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B2CORPORATE MAGAZINE E-CONTROLLING La prima rivista di controlling scritta e creata dagli utenti B2 Gennaio 2012 Lo stato dell’arte nel reporting e nel budgeting pag.7 Lo stato dell’arte nel reporting e nel budgeting pag.7 I Sistemi incentivanti come motore di crescita pag.21 L’Intelligenza emotiva pag.37 Indebitamento Finanziario: netto o lordo? pag.42 IN PRIMO PIANO Ristoranti pieni? Si, i McDonald’s. Come reagire alla crisi con il controllo di gestione e l’efficienza produttiva. pag.4

Controllo di gestione, finanza e strategia gen12

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Econtrolling rivista per controller: se vuoi partecipare al prosismo numero scrivi a [email protected] In questo numero parliamo di budget, reporting, sistemi incentivanti, indebitamento finanziario, intelligenza emotiva. E controlling january2012

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B2CORPORATE MAGAZINE

E-CONTROLLINGLa prima rivista di controlling scritta e creata dagli utenti

B2Gennaio 2012

Lo stato dell’arte nel reportinge nel budgetingpag.7

Lo stato dell’arte nel reportinge nel budgetingpag.7

I Sistemi incentivanticome motore di crescitapag.21

L’Intelligenza emotivapag.37

Indebitamento Finanziario:netto o lordo?pag.42

IN PRIMO PIANO

Ristoranti pieni?Si, i McDonald’s.Come reagire alla crisicon il controllodi gestione el’efficienza produttiva.

pag.4

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Note di pubblicazione

Pubblicato a Gennaio, 2012

B2Corporate.com, Italy

Nato nel Dicembre 2001, BCorporate distribuisce informazioni utili ed

innovative rivolte a tutti i professionisti, consulenti e componenti del

mondo delle PMI.

Il nostro obbiettivo è supportare il lavoro della nostra community di

professionisti con articoli, e-book, modelli, software ed altre risorse

scritte e realizzate da professionisti di lunga e provata esperienza nei loro

settori.

ISBN: NON DISPONIBILE

Versione: N°1 Gennaio, 2012

Questo E-Magazine non è coperto da DRM. Ogni copia è distribuita

gratuitamente previa registrazione sul sito http://www.b2corporate.com

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Sommario

Ristoranti pieni? Si, i McDonald’s. Come reagire alla crisi con il controllo di gestione e l’efficienza produttiva. cura di Gabriele Candita - www.centrofinanzastudi.it ………………….……...……….pag. 4

Lo stato dell’arte nel reporting e nel budgeting

a cura di Giampaolo Calori e Nicoletta Perego - EULOGOS Consulenti di Direzione - www.eulogoscd.it ………………………………………………………………...…...…….pag. 7

I Sistemi incentivanti come motore di crescita

a cura di Rossano Storti - Partner Progesa S.r.l. - www.progesa.com ………..….….pag.21

L’Intelligenza emotiva

di Emanuele Procopio – Controller ……………………………………………..…...…….pag.37

Indebitamento Finanziario: netto o lordo?

a cura del team di http://analisifondamentale.investireoggi.it ………………………..….pag.42

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Ristoranti pieni? Si, i McDonald’s. Come reagire alla crisi con il controllo di gestione e l’efficienza produttiva. a cura di Gabriele Candita - www.centrofinanzastudi.it

Qualche settimana fa, scorrendo le notizie dell’agenzia Reuters, mi sono imbattuto casualmente sui dati trimestrali di McDonald’s. Essendo segretamente innamorato della grande M gialla e del suo Big Mac, la notizia mi ha incuriosito. Tanto più che accanto al suo nome, nel titolo dell’articolo, ho ritrovato un’espressione che di questi tempi sembra essere un miraggio: “risultati oltre le attese”. I dati in effetti, sono straordinari: ricavi per 7,17 mld di dollari, in aumento del 14% rispetto al fatturato del 3T 2010 (6,3 mld di dollari), vendite in crescita del 5% negli Stati Uniti, del 4,4% in Europa, del 4,9% in Asia e del 3,4% in Africa… e il titolo è ai massimi storici.

Facciamo un passo indietro. A fine ottobre, in occasione del G20 di Bruxelles, il nostro ormai ex primo ministro per tranquillizzare l’Europa sulla situazione italiana, dissertava di aeroporti affollati e ristoranti pieni. Un’affermazione ricca di folclore, ma a ben vedere con pochi riscontri statistici. La realtà è ben diversa: attraversiamo una crisi epocale che parte da lontano, che passa dai debiti dei paesi periferici per ricomprendere l’intera architettura della governance Europea, troppo debole e sfilacciata per affrontare le sfide che il mercato le pone. E la crisi attuale si innesta in una situazione già da tempo deteriorata. Gli ultimi dati ISTAT, aggiornati ad ottobre 2011, parlano di disoccupazione in crescita,

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all’8,3%, e disoccupazione giovanile ai massimi storici al livello impressionante del 29,3%. Le previsioni sul PIL italiano nei prossimi anni sono costantemente riviste al ribasso e una recente review dell’OCSE prevede ormai un 2012 in piena recessione (-0,5%) e una disoccupazione in costante aumento, vista la manovra economica correttiva ancora in fase di definizione.

Non mi pare siano dati da economia in piena salute. Eppure in questa situazione drammatica esistono ancora delle isole felici dove il contesto attuale è un motivo di vantaggio competitivo. Mc Donald’s, nel suo campo, fa scuola, ma mi vengono in mente tanti nomi a livello internazionale che in questi mesi stanno diffondendo dati di tutto rispetto, da IKEA (+4% fatturato Italia primi 9 mesi 2011) a Ryanair (utili in aumento del 20% e passeggeri in aumento del 12%), tutte aziende queste che fanno del risparmio, della frugalità, del contenimento dei costi, elementi essenziali e distintivi del proprio business.

Se, dunque, qualcuno in questi tempi riesce non solo a generare utili, ma addirittura ad accrescerli, può essere proprio questa la strada maestra per muoversi in un sistema economico che stenta a ripartire e che fa fatica a tornare all’utile: l’efficienza operativa e il contenimento dei costi. L’Italia, un Paese composto tipicamente da piccole e medie imprese, in cui la filosofia del controllo di gestione non è ancora saldamente radicata, può ancora beneficiare tanto da una rinnovata attenzione su questi temi. Oggi più che mai diventa centrale il concetto di efficienza, inteso nell’accezione più comune di rapporto ottimale tra risorse impiegate e risultato raggiunto: ridurre il numeratore di questo rapporto a parità di obiettivi significherà poter aumentare la redditività delle vendite o anche e soprattutto essere in grado di operare significative riduzioni dei prezzi finali di vendita, mantenendo una redditività adeguata in un contesto di mercato in cui gli operatori si confrontano soprattutto sul parametro prezzo. Facile a dirsi, certo. Ma nel concreto le aziende italiane fanno ben poco per conoscere e controllare i propri fattori di costo, motivo per cui alcuni piccoli interventi potrebbero comportare sostanziali benefici. Gli strumenti sono tanti e vari, dai software dedicati alle figure professionali

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ad hoc, quali ad esempio i controller aziendali (cfr. l’articolo "Professione Controller: Intervista a Roberto Innocenti"). E’ però fondamentale cambiare il modo di concepire l’impresa, aggiungendo quel giusto livello di sofisticazione che può semplificare la vita di un’azienda. In sintesi, l’equazione “so fare, dunque imprendo”, dovrebbe essere rimpiazzata dalla seguente: “so fare, so amministrare, dunque imprendo”.

Tornando al tema da cui prendevo spunto, mi sono chiesto infine come conciliare i dati di una crisi senza precedenti con la visione idilliaca del nostro ex premier e ho avuto una sconcertante visione: Berlusconi mangerà mica al Mc Donald’s?!

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Lo stato del l ’arte nel report ing e nel budgeting a cura di Giampaolo Calori e Nicoletta Perego - EULOGOS Consulenti di Direzione - www.eulogoscd.it 1. La situazione attuale sulla pianificazione I responsabili dell’area amministrativa-finanziaria devono avere la possibilità di analizzare rapidamente la situazione aziendale, con la flessibilità di poter testare e valutare l’effetto dei principali fattori che determinano i risultati. E’ quindi necessaria la possibilità di rivedere “al volo” i bilanci ed i report di periodi precedenti, aggiungere o rimuovere conti o cambiare le ipotesi di budget con la massima semplicità possibile. Frequentemente la profondità di analisi è limitata dagli strumenti informatici utilizzati, che riducono il tempo a disposizione per raggiungere una maggior consapevolezza sui risultati: il processo è infatti spesso rallentato dalle difficoltà di raccolta e validazione dei dati, perché il “workflow” non è sufficientemente guidato dagli strumenti utilizzati. Il mantenimento dell’integrità dei dati e la facilità del loro controllo sono altri due fattori molto impegnativi per la realizzazione del processo di pianificazione secondo le “best practices”: infatti, se le funzioni aziendali coinvolte perdono la padronanza dei dati che forniscono si ha come effetto un decadimento della credibilità dei risultati ed un robusto spreco di tempo dei controllers, impegnati nella ricerca di differenze e di errori. In queste situazioni il processo di budget, anzichè essere un fatto positivo che stimola ed orienta le persone, diventa causa di angoscia e di demotivazione.

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La soluzione di questi problemi può effettivamente diventare un vantaggio competitivo, perché consente all’azienda di usare al meglio le risorse che ha a disposizione, indirizzandone un uso pianificato e migliorando il “gioco di squadra”. 2. Lo stato dell’arte nel reporting La capacità di generare reports puntuali ed accurati della situazione aziendale è una componente fondamentale nella gestione di un business, sia perché permette di orientare correttamente le scelte del management, sia perché viene frequentemente richiesto da una parte importante dei portatori degli interessi aziendali - quali azionisti, finanziatori, clienti, fornitori, autorità di controllo, ecc. -, che sono al di fuori dei confini dell’organizzazione. Non sempre si riesce a soddisfare in modo semplice questi fabbisogni informativi, perché i dettagli sono spesso numerosi e l’attività di raccolta e consolidamento dei dati è frequentemente realizzata con strumenti che richiedono un elevato intervento manuale. Tuttavia le aziende si rendono conto che le carenze nel reporting si riflettono in minore capacità di pianificazione e, potenzialmente, in ritardo nella comprensione dei mutamenti del business. Il vecchio adagio “garbage in, garbage out” è diventato un luogo comune che vuole rappresentare l’inefficienza nella gestione delle informazioni: è tuttavia un dato di fatto che i controllers di molte aziende dedicano la quasi totalità del tempo alla preparazione dei report, lasciando poco spazio all’analisi dei risultati ed alla pianificazione delle azioni di correzione o consolidamento. Ancora una volta, buona parte dell’effetto negativo è generato da una insufficiente strutturazione dei sistemi informatici: non sempre infatti essi evolvono con la crescita aziendale o con il presentarsi di eventi che mutano radicalmente le necessità di rappresentazione dei risultati, quali l’ingresso in nuovi business, il cambiamento di compagine aziendale, l’internazionalizzazione, ecc. . Il largo uso di fogli elettronici, ad esempio,

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consente di avere una grande flessibilità nella generazione dei report, sia di tipo economico-finanziario sia di tipo operativo: questa scelta può però rivelarsi una lama a doppio taglio, perché l’aggiornamento dei dati e la verifica della loro consistenza, se i fogli elettronici non sono integrati in un sistema più completo, può richiedere così tanto tempo e attenzione da annullare i benefici conseguenti alla facilità d’uso. Gli strumenti specialistici del reporting consentono inoltre di avere nativamente a disposizione alcune funzionalità - quali i consolidamenti, le allocazioni automatizzate di costi e ricavi o la gestione di strutture gerarchiche – la cui creazione nei fogli elettronici è tutt’altro che banale. Un sistema completo di misurazione delle performance deve avere l’obiettivo di indirizzare le persone verso il miglioramento dei drivers più influenti sui risultati e di consentire loro tempi rapidi di reazione quando la situazione aziendale non è allineata con le aspettative. Al di sotto di questo “primo livello” di segnalazione, deve tuttavia esserci il dettaglio completo delle informazioni, necessarie per gli approfondimenti ed i coinvolgimento delle varie funzioni aziendali. Le caratteristiche che un sistema di reporting deve possedere, per essere adeguato a soddisfare queste necessità e per consentire un buon ritorno sull’investimento, possono essere individuate sulla base di: Generazione report. La possibilità di strutturare report finanziari ed operativi in ogni punto del processo di business, in modo distribuito, è un requisito indispensabile per lo strumento di reporting, soprattutto in considerazione della velocità con cui mutano le esigenze informative al variare delle condizioni del business. La disponibilità di schemi predefiniti di report non solo consente di risparmiare tempo nella loro predisposizione, ma diventa una necessità per la standardizzazione aziendale; all’interno di questo tema possiamo identificare quattro categorie principali di report:

• Economico – finanziario: il package completo riguarda Conti Economici e Stati Patrimoniali consuntivi, prospetti dei Flussi di

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Cassa e schemi di riclassificazione pro-forma, a diversi livelli di dettaglio in funzione del destinatario delle informazioni.

• Operativo: la visualizzazione dello “stato di salute” dell’organizzazione richiede la disponibilità anche di informazioni relative ai processi di business, la cui traduzione in dati economici non è evidente nei report della prima categoria, quali l’efficienza nella produzione dei beni o dei servizi o l’efficacia con cui si risponde alle sollecitazioni dei clienti.

• Transazionale: le viste di dettaglio sui dati delle transazioni che costituiscono i mattoni elementari dell’operatività (ordini, bolle, fatture, ordini di produzione, ecc.) consentono di verificare errori e anomalie o di approfondire i dati di sintesi contenuti nei report di primo livello.

• Ad Hoc: la navigazione multidimensionale dei report consente di realizzare “al volo” analisi di dettaglio, per capire l’origine dei risultati: lo “slicing and dicing”, il drill-up, drill-down, o drill-through sono caratteristiche che consentono questi approfondimenti sia sui grafici che sulle tabelle.

Coinvolgimento degl i utenti e sicurezza. Prodotti di troppo difficile apprendimento sono spesso rifiutati dagli utilizzatori finali, perché il processo di calcolo sfugge dal loro controllo: la loro adozione ha come unico effetto il ritorno al foglio elettronico. Interfacce grafiche simili a quelle già in uso in azienda per la produttività individuale e per i sistemi operativi favoriscono invece il buon accoglimento dello strumento, smorzando la curva di apprendimento. Un secondo elemento importante di coinvolgimento è la possibilità di distribuire i report senza la necessità di stampare carta né di inviare messaggi di posta elettronica manuali: la disponibilità di uno schedulatore consente di far arrivare ad ogni utente i report di propria competenza nei tempi corretti, evitando che chi ha la responsabilità di generarli debba gestire una to-do list dedicata. Un terzo elemento, strettamente collegato, è quello che riguarda la sicurezza di accesso alle fasi del processo: il livello di protezione degli

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utenti deve essere gestito in modo centralizzato ed uno strumento di “workflow” deve memorizzare e segnalare l’intervento di ciascuno, in funzione delle fasi di inserimento dei dati e di calcolo a cui si è autorizzati. Alcune informazioni aziendali sono di competenza limitata all’interno o all’esterno dell’organizzazione. Uno dei talloni di Achille dei fogli elettronici è la relativa semplicità con cui le informazioni possono essere copiate anche da fogli protetti: la flessibilità per un utente di modificare le proprie credenziali di accesso al sistema di reporting è necessaria, ma queste funzionalità devono essere controllate dal personale IT in modo da garantire che le informazioni non finiscano nelle mani sbagliate. La flessibilità e la scalabilità del sistema devono essere garantite centralmente e non essere aggiustate dall’utilizzo che ne fanno gli utenti. Integrazione. Le informazioni oggetto di reporting sono frequentemente originate da vari sistemi informativi: ciò è tanto più vero quanto più si allarga il confine dai dati economico-finanziari, che risiedono normalmente nel sistema “contabile”, a quelli di tipo operativo, che richiedono l’intervento del sistema di fatturazione per quanto riguarda le vendite, del sistema del personale per quanto riguarda il costo del lavoro, del sistema di magazzino per quanto riguarda la produzione, e così via. La costruzione di un sistema di reporting aziendale richiede quindi che lo strumento dedicato abbia la capacità di recuperare i dati da tutte le fonti necessarie, in riferimento sia alle anagrafiche (prodotti, clienti, agenti, ecc.) sia ai dati delle transazioni. Affinché queste possibilità di integrazione e consolidamento dei dati siano effettivamente utilizzabili è necessario che il processo sia guidato da un’interfaccia utente di semplice comprensione e sviluppata con menù guidati: la disponibilità di un collegamento diretto ai file di testo e di foglio elettronico ed il supporto agli standard di connettività (ODBC, OLEDB, ecc.) riducono al minimo la necessità del coinvolgimento del personale IT, al di là della prima fase di installazione e setup. Ciò può consentire un più rapido adattamento del reporting alle necessità informative evidenziate dagli uomini di business.

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Audit del processo. La possibilità di registrare, controllare, rivedere ed approvare le fasi di un processo aziendale è diventata un requisito fondamentale per le aziende che operano seguendo gli standard delle certificazioni di qualità, sicurezza o privacy e, ancor di più, per quelle che operano in settori regolamentati da autorità centrali. Il processo di reporting non fa eccezione: è quindi importante che il software utilizzato fornisca gli strumenti per controllare ed approvare i formati dei report, tenere traccia delle modifiche effettuate, consentendo anche di commentare il motivo dei cambiamenti, e indirizzare il flusso delle attività degli utenti che partecipano al processo stesso. Molto utile, in questi casi, è la disponibilità di un file di “log”, in cui sono elencate in modo temporalmente sequenziale tutte le attività svolte, sia originate dall’intervento umano sia generate automaticamente dallo schedulatore. 3. Best practises nel budgeting Le attività di budgeting e di pianificazione sono usualmente considerate importanti in azienda, ma spesso sono trascurate per le difficoltà operative che si incontrano nel confrontarsi con i vincoli imposti dall’organizzazione; gli strumenti, le persone ed i processi coinvolti in queste attività devono essere pienamente supportati affinché si manifesti una comprensione completa dell’indirizzo aziendale. Lo strumento più frequentemente utilizzato per la realizzazione di queste attività è il foglio elettronico: sebbene esso garantisca grande flessibilità e velocità nella manipolazione e nel trattamento dei dati, i risultati che esso produce sono da considerarsi di “uso personale”. Affinché diventi uno strumento affidabile ed orientato alla collaborazione è necessario che venga integrato all’interno di un ambiente più robusto e articolato, con l’utilizzo di database e di procedure più strettamente formalizzate: in questo caso il foglio elettronico diventa l’”interfaccia” dell’utente con il sistema, lasciando ad altri strumenti i compiti di sviluppo dei calcoli e di mantenimento dell’integrità dei dati.

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L’applicazione delle metodologie e degli strumenti di budget trovano un prerequisito nel fatto che gli obiettivi devono essere realizzabili e misurabili. Nella definizione del processo di pianificazione, la fissazione di obiettivi difficilmente raggiungibili e/o la mancanza di controllo “oggettivo” su quanto viene realizzato costituiscono fattori destabilizzanti, che portano all’insuccesso dell’iniziativa. I passi che conducono ad un percorso virtuoso possono essere così riepilogati: Identi f icazione del l ’ infrastruttura. La comprensione dei fattori strutturali che stanno alla base dell’attività aziendale e ne determinano i risultati è indispensabile per un efficace processo di pianificazione. Una buona partenza richiede quindi la conoscenza della capacità e delle attitudini delle persone coinvolte, in modo da poter assegnare compiti e responsabilità in modo adeguato; i dipendenti con maggiore esperienza sulle singole attività e sui processi trasversali alle funzioni aziendali offrono maggiori garanzie di stabilità alle fasi di pianificazione. Assegnate le responsabilità, il passo successivo è quello di fornire gli strumenti adeguati per poter svolgere i compiti. Non va trascurato l’aspetto della comunicazione e della documentazione delle attività svolte: le risorse dedicate a questi aspetti sono un investimento indispensabile per la diffusione del know-how in azienda e per limitare la dipendenza dalle persone chiave, che gestiscono la ownership dei processi. L’utilizzo di strumenti adeguati consente di risparmiare tempo nell’esecuzione del processo e di avere, di conseguenza, maggior possibilità di approfondire l’analisi delle ipotesi e dei risultati. Def iniz ione del processo di budget. Il processo di budgeting non è un’attività “una tantum”, perchè viene svolta tutti gli anni e richiede interventi di riprogrammazione e forecasting anche più volte in ogni esercizio; per questo occorre evitare la tentazione di tralasciare la formalizzazione della sequenza delle attività da svolgere, nella speranza di risparmiare tempo. E’ invece necessario predisporre l’adeguata

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documentazione del processo, sia per successive verifiche sia per preparare il terreno ai budget futuri: in queste fasi il controller deve ragionare come un project manager ed utilizzare le stesse tecniche di gestione (diagrammi di Gantt, percorsi critici, Pert, ecc.), in modo da definire:

Il flusso del processo di budget può essere schematizzato in quattro fasi temporalmente successive, così come evidenziato di seguito: definizione degli obiettivi, creazione del modello e preparazione della prima versione dei dati in base ai trend storici, controllo dei dati e realizzazione del calcolo, revisione e finalizzazione del budget.

TAVOLA 1: Flusso del processo di budget

Date  di  scadenza   Obie.vi   Risorse   Indicatori  di  performance  

Analisi  di  rischio  

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Selezione del software. Non sempre la scelta di sviluppo del budget con fogli elettronici è la soluzione migliore; al crescere della dimensione aziendale, sempre più si ricercano applicativi in grado di garantire efficienza, accuratezza e consistenza dei dati, indipendentemente dalla “buona volontà” di coloro che elaborano le informazioni. I pacchetti specialistici di pianificazione contengono una serie di funzionalità che consentono lo sviluppo di calcoli altrimenti molto laboriosi, quali l’importazione di dati esterni, la distribuzione sulle dimensioni, l’allocazione degli overheads, i forecast basati su dati esistenti, i forecast infrannuali, i consolidamenti, ecc. . Un pacchetto di questo tipo può essere anche il componente fondamentale per la misurazione delle performances aziendali a consuntivo e lo strumento di automazione delle analisi economico-finanziarie di Business Intelligence. Def iniz ione del l ivel lo di approfondimento. La scelta del livello di dettaglio da attribuire ai dati di budget è estremamente importante per il sistema di pianificazione: un eccessivo livello di approfondimento può essere causa di inefficienza, mentre una previsione troppo sintetica può privare il controllo delle informazioni per esercitare la propria funzione. Il tempo speso per mettere a punto dettagli “inutili” può essere utilizzato meglio: anche la qualità del dato può risentirne, perché è spesso più significativo stimare un valore complessivo, assorbendo le varianze all’interno del totale, piuttosto che sommare una serie di valori valutati singolarmente, cumulando tutte le possibilità di errore. Frequentemente il sistema di budget ha un piano dei conti differente da quello della contabilità generale ed analitica; solo quando quest’ultimo è molto sintetico può esserci una sovrapposizione. Ciò significa che in molti casi è necessario identificare il livello in cui le due strutture possono essere rese confrontabili: la scelta dipende dal grado di dettaglio con cui si vogliono analizzare gli scostamenti a consuntivo, per dar luogo a misure di

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correzione. Naturalmente tale livello può essere differente per le varie nature di costo e di ricavo che compongono il Conto Economico. Analogo ragionamento può essere fatto per tutte le altre dimensioni di analisi differenti dal piano dei conti, quali il prodotto/servizio, la rete di vendita, i centri di responsabilità organizzativa, i settori di clientela, ecc. La semplificazione delle strutture di analisi aiuta dapprima il controller e, successivamente, gli uomini di business a concentrarsi su un limitato numero di indicatori di performance, che frequentemente sono sufficienti per il governo dei fatti aziendali rilevanti. Def iniz ione degl i indicatori di performance. La quantificazione degli obiettivi da raggiungere è una premessa fondamentale per verificare l’efficacia della strategia stabilita da una organizzazione: essi possono riguardare sia la sfera economico-finanziaria, coinvolgendo valori assoluti delle grandezze o indici che le mettono in confronto, sia quella più direttamente operativa, relativamente ad aspetti quali la customer care, l’efficienza dei processi, la qualità, ecc. . Coerentemente con la “best practise” vista in precedenza, la costruzione degli indicatori deve puntare al livello di dettaglio dei drivers che guidano la fase di pianificazione o a livelli ancora più sintetici: tabelle e grafici troppo analitici possono infatti generare confusione sui risultati, invece di indirizzare l’attenzione allo stato del business e al suo controllo. Analogamente sono da evitare indicazioni di carattere generico, che non possono essere misurabili in modo “oggettivo”, almeno secondo una definizione interna aziendale, anche se non universalmente riconosciuta. Alcuni indicatori sono di uso comune per tutte le aziende, mentre altri sono specifici del settore in cui l’organizzazione opera: in linea di principio, gli indicatori economico-finanziari sono quelli di carattere più generale, mentre quelli operativi dipendono maggiormente dalle specificità del settore. In realtà, anche i primi possono variare sensibilmente da azienda ad azienda: in ambito industriale, ad esempio, possono aver maggiore significato indicatori che evidenziano i margini operativi del Conto Economico e l’impiego di capitale fisso nello Stato Patrimoniale, mentre in ambito commerciale ha più senso puntare a margini di contribuzione e

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indici di controllo del capitale circolante e nel settore finanziario risultano invece più interessanti i margini di interesse e di intermediazione e la consistenza dei fondi verso i rischi. La definizione degli indicatori deve essere comunicata a tutte le funzioni aziendali coinvolte nel processo di pianificazione e controllo, indicando chiaramente i metodi con cui sono calcolati ed i valori di target da raggiungere. Ciò consente di evitare equivoci e di sollecitare le persone verso obiettivi comuni e condivisi. Integrazione del le persone in un processo col laborat ivo. La messa a punto di un processo di budget adeguato richiede il coinvolgimento di persone a vari livelli dell’organizzazione: il top management fissa la strategia e gli obiettivi di fondo, il middle management cura gli aspetti di implementazione del piano e gli organi di staff si occupano di fornire le informazioni necessarie e di controllare la coerenza delle scelte quantitative realizzate dagli operativi. Per raggiungere questo scopo è difficile ipotizzare una semplice trasmissione di documenti, anche utilizzando strumenti di collaborazione elettronica: appare indispensabile prevedere riunioni di confronto e di feedback, nel rispetto dei tempi fissati per la generazione del piano. Gli sviluppi del software relativo alla gestione dei contenuti (Content Management) ed ai relativi portali può essere di supporto, fornendo strumenti di facile implementazione e pronti all’uso per la gestione di forum di discussione, surveys e versionamento dei documenti di progetto. Adeguatezza e r ispetto dei tempi. Una durata eccessiva del ciclo di sviluppo del budget, oltre a portare ad uno spreco di tempo delle risorse umane, comporta la perdita di significatività dei dati di riferimento dal consuntivo. Una chiara definizione del piano strategico e degli indicatori di performance ed un utilizzo efficiente dei supporti tecnologici può consentire lo sviluppo del processo di budget in uno-due mesi: in questo caso, la partenza delle attività può essere sufficientemente prossima alla conclusione dell’anno in corso in modo da consentire una corretta valutazione della situazione aziendale.

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Al l ineamento del Budget ai piani a medio termine. E’ importante che l’operatività quotidiana supporti il budget per assicurare che gli sforzi di pianificazione siano aderenti ai vari livelli dell’organizzazione. Alcune aziende estendono questa “best practise” al piano strategico, facendo in modo che sia condiviso dal top management fino ai livelli intermedi dell’organizzazione. Ciò può voler dire, ad esempio, che il controller traduce gli obiettivi di piano in obiettivi per le funzioni aziendali, in driver per i costi, in target per le incentivazioni. I manager di funzione utilizzano quindi questi valori per orientare le proprie scelte operative. I passi successivi per l’allineamento dei due livelli consiste nel mettere in evidenza e documentare le attività svolte: ciò consente di rendere più efficace la fase di valutazione degli scostamenti a consuntivo e di valutare la portata delle scelte strategiche. Adeguamento del le r isorse agl i obiett iv i ed al la strategia. L’uso di strumenti di Business Intelligence indirizza il management nell’identificazione di opportunità e rischi nelle aree di attività: ciò consente una più efficiente allocazione delle risorse, che dà priorità ai progetti più significativi per il raggiungimento degli obiettivi. Metodologie di rappresentazione quali il dashboarding, lo sviluppo di scorecards, e l’analisi what-ifaiutano a rappresentare i risultati in modo più significativo. Attenzione al le variazioni di scenario. Nelle aziende allineate alle “best practises” il processo di pianificazione può adattarsi in tempi brevi alle variazioni indotte dall’ambiente di mercato: ciò consente di avere più rapidamente nuove analisi dei dati e di garantire maggiore confidenza nei risultati. La capacità di rispondere in tempi brevi alle variazioni di mercato, di analizzarne i dati e di consolidarne gli effetti costituiscono una premessa indispensabile per condurre una azienda in modo efficiente. Le principali metodologie per sviluppare processi flessibili di pianificazione riguardano:

• Riprevisione mensile. La flessibilità di poter rivedere mensilmente i dati ed i processi di calcolo che conducono ai risultati è importante

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soprattutto in condizioni di mercato instabili o fortemente variabili. Un re-forecasting frequente mette a fuoco la motivazione delle persone sui drivers più importanti che determinano la performance.

• RollingForecast. Uno dei limiti principali del budget “tradizionale” è quello di adeguarsi in modo totale alle scadenze imposte dalle esigenze civilistiche e fiscali: l’orizzonte di pianificazione va quindi via via riducendosi man mano che i mesi vengono consuntivati. Il modo migliore di gestire un piano è invece quello di avere sempre un orizzonte temporale futuro costante, in modo da riflettere costantemente le variazioni di mercato e di risultato aziendale che via via si manifestano. Questo modo di lavorare è chiaramente più impegnativo, soprattutto se affrontato con strumenti inefficienti, ma consente di far realizzare alle persone che il funzionamento di un’azienda è un divenire continuo e non un processo “a blocchi”. Lo sviluppo di un budget “rolling” induce il management ad una costante visione in avanti e consente di avere più tempo per predisporre azioni correttive al mutamento degli scenari o della strategia aziendale.

• Analisi what-if.La possibilità di generare vari set di ipotesi riguardo alle variabili che costituiscono i drivers del business è molto utile perchè consente di analizzare i risultati in modo più consapevole e di operare quindi scelte migliori. La verifica dell’impatto di scenari alternativi non è infatti una perdita di tempo quando i dati sono facilmente aggiornabili ed è immediato ricalcolare le tendenze che risultano dalle ipotesi considerate.

La barriera all’utilizzo di queste metodologie è frequentemente causata dagli strumenti utilizzati per lo sviluppo del budget, sia perchè non ne prevedono la realizzazione, sia perchè la rendono troppo complicata, sia perché non sono in grado di strutturarla in modo da garantire l’affidabilità dei risultati. Di queste valutazioni bisogna dunque tener conto al momento della selezione del software.

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Supporto al progetto. Dopo che il budget è stato approvato, è necessario sviluppare un supporto per tenere vivo il progetto e garantirne adeguata manutenzione, riducendo le possibilità di fallimento dell’iniziativa. Anche in questo caso, strumenti di groupware (dalla banale posta elettronica al più sofisticato utilizzo di un sistema di gestione dei contenuti, con newsletters e “bacheche elettroniche”) consentono di rendere visibile l’adesione al progetto, di condividere le informazioni e di comunicare nuove idee. Il ciclo di supporto prevede quattro attività, secondo quanto riportato nella tavola seguente: la fase di feedback, in cui si creano le condizioni affinché i partecipanti al progetto possano manifestare le proprie idee od esigenze informative, la fase di analisi, in cui si possono individuare soluzioni ai fabbisogni proposti, la fase di test, in cui si verifica l’impatti di implementazioni del progetto, e la fase di risoluzione, in cui le innovazioni vengono messe in produzione nell’ambiente operativo.

TAVOLA 2 – Flusso di attività a supporto del progetto

Feedback  

Analisi  

Test  

Risoluzione  

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I Sistemi Incentivanti come motore di crescita

a cura di di Rossano Storti Partner Progesa S.r.l. - www.progesa.com

L’attuale contesto competitivo e la crisi economica in atto richiedono un allineamento urgente tra gli obiettivi delle imprese e l’operatività quotidiana dei singoli individui impegnati nelle diverse funzioni aziendali. I risultati aziendali dipendono sia dalle decisioni prese dalla direzione (in termini di strategie di marketing, linee prodotto, nuovi investimenti..), sia dall’operato di ciascuna risorsa dell’azienda, che lavora e agisce in modo intrinsecamente legato ad altre risorse. Diviene quindi fondamentale che il lavoro di ogni singolo operatore sia indirizzato verso il raggiungimento degli obiettivi aziendali e nella realizzazione pratica delle strategie definite dalla direzione ( oggi, più che mai, occorre che tutti “remino” nella stessa direzione). L’impostazione di un modello di Sistema Premiante deve essere in grado di stabilire una relazione diretta tra le strategie aziendali e il comportamento delle aree operative. Solo in questo modo è possibile: 1. comunicare e condividere gli obiettivi aziendali 2. creare un unico modello di controllo aziendale delle performances 3. allineare la componente retributiva variabile ai risultati effettivi raggiunti dall’azienda Il processo di creazione di un Sistema Incentivante richiede una serie di passaggi metodologici e tecnici che consentono l’individuazione degli indicatori (KPI) opportuni e certificati e di gestire in modo efficiente lo sviluppo successivo del modello.

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I Sistemi Incentivanti Quando si affronta il tema dei Sistemi Incentivanti o, in genere, della Retribuzione Variabile, è necessario, innanzitutto, distinguere due macro-aree di analisi. La prima fa riferimento alle forme di retribuzione variabile che vengono stabilite contrattualmente tra il datore di lavoro e il dipendente in sede di contrattazione iniziale o successiva. In tali casi si configura un importo complessivo come risultante di due forme di retribuzione (fissa e variabile). La seconda area, invece, fa riferimento ai casi in cui vengono stabiliti e corrisposti dei premi di produttività (tipicamente a fine esercizio) alla totalità dei dipendenti/collaboratori o ad una parte di questi, sulla base di meccanismi di volta in volta stabiliti. Solitamente, la procedura che viene seguita all’interno delle aziende (in particolar modo nelle PMI), prevede lo stanziamento a fine periodo di una somma, stabilita in funzione dell’andamento economico dell’esercizio precedente, che viene erogata a determinati soggetti in funzione di parametri predefiniti piuttosto che (molto più frequentemente) in funzione di valutazioni soggettive da parte dell’imprenditore o della direzione generale. In questo contributo ci occuperemo di questa seconda tipologia di retribuzione variabile e cercheremo di delineare un modello di applicazione efficace, sia dal punto di vista metodologico che dal punto di vista degli effetti “motivazionali”. L’impostazione e la realizzazione di un Sistema Incentivante (SI) rappresenta, all’interno delle imprese, uno dei momenti più delicati e complessi, in quanto: > coinvolge diverse funzioni aziendali (ufficio personale, controllo di gestione, direzione o proprietà e responsabili di funzione)

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> influisce sui meccanismi retributivi e di motivazione del personale coinvolto > spesso mette in discussione i meccanismi precedenti di distribuzione dei premi che nascono frequentemente da valutazioni soggettive e da stime ex-post delle risorse disponibili. Se ci allontaniamo dall’ambito delle Risorse Umane e consideriamo i SI come parte di un modello integrato di Performance Management possiamo collocare i meccanismi di determinazione dei premi all’interno delle metodologie di Management by Objectives (Mbo) e della valutazione del personale basata sui risultati raggiunti a fronte di obiettivi prestabiliti. La Gestione per Obiettivi, descritta nel 1954 da Peter Drucker nel suo libro “The practice of Management”, si basa sulla definizione di obiettivi generali e personali, sulla verifica del loro grado di raggiungimento, sull’analisi delle cause degli scostamenti e sulla responsabilizzazione dei singoli soggetti (sia di line che di staff) in merito al conseguimento dei risultati prefissati (orientamento al risultato). L’implementazione di un Sistema Incentivante basato su principi di “gestione per obiettivi” non può prescindere dalla presenza di un sistema strutturato di Controllo della Gestione che funga da collettore tra la definizione degli obiettivi, la loro misurazione e la gestione dell’intero modello. Le basi sulle quali si poggia un efficace SI sono spesso riconducibili alle aree del Controllo Qualità e dei sistemi di BalancedScorecard/Pannelli di Controllo Direzionali dove sono presenti logiche legate agli indicatori di performances (KPI), che possono sintetizzare in modo “naturale” l’andamento dell’azienda sia nel suo complesso che nei singoli processi di gestione.

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La modellazione del Sistema Incentivante La procedura di costruzione di un modello di incentivazione parte dalla considerazione di quattro aspetti fondamentali: 1. Obiettivi del sistema Quali sono gli obiettivi che vogliamo raggiungere attraverso la costruzione di un SI 2. Requisiti del sistema Quali sono i presupposti perché un SI possa raggiungere gli obiettivi prefissati 3. Pericoli del sistema Quali inconvenienti posso scaturire da un SI impostato non correttamente 4. Tipologie del sistema Quali diverse soluzioni possiamo adottare Gli obiettivi L’impostazione di un SI nasce tipicamente per il raggiungimento di tre obiettivi: a. Agire sulla componente motivazionale Lo strumento dell’incentivo dovrebbe influire sui comportamenti “produttivi” delle risorse coinvolte attraverso la spinta al raggiungimento degli obiettivi assegnati. b. Allineare l’organizzazione alle strategie aziendali L’allineamento tra gli obiettivi aziendali, espressi in forma chiara e misurabile, e la componente varabile della retribuzione consente di porre l’organizzazione sulla stessa direzione strategica. L’individuazione di obiettivi aziendali condivisi e la loro comunicazione ai diversi livelli della struttura organizzativa, consentono di migliorare il grado di “partecipazione” delle risorse, soprattutto in fasi di cambiamenti strategici rilevanti. c. Rendere variabile una parte dei costi del personale

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Il sistema incentivante consente di superare i meccanismi di aumento retributivo legati esclusivamente a logiche di anzianità/gerarchia e permette di correlare maggiormente l’andamento dei costi del personale alle performances aziendali. I requisiti I parametri da rispettare nella realizzazione di un sistema incentivante possono essere riassunti in cinque principi (5S): a. Sistemico Il sistema dovrebbe coinvolgere tutte le risorse aziendali. L’esclusione di alcuni dipendenti/collaboratori dovrebbe essere valutata attentamente e motivata. b. Selettivo Il sistema deve essere in grado di misurare e premiare i differenti contributi apportati dalle singole risorse aziendali. Un sistema eccessivamente “generale” rischia di non svolgere la funzione di stimolo motivazionale. c. Sostenibile Il sistema deve essere reversibile (nessun premio al mancato raggiungimento degli obiettivi) e l’aumento del costo del personale deve trovare i fondi necessari nelle performances complessive aziendali. d. Significativo Le risorse economiche destinate alla parte variabile devono essere sufficienti a rendere “appetibile” la componente incentivante. e. Strategico Il sistema deve essere basato su parametri e indicatori (KPI) che legano le performances aziendali ai comportamenti delle risorse coinvolte.

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I pericoli Nella definizione di un SI è fondamentale tenere in considerazione alcuni effetti negativi che possono mettere in discussione le fondamenta dei meccanismi di partecipazione. In particolare, una mancata correlazione tra obiettivi e responsabilità può causare una sentimento di impotenza e di “ingiustizia” . E’ fondamentale quindi che le risorse siano ritenute responsabili degli aspetti che posso effettivamente controllare. E’ necessario inoltre prestare attenzione ai rischi di comportamenti individualistici e competitivi che possono nascere da metodologie legate esclusivamente ai comportamenti dei singoli. Infine, è importante che il modello sia “certificato” e condiviso al fine di ottenere un clima di certezza e di fiducia nei meccanismi impostati. Le tipologie I SI possono essere distinti in funzione della natura del premio e in base ai parametri di funzionamento. Sotto il profilo della natura del premio si distinguono: a. Premi economici Bonus, Stock Opzions, Retribuzioni variabili b. Benefits Assicurazioni, Autovettura, Cellulare, PC, Coperture mediche, Abitazione c. Ambiente di lavoro Apprendimento e formazione, Carriera e Leadership Nel seguito di questo contributo ci occuperemo esclusivamente dei SI basati su logiche di Retribuzione Variabile. Per quanto riguarda le tipologie di impostazione di un SI, così come illustrato in Tavola 1, queste possono differire per destinazione,

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meccanismi di comunicazione, uniformità all’interno dell’azienda, componenti e frequenza di distribuzione dei premi. Sul tema specifico della comunicazione, va sottolineato come sia fondamentale la condivisione dei meccanismi con le risorse coinvolte. Non è possibile agire sull’allineamento tra strategia e comportamento operativo senza comunicare e condividere i parametri sui quali il premio si basa. Tipicamente, la sequenza di implementazione prevede una prima fase di test del modello (in assenza di comunicazione) al fine di verificarne il funzionamento e una seconda fase di start-up effettivo in cui il modello viene illustrato e approvato dall’organizzazione nel suo complesso. Sotto il profilo della frequenza, è abitudine ormai consolidata, all’interno delle PMI, una gestione annuale del premio con corresponsione nei primi mesi dell’anno successivo a quello di “competenza”. Questa procedura risulta, senza alcun dubbio, funzionale e allineata con gli altri processi tipici di chiusura annuale (bilanci e compensi straordinari) e può essere mantenuta nei primi anni di gestione del modello. Solo in una fase di consolidamento dei meccanismi è pensabile una maggiore frequenza di corresponsione (salva la possibilità di “simulare” i risultati effettivi durante l’esercizio).

Tavola 1. Tipologie di Sistemi Incent ivant i

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Il Sistema Incentivante all’interno del Performance Management Al fine di ottenere un allineamento efficace e costruttivo tra il SI e la procedura di definizione della strategia aziendale è necessario creare una relazione effettiva tra la fase di pianificazione strategica, l’individuazione degli indicatori di performances e l’assegnazione degli obiettivi. Questo processo richiede il rispetto di step organizzativi che consentono il raggiungimento degli obiettivi del sistema (Tavola 2): 1. Piano strategico In questa fase vengono definiti gli obiettivi aziendali sia in termini di risultati economico-finanziari (tipici del processo di budgeting) che in termini di obiettivi di processo (aumento della custode satisfaction, riduzione dei tempi di consegna, …) e, infine, di progetti specifici da portare a compimento nel periodo preso in considerazione (implementazione ERP, realizzazione di un evento commerciale, …) 2. Indicatori di performances (KPI) Le linee guida e i singoli obiettivi, definiti nella fase precedente, vengono “sintetizzati” attraverso l’utilizzo di Indicatori (KPI) sui quali saranno impostati i valori di partenza (tipicamente quelli relativi all’anno precedente) e i valori target (corrispondenti con le aspettative del piano strategico). Il concetto di indicatore va inteso in senso ampio. Nel momento in cui dobbiamo monitorare l’avanzamento di un progetto specifico, l’indicatore sarà costituito dell’avanzamento stesso, mentre la “riduzione dei tempi di consegna” sarà monitorata da un indicatore calcolato in modo tradizionale.

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Tavola 2. Dal Perfomance Management al Sistema Incent ivante

Perché un indicatore possa essere funzionale sia alla verifica dell’andamento aziendale che alla parametrizzazione di un sistema incentivante è fondamentale che venga “profilato” in modo corretto definendo (Tavola 3):

Tavola 3. La prof i latura degl i indicator i

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- Descrizione dell’indicatore - Formula di calcolo - Tipo di indicatore (percentuale, valuta, numero, …) - Frequenza di rilevazione - Polarità (senso di giudizio) - Fonte dati (da dove vengono le informazioni che alimentano gli indicatori) La profilatura dell’indicatore permette di definirne tutte le caratteristiche di calcolo e di gestione. Solo in questo modo è possibile evitare problemi di interpretazione che rischiano di compromettere l’intero modello. 3. Modello incentivante Parte degli indicatori definiti nel piano strategico (realizzato per finalità più generali) viene utilizzato all’interno del modello incentivante, attraverso la loro attribuzione/assegnazione alle diverse funzioni aziendali e ai singoli operatori. Gli indicatori “trasferiti” all’interno del SI costituiranno la base per la verifica di raggiungimento degli obiettivi e dei premi correlati. 4. Determinazione dei risultati Le procedure di consuntivazione consentono la determinazione dei valori di fine periodo che sono funzionali alla verifica di andamento complessivo aziendale, alla determinazione delle quote di premio maturate e alla loro distribuzione effettiva. Case History Affronteremo ora l’applicazione concreta dei principi esposti all’interno di un azienda del settore manifatturiero. L’azienda (che chiameremo XYZ per ovvie ragioni di riservatezza) genera un fatturato annuo di circa 15 milioni di euro e ha una forza lavoro composta da circa 60 dipendenti, divisi nelle tradizionali funzioni di produzione e di supporto.

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Il team di lavoro, che ha seguito e impostato il progetto, è stato definito tenendo in considerazione tutti gli effetti organizzativi e tecnici che scaturiscono dalla messa in atto di un sistema incentivante:

Tavola 4. La procedura di def in iz ione degl i obiett iv i

Responsabi le control lo di gest ione Impostazione tecnica del modello, interfaccia nel recupero dei dati necessari, gestione ordinaria del modello; Responsabi le r isorse umane Interfaccia con le risorse coinvolte, conoscenza dei profili retributivi e delle dinamiche organizzative; Proprietà/direzione generale

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Avvallo del modello e conoscenza approfondita dei processi aziendali generali; Responsabi l i di funzione Conoscenza approfondita dei singoli processi gestiti e avvallo dei meccanismi legati alla funzione; Società di consulenza esterna Impostazione teorica e pratica del modello e ruolo di coordinamento. Gli step seguiti all’interno del progetto hanno riguardato sia gli aspetti legati al sistema di Performance Management esistente che gli aspetti più strettamente legati al sistema incentivante (Tavola 4). Step 1 – Anal is i dei processi Il primo step riguarda l’analisi dettagliata dei processi gestiti dall’azienda, andando a definire, secondo logiche vicine ai metodi della BalancedScorecard, le Prospettive e le Dimensioni di analisi. La procedura consiste, di fatto, nel suddividere l’azienda in macro-comparti di analisi (Prospettive) al loro volta scomposti in sotto-comparti di dettaglio (Dimensioni). Step 2 – Definiz ione degl i obiett iv i Per ciascuna Dimensione di analisi vengono definiti gli obiettivi di performance previsti per l’esercizio successivo, attingendo dal processo di budgeting già presente (per quanto riguarda gli indicatori economico-finanziari) e ad un dettagliato processo di pianificazione operato dai responsabili di funzione (per quanto attiene agli indicatori tecnico-qualitativi). Così come è ormai riconosciuto dai teorici del Management by Objectives (MbO) gli obiettivi definiti devono essere:

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- Chiari (ben identificati, senza lasciare margine ad interpretazioni e dubbi) - Misurabili (il raggiungimento deve essere un fatto oggettivo)

- Raggiungibili (non devono essere irrealizzabili)

- Sfidanti (non devono essere certi nella realizzazione)

- Definiti (deve essere stabilito entro quando vanno raggiunti)

Step 3 –Prof i latura degl i indicatori (KPI) Ciascuno degli obiettivi viene rappresentato in modo sintetico attraverso l’utilizzo di Indicatori (KPI) profilati secondo le regole viste in Tavola 3. Dal punto di vista della tipologia di indicatori che possono essere definiti all’interno di un SI, possiamo trovare: -Indicatori Quantitativi (Fatturato, Numero reclami, % insoluti, …) - Avanzamento Iniziative/Progetti (Organizzazione fiera, chiusura stabilimento, …) - Schede di valutazione (valutazione delle competenze e delle prestazioni delle risorse umane portate a punteggio uniforme) Step 4 – Associazione obiett iv i-dest inatar i Sulla base della struttura organizzativa esistente e dei processi singolarmente gestiti, viene definita lo schema di attribuzione degli obiettivi ai destinatari. Nell’attribuzione degli obiettivi è necessario spostare l’attenzione dall’organigramma (logica delle responsabilità/funzione) ad una visione di azienda frazionata per processi e sotto-processi. Questa

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impostazione consente di attribuire gli obiettivi ai soggetti che effettivamente si occupano del processo correlato, con l’effetto di incrementarne il senso di responsabilizzazione, indipendentemente dall’ufficio/funzione all’interno del quale operano. La scelta adottata dalla società XYZ, in termini di attribuzione degli obiettivi, ha portato alla suddivisione del meccanismo in tre aree gerarchiche alle quali corrispondo indicatori diversi e ponderazioni diverse del premio (Tavola 5): a. l ivel lo AZIENDA Una componente del premio è determinata dalle performance raggiunte dall’azienda nel suo complesso. Questa componente permette di incrementare il sentimento di appartenenza della risorsa all’azienda e nel sottolineare il concetto fondamentale che “ciascuno contribuisce alle performances complessive e nessuno è estraneo ad andamenti negativi generali”. b. l ivel lo PROCESSI OPERATIVI La seconda componente del premio è stabilita sulle performances dei processi gestiti dalla risorsa (da sola o in collaborazione con altri) Questa seconda componente consente creare una correlazione diretta tra il premio e il lavoro effettivamente svolto all’interno del processo determinando uno “spirito di squadra” produttivo. c. l ivel lo OPERATORE La terza e ultima componente del premio è determinata in base alla prestazione della singola risorsa, misurata attraverso: - indicatori relativi a processi svolti in modo autonomo - logiche più generiche di presenza in azienda (livello di assenteismo)

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- schede di valutazione, con misurazione delle competenze e degli obiettivi personalmente assegnati. Quest’ultima componente stabilisce una relazione diretta tra il premio ed il “comportamento” produttivo della persona coinvolta e rappresenta l’anello indispensabile per agire sulle logiche motivazionali.

Tavola 5. I l ive l l i del Sistema Incent ivante

La presenza dei tre livelli di applicazione permette di correggere le controindicazioni presenti nei sistemi incentivanti basati esclusivamente sull’andamento aziendale complessivo (dove la correlazione diretta tra la prestazione del singolo e il premio è totalmente assente) e quelli basati solo su parametri legati alla singola risorsa (che non tengono conto del principio di appartenenza delle risorse ad un’organizzazione, la quale deve generare reddito ed essere sostenibile nel lungo periodo). Step6. Ponderazione dei l ivel l i

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Ciascun livello individuato viene ponderato secondo logiche valide per tutte le figure coinvolte piuttosto che “personalizzando” i pesi sulla singola risorsa (al fine di correggere eventuali imprecisioni legate all’associazione risorsa/funziona non sempre corrispondente alle mansioni svolte). Sulla base degli step svolti viene realizzata una scheda di determinazione del premio per ciascun operatore, con l’indicazione di tutte le informazioni necessarie al calcolo e alla gestione dei meccanismi prefissati. Al fine di evitare gli effetti negativi legati a logiche on-off (nessun premio sotto una determinata soglia e tutto il premio al suo superamento) è preferibile creare fasce di raggiungimento alle quali sono collegate percentuali progressive di premio maturato. Nella determinazione dei meccanismi di funzionamento è necessario tener conto di due rischi congeniti che devono trovare una forma di correzione preliminare. Il mancato raggiungimento di predeterminate soglie di performance aziendale complessiva dovrebbero impedire la distribuzione dei premi (non è pensabile la corresponsione di premi nel caso di cali notevoli di marginalità piuttosto che di situazioni di crisi fallimentari). L’altro rischio consiste nel mancato raggiungimento di livelli minimi di prestazione a livello di singolo operatore pur in presenza di buone performance aziendali o di funzione. Si pensi al caso di un operatore assente per la maggior parte dell’anno. L’inserimento di meccanismi automatici di correzione (soglie di validità minime) consentono di evitare gli inconvenienti descritti.

Rossano Storti www. progesa.com

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L’Intel l igenza emotiva di Emanuele Procopio - Controller

Daniel Goleman, professore di psicologia a Harvard e giornalista scientifico del New York Times nel suo best seller, “Lavorare con l’intelligenza emotiva”1, scriveva: “Le regole del lavoro stanno cambiando. Oggi siamo giudicati secondo un nuovo criterio: non solo in base a quanto siamo intelligenti, preparati ed esperti, ma anche prendendo in considerazione il nostro modo di comportarci verso noi stessi e di trattare con gli altri. Questo nuovo metro viene applicato sempre più quando si deve scegliere chi assumere e chi no, chi licenziare e chi riconfermare, chi scavalcare e chi promuovere. Le nuove regole consentono di prevedere chi ha maggiori probabilità di successo e chi è soggetto a perdersi lungo il cammino... ...La nuova misura di eccellenza dà per scontato il possesso di capacità intellettuali e di conoscenze tecniche sufficienti a svolgere il nostro lavoro. Invece, punta principalmente su qualità personali, come l’iniziativa e l’empatia, la capacità di adattarsi e di essere persuasivi… …Se lavorate in una grande organizzazione, è probabile che già adesso siate valutati proprio in base a queste capacità, sebbene forse non lo sappiate… …Indipendentemente dal tipo di lavoro che fate, comprendere il modo di coltivare queste capacità potrà rivelarsi essenziale per avere successo nella vostra carriera…

1Titolo originale: Working with Emotional Intelligence, NY: Bantam Books, 1998.

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…Ora che comprendiamo con maggior precisione questi talenti umani, esiste un nuovo termine per far riferimento a essi: intelligenza emotiva.” Nel suo saggio, attraverso uno studio condotto su più di 500 organizzazioni, Goleman rivela che le abilità che distinguono i lavoratori eccellenti in ogni campo, dal primo livello alle posizioni massime, non è il Quoziente Intellettivo, né l’esperienza, ma è l’Intelligenza Emotiva: autoconsapevolezza, fiducia in se stessi e autocontrollo; impegno e integrità; abilità a comunicare e influenzare, iniziare e accettare il cambiamento. I lavoratori riescono ad ottenere risultati eccellenti perché hanno la capacità di lavorare bene nel team e con le persone. La domanda chiave posta dall’autore è: “Che cosa rende una persona eccezionalmente di successo nella vostra azienda?” Risposta univoca: più delle competenze tecniche, che sono il bagaglio di base, e più del tradizionale Quoziente Intellettivo, conta il quoziente emotivo, cioè la capacità di combinare pensieri e sentimenti, che, quando si arriva ai piani alti del potere, influisce addirittura per il 90 per cento. E’ nell’ambiente del lavoro in cui si manifesta l’importanza di un’intelligenza che non sia solo logica fredda e astratta, ma una combinazione armonica di diverse capacità: stabilire rapporti costruttivi, lavorare in gruppo, sviluppare creatività, affidarsi alle sensazioni, cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone,potenziando quelle positive e deviando quelle distruttive. Tutte queste capacità possono esser racchiuse in due sole parole: Intelligenza Emotiva. Ma che cos’è l’Intelligenza Emotiva? Daniel Goleman ha dato una definizione dicendo che è “la capacità di r iconoscere le nostre emozioni e quel le degl i a ltr i , di motivare noi stessi, e di gest ire posit ivamente le emozioni, tanto in noi stessi, quanto nel le relazioni con gl i a ltr i”.

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Il modello presentato da Goleman nel 1998, identificava cinque dimensioni di Intelligenza Emotiva che comprendeva venticinque competenze. Da allora, il modello è stato rivisto e semplificato come risultato di una serie di analisi empiriche.2 La versione corrente delle abilità che compongono l’Intelligenza Emotiva sono racchiuse in questo prospetto, il modello delle competenze emotive.

2 R. Boyatzis, D. Goleman e K. Rhee, “Clustering Competence in Emotional Intelligence: insights from the Emotional Competence Inventory”, in R. Bar-On e J. D. A. Parker, “Handbook of Emotional Intelligence, 2000.

Competenze  personali    

(come  ges2amo  noi  stessi)  

Competenze  sociali    

(come  ges2amo  le  relazioni)  

Autoconsapevolezza    autoconsapevolezza  emo2va  

autovalutazione  accurata  

fiducia  in  se  stessi  

Consapevolezza  sociale  empa2a  

orientamento  al  risultato  

consapevolezza  organizza2va    

Sapersi  ges2re  autocontrollo  

affidabilità  

coscienziosità  

ada=abilità  

orientamento  al  risultato  

inizia2va  

Abilità  sociali  valorizzazione  degli  altri  

influenza  

comunicazione  

ges2one  confli?  

leadership  

catalizzatore  del  cambiamento  

costruire  legami  

lavoro  in  team  &  collaborazione  

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L’autocontrollo - Il test delle caramelle Una piccola perla di saggezza per quello che stiamo dicendo c’è lo dimostra il test delle caramelle.3 Due gruppi di bambini parteciparono a un esperimento alla Stanford University. All’età di quattro anni, quando frequentavano la scuola materna alla Stanford, furono portati in una stanza uno per uno; lo sperimentatore metteva una caramella sul tavolo e diceva a loro che, se volevano, potevano prenderla subito, ma se non la mangiavano finché non fosse tornato da una commissione, ne potevano averne due. Circa quattordici anni dopo, quando si stavano diplomando alla scuola superiore, il gruppo di bambini che avevano mangiato subito la caramella fu confrontato con il gruppo di bambini che aveva aspettato.4 Gli impulsivi, confrontati con quelli che avevano saputo aspettare, avevano maggiori probabilità di soccombere allo stress, di irritarsi e di rimanere coinvolti nelle risse; erano inoltre meno abili nel resistere alle tentazioni che li distraevano dal perseguimento dei loro obiettivi. Quando diventarono adulti ed entrarono nel mondo del lavoro, le differenze si fecero ancora più accentuate. Coloro che da piccoli avevano resistito alla tentazione erano ancora intellettualmente i più capaci, i più attenti e in grado di concentrarsi meglio su ciò che stavano facendo. Invece, coloro che da bambini avevano mangiato subito la caramella, erano meno fidati, si distraevano più facilmente e quando si trovavano sotto stress, risultavano essere poco tolleranti e senza autocontrollo. Rispondevano alle pressioni mostrando scarsa flessibilità. Il test delle caramelle ci dimostra quanto sia grande il prezzo da pagare per il fatto di non riuscire a controllare le proprie emozioni. 3 Daniel Goleman, Emotional Intelligence, NY: Bantam Books, 1995

4 La raccolta e l’analisi dei dati relativi ai soggetti che da bambini avevano partecipato all’esperimento, una volta che ebbero raggiunta la seconda e terza decade di vita, furono condotte da P. Peake, psicologo dello Smith College.

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Considerazioni finali Il mondo del lavoro cambia sempre più rapidamente. Il posto fisso, in qualsiasi professione, non può più considerarsi “per sempre”, e l’idea di passare la vita con lo stesso set di competenze si rivela fallimentare dopo un breve periodo. Il lavoro, oggi, consiste in un percorso di sviluppo professionale che implica continui aggiustamenti e revisioni, e una partecipazione attenta ai cambiamenti, nel quale bisogna anche essere in grado di saper usare le proprie emozioni per capire meglio gli altri, per avere una più costante forza di volontà e per meglio conoscere se stessi. Oggi giorno diviene fondamentale tenere conto, tanto del quoziente intellettivo, quanto di quello emotivo, con la consapevolezza che l’emotività, considerata fino ad oggi un limite, si rivela esser elemento determinante nella vita professionale. E più si è preparati al cambiamento e meno forte sarà l’impatto nelle aziende. Ma per farlo occorre cambiare la mentalità delle persone. Manager compresi. In un articolo del IL SOLE 24 ORE, “Una sfida per gli executive del Duemila” si scriveva: “La sfida dei leader italiani del 2000 non si giocherà solamente sull’eccellenza del loro curriculum vitae, sul quoziente d’intelligenza di cui saranno dotati, il numero di lingue che parleranno e le competenze tecniche e manageriali che riusciranno a esibire. La sfida vera risiederà nella loro capacità di mostrare una maggior “intelligenza emotiva” di quanto facciano mediamente oggi.”5 5IL SOLE 24 ORE, 15 febbraio 1999, N.45 pg.33 (sezione Manager & Impresa)

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Indebitamento Finanziario: netto o lordo? a cura del team di http://analisifondamentale.investireoggi.it

Scopo del presente articolo è di porre enfasi sul concetto d'indebitamento finanziario netto e lordo di una società! In primis si evidenzia il concetto di indebitamento finanziario e due possibili ratios per misurarne la sostenibilità. L’indicatore più usato e conosciuto è probabilmente il Debt/Equity (ovvero Indebitamento / Patrimonio), il suo calcolo è molto semplice, si fa il rapporto tra l’indebitamento finanziario netto della società in questione e il patrimonio netto (si prende l’ultimo disponibile). L’ indebitamento f inanziar io netto è dato dalla differenza tra le poste passive di natura finanziaria (debiti finanziari e titoli di debito emessi dalla società) e quelle attive (disponibilità liquide e altre attività finanziarie presenti nell’attivo), comunque nei bilanci riclassificati, vedrete che la società proporrà sempre il calcolo dell’indebitamento finanziario (io credo di non averlo mai calcolato da solo!). Il patrimonio netto è pari al capitale sociale (ovvero i soldi messi in azienda dagli azionisti di maggioranza) + riserve + utili conseguiti (al netto dei dividendi).

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A questo punto, il significato di questo indicatore è molto semplice, si vuole misurare la sostenibilità del debito finanziario rapportandolo semplicemente ai veri e propri soldi che siamo sicuri di trovare in azienda (quelli generati e dei soci), di conseguenza il rapporto potrà avere diversi “valori chiave”: • se il debt/equityè maggiore di 1, significa che l’indebitamento supera il patrimonio netto e quindi viene messa in dubbio la sostenibilità di questo debito, in generale è quindi un aspetto negativo un valore del genere • se il debt/equityè compreso tra 0 e 1 (quindi positivo ma minore di 1), signfica che il patrimonio netto supera l’indebitamento, che quindi è presente, ma in linea di massima sostenibile • se il debt/equity è compreso tra 0 e -1 (quindi negativo ma maggiore di -1), significa che non c’è indebitamento finanziario (quindi la Posizione Finanziaria Netta è positiva) e in generale è sintomo di ottima salute aziendale, ma di una società che al momento non sta investendo moltissimo (di fatto, come ci suggerisce anche il calcolo del capitale investito netto = patrimonio netto + indebitamento finanziario netto, l’indebitamento è spesso necessario per investire, avere posizione finanziara netta positiva, significa momentaneamente investire di meno) • valori estremi del debt/equity, quindi superiore a 2 o inferiori a -1, in linea di massima appartengono ad aziende che non sono da tenere in considerazione, perchè nel primo caso indicano una società a rischio fallimento, nel secondo caso una che sta investendo pochissimo e quindi con poche prospettive di crescita. Ora passiamo a vedere il secondo indicatore molto importante, ovviamente per quanto mi riguarda, nella valutazione della sostenibilità dell’indebitamento. La Current Ratio, ovvero letteralmente “indice corrente”, serve a valutare la situazione del capitale circolante netto.

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Il capitale circolante netto, CCN, è dato dalla differenza tra Attivo Circolate (Crediti verso Clienti e Rimanenze) e Passivo Circolante (Debiti verso Fornitori e Fondi) ossia il capitale che resta impiegato in attività a breve per garantire la gestione ordinaria d’impresa; il CCN può essere rispettivamente maggiore o minore di zero e può essere calcolato più semplicemente come Attività Correnti – Passività Correnti. La current rat io, altro non fa, che fare il rapporto, piuttosto che la differenza, tra queste due misure (attività e passività correnti) e quindi verrà maggiore o minore di 1, a seconda se le attività superano o meno le passività correnti. E’ molto importante che la current ratio sia maggiore di 1, ovvero capitale circolante netto positivo, questo perchè indica che la società è in grado di ripagare i debiti a breve, tuttavia (senza intraprendere un discorso complicato sul capitale circolante netto), è preferibile che questo indicatore sia inferiore a 3 e abbastanza costante nel tempo. Una current ratio inferiore a 1, indica che la società dovrà usare della cassa (quindi calerà il free cash flow) per poter ripagare i debiti a breve, non è quindi sintono di bancarotta, ma una spia, che soprattutto se presente nel tempo, indica un evidente incapacità di gestire in maniera corretta l’azienda. L’ultimo indicatore che tratterò molto in breve (perchè lo ritengo meno efficace dei due qui sopra, ma non assolutamente da trascurare!) è il Debt/Ebitda, dato appunto dal rapporto tra indebitamento finanziario netto e l’Ebitda. Solitamente si considera un buon valore di questo indicatore quando è inferiore a 2, sopra 3 invece c’è da preoccuparsi per la sostenibilità del debito (perchè significa appunto che il debito è 3 volte il valore aggiunto, inteso come ricavi – costi e spese operative). Come potete vedere, in maniera ovviamente “riassuntiva”, l ’ indebitamento f inanziar io è dato dalla somma delle poste del passivo di natura finanziaria, tipicamente debiti finanziari a lungo termine e debiti finanziari a breve termine.

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Tuttavia, soprattutto in Europa, viene spesso usata la Posizione Finanziar ia Netta (o Indebitamento Finanziario Netto), ovvero si sottrae all’indebitamento finanziario, che a questo punto chiamiamo lordo, la cassa& disponibilità liquide e le attività finanziarie di pronto realizzo. Questo lo si fa perchè nell’ipotesi di dover ripagare il debito la cassa può essere usata a tal fine. Tuttavia, per misurarne la sostenibilità, io ritengo sbagliato considerare l’indebitamento finanziario netto e non quello lordo. Questo per un discorso molto semplice, innanzitutto cassa e debito hanno due “valori” diversi. La cassa ferma, soprattutto se la differenza tra tasso decennale e il tasso a 12 mesi è alta (come adesso), non rende nulla e quindi averne tanta e averla immobile è spesso più sintomatico di non saperne che fare (e questo può portare ad atteggiamenti “pericolosi”, del tipo acquisizioni frettolose o troppo care). Inoltre è noto che se non parliamo di un’istituzione finanziaria la remunerazione della liquidità sarà sempre minore del costo di accesso ai finanziamenti. Quindi ritengo sbagliato fare indebitamento lordo – cassa, perchè non hanno lo stesso valore e quantomeno andrebbe applicato un tasso di sconto alla cassa. Il secondo aspetto fondamentale è che spesso la cassa in realtà è liquidità necessaria per la gestione corrente. Questo per dire (e la recente crisi lo ha sottolineato spesso), che la cassa si fa presto a bruciarla (minori utili o più frequentemente una cattiva gestione del circolante), mentre i debiti vanno onorati (anche se in effetti la recente crisi ci ha insegnato che i debiti li onorano anche “terzi”!). Considerando quindi questi aspetti ritengo che per misurare e giudicare la sostenibilità del debito, bisogna considerare l’indebitamento finanziario lordo.

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In particolare:

• indebitamento finanziario lordo / equity< 1 • indebitamento finanziario lordo / ebitda< 3 • indebitamento finanziario lordo / free cash flow < 5 • indebitamento finanziario lordo / (Crediti Commerciali + Rimanenze

+ Cassa&Disponibilità Liquide) < 0.75

Ovviamente, come al solito, ci tengo a sottolineare che questi sono solo “numeri”. Non tengono conto di tutti gli aspetti qualitativi (e comunque nemmeno tutti di tutti quelli qualitativi). Il debito di una società va anche giudicato insieme alla ciclicità del settore (se è anticiclico possiamo chiudere un occhio su debiti elevati), alla redditività di un’azienda e alla sua capacità di generare cassa (maggiore sarà la redditività e la capacità di generare cassa minore sarà la preoccupazione per il debito), al “leverage complessivo” (se il patrimonio è metà del’attivo, sostanzialmente ci preoccuperà di meno l’indebitamento finanziario), alle dimensioni del circolante (più è “grande” e più le sue eventuali fluttuazioni possono costringere ad aumentare i debiti) e, appunto, alla “qualità” dell’azienda (trasparenza del managment e così via). Alla luce di quanto detto sopra, per calcolare il costo del debito (o il “costo del capitale di terzi”), utile per valutare ilRoa ed il Roi, oppure per calcolare il WACC, ma in generali i “costi” di una società (ragionando in questo modo, gli oneri finanziari diventano a tutti gli effetti dei “costi fissi”, quasi operativi sostanzialmente), non dovremo più fare: oneri finanziari netti / indebitamento finanziario netto bensì: oneri finanziari lordi / indebitamento finanziario lordo.