View
79
Download
1
Category
Preview:
Citation preview
TEORIE DELL’APPRENDIMENTO
IL COMPORTAMENTISMO (behaviorism).IL COMPORTAMENTISMO (behaviorism).
La scuola comportamentista domina la cultura psicologica
statunitense dagli inizi del secolo XX fino agli anni Cinquanta
e Sessanta.
Essa, ponendo al centro dei propri studi e ricerche gli atti di
comportamento obiettivo, esprime appieno la tendenza della
psicologia americana a privilegiare come oggetto di indagine
la sfera dell’azione manifesta rispetto a quella dei sentimenti,
dei pensieri e della coscienza.
Il comportamentismo è dunque “la dottrina secondo cui
l’oggetto della psicologia è esclusivamente limitato ai dati
osservabili del comportamento esteriore, motorio, verbale,
ghiandolare, con eliminazione totale della coscienza, senza
alcun richiamo all’introspezione né ai processi fisiologici
interni”.
Fondatore della corrente comportamentista è John Broadus
Watson.
L’individuo nasce senza caratteristiche innate.
Il bambino è predisposto ad attività che egli sviluppa fin dalla
nascita sotto l’influenza delle condizioni ambientali,
realizzando momento per momento, delle abitudini (viscerali,
motorie, mentali). Queste abitudini rappresentano sistemi di
risposte pronte ad essere impiegate nei diversi adattamenti
che l’uomo deve compiere.
Qualsiasi abitudine dipende da molteplici condizioni
esterne (ambientali), ma la base è sempre viscerale e
motoria. Quindi anche l’emozione consiste
principalmente in una specifica organizzazione di
abitudini viscerali.
Per Watson tre sono le reazioni emotive innate :
• la paura (suoni forti, la perdita di equilibrio,....) ;
• la rabbia (reazione a impedimento dei movimenti
del corpo) ;
• l’amore (benessere derivato da accarezzamento,
dondolamento).
All’interno dell’impianto teorico ipotizzato da Watson, si inserisce
una corrente caratteristica del comportamentismo:
L’AMBIENTALISMO. E’ possibile programmare la professione futura
di qualunque bambino, semplicemente scegliendo opportunamente
le influenze ambientali a cui sottoporlo, senza prendere in
considerazione le sue disposizioni individuali. Sotteso è il concetto
che l’ambiente è un’entità totalmente indipendente dall’organismo le
cui possibilità di adattamento si ottengono creando ambienti
conformi a ciò che si vuole ottenere. Scrive Watson: “Datemi una
dozzina di bambini normali, ben fati, e un ambiente opportuno per
allevarli e vi garantisco di prenderne qualcuno a caso e di farlo
diventare qualsiasi tipo di specialista, che io volessi selezionare –
dottore, avvocato, artista, commerciante e perfino accattone e ladro
-, indipendentemente dalle sue attitudini, simpatie, tendenze,
capacità, vocazione”.
L’eredità di Watson è stata raccolta e sviluppata da B.F.
Skinner.
Il comportamento umano si svolge dietro sollecitazioni di
stimoli determinati : un bambino piange quando ha fame e
alla vista del seno muove le braccia e le labbra ;
se la madre, prima di alimentare il bambino, accende una
luce, basterà la luce (che non soddisfa direttamente la fame e
quindi è uno stimolo neutro) perché il bambino muova le
braccia. E’ la luce, in questo caso, che condiziona il
comportamento del bambino. Questo è Pavlov
(comportamento passivo).
Per Skinner è invece l’individuo a provocare gli stimoli, non li
subisce soltanto :
è il bambino che con il suo pianto provoca il comportamento
materno in quanto chiama la madre. Perciò è l’individuo,
secondo Skinner, ad avere l’iniziativa, a provocare l’ambiente
e che quindi tende a controllare l’ambiente e a modificarlo
attraverso la sua attività.
Per questo il comportamentismo di Skinner è detto
operante (attivo).operante (attivo).
L’anima del comportamento operante è il
RINFORZORINFORZO
Rinforzato è il comportamento che viene ripetuto in quanto
ha avuto un certo successo.
Se il bambino gridando fa apparire la madre con la pappa,
griderà ancora ; se la madre non appare, il bambino smette
di gridare e cerca un’altra provocazione.
Tutto il nostro comportamento dipende dai rinforzi subiti. E’
il rinforzo che struttura e modella il comportamento.
Rinforzo positivo.Rinforzo positivo.Quando il rinforzo agisce direttamente sul comportamento.
Un sorriso oppure una buona valutazione scolastica data
dall’insegnante rinforza e incoraggia il ragazzo a studiare.
Rinforzo negativoRinforzo negativo..
Ma il ragazzo studia anche quando viene minacciato da
valutazioni negative. In questo caso si attua un
comportamento per evitare qualcosa di spiacevole.
Il rinforzo negativo non va confuso con la punizione che non
forma alcun comportamento, ma tende solo a sopprimere
qualcosa di indesiderato. In realtà, secondo Skinner, la
punizione è una violazione gratuita poiché il comportamento
punito riappare sempre.
Se vogliamo eliminarlo (concetto di estinzione) è necessario
impedire che esso venga rinforzato e contemporaneamente è
necessario invece rinforzare il comportamento antagonista.
La punizione sollecita soltanto azioni collaterali al
comportamento quali frustrazioni, aggressività, stato
d’ansia, incertezza .
CARATTERI DEI MODELLI COMPORTAMENTISTICARATTERI DEI MODELLI COMPORTAMENTISTI
L’apprendimento è associativoassociativo, cioè è acquisizione di
nuove connessioni tra stimoli e risposte; nell’apprendere si
formano, infatti, abitudini condizionate. E’ un processo che
consiste in una serie di passaggi concatenati, che non
necessitano dell’elaborazione cognitiva superiore per
trasmettere gli impulsi derivanti dalle stimolazioni esterne e
ottenere le risposte.
Come nell’animale, così nell’uomo, l’apprendimento per
condizionamento può essere rispondenterispondente (il soggetto
risponde allo stimolo ambientale) oppure operanteoperante (il
soggetto opera nell’ambiente, modificandolo, come nel
modello di Skinner)
Nel condizionamento rispondente, il comportamento
individuale si modifica in relazione alle leggi dell’intensitàintensità,
della frequenzafrequenza e della continuità continuità della stimolazione; il
comportamento si modifica attraverso il rinforzo che precede
e suscita la risposta condizionata.
Nel condizionamento operante, il comportamento individuale
si modifica in relazione alle leggi dell’esercizioesercizio (uso e
disuso) e dell’effetto, secondo le quali, se l’esercizio è
importante per incentivare l’apprendimento, lo è anche
l’effetto di soddisfazionesoddisfazione che il soggetto ottiene
producendo una data risposta. L’apprendimento è frutto di
una selezione di risposte che il soggetto discrimina in
percorsi attraversati da tentativi ed errori; il rinforzo è
costituito dallo stato di soddisfazione che segue la risposta,
che tende ad essere ripetuta per conseguirlo.
Entrambi i tipi di condizionamento si basano su meccanismi
adattivi (anche impliciti) per lo sviluppo di schemi
comportamentali; i modelli del condizionamento operante,
però, rispetto a quelli del condizionamento rispondente,
rivalutano l’attiva capacità soggettiva di agire sull’ambiente
per modificarlo.
Sono, tuttavia, entrambi, modelli in cui l’attività del soggetto
dipende dalle condizioni ambientali (naturali, sociali,
culturali) e non ne determina il corso.
CRITERI DELL’INSEGNAMENTO CRITERI DELL’INSEGNAMENTO COMPORTAMENTISTACOMPORTAMENTISTA
Il condizionamento rispondenterispondente e il condizionamento
operanteoperante sono processi attivi e paralleli che si
alternano e si affiancano nella relazione
apprendimento-insegnamento:
l’apprendimento può essere condizionato dall’attività
di insegnamento, programmando la didattica secondo
obiettivi espliciti di formazione generale e disciplinare;
calibrando i contenuti rispetto agli standard prefissati;
istituendo continue e regolari sessioni di valutazione
(in itinere, oltre che finali) per la verifica dell’avvenuto
apprendimento nel discente e per il controllo della
validità dell’insegnamento.
DISTINZIONE TRA COMPORTAMENTO. RISPONDENTECOMPORTAMENTO. RISPONDENTE (C.R.)(C.R.) E COMPORTAMENTO OPERANTECOMPORTAMENTO OPERANTE (C.O.)(C.O.)
Nella prospettiva del C.R., la validità
dell’apprendimento è determinata dalla rispondenza al
segnale: l’alunno, nel dare la risposta, la apprende
ripetendola; l’insegnante esercita il controllo sulla
classe attraverso segnali, imponendo regole,
sequenze, strutture di comportamento prima di tener
conto della natura comportamentale dell’alunno.
E’ perseguibile ogni comportamento che si adatta alle
regole dell’insegnamento, la cui validità è determinata,
a sua volta, dall’ottenere risposte modificate in
situazioni specifiche.
Nella prospettiva del condizionamento operante, la
validità dell’apprendimento è determinata
dall’orientamento alla meta: l’alunno dà più di una
risposta ed è orientato ad apprendere quelle di cui
può constatare le conseguenze positive; l’insegnante
esercita il controllo con rinforzi successivi alle
risposte di chi apprende.
E’ perseguibile ogni comportamento di apprendimento
che si adatta agli obiettivi dell’insegnamento, la cui
validità è determinata dall’ottenere risposte che non
sono modificate nella e dalla situazione, ma sono,
piuttosto, modificatrici della situazione.
La programmazione dell’insegnamento avviene,
dunque, attraverso insieme di fasi, che vanno
dall’esame delle conoscenze pregresse, i prerequisiti
dello studente, dalla presentazione degli obiettivi
didattici, alla indicazione delle modalità attuative di un
compito, ai processi di rinforzo, alle procedure
valutative dei risultati conseguiti.
Da qui la nascita di tassonomietassonomie per l’orientamento
degli insegnanti, tassonomie che hanno influenzato
metodologie didattiche e strategie di insegnamento,
come nel caso della tassonomia di Bloom, adoperata
nel Mastery LearningMastery Learning, modello di apprendimento
scolastico ideato per acquisire la padronanza
(mastery) di ogni materia.
Modelli comportamentisti dell’insegnamentoModelli comportamentisti dell’insegnamento
Associazione stimolo-risposta
Apprendimento di abitudini
Condizionamento
Tassonomie
Preparazione finalizzata al rinforzo
Esercizio
Monitoraggio dell’apprendimento
Verifica in itinere dell’apprendimento
Verifiche immediate o frequenti
Revisione in itinere dell’insegnamento
Azione formativa stimolante e programmata
Controllo della classe attraverso segnali
Obiettivi metodologici e contenutistici espliciti
Situazione didattica ambientalizzata
Modelli comportamentistiModelli comportamentisti
L’APPRENDIMENTO è una associazione stimolo-
risposta.
L’INDIVIDUO è soggetto a condizionamento
(rispondente e operante).
L’EDUCAZIONE produce cambiamenti
comportamentali.
IL FORMATORE stimola, verifica, rinforza, controlla
e programma.
LA GESTALTLA GESTALT
LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT E I RISVOLTI LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT E I RISVOLTI PEDAGOGICIPEDAGOGICI
Nel secolo scorso l’atteggiamento epistemologico predominante nelle scienze naturali era quello di trovare una
spiegazione ai fenomeni cercando il loro minimo comun denominatore, l’atomo, secondo il modello della fisica classica,
e seguendo poi le successive combinazioni. Freud, cercando l’elemento base del comportamento umano, teorizzò la
libido, le cui innumerevoli peripezie motivavano nella psicanalisi i vari aspetti della vita psichica. Con la fisica moderna e
la scoperta che l’atomo è a sua volta composto di particelle, le quali non si possono nemmeno localizzare esattamente
nel tempo e nello spazio, la ricerca dell’elemento primario perde il suo valore di modello privilegiato nelle scienze
naturali, e lascia il posto agli approcci relazionali, quelli cioè dove è in primo piano l’interazione fra le parti in campo, e
dove si afferma la considerazione che interagire modifica entrambi le parti.
L’idea del campo percettivo organizzato nella relazione figura/sfondo, viene elaborata da Perls (Ego hunger and
aggression- L’io, la fame e l’aggressività) il quale sottolinea questo concetto notando come un campo di grano assume
valenze molto diverse se per esempio è un contadino che miete che lo guarda oppure un aviatore che sta per fare un
atterraggio di emergenza: l’assunzione di dati varia infatti nella persona col variare dei bisogni dell’organismo sui quali
l’attenzione conscia (e inconscia) viene attirata, in modo che le libere associazioni si situano via via su assi diversi e
non è più legittimo quindi interpretarle come rivelatrici di un unico nucleo sottostante (da cui l’esigenza nella
psicoterapia della Gestalt di assodare in primo luogo il back-ground emozionale della persona che associa).
Da Kurt Lewin Perls deriva la “teoria del campo”: in parallelo alle scoperte della fisica sulla contiguità e
l’interdipendenza dei campi di forza, Lewin aveva elaborato la teoria che il comportamento di un organismo non è
comprensibile se non considerando le influenze che esercita su di lui l’ambiente.
Da Kurt Goldstein poi Perls derivò l’idea della “funzione di autorealizzazione”: secondo questa teoria gli organismi
avrebbero la tendenza a crescere in dimensioni e in influenza sull’ambiente, e a organizzarsi di conseguenza sul piano
energetico.
I gestaltisti rifiutano quindi di scomporre l’esperienza nelle sue componenti elementari. L’atteggiamento fenomenologico
implica il porsi di fronte alla realtà in modo immediato, “ingenuo”, così come essa si dà al vissuto immediato
dell’esperienza attraverso i nostri organi di senso, senza postulare mediazioni, scomposizioni, ricostruzioni e così via.
Ne risulta che il dato primario della conoscenza non è costituito dalle “sensazioni elementari”, ma dalla percezione che
ci propone un mondo già organizzato e strutturato.
L’analisi strutturale dell’esperienza parte quindi dall’insieme e non dalle parti, nella misura in cui è il tutto che dà
significato alle parti e non viceversa, ed è il sistema di relazioni che collega le parti cui occorre fare riferimento,
determinando quali relazioni siano funzionali alla costituzione del fenomeno e quali no, e quali mutamenti di una parte
producano mutamenti del fenomeno e quali no, e quali leggi colleghino le parti.
Questa analisi dinamica è stata condotta dai gestaltisti utilizzando il costrutto di campo derivato dalla fisica, che lo
usa per rappresentare la distribuzione delle cariche elettromagnetiche in un conduttore. Il campo ha proprietà che
dipendono non dalle proprietà delle particelle singole ma dai loro rapporti, dal loro equilibrio, dai sistemi di forze e di
direzioni.
LA TEORIA DEL CAMPO DI KURT LEWINLA TEORIA DEL CAMPO DI KURT LEWIN
La psicologia topologica di Lewin ambisce alla costruzione di una teoria capace di rendere ragione della realtà psichica come sistema dinamico, comprensivo della persona e dell'ambiente, risultante dal concorso di varie forze, suscettibile di continue trasformazioni e tendente all'equilibrio. Partendo dalle istanze teoriche della psicologia della Gestalt, Lewin ritiene che la percezione e il senso che il soggetto ha della realtà costituiscono il punto privilegiato da cui procedere per indagare i processi psichici e la personalità. La teoria del campo costituisce il sistema generale con il quale vengono
caratterizzate le diverse manifestazioni della realtà psicologica, da quelle individuali a quelle di gruppo e quindi l'insieme di costrutti atti a rappresentare il funzionamento della personalità a livello strutturale e dinamico. L'evento psicologico deve essere indagato sistematicamente nel contesto fisico-temporale in cui accade e nella rete di relazioni che lo sostengono e lo determinano. CAMPO: tutto ciò che è presente al soggetto in un dato momento e che ne determina l'agire, il sentire e il conoscere. "Principio di contemporaneità": qualsiasi comportamento o altro mutamento entro un campo psicologico dipende soltanto dalla particolare configurazione che il campo ha in quel dato momento. All'interno del campo si distinguono 3 aree fondamentali: - SPAZIO DI VITA, inclusivo della persona e dell'ambiente psicologico, caratterizzato dai bisogni, dalle motivazioni, dalle mete e dagli ideali del soggetto. Gli eventi e i fattori che ineriscono allo spazio di vita sono quelli che assumono rilevanza psicologica per il soggetto in un dato momento. Lo spazio di vita quindi concerne sia l'ambiente che la persona. Fenomeni che si sviluppano nel MONDO FISICO E SOCIALE e che non hanno una diretta incidenza sullo spazio di vita della persona in quel dato momento ZONA DI CONFINE dello spazio di vita, in base alla quale si prendono in considerazione quei processi del mondo fisico e sociale che agiscono sullo spazio di vita della persona in quel dato momento La condotta può essere considerata come funzione della persona e dell'ambiente secondo l'equazione: C=f(P,A). L'ambiente al quale si fa riferimento nello spazio di vita è soprattutto l'ambiente psicologico, cioè l'insieme di condizioni esterne che influenzano la condotta dell'individuo nella misura in cui sono da lui percepite e dotate di significato. L'ambiente psicologico va dunque distinto da quello fisico in quanto corrisponde alla rappresentazione soggettiva che l'individuo ha degli eventi esterni. Come l'ambiente, anche i bisogni, le mete e gli attributi del sè hanno soprattutto rilievo per come sono percepiti dal soggetto. Lo spazio di vita è suddiviso in REGIONI che rappresentano tutto ciò in cui un oggetto dello spazio di vita ha un suo posto e ogni aspetto dello spazio di vita nel quale sia possibile distinguere contemporaneamente più posizioni o parti. Dinamicamente la persona può essere descritta come un sistema stratificato che ha una struttura definita e nel quale si possono distinguere regioni centrali (elementi del sè e dell'identità individuale) e periferiche (processi percettivo-motori
Sia le regioni dell'ambiente che quelle della persona sono divise da frontiere con diverso grado di solidità e di consistenza.
Valenza: corrisponde al valore positivo o negativo che una regione dell'ambiente psicologico riveste per la persona.
Forza: corrisponde alla direzione e alla intensità di una tendenza ad agire per realizzare un determinato mutamento.
Dal momento che una regione può avere differenti posizioni all'interno dello spazio di vita, la precisa conoscenza della "posizione" che un individuo occupa è necessaria per valutarne e comprenderne il comportamento. Il comportamento è inteso come mutamento di posizione, cioè come locomozione nel proprio ambiente psicologico; ad esso corrisponde un mutamento della struttura dello spazio di vita.
Tensione: stato che l'individuo sperimenta all'insorgere di un bisogno o di un quasi-bisogno e che l'individuo tende a superare per ripristinare l'equilibrio. Lo stato di tensione e la tendenza a ripristinare l'equilibrio come pure le valenze dell'ambiente e la direzione e l'intensità delle forze, rinviano all'insorgere e all'azione di un bisogno. Lo sviluppo della persona non viene definito in termini di fasi, ma in termini di differenziazione, sulla base di una maggiore o minore organizzazione e complessità. Con lo sviluppo si ha un ampliamento dello spazio di vita ed un aumento del numero delle regioni e parallelamente una dilatazione progressiva della dimensione temporale e psicologica. Si distinguono: -retrogressione: ritorno ad una modalità di comportamento precedente nella storia psicologica del soggetto - regressione: ritorno a modalità di comportamento primitive, a prescindere
TEORIA DELLA FORMA TEORIA DELLA FORMA ((GESTALTGESTALT))
La Gestalt, è una scuola e un movimento psicologico
che sorse in Germania nel secondo decennio del
nostro secolo e che ebbe tra i suoi più noti
rappresentanti Max Wertheimer (pensiero produttivo)
(1880/1943), Kurt Koffka (1886/1941)
Secondo la psicologia della forma quando percepiamo
un oggetto non abbiamo a che fare con un insieme di
sensazioni frammentarie, che vengono analizzate e poi
riunite in una sintesi, ma abbiamo sempre di fronte
un’unità strutturale
Nel riconoscere una persona, un volto dimenticato,
non lo facciamo mettendo insieme le varie parti (che
nel frattempo sono cambiate da quando le
conoscevamo), ma per qualcosa che deriva
dall’insieme delle parti. Solo successivamente, con un
atto intellettivo, tali forme possono venir analizzate e
suddivise
Il contributo più notevole di questa scuola psicologica
rispetto allo studio dell’apprendimento è la scoperta e
lo studio di un tipo particolare di apprendimento,
definito INSIGHTINSIGHT,,
ovvero letteralmente “illuminazioneilluminazione”
L’insight è un modello tipico di apprendimento, è un
processo che rappresenta “l’improvvisa
riorganizzazione del campo di esperienza”.
In contrapposizione con il modello di apprendimento
per “prove ed errori”, tipico dell’associazionismo,
l’apprendimento per insight è un processo attivo,
creativo, che presuppone in chi apprende una stretta
interazione e relazione con il campo percettivo e che si
qualifica come un intervento di comprensione,
conoscenza e strutturazione, possibilità di
combinazioni.
Se si pensa all’apprendimento come “soluzione di
problemi” (problem solving) il modello gestaltico
procede con questa sequenza :
chi apprende inizia con una percezione complessiva
della situazione problemica, ne riconosce gli elementi
problematici, realizza una comprensione delle strutture
e relazioni essenziali del problema, perviene infine alla
soluzione attraverso un atto di intuizione percettiva.
Se si riflette sul modo in cui il pensiero agisce, ci si
accorge che lo slittamento da un punto di riferimento a
un altro avviene in modo improvviso.
Il passaggio implica l’abbandono non soltanto di un
punto di vista, ma di tutta la struttura che lo
conteneva ; infatti, la nuova prospettiva comporta una
nuova struttura. Si tratta, quindi di un improvviso salto
di prospettiva, che viene definito insightinsight o intuizione .
L’insight può essere definito un afferrare con la mente
qualcosa immediatamente, utilizzando gli elementi a
disposizione in modo diverso da ciò che era in
precedenza.
Abitualmente i ragazzi impiegano l’insight come un
gioco stimolante per superare un modo di vedere un
dato problema che si appoggia sull’abitudine.
Risulta evidente come il modello di apprendimento
della scuola di psicologia della forma sia regolato su di
una impostazione percettiva : elementi cruciali infatti
dell’atto di apprendimento sono l’organizzazione e la
“strutturazione” (o ristrutturazione) del “campo”, un
processo eminentemente percettivo.
Rompere le strutture organizzate e ricomporle in forme
nuove è un atteggiamento mentale di tipo creativo.
PROSPETTIVE PEDAGOGICHE DELLA PROSPETTIVE PEDAGOGICHE DELLA GESTALT.GESTALT.
Tre possono essere le prospettive pedagogiche che la
psicologia della gestalt può offrire alla pedagogia.
Anzitutto l’importanza di dare spazio, nel processo
educativo, alla forza aggressiva,* all’esperienza
autonoma del “no” dell’educando, capace di dargli
quell’esperienza umanamente significativa
dell’esercizio della propria volontà, pur non essendo
ciò in contrasto con l’importanza di dare un
contenimento normativo al discente.
* Friedrich PerlsFriedrich Perls, inserito nel fervore degli studi della Psicologia della Gestalt, e partendo da una insoddisfazione
verso la teoria freudiana dell’io, intuì che l’introiezione termina il proprio compito evolutivo fondamentale molto prima di
quanto avesse teorizzato Freud e indicò nello sviluppo dei denti (fase dentale) l’evidenza fisiologica di tutto ciò. Infatti,
se la suzione del latte materno da parte del neonato crea (o sostiene) la capacità umana – a livello fisiologico come
psicologico – di introiettare, lo sviluppo dentale deve pure creare (o sostenere) una capacità fisiologica e psicologica
del bambino, ovvero quella di destrutturate sia il cibo che la realtà, di aggredirli per poterli poi assimilare (se nutrienti), o
rifiutare (se nocivi o non nutrienti). La capacità di masticare e di mordere che nasce nell’organismo con lo sviluppo
dentale dà assoluto rilievo all’aggressività aggressività in un momento evolutivo significativamente anteriore a quello teorizzato da
Freud. Inoltre, l’aggressività stessa venne intesa da Perls in termini positivi, di sopravvivenza e di crescita fisica ed
esistenziale dell’organismo: il naturale attualizzarsi della spinta all’autorealizzazione. La prospettiva positiva dell’impulso
all’auto-realizzazoine di Goldestein influenzò in maniera fondamentale il pensiero di Perls, che si poneva quale modalità
di superamento del dualismo presente nella metapsicologia freudiana tra impulsi dell’individuo e necessità
dell’organizzazione sociale. Infatti, dal momento che l’individuo è soggetto che destruttura e ristruttura, gli si apre la
possibilità concreta di vivere nel proprio mondo con pienezza.
Le tre parole chiave del titolo del primo libro di Perls – L’io, la fame, l’aggressività –(Perls, 1995) sintetizzano la sua
critica alla teoria freudiana sulla natura umana: non aver dato il giusto e fondamentale rilievo alla capacità dell’Io di
soddisfare i propri bisogni (la fame) attraverso un’attività autoaffermativa (l’aggressività), che gli consente di assimilare
o rifiutare l’ambiente, a seconda che esso gli si presenti come nutriente o nocivo.
Ogni esperienza non può che avvenire al confine del contatto tra un organismo animale umano (così si esprimevano, in
termini organicistici, i fondatori della psicoterapia della Gestalt) e il suo ambiente. E’ proprio ciò che avviene in questo
confine che è disponibile alla nostra osservazione e all’eventuale intervento terapeutico. Il confine di contatto è il luogo
in cui si dispiega il Sé, quella funzione dell’organismo umano che ne esprime la capacità/abilità di entrare in contatto
con il proprio ambiente e di ritirarsi da esso.
Attualità, Consapevolezza, ResponsabilitàAttualità, Consapevolezza, Responsabilità “dell’esser-ci nell’esperienza” sono i tre presupposti fondamentali del
processo di crescita terapeutica gestaltica.
Contatto, Espressione, CreativitàContatto, Espressione, Creatività, costituiscono il percorso da compiere per ritrovare la propria forma e la propria
interezza di vita.
Il ContattoContatto fisico e psichico scatena emozioni e produce energia che l’EspressioneEspressione dispiega in realtà tangibile
mettendo in collegamento l’essere umano con il mondo esterno. La CreativitàCreatività prospetta nuove vie per la soluzione dei
conflitti e la rimozione dei blochi.
Secondo:
una prospettiva gestaltica (potremmo anche chiamarla
olistica), secondo la quale individuo e gruppo sociale
non sono più visti come entità a sé, ma come parti di
una stessa unità in reciproca interazione, per cui la
tensione che può esistere tra di esse non è da ritenersi
come l’espressione di un insolubile conflitto, ma il
necessario movimento all’interno di un campo che
tende all’integrazione e alla crescita.
Terzo:
la prospettiva relazionale come chiave di lettura del
comportamento umano, per cui ogni esperienza trova
il suo significato – anche in termini di intenzionalità –
nella relazione in cui è inserita. Essa restituisce alle
esigenze dell’individuo e del vivere sociale carattere di
concretezza; infatti, ogni conflitto va affrontato nel
“qui e ora” della situazione, perché solo nella
specificità di un contesto è possibile trovare soluzioni
“reali”. La psicoterapia della Gestalt affida la
regolazione del bisogno alla relazione stessa, perché è
nel riconoscimento pieno di sé e dell’altro che i
bisogni dei partners in interazione trovano sana
espressione e risoluzione creativa.
E’ necessario far crescere una cultura psicologica che
si fonda sul concetto di originalità, specificità di ogni
persona (Scuola Gestaltica e Rogersiana).
No ad una cultura che proietta aspettative e bisogni.
Sì, invece, ad una cultura che aiuta a far emergere nel
bambino ciò che già c’è di originale dentro di lui.
QUALCHE RIFLESSIONEQUALCHE RIFLESSIONE
Finora molti gestaltisti che hanno applicato la Gestalt
alla didattica hanno trasferito frettolosamente
l’impostazione clinica all’insegnamento, trascurando le
premesse teoriche della Psicologia della Gestalt.
Hanno trapiantato in classe l’impostazione
psicoterapeutica della Gestalt, senza adeguarla al
nuovo ambito pedagogico.
Tale impostazione produce superficialità teorica in
quanto trascura il tema dell’apprendimento
disciplinare, stravolge il gruppo classe trasformandolo
in un gruppo psicoterapeutico, sottovaluta i contenuti
disciplinari e sopravaluta la relazione e la
comunicazione: si crea un bel clima in classe, ma non
si impara niente o quasi niente a livello di contenuti
disciplinari.
A causa di tale impostazione, che trascura la
dimensione della percezione, dell’intelligenza, della
memoria, della creatività, dell’insightinsight, del problem problem
solvingsolving, proprie della Gestalt, la stessa teoria viene
deformata nella sua più autentica interpretazione,
incentrando gli interventi quasi esclusivamente su
tecniche umanistiche centrate sulla comunicazione
autentica e personale.
MODELLI DELLA GESTALT PER L’INSEGNAMENTOMODELLI DELLA GESTALT PER L’INSEGNAMENTO
l’apprendimento come adattamento creativo
l’apprendimento e l’insegnamento come esperienze di
contatto;
la dinamica di gruppo secondo la Teoria del Campo di
K. Lewin;
la ristrutturazione ed il problem solving;
l’insight;
il pensiero produttivo (Wertheimer);
la memoria come riorganizzazione.
IL COGNITIVISMOIL COGNITIVISMO
Il cognitivismo è quella scienza, nata da un mix di filosofia, psicologia, linguistica e scienza della
computazione, che si propone di studiare il ragionamento nei sistemi naturali e artificiali. Quando i
procedimenti di ragionamenti si riferiscono al cervello umano in genere si parla di psicologia cognitiva, un
settore della scienza cognitiva in generale. E' ovvio che l'IA ha bisogno di sapere come funziona il cervello
e il ragionamento, così come abbiamo sempre detto che per assurdo l’intelligenza artificiale ci ha fatto
capire meglio quella naturale: la psicologia cognitiva, sviluppatasi negli ultimi trent’anni rappresenta la
prova. Grazie ai programmi informatici, la risoluzione dei problemi si è fatta più chiara: si è capito di cosa
serve e cosa si deve fare al fine di risolvere un processo cognitivo. E la psicologia cognitiva usa infatti
termini informatici e vede il cervello come una “centrale” di manipolazione e archiviazione delle
informazioni. Il cervello non sarebbe che un manipolatore di dati. La peculiarità di questa disciplina è che si
prefigge di studiare i meccanismi con cui i dati vengono manipolati nel cervello. Di una risoluzione di un
problema si analizza la procedura per creare dei modelli procedurali. Un piccolo esempio: se dovessi
chiedervi quale lettera viene dopo la “g” vi renderete conto che richiamate l’alfabeto andate sempre avanti
di una lettera (lo ripetete mentalmente) fino a trovare la “g”, a quel punto la lettera che viene dopo è il
vostro risultato. Una spiegazione del genere viene chiamata “modello procedurale”. Il modello procedurale
è molto dettagliato e segue il procedimento passo per passo. Siccome una procedura del genere è un
algoritmo si è spesso detto che la scienza cognitiva è lo studio dei processi cognitivi dal punto di vista degli
algoritmi. Il secondo strumento di rilevanza per questa scienza sono i componenti funzionali, come la
memoria, il “processore” (l’ elemento che esegue la manipolazione del simbolo) un modulo di controllo).
Esattamente non si sa come sia fatto il cervello e come sia effettivamente costituita la memoria o il
processore, ma questi sono elementi di comodo indispensabili. Ma il filone centrale della scienza cognitiva
resta più ancorato alla filosofia piuttosto che alla psicologia in quanto, come abbiamo detto non si occupa
dei processi cognitivi umani, ma dei processi cognitivi in generale. I cognitivisti sono convinti inoltre della
tesi della “realizzabilità multipla”: i processi cognitivi, così come possono realizzarsi in un sistema naturale
di carbonio, possono realizzarsi anche in sistemi diversi da questo.
ORIGINI DEI MODELLI COGNITIVISTIORIGINI DEI MODELLI COGNITIVISTI
I modelli cognitivisti dell’apprendimento nascono
dall’esigenza di conoscere e spiegare i meccanismi
della mente umana e di dichiararne scientificamente
possibile lo studio, possibilità precedentemente
negata dal comportamentismo, che riteneva
analizzabile solo il comportamento manifesto, in
quanto direttamente osservabile.
Influirono sulla formazione dei modelli cognitivisti i
progressi scientifici in campo informatico e
neurofisiologico, che comportarono, rispettivamente,
una crescente attenzione sia per le macchine da
calcolo, i computer, assimilabili nella lolro operatività
alla mente umana, sia per il funzionamento del sistema
nervoso e per i processi adattivi.
Questi modelli risentirono, inoltre, degli studi sulla
percezione delle forme, iniziati nei primi anni del
Novecento dalla psicologia della Gestalt, secondo i
quali l’apprendimento è la risultante di una intuizione
(insight) regolata da leggi di strutturazione e
ristrutturazione del campo, in grado di cogliere forme
totali in modo globale e senza ricorrere
necessariamente a schemi e conoscenze già acquisiti.
Negli anni Quaranta, i teorici della nascente scienza
cognitiva (filosofi, psicologi, neuroscienziati,
informatici, antropologi, linguisti) focalizzarono la loro
attenzione soprattutto sui processi cognitivi di
mediazione e sulle forme mentali di organizzazione
interna (strutture, simboli, schemi) preposte a
rappresentare la realtà: i loro percorsi di ricerca, però,
si diramarono presto in due approcci distinti,
l’approccio
COMPUTAZIONALECOMPUTAZIONALE
e l’approccio
NEURALE o CONNESSIONISTA.NEURALE o CONNESSIONISTA.
Questi approcci furono contraddistinti,
rispettivamente, sia dall’interesse per le macchine da
calcolo (quantitativo e logico-simbolico), il cui
funzionamento è sequenziale e programmabile, sia
dall’interesse per gli organismi biologici, adattivi ed
evolutivi, la cui organizzazione si attiva secondo
processi paralleli ed autoregolativi, corredati di
meccanismi di retroazione (feedback).
Il modello computazionale della mente, prevalso in un
primo tempo, a partire dagli anni Sessanta, in virtù
delle maggiori aspettative di progresso che
presentava, fu poi integrato, e parzialmente sostituito,
dall’approccio neurale, i cui modelli, non rigidamente
predefiniti, sembrarono essere più consoni
all’espressione della complessità della mente umana.
Tutti questi apporti di ricerca, insieme alle
schematizzazioni espresse nei primi modelli
dell’information processing, secondo i quali il sistema
cognitivo riceve dall’ambiente informazioni in entrata
(input), le elabora e le trasmette sotto forma di risposte
(output), contribuirono a delineare gli aspetti generali
dei modelli dell’apprendimento cognitivista, le cui
caratteristiche, seppure di volta in volta specificate in
singole teorie, sono riconducibili a comuni criteri
interpretativi.
Sistema di elaborazione delle informazioni
STIMOLO Input Output RISPOSTA
Processi di
immagazzinamento
CARATTERI DEI MODELLI COGNITIVISTI
Comune denominatore dei modelli cognitivisti
dell’apprendimento può essere considerata l’ipotesi
che la mente sia indagabile attraverso lo studio dei
processi elaborativi delle unità o componenti che ne
regolano il funzionamento.
L’apprendimento è un processo fondato sull’attività di
elaborazione delle informazioni, che si svolge in modo
sequenziale, dalla stimolazione percettiva alla codifica
dei dati, dalla archiviazione in memoria alle modalità di
gestionali e di recupero delle informazioni, sino alla
pianificazione delle risposte in relazione alle variabili
ambientali.
I processi cognitivi si compongono di sequenze
euristiche di procedure elaborative, dotate di scopi
programmati, orientate verso fini prestabiliti e
monitorate da regole predefinite, la cui acquisizione è
preliminare alla fase operativa. L’apprendimento è,
dunque, un processo sequenziale, e non, come per i
comportamentismi, sommatorio; è programmato, sin
nei minimi particolari, da regole, come avviene per un
calcolatore elettronico; segue la logica euristica,
ideata per la risoluzione dei problemi, che procede per
prova ed errore secondo criteri di tipo se/allora (se si
soddisfano le condizioni stabilite in partenza, allora
diventano effettive le azioni volute
L’apprendimento è un processo elaborativo di
informazioni, gestite da un sistema a capacità limitata,
che le processa sequenzialmente attraverso una serie
di funzioni cognitive, che vanno dalla codifica alla
memorizzazione.
L’input, l’informazione in entrata, viene, inizialmente,
selezionato e codificato, cioè tradotto nel codice
simbolico che il sistema è in grado di elaborare
meglio; successivamente, viene registrato, sotto forma
di rappresentazione mentale, prima nella memoria a
breve termine, che serve per la operatività immediata
del sistema, e poi nella memoria a lungo termine, dalla
quale le rappresentazioni possono essere rielaborate,
trasformate in concetti e richiamate all’occorrenza.
Perchè una informazione sia conservata a lungo nei
magazzini delle memorie, e non ne sia presto
cancellata, deve essere codificata e memorizzata dal
soggetto in modo significativo, cioè rielaborata
individualmente in modo autonomo e riflessivo.
La trasmissione delle conoscenze, pertanto, non mira
soltanto a trasferire contenuti, ma si pone il problema
di come tali contenuti possono essere codificati,
elaborati, memorizzati: obiettivo dei processi cognitivi
è la comprensione della realtà e delle relazioni
essenziali che ne costituiscono i problemi.
L’apprendimento è complesso e la conoscenza deve
tendere ad essere significativa ponendosi, in tal modo,
su di un livello superiore, e, pertanto, auspicabile,
rispetto alla trasmissione nozionistica di informazioni.
L’apprendimento si basa su meccanismi di
comprensionecomprensione e non di ritenzione mnemonica, in modo
che le conoscenze siano più durature nella memoria e
facilmente disponibili al richiamo. Ogni nuova
acquisizione si confronta, infatti, con le precedenti e le
conoscenze pregresse, i prerequisiti, regolano
l’assimilazione degli apprendimenti successivi.
Facendo leva sulle proprie abilità, qualitativamente
differenziate, il soggetto sperimenta, nell’apprendere,
strategie di approccio alla realtà, cioè forme di
organizzazione della conoscenza che l’individuo in
parte sviluppa in modo autonomo e in parte apprende
nella interazione formativa.
MODELLI COMPUTAZIONALI DELL’APPRENDIMENTOMODELLI COMPUTAZIONALI DELL’APPRENDIMENTO
Significativi Complessi Sequenziali (in ordine di complessità crescente) Programmabili Simbolici Euristici Soggettivi Razionali
MODELLI CONNESSIONISTI DELL’APPRENDIMENTOMODELLI CONNESSIONISTI DELL’APPRENDIMENTO
Regolativi Continuativi Sommativi Indeterminati Sublinguistici Variabili Relazionati all’ambiente Aperti al caso
CRITERI DELL’INSEGNAMENTO COGNITIVISTACRITERI DELL’INSEGNAMENTO COGNITIVISTA.
L’insegnamento cognitivista è organizzativo di strategie, volto , cioè, a promuovere nel soggetto la capacità di apprendere e organizzare i contenuti di
conoscenza in modo autonomo e significativo, affinché il soggetto riesca nell’effettuazione dei diversi
compiti cognitivi che si propone di affrontare.
Per riuscire in questo intento, l’insegnamento fa uso di sequenze di istruzioni che accompagnano
gradualmente il soggetto nelle fasi di acquisizione cognitiva, permettendogli di elaborare informazioni via via sempre più complesse. Anche per questo motivo, l’insegnante deve essere costantemente disponibile e
attento a cogliere le eventuali richieste di aiuto o chiarimento da parte di chi apprende, in modo da
monitorare l’iter apprenditivo e da rivedere le pratiche formative in rispondenza dei feedback di risposta.
Le pratiche formative sono imperniate anche sulle attribuzioni di senso ai contenuti di apprendimento;
sono, cioè, impegnate nel compattare le conoscenze in unità di significato facilmente memorizzabili proprio
per il senso che viene dato loro e non soltanto perché sono state ripetute a lungo. La pratica ripetitiva non è, tuttavia, da trascurare, perché è funzionale al continuo
richiamo delle conoscenze pregresse e alla loro revisione e convalida.
I contenuti di apprendimento vanno, dunque, spiegati, esemplificati, scomposti e ricomposti perché siano
ben compresi e memorizzati. Chiavi della memorizzazione sono forme efficaci di mediazione e di organizzazione linguistica dei concetti e l’attenzione a
proporre i contenuti di apprendimento strutturati secondo modalità variate. Le modalità di insegnamento devono tendere ad essere
individualmente differenziate, come, d’altra parte, l’offerta formativa deve tendere ad essere calibrata perché le informazioni trasmesse non siano troppe,
ingenerando confusione, né poche, ingenerando demotivazione all’apprendimento
L’insegnamento favorisce, dunque, la memorizzazione
a lungo termine e, nelle fasi di verifica, controlla che le
informazioni precedentemente acquisite si siano
stabilizzate: i controlli di verifica non saranno,
soltanto, rivolti agli apprendimenti recenti, bensì a
quelli passati, perché si ritiene più importante che chi
apprende abbia una continuità nell’imparare, piuttosto
che instaurare apprendimenti episodici.
In questo modello, in definitiva, la trasmissione delle conoscenze è cumulativa e, sebbene l’intenzione sia
quella di focalizzare l’attenzione sul soggetto nel processo di apprendimento, ciò avviene sempre in modo incompleto, sia perché l’individuo è colto più
nella sua dimensione cognitiva che nella complessità cognitivo-affettivo-emozionale che lo caratterizza, sia
perché la relazione didattica è osservata, sperimentalmente, in vitro, relativamente lontana, cioè, dalla concreta variabilità dei contesti di apprendimento
e dalle connessioni di interdipendenza che questi sempre stabiliscono con l’individuo nella modulazione
dei processi di formazione .
MODELLI COGNITIVISTI DELL’INSEGNAMENTOMODELLI COGNITIVISTI DELL’INSEGNAMENTO
Organizzazione Di strategie Apprendimento significativo Spiegazione e comprensione Sequenze di istruzione Preparazione finalizzata al compito Pratica ripetitiva Monitoraggio dell’apprendimento Verifica in itinere dell’apprendimento Revisione in itinere dell’insegnamento Azione formativa calibrata Organizzazione linguistica Trasmissione cumulativa di conoscenze Situazione didattica acontestuale.
MODELLI COGNITIVISTIMODELLI COGNITIVISTI L’APPRENDIMENTO è una elaborazione di processi mentali L’INDIVIDUO ha una strutturazione cognitiva interna L’EDUCAZIONE sviluppa la capacità di apprendere IL FORMATORE struttura i contenuti di apprendimento
Recommended