprattutto noto come direttoredella preziosa biblioteca del convento di Place Royale (1653-1657). Cfr. B.Flourez, Better than light: Nicolas Barré 1621-1686, Angsana Books, Sin-gapore 1994.18 Cfr. J.-P. Niceron, Mémoires pour servir à l’histoire des hommes illus-tres…, tomo X, Parigi 1730, p. 175. Jacques d’Auzoles (1571-1642), Sieurde La Peyre, dopo i suoi studi parigini, divenne segretario particolare delduca di Montpensier. Si dedicò ad approfondire le ricerche nel campo dellacronologia, area di indagine inaugurata da Joseph Justus Scaliger (1540-1609). Rispetto al suo predecessore, che ammetteva anche fonti esterne alleSacre Scritture per la ricostruzione della storia del mondo, d’Auzoles si mo-strò più conservatore facendo ricorso solo a quanto certificato dall’autoritàdella Chiesa Cattolica. Nel 1633 pubblicò l’Eclaircissements chronologiquesa cui il suo oppositore più accanito, il teologo gesuita Denis Petau (latinizz.Dionysius Petavius) (1583-1652), rispose con la pubblicazione della Pierrede touche chronologique (1636), in cui concludeva di avere perso troppotempo in inutili battaglie teoriche con il celebre collega, e di lasciare campolibero alle conclusioni di quest’ultimo. A tale ritirata strategica dell’avver-sario di una vita, Jacques d’Auzoles rispose con la pubblicazione del celebreMercure charitable, ou contre-touche pour désempierrer le P. Petau (1638),al qual però non seguì più alcuno scritto polemico dell’erudito teologo fran-cese. Nonostante l’evidente presenza di errori e refusi nelle ricostruzionicronologiche della storia umana, le opere di Jacques d’Auzoles furono po-sitivamente giudicate, tra gli altri, da Padre Mersenne, dal carmelitano Tom-maso d’Aquino di San Giuseppe, dai gesuiti Mambrun e Labbe e, nonultimo, dal Vescovo di Rouen, François de Harlay, che gli elargì un generosovitalizio per diversi anni. D’Auzoles era fautore di una ipotesi di riformadel calendario, consistente prevalentemente nella riduzione dell’anno da 365a 364 giorni in modo che potesse iniziare la Domenica e terminare il Sabato.Cfr. Ad vocem: Jacques d’Auzoles, in L.-G. Michaud, a cura di, “Biographieuniverselle, ancienne et moderne, ou Histoire, par ordre alphabétique, de lavie publique et privée de tous les hommes…”, vol. 56, Parigi 1834, pp. 585-586. Si veda anche A. Hamilton, The Apocryphal Apocalypse: the receptionof the second book of Esdras (4 Ezra) from the Renaissance to the Enligh-tenment, Oxford University Press, Oxford 1999, p. 101.19 Cfr. J. d’Auzoles de Lapeyre, Le Mercure charitable, ou contre-touche etsouverain remède pour desempierrer le R. P. Petau, jésuite d’Orléans,depuis peu métamorphosé en fausse pierre-de-touche, par Jacques d’Au-zoles Lapeyre…, in-fol., Parigi, G. Alliot, 1638. L’anamorfosi catottrica èriprodotta alla p. 73.20 L’iscrizione, riportata sul verso del ritratto anamorfico, attribuisce l’operadirettamente a Niceron, il quale l’avrebbe eseguita nel 1636 (cfr. J. d’Au-zoles de Lapeyre, Le Mercure charitable…, cit., p. 74). Ma è lo stessoLapeyre a precisare che il ritratto fu eseguito originariamente dal Frate min-imo all’età di 18 anni (p. 72), quand’era ancora un novizio. Con tutta prob-abilità l’iscrizione si riferisce ad una sua seconda versione realizzata perl’incisore. Cfr. N. Malcolm, Aspects of Hobbes, cit., p. 212.21 Si veda anche J. Duportal, Études sur le livres à figures éditées en Francede 1601 à 1660, Parigi 1914, p. 303. L’incisione è oggi conservata nei fondiprivati della famiglia d’Auzolles, originaria di Neussargues-Moissac, pressogli Archives Départementales du Cantal (1 J 606).22 F.-C. Baitinger, L’esprit du portrait ou le portrait de l’esprit/Etude d’unportrait en anamorphose de Jacques d’Auzoles par le père J-F Niceron, in“Lampe-tempête”, n°1, le silence de l’expérience, Novembre 2006, s.i.p. Siveda anche H. Knecht, Le Fonctionnement de la science baroque: le ra-tionnel et le merveilleux, in “Baroque”, 12 , 1987, pp. 53-70,23 Ibidem.24 Cfr. Platone, Il Sofista, Firenze 1952, a cura di V. Arangio-Ruiz, Laterza,Bari 1951, p. 79. Per una completa disamina dei passi in oggetto, sub-specie

69

prospettica, si rimanda a R. Bianchi-Bandinelli, Osservazioni storico-artis-tiche ad un passo del ‘Sofista’ platonico, in “Miscellanea in onore di U. E.Paoli”, Le Monnier, Firenze 1955 (ripubblicato in R. Bianchi-Bandinelli,Archeologia e Cultura, Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli 1961).Si vedano anche: M. P. Schuhl, Platon et l’art de son temps (Artes plas-tiques), Press Universitaires De France, Parigi 1952; M. H. Pirenne, Le loisde l’optique et la liberté de l’artiste, in “Journall de psychologie normale etpathologique”, n°60, 1963.25 A. Vallejo Campos, Le immagini del Bene e la Vita interiore dell’Anima,in M. Migliori, L. M. Napolitano Valditara, A. Fermani, a cura di, “Interio-rità e anima: la psychè in Platone”, Vita & Pensiero, Milano 2007, p. 331.26 F.-C. Baitinger, L’esprit du portrait ou le portrait de l’esprit, cit.27 Cfr. G. Rodis-Lewis, Cartesio. Una biografia, Editori Riuniti, Roma 1997.28 Cfr. A. Franklin, Les Anciennes bibliothèques de Paris, Parigi 1870, pp.323-335. Dalle analisi dei registri conventuali, Odille Krakovitch concludeche, grazie all’opera congiunta di Mersenne e Niceron, la Biblioteca di PlaceRoyale contava ben 500 libri di matematica, 422 di geografia e quasi 700volumi di medicina. Cfr. O. Krakovitch, La vie intellectuelle dans les troiscouvents minimes de la place Royale, de Nigeon et de Vincennes, cit., p. 82. 29 Cfr. O. Krakovitch, La vie intellectuelle dans les trois couvents minimesde la place Royale, de Nigeon et de Vincennes, cit., pp. 62 sgg.30 Marin Mersenne, teologo, matematico e filosofo francese, studiò pressoil collegio gesuita di La Flèche, entrando nell’Ordine dei Minimi nel 1611.Insegnò a Nevers e a Parigi, nel celebre convento di Place Royale. Fu quiche, assecondando una sua personale inclinazione multidisciplinare per glistudi scientifici, favorì l’incontro dei maggiori studiosi presenti nella capitalefrancese – N.-C. Fabri de Peiresc, R. Descartes, P. Gassendi, P. Fermat, B.Pascal, T. Hobbes, etc. –, stimolandone il confronto e avviando un serio di-battito critico sulla scienza moderna. Il cenacolo che si riuniva intorno allasua persona era noto con il nome di Academia Parisiensis. Padre Mersenneebbe anche il merito di mantenere una fitta corrispondenza in latino con imaggiori scienziati d’Europa (raccolta in ben 17 volumi, editi da C. deWaard e A. Beaulieu fra il 1945 e il 1988), divenendo in breve punto di rifer-imento obbligato per l’esame delle nuove scoperte in ambito matematico efisico e per la loro condivisione nella comunità scientifica della prima metàdel XVII secolo. Alle prime opere di carattere teologico e apologetico, indifesa della filosofia aristotelico-scolastica, ne seguirono altre più dichiarata-mente orientate ad avvalorare il nuovo approccio scientifico di improntameccanicistica. Fu anche traduttore in francese di alcuni lavori di GalieloGalilei (oltre che suo corrispondente e amico), e segnatamente della Mec-canica e di un compendio del Dialogo dei massimi sistemi (Nouvelles pen-sées de Galilei, 1639). Il suo nome resta legato agli studi sull’armoniamusicale – Questions harmoniques (1634) e Harmonicorum libri XII (1635e 1648) – e ai cosiddetti numeri primi di Mersenne. L’opera fondamentalesulla sua vita e le sue opere resta quella di H. de Coste, La vie du R. P. MarinMersenne, théologien, philosophe et mathématicien, de l’Ordre des PèresMinimes, par F. H. D. C. [Frère Hilarion de Coste], religieux du mesmeOrdre. A Paris, chez Sebastien Cramoisy et Gabriel Cramoisy, MDCLIX,in-12°, Parigi 1649. Si vedano anche: J.-P. Maury, À l’origine de larecherche scientifique: Marin Mersenne, Vuibert, Parigi 2003; A. Beaulieu,Mersenne: le grand minime, Diff. les Belles lettres, Parigi 1995; Id., Legroupe de Mersenne, in M. Bucciantini, M. Torrini, a cura di, “Geometria eAtomismo nella Scuola Galileiana”, Leo S. Olschki, Firenze 1992, pp. 17-34.31 Naturalmente, Mersenne dovette ottenere una dispensa per potere studiarenella sua cella conventuale e ricevere persone estranee all’Ordine. Cfr. O.Krakovitch, La vie intellectuelle dans les trois couvents minimes de la placeRoyale, de Nigeon et de Vincennes, cit., p. 56. Non è stato mai chiarito daibiografi e dagli storici in che periodo e dove sia avvenuto il primo incontrotra Mersenne e Descartes. Entrambi studiarono presso il Collegio Gesuita

di La Flèche, ma in tempi differenti, essendo di otto anni la differenza fraloro: il primo vi entrò nel 1604, lasciandolo nel 1609 (cfr. P. Dear, Mersenneand the Learning of the Schools, Yale University press, Ithaca e Londra1988, pp.12-14); il secondo vi fece il suo ingresso nel 1606, per u-scirne nel1614 (cfr. J. Cottingham, Descartes, Oxford University Press, Oxford 1986,pp. 8-9). Adrian Baillet, primo biografo di Descartes, precisa che l’amiciziatra i due ebbe modo di irrobustirsi anche al di fuori del collegio, segnata-mente nel convento parigino dei Minimi, nell’inverno del 1622-23 – al ri-entro del filosofo dall’Olanda –, e di nuovo dall’estate del 1625 fino al 1628(o all’inizio del 1629) (cfr. Vie de Descartes, 2 voll. 1691), anche se nontutti i biografi concordano sul fatto che Descartes – in sosta a Parigi – viabbia ripetutamente soggiornato.32 F-C. Baitinger, L’esprit du portrait ou le portrait de l’esprit, cit., s.i.p.33 Ibidem.34 Ibidem.35 Cfr. A. Tagliapietra, La metafora dello specchio. Lineamenti per una sto-ria simbolica, Feltrinelli, Milano 1991 (2ª ed. Bollati Boringhieri, Torino2008).36 Cfr. F. Siguret, L’oeil surpris. Perception et représentation dal la 1ère moitédu XVIIe siècle, Klincksieck, Parigi 1993, p. 191.37 J. d’Auzoles de Lapeyre, Le Mercure charitable, cit., pp. 72-73: “spiritostraordinario e uomo molto istruito (se vogliamo così definirlo uomo,avendo solo circa diciotto anni), in tutto ciò che concerne l’ottica; a questospirito gentile, almeno questo ho pensato, gli venne in mente di fare il mioritratto con la figura seguente, che sembra più un mostro che un uomo, mal’applicazione di un cilindro sul cerchio che è lì contrassegnato mi rappre-senta così bene in maniera spontanea, da divenire un ritratto molto piùsomigliante a me.”38 P. J. S. Withmore, The Order of Minims in Seventeenth-Century France,cit., p. 156.39 La datazione ufficiale di questi esemplari proposta dagli storici è statadesunta dal fatto che quelle anamorfosi catottriche appaiono come fisicatraduzione (ovvero, precoce anticipazione) di quelle presenti nelle tavole deLa Perspective curieuse, edita a Parigi nel 1638.40 Nn. di inventario: 1953, 1954, 1955, 1956. Cfr. F. Camerota, a cura di,Nel segno di Masaccio. L’invenzione della prospettiva, Giunti, Firenze 2001,p. 180. Nel catalogo della mostra dedicata alle anamorfosi, tenutasi a Pariginel 1976, le opere catottriche niceroniane vengono descritte come segue:Louis XIII en prière,‘la pieté du roi’; Portrait de Louis XIII, d’après SimonVouët; Saint-François de Paule, d’après Simon Vouët; Couple et entremet-teuse (Anamorphoses cylindrique, toile, 650 x 67 cm.; Galleria Nazionaledell’Arte Antica, Palazzo Corsini, Roma). Cfr. Anamorphoses: chasse a tra-vers les collections du musée, catalogo della mostra, Musée des Arts Déco-ratifs, M. DuMont Schauberg, Parigi 1976.41 Cfr. J. Bousquet, Recherches sur le séjour des peintres français à Romeau XVIIème siècle, ALPHA, Association languedocienne pour la promotionde l’histoire de l’art, Montpellier 1980, p. 141.42 In merito si veda: M. A. Lavin, Seventeenth-Century Barberini Documentsand Inventories of Art, New York University Press, New York 1975, pp. 87e 107.43 Cfr. I. Lauro, Borromini e la Roma antica, in Ch. L. Frommel, E. Sladek,a cura di , “Francesco Borromini e l’universo barocco”, Electa, Milano 2000,pp. 284-296.44 Cfr. L. Mochi Onori, R. Vodret Adamo, La Galleria Nazionale d’Arte An-tica: regesto delle didascalie, Palombi, Roma 1989, pp. 112-114; Id., Gal-leria nazionale d’arte antica. Palazzo Barberini. I dipinti. Catalogosistematico, L’Erma di Bretschneider, Firenze 2007, p. 296.45 Cfr. K. Andersen, The mathematical treatment of anamorphoses fromPiero della Francesca to Niceron, in “History of Mathematics: States of theArt-Studies in Honor of Christoph J. Scriba”, a cura di J. W. Dauben, M.

70

Folkerts, E. Knobloch e H. Wussing, 3-28, Academic Press, San Diego 1996.46 Per una storia delle ‘proiezioni ortogonali’ si rimanda il lettore a: G. Loria,Storia della geometria Descrittiva, Ulrico Hoepli, Milano 1921; F. Amodeo,Il primo sviluppo scientifico della prospettiva atrofizzò lo sviluppo delladescrittiva, in “Atti dell’Accademia Pontaniana”, vol. LXVII, Napoli 1932;K. Andersen, Perspective and the plan and elevation technique, in particularin the work by Piero della Francesca, in “Amphora. Festschrift für HansWussing, S.S. Demidov, M. Folkerts, D.E. Rowe and C.J. Scriba”, Basilea1992; J. Sakarovitch, Epures d’architetcture. De la coupe de pierres à lagéométrie descriptive XVI-XIX siècles, Birkhäuser, Basilea-Boston-Berlino1998; A. De Rosa, A. Sgrosso; A. Giordano, La geometria nell’immagine.Storia dei metodi di rappresentazione, Vol. 3: A. Giordano, Dal secolo deilumi all’epoca attuale, Utet, Torino 200147 Cfr. G. Füsslin, E. Hentze, Anamorphosen, Füsslin Verlag, Stoccarda1999; J. De Meyere, H. Weijima, Anamorfosen. Kunst met een omweg, Ara-mith, Bloemandaal 1989.48 Cfr. Annales de l’Ordre des religieux Minimes, et en parliculier de la pro-vince de France ... et du couvent des Minimes de Paris ou de la PIaceRoyale, par le fr. J. F. D. R. M. Paris, MDCCLVIII, Bibliothèque nationalede France (BnF), Parigi, ms. fr. 23126, p. 157.49 Cfr. Conclusion Capitulaire faites au couvent de Paris de 1612 à 1643,Archives Nationale, LL 1564 Parigi, f. 91v.50 Cfr. ivi, p. 155. Il testo fa riferimento all’unità di peso allora vigente, lalivre de poids de marc che equivaleva a 489,5gr.51 Il titolo per esteso recita: Perspective curieuse ou magie artificielle deseffets merveilleux. De l’Optique par la vision directe; la Catoptrique par lareflexion des miroirs plats, Cilindriques & Coniques; la Dioptrique par larefraction des Cristaux. Dans la quelle, autre un abregé et méthode generalede la Perspective comune, reduite en pratique sur les cinques corps reg-ulièrs, est ancore enseignée la façon de faire et construire toutes sortes desfigures difformes qui estant veues de leur point paroissent dans une justeproportion, le tout par des pratiques si familières que les moins versée enla géométrie s’en pourron faire servir avec le seul compas et la règle… Ovretrès-utile aux Peintres, Architects, Graveurs, Sculpteurs et touts autres quise servent du dessein en leurs ouvrages. Par le Père F.J.N. Parisien de l’or-dre des Minimes. A Paris MDCXXXVI. Il lunghissimo titolo fu successiva-mente abbreviato (La Perspective curieuse du Révérend P.Niceron minime,divisé en quatre livres. Avec l’optique et la cotoptrique du R.P.Mersenne dumême ordre, mise en lumière après la mort de l’autor. Oeuvre très-utile auxpeintres, architectes, sculpteurs, graveurs, et à tous autres qui se mêlent dudessin, Paris M.DC.LXIII) nell’edizione del 1652 – edita da F. Langlois –,basata però sulla versione latina del 1646, curata da Padre Mersenne. Un’al-tra edizione, sempre in francese e pubblicata a Parigi (edita da Jean Dupuis),risale al 1663. Cfr. L. Vagnetti, De naturali et artificiali perspectiva, LibreriaEditrice Fiorentina, Firenze 1979, pp. 391-393. Le edizioni successive aquella del 1638 presentano evidenti integrazioni operate prima dal Con-fratello Mersenne, e poi dal curatore ed editore Roberval, prelevate dall’edi-zione postuma del Thaumaturgus opticus (Parigi 1646). Sulle varie edizionidel trattato, si veda più avanti e anche il saggio di A. De Rosa, I trattati diJean François Niceron, in questo stesso volume.52 Giorgio (o Gregorio, secondo alcuni) Bolognetti, nacque a Roma il 22dicembre 1595 e il 23 settembre 1630 fu creato vescovo di Ascoli Satriano– comune oggi in provincia di Foggia (Puglia) – da Urbano VIII. Lo stessoPontefice lo inviò come Nunzio Apostolico prima (1631) presso FerdinandoII Granduca di Toscana e poi (1634) presso la corte di Luigi XIII, Re diFrancia. Il Bolognetti cessò dalla nunziatura di Parigi il 1639, facendo ri-torno in Italia e venendo trasferito alla diocesi di Rieti, della quale prese ef-fettivamente possesso al suo ritorno dalla Francia. Rientrò a Roma nel 1660dove morì nel gennaio del 1686. Cfr. Memoria Diocesis Asculi Satriani eteiusdem dioecesis series Episcoporum ueque an annum 1853, n. LXX, Anno

1630, Napoli 1853, p. 147; Cronotassi Iconografica ed Araldica dell’epis-copato Pugliese, a cura dell’Unione Regionale dei Centri di RicercheStoriche, Artistiche etc. di Puglia, ed. Regione Puglia, Bari 1984, p. 98; F.Ughelli, N. Coleti, Italia sacra, I, Venezia 1717, col. 1216; VIII, ibid. 1721,coll. 136 s.53 Come vedremo più avanti, i quattro libri in cui è suddivisa La Perspectivecurieuse sono, nell’ordine, dedicati: il Libro I ai princìpi prospettici generali,alla loro applicazione ai cinque poliedri regolari platonici e a qualche altrosolido; il Libro II all’anamorfosi piana e alla descrizione di un prospettografochiamato Instrument Catholique (poi Scenographum Catholicum nell’edi-zione del 1646; cfr. infra); il Libro III alla catottrica e alle anamorfosi di ri-flessione; il Libro IV alla diottrica e alle sue applicazioni anamorfiche. Cfr.L. Vagnetti, De naturali et artificiali perspectiva, cit. pp. 392-393.54 Il frontespizio fu invece inciso da Pierre Daret de Cazeneuve (1604-1678).Cfr. ad vocem: DARET DE CAZENEUVE, Pierre, in M. Bryan, “Bryan’sDictionary of Painters and Engravers”, a cura di R. E. Graves e Sir W. Arm-strong, Londra 1903, vol. II, p. 11.55 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, Parigi 1638, p. 90. Molti studiosicontemporanei si sono espressi favorevolmente circa l’opera trattatistica diNiceron, eccezion fatta per il parere blandamente negativo di Sir CharlesCavendish, rintracciabile in due lettere della fine del 1644, indirizzate a JohnPell, nelle quali l’autore rinviene dei palesi errori ne La Perspective curieusedi Niceron, definito come “vainglorious man.” Cfr. M. Mersenne, Corre-spondance, cit., t. XIII, pp. 227-229 e 250.56 Sulla questione dei ‘punti di distanza’ nell’opera di J. F. Niceron si ri-manda a: L. Massey, Anamorphosis Through Descartes or Perspective GoneAwry, in “Renaissance Quarterly”, Vol. 50, n° 4, Inverno, 1997; Id., Jean-François Niceron, Emanuel Maignan, and the anamorphic challenge toCartesianism, in “Renaissance news and notes”, vol. 10, no. 1, Inverno/Pri-mavera 1998; Id., Configuring Spatial Ambiguity: Picturing the DistancePoint from Alberti to Anamorphosis, in L. Massey, a cura di, “The Treatiseon Perspective: Published and Unpublished”, Yale University Press, NewHaven e Londra 2003. Più in generale, si veda: R. Klein, La forma e l’intel-ligibile. Scritti sul Rinascimento e l’arte moderna, Einaudi, Torino 1975; A.De Rosa, A. Sgrosso; A. Giordano, La geometria nell’immagine. Storia deimetodi di rappresentazione, Vol. 2: A. Sgrosso, Rinascimento e Barocco,Utet, Torino 2001; M. Kemp, La scienza dell’arte. Prospettiva e percezionevisiva da Brunelleschi a Seurat, Giunti, Firenze 2003; F. Camerota, La pro-spettiva del Rinascimento. Arte, architettura, scienza, Electa, Milano 2006;K. Andersen, The Geometry of an Art, The History of the Mathematical.Theory of Perspective from Alberti to Monge, Springer, Berlino 2007.57 J. Cousin, Traité de perspective, Pargi 1560; J. Barozzi detto il Vignola,Le due Regole della Prospettiva Pratica (redatto 1530 e il 1545) pubblicatopostumo da Egantio Danti, nel 1583, con l’aggiunta dei suoi Commentari;S. de Caus, La perspective avec la raison des ombres et miroirs, par S.D.C.ingenieur du sérénissime prince de Galles, Londra 1612.58 Lo studio delle teoria delle ombre non è contemplato nel piano editorialede La Perspective curieuse, trovando spazio (un’intera appendice) invecenella successiva edizione latina del Thaumaturgus opticus. In merito, si vedail saggio di F. Bergamo (Skiagrafia, cosmologia kepleriana e anamorfosidell’umano. Sull’Appendice sulla Luce e le Ombre nel Thaumaturgus opti-cus) nel presente volume. Cfr. A. De Rosa, Geometrie dell’ombra. Storia esimbolismo della teoria delle ombre, Utet/Città Studi, Milano 1997.59 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 50.60 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit. Preface et advertissement auLecteur, s.i.p.61 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., Libro II. Si veda, in merito, ilsaggio si C. Monteleone (De proiectionis in planis obliquis: il Secondo Librode La Perspective curieuse e del Thaumaturgus opticus, tra vocazione pra-tica e regole scientifiche) in questo libro.

71

62 Cfr. G. B. della Porta, Magia Naturalis, libri XX, Napoli 1589. Si vedanoanche: J.H. Hammond, The camera oscura. A chronicle, Hilger, Bristol1981; D. Pesenti Campagnoni, Verso il cinema. Macchine, spettacoli emirabili visioni, UTET Università, Torino 1995.63 Cfr. F. Amodeo, Lo sviluppo della Prospettiva in Francia nel secolo XVII,estratto dagli “Atti dell’Accademia Pontaniana”, vol. LXIII, Napoli 1933,pp. 24-25.64 G. Naudé, Apologie pour tous les grands personages faussement soupçon-nez de magie, Parigi 1625, p. 42: “…al Paradiso terrestre della contem-plazione delle cause. E infine di pervenire a quel più alto grado di felicità,che solo concede all’uomo di abitare questi luoghi tanto lodati da Lucrezio:gli alti spazi sereni, fortificati dalla dottrina dei sapienti.” La citazione in-tertestuale è tratta da T. Lucrezio Caro (De Rerum Natura, Liber II, vv. 1-61, I secolo a.C.; ed. italiana a cura di A. Schiesaro, Einaudi, Torino, 2003):“Ma nulla è più dolce che tenere saldamente gli alti spazi sereni, fortificatidalla dottrina dei sapienti”. Cfr. M. Horowitz, Gabriel Naudé’s Apology forGreat Men Suspected of Magic: Variations in Editions from 1625 to 1715,in “History of Heresy in Early Modern Europe: For, Against, and BeyondPersecution and Toleration”, a cura di J. Laursen, Palgrave, New York 2002,pp. 61-75. Si rammenta che Naudé fu corrispondente di Niceron, probabil-mente conosciuto a Roma durante il suo lungo soggiorno italiano (1631-42). Cfr. F. Liceti, De quaesitis per epistolas a claris viris responsa, 7 voll.,Bologna e Udine 1640-50, III, pp. 225-228.65 Cfr. B. Pereyra, Benedicti Pererii Valentini Adversus fallaces & supersti-tiosas artes, id est de Magia, de observatione somniorum & de divinationeastrologica libri tres, Lugduni (Lione) 1592, p. 93. Si veda anche J.-V. Blan-chard, L’optique du discours au XVIIe sieècle: de la rhétorique des jésuitesau style de la raison moderne, Presses de l’Université Laval, Sainte-Foy(Québec) 2005, p. 28.66 C. Grimaldi, Dissertazione in cui si investiga quali sieno le operazioniche dependono dalla magia diabolica, e qvali qvelle che derivano dallemagie artificiale e naturale, e qual cautela si ha da usare nella malage-volezza di discernerle, a cura di G. Grimaldi, Roma 1751, p. 4. 67 Ivi, p. 39.68 Ibidem. Si veda in merito anche M. Brusatin, Arte della meraviglia, Ei-naudi, Torino 1986, pp. 9 sgg.69 Ivi, pp. 50-51.70 Cfr. C. Chevalley de Buson, L’Ars Magna luci et umbrae d’AthanaseKircher: Néoplatonisme, hermétisme et ‘Nouvelle Philosophie’, 1987, in“Le discours scientifique du baroque”, a cura di F. Courtès, Montauban,Cocagne, 1987, pp. 95-108.71 Sulla diffusione dei giochi ottici nell’Europa della prima modernità, siveda: B. M Stafford, F. Terpak, Devices of Wonder: From the World in aBox to Images on a Screen, Getty Publications, Los Angeles, 2001, pp. 184-191. Il testo di Leurechon (pubblicato inizialmente con lo pseudonimo diHenrik van Etten) fu tradotto in latino da Gaspar Ens con il titolo Thauma-turgus mathematicus (Colonia 1636): l’assonanza con il titolo dell’operapostuma niceroniana (Thaumaturgus opticus, Parigi 1646) è evidente, anchese non vi sono prove che il giovane Padre minimo ne abbia tratto diretta-mente ispirazione. Cfr. L. Thorndike, History of Magic and ExperimentalScience, 8 voll., Macmillan, New York 1913-58; volume 12, Kessinger Pu-blishing, Whitefish (MT) 2003, p. 593. 72 Cfr. S. Dupré, M. Korey, Inside the Kunstkammer: the circulation of op-tical knowledge and instruments at the Dresden Court, in “Studies in Historyand Philosophy of Science”, n° 40, 2009, pp. 405-420. Si vedano anche: L.Todaro, Arte metafisica e Wunderkammer, Palombi Editori, Roma 2011; A.Lugli, Wunderkammer, Umberto Allemandi & C., Torino 1997; Id., Natu-ralia et Mirabilia. Il collezionismo enciclopedico nelle Wunderkammernd’Europa, Mazzotta editore, Milano 1993.73 J.-V. Blanchard, L’optique du discours au XVIIe siècle, cit., p. 29.

74 Cfr. Posidonio, Testimonianze e frammenti, a cura di E. Vimercati, Bom-piani, Milano 2004; M. Martin, Posidonio d'Apamea e i Celti. Un viaggia-tore greco in Gallia prima di Cesare, Aracne, Roma 2011.75Cfr. C. Huffman, Archytas of Tarentum: Pythagorean, Philosopher andMathematician King, Cambridge University Press, Cambridge 2010; G.Cambiano, Figure, macchine, sogni: saggi sulla scienza antica, Storia e Let-teratura, Roma 2006.76 La leggenda racconta che Alberto Magno abbi arealizzato un androide inmetallo, legno, cera, vetro, cuoio, capace di parlare e di svolgere la funzionedi servitore presso il monastero domenicano di Colonia. Cfr. M. R. Best, F.H. Brightman, a cura di, The Book of Secrets of Albertus Magnus: Of theVirtues of Herbs, Stones and Certain Beasts, Red Wheel Weiser, Oxford1974; G. Wilms, Sant’Alberto Magno, ESD-Edizioni Studio Domenicano,Bologna 1992; J. Weisheipl, S. Alberto Magno e le scienze, ESD-EdizioniStudio Domenicano, Bologna 1993.77 Cfr. M. Pugliara, Il mirabile e l’artificio. Creature animate e semoventinel mito e nella tecnica degli antichi, L’Erma di Bretschneider (collana Lerovine circolari), Roma 2003.78 R. Descartes, Œuvres complètes, cit., vol. X, Physico-mathematica. Com-pendium musicae. Regulae ad directionem ingenii. Recherche de la vérité.Supplément à la correspondance, 1986, p. 376 (Regula IV). La fonte comuneè desumibile dagli appunti giovanili di Descartes (ivi, Cogitationes privatae,pp. 231-232).79 Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim (1486–1535) alchimista, a-strologo, esoterista e filosofo tedesco, scrisse la sua principale opera, il Deocculta philosophia (Parigi e Anversa 1531), nell’arco di circa venti anni(1510-1530): in essa la magia – ovvero la filosofia occulta di cui al titolo –viene assunta come vera scienza. Essa si articola, nella visione dell’autore,in tre sue discipline: Fisica o Magia naturale – dedicata a mostrare la veraessenza delle cose terrene –; la Matematica o Magia celeste – dedicata asvelare il moto dei corpi celesti –; e la Teologia o Magia cerimoniale – diambito prettamente religioso. Cfr. A. Prost, Les sciences et les arts occultesau XVIe siècle: Corneille Agrippa, sa vie et ses œvres, 2 voll., Pargi 1881-1882; Nieuwkoop 1965.80 Esiste anche il sostantivo ajnamovrfosiı, ‘riformazione’, come il verbo de-rivato ajnamorfovw, ‘formare di nuovo’. Da un punto di vista squisitamenteetimologico, anamorfosi denota anche una particolare classe di trasfor-mazioni biologiche che generano forme sempre più complesse, caratterizzateda una progressiva differenziazione e specializzazione cellulare: segnata-mente, in entomologia lo stesso termine è impiegato per indicare lo sviluppodiretto, senza metamorfosi, di alcuni artropodi (ad esempio, i Proturi), incui si assiste al graduale aumento del numero di segmenti del corpo. Cfr.voce anamorfosi, in “La Piccola Treccani”, vol. I, A-Bars, Roma 1995, pp.435-436; ma soprattutto W. D’Arcy Thompson, Crescita e forma, BollatiBo-ringhieri, Torino 1969. Per altri ragguagli lessicali, si rimanda a: A. DeRosa, G. D’Acunto, La vertigine dello sguardo. Tre saggi sulla rappresen-tazione anamorfica, Cafoscarina, Venezia 2003.81 J. Baltrušaitis, Anamorfosi o Thaumaturgus opticus, Adelphi, Milano1984. (ed. orig. Anamorphoses ou perspective curieuses, Perrin, Parigi1955). Nel presente saggio si fa riferimento alla seconda edizione dell’opera(1990).82 Segnatamente nel III libro dell’opera, initolato De Magia Anamorphotica,sive de arcana imaginum defomatione ac reformatione ex Optices et Catop-trices praescripto, pp. 100-169. 83 Nel testo di Schott è presente un libro dedicato alla Magia anamorfotica.Vedi ad vocem: anamorphosis, in H. Osborne, a cura di, “Oxford Compa-nion to Arts”, Clarendon Press, Oxford 1970. La definizione contenuta nelWebster’s Dictionary recita: “Anamorfosi: una proiezione o rappresen-tazione distorta o mostruosa di un’immagine su una superficie piana o curvache, se vista da un punto di osservazione prefissato, o se riflessa su uno spec-

72

chio curvilineo o attraverso un poliedro, appare regolare nelle proporzioni.”84 Cfr. P. W. Kuchel, Anamorphoscopes: a visual aid for circle inversion, in“The Mathematical Gazette”, vol. 63, n° 424, giugno 1979.85 Cfr. K. Andersen, The mathematical treatment of anamorphoses fromPiero della Francesca to Niceron, cit.86 Cfr. L.B. Alberti, De Pictura, a cura di C. Grayson, Laterza, Bari 1973.87 Cfr. P. della Francesca, De Prospectiva pingendi, a cura di G. Nicco Fa-sola, con note di E. Battisti e R. Pacciani, Le Lettere, Firenze 1984.88 E. B. Gilman, Curious perspective. Literary and Pictorical Wit in the Se-venteenth Century, Yale University Press, New Haven e Londra 1978, p. 41.89 Nel Seicento, proprio tra le fila dei Minimi e dei Gesuiti, si formarono al-cuni tra i più interessanti artisti e scienziati dell’epoca, grazie all’accesso,di cui i religiosi godevano, alle fornitissime biblioteche delle loro con-gregazioni, ma anche in virtù del network culturale cui partecipavano graziealla conoscenza del latino – all’epoca assunta come lingua scientifica pereccellenza –, e non ultima alla tranquillità materiale che gli derivava dal-l’appartenenza ad Ordini economicamente floridi. Sui rapporti tra spiritualitàreligiosa e trattatistica prospettica nel XVII secolo, si rimanda a: M. Cojan-not-Le Blanc, Les traités d’ecclésiastiques sur la perspective en France auXVIIe siècle: un regard de clercs sur la peinture?, in “Dix-septième siècle”,1 (n° 230), 2006, pp. 117-130.90 J. Montagu, The Painted Enigma and French Seventeenth-Century Art,in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, Vol. 31, 1968, pp. 307-335.91 J. Baltrušaitis, op. cit., p. 15.92 Su S. De Caus si veda: L. Cicognara, Catalogo ragionato dei libri d’artee di antichità posseduti dal Conte L.C., vol. I, Prospettiva, Pisa 1821; G. N.Poudra, Histoire de la perspective ancienne et moderne contenant l’exposi-tion des toutes les Méthodes connues de Perspective et une analyse sur cettescience, Parigi 1864; L. Vagnetti, De naturali et artificiali perspectiva, cit.,p. 380; ma soprattutto D. Bessot, Salomon de Caus (c. 1576-1626):Archäique ou précurseur, in D. Bessot, Y. Hellegourc’h, J.-P. Le Goff, acura di, “Destin de l’art, desseins de la science. Actes du colloqueA.D.E.R.H.E.M. Université de Caen”, Caen 1986.93 Cfr. F. Amodeo, Lo sviluppo della prospettiva in Francia nel secolo XVII,cit., p. 11.94 Cfr. I. Rizzini, Il Thaumaturgus opticus di Jean-François Niceron: appuntiin margine alla traduzione dal Latino, in “Bollettino Ufficiale dell’Ordinedei Minimi”, n° 4, anno LI, ottobre-dicembre 2004. Si veda, in merito, ilsaggio di I. Rizzini nel presente volume.95 Cfr. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., libro II, prop. I, tav. 12,figg. XXXI-XXXII. Queste stesse tavole ispirarono, secoli dopo, un celebredipinto di Salvador Dalì (1904-1989) intitolato Myself at the Age of TenWhen I Was the Grasshopper Child (1933; The Dalì Museum, St. Peter-sburg, Florida). Cfr. D. Ades, Dalí’s Optical Illusions, Yale University Press,New Haven (CT) 2000. 96 L. Massey, Anamorphosis Through Descartes or Perspective Gone Awry,cit., p. 1185.97 Cfr. C. Chevalley, Rationalite de l’Anamorphose, in “XVII siècle”,Giugno-Settembre 1979, pp. 289-296.98 L. Massey, Anamorphosis Through Descartes or Perspective Gone Awry,cit., p. 1187.99 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., libro III, p. 72.100 Ne La Perspective curieuse (1638, p. 87) il debito nei confronti del soloVaulezard, al quale è attribuita la primogenitura nella trattazione delleanamorfosi catottriche in forma compiuta (doctement), è latamente ammessoda Niceron. Nelle edizioni successive, segnatamante in quella francese pos-tuma del 1663 (p. 161) il riferimento all’auctoritas si fa più esplicito. Conmolta probabilità, come osserva Kirsti Andersen, bisogna attribuire questotardo riconoscimento agli interventi critici di Gilles Personne de Roberval,

curatore dell’opera postuna di Niceron. Cfr. K. Andersen, The mathematicaltreatment of anamorphoses from Piero della Francesca to Niceron, cit., p.26.101 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 85. Niceron non chiariscenel testo come sia giunto a determinare questo rapporto. Cfr. K. Andersen,The mathematical treatment of anamorphoses, cit., p. 25. Il metodo dei cer-chi concentrici è oggi impiegato dall’artista svedese Hans Hamngren perrealizzare le sue anamorfosi catottriche cilindriche. Cfr. H. Hamngren, MyAnamorphoses: Types that produce three kinds of images in cylindrical mir-rors, in “Leonardo”, n°14, 1981, pp. 198-201.102 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 85.103 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., pp. 78-80. Il ritratto di PapaUrbano VIII, nella stessa tavola (ill. LVI), riguarda un diverso problema.Questa illustrazione esercitò un notevole fascino anche su Marcel Duchampal punto che l’artista ne avrebbe realizzato un’applicazione nel doppio ri-tratto noto come Wilson-Lincoln effect. Cfr. S. J. Gould, R. Roland Shearer,Drawing the Maxim from the Minim: The Unrecognized Source of Niceron’sInfluence Upon Duchamp, in “tout-fait” the Marcel Duchamp Studies onlineJournal, vol. 1, n° 3 CASP/ASRL, Dicembre 2000.104 J. Baltrušaitis (in Lo specchio. Rivelazioni, inganni e science-fiction,Adelphi, Milano 2007, p. 77) rileva che quello rappresentato da Niceronpossa essere la riproduzione in serie di un modello cinquecentesco.105 Ivi, p. 79.106 L’inclinazione dello specchio è evidentemente di 30°, dovendo avere lasua superficie la stessa giacitura delle facce non visibili, da parte dell’osser-vatore, dei regoli. Cfr. J. L. Hunt, J. Sharp, The Channel Anamorphosis, in“Journal of Mathematics and the Arts”, Vol. 3, 2009, pp. 19-31. Gli autoriconcordano sull’utilizzo del termine channel anamorphosis, al posto dellemeno corrette definizioni in uso nel linguaggio comune o critico (e che im-piegano aggettivi impropri come “Corrugated”, “Stockade”, “Turning Pic-tures” e “lenticular”).107 Così nel testo originale, ma più presumibilmente Niceron si riferisce al-l’Ottica di Euclide, essendo la Catottrica un testo solo attribuito a Euclide,ma forse redatto da Teone Alessandrino.108 “Le altezze e le profondità appaiono convertite dagli specchi piani”. Cfr.Euclide, Tutte le opere. Testo greco a fronte, a cura di F. Acerbi, Bompiani,Milano 2007, p. 2209.109 “Negli specchi piani la destra appare sinistra e la sinistra destra e l’im-magine uguale a ciò che è visto, e la distanza dallo specchio è uguale.” Eu-clide, Ottica, cit., p. 2223.110 P. Ver Eecke (in Euclide. L’Optique e la Catoptrique, A. Blanchard, Parigie Bruges 1938) ritiene che i numeri XVIII, XIX e XX siano tre problemi dialtimetria, correttamente risolti, di cui il XIX è interpolato. Si veda anche latesi di Laurea di F. M. Bernardi, L’Ottica di Euclide e la scienza della vi-sione, Alma Mater Studiorum/Università degli studi di Bologna, Bologna2008-2009.111 Giochi ottici basati su analoghi modelli fruitivi si trovano anche nellaopera di Mario Bettini (1582-1657) intitolata Apiaria UniversaePhilosophiae Mathematicae (V, cap. II, Bologna 1642, pp. 28-31), dovel’autore utilizza come soggetto principale della rappresentazione il Salva-tore, accompagnato dal motto (apposto sulla parte dei regoli visibile diret-tamente): “SURREXIT, NON/EST HIC/VIDE HILLUM PER/SPECULUMIN/AENIGMATE” (“È risorto, non è qui, guardalo attraverso lo specchioper enigma”). L’immaginazione di Bettini si spinge fino al punto di applicaregli esiti di questa costruzione prospettica ad una doppia teoria di colonneparallele, su cui proietta, anamorficamente, dei pavoni. Gaspar Schott (1608-1666) riprende pedissequamente l’illustrazione del Bettini (Magia univer-salis naturae et artis..., Würzburg 1657-1659, pp. 142-145, tav. VIII) ,ripercorrendo la genealogia del dispositivo ottico, e suggerendo di collocaredi fronte a questo ‘teatro della Resurrezione’ un’immagine della Morte.

73

Padre Jean Dubreuil (1602-1670) nel suo Diverses methodes universelles etnouvelles en tout ou en partie pour faire des perspectives… (Parigi 1642)illustra lo stesso device utilizzando il viso di Cristo e il motto: “HICEST/FILIUS MEUS/DILECTUS/IPSUM/AUDITE”. Nel caso specifico, iregoli prismatici sono liberati dall’ingombro della scatola, e semplicementeapplicati ad una tavola che li rende solidali e incardinabili ortogonalmenteallo specchio ‘rivelatore’: il dispositivo viene ancorato ad una parete se-condo un’angolazione opportuna a favore dell’osservatore. Cfr. J. Baltrusi-atis, Lo Specchio, cit. pp. 79-83.112 J. L. Hunt, J. Sharp, The Channel Anamorphosis, cit., p. 21. I due studiosihanno verificato sperimentalmente che si potrebbe eliminare l’impiego diquesto fattore correttivo, se si adottasse, come sezione dei listelli prismatici,un triangolo isoscele con angoli interni di 45°, 45°e 90°. Il sistema però nonammette una soluzione unica, essendo dipendente soprattutto dal posizion-amento randomico dell’osservatore di fronte al dispositivo ottico. Hunt eSharp introducono anche analogie tra il gioco niceroniano e i cosiddettitrisceneorami (Lamellenbild).113 Ibidem.114 Sala I, n° inv. 3197 (815x500x1120 mm).115 Cfr. H. Bogdan, La Lorraine des ducs, sept siècles d’histoire, Perrin, Pa-rigi 2005.116 Cfr. S. Zanieri, Un gioco ottico di Ludovico Buti al Museo di Storia dellaScienza di Firenze, in “Nuncius. Annali di Storia della Scienza” n°2, annoXV, 2000, fasc. 2. Il gioco ottico è stato restaurato dopo l’alluvione del 1966.117 J. Barozzi da Vignola, Le due regole della prospettiva pratica con i com-mentari del Reverendo Maestro Padre Egnatio Danti…, Roma 1583, ed. cit.a cura di C. L. Azivino, Bologna 1985, p. 55. 118 Presso il Museo Galileo-Istituto e Museo di Storia delle Scienze (Firenze)è conservato un altro ‘gioco ottico’, simile a quello del Buti, ma risalente alXVII secolo, ove i due personaggi ritratti sono, rispettivamente, la Madonnae San Giueppe. Cfr. M. Miniati, a cura di, Museo di Storia delle Scienze.Catalogo, Firenze 1991, p. 88. Analogo ‘doppio ritratto’, di epoca cinque-centesca, è conservato presso la National Portrait Gallery of Scotland, E-dinburgo: qui i soggetti sono Maria Stuarda Regina di Scozia (1542-1587)e un teschio. In Danimarca e Germania sono invece presenti due interessatiriffelbild: rispettivamente, in uno (presso la collezione d’arte antica delcastello di Frederiksborg, Hillerød), sono abbinati il Re Frederik V e laRegina Juliane Marie; nell’altro, attribuito a Anna Catharina Staken (ca.1700, presso Nikolaikirche, Flensburg), l’immagine della Crocefissione sialterna anamorficamente a quella della Resurrezione. Anche all’interno delcircolo di Guido Reni (1575-1642) venne realizzato, nella prima metà delXVII secolo, una dipinto con la tecnica della tabula scalata, dove venneroritratti il volto di Gesù e quello di Maria. Cfr. J.-H. Martin, S. Andreae, conU. Husmeier, The Endless Enigma: Dali and the magicians of multiplemeanings, Hatje Cantz, Ostfildern-Ruit 2003, p. 40.119 In merito, si veda L. Brion Guerry, Jean Pélerin Viator. Sa place dansl’historie de la perspective, Les Belles Lettres, Parigi 1962, pp. 145-146.120 È probabile che fosse proprio Leopoldo de’ Medici a chiedere, nel 1643,al matematico Vincenzo Viviani (1622-1703) di tradurre dal francese in ita-liano La Perspective curieuse di J. F. Niceron. Il discepolo di Galilei iniziòl’opera senza portarla mai a compimento. Cfr. Biblioteca Nazionale Cen-trale, Firenze, Ms. Gal. 246, V. Viviani, Parte V, Fisica Sperimentale. Vol.5, Esperienze di diversi, cc. 66r-69v, Il primo libro della Prospettiva Curiosacontenente i principi della prospettiva et un metodo generale… Lo stessoViviani intraprese una traduzione dal latino in italiano, anch’essa mai com-pletata, della Perspectiva horaria di E. Maignan, oggi conservata semprepresso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Ms. Gal. 326, cc. 503-546). Niceron dovette assecondare l’interesse di Leopoldo de’ Medici neiconfronti degli studi prospettici, come dimostra oltre il limitato carteggiofra i due, anche l’invio al prelato toscano di una copia di un libro intitolato

La Perspective pratique (Parigi 1642), di autore non dichiarato, ma presu-mibilmente riconducibile a Jean Dubreuil (Biblioteca Nazionale Centrale,Firenze, Ms. Gal. 275, lettera del 20 marzo 1643).121 Le lettere di Niceron indirizzate a Leopoldo de’ Medici (BibliotecaNazionale Centrale, Firenze, Ms. Gal. 275, Accademia del Cimento, ParteIII, Carteggio. Vol. I, Lettere scientifiche del Principe Leopoldo: 20 e 30marzo 1643; 19 giugno 1943) devono essere interpretate come succesive alsoggiorno toscano del Frate minimo che si deve collocare più correttamentenel giugno del 1642. Se, come alcuni autori sostengono (cfr. F. Camerota,La prospettiva del Rinascimento, cit. pp.195, 236 n. 518; Id., Cigoli e laprospettiva, in L. Tongiorgi Tomasi, A. Tosi, a cura di, “Il cannocchiale e ilpennello. Nuova scienza e nuova arte nell’età di Galileo”, Giunti, Firenze2009, pp. 149-150; Id., L’architetto “filosofante”: riflessioni galileiane sullearti del disegno, in M. Bevilacqua, G. C. Romby, a cura di, “Firenze e ilGranducato: province di Grosseto, Livorno, Pisa, Pistoia, Prato, Siena”, DeLuca, Roma 2007, p. 118), questo fosse invece avvenuto nel 1643, sidovrebbe poco credibilmente collocare in un periodo intercorrente tra l’8giugno 1643 e il 27 luglio dello stesso anno, in cui cade l’unico vuoto tem-porale nelle sequenze della firma di Niceron alle Conclusioni Capitolari alConvento di Place Royale: per la restante parte dell’anno, i documenti at-testano la presenza di Niceron a Parigi. La collocazione nel 1642 è indiret-tamente confermata dalla datazione del gioco diottrico eseguito da Niceronper il Granduca di Toscana, Ferdinando II de’ Medici, e oggi conservatopresso il Museo Galileo Galilei, Firenze (inv. 3196). Cfr. Conclusion Ca-pitulaire faites en ce Convient durant le Correctoriat du r.P. Nicolas Lasnécommençant en octobre 1642, Parigi, s.i.p.122 Cfr. A. Kircher, Ars Magna Lucis et Umbrae, Roma 1646, p. 904.123 Cfr. A. Shickman, Turning Pictures in ‘Shakespeare’s England’, in “TheArt Bulletin”, Vol. 59, 1977, pp 67-70.124 Leonard Barkan (in The Gods Made Flesh: Metamorphosis and the Pur-suit of Paganism, Yale University Press, New Haven (CT) 1990) citato inB. M. Stafford, F. Terpak, a cura di, Devices of Wonder, cit., p. 222.125 Stafford e Terpak, a tal proposito, offrono come termine di paragone iltrattato di E.-G. Guyot, Nouvelles récréations physiques et mathématiques,Parigi 1799. Cfr. B. M. Stafford, F. Terpak, op. cit., p. 225.126 P. Guillebaud (de Saint-Romuald), Trèsor chronologique, Parigi 1642,p. 237.127 M. Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito, SE, Milano 1989, p. 29.128 R. Descartes, Dioptrique, Leida 1637, ora in R. Descartes, Œuvres deDescartes, in 12 voll., a cura di Ch. Adam e P. Tannery, Vrin , Parigi 1897-1913, vol. 6, Discours de la méthode et essais, 1983, p. 194.129 M. Foucault, Storia della follia nell’età classica, Rizzoli, Milano 1998,pp. 285 sgg. Su questo aspetto si veda anche D. Judovitz, Vision, Represen-tation, and Technology in Descartes, in D. M. Levin, a cura di, “Modernityand the Hegemony of Vision”, University of California Press, Berkeley, LosAngeles, Londra 1993, pp. 70 sgg.130 M. Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito, cit., p. 33.131 Sala I, n° inv. 3196 (700x430x530 mm).132 Jurgis Baltrušaitis (Cfr. Id., Anamorfosi, cit., pp. 77, 266 n.4) indica er-roneamente il 1635 come data di realizzazione dell’opera, fraintendendo lasuccessione cronologica della vita e delle opere di Niceron. Secondo N. Mal-com (Id., Aspects of Hobbes, cit. p. 217, n. 59), “…il dispositivo ottico diNiceron fu ispirato dal dono di Ferdinando di una nuova galera per sostituireil vascello affondato dell’altro principale ordine navale, quello dei Cavalieridi Malta, nella primavera del 1642.” Si veda anche R. C. Anderson, NavalWars in the Levant 1559-1853, Martino Pub, Liverpool 1952, p. 118.133 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 79.134 Lo storico William Richard Crelly (in The painting of Simon Vouët, YaleUniversity Press, New Haven, Londra 1962, pp. 16-17, 110-120) ha ipotiz-zato che l’autore del disegno alla base dell’incisione di Daret fosse Simon

74

Vouët, ma più recentemente Marianne Grivel ha mostrato l’infondatezza ditale ipotesi (Id., Excudit et privilèges. Les éditeurs de Vouët, in S. Loire, acura di, “Actes du colloque international Simon Vouët, 5-7 février 1991”,Documentation Française, Parigi 1992, pp. 307-309, 322). Resta accertatoche Vouët abbia realizzato il disegno alla base del frontespizio del successivoThaumaturgus opticus. Sullla funzione allegorica dei frontespizi delle dueopere di Niceron e, in generale della trattatistica scientifica del XVII secolo,si rimanda al saggio di A. De Rosa (I trattati di Jean François Niceron) nelpresente volume e, più in generale, a: F. Vital-Durand, Art et Langage. LesFrontispices Allegoriques de la Science à l’Age Classique, L’Harmattan,Parigi 2011.135 Questo dettaglio dell’immagine potrebbe riferirsi latamente all’episodio,ricordato dallo stesso Niceron ne La Perspective curieuse (Libro III, p. 79)relativo allo stendardo anagrammatico collocato dai cittadini di Bordeauxnel 1615 sotto l’arco di trionfo in occasione della visita del Re Luigi XIII,nel quale era possibile leggere: “Lois de Bourbon, bon Bourdelois” ovvero,“Luigi di Borbone (nome di famiglia del Re), buon cittadino di Bordeaux.”Su questo frontespizio si veda anche K. Ibbett, The Style of the State inFrench Theater, 1630-1660. Neoclassicism and Government, Ashgate, Farn-ham e Burlington 2009, pp. 1-2.136 È lo stesso Niceron a descrivercelo ne La Perspective curieuse (Propo-sizione V del libro IV, p. 115), sottolineando che l’immagine si basava suuna sua precedente opera, conservata presso il convento dei Minimi di PlaceRoyale. Una descrizione di un simile dispositivo diottrico si ritrova anchein C. Wolf, Elementa matheseos universae, Halae Magdeburgicae Renger,Ginevra 1732, p. 240 e fig. dioptr.V (fig. 49).137 Sulle premesse e le implicazioni politico-culturali del gioco ottico diNiceron si rimanda a F. Siguret, L’oeil surpris, cit., pp. 189-217.138 T. Hobbes, Leviathan or The Matter, Forme and Power of a CommonWealth Ecclesiasticall and Civil, Londra 1651, pp. 128-129: “For all menare by nature provided of notable multiplying glasses (that is their Passionsand Self-Love), through which every little payment appeareth a great grie-vance, but are destitute of those prospective glasses (namely Moral and Civilscience) to see afar off the miseries that hang over them and cannot withoutsuch payments be avoided.” Cfr. V. B. Sullivan, Machiavelli, Hobbes, andthe Formation of a Liberal Republicanism in England, Cambridge Univer-sity Press, Cambridge 2004, p. 106. Si veda anche B. M Stafford, F. Terpak,Devices of Wonder, cit., pp. 184-191.139 In merito, si veda il saggio di Alessio Bortot (Dove lo sguardo si ricom-pone e s’acquieta. Immaginario scientifico e contestualità storica nei giochiottici di Jean François Niceron) nel presente volume, ma anche N. Macolm,Aspects of Hobbes, cit., pp.200-229.140 Qui era ancora visibile nella seconda metà del XVIII secolo da L.-V.Thiéry (Guide des amateurs et des étrangers voyageurs à Paris: ou De-scription raisonnée de cette ville, de sa banlieue, et de tout ce qu’elles con-tiennent de remarquable, vol. 1, Hardouin, Parigi 1787, p. 687). Cfr. O.Krakovitch, La vie intellectuelle dans les trois couvents minimes de la placeRoyale, de Nigeon et de Vincennes, cit., pp. 31, 65.141 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 100. Niceron precisa dinon essere l’inventore di un simile dispositivo, rimandandone la paternitàal gesuita Charles du Lieu (1609-1678). Lo confermerebbe anche JeanDubreuil (La perspective pratique nécessaire à tous peintres, graveurs,sculpteurs, architectes, orfèures, brodeurs, tapissiers…, Melchior Tavernier,Parigi 1642) che colloca anche temporalmente la sua invenzione nel 1628.142 Dispositivi analoghi, evidentemente già diffusi in tutta l’Europa del XVIIsec., erano anche alla base dei ‘giochi illusori’, impieganti la camera oscurae la lanterna magica, di Cornelis Drebbel (1572-1633), che dava vita a esi-bizioni di straordinaria suggestione che riuscirono a impressionare palatiraffinati come quello di Costantijn Huygens, ma anche il difficile pubblicoinglese. A questo inquietante e ambiguo matematico e fisico olandese si at-

tribuisce l’invenzione del microscopio e del primo rudimentale sottomarinoche percorse il Tamigi. Scrisse il De natura elementorum (1621). Sullafigura di Drebbel si vedano: G. Tierie, Cornelis Drebbel, H. J. Paris, Ams-terdam 1932; L. E. Harris, Two Netherlanders: Humprey Bradley and Cor-nelis Drebbel, W. Heffer & Sons, Leida 1961. Sui rapporti indiretti traDrebbel e Descartes, si veda: B. Newell Decyk, Cartesian imagination andperspectival art, in S. Gaukroger, J. Schuster, J. Sutton, a cura di, “Descartes’Natural Philosophy”, Routledge, Londra 2000, p. 480.143 “Padre Jean François Niceron, che cosa hai ottenuto mettendo insiemequesti turchi sparpagliati?” Cfr. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit.,p. 117. Più avanti, nel testo (ivi, p. 118), Niceron propone un altro ana-gramma del suo nome: “Pater Joannes Franciscus Niceronus. None suascuras pontifici recreans?”144 In merito, si rimanda al saggio di A. Bortot ( (Dove lo sguardo si ricom-pone e s’acquieta...) nel presente volume.145 Niceron suggerisce nel testo (infra, pp. 118-119) l’impiego di altri sog-getti religiosi che potrebbero prestarsi ad essere inseriti in giochi ottici diquesto tipo: ad esempio, i ritratti di tutti i Profeti che parlano della VergineMaria e dell’Incarnazione, magicamente ricomposti nell’unico ritratto dellaMadonna; oppure la storia di Ezechiele e la valle delle ossa aride (Ezechiele37:1-14) o la leggenda di Medea, che uccide e smembra il fratello Aspirtoper aiutare l’amato Giasone a conquistare il Vello d’oro.146 J. B. Bossuet, Sermon pour la deuxième semaine du carême, sur la Pro-vidence, in C. Cagnat Deboeuf, a cura di, “Sermons. Le Carême du Louvre”,Parigi, Gallimard, «Folio Classique», Parigi 2001, pp. 114-115. Si vedaanche O. Leplatre, Spiritualité de l’Anamorphose, Le Carême du Louvre,Bossuet, in “Les Belles lettres|L’information littéraire”, Vol. 54, 2002/4, pp.38-46.147 O. Leplatre, Spiritualité del l’Anamorphose, cit., p. 39.148 Ivi, p. 45.149 J. A. Komenský, Labyrint sveta a ráj srdce (tit. or. in boemo). Cfr. G.Formizzi, Le radici culturali dell’esperanto. La pedagogia di GiovanniAmos Comenio, Gabrielli Editore, San Pietro in Cariano (VR) 2006; C.Stroppa, Jan Amos Comenius e il sogno urbano, Franco Angeli, Milano2001.150 K. Harries, Infinity and Perspective, The MIT Press, Cambridge (MA)2001, p. 104.151 Cit. in A. Ripellino, Praga Magica, Einaudi, Torino 1973, p. 52. Si vedaanche J. A. Comenius, The labyrinth of the world and the paradise of theheart, a cura di F. Lützow, Dutton & Co., New York 1901, p. 299.152 Cfr. S. Clark, Vanities of the eye: vision in early modern European cul-ture, Oxford University Press, Oxford 2009, pp. 106 sgg.153 Qui l’aggettivo steganografico (da steganografia, sostantivo compostoda steganovı – nascosto – e grafiva – scrittura –, ad indicare una tecnica dicomunicazione criptata, interpretabile solo da chi ne conosce la chiave) èusato per estensione alle immagini decettive dell’anamorfosi. 154 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., s.i.p.155 Cfr. Niceron a Mersenne, 2 febbraio 1642, in “Correspondance de Mer-senne”, XI, 30-34. La lettera è conservata presso Bibl. Nat., fr. n. a. 6205,p. 225. Si veda anche C. Adam & P. Tannery, a cura di, Ouvres de Descartes,Correspondance, III, Janvier 1640-Juin 1643, Puff, Parigi 1995, p. 88.156 Cfr. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 101. In realtà quiNiceron cita indirettamente La Dioptrique di Descartes che comparirà astampa, col nome dell’autore, solo l’anno successivo (1639) a quello de LaPerspective curieuse (1638). Infatti il Discours e gli Essais erano apparsi,anonimi, già nel 1637. Descartes ebbe in dono la Perspective… direttamentedalle mani di Niceron, accettando che il suo nome vi fosse rivelato. Cfr. G.Rodis-Lewis, Marchingegni e prospettive curiose nel loro rapporto con ilcartesianesimo, in “Lo Sguardo-Rivista di Filosofia”, n°6, 2011, Il sapereBarocco: tra scienza e teologia, p. 6.

75

157 Cfr. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 100. Il testo di Niceronè anche il primo trattato seicentesco in cui viene citata la ‘legge dellarifrazione’ elaborata da Descartes nel suo saggio Le Meteore, pubblicato,insieme alla Diottrica e alla Geometria, nel suo Discorso sul Metodo (Leida1637), applicandola alla spiegazione di numerosi fenomeni atmosferici.158 Cfr. G. Fratini, F. Moriconi, Datazione e attribuzione dell’anamorfosi diSan Giovanni a Pathmos presso il Convento della Trinità dei Monti a Roma,in “MEFRIM: Mélanges de l’École française de Rome. Italie et mediterra-née”, t. 122/1, École française de Rome, Roma 2010, p. 129.159 Cfr. Filone di Alessandria, De Specialibus Legibus, n:100, 3.100.1-3.101.1. Si veda: Filone di Alessandria, Tutti i trattati del commentario al-legorico alla Bibbia, a cura di R. Radice, Bompiani, Milano 2005. Sia ilnome Filone che la citazione vengono rimossi dalla Premessa alla primaedizione del Thaumaturgus opticus (1646), mentre nelle successive versionipostume de La Perspective curieuse (1652, 1666) riappare il nome delfilosofo ellenistico, ma della citazione se ne fornisce una sinossi.160 S. J. Gould, R. Roland Shearer, Drawing the Maxim from the Minim, cit.161 Ibidem.162 Cfr. R. Ceñal, a cura di, Juan Caramuel. Su epistolario con AtanasioKircher, S.J., in “Revista de filosofía”, XII/44, 1953; D. Pastine, a cura di,Animadversiones in Meditationes Cartesianas, quibus demonstratur claris-sime nihil demonstrari a Cartesio (1644), Caramuel contro Descartes:obiezioni inedite alle Meditazioni, in “Rivista critica di storia della filosofia”,n°27, 1972. Si veda anche J. L. Abellàn, Historya crìtica del pensamientoespañol, Espasa Calpe, Madrid 1981.163 Cfr. H. Ikegami, Due volti dell’anamorfosi. Prospettiva e ‘Vanitas’:Niceron, Pozzo, Holbein e Descartes, Clueb, Bologna 2000.164 Descartes a Mersenne, 19 giugno 1639, Biblioteca della Sorbona, Parigi,Collezione Victor Cousin, Reg. IV documento n°6.165 Cfr. S. Gaukroger, Descartes: an intellectual biography, Oxford Univer-sity Press, Oxford 1995, p. 475.

166 Gli esperimenti condotti, tra il 1627 e il 1677, da Descartes, con Mydorgee Ferrier, sull’applicazione della legge fisica della rifrazione alle lenti, fu-rono riassunti e portati a compimento, per via teorica e applicativa, nellaDioptrique (Parigi 1637). Cfr. D. G. Burnett, Descartes and The HyperbolicQuest. Lens Making Machine and their Significance in the Seventeenth Cen-tury, Transactions of the American Philosophical Society, Philadelphia 2005,pp. 41-70. Si veda anche F. Giudice, Lo spettro di Newton: la rivelazionedella luce e dei colori, Donzelli, Milano 2009, pp. 8-18.167 Descartes a Mersenne, settembre 1629 (?), in R. Descartes, Œuvres deDescartes, 12 voll., a cura di Ch. Adam e P. Tannery, Vrin, Parigi (ed orig.1897-1913, poi 1964-1974) 1986-1988, vol. I, Correspondance. Avril 1622-février 1638, 1988, p. 21. 168 R. Descartes, Œuvres de Descartes, vol. X, Physico-mathematica. Com-pendium musicae. Regulae ad directionem ingenii. Recherche de la vérité.Supplément à la correspondance, 1986, p. 504.169 Cfr. J. Baltrušaitis, Anamorfosi o Thaumaturgus opticus, cit.. Sul carte-siane-simo di Niceron si veda anche: G. Rodis-Lewis, Marchingegni eprospettive curiose nel loro rapporto con il cartesianesimo, cit., pp. 1-9.Sull’interpretazione cartesiana della prospettiva, si veda: B. Newell Decyk,Cartesian imagination and perspectival art, cit., pp. 447-486.170 Cfr. R. Descartes, Œuvres de Descartes, cit., vol. XI, Le monde. Descrip-tion du corps humain. Passions de l’âme. Anatomica. Varia, 1986, p. 130-131. 171 G. Rodis-Lewis, Marchingegni e prospettive curiose nel loro rapportocon il cartesianesimo, cit., p. 7.172 Cfr. J. Baltrušaitis, Anamorfosi, cit., p. 86.173 G. Rodis-Lewis, cit., p. 8.174 Ivi, p. 9.175 Cfr. Conclusion Capitulaire faites au couvent de Paris de 1612 à 1643,

Archives Nationale, LL 1564 Parigi, f 107r. La madre di Niceron contribuì,nel 1645, anche a finanziare l’arredamento dell’infermeria conventuale. In-vece sua zia, Mme. Auvry, fornì parte dell’arredo delle quattro stanze, concamino, collocate al I piano dell’Infermeria. Cfr. O. Krakovitch, Le couventdes Minimes de la Place-Royale, cit., pp. 131, 237.176 Cfr. R. P. C. Martin, Histoire du couvent royal des Minimes français dela très sainte Trinité sur le mont Pincius à Rome, Manoscritto del Conventodella Trinità dei Monti (Ms. Trin.) tardo XVIII, p. 325177 Ibidem.178 Mgr. F. Bonnard, Histoire du couvent royal de la Trinité du Mont Pincioà Rome, A. Picard, Parigi 1933, p. 173. R. P. C. Martin (in Histoire du cou-vent royal des Minimes français de la très sainte Trinité sur le mont Pinciusà Rome, cit., p. 324) ricorda che “...questi due grandi uomini furono sicura-mente assieme per dieci mesi e si unirono nelle loro occupazioni matema-tiche, lo studio della lingua ebraica che venne loro insegnata, e agli altri, daun certo Francesco, ingaggiato per questo dalla comunità...”179 Essere nominato locale implicava diventare a tutti gli effetti Padre Locale,con tutti i doveri e i diritti pertinenti alla vita conventuale, in questo, perNiceron, quella della Trinità dei Monti. La localizzazione generalmenteavveniva subito con l’arrivo in loco del Padre. L’obbedienza è l’ordinescritto dal Correttore del Convento e dato nelle mani del Padre in oggetto:obbedienza a partire, a ritornare al Convento di origine, etc. L’obbedienzanon ammetteva diniego. 180 AGM, Livre des Conclusions Capitulaires de ce convent de la S.te TrinitèDu mont (5-X-1620 -26-IX- 1649), (T3), XVII sec. Se ne trova confermaanche in: R. P. C. Martin, Histoire du couvent royal des Minimes françaisde la très sainte Trinité sur le mont Pincius à Rome, cit., pp. 324 sgg.181 Cfr. D. Bessot, La perspective de Niceron et ses rapports avec Maignan,in M. Bucciantini, M. Torrini, a cura di, “Geometria e Atomismo nellaScuola Galileiana”, cit.182 Cfr. P. J. S. Withmore, The Order of Minims in Seventeenth-CenturyFrance, Springer, L’Aja 1967.183 Cfr. P. Bayle, Dictionaire Historique et critique, Rotterdam 1702, advocem: Maignan (ampliata nella II ed.).184 Cfr. P. J. Saguens, De vita, moribus et scriptis R.P. Emanuel Maignan,Tolasatis, Mathematici praestantissimi elogium, cit.185 Cfr. R. P. C. Martin, Histoire du couvent royal des Minimes français dela très sainte Trinité sur le mont Pincius à Rome, cit. Si veda anche J. P.Niceron, Mémoires pour servir à l’histoire des hommes illustres dans laRépublique des lettres, Parigi 1729-1745, vol. XXXI, pp. 346-353.186 Le discipline su cui si incardinava l’attività didattica di Maignan vannocontestualizzate storicamente nell’epoca in cui visse: così, con filosofia sideve intendere qualcosa di molto prossimo agli studi di fisica; mentre nellamatematica erano comprese oltre alla geometria e all’algebra, altre disci-pline come l’astronomia, la prospettiva e la gnomonica.187 Sulle varie edizioni del trattato si rimanda a: L. Vagnetti, De Naturali etArtificiali Perpsectiva, cit., n° cat. EIIIb46, p. 406.188 Alcuni storici ritengono che E. Maignan abbia realizzato il suo astrolabiopresso la casa conventuale dei Minimi al Pincio con l’ausilio del più giovaneConfratello Jean François Niceron, ma le indicazioni temporali relative al-l’esecuzione della meridiana (1637) appaiono contrastanti con quelle relativealla prima presenza di Niceron a Roma (1639.) Cfr. AGM, Livre des Con-clusions Capitulaires de ce convent de la S.te Trinitè Du mont, cit., dove silegge che la raccolta dei fondi necessari per la realizzazione dell’astrolabiorisale al 16 settembre 1637, mentre l’ultimazione dei lavori al 10 maggio1638 allorché si chiuse la finestra centrale del corridoio sul cui davanzalevenne collocato lo specchio.189 Sulle pareti verticali del corridoio recante l’astrolabio catottrico, Maignandispose quattro lapidi recanti iscrizioni in latino in cui erano illustrate lemodalità per leggere correttamente le informazioni ricavabili dal riflesso

76

conferenza.” Cfr. A. Sgrosso, La rappresentazione geometrica dell’architet-tura, Utet Università, Torino 1996, p. 73.201 Cfr. C. Dati, Lettera a Filaleti di Timauro Antiate. Della vera storia dellacicloide, e della famosissima esperienza dell’argento vivo, Firenze 1662.202 Cfr. S. Degli Angeli, De superficie ungulae, Firenze 1661.203 Galileo a Bonaventura Cavalieri [in Bologna]. Arcetri, 24 febbraio 1640.204 Cfr. E. Torricelli, Opere, a cura di G. Loria, G. Vassura, Montanari-Lega,4 voll., in 5 parti (I-III, Faenza 1919: IV, Faenza 1944), 1919, I (1), p. 174.In alternativa si veda anche: E. Torricelli, Opere, a cura di L. Belloni, Utet,Torino 1975, p. 423.205 Mss. Discepoli di Galileo, tomo XL: Torricelli Evangelista, vol. 20Carteggio Scientifico I, Striscia 150, car. 75r. Si veda in merito: M. L.Bonelli, Una lettera di Evangelista Torricelli a Jean-François Niceron, inAA.VV., “Convegno di Studi Torricelliani, in occasione del 350° anniver-sario della nascita di E. Torricelli”, Firenze 1958; G. Loria, G. Vassura, acura di, Opere di Evangelista Torricelli, cit.; G. Ghinassi, Lettere fin quiinedite di Evangelista Torricelli, Faenza 1864.206 “Racconto d’alcuni problemi proposti e passati tra gli matematici di Fran-cia et il Torricelli ne i quattro anni prossimamente passati”, II, 1-32, in Operedi Evangelista Torricelli, cit., pp. 7-8.207 Nel 1641, dopo la morte di Galileo Galilei, Torricelli assunse la posizionedi matematico e filosofo presso la corte del Granduca di Toscana, ed inquesta veste avrebbe dovuto insegnare prospettiva presso l’Accademia delDisegno fiorentina. Tracce di questo incarico, forse espletato per un tempolimitato, sono testimoniate dalla bozza di una trattato di prospettiva pratica(Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, mss. Gal.134; 11 pagine e 21 di-segni) strutturato in forma di dialogo tra due personaggi fittizzi, Alessio eConti. Cfr. K. Andersen, The Geometry of an Art, The History of the Math-ematical, cit., p. 381.208 F. Toscano, L’erede di Galilei. Vita breve e mirabile di Evangelista Tor-ricelli, Sironi, Milano 2008, pp. 67-68. La lettera citata da Toscano è:Michelangelo Ricci a Evangelista Torricelli, 18 luglio 1643, O.D.G., p. 63.Si veda anche P. Mancuso, Philosophy of Mathematics and MathematicalPractice in the Seventeenth Century, Oxford University Press, Oxford 1996,pp. 130-136. 209 Cfr. J. Itard, La lettre de Torricelli à Roberval d’octobre 1643, in “Revued’histoire des sciences”, vol. 28 n°2, 1975, pp. 113-124.210 L’unica nota stonata in questo coro di elogi per l’opera di Niceron si re-gistra, come già accennato, solo nei giudizi negativi – sia in termini umaniche scientifici – rinvenibili dalle lettere che il giovane comandante sirCharles Cavendish (1594-1654) invia al matematico John Pell (1611-1685)nell’autunno del 1644. In una di esse (7/17 September 1644) si legge delsuo carattere presuntuoso: “Some give me the Character of him to be themost self-conceited, proud bubble in all [Paris] except the minim frierNiceron. But yet the man without doubt, hath [very] good worth in him andhis greatest fault is that he knowes it too well.”(BL MS Add. 4280, fos. 107r,109r). In un’altra (10/20 October 1644) riporta il giudizio di Pell su Nicerondefinito vanaglorioso: “Though you discommend Niceron for a vaineglori-ous man, yet your naming of his booke commended it to me” ( BL MS Add.4278, fos. 184–5). In un’altra (c.13/23 September 1644) Cavendish annotache qualcuno avrebbe rilevato errori marchiani nel suo trattato del 1638:“Nicerons perspectiue I thinke I haue at London, & as I remember one hathmanifestlie conuinced his booke of error” (BL MS Add. 4278, fos. 182–3).Come osservano Malcolm e Stedall, la fonte di questi commenti potrebbeessere il matematico Roberval, noto per sottovalutare il lavoro dei suoi col-leghi e per accusarli di appropriarsi indebitamente delle sue ricerche. Cfr.N. Malcolm, J. Stedall, John Pell and His Correspondence with Sir CharlesCavendish: The Mental World of an Early Modern Mathematician, OxfordUniversity Press, Oxford 2005.211 Il nome di Niceron compare anche nella tabella toponomastica del testo

del Sole nella galleria. Sull’attività di Maignan come ‘consulente scientifico’di realizzazioni architettoniche borrominiane (soprattutto in relazione alprogetto in tandem di Villa Pamphili) si veda F. Camerota, Architecture andscience in Baroque Rome. The mathematical ornaments of Villa Pamphilj,in “Nuncius. Annali di Storia della Scienza” n°2, anno XV, 2000, fasc. 2.190 Il procedimento descritto da E. Maignan nella sua Perspectiva Horaria(Libro III, proposizione 77), è riprodotto anche da Gaspar Schott (1608-1666) nel suo Magia universalis naturae et artis… (cit., p. 143, tav. VIII),nel paragrafo titolato: “De modo imagines in longo muro deformandiEmanuelis Magnani”.191 Cfr. M. Sestito, Il gorgo e la rocca tra Scilla e Cariddi territori dellamente, Giuditta, Catanzaro 1995. L’autore ritiene che Padre Maignanavrebbe inserito nell’anamorfosi una seconda traversata miracolosa delcanale di Messina, collocata figurativamente nella zona della coscia, dovesembra che il Santo dalla Sicilia si rechi a Catona (RC).192 E. Maignan riconosce nella sua Perspectiva Horaria (1648, pp. 438-439)l’autorità di Niceron in tema di anamorfosi, basata sulla lettura sia de LaPerspective curieuse che del Thaumaturgus opticus.193 Il ciclo di pitture anamorfiche presso il Convento di Trinità dei Monti, inrapporto anche all’astrolabio catottrico del Maignan, sarà esaminato piùavanti nel presente saggio, e più dettagliatamente, in questo volume, neisaggi di N. Lanciano (L’ordine geometrico del tempo: Emmanuel Maignane le sue meridiane a Roma), C. Monteleone (Tot habet sacramenta quot de-lineationes: il San Giovanni Evangelista di Jean François Niceron a Roma)e C. Boscaro (Lo spazio anamorfico dell’alpha: Emmanuel Maignan e ilSan Francesco di Paola in preghiera a Roma).194 La consistenza del patrimonio librario della biblioteca del convento eracospicua. Grazie ad un approfondito saggio di Padre Rocco Benvenuto suLa Chiesa e il Convento di Trinità dei Monti nella prima metà del XVII sec.(in “Bollettino Ufficiale dell’Ordine dei Minimi”, anno XLIX, n° 2, Aprile-Giugno 2003, pp. 189-240) è possibile affermare che essa conteneva 3manoscritti, 138 incunaboli e 1256 cinquecentine. Si veda in merito ancheCatalogue de tous les livres conserves dans tous les couvents de l’ordre desMinimes, par Jerome Durand, Correcteur General de l’ordre, 1600, f. 5’-64’.195 Cfr. L. Auger, Un savant méconnu: Gilles Personne de Roberval (1602-1675), Librairie Scientifique A. Blanchard, Parigi 1962.196 Bonaventura Cavalieri a Galileo in Arcetri; Bologna, 14 febbraio 1640.Cfr. Gal. 94, Bibl. Naz. Fir., carte: 181r-182v (edite in Gal., Ed. Naz., XVIII,146-147, n. 3967). Bonaventura Cavalieri diede risposta compiuta a questied altri quesiti – arrivatigli da vari matematici e studiosi europei – nell’operaedita nel 1647 col titolo Esercitazioni Matematiche. Lo ricorda P. Verri nellesue Operette scelte di P. Frisi milanese con le memorie storiche intorno almedesimo… (G. Silvestri, Milano 1825, p. 234).197 Ibidem.198 Cfr. D. Bessot, La perspective de Niceron et ses rapports avec Maignan,cit., p. 153.199 Lo si apprende dalla Vie de Descartes (2 voll. 1691, 2, pp. 300-301),scritta da Adrien Baillet (1649-1706), celebre bibliotecario di François-Chré-tien de Lamoignon. Il dono di Descartes faceva seguito al ricevimento, daparte di quest’ultimo, di una serie di volumi inviatigli da Mersenne, tra iquali una copia de La Perspective curieuse di Niceron. Lo si deduce da unalettera di Descartes a Mersenne datata 30 aprile 1639. Cfr. R. Descartes,Œuvres de Descartes, cit, vol. II, Correspondance. Mars 1638-décembre1639, 1988, pp. 529-530.200 “La cicloide è una curva piana infinitamente estesa, generata dal motoche compie un punto P appartenente a una circonferenza mentre questa ruotaintorno al proprio centro, e il centro stesso si sposta lungo una retta r dellostesso piano. La cicloide si dice normale quando a un’intera rotazione delpunto corrisponde una traslazione di lunghezza pari alla misura della cir-

77

tra selenografia, quella eseguita da Antonius Maria Schyrleus de Rheita(1597-1660) nel suo celebre Oculus Enoch et Eliae, siue, Radius sidere-omysticus pars prima authore... (ex Officina typographica Hieronymi Ver-dussii, Anversa 1645, p. 357). Del Rheita lo stesso Niceron aveva infattireplicato al tratto, in una lettera inviata nel 1643 a Ferdinando de’ Medici,granduca di Toscana (cfr. Carte Galileiane, Gal. 275. Niceron, Jean François,4: carte 6r-7v; 8r-9v; 3r-5r; Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze), l’illu-strazione relativa ai satelliti di Giove presente nell’opera Novem stellae circaIovem... (typis Andre[a]e Bouvetij, Lovanio 1643, p. 2).218 Cfr. R. L. Colie, Some paradoxes in the languages of things, in J. A. Maz-zeo, a cura di, “Reason and inspiration. Studies in the History of Ideas 1600-1800”, Columbia University Press, New York e Londra 1962.219 Cfr. A. M. Cospi (o Crespi), L’Interprétation des chiffres, ou Reigle pourbien entendre et expliquer facilement toutes sortes de chiffres simples. Tiréde l’italien du Sr Ant. Maria Crespi... par F. I. F. N. P. M, Parigi, A. Courbé1641, In-8°, pp. IV-90. R. P. C. Martin (in Histoire du couvent royal desMinimes français de la très sainte Trinité sur le mont Pincius à Rome, cit.,p. 325) sostiene che l’opera fosse stata tradotta da Niceron durante il suosecondo soggiorno romano, prima di lasciare il Convento pinciano nel-l’aprile del 1642. Questa osservazione confligge con altri documenti con-sultati: alla data di pubblicazione de L’Interprétation des chiffres (1 gennaio1641), comunque, Niceron risiedeva presso il Convento di Place Royale,come testimonia la firma riportata in calce alla stessa Epistre. Circa latraduzione del testo di Cospi da parte di Niceron, in relazione allasteganografia ottica e al tema dei giochi anamorfici e catottrici, si veda ilsaggio di A. Bortot (Dove lo sguardo si ricompone e s’acquieta. Immagi-nario scientifico e contestualità storica nei giochi ottici di Jean FrançoisNiceron) contenuto nel presente volume.220 P. J .S. Withmore, The Order of Minims, cit., p. 162.221 Cfr. J. H. Leopold, C. Vincent, A Watch for Monsieur Hesselin, in “Me-tropolitan Museum Journal”, Vol. 28, 1993, pp. 103-119. Si veda anche A.Schnapper, Curieux du Grand Siècle: Collections et collectionneurs dansla France du XVIIe siècle, Flammarion, Parigi 1994, pp. 182-186.222 Cfr. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 77. Bisogna osservareche l’Hotel Hesselin – al 24 di quai de Bethune sulla Île Saint-Louis, Parigi– demolito nel 1935, sorgeva su un’area acquistata dallo stesso Hesselin nel1639. La costruzione dell’Hotel fu affidata a Louis Le Vau (1612-70), e i-niziò solo nel 1641. Quindi il riferimento di Jean François Niceron rimandacon tutta evidenza ad una precedente dimora parigina di Hesselin, e noncerto al castello di Chantemerle ad Essonnes. Il Castello fu infatti acquistatoda Hesselin sempre nel 1638 e sottoposto a notevoli lavori di adeguamentofunzionale e ristrutturazione, a carico sia del corpo di fabbrica che dei giar-dini. Quindi esisteva un’altro cabinet parigino, antecedente a quello piùnoto, nel quale Hesselin deve avere inziato la sua collezione di mirabiliache, col passare del tempo, aumentò di consistenza, motivando l’esigenzadi una o più dimore progettate ad hoc.223 R. L. Colie, Some paradoxes in the language of things, cit., p. 114 .224 In particolare, l’opera cui si deve fare qui riferimento è il suo De motunaturali gravium, fluidorum et solidorum, pubblicato nel 1638 – dunque incontemporanea con La Perspective curieuse e poco prima dei Discorsi in-torno a due nuove scienze di Galileo Galilei. Baliani ebbe una fitta cor-rispondenza sia con Galilei che con Castelli. La prima edizione del De motunon risultava dichiaratamente ispirata alle conclusioni cui era giunto preco-cemente già Galilei, mai citato al suo interno, mentre quella successiva del1646 si spinse al punto di elaborare enunciati anti-galileiani. Cfr. Id., Demotu naturali gravium solidorum et liquidorum, a cura di G. Baroncelli,Giunti, Firenze 1986; S. Moscovici, L’Expérience du Mouvement: Jean-Baptiste Baliani, disciple et critique de Galilée, Hermann, Parigi 1967; C.R. Palmerino, Infinite Degrees of Speed, in “Early Science and Medicine”,Vol. 4, No. 4, 1999, pp. 269-328.

sul magnetismo di A. Kircher (Magnes, sive De Arte Magnetica, Roma1641, p. 328) dove si legge, tra le altre sedi in cui avrebbe svolto le misura-zione per conto di Kircher, “Liburni, vel Ligurni”. Con tutta probabilità, iltesto deve fare riferimento all’antico nome della città di Livorno, e non aquello di Ligurno, frazione del comune di Cantello (Varese). Cfr. A. Rosse-bastiano, Livorno Ferraris, in “Dizionario di toponomastica. Storia e signi-ficato dei nomi geografici italiani”, Utet, Torino 1990, p. 357. Questa ipotesipotrebbe essere confermata, come suggerito da F. Camerota, anche dallamappa contenuta in esergo del Diario del Rucellai (cfr. G. F. Rucellai,Un’ambasciata: diario dell’abate G. Fr.co Rucellai, a cura di G. Temple-Leader, G. Marcotti, G. Barbera, Firenze 1884), rappresentante il tipico iti-nerario di viaggio seicentesco da Firenze a Parigi, via Livorno, con imbarcoper Genova, e poi su per Torino e Lione. Un itinerario alternativo era quelloche toccava: Firenze-Bologna-Milano-Torino-Lione-Parigi. 212 APUG 557B, faI. 383r-v Lat. Lugdunii, Kal. Maii 1640. Cfr. W. Grama-towski, S. I., M. Rebernik, Epistolae Kircherianae. Index alphabeticus,index geographicus, Institutum Historicum, Roma 2001, p. 82.213 Non è stato possibile determinare, nella cronologia delle pestilenze, ladata di una epidemia compatibile con quella desumibile dalla corrispon-denza Kircher-Niceron (1640). Quella temporalmente più vicina, ma ante-cedente, che afflisse il centro-nord Italia, è collocata tra 1629 e il 1631;quella successiva, fra il 1656 e il 1657. Cfr. M. Livi Bacci, La popolazionenella storia d’Europa, Laterza, Bari 1998; G. Cosmacini, Storia della me-dicina e della sanità in Italia, Laterza, Bari 1987.214 Cfr. J. E. Flelchef, Astronomy in the Life and Correspondence of Athana-sius Kircher, in “Isis”, Vol. 61, No. 1, Primavera 1970, p. 60. Bisogna ri-cordare che Niceron, tra i Confratelli-scienziati dell’Ordine, fu forse l’unicoa mantenere rapporti di ‘buon vicinato’ con A. Kircher, il quale invece siscagliò contro Padre Maignan, accusandolo ripetutamente di plagio, per l’in-venzione dello specchio cilindrico, in ambito gnomonico. Su questa querellesi veda J.-M. Hornet, Astronomie et astronomes en Provence, 1680-1730,Edisud, Aix-en-Provence 1982, p. 266; J. Saguens, De vita, moribus, etscriptis R. P. Emanuel Maignani, cit., p. 10.215Journal d’Olivier le Fèvre d’Ormesson; publié par P.A. Charuel, Collec-tion de documents inédits sur l’histoire de France, 2 voll., Parigi 1860-61.Cfr. vol. I, (1643-1650), 1860, p. 333.216 Michel-Florent van Langren (Langrenus) (1600 ca.-1675) fu matematicoe cosmografo regio presso la corte di Félipe IV di Spagna, noto per essersidedicato a questioni come la determinazione della longitudine in mare apertoattraverso l’osservazione della topografia lunare. Van Langren deve la suafama soprattutto alla redazione della prima mappa lunare (febbraio 1645) edi quelle relative al suo plenilunio e alle sue trenta fasi intermedie. Fu attivoanche come ingegnere balistico e civile, in quest’ultima veste presentandoprogetti di miglioramento per i porti di Mardyck e di Ostenda. Cfr. G. desMarez, Notice sur les documents relatifs à Michel-Florent van Langren, in“Revue des bibliotheques et archives de Belgique”, n°1, 1903, pp. 371-378;n°2, 1904, pp. 23-31; H. Bosmans, Le carte lunaire de van Langren, in“Revue des questions scientifiques”, n°54, 1903, pp. 108-139. Si veda ancheil fondamentale volume di E. Whitaker, Mapping and Naming the Moon,Cambridge University Press, Cambridge 1999, nel quale l’autore riprendee amplia un precedente saggio intitolato Selenography in the SeventeenthCentury, in M. Hoskin, a cura di, “The General History of Astronomy”, Vol.2, Pt. A, Cambridge University Press, Cambridge 1984.217 Cfr. P. J. S. Withmore, The Order of Minims in Seventeenth-CenturyFrance, cit., p. 161. Il resoconto di Olivier le Fèvre d’Ormesson (25 novem-bre 1645) lascerebbe supporre che Niceron possa aver mostrato una sua ri-costruzione della selenografia originale, eseguita a memoria, forse basatasulla bozza preparatoria disegnata e colorata a mano da van Langren. Cfr.E. Whitaker, Mapping and Naming the Moon, cit., pp. 37 e sgg. Tuttavia, sipotrebbe avanzare l’ipotesi alternativa che Niceron abbia ridisegnato un’al-

78

225 Cfr. Bibl. Nat. de France, Parigi, Fondo fr. nuovi acq. 6209, pp. 15-18,ff. 9-10. Si veda anche S. Moscovici, L’expérience du mouvement, cit., pp.35-36. 226 Cfr. E. Grant, a cura di, Much ado about nothing; theories of space andvacuum from Middle Ages to the Scientific Revolution, Cambridge Univer-sity Press, Cambridge 1981.227 Anche Padre Mersenne, durante il viaggio di sei mesi in Italia, nell’in-verno 1643-1644, soggiornò a Roma, presso il convento pinciano, venendoaccolto calorosamente dagli ambienti intellettuali e scientifici dell’epoca, eassistendo ad alcuni esperimenti barometrici. Qui incontrò i principali espo-nenti della cultura scientifica italiana, le cui scoperte contribuì a diffonderein Francia al suo rientro. È qui che, tra gli altri, ebbe modo di fare laconoscenza del Cardinale Francesco Barberini e del geografo Holstenio, os-pite del Cardinale Bernardino Spada. Cfr. R. Taton, L’annonce de l’expéri-ence barométrique en France, in “Revue d’histoire des sciences et de leursapplications”, Tome 16, n°1, 1963, pp. 77-83; H. Ludwig, Marin Mersenneund seine Musiklehre, Halle, Berlino 1935.228 Fra l’altro, nell’imprimatur del volume, segnatamente nella Licentia P.Generalis, il nulla osta alla pubblicazione, oltre a recare il sigillo del Cor-rettore Generale dell’Ordine dei Minimi, Padre Lorenzo da Spezzano, pre-senta anche le firme di Padre Francesco Lanovio e dello stesso Niceron(Parigi, febbraio 1644).229 Cfr. Le P. FRANÇOIS NICERON, de Rome, à MERSENNE, à Paris, 8décembre 1641. Parigi, Bibl. nat., f. fr., nouv. acq., 6205, p. 9 (fo 5 rouge,recto). Autographe inedito. Cfr. M. Mersenne, Correspondance de MarineMersenne, a cura di C. de Waard, t. X, Du 6 aoùt 1640 à fin décembre 1641,Parigi 1967, pp. 811-813; Le P. JEAN-FRANÇOIS NICERON, de Home, àMERSENNE, à Paris, 2 février 1642, Parigi, Bibl. nat., f. fr., nouv. acq.6205, pp. 221-225 (fol. 110 recto-verso). Autographe inedito. Cfr. M.Mersenne, Correspondance de Marin Mersenne, a cura di C. de Waard, t.XI, 1642, Parigi 1970, pp. 30-34. Si veda anche C. de Waard, A la recherchede la correspondance de Mersenne, in “Revue d’histoire des sciences et deleurs applications”, Tome 2, n°1, Parigi 1948, pp. 13-28.230 Cfr. A. Koyré, Metaphysics and Measurement, Gordon & Breach SciencePublishers Ltd, Amsterdam 1993.231 Questa titolazione ‘alternativa’ dell’opera romana di Niceron si ricavadal Compendiosum Chronicon romani conventus SS.mae Trinitatis in MontePincio fratrum ordinis Minimorum nationis Gallicanae, Fondo del Conventodi Trinità dei Monti (T2), sec. XVII, s.i.p., segnatamente nel capitolo chedescrive le pitture murarie collocate al I piano del complesso conventuale.232 Cfr. R. Ceñal, Emmanuel Maignan su vida, su obra, su influencia, in “Re-vista de Estudios Polìticos”, XLVI, 1952, pp. 111-149.233 Cfr. AGM, Livre des Conclusions Capitulaires de ce convent de la S.teTrinitè Du mont (5-X-1620 -26-IX- 1649), (T3), XVII sec., p. 191.234 Bonnard (Histoire du couvent royal de la Trinité du Mont Pincio à Rome,cit., p. 47) erroneamente indica come soggetto del ritratto anamorfico LuigiXIV (Re Sole), che notoriamente regnò a partire dal 14 maggio 1643 fino al1º settembre 1715. R. P. C. Martin (in Histoire du couvent royal des Minimesfrançais de la très sainte Trinité sur le mont Pincius à Rome, cit., p. 324),non avendo ben chiara la cronologia delle pitture murali al Pincio, annotache Niceron “…avendo visto l’opera del P. Maignan, ne fu incantato; eriguardo alla proposta che gli fu fatta dalla comunità di dipingere in otticanell’ala opposta alla suddetta galleria, il ritratto del Re Luigi XIII; egli ac-condiscese inizialmente; poi cambiando opinione, mise al suo posto, SanGiovanni l’evangelista in prospettiva, seduto sull’isola di Patmos sotto unapalma mentre scrive la sua apocalisse con un’aquila ai suoi piedi, e una sferadietro la sua testa.” 235 Cfr. P. Julien, Anamorphoses et vision miraculeuses du Père Maignan(1602-1676), cit., p. 50, n. 13.236 Cfr. G. Fratini, F. Moriconi, Datazione e attribuzione dell’anamorfosi di

San Giovanni a Pathmos presso il Convento della Trinità dei Monti a Roma,cit., p. 126.237 Cfr. AGM, Livre des Conclusions Capitulaires de ce convent de la S.teTrinitè Du mont, cit., p. 190.La licenza a raggiungere Parigi deriva diretta-mente dal reverendissimo Padre Gnâl. Il 28 marzo 1640 viene imposta l’ob-bedienza di ritorno a Niceron che, dopo la missione in Francia, dovràritornare presso la Trinità dei Monti in quanto locale presso questo Con-vento. Si ricorda che all’epoca la Trinità dei Monti era anche sede dellaCuria Generalizia dell’Ordine dei Minimi.238 Durante i lavori di restauro, curati da Luigi De Cesaris, a carico delleGallerie delle celle del secondo piano del convento, sono emerse tracce diuna pellicola pittorica del tutto analoga a quella che caratterizza l’anamorfosidel San Giovanni Evangelista. Per la precisione, questi elementi sono statiportati alla luce in una delle pareti della piccola biblioteca delle Suore Con-ventuali – e dunque non in un corridoio –, collocata nell’ala est del com-plesso, proprio al di sopra del corridoio niceroniano. Durante questa lavori,De Cesaris ha riportato alla luce anche la seconda meridiana – quella po-meridiana – eseguita da Maignan nella sua cella.239 Dagli Atti Conventuali conservati a Roma (Archivio Generalizio dei PadriMinimi) si desume che Niceron lasci il convento di Trinità dei Monti nel-l’aprile del 1642, allorchè riceve l’obbedienza di ritorno in Francia. Unalettera inviata da Gabriel Naudé al Cardinale Francesco Barberini (oggi con-servata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, Ms.Cod. Barb. Lat. 6741, fol. 34r) attesta la data del 24 giugno 1642 per il suorientro a Parigi. Si deve supporre che i tre mesi intercorrenti tra aprile egiugno del 1642 Niceron li abbia passati lontano dal cenobio romano e chedebbano identificarsi con il periodo di soggiorno a Firenze, presso il Gran-duca di Toscana Ferdinando II de’ Medici. Cfr. M. Bevilacqua, G. C.Romby, a cura di, Firenze e il Granducato: province di Grosseto, Livorno,Pisa, Pistoia, Prato, Siena, De Luca Editori d’Arte, Roma 2007, p. 188,dove erroneamente si indica il 1643 quale anno del soggiorno toscano diNiceron, impegnato invece a Place Royale (dal 5 novembre 1642 al 27agosto 1643) in qualità di scriba delle conclusioni capitolari.240 Cfr. AGM, Livre des Conclusions Capitulaires de ce convent de la S.teTrinitè Du mont, cit., p. 224.241 Cfr. E. Maignan, Perspectiva Horaria…, cit., p. 438. Per uno studio gen-erale su questa anamorfosi si rimanda al saggio di C. Boscaro (Lo spazioanamorfico dell’alpha: Emmanuel Maignan e il San Francesco di Paola inpreghiera a Roma) nel presente volume, e a F. Terki, L'anamorphose muralede la Trinité-des-Monts à Rome ou L’invisible intelligibile, Ed. de l’Espérou,Montpellier 2006.242 La riscoperta e l’intervento conservativo dell’anamorfosi niceronianasono iniziati, su incarico dei Pii Stabilimenti di Francia a Roma e Loreto,nella primavera del 2005 e conclusi nel febbraio 2009. Il nome della societàimpegnata nei suddetti lavori è De Cesaris s.r.l. Il Direttore tecnico del la-voro è stato Luigi De Cesaris, i restauratori che hanno collaborato all’inter-vento di restauro dell’anamorfosi di Niceron e dell’Astrolabio di Maignansono: Emiliano Abrusca, Luigi De Prezzo, Chiara Di Marco, Valentina PeriProto, Sara Scarafoni, Susanne Von Bulow, Elisa Zidda. Responsabile del-l’Alta sorveglianza (SBAAS Roma) è stata la dott.ssa Simona Antellini,mentre l’incaricata della Direzione tecnico-scientifica è stata la prof.ssa L.Mora.243 J. F. Niceron, Ioannis Francisci Niceronis... Thaumaturgus opticus, seu,Admiranda optices per radium directum, catoptrices per reflexum è politiscorporibus, planis, cylindricis, conicis, polyedris, polygonis & aliis, diop-trices per refractum in diaphanis: in quibus scenographiae seu perspectivaefundamenta, praxes facillimas & demonstrationes exhibita etiam illiuspraescripto omnis generis solida regularia simplicia & composita & irre-gularia multiformia, polyedra, stellata, perforata nec non architecturae ci-vilis & militaris diagrammata & alia in graphide spectacula non iniucunda

79

certissimae quoque & expeditissimae dantur regulae pro triplici videndi ra-tione directâ reflexâ & fractâ, figuras & imagines quascunque deformes &improportionatas in quacunque superficie delineandi ita ut ex certo spec-tatae puncto videantur venustè proportionatae picturaeque & symmetriaelegibus non dissonae imò & cuicunque obiecto dato simillimae: opus cu-riosum & utile pictoribus... Pars prima, De iis quae spectant ad visionemdirectam, Parigi 1646, p. 176.244 Cfr. P. Malgouyers, Charles Mellin, le Dominiquin et le Guerchin, in “LePays lorrain”, vol. 78, n°2, aprile-giugno 1997, p. 111-116; P. Choné, schedan° 14, in Y. Bruley, a cura di, “Trinité-des-Monts redécouverte/Trinità deiMonti riscoperta. Arts, foi et culture/Arti, fede e cultura”, De Luca Editorid’Arte, Roma 2002.245 Cfr. The London encyclopaedia: or Universal dictionary of science, art,literature, and practical mechanics, comprising a popular view of the pre-sent state of knowledge, Vol. III, Thomas Teg, vol. II, Londra 1829, p. 264.246 L’immagine pittorica di C. Mellin appare ‘invertita’ rispetto a quella pro-iettata anamorficamente da Maignan sulla parete del corridoio di Trinità deiMonti. L’incisione di C. Audran si mostra invece già orientata coerente-mente con l’anamorfosi romana, e può aver costituito la ‘sinopia’ su cuiMaignan lavorò per trarre lo spolvero impiegato durante le operazioni geo-metriche descritte nella sua Perspectiva Horaria. Recentemente P. Julien(Anamorphoses et vision miraculeuses du Père Maignan (1602-1676), cit.,pp. 45-71), confrontando l’immagine anamorfica del Santo con uno dei suoiritratti contenuto ne Les figures et l’abrégé de la vie, de la mort et des mir-acles de S. François de Paule, agiografia pubblicata a puntate da AntoineDondé nel 1671 (precisamente il medaglione 56 della tavola XVI), ha con-cluso che il Santo non è raffigurato nell’eremo della sua natia Calabria, trai monti della Sila – come si legge in quasi tutta la saggistica specialista –,bensì nel giardino della tenuta reale dello Château de Plessis-lés-Torus, dovemorì lo stesso Luigi XI, protettore di San Francesco di Paola.247 La disposizione di profilo del corpo – anche se invertita – potrebbe ri-mandare al celebre Paesaggio con San Giovanni che scrive l’Apocalisse (ca.1640) dipinto da Nicolas Poussin (1594-1665) e conservato presso la A. A.Munger Collection, The Art Institute of Chicago.248 Cfr. L. De Cesaris, M. C. Tomassetti, a cura di, Appendice. Scheda tec-nica relativa al restauro dell’anamorfosi di San Giovanni sull’isola di Path-mos, in “MEFRIM: Mélanges de l’École française de Rome. Italie etMediterranée”, t. 122/1, École Française de Rome, Roma 2010, pp. 132-133.249 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 52.250 In merito a questa costruzione niceroniana, si veda D. Bessot, La per-spective de Niceron et ses rapports avec Maignan, cit., pp. 160 sgg. Si notiche l’autore esamina un’edizione postuma (1663) de La Perspectivecurieuse, e non la prima data alle stampe nel 1638: l’articolazione degliEnunciati e dei relativi Corollari è decisamente differente nelle due edizioni.Lo stesso D. Bessot ha condotto in anni recenti la più approfondita analisi,finora scritta, sui due trattati di Niceron, nel saggio: Synthèse et développe-ment de techniques d’anamorphoses au XVIIe siècle : les traités du péreJean-François Niceron, in “MEFRIM: Mélanges de l’École française deRome. Italie et mediterranée”, vol. 117, 1, Roma 2005, pp. 91-129.251 Cfr. L. B. Alberti, De pictura, in “Opere volgari”, a cura di C. Grayson,Laterza, Bari 1973, III, pp. 7-107.252 Cfr. A. Dürer, Underweisung der Messung, Norimberga 1525, IV.253 Si vedano, in merito, i saggi di C. Monteleone (Tot habet sacramentaquot delineationes: il San Giovanni Evangelista di Jean François Nicerona Roma) e C. Boscaro (Lo spazio anamorfico dell’alpha: Emmanuel Mai-gnan e il San Francesco di Paola in preghiera a Roma) nel presente vo-lume.254 “Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circamezz’ora. Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe.

Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro.Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere ditutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono. E dalla manodell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghieredei santi. Poi l’angelo prese l’incensiere, lo riempì del fuoco preso dall’altaree lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scossedi terremoto. I sette angeli che avevano le sette trombe si accinsero asuonarle. Appena il primo suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati asangue scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra fu arso, un terzo deglialberi andò bruciato e ogni erba verde si seccò. Il secondo angelo suonò latromba: come una gran montagna di fuoco fu scagliata nel mare. Un terzodel mare divenne sangue, un terzo delle creature che vivono nel mare morìe un terzo delle navi andò distrutto. Il terzo angelo suonò la tromba e caddedal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo deifiumi e le sorgenti delle acque. La stella si chiama Assenzio; un terzo delleacque si mutò in assenzio e molti uomini morirono per quelle acque, perchéerano divenute amare. Il quarto angelo suonò la tromba e un terzo del sole,un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e si oscurò: il giorno perseun terzo della sua luce e la notte ugualmente. Vidi poi e udii un’aquila chevolava nell’alto del cielo e gridava a gran voce: “Guai, guai, guai agli abi-tanti della terra al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stannoper suonare!”255 Sul simbolismo delle figure dell’Apocalisse, si rimanda a: M. Adinolfi,Apocalisse. Testo, simboli e visioni, Piemme, Casal Monferrato 2001; D.Barsotti, Meditazione sull’Apocalisse, San Paolo edizioni, Milano 2006; A.De Petris, Riletture dell’Apocalisse. Riconsiderazioni sull’idea del Regno(Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria” – Studi, n. 236),Leo S. Olschki, Firenze 2006; G. Biguzzi, L’Apocalisse e i suoi enigmi, Pai-deia, Brescia 2004. 256 “E un altro angelo, che aveva potestà sul fuoco, uscì dall’altare e gridò agran voce a quello che aveva la falce tagliente, dicendo: “Metti in azione latua falce tagliente e vendemmia i grappoli della vigna della terra, poiché lesue uve sono mature. Allora l’angelo lanciò la sua falce sulla terra e vendem-miò la vigna della terra e gettò l’uva nel gran tino dell’ira di Dio. Il tino fupigiato fuori della città e dal tino uscì tanto sangue, che giungeva sino allebriglie dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.”257 Allorchè i Profeti predicono la distruzione di Babilonia avvertono cheessa “…non sarà mai più abitata, d’età in età nessuno vi si stabilirà più;l’Arabo non vi pianterà più la sua tenda, né i pastori vi faran più riposare ilor greggi; ma vi riposeranno le bestie del deserto, e le sue case saran pienedi gufi; vi faran la loro dimora gli struzzi, i satiri vi balleranno”. Cfr. Isaia,13, 20-21.258 “hJ th~" ojptikh~" ajpokavluyi", oJ th~" ajpokaluvyew" aujtovpth”. Cfr. J. F.Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 177.259 Sul simbolismo dell’aquila si veda: A. Cattabiani, Volario, Mondatori,Milano 2000, p. 409; J. Chevalier, A. Gheerbrandt, Dizionario dei simboli,vol. I, A-K, Rizzoli, Milano 1986, pp. 80-85.260 “Egli aprì il pozzo dell’Abisso e salì dal pozzo un fumo come il fumo diuna grande fornace, che oscurò il sole e l’atmosfera.” Cfr. La sacra Bibbia.Nuova edizione ufficiale della Cei, a cura della Conferenza episcopale ita-liana; UELCI, San Paolo edizioni, Milano 2008, Apocalisse 9:2.261 Il Prologo costituisce l’incipit del Vangelo secondo Giovanni, scritto ori-ginariamente in greco antico, ma ricco di ebraismi e latinismi, e completatointorno all’anno 100 nell’area geografica di Efeso. In esso si legge. “In prin-cipio era il Logos/ e il Logos era verso Dio/ e Dio era/ il Logos/ Questi erain principio verso Dio.”262 Cfr. La sacra Bibbia. Nuova edizione ufficiale della Cei, cit., 1 Giovanni1,1-4.263 Cfr. G. Fratini, F. Moriconi, Datazione e attribuzione dell’anamorfosi diSan Giovanni a Pathmos, cit., pp. 128-129.

80

264 Cfr. G. del Monte, I Sei Libri della Prospettiva, a cura di R. Sinisgalli,“L’Erma” di Bretschneider Ed., Roma 1984.265 Si tratta di una selezione, operata dal filosofo G. Leibniz (1646-1716),di passi tratti dai taccuini giovanili di Descartes (risalenti agli anni 1619-1621) e pubblicati per la prima volta in Oeuvres inédits de Descartes, a curadi L. A. comte Foucher de Careil, 2 voll., Ladrange et Durand, Parigi 1859-1860.266 Cfr. R. Descartes, A.T., X, 216.267 D. Judovitz, Vision, Representation, and Technology in Descartes, cit.,p. 63268 Ivi, p. 67.269 Ivi, p. 73.270 B. Newell Decyk, Cartesian imagination and perspectival art, cit., p.482. Sul problema della rappresentazione in Descartes si rimanda a R. DeRosa, Descartes and the Puzzle of Sensory Representation, Oxford Univer-sity Press, Oxford 2010; P. Soual, Experience et metaphysique dans le carte-sianisme, L’Harmattan, Parigi 2007, pp. 143-155. Un interessante esamedell’opera cartesiana è anche contenuto nel volume: P. Valéry, Il suono dellavoce umana (Filema, Napoli 2008) che presenta, in chiusura, il saggio di B.M. d’Ippolito, Anamorfosi del soggetto. Il Cartesio di Valéry.271 D. Bessot (in Id., La perspective de Niceron et ses rapports avec Mai-gnan, cit., p. 164) ipotizza un uso misto da parte di Niceron del metodo pro-iettivo-geometrico (già esaminato dall’autore ne La Perspective Curieuese)e di quello meccanico.272 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p.177. Per gli attributi cromaticidi San Giovanni Evangelista si veda Biblioteca Sanctorum, vol. VI, Roma1965, pp. 758-798.273 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus…, cit., p. 176.274 Ivi, p. 178. Il piede cui fa riferimento Niceron è quello parigino pari a0,3248394 m.275 Cfr. P. Rosenberg, J. Thuillier, a cura di, Laurent de La Hyre (1606-1656),Skira, Ginevra 1988. Si veda anche, F. Siguret, L’oeil surpris, cit., p. 193.276 Si veda, in merito, il saggio di E. Trevisan (In a land I never saw: rico-struzione digitale e interpretazione delle anamorfosi niceroniane a PlaceRoyale) nel presente volume.277 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 177.278 Ivi, p. 178.279 Cfr. H. Grootenboer, The Rhetoric of Perspective: Realism and Illusio-nism in Seventeenth-Century Dutch Still-Life Painting, University OfChicago Press, Chicago 2005, p. 106.280 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 178. Nel testo la citazione èin greco antico e gioca sulla possibile traduzione del termine ‘apocalisse’con ‘svelamento’, operazione implicita anche nella decodificazione dell’im-magine anamorfica.281 Cfr. D. Roche, Almanach parisien, en faveur des étrangers et des per-sonnes curieuses, Parigi 1776, pp. 82-83. Si veda anche G. Brice, Descrip-tion de la Ville de Paris et de tout ce qu’elle content de remarquable, Parigi1752, pp. 224-229; P.-T.-N. Hurtaut, Dictionnaire historique de la Ville deParis et de ses environs, tom. III, Parigi 1779, p. 548.282 O. Krakovitch, Le couvent des Minimes de la Place-Royale, cit., p. 225.283 In Arch. nat., LL 1565, fol. 34 si riportano ulteriori lavori a carico delcorridoio, tra i quali l’installazione di altri pannelli, la dipintura delle paretie la murazione dei vani che si affacciavano sul giardino.284 T. Hobbes, Opera philosophica quae latinae scripsit omnia, Londra1839-1845, vol. II, p. 39 (De Homine, IV.12). N. Malcom sostiene cheHobbes abbia visto le anamorfosi murarie di Niceron presso il Convento diPlace Royale a ridosso del loro primo incontro, “…prima del secondo viag-gio in Italia del Frate nella primavera del 1641” (Id., Aspects of Hobbes, cit.,p. 218). Tuttavia questa ipotesi non pare suffragata dalla cronologia di en-trambe le opere parigine, risalenti al 1644-1645.

285 Una prova indiretta che anche Hobbes avesse letto l’opera di Niceron –almeno il suo primo trattato del 1638 – si desume dalla definizione del-l’anamorfosi fornita dal filosofo inglese, che lascia pochi dubbi: “curiouskind of perspective”(in T. Hobbes, Answer to sir William Davenant’s Prefacebefore Gondibert, in D. F. Gladish, “Sir William Davenant’s Gondibert”,Clarendon Press, Oxford 1971, p. 55). Sui rapporti tra la teoria ottica hobbe-siana e quella esposta da Padre E. Maignan, si veda invece: F. Giudice, Lucee visione. Thomas Hobbes e la scienza dell’Ottica, Leo S. Olschki, Firenze1999, pp. 111-118. Sul tema della rappresentazione nel pensiero filosoficoe politico di Hobbes rimandiamo a: M. Brito Vieira, The Elements of Re-presentation in Hobbes. Aesthetics, Theatre, Law, and Theology in the Con-struction of Hobbes’s Theory of the State, Brill, Leida e Boston 2009, pp.15-74.286 M. Mersenne, F. Marini Mersenni Cogitata physico mathematica: inquibus tam naturae quam artis effectus admirandi certissimis demonstra-tionibus explicantur, Parigi 1644.287 Si veda anche M. Mersenne, Correspondance, t. XIII, p. 45 (n.)288 Cfr. Arch. nat., LL 1566, fol. 168.289 Ivi, fol. 232 v°. 290 Cfr. L.-V. Thiéry, Guide des amateurs et des étrangers voyageurs à Paris:ou Description raisonnée de cette ville, de sa banlieue, et de tout ce qu’ellescontiennent de remarquable, cit., p. 687. Si desume che le descrizioni con-tenute in opere dello stesso periodo o successive (come ad esempio: D.Roche, Almanach parisien, en faveur des étrangers et des personnescurieuses, cit., pp. 82-83; P.-T.-N. Hurtaut, Dictionnaire historique de laVille de Paris et de ses environs, Parigi 1779, p. 548; L. Duchesne, Archivesdes missions scientifiques et littéraires ..., Parigi 1856, p. 403) non sianobasate sull’osservazione diretta degli affreschi.291 Cfr. J. B. de Saint-Victor, Tableau historique et pittoresque de Parisdepuis les Gaulois jusqu’à nos jours, vol. 2, Parigi 1809, pp. 679-684. 292 La pratica di eseguire pitture anamorfiche di ampie dimensioni ha illustriantecedenti storici, puntualmente ricordati da Niceron nel Thaumaturgusopticus (Libro II, Proposizione XI, Corollario quarto, p. 178) come la Mi-nerva di Amulio, ricordata da Plinio nella sua Storia naturale; un’immaginedi S. Matteo realizzata sulla volta del convento di Vincennes-les-Paris; e in-fine una Deposizione dalla Croce eseguita da Daniele Ricciarello di Volterrapresso il convento della Trinità del Monte Pincio (di cui esisteva una copiaanche presso il Convento dei Minimi di Parigi), in cui Cristo appare in dueposizioni diverse, a seconda che sia osservato dal lato destro o dal sinistro,comunque aggettante dalla superficie pittorica. Cfr. J. Baltrušaitis, Anamor-fosi, cit., pp. 63, 73 sgg. Su Daniele da Volterra e J. F. Niceron si veda: F.Cousinié, Voir le Sacré: perception et visibilité du maître-autel au XVIIe siè-cle, in “Histoire de l’art”, n°28 dicembre 1994, pp. 37-49, e n° 29-30, mag-gio 1995, pp. 33-44.293 Cfr. Mazarine, 2429, Annales des Minimes de la Place Royale, p. 172.Le anamorfosi italiane di Niceron e di Maignan furono viste da PadreMersenne nel suo viaggio a Roma del 1644.294 Ivi, p.176. Si veda anche O. Krakovitch, Le couvent des Minimes de laPlace-Royale, cit., p. 226. I ‘biografi’ ufficiali di Maignan, erroneamente,indicano come anno di questa visita il 1657.295 Cfr. P. J. S. Withmore, The Order of Minims in Seventeenth-CenturyFrance, cit., p. 166.296 La dimensione dell’opera è di cm 20,5 x 130 cm. 297 G. Brice, Description nouvelle de la ville de Paris, I, Parigi 1672, p. 217.Si veda anche M. L. Jones, The Good Life in the Scientific Revolution. Des-cartes, Pascal, Leibniz, and the Cultivation of Virtue, University of ChicagoPress, Chicago 2006, pp. 180-195.298 Cfr. D. de Dargenville, Voyage pittoresque de Paris, Parigi 1757, p. 285.299 Cfr. C. Le Maire, Paris ancien et nouveau, 3 voll., Parigi 1685, II, pp.173-174.

81

300 Cfr. Encyclopédie méthodique par ordre des matières, edita da C. J.Panckoucke, H. Agasse, T.-C. Agasse, 216 volumi, Parigi 1782 -1832.301 Cfr. infra Ad vocem: Anamorphose, redatta da J. Le Rond D’Alembert(1751): “On voit à Paris, dans le cloître des Minimes de la Place Royale,deux anamorphoses tracées sur deux des côtés du cloître; l’une représentela Madeleine ; l’autre S. Jean écrivant son évangile. Elles sont telles quequand on les regarde directement, on ne voit qu’une espece de paysage, &que quand on les regarde d’un certain point de vûe, elles représentent desfigures humaines très-distinctes. Ces deux figures sont l’ouvrage du pereNiceron, Minime, qui a fait sur ce même sujet un traité latin, intitulé, Thau-maturgus opticus, Optique miraculeuse, dans lequel il traite de plusieursphénomenes curieux d’Optique, & donne fort au long les méthodes de tracerces sortes d’anamorphoses sur des surfaces quelconques.”302 Id., II, 1791 (ad vocem: Perspectives des obiets réfléchis), p. 740.Analoga è la descrizione fornita da P. J. B. Nougaret nel suo Anecdotes desbeaux arts, Parigi 1774, p. 68. 303 Cfr. W. Hooper, Rational Recreations, vol. 2, Londra 1774, p. 174:“There are at the convent of Minims in Place Royale at Paris, several sub-jects of this kind, painted on the walls of the cloister by P. Niceron, who haspu-blished an excellent treatise on this art. Among others, the figure of aMa-gdalen daily excites the curiosity of a number of connoisseurs. Unfor-tunately, these pieces which have suffered by time, have been not properlyrepaired.”304 J.-B. Bon Boutard, Dictionnaire des arts du dessin: la peinture, la sculp-ture, la gravure, et l’architecture, Le Normant, Parigi, 1826, pp. 29-30.305 Cfr. F. Bardon, Le Théme de la Madeleine pénitente au XVIIeme siècleen France, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, Vol. 31,1968, pp. 274-306.306 La fruizione delle anamorfosi dalla soglia della porta, all’ingresso dellagalleria, è riportata anche in Nouvelles Archives des missions scientifiqueset littéraires, vol. 5, Delahaye, Parigi 1856, p. 403.307 Si veda, in merito, il saggio di E. Trevisan (In a land I never saw: ri-costruzione digitale e interpretazione delle anamorfosi niceroniane a PlaceRoyale) in questo volume.308 G. Ciucci, Rappresentazione dello spazio e spazio della rappresentazione,in G. Ciucci, M. Scolari, a cura di, “Rassegna. Rappresentazioni”, n°9, Mi-lano 1982, p. 11. Si veda anche F. Camerota, La Prospettiva del Rinasci-mento. Arte, architettura, scienza, Electa, Milano 2066, pp. 194-195.309 Il geometra lionese Girard Désargues aveva studiato, proprio in queglianni, le costruzioni prospettiche che avrebbero permesso di realizzare su su-perfici curve, in particolare concave come quelle delle volte, immagini difigure che non apparissero deformate. Nell’edizione del 1648 della suaManières Universelle pour pratiquer la perspective... (Parigi), curata da A.Bosse, quando si debba eseguire una rappresentazione pittorica su una voltaa botte, Désargues consiglia di realizzare una griglia quadrettata, tesa sulpiano di imposta della volta, e riproducente in scala la suddivisione preven-tivamente tracciata sul disegno preparatorio della scena da dipingere; proi-ettando poi, sulla superficie della volta, le ombre di tale sistema reticolareprodotte da una sorgente di luce (la fiammella di una candela) disposta inbasso, nel punto ottimale di osservazione, si sarebbe proceduto a riprodurreil disegno dato riferendolo alla griglia così deformata. Analoghe soluzionisaranno impiegate da Mario Bettini (come abbiamo visto) e Jacques Oznamper la deformazione anamorfica di un occhio, costruita come insieme dipunti-luce provenienti da una superficie piana o da un cilindro traforati, ri-componendosi l’immagine dell’occhio rispettivamente su uno specchiopiano e su uno specchio cilindrico, opportunamente disposti rispetto al-l’anamorfosi. Cfr. A. De Rosa, G. D’Acunto, La vertigine dello sguardo,cit., p. 131 sgg.310 Si vedano in merito: A. Gesuele, V. Verza, Le meridiane e l’architettura:la chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri e Palazzo Spada in

Roma, tesi di laurea, n.p., Napoli 2002; J. L. Heilbron, The sun in the church.Cathedrals as solar observatories, Harvard University Press, Cambridge(Mass.) e Londra 1999. 311 Cfr. R. P. C. Martin, Histoire du couvent royal des Minimes français dela très sainte Trinité sur le mont Pincius à Rome, cit., p. 325: “Egli lasciòquesto convento per obbedienza il 14 aprile 1642 e se ne tornò nella suaprovincia di Parigi, dove si dedicherà interamente allo studio della filosofiae della teologia, aderendo molto ai Moderni per la prima di queste scienze,e seguendo con precisione la strada indicata dalle pagine degli antichi teologiper la seconda.” Si ricorda che nell’ottobre del 1642 inizia il Correttorato diPadre Nicolas Lesnée presso il Convento di Place Royale.312 Come si evince dai documenti dell’epoca (cfr. Conclusion Capitulairefaites au couvent de Paris de 1612 à 1643, LL 1564 Archives Nationale, Pa-rigi, f° 117r), a Niceron fu affidato in custodia, in qualità di Segretario, illibro delle Conclusioni Capitolari dall’ottobre 1642 al settembre 1644.313 Cfr. G. Temple-Leader, G. Marcotti, a cura di, Un’ambasciata: diariodell’abate G. Fr.co Rucellai, Firenze 1884, pp. 218-219.314 Cfr. F. Liceti, De quaesitis per epistolas a claris viris responsa…, 7 voll.,Bologna e Udine, 1640-50, vol. III, 1646, pp. 225-228 (lettera di Niceron aGabriel Naudé, Lione, 15 maggio 1645).315 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. XXII. 316 Cfr. M. Mersenne, Correspondance, t. XIV, pp. 560, 587; J.-P. Niceron,Memoires pour servir a l’histoire des hommes illustres dans la republiquedes lettres, Parigi 1729, pp. 681-682; L. Moreri, Le grand dictionnaire hi-storique: ou le mélange curieux de l’histoire sacrée et profane qui contienten abrégé l’histoire fabuleuse des Dieux et des Héros de l’Antiquité Pa-yenne, les vies et les actions remarquables des Patriarches…, Volume 5, Pa-rigi 1732, p. 516. La tomba di Niceron era collocata originariamente pressola chiesa di Notre-Dame de La Sends (cfr. Abbè E. Marbot, Histoire deNotre-Dame de la Seds, Typographie Makaire, Aix-en-Provence 1904, pp.185, 394-395), ma con molta probabilità è andata distrutta, così come sonostati dispersi i suoi resti terreni, essendo l’edificio ricostruito nella sua formaattuale nel 1853 su progetto dell’architetto locale Henri Révoil. (cfr. A. Co-lomb, Église d’Aix. Notre-Dame-de-la-Seds. Notice sur son sanctuaire, sonimage et son culte, Nicot, Aix-en-Provence 1874). In merito, si veda ancheR. Alphéran, Les Rues d’Aix ou Recherches historiques sur l’ancienne ca-pitale de Provence, vol. II, s.i.p., Aix-en-Provence 1846: “Cette église ren-fermait encore les cendres de quelques personnes de mérite, parmi lesquellesnous citerons le P. Jean-François Niceron, religieux minime, natif de Paris,habile mathématicien, connu plus particulièrement par ses recherches surl’optique, mort à Aix, le 22 septembre 1646, à l’âge de trente-trois ans.”Dalla Prefazione del Thaumaturgus opticus si ricava anche che, poco primadi morire (1646), Niceron sostò anche a Grenoble. Cfr. P. J.S. Withmore,The Order of Minims in Seventeenth-Century France, cit., p. 156. Per unostrano caso del destino, l’unica anamorfosi murale sopravvissuta in Franciasi trova proprio ad Aix-en-Provence, presso il Collège Royal Bourbon (l’at-tuale Lycée du Sacré-Cœur). Costruito nel 1681 dai Gesuiti, sotto la super-visione dei frati Valloni, fu consacrato nel 1699 e dedicato a Saint Louis.L’anamorfosi, raffigurante Le repentir de Saint Pierre au Jardin des Oliviers,si trova nella cosiddetta “salle des pères”. Cfr. J. Pascal, L’Anamorphosemurale du collège jésuite d’Aix-en- Provence: jusqu’à Lisbonne par la barbede saint Pierre, in “Revue de l’art”, n°130, 2000, pp. 17-26.317 Il titolo completo dell’edizione del 1646 è: R. P. Ioannis Francisci Nicero-nis... Thaumaturgus opticus, seu Admiranda Optices, per radium directum:Catoptrices, per reflexum e politis corporibus, planis, cylindricis, conicis,polyedris, polygonis & aliis: Dioptrices, per refractum in diaphanis... Ademin.mum cardinalem Mazarinum. Pubblicazione: Lutetiae Parisiorum:typis & formis Francisci Langlois, alias dicti Chartres, via Iacobaea subinsigni Columnarum Herculis, 1646. L’edizione cui si fa riferimento neltesto è quella conservata presso la Biblioteca del Museo Galileo (coll. MED

82

2161): si tratta dell’edizione postuma del 1646 pubblicata da François Lan-glois.318 François Langlois (o François L’Anglois, 1589-1647), noto anche con ilsoprannome di ‘Chartres’ dal nome della sua città natale, fu incisore,collezionista, commerciante d’arte ed editore. Vissuto a Roma e Firenzenegli anni venti del XVII secolo, si stabilì a Parigi nel 1634, dove aprì unalibreria con annessa stamperia. Amante della musica, il suo ritratto più noto(oggi presso la National Gallery, Londra), firmato da Anthony Van Dyck(1599-1641) lo rappresenta mentre suona una musette de cour (cornamusafrancese). Cfr. L. Libin, Claude Vignon’s portrait of François Langlois, in“Musique-Images-Instruments”, n°5, 2003, pp. 158-164; P. Rosenberg,France in the Golden Age: Seventeenth-Century French Paintings in Ame-rican Collections, Metropolitan Museum of Art, New York 1982, pp. 332-333.319 Sempre al Cardinale Mazarino fu dedicato un altro trattato nel 1647,l’anno successivo a quello di pubblicazione del Thaumaturgus opticus(1646): si tratta del De praestantia musicae veteris di Giovanni Battista Doni(1595-1647). Cfr. E. Oy-Marra, Zu den Fresken des Parnas und desParisurteils von Giovanni Francesco Romanelli in der Galerie Mazarin inParis, in “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, 57 Bd., H. 2, 1994, pp. 170-200.320 Cfr. R. Descartes, Œuvres complete, cit., vol. X, Physico-mathematica.Compendium musicae. Regulae ad directionem ingenii. Recherche de lavérité. Supplément à la correspondance, 1986 p. 7. Si veda anche S. Clark,Vanities of the Eye. Vision in Early Modern European Culture, Oxford Uni-verity Press, Oxford 2007, p. 333.321 L’aggettivo Thaumaturga è impiegato da Athanasius Kircher anche perdefinire una lanterna magica (Lucerna Magica), descritta nella seconda edi-zione (1671) nel suo Ars magna lucis et umbrae.322 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 15.323 Cfr. W. Jamnitzer, Perspectiva Corporum Regularium, Siruela, Madrid2006, ristampa anastatica con un’interessante introduzione di Albert Flocon.Più in generale, si veda: J. F. Gabriel, Beyond the Cube: The Architecture ofSpace Frames and Polyhedra, Wiley, Hoboken NJ 1997. 324 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 121.325 Si veda in merito R. Lenoble, Roberval «éditeur» de Mersenne et du P.Niceron, in “Revue d’histoire des sciences et de leurs applications”, Volume10, n. 10-3, 1957, pp. 235-254.326 Si veda, in merito: G. D’Acunto, Il Thaumaturgus opticus di JeanFrançois Nicéron, tra rigore geometrico e magia naturale, in “BollettinoUfficiale dell’ordine dei Minimi”, Anno LII, n. 2 pp. 255-304, Roma 2006.327 J. Keplero, Ad Vitellionem paralipomena quibus astronomiae pars opticatraditur: potissimùm de artificiosa observatione et aestimat..., Francoforte1604, p. 153. Cfr. anche A. Mallet, Keplerian Illusions: Geometrical Pic-tures vs Optical Images, in “Stud. Hist. Philos. Sci”, 21 (1), 1990. Da unpunto di vista fisiologico, bisogna precisare che quella retinica non è effet-tivamente un’immagine del mondo esterno, ma piuttosto una distribuzionedi punti colorati che eccita il mosaico di coni e bastoncelli, presenti sullasuperficie della retina stessa. Si veda in merito, J. J. Gibson, The perceptionof the visual world, Boston 1950; Id., Pictures, perspective, and perception,in “Daedalus”, LXXXIX, 1960.328 S. Alpers, Arte del descrivere. Scienza e Pittura nel Seicento Olandese,Torino 1984, p. 55.329 Cfr. G. de Santillana, Il processo a Galileo, Mondadori BMM, Milano1960.330 Cfr. J. Kozhamthadam, Kepler and the Sacredness of Natural Science,“Philosophy in Science”, n° 7 1997, pp. 9-36; A. Koyré, La rivoluzione a-stronomica. Copernico, Keplero, Borelli, Feltrinelli, Milano 1966.331 F. Hallyn, Du monde de Kepler comme anamorphose, in “Communica-tion and Cognition”, vol. 14, nn.2-3, 1981, p. 166.332 Ivi, p. 174.

333 Cfr. A. Pérez-Gómez, L. Pelletier, Architectural Representation and thePerspective Hinge, cit., p. 144. In particolare è ne La Dioptrique (1637) cheDescartes affronta la spinosa questione dell’inganno insito nella percezionesensoria come nella rappresentazione prospettica. Si vedano in merito: J.Baltrušaitis, Anamorfosi, cit., pp. 77-86; D. Judovitz, Vision, Representation,and Technology in Descartes, cit.; I. Ikegami, Due volti dell’anamorfosi.Prospettiva e ‘Vanitas’: Niceron, Pozzo, Holbein e Descartes, cit.334 Cfr. M. Jay, Downcast eyes. The denigration of vision in 20th centuryfrench tought, Berkeley, Los Angeles e Londra 1993, pp. 69 sgg.335 M. Bettini, Apiaria Universae Philosophiae Mathematicae, Bologna1642, Libro V, pp. 8, 9. Cfr. D. Aricò, Scienza, teatro e spiritualità barocca.Il gesuita Mario Bettini, CLUEB, Bologna 1996.336 E. Tesauro, Del regno d’Italia sotto i barbari, Torino, Bartolomeo Za-vatta, 1664, p. 203.337 Cfr. C. Buci-Glucksmann, La folie du voir: une esthetique du virtuel,Galilée, Parigi 2002, pp. 103 sgg.338 H. Grootenboer, The Rhetoric of Perspective, cit. p. 111.339 A. S. Weiss, Mirrors of Infinity: The French Formal Garden and 17th-Century Metaphysics, Princeton Architectural Press, New York 1996, p. 39.340 Cfr. F. Hallyn, Le Theme de l’anamorphose, in “La Metamorphose dansla poesie baroque francaise et anglaise. Actes du Colloque International deValenciennes 1979”, Editions Jean-Michel Place, Parigi 1980.341 J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., Prefazione, s.i.p.342 Cfr. A. Sgrosso, Rinascimento e Barocco, cit., pp. 268-274; C. Candito,Il disegno e la luce. Fondamenti e metodi, storia e nuove applicazioni delleombre e dei riflessi nella rappresentazione, Alinea Editrice, Firenze 2011,p. 164.343 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 111.344 Cfr. J. Aleaume, La perspective speculative et pratique, ou sont demon-strez les fondemens de cet Art, & de tout ce qui en a esté enseigné jusqu’àpresent, Melchior Tavernier et François Langlois, Parigi 1643. L’opera, ri-salente al 1628, ma rimasta incompiuta, fu pubblicata postuma da ÉtienneMigon, grande accusatore di Dèsargues e difensore di Alleaume. Cfr. L. Va-gnetti, De natrurali et artficiali perspectiva, Edizioni della Cattedra di Com-posizione Architettonica IA di Firenze e della L.E.F., Firenze 1979, p. 385.345 Cfr. D. Bessot, Synthèse et développement de techniques d’anamorphosesau XVIIe siècle: les traités du pére Jean-François Niceron, cit., p. 105. Leedizioni postume de La Perspective curieuse (1652 e 1663) emenderannol’errore, riattribuendo a Dèsargues la sua costruzione prospettica. Cfr. pureR. Taton, L’oeuvre mathématique de G. Dèsargues, 2 volumi, Presses Uni-versitaires de France, Parigi 1951 (II ed. 1981); J. J. Gray, J. V. Field, TheGeometrical Work of Girard Dèsargues, Springer Verlag, New York,Berlino, Heidelberg, Londra, Parigi e Tokyo 1987; L. Catastini, Il giardinodi Dèsargues, in “Bollettino UMI, La Matematica nella Società e nella Cul-tura”, S. VIII, v. VII-A, 2004, pp. 321-345.346 Cigoli lasciò quasi completo il manoscritto alla data della sua morte,avvenuta nel 1613. Al nipote Giovanni Battista Cardi toccò l’onere di revi-sionarlo, aggiungendovi la Vita dell’Autore (1682) e chiedendo il nulla ostaecclesiastico per la pubblicazione, sotto gli auspici del Granduca di Toscana,cui l’opera fu dedicata postuma. Ma solo nel 1815 l’opera inedita fu deposi-tata presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi di Firenze,dove tutt’ora si trova. Cfr. F. Camerota, L’architettura curiosa: anamorfosie meccanismi prospettici per la ricerca dello spazio obliquo, in A. Gambuti,a cura di, “Architettura e prospettiva tra inediti e rari”, Alinea, Firenze 1987,pp. 79-111; Id., La Prospettiva del Rinascimento, cit., pp. 184 sgg.; Id., Lin-ear Perspective in the Age of Galileo. Ludovico Cigoli’s Prospettiva pratica,“Biblioteca di Galilaeana”, Leo S. Olschki, Firenze 2011; M. Kemp, Lascienza dell’arte. Prospettiva e percezione visiva da Brunelleschi a Seurat,Giunti, Firenze 1994, pp. 198-200; M. Chappell, Cigoli’s Prospettiva prat-ica: Unpublished but not Unknown, in L. Massey, a cura di “The Treatise

83

on Perspective: Published and Unpublished”, cit. pp. 105-125.347 Hesselin fu in Italia nel 1633, e forse si recò a Firenze, dove potrebbeaver visitato anche la celebre collezione scientifica della famiglia de’Medici,all’epoca ospitata nell’appena nata Galleria degli Uffizi. Cfr. F. Camerota,Linear Perspective in the Age of Galileo, cit., pp. 29-30.348 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 192. Come è noto, Niceronsoggiornò per un breve periodo (1642) nel Granducato di Toscana. All’epocail manoscritto del Cigoli era già custodito nella Libreria Granducale, anchese ancora non posseduto da Leopoldo de’Medici. Tuttavia, il fraintendi-mento niceroniano nel suo uso, cui fa riferimento Filippo Camerota,lascerebbe presupporre che il Minimo francese non vi abbia avuto accesso.349 Cfr. F. Camerota, La Prospettiva del Rinascimento, cit., pp. 193-194. Cfr.pure F. Camerota, Linear Perspective in the Age of Galileo, cit., pp. 83-89.350 Si veda, ad esempio, l’immagine del prospettografo in azione che illustrail frontespizio della Perspectiva pratica allestita da G. B. Cardi (1628-1629),oggi conservata presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, Firenze, n°2660 A.351 Cfr. F. Camerota, Linear Perspective in the Age of Galileo, cit., p. 88-89.Si vedano anche: L. Tongiorgi Tomasi, A. Tosi, Il cannochiale e il pennello.Nuova scienza e nuova arte nell’età di Galileo, Giunti GAMM, Firenze2009, pp. 149 sgg; M. G. Bartolini Bussi, M. Maschietto, Macchine mate-matiche: dalla storia alla scuola, Springer Verlag, Milano 2007; F. Gay, In-torno agli omolografi, strumenti e modelli per la geometria descrittiva,Istituto universitario di architettura di Venezia, Venezia 2000.352 Cfr. L. Massey, Picturing space, displacing bodies. Anamorphosis inEarly Modern Theories of Perspective, Pennsylvania State University Press,University Park 2007, pp. 95-96.353 Cfr. E. Maignan, Perspectiva horaria, cit., p. 438.354 L. Massey, Picturing space, displacing bodies, cit., p. 99.355 J. F. Niceron, Thaumaturgus opticus, cit., p. 206.356 Ivi, p. 207.357 Ivi, p. 208. Il corsivo è nostro.358 Infatti l’immagine E del sole nel primo caso è posta in alto, nel secondoin basso, mentre il piede F è in entrambi i casi sulla retta di orizzonte – oggisappiamo che E ed F sono nell’ordine il punto di fuga dei raggi luminosi equello delle relative proiezioni geometrali –; ma questi due punti vanno de-terminati conoscendo i due angoli, orizzontale e verticale, che i raggi for-mano con il quadro e con il geometrale: nel primo caso, dato il puntoprincipale C (detto punto primario) sulla retta di orizzonte, e il punto D sullaverticale per C tale che CD sia uguale alla distanza dell’osservatore (per noiD è il ribaltato del centro di vista, che qui, piuttosto che al di sopra, si trovaal di sotto dell’orizzonte), formare in D l’angolo con il quadro (nell’esempioè di 24°) mediante una semiretta che sechi l’orizzonte nel punto F richiesto;il punto E viene poi determinato sulla verticale per F, verso l’alto, riportandosulla retta di orizzonte il punto B tale che sia FB=FE e costruendo con l’oriz-zonte e verso l’alto il secondo angolo (qui 28°) con la semiretta che secheràla verticale nel punto cercato E: l’ombra portata, costruita con il solito pro-cedimento, si estende verso l’osservatore. Nell’altro caso la costruzione èdel tutto analoga, ma qui anche il secondo angolo è preso al di sotto dellaretta di orizzonte perché in tale posizione è richiesto che sia il punto E , cosìcome è in uso oggi. L’autore precisa inoltre che, se la luce proviene da sini-stra, tale punto deve trovarsi alla destra del punto principale.359 F. Amodeo, Lo sviluppo della prospettiva in Francia nel secolo XVII,cit., p. 27.360 A. Pérez-Gómez, Architecture and the Crisis of Modern Science, cit., p.175.361 Ibidem.362 E. Pellegrini, Prefazione, in O. Rosati, “Interpretazioni architettonichedelle prospettive accelerate e rallentate”, Quaderni di studio/Politecnico diTorino, Torino 1969, p. 3. Cfr. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit.,

p. 77: “N’est-ce pas une belle chose de faire par le moyen des miroirs,paroistre une armee ou il n’y aura qu’un seuI homrne? Ou bien un long ordrede colonnes & un edifice bien ordonné, en opposant au miroir une seulecolonne, ou quelq’autre piece d’architecture? N’est-ce pas devenir riche àpeu de frais...?”363 J. Connors, citando questo passo (in Id., Virtuoso Architecture in Cas-siano’s Rome, in “Cassiano Dal Pozzo’s Paper Museum”, The Royal Col-lection Publications and Harvey Miller Publishers, Londra 1992, vol. IIQuaderni Puteani 3, pp. 23-40), mette in relazione il progetto del Borrominiper la lanterna della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza (1643 Roma) – con-sistente in un sistema di specchi che portasse la luce diurna fino all’altaredel Santo –, con l’opera teorica di Niceron, individuando poi Palazzo Spadacome luogo elettivo di incontro tra l’architettura e l’ottica dei Minimi. Siveda anche P. Dubourg Glatigny, A. Romano, La Trinité-des-Monts dans la“République romaine des sciences et des arts”, in “MEFRIM: Mélanges del’École française de Rome. Italie et mediterranée”, vol. 117, 1, Roma 2005,pp. 26-27.364 Cfr. M. A. Giusti, A. Tagliolini, a cura di, Il giardino delle muse: arti eartifici nel barocco europeo, Atti del IV colloquio internazionale(Pietrasanta, 8 - 10 settembre 1993), Edifir, Firenze 1995.365 A. Pérez-Gómez, L. Pelletier, Architectural Representation and the Per-spective Hinge, cit., p. 142.366 Cfr. B. M. Stafford, Artful Science. Enlightenment Entertainment and theEclipse of Visual Education, The MIT Press, Cambridge (Mass.) e Londra,1994.367 Cfr. H. de Coste, La vie du R. P. Marin Mersenne, théologien, philosopheet mathématicien, de l’Ordre des Peres Minimes, cit., p. 80.368 In realtà si legge nel volume che il trattato congiunto fu stampato il 25novembre del 1651, ma pubblicato solo nel 1652, secondo la prassi correntedi far slittare all’inizio dell’anno successivo la pubblicazione di volumi al-lestiti entro la fine dell’anno precedente. Cfr. N. Malcom, Aspects of Hobbes,Oxford University Press, Oxford 2002, p. 172.369 Si veda in merito R. Lenoble, Roberval «éditeur» de Mersenne et du P.Niceron, cit., pp. 235-254; e ancora N. Malcom, Aspects of Hobbes,cit., p.172-174370 Cfr. R. Lenoble, Roberval « éditeur» de Mersenne et du P. Niceron, cit.,pp. 238 sgg. L’autografo originale – ove è possibile vedere affiancate al testodi Mersenne le glosse di Roberval – è conservato presso la Bibliothèque na-tionale de France. Si vedano anche: A. Gabbey, Mersenne and Roberval, in“1588–1988 Quatrième centenaire de la naissance du Père Mersenne”, acura di J.-M. Constant e A. Fillon, Centre d’Editions et d’impressions del’Université du Maine, Le Mans 1994, pp. 93-111; D. Cozzoli, The Devel-opment of Mersenne’s Optics, in “Perspectives on Science”, n° 18 (1), 2010,pp. 9-25. Sui rapporti postumi tra l’Accademie e Niceron, si veda anche: N.Heinich, La perspective académique, in “Actes de la recherche en sciencessociales”, vol. 49, settembre 1983, pp. 47-70.371 R. Lenoble, Roberval « éditeur» de Mersenne et du P. Niceron, cit., p.241.372 Cfr. M. Mersenne, Harmonie Universelle, (De l’utilité de l’Harmonie,Proposition III),Cramoisy, Parigi 1636-1637.373 F. Cousinié, Voir le Sacré: perception et visibilité du maître-autel auXVIIe siècle, cit., p. 43. Sul tema della ocularità come strumento di persua-sione nella cultura religiosa nel XVII secolo, si rimanda a: F. Cousinié, I-mages et méditation au XVIIe Siècle, Presses universitaires de Rennes,Rennes 2007.374 Cfr. N. G. Poudra, Oeuvres de Dèsargues, Leiber, Parigi 1865, pp. 197sgg. L’esame dell’opera di Niceron, da parte di Poudra, risulta più dettagliatonella sua Histoire de la perspective ancienne et moderne…, Coréard ed.,Parigi 1860-1861, pp. 397-429. Qui l’autore si concentra sul confronto tral’edizione latina del 1646 e quella francese del 1663: la prima versione vol-

84

gare del 1638 è quasi totalmente ignorata nel testo. Sulla fortuna critica deitrattati niceroniani, si vedano anche: F. Amodeo, Lo sviluppo della prospet-tiva in Francia nel secolo XVII, cit., pp. 22-28; K. Andersen, The Geometryof an Art, The History of the Mathematical. Theory of Perspective from Al-berti to Monge, cit. Un interessante testo che esamina la suggestiva influenzadella opera di Niceron nell’ambiente siciliano – politico e artistico – nelXVIII secolo è: F. P. Campione, La cultura estetica in Sicilia nel Settecento,in “FIERI. Annali del Dipartimento di Filosofia Storia e Critica dei Saperi”,n° 2, Palermo 2005.375 Si vedano in merito il saggi dedicati alla struttura dei due trattati diNiceron, nel presente volume.376 Cfr. S. J. Gould, R. Roland Shearer, Drawing the Maxim from theMinim…, cit.377 Cfr. M. Duchamp, THE WHITE BOX /Á l’infinitif /, Cordier & Ekstrom,New York 1966. Si veda la ristampa anastatica: M. Duchamp, In the Infini-tive/A Typotranslation by Richard Hamilton and Ecke Bonk of MarcelDuchamp’s White Box, The Typosophic Society, Northend Chapter 1999.378 Cfr. J. Clair, Opticeries, in “October”, Vol. 5, Photography, Estate, 1978,pp. 101-112; J.-F. Lyotard, Duchamp’s Transformers, Lapis Press, Venice1990, pp. 55 sgg; O. Paz, Apparenza nuda. L’opera di Marcel Duchamp,Abscondita, Milano 2000, pp. 111-124; H. Belting, Looking throughDuchamp’s Door, Walther Konig, Colonia 2010, pp. 18 sgg.379 Cfr. A. Umland, A. Sudhalter, a cura di, Dada in the collection of the Mu-seum of Modern Art, The Museum of Modern Art, New York 2008, pp. 121-125.380 Cfr. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, cit., p. 76.381 Cfr. M. Duchamp, La mariée mise à nu par ses célibataires même [TheGreen Box], Edition Rrose Sélavy , Parigi 1934. Si veda la ristampa anasta-tica: M. Duchamp, The Bride Stripped Bare by her Bachelors, Even: A Ty-pographic Version by Richard Hamilton of Marcel Duchamp’s Green Box,Third Edition edition, New York 1976.382 Cfr. P. Hughes, Left to Write, Flowers Gallery ed., New York 2008; Id.,Paradoxymoron: Foolish Wisdom in Words and Pictures, Reverspective Ltd,Londra 2011.383 Cfr. J. Dibbets, PerspectiveKorrekturen–PerspectiveCorrections, Cho-rus-Verlag für Kunst und Wissenschaft-Mainz, Monaco 1997. A questa serie,dopo circa quarant’anni (2007), l’autore ne ha fatto seguire una nuova, incui le sue opere anamorfiche vengono fotografate interagendo con lavori‘retti’ di colleghi e amici – Carl Andre, Donald Judd, Sol LeWitt, RobertMangold, e Robert Ryman –, dando luogo a suggestivi cortocircuiti ottici.Cfr. Id, Jan Dibbets: Perspective Collections, Alan Cristea Gallery, Londra2007.384 Cfr, R. Alley, Catalogue of the Tate Gallery’s Collection of Modern Artother than Works by British Artists, Tate Gallery and Sotheby Parke-Bernet,Londra 1981, pp.171-172.385 H. Grootenboer, The Rhetoric of Perspective, cit., p. 98.386 Cfr. F. Lopez-Duran, a cura di, Felice Varini: Points of View, Lars MüllerPublishers, Zurigo 2004.387 Stephen e Timothy Quay sono nati a Norristown, vicino a Philadelphianel 1947. Dopo aver frequentato il Philadelphia College of Art, specializ-zandosi in illustrazione, si trasferiscono a Londra e frequentano il RoyalCollege of Art dove realizzano i loro primi films con pupazzi animati instop-motion. Dopo la produzione del pluripremiato Nocturnia Artificialianel 1980, fondano i Koninck Studios a Londra insieme a Keith Griffins, loroattuale produttore. Oltre a cortometraggi di animazione, i fratelli Quay hannorealizzato diversi progetti su commissione (documentari dedicati a Punch eJudy, Stravinsky, Janácek e altri sull’arte dell’anamorfosi, in De ArtificialiPerspectiva), per varie emittenti pubbliche e private (Channel 4, MTV).Hanno anche realizzato scenografie teatrali di tipo sperimentale (Mazeppa,A Flea in Her Ear, The Love of Three Oranges). Alcuni loro film sono espli-

citi omaggi a lavori di registi o autori che ne hanno direttamente influenzatoil lavoro, come ad esempio The Cabinet of Jan Svankmajer; altri invece te-stimoniano uno straniante rapporto con materiali letterari e artistici: ad esem-pio Street of Crocodiles è basato su una novella di Bruno Schulz, mentreRehearsals for Extinct Anatomies è ispirato a una stampa di Fragonard inti-tolata Le verrou.388 Institute Benjamenta è il primo lungometraggio dei gemelli Quaycon at-tori: prodotto nel 1995 per la Zeitgeist Films – e disponibile in VHS e DVD–, il film si basa su un romanzo breve, Jakob von Gunten (trad. it. Milano1970), dello scrittore Robert Walser (1878-1956). L’ultimo cortometraggiorealizzato dai fratelli Quay si intitola In absentia (2002). Sui gemelli Quaysi veda: M. Atkinson, The night countries of the Brothers Quay, in “FilmComment”, vol. 320 n°5, settembre/ottobre 1994; S.H. Buchan, The QuayBrothers; Choreographed Chiaroscuro, Enigmatic and Sublime, in “FilmQuarterly” vol. 51 n°3, primavera 1998; J. Pilling, F. Liberti, a cura di,Stephen e Timothy Quay, Edizioni di Cineforum, Bergamo 1999; V. Nelson,The secret life of puppets, Harvard University Press, Harvard 2001; S.Buchan, The Quay Brothers: Into a Metaphysical Playroom, University ofMinnesota Press, Minneapolis 2011; R. Magliozzi, a cura di, Quay Brothers:On Deciphering the Pharmacist’s Prescription for Lip-Reading Puppets,The Museum of Modern Art, New York 2012.389 Sull’immaginario scientifico e geometrico di L. Carroll, si veda C.Dionne, Lewis Carroll, A man out of Joint: The Anonymous Architect ofEuclid’s Retreat, in A. Pérez-Gómez, S. Parcell, a cura di, “CHORA”, n° 4,Montreal & Kingston, Londra e Ithaca, 2004. 390 Cfr. P. Gagnaire, Le cadran solaire à réflexion du Pére Maignan, à laTrinité des Monts, in “ANCAHA”, n° 97, estate 2003.391 Cfr. E. Maignan, Perspectiva horaria, cit., pp. 390 sgg.392 Cfr. C. Càndito, Corrispondenze ottico-prospettiche tra le opere di Mai-gnan e di Borromini a Palazzo Spada, in “MEFRIM: Mélanges de l’Écolefrançaise de Rome. Italie et mediterranée”, vol. 117, 1, Roma 2005, pp. 73-89.393 Cfr. L. Neppi, Palazzo Spada, Editalia, Roma 1975.394 L’altra ipotesi che si potrebbe avanzare, più plausibile in termini storio-grafici, è che uno dei due frati sia Padre Mersenne che proprio nell’invernodel 1663-1644 soggiornò a Roma.395 P. Julien, Anamorphoses et vision miraculeuses du Père Maignan (1602-1676), cit., pp. 65-66.

85