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FRANCESCO FELIS
Superficie e fattispecie atipiche. La cessione di cubatura
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Rapporti tra diritto pubblico e diritto privato e ammissibilità
della cessione di cubatura. – 3. Il potere della Pubblica Amministrazione e i rapporti con
i privati. – 4. Individuazione della fattispecie. – 5. Natura giuridica del negozio di cessio-
ne di cubatura. – 6. Teoria del negozio ad effetti obbligatori. – 7. La teoria del negozio ad
effetti reali. – 8. Una diversa teoria sulla natura della cessione di cubatura. – 9. La trascri-
zione/pubblicità immobiliare. – 10. Esigenze di tutela dei terzi. – 11. Conclusioni.
1. – L’Istituto è spesso disciplinato in leggi regionali o in strumenti urba-
nistici. Ma non è questo punto un elemento essenziale.
Il problema, dal punto di vista storico, nasce con la cd. legge Ponte (l. 6
agosto 1967, n. 765) che, introducendo gli standard urbanistici, ed in parti-
colare quello planovolumetrico, stabilisce la volumetria complessiva delle
costruzioni edificabili in una certa zona, fissando limiti inderogabili alla cu-
batura realizzabile, differenti a seconda della diversa destinazione delle va-
rie zone in cui risulta suddiviso il territorio comunale.
In questo studio non si affronteranno questioni generali, se non stretta-
mente necessarie, relative al diritto pubblico ed al diritto di edificare, quali,
ad esempio, se lo jus aedificandi è connesso o meno alla proprietà del suolo.
Tali questioni stanno sullo sfondo. Si vuole verificare, soprattutto, gli
effetti pratici in relazione alla forma degli atti e alla loro trascrizione, in pro-
spettiva di tutelare le esigenze di certezza e pubblicità nei rapporti giuridici,
compiti primari del notariato.
Comunque evidentemente le influenze tra diritto pubblico e diritto pri-
vato sono evidenti. È stato, con esattezza, notato che le norme urbanistiche
hanno una posizione preminente nella valutazione di questa fattispecie
perché poste a tutela di interessi generali. Se l’attività pratica incontrasse di-
vieti su tale terreno, ovviamente gli ostacoli produrrebbero, nel campo del
diritto privato un’impossibilità a porre in essere il contratto in esame o ne
renderebbero nulli alcuni aspetti (1).
Pertanto, affrontiamo i rapporti tra diritto pubblico e privato in relazio-
ne a tale figura.
(1) V. le giuste affermazioni di M. Libertini, I trasferimenti di cubatura, in Tratt., diretto
da F. Galgano, tomo III, I Contratti del Commercio, dell’Industria e del Mercato Finanziario,
Torino, 1995, p. 2254.
2. – Nella ricostruzione della figura, in via preliminare, non si può tra-
scurare la rilevanza della Pubblica Amministrazione.
La Pubblica Amministrazione costituisce, in questo caso, non solo una
presenza sullo sfondo, al fine di un controllo più o meno generico e/o più o
meno incisivo dei contratti posti in essere dalle parti. Senza voler consenti-
re con quelle teorie che riducono il diritto a ciò che si svolge nei tribunali o
nella pratica (2), in questo caso non si può prescindere dal dato di fatto, che
assume una precisa rilevanza giuridica: le parti stipulano questo accordo
perché “spinti” dalla Pubblica Amministrazione, perché sanno che è l’unico
mezzo per ottenere che una di esse ottenga una concessione edilizia o per-
messo di costruire maggiorato. Non di rado il contenuto dell’accordo tra i
privati è “consigliato”, o comunque si adegua ai desideri che la Pubblica
Amministrazione ha più o meno informalmente esplicitato. In moltissimi
casi alcune clausole contrattuali sono state determinate anche dalla Pubbli-
ca Amministrazione alla quale il contratto dovrà essere esibito per raggiun-
gere i fini che le parti si propongono e realizzare l’operazione economica cui
mirano. Questa ricostruzione, puramente empirica, della vicenda ha la sua
rilevanza. Certamente, intorno a questo dato di fatto occorre inserire l’in-
quadramento giuridico e quella che, nel caso di intervento notarile, è stata
denominata funzione di adeguamento del Notaio, ma il dato di partenza re-
sta. Perciò, partendo dal ruolo della Pubblica Amministrazione, tenendo
conto che le parti, con un loro tecnico di fiducia hanno prima verificato la
volontà della Pubblica Amministrazione, bisogna prendere atto che la legit-
timità del contratto in oggetto, è esplicitamente ammessa dalla giurispru-
denza amministrativa che, altresì, riconosce la legittimità della concessione
edilizia che tenga conto dell’acquisto di cubatura realizzato dal cessionario
(le pronunzie sono moltissime, basti citare Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile
1991, numero 530).
Vi sono alcune condizioni per la legittimità di tale Concessione edilizia:
a) il trasferimento di cubatura deve avvenire tra fondi compresi nella
medesima zona urbanistica; ammettere il contrario, anche se le aree fosse-
ro confinanti ma appartenenti a zone diverse, determinerebbe la mancanza
di compensazione tra la cubatura acquistata da uno dei due proprietari con
altrettanta cubatura nell’ambito della stessa zona, con il rischio di abusi e
manovre illecite;
b) il trasferimento di cubatura è ammissibile solo se vi sia uno strumen-
to urbanistico efficace cioè che individui già lotti predeterminati; anche la
SAGGI 633
(2) Per questi problemi v.: M. Barberis, Filosofia del diritto. Un’introduzione storica, Bo-
logna, 2000, pp. 121-126 sul realismo giuridico americano; J. M. Kelly, Storia del Pensiero
Giuridico Occidentale, Bologna, 1996, p. 451.
necessità di questo requisito non è accolta da tutti, anzi si afferma che pos-
sa farsi ricorso a tali figure in assenza di un espresso riconoscimento di fon-
ti normative (3); a maggior ragione è possibile ricorrere a tale figura in pre-
senza anche di semplici leggi regionali;
c) il Comune, o comunque la Pubblica Amministrazione dovrebbe
compiere, in tutti i casi un riesame di merito, tenendo conto dei possibili
problemi urbanistici conseguenti alla concentrazione di cubatura. Cioè alla
Pubblica Amministrazione sarebbe sempre riservato un distinto potere di
valutazione. È uno degli argomenti più controversi, anche perché ha un di-
retto riflesso sulle discussioni circa la natura giuridica del contratto in esa-
me e richiede una trattazione specifica.
3. – Quella parte di dottrina che sofferma la sua attenzione soprattutto
sullo strumento privatistico utilizzato dalle parti più che sul ruolo della
Pubblica Amministrazione, tende a contestare il potere di riesame di meri-
to che alla medesima spetterebbe e ritiene che tale potere costituirebbe la
prova di un disfavore verso il fenomeno in esame. Aggiunge che la titolarità
della concessione sia quasi un atto dovuto che non dovrebbe giustificare
eccessive possibilità di mutamento di scelte:
a) la concentrazione edificatoria è già contemplata ed è vietata dalle
norme edilizie e, allora, non sarà mai consentita;
b) la concentrazione edificatoria non è vietata ed è consentita e, quindi,
non si vedrebbe la giustificazione per un riesame di merito.
Al di là di quanto si dirà in relazione alla natura giuridica del contratto in
esame, dal punto di vista più generale, bisogna notare come:
– la giurisprudenza riconosca al Comune che abbia stipulato una con-
venzione urbanistica il potere di modificarla unilateralmente, quanto al
contenuto, in concomitanza della ricorrenza di un interesse pubblico con
l’onere di fornire idonea motivazione (4);
– egualmente la dottrina ha messo in evidenza, a proposito delle Lottiz-
zazioni Convenzionate, come spesso, la giurisprudenza sia amministrativa
sia civile ribadisca che rimane intatta la potestà pubblica del Comune in ma-
teria di governo del territorio, compresa la facoltà di liberarsi dal vincolo
contrattuale, essendo quella dei privati una posizione di interesse legittimo (5).
In particolare è stato evidenziato scetticismo circa una pretesa parità tra
634 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(3) Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1994, n. 1382; Cons. Stato Sez. V, 8 settembre 1983,
n. 366.
(4) Cons. Stato, 5 maggio 1997, n. 481, in Riv. giur. edil., 1997, I, p. 928, Cass., 8 giugno
1995, n. 6482, in Foro it., rep. 1996, Voce Edilizia e Urbanistica, n. 276.
(5) A. Candian e A. Gambaro, Le Convenzioni urbanistiche, Milano, 1992, p. 64 ss., e
Cass., Sez. un., 10 dicembre 1976, n. 4587.
Pubblica Amministrazione e privati, nonostante la natura contrattuale del-
le convenzioni che, inserite in un procedimento amministrativo, che si con-
clude con un atto amministrativo, non eliminerebbero una posizione di su-
premazia della Pubblica Amministrazione rispetto al privato. Assumerebbe
in tale caso rilevanza l’obbligo di motivazione (6);
– egualmente, nell’ipotesi di cessione volontaria, posta in essere nel-
l’ambito di una procedura espropriativa quando i proprietari contro i quali è
promossa vogliano convenire con l’Ente espropriante la cessione volonta-
ria degli immobili espropriandi, la Pubblica Amministrazione, anche in tale
caso, non può essere costretta a stipulare il contratto di cessione volontaria
senza poter valutare discrezionalmente la convenienza (7); ma, fatti salvi gli
adempimenti richiesti dall’evidenza pubblica dell’atto, l’applicazione com-
pleta dei principi civilistici non è possibile: per esempio il contratto è sot-
tratto ai rimedi della rescissione per lesione e risoluzione per inadempi-
mento oltre a essere presente una valutazione discrezionale della conve-
nienza (8).
Evidentemente, chi mette in evidenza il ruolo centrale della Pubblica
Amministrazione in tutti questi fenomeni, ivi compresa la cessione di cuba-
tura, tende a ritenere che questo contratto crei solo un vincolo obbligatorio
inter partes, con ovvie ricadute in tema di pubblicità immobiliare, come ve-
dremo (9). La trascrizione, in effetti non può attribuire realità ad un rapporto
SAGGI 635
(6) Sui limiti dell’autonomia privata e i poteri della Pubblica Amministrazione nelle con-
venzioni urbanistiche e sull’esercizio del potere pubblico di governo del territorio nei rappor-
ti tra privati e Pubblica Amministrazione: T. Galletto, Le convenzioni urbanistiche, in Giuri-
sprudenza sistematica di diritto civile e commerciale. I contratti in generale. I contratti atipici. vol.
II, 2° tomo, 1991, pp. 1055-1061; Cass., Sez. un., 16 febbraio 1984, n. 1160, in Giust. civ., 1984,
I, 1030, e Cass., Sez. un., 19 aprile 1984, n. 2567, nel senso che gli accordi con i privati devono
essere in sintonia e subordinati al pubblico interesse.
(7) Forlenza, La cessione volontaria di immobili espropriandi. Posizione giuridica del pri-
vato, natura del contratto e suoi profili di nullità, in Riv. giur. edil., 1986, p. 340 ss.). In tale caso
sarebbero applicabili i principi civilistici circa la conclusione dei contratti, la revocabilità del-
la proposta sino a quando l’accettazione non sia pervenuta a conoscenza del proponente
(Cass., Sez. I, 29 gennaio 1997, n. 922, in Not., n. 5/1997, Ipsoa, p. 407.
(8) V. P. Cerasi, in Not., n. 5/1997, cit., p. 408; quale nota a commento della Sentenza di
cui sopra e in relazione allo specifico tema della cessione di cubatura: Libertini, cit., p. 2258;
Filippo Patti e Fiorella Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico,
in Vita not, fascicolo 3°, parte 2a, pp. 1675-1691; V. Vanghetti, Nota commento a Cassazione,
Sez. II, 22 febbraio 1996, n. 1352, in Not., n. 5/1996, p. 417.
(9) F. Gazzoni, La trascrizione immobiliare, Tomo I, 2a Ed., Milano, 1998, p. 659 ss.;
G.A.M. Trimarchi, in Not., n. 4/1999, Ipsoa, p. 358, ove trattando dei Consorzi di urbaniz-
zazione l’a. mette in rilievo la funzione della trascrizione che non è mai tale da conferire essa
realità al suo oggetto.
obbligatorio e, di norma, i contratti con effetti reali sono soggetti a trascri-
zione; egualmente alcuni contratti con effetti non reali, quali le locazioni ul-
tranovennali, ma ciò è previsto esplicitamente dal codice. Questi principi de-
vono trovare attuazione anche per il contratto di cessione di cubatura.
Anticipando un giudizio sul punto, se da una parte il retro pensiero di
parte della dottrina è quello che la potestà urbanistica (intesa come potere
di regolare l’assetto del territorio in funzione di interessi pubblici di un da-
to momento) non possa essere dedotta nell’accordo con il privato, dall’altra
parte circa il contratto di cessione di cubatura, partendo dalla realtà pratica
delle parti che si presentano davanti al notaio, non si può negare che esse
presuppongano una certa volontà della Pubblica Amministrazione e ne so-
no condizionate, ben sapendo che il risultato sperato dipende dal provvedi-
mento amministrativo, al di là se esse lo considerino atto dovuto o discre-
zionale. Le parti sanno che vi è la possibilità di ricorrere davanti al Tar, ma la
consapevolezza del ruolo rilevante della Pubblica Amministrazione fa si
che la loro attenzione sia concentrata sulle clausole dettate da essa fino al
punto che in molti casi vogliono utilizzare le stesse parole da essa indicate,
rifuggendo da sinonimi.
4. – Come abbiamo già detto si tratta di una figura priva di regolamenta-
zione normativa, se non quella contenuta in leggi regionali o strumenti ur-
banistici, ma nota nella pratica. Presupposti del negozio secondo la dottrina
e giurisprudenza predominante sono:
1) il suolo cedente deve essere edificabile o perlomeno deve essere pre-
vista negli strumenti urbanistici una certa cubatura a favore del suolo;
2) il trasferimento di cubatura si realizza fra terreni appartenenti a pro-
prietari diversi. Nel caso contrario si ha il diverso fenomeno noto come
“Concentrazione di Volumetria”. Quando siamo in presenza di un unico
proprietario di più aree contigue che vuole realizzare una costruzione solo
su una di dette aree, sfruttando la cubatura delle altre, non vi può essere ac-
cordo tra privati. In questo caso è necessario un atto negoziale unilaterale di
asservimento, da non confondere con la cessione di cubatura, con il quale il
proprietario si obbliga a non costruire sull’altro suolo di sua proprietà. Tale
atto viene reso opponibile con la trascrizione. La giurisprudenza differenzia
le due fattispecie: nei casi in cui la normativa urbanistica imponga limiti di
volumetria, il vincolo dell’area discende ope legis dalla sua utilizzazione sul-
la base della licenza edilizia (Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 1973, n. 178).
Circa possibili liti tra privati dovute o errori della Pubblica Amministrazio-
ne nel rilasciare la Concessione edilizia, che, soprattutto in assenza di qual-
sivoglia pubblicità, potrebbero determinare gravi conseguenze, (in riferi-
mento particolare all’ipotesi di un’area che ha già esaurito la propria volu-
metria, in occasione del rilascio di una precedente concessione), fenomeno
636 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
che nel caso dell’unico proprietario può verificarsi con facilità, molti comu-
ni richiedono la sottoscrizione e la trascrizione di un atto che costituisca
vincolo di inedificabilità sull’area destinata a rimanere non edificata.
Qual è il significato di quest’atto e della successiva trascrizione?
Vedremo che per la cessione di cubatura questo è uno dei temi più spi-
nosi e vi è chi sostiene la sua non trascrivibilità.
Al contrario nel caso di atto unilaterale, nell’ipotesi dell’unico proprie-
tario, con il quale esso rinunzia ad edificare su una sua area a vantaggio di
un’altra area di sua proprietà, vi è chi ha inquadrato tale fattispecie nell’am-
bito dell’obbligazione reale. Per superare l’obiezione che le obbligazioni
propter rem siano ammissibili solo nei casi previsti dalla legge, si è parlato di
rinunzia che ha come oggetto il diritto di superficie. Il proprietario dell’uni-
ca area rinunzia puramente e semplicemente al diritto di superficie perché
il Comune possa rilasciare la concessione edilizia su altra area sempre sua.
Ne deriverebbe la conseguenza della trascrizione. I problemi che sorgono
per ricondurre alla figura del diritto di superficie la fattispecie della cessione
di cubatura, qui sarebbero superati dalla presenza della diversa fattispecie
della concentrazione di volumetria, trattandosi di un unico proprietario (10).
Per tornare alla cessione di cubatura, essa costituisce il risultato di un
complesso procedimento in cui vi sono due rapporti. Il negozio giuridico
privato è un elemento necessario ma non sufficiente per realizzare il trasfe-
rimento della cubatura. Il provvedimento amministrativo non può emetter-
si senza essere preceduto dall’atto negoziale o, se emesso, essendo impera-
tivo, è idoneo di per sé ad incidere sulle situazioni giuridiche dei privati, ma
sarebbe illegittimo perché emanato in modo non conforme agli standard
urbanistici e suscettibile di impugnazione. Questa sua efficacia, chiamia-
mola provvisoria in attesa di una possibile impugnazione, è di per sé signifi-
cativa per illustrare i rapporti visti sopra tra Pubblica Amministrazione e pri-
vati e il ruolo preminente della prima sui secondi ed è anche significativa ai
fini della ricostruzione del fenomeno e della natura giuridica del contratto
in esame.
Per il contratto di cessione di cubatura si è fatto riferimento all’ipotesi di
una fattispecie a formazione progressiva (nella quale ogni elemento sareb-
be assorbito in uno schema più ampio e ogni elemento costituirebbe un
presupposto del provvedimento finale); vi è chi ha fatto ricorso alla figura
della condicio juris per spiegare i rapporti tra l’atto di concessione e il nego-
zio di cessione; si è pure fatto riferimento all’ipotesi di due atti tra loro col-
legati che perverrebbero al risultato finale. Altri hanno fatto riferimento al-
la figura della presupposizione. Altri ancora hanno fatto ricorso alle ipotesi
SAGGI 637
(10) N. Grassano, La cessione di cubatura, in Riv. not., 1992, pp. 1069-1090.
della condicio facti (cioè il rilascio della concessione visto come condicio fac-
ti del negozio di cessione di cubatura, con la conseguenza che il collega-
mento tra i due rapporti avrebbe rilevanza giuridica quando venga espres-
samente sviluppato in una condizione ovvero le parti volontariamente con-
dizionano il prodursi degli effetti del negozio concluso al rilascio della con-
cessione). La tesi prevalente è quella che riconduce il fenomeno alla condi-
zione legale (11). Personalmente, proprio per l’esperienza della pratica non
sarei contrario all’ipotesi della presupposizione (sostenuta da dottrina mi-
noritaria) per spiegare il rapporto tra negozio di diritto privato e provvedi-
mento amministrativo, nella consapevolezza di una prevalenza dei poteri di
riesame e verifica da parte della Pubblica Amministrazione, di cui i privati
sono consapevoli sin dall’inizio, poteri da esercitarsi, naturalmente non in
modo arbitrario, stante la rilevanza dell’obbligo di motivazione del provve-
dimento amministrativo. I privati hanno una rappresentazione di una situa-
zione di fatto futura, Comune ai due contraenti, di carattere oggettivo e in-
dipendente dalla loro volontà. L’attività della Pubblica Amministrazione,
non arbitraria ma legislativamente e per norme regolamentari disciplinata è
volta al rilascio della concessione edilizia maggiorata e, pertanto, è retta dal-
le norme amministrative di tipo urbanistico che disciplinano il rilascio del-
le concessioni edilizie e ad esse si attiene (12).
Le parti, durante l’iter formativo del contratto hanno tenuto conto di
tutto ciò e sanno che il negozio di diritto privato e il provvedimento ammi-
nistrativo si inseriscono nell’ambito di una complessa procedura essenzial-
mente amministrativa.
Probabilmente la natura giuridica del negozio in esame, da quanto so-
pra esposto, emerge come solo obbligatoria, trattandosi di un negozio già
efficace e perfetto al momento della conclusione, ma produttivo di effetti
obbligatori, già, subito definitivi. Gli effetti reali e/o per i terzi saranno del
provvedimento amministrativo che dà la possibilità di costruire con una
certa volumetria.
Tutto ciò è oggetto della trattazione del prossimo capitolo dedicato alla
natura giuridica del negozio in questione.
638 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(11) Per una rassegna di tutte le tesi relative alla ricostruzione della fattispecie basta vede-
re l’ampia rassegna di: N.A. Cimmino, Trasferimenti di cubatura, in I nuovi contratti nella pras-
si civile e commerciale, IV, Beni e Proprietà, Torino, 2004, p. 253.
(12) Sulle caratteristiche della presupposizione con riferimento al carattere della certezza
che la distingue dalla condizione e al carattere dell’estraneità dell’opera delle parti per il veri-
ficarsi dell’evento: M. Serio, voce Presupposizione, in Digesto delle discipline privatistiche, sez.
civ., vol. XIV, Torino, 1996, p. 297; F. Macioce, La Presupposizione, in Giurisprudenza siste-
matica di diritto civile commerciale. I contratti in generale. I requisiti del contratto, vol. III, Tori-
no, 1991, pp. 514-531 soprattutto per la rassegna giurisprudenziale.
5. – Molte tesi sono state proposte. Non è possibile esaminarle analiti-
camente tutte. In via generale si può dire che due siano i filoni contrapposti
in materia. Il primo che valorizza il procedimento amministrativo, come
abbiamo visto, all’interno del quale si collocherebbe il negozio di cessione.
Il secondo che valorizza l’autonomia del negozio di diritto privato e lo col-
loca all’esterno del procedimento amministrativo. Questo secondo orienta-
mento privilegia l’applicazione delle regole di diritto privato in relazione ad
un negozio che, comunque, manterrebbe la sua validità tra le parti. Il primo
orientamento si esplicita, in alcuni (13), nel riferimento ad una trilateralità
del negozio di trasferimento di cubatura. I rapporti tra procedura ammini-
strativa e diritto privato sarebbero tali da dar vita ad uno strumento trilatero
in cui le parti sarebbero i due privati e il Comune. Esso costituirebbe il col-
legamento tra la detta procedura e il diritto privato. Si realizzerebbe una mi-
cro pianificazione di iniziativa privata. Tale interpretazione, per cui i due at-
ti, dei privati e del Comune, sarebbero fusi in un unico accordo è respinta da
un’ampia dottrina.
Un’altra teoria richiama la cessione di un ipotetico contratto tra pro-
prietario e Comune (14). Queste ultime teorie non hanno trovato molto se-
guito. Le più convincenti sono quelle che riconducono il fenomeno al ne-
gozio con effetti obbligatori, l’una, e al negozio ad effetti reali, l’altra.
6. – Il contratto, di natura privatistica, non produce effetti reali ma solo
obbligatori, consistenti nell’impegno assunto dal proprietario cedente a
non richiedere la concessione e a non costruire sul proprio suolo e a fare
quanto necessario per facilitare il rilascio della concessione maggiorata a fa-
vore del proprietario cessionario. Il cedente manifesta il proprio assenso af-
finché la Pubblica Amministrazione attribuisca la sua cubatura al cessiona-
rio. A base di questa teoria è soprattutto la valutazione discrezionale del-
l’Ente pubblico, che sola è idonea a realizzare il trasferimento di cubatura,
modificando il piano regolatore. Il provvedimento amministrativo ha natu-
ra costitutiva della fattispecie cioè del trasferimento. Tale teoria sostenuta
da parte della dottrina (15) si basa anche sulla considerazione che non è solo
il principio di tipicità dei diritti reali a rendere difficile accogliere la tesi op-
posta del contratto ad effetti reali, ma anche, che con l’espressione “cubatu-
SAGGI 639
(13) Gambaro, cit., p. 527.
(14) Trojani, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo Stato del-
la dottrina e della giurisprudenza e un’ipotesi ricostruttiva originale, in Vita not., 1990, pp. 285-
306.
(15) Gazzoni, cit., p. 664, e Ceccherini, Il cd. trasferimento di cubatura, Milano, 1985, p.
105.
ra”, ci si limita ad individuare in termini matematici ed ingegneristici le di-
mensioni della futura costruzione. Ciò non sarebbe idoneo a costituire og-
getto di rapporti reali. Anche la giurisprudenza, in parte, ha aderito a tale tesi,
ritenendo che l’accordo tra privati non richiederebbe forme particolari (16).
Le sentenze della Cassazione che fanno riferimento agli effetti reali del ne-
gozio sarebbero viziate, secondo le altre sentenze della Cassazione, da una
visione essenzialmente fiscale del fenomeno. Dal punto di vista civilistico,
la natura obbligatoria degli effetti prodotti dall’accordo sarebbe evidente;
tale accordo, ai fini fiscali, verrebbe equiparato al trasferimento di un dirit-
to reale. Su questo orientamento della Cassazione, si è anche espresso in
modo favorevole la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. V, 28
giugno 2000, n. 3637).
Naturalmente le ricadute in tema di pubblicità del contratto sono evi-
denti. Verranno affrontate successivamente, anche tenendo conto di recen-
ti novità in tema di negozio di destinazione. Qui basti dire che i sostenitori
di quanto sopra indicato, coerentemente, affermano l’assenza di oneri di
trascrizione. Questa mancanza costituisce, secondo gli oppositori, un peri-
colo alla certezza dei traffici giuridici. Si replica che il vincolo derivante dal-
la cessione di cubatura si configurerebbe come un limite legale della pro-
prietà posto dagli strumenti urbanistici, opponibile erga omnes. Nei rappor-
ti tra privati troverebbe applicazione l’art. 1489 c.c. In caso di inadempi-
mento più che una riduzione in pristino, nascerebbe tra i privati l’obbligo
del risarcimento del danno. Il terzo acquirente del terreno potrebbe chiede-
re la risoluzione del contratto o una riduzione del prezzo qualora l’esisten-
za del vincolo non sia stata dichiarata dal venditore. Il vincolo, che derive-
rebbe dal solo rilascio della concessione maggiorata ai fini della sua opponi-
bilità troverebbe la sua pubblicità nel certificato di destinazione urbanistica
ex art. 18, l. n. 47/1985 (17).
La mancanza, si ritiene, di un’efficace pubblicità, connessa alla trascri-
zione, ha fatto da molti rigettare tale teoria.
Ma, a parte che non è la trascrizione a far acquisire natura reale a ciò che
non lo ha, per risolvere la questione, a favore del contratto ad effetti reali,
bisognerebbe individuare con esattezza il diritto reale che viene in conside-
razione.
È nota quale sia la differenza tra contratti ad effetti reali ed effetti obbli-
gatori, mettendosi in evidenza per i primi che il loro effetto immediato è co-
stituito dal trasferimento della proprietà o la costituzione o il trasferimento
640 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(16) Cass., Sez. III, 22 febbraio 1996, n. 1352, in Not., n. 5/1996, p. 417, Ipsoa; Cass., 14 di-
cembre 1988, n. 6807.
(17) V. Vanghetti, cit., p. 425.
di un diritto reale o il trasferimento di altri diritti sia assoluti che relativi. Si
configura, ex art. 1376 c.c., un nesso automatico tra la manifestazione del
consenso e il trasferimento della proprietà o di un altro diritto anche di na-
tura non reale e tale trasferimento non comporta alcun compimento di atti-
vità oltre la manifestazione del consenso.
I contratti ad effetti obbligatori hanno come elemento qualificante la
nascita di un rapporto obbligatorio, la nascita di obbligazione e di diritti di
credito, cioè le parti acquistano diritti a pretendere certi comportamenti e/o
prestazioni dalla controparte. Tali effetti obbligatori, pur presenti nei con-
tratti ad effetti reali, hanno un carattere accessorio (18).
Nella nostra fattispecie più che l’immediatezza dell’effetto reale vi è
l’obbligo di certi comportamenti o di un’attività per raggiungere un certo ri-
sultato che una delle parti si assume.
La dottrina che fa riferimento all’ipotesi del contratto ad effetti reali,
nell’individuare il diritto reale trasferito, di volta in volta, nota che alcuni
aspetti lo allontanano dalla configurazione che di ogni specifico diritto rea-
le fa il codice. Senza considerare chi vede in tale figura un contratto che ha
ad oggetto solo un rapporto matematico su come sarà la futura costruzione
(19). Mi sembra che tale contratto, nascente da esigenze pratiche sembra
configurarsi come un contratto in cui una delle parti dica all’altra che non
ha nulla in contrario che la medesima calcoli le dimensioni della futura co-
struzione in modo diverso dal riferimento matematico per essa previsto
nello strumento urbanistico, utilizzando anche il proprio riferimento mate-
matico e non avendo nulla da opporre a tale utilizzo. Inoltre, seguendo la
tesi sopra esposta della presupposizione, il provvedimento amministrativo
che segue è indipendente dalla volontà delle parti e, in particolare, di quella
che mette a disposizione dell’altra il proprio “indice matematico di edifica-
bilità” perché venga utilizzato nell’iter amministrativo.
Certamente, così, aderendo alla sopraindicata impostazione ne può
conseguire un’impossibilità di trascrizione.
Circa tale trascrizione, volendo in parte anticipare quello che si dirà, so-
no valide le osservazioni di chi (20) mette in evidenza come il risultato (non-
ché l’asservimento del fondo verso un altro) sia conseguenza di un atto am-
ministrativo, più che di un patto civilistico iniziale. Se sentimenti di equità
e preoccupazioni per i terzi, possono spingere in certe direzioni, non posso-
no essere trascurati, ad un tempo bisogna tenere conto che, oggi, dalla con-
SAGGI 641
(18) E. Roppo, voce Contratto in Digesto delle Discipline privatistiche, sez. civ., vol. IV,
1989, p. 132; C. M. Bianca, Il Contratto, Milano, 1987, p. 498; Bigliazzi Geri, Busnelli,Breccia, Natoli, Diritto Civile. Fatti e atti giuridici, Torino, 1987, p. 895.
(19) Gazzoni, cit., p. 664.
(20) A. Candian, Il contratto di trasferimento di cubatura, Milano, 1990, pp. 154-157.
sultazione dei Registri Immobiliari si può attingere solo una parte delle
informazioni per programmare con sicurezza le operazioni economiche.
Per gli operatori economici, non è che prevedendo la trascrizione dei tra-
sferimenti di cubatura che si risolve la loro necessità di un’effettiva cono-
scenza della situazione urbanistica dei fondi.
7. – È forse quella prevalente per la Corte di Cassazione. In alcune sen-
tenze si afferma che ampliare la superficie della propria area o aumentarne
la cubatura sono concetti equivalenti (21). Bisogna però notare, come già in-
dicato, che molto spesso la Cassazione rinunzia a chiarire la natura dell’a-
nalogia sopra indicata e, in alcuni casi, le necessità fiscali in tema di imposta
di registro proporzionale, diventano prevalenti sull’aspetto civilistico e sul-
la precisa qualificazione dell’atto. Anzi una serie di sentenze si sono forma-
te a seguito di controversie di natura fiscale.
Secondo questa teoria il contratto in esame, che è un momento distinto
e produttivo di effetti rispetto al rilascio della concessione, dovrebbe essere
configurato come un contratto che trasferisce un diritto reale. Si parla di di-
ritto reale atipico (Cass., 21 marzo 1973, n. 802), diritto reale immobiliare
che aumenta l’edificabilità di un’area. Oggetto del trasferimento sarebbe
una facoltà della proprietà fondiaria, la facoltà di costruire, resa autonoma
rispetto al diritto di proprietà e suscettibile di essere oggetto di attività tra
privati. La cubatura costituirebbe un valore economico di cui il titolare po-
trebbe disporre. Questa tesi si scontra con il noto principio della tipicità dei
diritti reali, che può essere derogato da norme speciali. Incontra, altresì, il li-
mite di ammettere una separazione della facoltà di costruire dal diritto di
proprietà oltre che nella considerazione che i diritti reali limitati sono dirit-
ti, aventi un contenuto analogo ad alcune facoltà comprese nel diritto di
proprietà, ma da esso distinti. Il diritto di proprietà non è un fascio di facoltà
separabili a discrezione ma un diritto unitario che può essere legislativa-
mente, in alcuni casi, compresso per poi riespandersi. Difficilmente può es-
sere compresso da un piano regolatore più che dal legislatore (22).
Anche le altre tesi, che prescindono dal diritto reale atipico, trovano dif-
642 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(21) Cass., 21 marzo 1973, n. 802.
(22) A. Fusaro, Obbligazione propter rem ed onere reale, in Digesto delle Discipline Privati-
stiche, sez. civ., Torino, 1995, pp. 390-394; Cass., 27 settembre 1996, n. 8528, che nega che pos-
sa essere oggetto di trasferimento il possesso in sé per sé perché non costituisce un diritto ma
una mera situazione di fatto; Cass., Sez. un., 4 maggio 1989, n. 2084, che nega validità ad una
donazione che trasferisce la proprietà con riserva di usufrutto della colonna d’aria sovrastan-
te il fondo perché lo spazio aereo non può essere oggetto di un autonomo diritto di proprietà
e afferma che la riserva di usufrutto non è configurabile in relazione alla costituzione di un di-
ritto di superficie.
ficoltà nell’individuare il diritto reale trasferito. Alcune fanno riferimento
all’ipotesi della servitù, altre all’ipotesi del diritto di superficie.
La prima teoria, che richiama il negozio costitutivo di servitù quale ser-
vitù non aedificandi nel caso di proprietario del fondo servente che non pos-
sa realizzare alcuna opera edilizia e servitù altius non tollendi nel caso di ces-
sione parziale della cubatura, presenta un atto con cui il proprietario di un
fondo lo grava volontariamente di un peso a vantaggio o per l’utilità di un al-
tro fondo di proprietà di altri.
Si tratta della teoria prevalentemente accolta in giurisprudenza, che ri-
solverebbe ogni problema in ordine alla pubblicità immobiliare. Essa, in li-
nea di principio, richiede la presenza di fondi confinanti e la diversità dei
proprietari di essi. Ma spiega con difficoltà l’incremento di volumetria a fa-
vore del fondo dominante e solo a favore di quello.
Sarebbe inutile per il proprietario del fondo dominante la servitù non
aedificandi che grava sul fondo servente al fine di ottenere quello che si pro-
pone cioè la licenza maggiorata. Il trasferimento della cubatura dovrebbe
costituire l’oggetto di un diverso accordo distinto dal contratto costitutivo
di servitù. L’interesse del proprietario del fondo dominante non è limitare
l’edificazione sul suolo confinante quanto ottenere esso direttamente una
maggiore possibilità di edificazione. Pertanto si è parlato di servitù con con-
tenuto atipico, di servitù finalizzata. Vi sono alcune obiezioni: l’esperienza
pratica, in alcuni casi mal sopporta la necessità della contiguità dei fondi che
da tale configurazione, accettandola, discenderebbe.
Egualmente la necessità che l’utilità debba essere permanente può co-
stituire un ostacolo ad accettare tale teoria perché l’utilità del fondo domi-
nante non avrebbe tale carattere ma si esaurirebbe nell’ottenimento della
concessione edilizia (23).
Circa la tesi che si rifà al diritto di superficie, essa guarda, in particolare,
all’effetto prodotto. L’acquisto di cubatura produce il medesimo effetto di
una concessione ad aedificandum e le sentenze equiparano l’acquisto di cu-
batura e l’ipotesi del diritto di superficie e di sopraelevazione acquistato su
fondo altrui (24).
Evidentemente elementi di atipicità vi sono rispetto alla figura di cui al-
l’art. 952, comma 2°, c.c., e si pone, quindi, il problema del perché ipotizza-
re gradi più o meno estesi di atipicità o negare valore al principio del nume-
SAGGI 643
(23) Circa i problemi nascenti dallo schema che si rifà alla servitù e alla configurazione
della volumetria come un bene, vedi Patti-Russo, cit., in Vita Not., 2001, nel quale si mette in
evidenza la necessità di distinguere la fase del godimento da quella della circolazione e ci si
sofferma sul fatto che il negozio può assicurare il trasferimento ma non il godimento del be-
ne cubatura per il quale occorre il consenso della P.A.
(24) Cass., 9 marzo 1973, n. 641, in Foro it., 1973, I, c. 2120.
rus clausus dei diritti reali quando altre spiegazioni potrebbero sussistere.
Anche la tesi che si riferisce alla cessione di cubatura come cessione separa-
ta di una costruzione non ancora esistente, cioè una cosa futura (25) presen-
ta i medesimi problemi in tema di atipicità e tra l’altro trascura il fatto che la
cessione di cosa futura è un trasferimento di una cosa determinata, non di
una facoltà su un altro suolo o di un riferimento numerico di un altro suolo.
8. – Di recente è stata proposta una diversa teoria rispetto a quelle sopra
indicate. Un autore (26) partendo dal ribadire che l’effetto traslativo della cu-
batura è il risultato di due atti distinti, tra loro collegati e che il provvedi-
mento amministrativo costituisce una conditio juris dell’atto privato, ritiene
che si debba far riferimento ad un contratto con effetti reali, trascrivibile ed
opponibile erga omnes, ma che non sia necessario riferirsi a diritti reali tipi-
ci per i quali forzare gli schemi. L’autore ritiene che con la cessione di cuba-
tura, il proprietario più che trasferire o costituire un diritto reale, imponga,
a carico del fondo e a favore di un altro fondo confinante, un vincolo di de-
stinazione.
Nel concetto di destinazione si dovrebbe comprendere l’atto con il qua-
le, tra le tante possibili utilizzazioni del bene, ne viene prescelta una, per cui
al bene viene imposta una regolamentazione fatta di limiti e obblighi per
raggiungere lo scopo cui è destinato (27). In pratica il proprietario di un’area
potrebbe, ai fini del trasferimento di volumetria, imporre, con un atto d’ob-
bligo, a carico dell’area un vincolo di destinazione consistente nel divieto di
utilizzare il fondo per edificazione. Tale vincolo, che in generale ex art. 1379
c.c. dovrebbe rispondere ad un interesse apprezzabile di una delle parti ed
essere temporaneo ed avere efficacia tra esse, non opponibile ai terzi, in
questo caso avrebbe caratteristiche atipiche che non lo ricondurrebbero al-
l’applicazione dell’art. 1379 c.c. Pertanto avrebbe durata perpetua ed effetti
reali verso i terzi. Secondo l’autore che ha proposto tale tesi, sarebbe pre-
sente un superiore interesse pubblico di vedere rispettate le norme del pia-
no regolatore e i suoi divieti; tali interessi farebbero modificare la normale
disciplina civilistica, in ossequio ad un principio che vede un potere nel Co-
mune di ridistribuire la cubatura media per quella zona urbanistica presa in
considerazione.
644 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(25) Selvarolo, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli 1989, p. 67.
(26) N. A. Cimmino, cit., Torino, 2004, p. 287; nonché dello stesso autore La Cessione di
Cubatura nel diritto civile, in Riv. not., fascicolo V, parte I, 2003, pp. 1113-1114.
(27) A. Fusaro, I vincoli contrattuali di destinazione degli immobili, in I contratti del com-
mercio dell’industria e del mercato finanziario, Tratt. diretto da F. Galgano, tomo III, Torino,
1995, pp. 2329-2340; P. Calabritto, Applicabilità dei limiti del divieto di alienazione ai vincoli
di destinazione, in Not., 2000, Ipsoa, pp. 413-420.
Tale tesi, che prevede un potere superiore della Pubblica Amministra-
zione, per la quale l’attività dei privati costituisce un momento che si inseri-
sce nell’attività della Pubblica Amministrazione, avrebbe come conseguen-
za la trascrizione a tutela dei terzi.
Indubbiamente è necessario, però, affrontare il tema della trascrizione
che per questa figura contrattuale assume un aspetto rilevante e che ha fat-
to orientare la dottrina in modo diverso, proprio per assicurare o meno tale
pubblicità.
9. – Prima di affrontare l’argomento della pubblicità immobiliare, in
modo generale in relazione a tale figura, è bene premettere la trattazione
della pubblicità immobiliare con riferimento alla figura in oggetto vista co-
me creatrice di un vincolo di destinazione.
A) La recente novità legislativa, costituita dall’art. 2645 ter, c.c., che pre-
vede la trascrizione degli atti di destinazione influisce anche sul nostro ar-
gomento? La presenza di tale articolo ha superato le preoccupazioni che di-
scendevano dalla possibilità della mancata trascrizione di tali atti e che ave-
vano fatto ritenere alla dottrina sopra indicata, proprio per superare i peri-
coli di una mancata trascrizione, nel caso specifico, si fosse in presenza di
un vincolo di destinazione atipico, perpetuo ed opponibile erga omnes in
deroga all’art. 1379 c.c.?
Un autore (28) sostiene che il riferimento, nell’art. 2645 ter, c.c., a “Pub-
bliche Amministrazioni” potrebbe essere stato fatto per eliminare ogni
dubbio sulla trascrivibilità dei vincoli di destinazione atipici (i cd. atti d’ob-
bligo unilaterali) anche se non previsti da specifiche disposizioni di legge.
Era stata messa in dubbio la loro trascrivibilità e la norma in oggetto lo
avrebbe eliminato (29).
Se così fosse quale sarebbe il contenuto e la novità della norma e come
si coordinerebbe con la nostra figura? La trascrizione sarebbe possibile so-
lo se il vincolo non superi i novant’anni e se l’atto fosse in forma pubblica?
Paradossalmente, se la norma avesse questo significato, nel momento che
risolve i dubbi circa la trascrizione di questi vincoli atipici, fra cui potrebbe
essere compresa la figura della cessione di cubatura, limiterebbe tale tra-
scrizione con prescrizioni che, in precedenza, la dottrina che sosteneva la
trascrivibilità non aveva previsto.
SAGGI 645
(28) G. Petrelli, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., Padova, marzo-
aprile 2006, p. 176.
(29) Sull’argomento in generale prima dell’introduzione dell’art. 2645 ter, c.c.: A. Fusaro,
Gli atti di impegno in materia edilizia e la loro trascrivibilità, in Nuova giur. civ. com., 1992, I, p.
922; M. Marè, Natura e funzione dell’atto d’obbligo nell’ambito del procedimento di imposizio-
ne di vincoli di destinazione urbanistica, in Riv. not., 1990, p. 1347.
Per rispondere in modo compiuto al quesito bisognerebbe affrontare i
problemi posti dall’art. 2645 ter, c.c., al quale sono stati dedicati numerosi
studi e convegni.
Dell’istituto disciplinato dall’art. 2645 ter, c.c., si è discusso se la norma
sia sulla pubblicità o di diritto sostanziale, se abbia un valore ricognitivo di
vincoli esistenti o innovativo, introducendo una nuova fattispecie. Non è il
caso di affrontare, qui problemi di questo genere, ma per quanto riguarda il
nostro tema, legato alla cessione di cubatura, mi sembra di poter dire che
l’art. 2645 ter, c.c., di sicuro, si potrà ritenere che se anche non esaurisce la
sua funzione nell’ambito della pubblicità immobiliare, di quella, anche, si
occupa. La trascrizione è facoltativa (30), cioè il vincolo sorgerà con la stipu-
la dell’atto, ma senza la trascrizione non ci sarebbe opponibilità verso i ter-
zi. La trascrizione dovrebbe servire a questo. Inoltre l’art. 2645 ter, ai fini
della sua interpretazione, è stato posto nell’ambito del libro del Codice de-
dicato alla trascrizione e non solo, anche nell’ambito dell’art. 2645. Infatti è
un articolo aggiunto al 2645, dopo il 2645 bis e non ad altri articoli. Un signi-
ficato, tale collocazione, deve pure averla. Potrà essere un significato non
esaustivo, ma, si potrebbe ritenere, stante l’inserimento nell’ambito della
pubblicità immobiliare che un significato in quell’ambito bisogna attribuir-
lo. Sembrerebbe che, se il riferimento a pubbliche amministrazioni sia fat-
to anche per gli atti di destinazione nell’ambito urbanistico, si sia voluto,
con un nuovo articolo, prevedere la trascrizione di atti prima non trascrivi-
bili o, comunque, eliminare ogni dubbio circa la loro trascrivibilità, aggiun-
gendo un articolo (il 2645 ter) a quell’articolo (il 2645) che prevede altri atti,
oltre quelli di cui all’art. 2643, suscettibili di trascrizione. L’art. 2645 gli altri
atti non li enuncia, ma afferma solamente che devono avere gli effetti di
quelli previsti dall’art. 2643 (e questo ai fini dell’effetto che ne consegue co-
me previsto dall’art. 2644, cioè dirimere i conflitti).
Con questo nuovo articolo, il 2645 ter, potrebbe essere logico pensare
che si sia voluto sostenere che anche gli atti di destinazione possono essere
trascritti, come gli atti di cui all’art. 2645 e, soprattutto, come gli atti ex art.
2645 bis (articolo al quale si aggiunge anche l’art. 2645 ter, c.c.), sia che rien-
trino sia che non rientrino nell’elenco degli effetti di cui all’art. 2643 c.c.
L’effetto della trascrizione sarà l’opponibilità del vincolo verso i terzi (per ri-
solvere i conflitti, come previsto dall’art. 2644) richiamato dall’art. 2645 di
cui il nuovo articolo costituirebbe un’integrazione. Tra le varie funzioni e
significati che il nuovo articolo può avere, anche questa funzione integrati-
va dell’art. 2645 c.c., in connessione con gli articoli 2643 e 2644, mi sembra
innegabile. L’art. 2645 bis, c.c., è un’integrazione dell’art. 2645 c.c., così lo è
646 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(30) Tra gli altri v. la Circolare n. 5/2006 del 7 agosto 2006 dell’Agenzia del Territorio.
pure l’art. 2645 ter che rende trascrivibile, a certe condizioni atti che, altri-
menti, al pari di quelli ex art. 2645 bis, non sarebbero stati trascrivibili.
B) Il tema della trascrizione dell’atto di cessione di cubatura, al di là dei
nuovi e vecchi problemi suscitati e affrontati dall’art. 2645 ter, c.c., richiede,
preliminarmente, delle brevi note circa la funzione in generale della trascri-
zione. È noto che si confrontano due concezioni che si specchiano anche in
diversità lessicali (31).
C’è chi fa riferimento al termine pubblicità immobiliare e chi fa riferi-
mento al termine, più aderente alle indicazioni del Codice Civile, di trascri-
zione immobiliare. Chi mette in evidenza soprattutto la funzione di rende-
re sicuro l’acquisto effettuato (32) e chi mette in evidenza anche altre fun-
zioni oltre a quella della risoluzione di controversia, quale quella di fornire
un quadro il più organico possibile delle vicende relative a un bene (33). Su
questo sfondo si mette anche in rilievo che la trascrizione ha la funzione di
rendere pubblici i mutamenti giuridici in quanto si ripercuotano sulla legit-
timazione (34). Seguendo anche tale ultima impostazione, chiaramente, di-
minuiscono le difficoltà ad ammettere la trascrizione di quelle vicende che
modificano la legittimazione del bene (come per esempio i vincoli di indi-
sponibilità) anche se non si abbia un trasferimento. Su queste tematiche si
inserisce, spesso, una diffusa prassi che fa oggetto di pubblicità immobiliari
pattuizioni meramente obbligatorie.
Se si abbandona l’impostazione classica, di cui è espressione l’art. 2644
c.c., la trascrizione del contratto di cessione di cubatura, sia che venga ri-
condotto ai contratti con effetti reali sia che venga ricondotto ai contratti
con effetti obbligatori, anche nell’ipotesi in cui si ritenga che sorga un vin-
colo di inedificabilità, diventa più facile. Infatti la dottrina (35) ha ritenuto
trascrivibile questo contratto e a tale risultato si perviene indipendente-
mente e prima che facesse comparsa sulla scena l’art. 2645 ter, c.c., e le con-
dizioni da esso poste. Questa dottrina critica l’impostazione per la quale
l’art. 2645 c.c. intenderebbe disciplinare gli atti e i provvedimenti che pro-
ducono gli stessi effetti dell’art. 2643 perché, così, l’art. 2645 c.c. sarebbe pri-
vo di autonomo contenuto. Aggiunge che la tassattività delle ipotesi di tra-
SAGGI 647
(31) Sul tema in generale vedi G. Gabrielli, Confronto tra due concezioni della pubblicità
immobiliare, Tavola rotonda del 18 marzo 1992, Parma, Convegno “La Trascrizione tra pubbli-
cità e acquisto dei diritti”, in Quaderni vita not. n. 14.
(32) Gazzoni, La trascrizione immobiliare.
(33) G. Mariconda, La trascrizione, in Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, 19, Torino, p.
72.
(34) L. Ferri-P.Zanelli, Della trascrizione immobiliare, Bologna, 3a ed., in Comm. c.c.
Scialoja-Branca, 1995, p. 48.
(35) Cimmino, cit., p. 292.
scrizione ha rilievo soltanto se vi sono in gioco interessi privati, come nel
caso dell’art. 1379 c.c., non quando vi è anche un interesse pubblico.
Ma, da una parte, la stessa introduzione nel nostro ordinamento del-
l’art. 2645 ter, e della facoltatività della trascrizione ai fini dell’opponibilità
in esso prevista, dall’altro la considerazione che chi trascrive ha l’idea so-
prattutto “in modo generico” di prevalere su un altro in caso di conflitto e
non solo di informare; la considerazione che si trascrivono atti ad effetti
reali e quelli che non lo sono ma per i quali è legislativamente previsto con
la disciplina dei relativi effetti; la considerazione che i vincoli urbanistici so-
no opponibili ai terzi anche in mancanza di trascrizione, trattandosi di limi-
ti legali alla proprietà (36), escludendosi ogni lesione del principio di tassati-
vità dalla loro trascrizione; la considerazione che la trascrizione di detti vin-
coli è prevista legislativamente per legge, così come avviene per le obbliga-
zioni propter rem; la considerazione che la trascrizione non cambia la natu-
ra del negozio, mi fa concludere che si possano trascrivere solo gli atti ad ef-
fetti reali o, comunque, quelli che producono gli effetti di cui all’art. 2643 o
meglio anche dell’art. 2645 bis e 2645 ter, perché esplicitamente previsti dal
legislatore così come tutti quegli atti per i quali il legislatore prevede la tra-
scrizione, in considerazione dei loro effetti e ne disciplina anche le conse-
guenze (ad esempio nel caso dell’art. 2646 c.c. per le divisioni).
Secondo tale impostazione il contratto di cessione di cubatura è trascri-
vibile se si considera un contratto ad effetti reali o se rientra, ad esempio,
nella fattispecie dell’art. 2645 ter, c.c., o se prevista esplicitamente e legisla-
tivamente la sua trascrizione. Se si considera un contratto ad effetti obbli-
gatori la tutela dei terzi seguirà altre forme e modalità (vedi quanto sopra in-
dicato circa i limiti legali alla proprietà e i rimedi ex art. 1489 c.c.).
Un uso anomalo della trascrizione o una trascrizione pubblicità notizia
“esagerata nelle modalità di uso e pratica” non è consigliabile, anche se
qualche limitato effetto lo può produrre. Soprattutto per chi ritiene (37) che
possa determinare una situazione di conoscibilità che apre la via a valuta-
zioni di buona o malafede nella condotta del terzo sino all’applicazione del-
l’art. 2058 c.c. sul risarcimento del danno. Personalmente credo poco a que-
sta impostazione che produrrebbe uno scardinamento del sistema (anche
se ragioni morali alla sua base in molti casi vi sono). Il sistema della trascri-
zione prescinde, non a caso, dalle situazioni soggettive, di mala o buona fe-
de, dei soggetti perché, altrimenti, si introdurrebbe un grado di incertezza
dei traffici giuridici che, nella generalità dei casi, costituirebbe rimedio peg-
giore di quello che si vuole evitare (38). Tant’è vero che il legislatore quando
648 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(36) Ferri-Zanelli, cit., p. 215.
(37) Lipari, Rinnovamento del diritto privato e funzione del notaio, in Riv. not., 1973, p. 1040.
(38) Ferri-Zanelli, cit., pp. 50-55.
ha voluto introdurre questi “nuovi” principi lo ha detto esplicitamente, co-
me nel caso delle cessioni di quota di società a responsabilità limitata ove,
art. 2470, viene in rilievo lo stato di buona fede al momento della pubblicità.
Certamente sarà di diverso avviso chi mette in luce la funzione preven-
tiva dei Pubblici Registri e vuole ampliarla.
Naturalmente questa tematica, evolutiva, può essere solo accennata. Il
tema della trascrizione è collegato al tema dei diritti reali (al loro numero
chiuso, ecc.) e ad altri temi più generali del diritto per i quali si rinvia, per
esempio, ad una recente opera italiana di trattazione sistematica: Il Trattato
dei Diritti Reali, a cura dei proff. Gambaro e Morello, Milano, 2008. È
chiaro che trascrizioni e diritti reali sono elementi molto connessi. Il proli-
ferare di diritti reali può essere nocivo per la corretta circolazione dei beni.
Oggi vi è chi, comunque, ritiene che la trascrizione, pur nell’operatività
del principio del numero chiuso dei diritti reali, principio di ordine pubbli-
co per evitare che più diritti reali concorrano su uno stesso bene, attenga al-
la circolazione dei beni per l’affidamento dei terzi acquirenti e creditori.
Questi giunge a collegare l’istituto della trascrizione a problemi di “comu-
nicazione” ai terzi più che a problemi di “organizzazione” della proprietà.
Pertanto le notizie pubblicabili possono ampliarsi di numero? Se si rispon-
de affermativamente, l’autore del titolo (ex art. 2657 c.c.) da inserire nei
pubblici registri, viene esaltato e/o responsabilizzato. E può essere un av-
vocato di parte? La risposta è ovvia.
Questo fenomeno dovrebbe condurre ad un maggior coinvolgimento
del Notaio?
Chi fa riferimento a concetti come “numero quasi chiuso di diritti reali”
o fa riferimento all’impossibilità di prevedere diritti reali del tutto nuovi ma
ammette la possibilità di modificare i caratteri sostanziali dei diritti reali ti-
pici o si richiama a dibattiti sorti circa la trascrizione del trust o di figure nel-
le quali la Pubblica Amministrazione richiede di dare efficacia reale a vin-
coli o pesi imposti su immobili per finalità urbanistiche, impone formalità
di trascrizione sino a poco tempo fa sconosciute e favorisce una concezione
che esalta la necessità di assicurare informazioni chiare e precise agli acqui-
renti di beni (o ai creditori o ad altri interessati) in ordine al contenuto dei
diritti reali atipici. Tali informazioni favoriscono una più efficiente circola-
zione dei beni perché semplificano gli accertamenti necessari per i terzi ac-
quirenti. Evitano i problemi circa eventuali accordi con terzi titolari di dirit-
ti opponibili ai terzi (accordi che comporterebbero negoziati complessi).
Diminuiscono i costi di transazione e i rischi di esternalità a carico degli ac-
quirenti e creditori (39).
SAGGI 649
(39) U. Morello, Tratt. dei diritti reali, cit., p. 111 ss.
Sulla stessa linea è chi afferma che la trascrizione può riguardare “qual-
siasi diritto immobiliare” e che il sistema di pubblicità immobiliare diventa
“elastico e idoneo a rendere conoscibili e quindi opponibili ai terzi anche
fattispecie nuove”. La trascrizione da mero strumento privatistico (per la
soluzione di conflitti tra più acquirenti) diventa ed acquista un connotato
pubblicistico. Diventa un Istituto di ordine pubblico per assolvere svariate
finalità fiscali e pubbliche in genere, tra le quali il miglioramento della posi-
zione dei terzi (40).
Ai problemi di comunicazione si risponde con atti e trascrizioni cioè
con forme redatte da pubblici ufficiali. Con esaltare la rilevanza dell’art.
2657 c.c.
Ma queste mi sembrano tematiche e proposte evolutive più da politica
del diritto che da analisi del diritto vigente dove, a proposito della trascri-
zione ad esempio, le questioni di buona o malafede soggettiva non hanno
rilievo e dove, per la pubblicità in genere, se sono state valorizzate, lo sono
state esplicitamente dal legislatore.
10. – La preoccupazione della tutela dei terzi che, si ritiene, discende-
rebbe dalla mancata trascrizione, fa nascere sempre nuovi tentativi di giu-
stificare il contratto di cessione di cubatura come contratto ad effetti reali. È
vero che non si deve decidere su un certo tipo di rappresentazione della fi-
gura e sulla sua accettabilità esclusivamente sulla base degli effetti che pro-
duce (più o meno graditi), ma solo sulla sua natura (41). È anche, però, vero
che i rimedi applicabili nel caso di conflitto tra privati (per esempio art. 1489
c.c.) generano qualche preoccupazione in chi ritiene che la trascrizione sia
il metodo più facile per prevenire i conflitti, e per evitare ai terzi indagini fa-
ticose e non sempre certe né esaustive. C’è, inoltre, da considerare la diffu-
sa prassi che, sulla base di considerazioni per le quali la causa rappresentata
dalla pianificazione del territorio (di natura pubblica) giustifica la trascrizio-
ne di atti ad oggetto il mutamento economico del bene, cioè ogni modifica
del contenuto economico del diritto di proprietà, anche se non si verifichi
trasmissioni di diritti reali. Tale prassi trova un conforto in quella giurispru-
denza che afferma che “l’art. 2645 c.c. nel disporre che debba essere reso
pubblico mediante trascrizione oltre i contratti menzionati specificatamen-
te nell’art. 2643, ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a
650 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(40) G. Petrelli, Tassatività delle ipotesi di trascrizione e vincoli a parcheggio, in Studium
iuris, 2010, 3, p. 243, e soprattutto le Sentenze in tale studio citate, tra cui quella della Corte co-
st., n. 318/2009; id., L’evoluzione del principio di tassatività nella trascrizione immobiliare, Ed.
Scientifiche italiane, 1999; id., L’autenticità del titolo della trascrizione nell’evoluzione storica e
nel diritto comparato, in Riv. dir. civ., Padova, 2007, p. 628 ss.
(41) V. Vanghetti, cit., p. 425.
beni immobili o a diritti reali immobiliari taluno degli effetti menzionati in
detto articolo, ha inteso provvedere a quei diritti immobiliari assimilabili ai
diritti reali atipici in quanto si traducono in un peso della proprietà immo-
biliare” (Cass., 6 giugno 1968, n. 1711, e Cass., 22 luglio 1969, n. 2764).
Le esigenze e le preoccupazioni della pratica devono essere comunque
presenti, soprattutto quando sono dettate dal fine di assicurare maggiore
certezza, che costituisce un valore economico. Soprattutto in un momento
in cui si può inserire nei pubblici registri “prodotti” di cui non si sa chi sia
l’artefice. Certe preoccupazioni, soprattutto se la trascrizione assumesse
sempre più i caratteri della pubblicità immobiliare nel senso sopra visto ed
esposto da una parte della dottrina più che della classica “trascrizione”, di-
ventano rilevanti, in speciale modo in questo periodo dove, addirittura, nei
pubblici registri possano essere inserite, rispetto alle precedenti risultanze,
modifiche effettuate per conto delle banche da parte di “persona . . . addetta
o preposta a qualsiasi titolo” (42).
In quest’ottica potrebbero apparire risibili i discorsi circa la trascrivibi-
lità dell’atto di cessione di cubatura o atti simili e le preoccupazioni in caso
di assenza trascrizione. Però dobbiamo tenerci ancorati ai principi, tenendo
conto anche di certe tendenze giurisprudenziali, anche della Cassazione,
mi sembra utile tentare di verificare se almeno alla trascrizione di questi at-
ti si possa arrivare, in modo generalizzato, cioè al di là di un’esplicita norma
primaria o secondaria che la imponga, estendendo il senso dell’espressione
sopra indicata “peso della proprietà immobiliare”.
Su questi tentativi non nascondo un certo scetticismo. Ma, siccome il
diritto e la sua analisi non è solamente esegesi (sul modello ottocentesco
francese), il discorso, più da politica del diritto, merita uno sviluppo.
Una delle strade potrebbe essere quella di ragionare in termini di diritto
di superficie. È una prospettiva difficile ma, forse percorribile. Le fattispecie
previste dal codice sembrerebbero costituire un ostacolo ma alcuni spiragli
vi sono. Vediamoli.
1) L’accorpamento di volumetria relativa ad aree di un unico proprieta-
rio apre la strada all’ipotesi del diritto di superficie; la realità del vincolo si
individua nel diritto di superficie oggetto di rinunzia operata dall’unico pro-
prietario delle aree. Allora, perché costringere ad acquistare le aree per poi
dar vita ad un atto ad effetto reale e trascrivibile e non accontentarsi di una
cessione che non comporta il trasferimento della proprietà delle aree? (43)
SAGGI 651
(42) L. 2 aprile 2007, n. 40, di conversione del d.lgs. n. 7/2007, art. 13, comma 8° octies.
(43) Alcuni aa. parlano genericamente di contratto di cubatura come un contratto tra pri-
vati con il quale si trasferisce il proprio ius aedificandi, non meglio definito: F. Salvia e F. Te-resi, Diritto Urbanistico, Padova, 2002, p. 134.
2) Alcuni ritengono che la volumetria possa costituire un bene in senso
economico giuridico che può formare oggetto di diritti reali. Alcune voci
della dottrina (44) a proposito di vendita del possesso si spingono a conside-
rarlo un negozio possibile (45).
3) Una certa parte di sentenze, partendo dal presupposto che acquisto di
area edificabile e acquisto di cubatura edificabile siano concetti equivalen-
ti, sostengono che non è molto diversa l’ipotesi di acquisto di cubatura dal-
l’ipotesi del diritto di superficie o di sopraelevazione su fondo altrui (46).
4) Alcuni autori, sulla linea di quanto esposto al punto precedente han-
no evidenziato che il concetto di acquisto di area fabbricabile contemplato
dall’art. 14 della legge Tupini possa essere inteso estensivamente, dovendo-
si ricomprendere l’acquisto di una concessione ad aedificandum, perché il
legislatore avrebbe, nelle sue intenzioni, preso in esame non tanto l’area ma
l’attributo finale della sua edificabilità (47).
5) Si parla di potenzialità edificatoria da trasferire a un terzo, di utilitas
da intendersi come bene economico giuridico suscettibile di trasferimento
e si cerca di paragonare e, in qualche modo, avvicinare le ipotesi del diritto
di superficie quale vendita separata di una costruzione già esistente e la ven-
dita separata di una costruzione non ancora esistente nonché di avvicinare
la vendita di cosa futura alla cessione di cubatura.
Se questi spunti forniranno il mezzo, anche tenendo conto di certe pras-
si presso le conservatorie dei registri immobiliari per rivedere le imposta-
zioni di chi, privilegiando l’aspetto pubblicistico nella costruzione della fi-
gura, non prevede la possibilità della trascrizione si vedrà.
6) Sono note le accese discussioni in dottrina collegate alla trascrivibilità
o meno del Trust (48). Anche la giurisprudenza, essenzialmente di merito,
652 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(44) M. Albergo, Alienazione del possesso. Contratto atipico meritevole di tutela, nota a
Cass., Sez. II, 12 novembre 1996, n. 9884, in Vita not., fascicolo III, 1998, pp. 1422-1434.
(45) Si vedano anche alcune considerazioni sul tema nello studio del C.N.N. del 29 set-
tembre 1999, n. 1763, anche se sono evidenziate le difficoltà di tale impostazione.
(46) Cass., 20 ottobre 1976, n. 3639; Cass., 9 marzo 1973, n. 641; Cass., 30 aprile 1974, n.
1231.
(47) M. Magri-E. Scilhanick, Diritto di superficie, Padova, 2006, in Tratt., diretto da P.
Cendon, p. 263.
(48) M. Lupoi, Lettera a un Notaio conoscitore dei Trust, in Riv. not., 2001, p. 1159; P. Pic-coli, Troppi timori in tema di trascrivibilità del Trust in Italia, in Not., 1995, Ipsoa, p. 616; A.Gambaro, Notarella in tema di trascrizione degli acquisti immobiliari del Trustee ai sensi della
XV Convenzione dell’Aia, in Riv. dir. civ., 2002, II, p. 261; F. Gazzoni, Tentativo dell’impossibi-
le (osservazioni di un giurista “non vivente” su Trust e trascrizione, in Riv. not., 2001, p. 11, e del-
lo stesso a.: In Italia tutto è permesso, anche quello che è vietato (lettera aperta a Maurizio Lupoi
sul Trust e su altre bagatelle), in Riv. not., 2001, p. 1247; Mariconda, in Commento alla senten-
za Trib. Parma, 21 ottobre 2003, infra cit.
ha preso posizione, in genere in senso positivo (49). Al di là di quanto espo-
sto ai punti precedenti sullo ius aedificandum e delle polemiche sul Trust,
per il quale una parte della dottrina, al fine di superare le contrapposizioni
di eminenti giuristi, ha ammesso la trascrivibilità sulla base dell’art. 12 della
Convenzione dell’Aia che avrebbe la funzione in qualche modo di integra-
re la previsione dell’art. 2645 c.c.(50), ammettere la trascrizione di fattispecie
non necessariamente dotate di realità può essere un aiuto alla trascrizione
del negozio di cessione di cubatura.
Certamente, ampliare le ipotesi di trascrizione, sia rifacendosi al princi-
pio espresso nella sentenza di Cass., n. 1711/68 di cui sopra, sia rifacendosi a
quelle opinioni dottrinali che ritengono trascrivibile anche gli atti che produ-
cono anche solo effetti simili agli effetti previsti dai contratti ex 2643 c.c. (51)
comporta che divenga ancora più importante e, direi, essenziale, ai fini della
trascrizione il solo requisito di forma ex art. 2657 c.c. Recenti tendenze legi-
slative, alterando i principi che da esso discendono, renderebbero la trascri-
zione e i pubblici registri un contenitore abnorme, simile a un elenco te-
lefonico. Paradossalmente più si accetta le tesi di cui sopra e più è essenzia-
le il requisito di forma ex art. 2657 c.c.
11. – Alcuni spunti visti nel capitolo precedente e in particolare ai punti
3) e 4), si ricollegano anche a una serie di visioni e impostazioni presenti in
esperienze straniere tra cui quella statunitense. L’elaborazione che vede la
volumetria come un bene economico giuridico e alcune esperienze di piani
regolatori ispirati alla perequazione urbanistica (Comune di Torino e Ra-
venna) consentirebbe metodi compensativi tra cui il trasferimento di diritti
immobiliari. Tale meccanismo di trasferimento di diritti immobiliari è con-
solidato nell’esperienza americana che ha il suo fulcro nel dispositivo di ge-
stione del suolo detto Transfer of Development Rigts (TDR). Esso si basa sul
concetto della separazione del “potenziale sviluppo del suolo” dalla pro-
prietà fondiaria, usandolo come bene commerciale separatamente. L’auto-
rità pianificatrice usa il TDR e individua le zone di conservazione (cui viene
dato il potenziale di sviluppo da trasferire) e le zone di trasferimento (cioè le
zone che ricevono il potenziale di sviluppo): tale esperienza è favorita lì per-
SAGGI 653
(49) Trib. Bologna, 18 aprile 2000, in Trust e attività fiduciarie, 2000, pag 372; Trib. Pisa, 22
dicembre 2001, in Trust e attività fiduciarie, 2002, p. 241; Trib. Trento, Sez. Cavalese, 20 luglio
2004, in Trust e attività fiduciarie, 2004, p. 573; Trib. Parma, 21 ottobre 2003, in Corriere giur.,
2004 p. 76; Trib. Napoli, 1° ottobre 2003, in Trust e attività fiduciarie, 2004, p. 74; sul nuovo art.
2645 ter, Trib. Trieste, 7 aprile 2006, in Not., 5, 2006, p. 539.
(50) Gambaro, cit., p. 261.
(51) V. per una rassegna G. Sicchiero, La trascrizione e l’intavolazione, in Giurisprudenza
sistematica di diritto civile e commerciale, Torino, 1993, p. 104.
ché è consentita la separazione di questi diritti. Sono già stati utilizzati que-
sti criteri, ad esempio nella città di New York e il concetto di TDR è stato in-
trodotto per la prima volta nel 1916. Come si vede sono concetti che in qual-
che modo richiamano quanto sopra indicato e riecheggiano le problemati-
che attinenti i rapporti diritto di superficie cessione di cubatura, anche se
non in senso strettamente giuridico. Richiamano alcuni concetti visti sopra
e interpretano il diritto di sviluppo (da noi inteso in senso atecnico come di-
ritto di superficie) come un diritto trasferibile, collocabile sul mercato e
soggetto a regolamento nel tempo e nello spazio. Sarà questa la tendenza
del futuro? La normativa soprattutto urbanistica delle regioni potrà meglio
chiarire questi punti.
Almeno nel limitato campo della trascrizione, anche in relazione alla
nostra figura, vi è chi accetta che le leggi regionali possano prevedere la tra-
scrizione dei vincoli a parcheggio e i relativi effetti. Tali norme regionali si
collocherebbero nel quadro della legislazione statale, non violando i limiti
dell’art. 117 comma 2°, lett. l). Ciò dovrebbe determinare che leggi regiona-
li possano disciplinare la trascrizione anche del contratto di cessione di cu-
batura? Anche a prescindere dal carattere reale o meno di esso? È auspica-
bile almeno il rispetto dell’art. 2657 c.c. (52).
In linea generale, sulla base anche della Sentenza della Corte costitu-
zionale, 4 dicembre 2009, n. 318, non potendosi affermare l’illegittimità di
tale trascrizione, almeno per i vincoli a parcheggio, si aprirebbe la strada a
una generale possibilità di prevedere la trascrizione, tramite previsioni re-
gionali, al fine di garantire l’attuazione dei fini pubblici affidati alla compe-
tenza delle regioni? Questo aprirebbe la strada a scenari inquietanti, stante
la genericità, la contraddittorietà a volte, comunque la scarsa chiarezza nor-
mativa sulle competenze regionali, ex art. 117 c.c. Le stesse sono delineate
in modo tale che la Corte costituzionale, a volte, fa fatica a chiarire la porta-
ta e i confini delle rispettive competenze statali e regionali. Pertanto svilup-
pi circa la trascrizione “regionale”, magari relativa all’identificazione “di
nuove fattispecie trascrivibili”, basata sul criterio di garantire l’attuazione
dei fini pubblici ad esse Regioni affidate, rischia di stravolgere alcuni princi-
pi civilistici consolidati, di alterare la discussione, consolidata o meno che
sia, in dottrina sui diritti reali, di rendere il Paese a macchia di leopardo. So-
prattutto se si ammette che la disciplina territoriale, regionale, in tema di
trascrizione possa prevedere disposizioni divergenti da quella nazionale.
Sia per i presupposti delle trascrizioni, sia per il procedimento e i titoli e sia
per i suoi effetti.
654 CONTRATTO E IMPRESA 3/2011
(52) Su queste tematiche vedi: G. Petrelli, Tassatività delle ipotesi di trascrizione e vinco-
li a parcheggio, cit., e Trascrizione immobiliare e legislazione regionale, in Riv. not., 2009, p. 741
ss.
Non so se i limiti previsti dall’art. 117 Costituzione (ad esempio “i prin-
cipi fondamentali” riservati alla legislazione dello Stato in tema di potestà
concorrente) sarebbero sufficienti ad evitare che azioni di corporazioni po-
tenti non possano far emanare norme . . . che, poi, costituirebbero, anche se
eliminate successivamente dalla Corte costituzionale, almeno un prece-
dente.
SAGGI 655
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