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PROGETTO DI GEMELLAGGIO
“KROTONTUR”
SISTEMA INFORMATIVO CROTONESE TERRITORIALE PER IL
TURISMO E LA CULTURA
FOCUS GROUP SULLE RETI LOCALI DI PRODOTTI TIPICI
a cura del
Dr. SALVATORE BARRESI
Crotone, 27/05/2015 - Castello Fortezza - Museo Civico
PRESENTAZIONE
FOCUS GROUP SULLE RETI LOCALI DI PRODOTTI TIPICI
1. IDENTITA’ E TERRITORIO - MKTG TERRITORIALE
2. BIODIVERSITÀ
3. COSA SI INTENDE PER PRODOTTI TIPICI
4. IL SISTEMA DI QUALITÀ: LA FILOSOFIA DI VALORIZZAZIONE DEI
PRODOTTI TIPICI
5. PERCHÉ FARE “RETE”
6. A COSA SERVE FARE “RETE”
7. COME SI FA A FARE “RETE”
8. QUANTO SI GUADAGNA A FARE “RETE”
9. LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO ATTRAVERSO RETI LOCALI DI
PRODOTTI TIPICI
10. CONCLUSIONI 2
Il territorio provinciale crotonese è tra i più variegati, dal punto di vista
geografico, dell’intera nazione.
Mare e colline, campagna e montagne, si alternano a breve distanza fra loro
creando un senso di discontinuità visiva del territorio.
Un viaggio attraverso la provincia di Crotone permette di cogliere paesaggi
diversi in archi temporali ridotti: dalle coste baciate dal rossore delle albe alle
campagne sfiorate da quello dei tramonti, dalle colline verdi di uve ed ulivi ai
monti imbiancati dalle nevi invernali.
Gli sguardi verso il cielo, le visioni delle argille agricole, i fuochi estivi e i tenui
tratti dell’autunno segnano il bordo di un mondo unico e meridionale.
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L'identità di un territorio, generalmente, è la
risultante dell'insieme delle sue risorse, delle sue
tradizioni, del suo stile di vita, insieme che può
rendere la sua offerta differenziata nel
panorama della concorrenza.
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La biodiversità in poche parole:
La biodiversità è la diversità della vita.
La diversità della vita è a sua volta scindibile in tre sottolivelli:
• diversità degli ecosistemi (ambienti naturali quali acque, boschi, spazio alpino);
• diversità delle specie (animali, piante, funghi, microrganismi);
• diversità del patrimonio genetico (razze o varietà di specie selvatiche e domestiche).
Un quarto livello è costituito dalla biodiversità funzionale, ovvero dalla diversità delle
interazioni che si esplicano all’interno e fra i tre livelli.
La biodiversità nel diritto internazionale
Nell’articolo 2 della Convenzione sulla diversità biologica (CBD, Convention on
biological diversity) la diversità biologica – o, in breve, la biodiversità – è definita come:
«la variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi
terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici e i complessi ecologici di cui fanno parte;
ciò include la diversità nell’ambito delle specie e tra le specie e la diversità degli
ecosistemi.»
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È grazie alle biodiversità presenti in paesi diversi, più spesso di una piccola
regione, che risulta possibile avere delle produzioni o delle caratteristiche
specifiche.
Alcuni esempi pratici possono essere:
La diversità genetica dell'uva determina le differenze fra i vari vitigni che
rendono possibile avere diversi tipi di vino;
La specificità genetica dei microrganismi di alcune grotte determina il sapore
specifico di alcuni formaggi (ad es. il pecorino);
La diversità genetica dei diversi ceppi di lieviti determina tra l'altro il diverso
sapore dei prodotti lievitati o fermentati (ad es. pane e pizza, birra, yogurt etc.);
Le diverse caratteristiche biologiche che consentono agli alberi di adattarsi alle
varie condizioni climatiche determinano le caratteristiche specifiche dei vari
legni per cui alcuni legni sono maggiormente usati in edilizia, altri nell'industria
mobiliera o nella liuteria, nell'aeromodellismo, nelle costruzioni navali, come
legna da ardere etc.;
La biodiversità ha influenze anche nelle produzioni dell'uomo.
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Le diverse caratteristiche biologiche che consentono alle foglie o ai fusti di
alcune piante di adattarsi alle varie condizioni climatiche ne determinano la
possibilità di utilizzo come fibre tessili (ad esempio le diverse qualità di cotone,
lino etc.);
Le diverse caratteristiche biologiche che consentono agli ovini, ai conigli, alle
oche e a molti altri animali di difendersi dal freddo determinano le diverse
varietà di lane o altri tessuti da noi utilizzati (ad esempio lambswool, merino,
angora, alpaca, cammello, cashmere, seta, piumino d'oca etc.);
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Di conseguenza esistono vari e importanti motivi per mantenere un'elevata
biodiversità sia a livello nazionale che locale.
La perdita di specie, sottospecie o varietà comporterebbe infatti una serie di
danni.
Questi possono raggrupparsi come:
• ecologico, perché comporta un degrado della funzionalità degli ecosistemi;
• culturale, perché si perdono conoscenze e tradizioni umane legate alla
biodiversità;
• economico, perché riduce le risorse genetiche ed il loro potenziale di
sfruttamento economico.
La diversità ecologica e paesaggistica orienta le nostre scelte turistiche;
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Il cambiamento climatico ha un effetto negativo sulla biodiversità. Di contro, il
mantenimento di ecosistemi sani aiuta a mitigare gli effetti estremi dovuti al
clima.
La vegetazione nelle città protegge dall'effetto noto come isola di calore, la
vegetazione costiera e le dune proteggono dagli effetti di tsunami o anche da più
comuni burrasche o altri eventi climatici.
Più genericamente si può dire che la presenza di una ricca varietà di specie in un
ambiente ne aumenta la sua resilienza, ossia la sua capacità di tornare "a posto"
dopo avere subito uno stress.
L'importanza della biodiversità è data principalmente
dal fatto che la vita sulla Terra, compresa quella della
specie umana, è possibile principalmente grazie ai
cosiddetti servizi forniti dagli ecosistemi che conservano
un certo livello di funzionalità.
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L'opinione pubblica quasi ovunque è ormai consapevole dell'importanza, per
un benessere sostenibile ed equamente distribuito, di salvaguardare e di gestire
saggiamente le risorse della biosfera: acqua, suolo, atmosfera e diversità
biologica.
Con l'espressione 'biodiversità' è, dunque, contraddistinto quel patrimonio di
variabilità esistente fra gli organismi viventi, di cui è parte fondamentale la
diversità genetica depositata nei genomi delle piante coltivate e selvatiche e
degli animali domesticati e selvatici.
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LE PRODUZIONI TIPICHE E DI QUALITÀ GIOCANO UN RUOLO
FONDAMENTALE NELLA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ, IN
QUANTO INTERVENGONO:
· NELLA STRUTTURAZIONE DEI PAESAGGI AGRARI;
· NELLA PREVENZIONE DEL DEGRADO DEL SUOLO;
· NELLA TUTELA DI FLORA E FAUNA;
· NELLA RIDUZIONE DI PERDITA DI VARIABILITÀ GENETICA;
· NEL RECUPERO DI RAZZE DOMESTICHE;
MA ANCHE DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO E SOCIO-CULTURALE, IN
QUANTO:
· PERMETTONO IL RECUPERO DI PRATICHE DI LAVORO TRADIZIONALI,
LEGATE ALLA CULTURA ;
· STIMOLANO LA PARTECIPAZIONE DI ATTORI LOCALI (PRODUTTORI,
TRASFORMATORI) CON RICADUTE POSITIVE SU TURISMO, ARTIGIANATO E
CULTURA;
· COSTITUISCONO UN’OPPORTUNITÀ DI REDDITO E OCCUPAZIONE PER LE
DIVERSE REALTÀ LOCALI;
· CONSENTONO LA PERMANENZA DI POPOLAZIONI NELLE AREE RURALI
GARANTENDO IL PRESIDIO DEL TERRITORIO 13
MARKETING TERRITORIALE
Promuovere un prodotto
per promuovere un territorio…
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Che fare?
Far in modo che il territorio attragga e mantenga le
componenti funzionali al suo sviluppo.
In che modo?
• con Chiarezza
• in Collaborazione
• con il Consenso
• nella Continuità
Comunicazione
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Comunicare l’identità della destinazione enogastronomica
• Promuovere un’immagine territoriale condivisa
• Orientare il visitatore
• Rendere il turista più consapevole
• Evidenziare il valore della risorsa turistica
• Creare filoni di comunicazione differenziati
Essere in grado di:
• attrarre l'attenzione del potenziale turista;
• influenzare le sue opinioni sulla destinazione, i suoi atteggiamenti e
le sue preferenze di viaggio;
• suscitare una reazione emotiva nei confronti della destinazione;
• creare una relazione duratura con il visitatore, incentivandone la
fedeltà.
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Se ci attenessimo alla definizione di tipico dovremmo convenire che un
prodotto è “tipico” quando presenta caratteristiche costanti proprie di una
determinata categoria; che ne è peculiare, caratteristico. Nell’ambito dei
prodotti agroalimentari invece, la definizione di prodotto tipico fa riferimento
solitamente ad altre caratteristiche, solo in parte collegate alla definizione
corrente.
Per essere più precisi, varie sono le definizioni di prodotto agroalimentare
tipico che è possibile leggere su testi accademici o divulgativi, ma tutte
invariabilmente ruotano attorno al legame del prodotto col proprio territorio.
Volendo pertanto fornire una prima definizione orientativa, potremmo
affermare che il prodotto agroalimentare tipico è un prodotto che presenta
alcuni attributi di qualità unici che sono espressione delle specificità di un
particolare contesto territoriale.
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Le caratteristiche di qualità del prodotto sono pertanto irriproducibili in altri
luoghi, cioè al di fuori di quel particolare contesto economico, ambientale,
sociale e culturale, e pertanto uniche.
Il prodotto tipico è quindi un prodotto di qualità specifica, e deriva la
propria specificità dall’essere intimamente legato al territorio (al terroir,
direbbero i francesi).
Il legame col territorio, e dunque l’origine territoriale del prodotto, spesso
segnalata ed enfatizzata in etichetta, assume un’importanza crescente per il
consumatore in quanto condensa un insieme di informazioni circa la specificità
dei fattori e dei processi di produzione impiegati in una determinata area di
produzione, e la specificità degli attributi propri del prodotto.
In sostanza l’origine diviene un indicatore della “qualità” del prodotto
agroalimentare agli occhi dei consumatori, e dunque un’importante risorsa che i
produttori possono impiegare per informare e segnalare la specificità e l’unicità
dei propri prodotti
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IL SISTEMA DI QUALITÀ
LA FILOSOFIA DI VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI TIPICI
La valorizzazione delle produzioni tipiche costituisce una strategia efficace per
il conseguimento di molteplici obiettivi sia di carattere economico
(rivitalizzazione delle colture tipiche, diversificazione delle produzioni,
acquisizione di nuovi sbocchi di mercato, ecc.) sia socio-culturali (recupero
delle tradizioni e della cultura locale, rafforzamento dell'identità locale, ecc.).
Essa si fonda su potenzialità specifiche di un territorio: know how, tradizioni e
culture locali che conferiscono alle produzioni la loro immagine specifica
(tipicità) e rappresenta un'operazione economica che richiede l'individuazione
precisa dei potenziali sbocchi di mercato, la definizione e l'attuazione di
strategie commerciali ed il rispetto di un requisito essenziale: la qualità.
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La qualità superiore del prodotto tipico viene spesso rivendicata da produttori e
consumatori che risiedono nei territori in cui questo viene realizzato.
La dichiarata superiorità sta ad indicare la importante funzione evocativa del
prodotto che diventa richiamo nella memoria delle proprie radici.
Talvolta è spesso l’orgoglio campanilistico, la fierezza delle proprie tradizioni e
la speranza di realizzare qualche buon affare che induce a ritenere che tale
qualità superiore, dichiarata da coloro che da tanti anni hanno a che fare con un
certo prodotto, sia sufficiente a determinarne il successo di mercato.
Purtroppo non è così.
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La problematica della qualità dei prodotti agroalimentari tipici può essere
affrontata attraverso tre capisaldi concettuali:
a) La qualità certificata che si realizza mediante un atto attraverso il quale una
terza parte indipendente dall'impresa dichiara che, con ragionevole attendibilità,
un determinato prodotto é conforme ad una specifica norma o a requisiti
concordati.
b) La qualità percepita é l'insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un
prodotto (compresi i servizi in esso incorporati) percepibili dal consumatore che
consentono di soddisfarne esigenze e gusti. La qualità percepita non é dunque un
concetto di eccellenza ma definisce la "capacità " di un prodotto di rispondere
alle caratteristiche della domanda.
c) La qualità commerciale può essere, in definitiva ricondotta alla vendibilità dei
prodotti ovvero alla loro capacità di stare sul mercato sia locale che
delocalizzato. La capacità di stare sul mercato dipende dalla deperibilità del
prodotto, dal suo ciclo produttivo, dalle possibilità di stoccaggio, dal rispetto
delle norme sanitarie, dalla possibilità di replicare il processo produttivo per
ottenere una massa critica di prodotto per la vendita, la possibilità di una sua
chiara identificazione, dall’esistenza di un sistema logistico e distributivo che gli
consenta di raggiungere il consumatore locale (o delocalizzato). 22
PERCHÉ FARE “RETE”?
Fare rete si intende creare una “catena di valore” per far si
che la capacità, la creatività, le competenze tecniche e
l’imprenditorialità delle imprese locali vengano potenziate
in un programma di rete che configura un percorso
strategico per la valorizzazione dei prodotti agro alimentari
Tipici del Marchesato Crotonese.
PER CREARE UNA “CATENA DI VALORE”
23
PERCHÉ LA RETE PRODUCE VALORE?
La RETE produce valore per due ragioni fondamentali:
1. Permette di aggregare le competenze, senza sovrapposizioni, disegnando
una FILIERA AGROALIMENTARE che si estende dal produttore o
allevatore agricolo, fino alla distribuzione del prodotto al cliente finale;
2. Nell’ambito di una coesione di IMPRESE guidate da imprenditori
emotivamente intelligenti, non solo tecnicamente preparati, vale sempre il
principio che l’unione fa la forza e che l’unione deve per aver successo
deve avvenire fra IMPRESE che già di per sé, a prescindere dalla RETE,
dimostrano capacità che le distinguono: una alleanza tra deboli, sarà una
debole alleanza ed i risultati mediocri. Il settore agroalimentare può essere
redditizio, ma come ben sanno gli IMPRENDITORI AGRICOLI più
avveduti, i margini operativi aziendali divengono interessanti solo se si
riesce a collocare il prodotto secondo determinate modalità.
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A COSA SERVE LA RETE ?
La RETE serve ad aggregare IMPRESE valide e specializzate, in modo che la
RETE metta a disposizione competenze del seguente tipo:
• Criteri evoluti e moderni di gestione aziendale;
• Marketing e sviluppo di una politica di Brand Image e di Company Image;
• Politiche commerciali per lo sviluppo di una qualificata distribuzione di
fascia medio alta;
• Organizzazione con competenza di Eventi per la promozione dell’
INIZIATIVA e dei suoi contenuti;
• Assistenza formativa di carattere tecnico nelle colture e nell’allevamento,
mediante lo sviluppo di collaborazioni con enti ed istituzioni;
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• La RETE può accedere ad interessanti agevolazioni finanziarie: numerosi sono i
BANDI che si stanno aprendo per favorire lo sviluppo di questa forma di
aggregazione tra IMPRESE. Particolare attenzione dovrebbe essere riservata al
settore agricolo, specie se orientato all’esportazione di prodotti TIPICI locali;
• Certificazione di autenticità e di tipicità dei prodotti, offrendo la garanzia al
consumatore finale che il prodotto è realmente realizzato nel TERRITORIO del
MARCHESATO CROTONESE da allevatori o coltivatori LOCALI.
• Altri aspetti potrebbero essere posti in evidenza, ma l’essenza del fare RETE è il
creare un GRUPPO che si doti degli strumenti fondamentali per poter svolgere
una imprenditoria moderna, efficiente, di valorizzazione del prodotto, orientata
all’esportazione. Appare evidente, salvo alcuni casi “illuminati”, che la Brand
Image ad esempio, o la Company Image, sono concetti che le piccole IMPRESE,
pur magari avendo ottimi prodotti non conoscono e non sanno utilizzare.
• La RETE deve mettere al proprio interno questo tipo di competenze,
indispensabili per collocare il prodotto in un giusto e redditizio posizionamento di
mercato nazionale ed internazionale.
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DA DOVE PARTE LA RETE?
Dalla natura. Il comprensorio crotonese offre un paesaggio di pregio e le genti
rurali che nel tempo si sono susseguite, hanno arricchito i luoghi di prodotti
dell’agricoltura e dell’allevamento fino a raggiungere livelli di eccellenza.
Alle imprese più innovative spetta il compito di far conoscere i prodotti, anche
sui mercati internazionali. ma insieme al prodotto, va comunicata anche la
storia.
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COME SI FA A FARE “RETE”
Chi cerca la rete per la “catena di valore”?
• IMPRESE AGRICOLE VINICOLE – produttori locali che stanno cercando
di massimizzare la qualità, specie se si specializzano in un particolare
VITIGNO ed in specifici processi di vinificazione che esaltano la qualità dei
VINI;
• IMPRESE AGRICOLE LOCALI che coltivano, sempre a livelli qualitativi
superiori, i prodotti locali;
• IMPRESE DI ALLEVAMENTO che producono i salami ed insaccati
genuini e di qualità;
• IMPRESE AGRICOLE DI ALLEVAMENTO che intendono impegnarsi nel
recupero e reintroduzione di carni rosse e bianche che appartenevano alla
cultura del MONDO RURALE crotonese;
• ENTI ED ISTITUZIONI che possono con il loro ruolo istituzionale fornire
l’assistenza amministrativa e tecnica; 28
• CONSORZI che hanno già intrapreso un percorso di massimizzazione della
qualità di alcuni prodotti, ottenendo importanti risultati;
• OPERATORI SPECIALIZZATI NELLA DISTRIBUZIONE DEI
PRODOTTI sia a livello nazionale che internazionale. Operatori dotati di
strutture che eliminano fasi di intermediazione, permettendo agli stessi ed
agli altri partecipanti alla RETE maggiore reddittività – maggiori margini
operativi della propria impresa, tramite il riconoscimento di un maggiore
prezzo;
• OPERATORI SPECIALIZZATI NELL’ORGANIZZAZIONE DI EVENTI:
ci si rivolge espressamente a chi opera per promuovere la Calabria e il
Crotonese e le sue peculiarità ed ha una specifica passione per la propria
TERRA;
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• AGENZIA CREATIVA per lo sviluppo del BRAND, della Brand Image,
della Company Image, del PACKAGING ed in genere di quanto necessario
ad una immagine coordinata vista sotto tutti i profili – sito WEB, presenza
nei Business Social Network;
• UNA AZIENDA DI SERVIZI DEL TERZIARIO AVANZATO conoscitrice
non solo delle tecniche più aggiornate di governance aziendale – cioè di
come deve essere gestita oggi una IMPRESA -, ma che sia specializzata
nella progettazione e gestione delle RETI di IMPRESA, potendo così
garantire un coordinamento tra i diversi operatori e sviluppare un moderno
sistema di monitoraggio gestionale della RETE;
• OPERATORI FINANZIARI interessati al sostegno dell’ INIZIATIVA.
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Come quasi tutte le attività complesse, suddivise in fasi specialistiche, in particolare
se le singole fasi richiedono elevati livelli di specializzazione, l’aggregazione di più
culture e saper fare aumenta le capacità alla realizzazione di attività complesse, che
aprono la prospettiva a risultati importanti.
La condivisione dei KNOW HOW potenzia lo sviluppo di nuove idee e l’ulteriore
acquisizione di vantaggi competitivi.
Ciò che al singolo appare impossibile, ad un gruppo capace appare possibile.
La RETE deve servire a mettere in stretto rapporto di collaborazione il mondo
agricolo della produzione, quello artigianale della trasformazione e quello
ristorativo e del commercio al dettaglio con i consumatori e il mercato locale in
generale.
La strategia è quella di favorire non solo la vendita e il consumo locale di prodotti,
ma anche scambio di idee, di informazioni, di reciproca pubblicizzazione, basata
sulla conoscenza tra gli appartenenti alla Rete.
In questo modo i rapporti fondati sulla fiducia reciproca diventano una garanzia di
serietà della Rete e di qualità e sicurezza alimentare dei suoi prodotti.
QUANTO SI GUADAGNA A FARE “RETE”
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LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
ATTRAVERSO LE RETI LOCALI DI PRODOTTI
TIPICI
La capacità di valorizzare i prodotti tipici locali rappresenta un elemento
decisivo per lo sviluppo endogeno dei sistemi territoriali, in considerazione
delle importanti ricadute economiche, sociali e turistiche che esso può produrre.
Attraverso la valorizzazione delle tipicità, infatti, la funzione meramente
produttiva delle attività agricole viene integrata da nuove e diverse funzioni, tra
cui la tutela dell’ambiente e del territorio, la conservazione della cultura e delle
tradizioni rurali, creando spazi e luoghi interessati da nuove dinamiche di tipo
economico e sociale.
La valorizzazione e la promozione della qualità dei prodotti tipici viene così
messa al centro dell’attenzione non solo dagli operatori economici ma anche
dagli amministratori pubblici, i quali li individuano come un elemento centrale
di una strategia complessiva di sviluppo locale che prevede anche la
salvaguardia culturale delle tradizioni produttive.
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La valorizzazione delle tipicità locali avviene inserendo i prodotti tipici
all’interno di forme di offerta più ricche, in cui il prodotto tipico locale diventa
un fattore di attrattiva per il turismo o l’escursionismo tematizzato
sull’enogastronomia e la variabile critica per proposte economiche a maggior
valore economico.
E’ comunque importante tenere conto che la valorizzazione del prodotto tipico
in ottica turistica necessita di un corredo complessivo di sistema territoriale.
In altri termini, non sono sufficienti i prodotti tipici per garantire competitività
nel medio-lungo termine ad una destinazione.
Lo stesso consumatore interessato a questi ultimi, ricerca anche esperienze
culturali ed ambientali più ampie e significative
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La prospettiva dell’economia delle esperienze suggerisce dunque di considerare
un prodotto tipico locale come un sistema di offerta proposto da una o più
imprese ed istituzioni radicate in un territorio geograficamente, culturalmente e
storicamente delimitato che viene percepito dalla domanda come un pacchetto
di elementi tangibili (prodotti agroalimentari, prodotti artigianali, manufatti),
intangibili (informazioni, cultura, storia, saperi, tradizioni, ecc.) e di offerte di
servizi ed esperienze (servizi di intrattenimento, eventi, folklore, ecc.)
caratterizzato da un’immagine o da un’identità di marca unitaria.
Il processo di valorizzazione dei prodotti tipici è stato più volte presentato come
un processo di natura collettiva e territoriale.
Una dimensione questa che, come abbiamo visto in precedenza, emerge sin
dalla costruzione della qualità specifica dei prodotti, basata sulle conoscenze
acquisite dalla comunità locale nell’interazione con il proprio ambiente e
sull’incorporazione nei prodotti di risorse costruite e conservate collettivamente
(il paesaggio, i valori culturali ed estetici, il patrimonio di tradizioni, l’eredità
storica, l’identità e l’immagine dell’area ecc.).
CONCLUSIONI
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Pertanto, se esiste una consapevolezza totale di tutti gli
attori alla realizzazione di una forte sinergia tra prodotto
locale e territorio solo, in questo caso, si potrà avere un
progetto di sviluppo basato sulla valorizzazione delle
risorse locali, all’interno dei quali la produzione e
valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche
potranno rivestire una posizione centrale CREARE
UNA “CATENA DI VALORE” e una
«CONVENIENZA ECONOMICA».
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Salvatore Barresi (*)
(*) Laureato in Sociologia all’Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", svolgo attività di sociologo economista come
project manager per il coordinamento e l’organizzazione di progetti complessi per la ricerca e lo sviluppo.
Fin dal 1987, dopo aver conseguito il diploma, nonché il titolo di diploma di laurea in scienze industriali in una libera
università, mi sono occupato di servizi reali alle imprese, in particolare di finanza agevolata e finanziamenti pubblici,
nazionali e comunitari, di fattibilità economico-finanziaria, di progetti di investimento, di valorizzazione di beni
patrimoniali, di promozione nuove imprese e sviluppo socio economico.
Ho acquisito una competenza specifica nella programmazione, nell’attuazione e nel controllo di gestione dei Fondi
Strutturali UE, occupandomi, nella qualità di responsabile di progetto, dei programmi operativi e progetti integrati
territoriali, delle azioni di sistema, della programmazione negoziata – contratti d’area e patti territoriali e degli accordi di
programma quadro, in particolare nei settori dell’innovazione tecnologica e dell’analisi costi-benefici.
Sono docente a contratto di scienze sociali e ho svolto attività di supporto scientifico e indagini sul campo nell’ambito
della sociologia economica all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Dipartimento PAU, come ricercatore e
cultore della materia di discipline economiche.
Svolgo l’attività di formatore e di gestione delle risorse umane, ricerca e selezione del personale, analisi del clima
aziendale, strutturazione piani carriera, sviluppo organizzativo, programmazione di corsi di formazione per aziende
pubbliche e private
Sono impegnato come giornalista, iscritto all’ordine dei giornalisti, scrivendo sui temi di politiche economiche e sociali,
politiche comunitarie e sviluppo sostenibile, pubblicando più di 70 ricerche ed indagini pubblicate e rintracciabili sui siti
di ricerca sulla letteratura accademica Google Scholar e Researchgate.
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