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The sign of the cross

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Droctulft

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R Il SEGNO DELLA CROCE

Goti & Longobardi a Ravenna

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men

u

il SEGNO DELLA CROCEGoti & Longobardi a

Ravenna

La storia del guerriero

Ravenna

capitale

La nostraRavenna

Il guerriero della storia

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Nella piazzetta antistante Nella piazzetta antistante la basilica e, tra questa e la basilica e, tra questa e

il battistero ariano, si il battistero ariano, si vedono ancora oggi gli vedono ancora oggi gli

avanzi di un muro avanzi di un muro protoromanico terminante protoromanico terminante

in grandi cuspidi con in grandi cuspidi con ornamenti e croci ornamenti e croci

marmoreemarmoree..

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Molti studiosi identificano in esse le vestigia dell'episcopio della cattedrale gotica

il quale, secondo Andrea Agnello,

divenne poi la casa del longobardo Droctone.

La chiesa dello Spirito Santo fu la cattedrale ariana che

Teodorico volle costruire per i suoi Goti dopo aver occupato Ravenna nel 493. Tale edificio

fu dedicato alla S. Resurrezione ed ebbe annesso

il Battistero e l'episcopio.Alla caduta del regno

barbarico tutti gli edifici di culto ariani passarono alla

Chiesa cattolica ravennate che provvide alla riconsacrazione

di tutte queste chiese. Pertanto la cattedrale ariana

fu dedicata al martire S. Teodoro. Dal secolo XIV gradualmente assunse il

nome, di Chiesa dello Spirito Santo

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Mi è sembrato un miracolo. La cosa più strana è che in pochi a Ravenna sanno che quel muraccio sia la "casa

del Longobardo", ma ancora meno sanno chi sia

il Longobardo. Insomma Droctone sopravvive

ancora, ma solo nel nome.

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è una decorazione molto bella... sembra reale e negli archi sembra che

ci siano corone

tridimensionali

io non c'ero, ma sono

d'accordo cn l'osservazio-

ne di jennifer. lei

che ne pensa prof?

concordo u.u

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È una rappresentazione simbolica, non è ingenua……

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Il mausoleo di Teodorico spoglio ma solenne e monumentale. è stato eretto nel 526 con grandi blocchi di pietra che non sono uniti dalla malta di calce ma incastrati uno sull'altro come un puzzle. Dentro c'è il sarcofago di re Teodorico, l'aspetto del mausoleo sottolinea l'autorità regale di Teodorico.

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È una rappresentazione simbolica, non è ingenua……

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Droctulft (o Drocton, Droctone, Droctulfo),  è stato un generale bizantino di origine sveva, crebbe presso i Longobardi e, poiché era "forma idoneus", aveva ottenuto da loro la dignità di duca, ma poi ha scelto di raggiungere l'esercito bizantino e di vendicarsi della sua prigionia. Comandava il presidio imperiale di Brescello, in Reggio Emilia, quando il re dei Longobardi Autari aveva investito quell'importante testa di ponte bizantina sulla riva destra del Po. Autari costrinse Droctulft a capitolare e a ripiegare su territori di dominio bizantino, così egli andò a Ravenna: Brescello venne rioccupata dai Longobardi e le sue mura furono rase al suolo. Droctulft, lasciati i Longobardi, trovò accoglienza presso i Bizantini, a Ravenna, città che da allora egli considerò come sua patria. Droctulft riconquistò Brescello, che era stata occupata dai Longobardi: fu il suo primo successo, ma ce ne furono altri. Da lì, dopo aver apprestato una flottiglia di piccole barche, risalì il corso del Padoreno ( un affluente del Po) fino ad investire e a conquistare Classe, tra il 575 e il 576, allora tenuta dal Longobardo Faroaldo.

IL GUERRIERO DELLA STORIA

La biografia di Droctulfo

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La carriera di Droctulft non si limitò al suolo italiano e alla lotta contro i Longobardi, infatti nel 586 lo troviamo nei Balcani a fronteggiare gli Avari. Le armate bizantine non riuscivano a fermare gli invasori, per cui, l'imperatore Maurizio decise di potenziare la sua macchina bellica. Affidò il comando allo stratego Giovanni Mistacon, affiancandogli Droctulft, che viene definito "longobardo di stirpe, uomo prode e robustissimo per la guerra". I due nuovi comandanti vinsero gli Avari ad Adrianopoli, grazie ad uno stratagemma decisivo di Droctulft che, dopo aver simulato la fuga, si gettò alla testa dei suoi uomini sugli inseguitori, disperdendoli. Così gli Avari dovettero cedere il campo e ritirarsi. L'epitaffio di Droctulft ne ricorda la sepoltura in San Vitale a Ravenna, ma suggerendo esplicitamente che egli fosse morto lontano da quella città, e che vi tornò solo dopo morto per avervi sepoltura, grazie alle cure di un certo prete Giovanni, al quale Droctulft aveva confidato di voler essere sepolto a Ravenna. E' probabile che sia morto combattendo al servizio di Bisanzio.

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La biografia di Droctulfo

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L'epitaffio ricorda che egli tornava spesso a San Vitale dopo le sue vittorie; è possibile che sia stato da Ravenna inviato a Roma e da lì in Africa, a cercare una nuova collocazione presso Gennadio, di cui conosceva la fama. La sua fu una tipica vita di un guerriero federato dell'Impero; egli era di aspetto terribile, con una lunga barba che gli scendeva sul petto robusto, egli non fu solo un formidabile guerriero, ma anche un "distruttore" nemico della sua stessa gente. Droctulft fu uno dei Longobardi che avevano seguito a Ravenna Elmichi e Rosmunda, gli assassini di Alboino in fuga davanti alla reazione dei guerrieri pavesi comandati da Clefi. L'epitaffio racconta che Droctulft si rifugiò a Ravenna abbandonando i suoi "cari genitori" , prova della sua età giovanissima; ma è difficile credere che giovanissimo nel 572, nel 575-576 fosse già a capo di un contingente bizantino.

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La biografia di Droctulfo

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IL GUERRIERO DELLA STORIA

La ribellione di Droctulfo

Dopo l'invasione guidata da Alboino nel 568, il territorio conquistato fu ripartito secondo e assegnato a quanti, tra i nobili longobardi, si erano distinti in combattimento: i duchi

Nei primi anni del dominio longobardo in Italia, i ducati si ressero autonomamente per un decennio, senza che ci fosse un re centrale (Periodo dei Duchi, 574-584). Dopo il 584 , sotto la minaccia dei Franchi, i duchi ritornarono ad eleggere un re, ma non tutti vollero riconoscere l’autorità di Autari

Tra i duchi di questo periodo ricordiamo:

• Gisulfo I, duca del Friuli

• Zottone, duca di Benevento

• Wallari, duca di Bergamo

• Droctulft duca dell’Emilia

• Zaban, duca di Pavia

• Faroaldo I, duca di Spoleto

• Ewin, duca di Trento

• Aimone, duca di Torino

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IL GUERRIERO DELLA STORIA

La ribellione di Droctulfo

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La geografia di Ravenna, molto modificata nei secoli è stata oggetto di difficili studi fin dal XVIII secolo. Ai tempi di Giustiniano la città romagnola era al centro di una laguna circondata da tre Fosse la cui scomparsa è molto antica, precedente, in ogni caso, all'anno Mille: la Fossa Augusta, о Messanica, l'Ascone e il Padoreno. Scriveva il Conte Marco Fantucci , all'inizio del XIX secolo: "II Padoreno era certamente il ramo più inferiore (meridionale n.d.r.) del Pò, che s' innoltrava sotto Ravenna, e che costeggiava internamente le varie Isole, che si andarono formando dalle alture di Comacchio [...] Così pure il Padoreno fu una terza Fossa o ramo del Po, che formatesi le nuove Isole, e nuova spiaggia colle alluvioni del Pò, corse anch' essa paralella alle altre poco sotto la Città di Ravenna, e formò dopo l'interramepto del Porto di Augusto, gli altri Porti [...] Marco Fantucci (conte), Monumenti ravennati de'secoli di mezzo: per la maggior parte inediti .., tomo 1, Venezia, 1805, pp. 43 e ss., in versione digitale    http://books.google.it/books?id=XPDmAAAAMAAJ&printsec=frontcover&output=text

LA CITTÀ DEL GUERRIERO

Ravenna nel VI secolo

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STORIA DEL GUERRIERO E DELLA PRIGIONIERA - J. L. BORGES 1 A pagina 278 del libro La poesia (Bari, 1942), Croce2, riassumendo un testo latino dello storico Paolo Diacono3, narra la sorte e cita l'epitaffio4 di Droctulft; ne fui singolarmente commosso, e in seguito compresi perché. Droctulft fu un guerriero, longobardo che, durante l'assedio di Ravenna, abbandonò i suoi e morì difendendo la città che prima aveva attaccata. Gli abitanti di Ravenna gli dettero, sepoltura in un tempio e composero, un epitaffio nel quale espressero la loro gratitudine (contempsit caros, dum nos amat ille, parentes5) e il curioso contrasto che si avvertiva tra l'aspetto atroce di quel barbaro, e la sua semplicità e bontà:

Terribilis visu facies, sed mente benignus,longaque robusto pectore barba fuit !6

Tale è la storia del destino di Droctulft, barbaro, che morì difendendo Roma, o tale il frammento della sua storia che poté salvare Paolo Diacono. Non so neppure in quale periodo sia accaduto il fatto: se a metà del sesto secolo, quando i longobardi devastarono le pianure italiane, o nell'ottavo, prima della resa di Ravenna. Immaginiamo (giacché questo non è un lavoro storico) che fosse il primo.

 

NOTE1 Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 1899 –Ginevra,  1986) è stato uno scrittore, poeta e traduttore argentino. È ritenuto uno dei più importanti e influenti scrittori del XX secolo ed è stato ispirato tra gli altri da Macedonio Fernández, Rafael Cansinos Assens, dalla letteratura inglese, Franz Kafka, Emanuel Swedenborg e dal Taoismo. Narratore, poeta e saggista, è famoso sia per i suoi racconti fantastici, in cui ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche con i classici temi del fantastico, sia per la sua più ampia produzione poetica.  2 Benedetto Croce (Pescasseroli,  1866 – Napoli 1952) è stato un filosofo, un critico letterario, uno storico, uno scrittore e un politico italiano, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano e "rifondatore" del Partito Liberale. Con Giovanni Gentile è considerato un importante protagonista della cultura italiana ed europea della prima metà del XX secolo. . 

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 3 Paolo Diacono è stato un monaco, storico, poeta e scrittore longobardo di espressione latina. Era discendente di Leupichi, che affiancava re Alboino nel passaggio dei Longobardi dalla Pannonia all'Italia. Da Cividale del Friuli, dove nacque nel 720, raggiunse Pavia in giovane età per seguire gli studi in quella che allora era la capitale longobarda. Si formò alla corte del re Rachis, allievo di Flaviano, ed alla scuola del monastero di San Pietro in Ciel d'Oro, dove conseguì la carica di docente. Restò alla corte con i successivi re Astolfo e Desiderio. Divenne anche il precettore di Adelperga figlia di Desiderio che seguì quando ella si sposò con il duca Arechi II di Benevento. Nel 774 visse il crollo del regno longobardo e per evitare rischi di prigionia si fece monaco nel monastero di Montecassino.Dal 782 al 787 fu attivo presso la corte di Carlo Magno, presso la quale si recò per chiedere la liberazione dei suoi parenti prigionieri, in particolare il fratello Arichis, catturato e condotto in Francia nel 776 dopo la sua partecipazione ad una rivolta del Friuli contro i nuovi occupanti, e che alla fine fu liberato. Là acquistò una certa notorietà e prestigio come maestro di grammatica.Nel 787 tornò a Montecassino, dove fra l'altro scrisse l'Historia Langobardorum, la sua opera più famosa in cui narra, fra mito e storia, le vicende del suo popolo, dalla partenza dalla Scandinavia all'arrivo in Italia. La scrittura del testo impegnò Paolo Diacono per due anni, dal 787 al 789

4 Con il termine epitaffio si intende un'iscrizione funebre, il cui scopo è onorare e ricordare il defunto. Generalmente, pur non sempre, si tratta di uno o più versi di una poesia: molti poeti hanno infatti composto il proprio epitaffio. Per epitaffio si intendeva, in tutta probabilità, l'orazione funebre pubblica che durante i secoli della Grecia antica si teneva ad Atene in onore dei soldati caduti. Nell'antica Roma, si confuse con la laudatio funebris, pronunciata da un figlio o da un parente del morto. Per estensione, si sarebbe poi dato tale nome alla semplice iscrizione tombale. 5 “Non amò i suoi cari, mentre lui ama noi come fossimo suoi parenti”.  6 “ Fu di aspetto terribile ma ricco di intelligenza , aveva una lunga barba e un petto robusto”. 7  lett. “Sotto lo sguardo dell’eterna memoria”. L'espressione indica qualcosa di universalmente ed eternamente vero, senza alcun riferimento al contingente e al relativo. Possiamo tradurla con “in astratto”, ”come esempio” 

STORIA DEL GUERRIERO E DELLA PRIGIONIERA - J. L. BORGES 1 A pagina 278 del libro La poesia (Bari, 1942), Croce2, riassumendo un testo latino dello storico Paolo Diacono3, narra la sorte e cita l'epitaffio4 di Droctulft; ne fui singolarmente commosso, e in seguito compresi perché. Droctulft fu un guerriero, longobardo che, durante l'assedio di Ravenna, abbandonò i suoi e morì difendendo la città che prima aveva attaccata. Gli abitanti di Ravenna gli dettero, sepoltura in un tempio e composero, un epitaffio nel quale espressero la loro gratitudine (contempsit caros, dum nos amat ille, parentes5) e il curioso contrasto che si avvertiva tra l'aspetto atroce di quel barbaro, e la sua semplicità e bontà:

Terribilis visu facies, sed mente benignus,longaque robusto pectore barba fuit !6

Tale è la storia del destino di Droctulft, barbaro, che morì difendendo Roma, o tale il frammento della sua storia che poté salvare Paolo Diacono. Non so neppure in quale periodo sia accaduto il fatto: se a metà del sesto secolo, quando i longobardi devastarono le pianure italiane, o nell'ottavo, prima della resa di Ravenna. Immaginiamo (giacché questo non è un lavoro storico) che fosse il primo.

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Immaginiamo, sub specie aeterntiatis7, Droctulft, non l'individuo Droctulft, che indubbiamente fu unico e insondabile8 (tutti gli individui lo sono), ma il tipo generico che di lui e di molti altri come lui ha fatto la tradizione, che è opera dell'oblio9 e della memoria. Attraverso un'oscura geografia di selve e paludi, le guerre lo portarono in Italia, dalle rive del Danubio10 e dell'Elba11; forse non sapeva che andava al Sud e che guerreggiava contro il nome romano. Forse professava l'arianesimo12, che sostiene che la gloria del Figlio è un riflesso della gloria del Padre, ma è più verosimile immaginarlo devoto della Terra, di Hertha, il cui simulacro13 velato andava di capanna in capanna su un carro tirato da vacche, o degli dei della guerra e del tuono, che erano rozze immagini di legno, avvolte in stoffe e cariche di monete e cerchi di metallo.

 

NOTE8  Incomprensibile, misterioso, oscuro. 9 oblio = Perdita di ogni ricordo, dimenticanza. La memoria, scrive Borges non è tanto l’atto del ricordare, il frutto della selezione; ricordare è, in realtà, dimenticare i dettagli. Poiché non sempre i dettagli che si perdono sono inutili, la memoria è inevitabilmente una falsificazione della realtà. 10  Il Danubio è un fiume dell'Europa centro-orientale. Con 2.902 km è il secondo corso d’acqua più lungo del continente (dopo il Volga), e il più lungo fiume navigabile dell'Unione Europea. Le sue fonti sono nella Foresta Nera in Germania. Dalle sorgenti scorre verso est il fiume corre lungo i confini di dieci paesi: Austria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Serbia, Bulgaria, Romania, Moldavia,  Ucraina e attraversa varie capitali dell'Europa centrale e orientale. Alla fine del suo corso si getta nel Mar Nero attraverso un ampio delta sul confine tra Romania e Ucraina. Il Danubio è stato per secoli una delle frontiere dell'Impero Romano. 11 L'Elba  è uno dei più lunghi fiumi dell'Europa centrale (1091 km). Nasce nel nord della Repubblica Ceca, nella catena montuosa dei Monti Sudeti, a circa 1400 metri di altezza. Attraversa quindi la Germania, bagna le città di Dresda, Magdeburgo e Amburgo e sfocia nel Mare del Nord. La sua lunghezza totale è di 1091 km. Da due secoli un'importante rotta commerciale, l'Elba è stato collegato tramite un sistema di canali navigabili col Reno, il Weser e l'Oder. Il fiume stesso è navigabile con battelli commerciali fino all'interno del continente europeo, addirittura a Praga, mentre altri sistemi di canali artificiali lo collegano alle aree industriali della Germania e alla capitale Berlino. 

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in Italia, dalle rive del Danubio e dell'Elba; forse non sapeva che andava al Sud e che guerreggiava contro il nome romano. Forse professava l'arianesimo 12, che sostiene che la gloria del Figlio è un riflesso della gloria del Padre, ma è più verosimile immaginarlo devoto della Terra, di Hertha, il cui simulacro 13 velato andava di capanna in capanna su un carro tirato da vacche, o degli dei della guerra e del tuono, che erano rozze immagini di legno, avvolte in stoffe e cariche di monete e cerchi di metallo. Veniva dalle selve inestricabili del cinghiale e dell'uro 14; era bianco, coraggioso, innocente, crudele, leale al suo capo e alla sua tribù non all'universo. Le guerre lo portano a Ravenna e là vede qualcosa che non ha mai vista, o che non ha vista pienamente.

Ario non negava la Trinità ma subordinava il Figlio al Padre, negandone la consustanzialità che sarà poi formulata nel concilio di Nicea (325) nel noto credo niceno-costantinopolitano. Per Ario, quindi, Gesù era solo un uomo, non identificabile con Dio stesso.Ario fosse stato scomunicato per eresia e la sua dottrina condannata, questa corrente religiosa resistette a lungo tanto da diventare religione ufficiale dell'impero romano sotto Costanzo II. Nel IV secolo, fu molto diffusa anche in Italia: ad esempio, in Romagna sono noti per aver combattuto l'eresia ariana, i vescovi San Mercuriale di Forlì, San Rufillo di Forlimpopoli, San Leo di Montefeltro e San Gaudenzio di Rimini. I germani cristianizzati furono inoltre i maggiori seguaci dell'arianesimo, fino al VII secolo.Costantino Nel 325 Costantino I indice il Concilio di Nicea che elabora un "simbolo", cioè una definizione dogmatica relativa alla fede in Dio nel quale compare il termine homooùsios (= consustanziale al Padre, letteralmente "della stessa sostanza") attribuito al Cristo e che costituisce, tuttora, la base dogmatica del Cristianesimo storico. Successivamente però lo stesso imperatore venne battezzato in punto di morte da un vescovo ariano, Eusebio di Nicomedia. Costanzo II L'arianesimo ebbe fortuna in certi momenti fra la corte imperiale e nell'ultima fase dell'Impero Romano. Furono ariani gli imperatori Costanzo II e Valente e il generale Stilicone. Teodosio Nel 380, sotto l'influsso di Ambrogio, venne emanato da Teodosio I e Graziano l'editto di Tessalonica che definiva il credo niceno come religione di stato. La condanna dell'arianesimo venne ribadita nel 381 durante il primo concilio di Costantinopoli.Medioevo Nei secoli successivi tuttavia venne progressivamente perdendo peso nell'ambito dell'Impero. Tuttavia, grazie alla predicazione condotta nel IV secolo fra i Goti,  l'arianesimo conobbe una grande diffusione fra i popoli germanici, specialmente Goti, Vandali e Longobardi. Fu ariano il re ostrogoto Teodorico, mentre fu Teodolinda la regina che determinò la conversione dei Longobardi al cattolicesimo.  13 Un simulacro è una statua o un’immagine di una divinità o di un personaggio illustre. 

NOTE

12 L'arianesimo è il nome con cui è conosciuta una dottrina cristologica elaborata dal monaco e teologo cristiano Ario, condannata al primo concilio di Nicea. Sosteneva che la natura divina di Gesù fosse sostanzialmente inferiore a quella di Dio e che, pertanto, vi fu un tempo in cui il Verbo di Dio non esisteva e dunque che fosse stato creato in seguito. In tal senso contraddiceva l'idea della Trinità maturata attorno agli scritti di Giustino di Nablus.

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in Italia, dalle rive del Danubio e dell'Elba; forse non sapeva che andava al Sud e che guerreggiava contro il nome romano. Forse professava l'arianesimo 12, che sostiene che la gloria del Figlio è un riflesso della gloria del Padre, ma è più verosimile immaginarlo devoto della Terra, di Hertha, il cui simulacro 13 velato andava di capanna in capanna su un carro tirato da vacche, o degli dei della guerra e del tuono, che erano rozze immagini di legno, avvolte in stoffe e cariche di monete e cerchi di metallo. Veniva dalle selve inestricabili del cinghiale e dell'uro 14; era bianco, coraggioso, innocente, crudele, leale al suo capo e alla sua tribù non all'universo. Le guerre lo portano a Ravenna e là vede qualcosa che non ha mai vista, o che non ha vista pienamente.   

 

NOTE14 L'uro è una specie di grande bovino selvatico ormai estinto, ma, in passato, molto diffuso in Europa. Corrispondeva al nostro bue, come il cinghiale corrisponde al maiale. Gli uri erano noti anche per il loro temperamento molto aggressivo e nelle culture antiche ucciderne uno era visto come un grande atto di coraggio. I bovini moderni sono divenuti molto più piccoli dei loro antenati selvatici: l'altezza al garrese di una vacca domestica di taglia media è di circa 150 cm, mentre l'uro raggiungeva mediamente i 175 cm di altezza.Esistevano tre sottospecie di uro: il Bos primigenius nomadicus, che viveva in India, il Bos primigenius mauretanicus del Nordafrica e, naturalmente, il Bos primigenius primigenius dell'Europa e del Medio Oriente. Solo la sottospecie europea è sopravvissuta fino a tempi recenti.L'uro possedeva anche alcuni aspetti che si riscontrano raramente nei bovini moderni, come le corna a forma di lira ricurve in avanti, una striscia pallida lungo la spina dorsale e un dimorfismo sessuale nei colori del mantello. I maschi erano neri con una striscia color grigio più chiaro o marroncina lungo la spina dorsale, mentre le femmine e i vitelli erano rossastri (questi colori si riscontrano tuttora in pochi bovini domestici, come i bovini di Jersey). 

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Vede il giorno e i cipressi e il marmo. Vede un insieme che è molteplice senza disordine; vede una città, un organismo fatto di statue, di templi, di giardini, di case, di gradini, di vasi, di capitelli, di spazi regolari e aperti. Nessuna di quelle opere, è vero, lo impressiona per la sua bellezza; lo toccano come oggi si toccherebbe un meccanismo complesso, il cui fine ignoriamo, ma nel cui disegno si scorgesse un'intelligenza immortale. Forse gli basta vedere un solo arco, con un'incomprensibile iscrizione in eterne lettere romane. Bruscamente, lo acceca e lo trasforma questa rivelazione: la Città. Sa che in essa egli sarà un cane, un bambino, e che non potrà mai capirla, ma sa anche ch'essa vale più dei suoi dèi e della fede giurata e di tutte le paludi di Germania. Droctulft abbandona i suoi e combatte per Ravenna. Muore, e sulla sua tomba incidono parole che non avrebbe mai comprese:

Contempsit caros, dum nos amat ille, parentes,

hanc patriam reputant esse, Ravenna, suam. 15

Non fu un traditore (i traditori non sogliono ispirare epitaffi pietosi), fu un illuminato, un convertito. Alcune generazioni più tardi, i longobardi che avevano accusato il disertore 16, procedettero come lui; si fecero italiani, lombardi, e forse qualcuno del loro sangue ? un Aldiger 17 ? generò i progenitori dell'Alighieri... Molte congetture18 è dato applicare all'atto di Droctulft; la mia è la più spiccia; se non è vera come fatto, lo sarà come simbolo.   

 

NOTE16  Infedele. 17 Alcune fonti sostengono che la radice "Ald" derivi dall'antico germanico-danese Athal (nobile) e di conseguenza i nomi originari:  Aldiger e Hadalgher, andrebbero tradotti come "lancia nobile o nobile lanciere". Da ciò si può affermare che si tratta della "cognominizzazione" della professione del capostipite di una famiglia, o il capo di una tribù di barbari: ovverosia "un abile guerriero armato di lancia". 18  Giudizi fondati più su un'intuizione personale che su prove reali; sono ipotesi o supposizioni ritenute probabilmente vere, ma non dimostrate       

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Molte congetture è dato applicare all'atto di Droctulft; la mia è la più spiccia; se non è vera come fatto, lo sarà come simbolo. 

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di Droctulft

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La figura di Droctulft, ha ispirato Scrittori, Critici,Storici Una storiografia ricca soprattutto se rapportata all’esiguità delle fonti. Spesso D. ha suggestionato storici locali e di caratura nazionalee pochi si sono sottratti al fascino della congettura. Lo storico che, più di ogni altro, si è occupato di D. è stato senza dubbio Giampiero Bognetti, con risultati che uniscono però ad elementi ormai da considerare acquisiti, altri assai più discutìbili.  Noi abbiamo iniziato le nostre ricerche da Carlo Maria Patrono (Le iscrizioni bizantine di Ravenna, 1910)

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FONTI

Paolo Diacono, Historia Langobardorum, III, 18-19.

Teofilatto Simocatta,  Historiarum libri octo, II, 17, a cura di C. de Boor, Lipsia, 1887.

Gregorio I (Papa) Registrum epistolarum, a cura di L. M. Hartmann, in Mon. Germ. Hist.,Epistolae, II, Berolini, 1899, IX, 10.

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BIBLIOGRAFIA

Angeli B., Historia della città di Parma, Parma, 1591.

Borges J. L., L’Aleph, Tutte le Opere, vol. I, I Meridiani, Mondadori, Milano, 1985.

Casini T., Epigrafe sepolcrale di Drotulfo, in “Letteratura italiana - Storia ed esempi”, vol. 1, Società Dante Alighieri, Roma-Milano. 1909.

Cassani, A. G., Droctulft, o la fascinazione della città, FN Ravenna,1995.

Croce B., La poesia, Laterza, Bari, 1971.

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