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RIFONDALOMBARDIANEWS La News Letter - n. IV del 17- marzo 2016
SENZA CONFINI – ASSEMBLEA NAZIONALE ALTRA EUROPA –
MILANO 19, 20 MARZO 2016 _ PROGRAMMA
SENZA CONFINI
non abbiamo da perdere altro che i nostri confini
Assemblea dell’Altra Europa con Tsipras
per il processo costituente unico e unitario IN ITALIA di un soggetto europeo
dedicata a Giulio Regeni
Milano 19-20 marzo 2016
SABATO 19 marzo
SEDE: HOTEL MICHELANGELO PIAZZA LUIGI DI SAVOIA, 6 (Stazione Centrale)
Ore 11: Apertura: per GIULIO REGENI
Vogliamo la verità su Giulio, per rendere giustizia ai tanti come lui, perché non si ripeta mai più
ore 11:15 SENZA CONFINI- SENZA RETI
MIGRANTI, IL PUNTO ZERO DELLA COSCIENZA POLITICA DELL’EUROPA
Testimonianze ed esperienze
Interverranno Tasia Christodoulopoulou (vicepresidente del parlamento greco, già viceministro delle
politiche sull’immigrazione), Can Guelcue (attivista del movimenti austriaci per l’accoglienza), Moni
Ovadia (in video),Filippo Miraglia (vice presidente Arci Nazionale), Eleonora Forenza, Michele
Negro (esperienza di accoglienza in Friuli), Matteo Pucciarelli (giornalista di Repubblica), Hazal
Koyuncuer, (portavoce Comunità Kurda di Milano), Rosamaria Vitale (medico HUB Milano) e Milano
Senza Frontiere.
Coordina Bia Sarasini
ore 13 SENZA CONFINI
PERCHÉ L’ASSEMBLEA
Saluto di AET Milano
Intervento di Marco Revelli
Pierre Laurent– presidente del Partito della Sinistra Europeo (video)
13.30- 14.30 PAUSA
ORE 14.30 SENZA CONFINI ripresa dei lavori – sessioni di lavoro
[per ogni sessione relatori max 8′ ciascuno – poi dibattito max 5′ciascuno, che continua se ci sono
richieste la domenica mattina]
LE CITTÀ– sessione
Interverranno Curzio Maltese, Stefano Fassina (candidato sindaco a Roma), Giorgio
Airaudo (candidato sindaco di Torino), Federico Martelloni (candidato sindaco a Bologna), Raffaella
Sutter (candidata sindaco a Ravenna), Luigi De Magistris (sindaco di Napoli- in video), Riccardo
Petrella (beni comuni e città), Elena Mazzoni (No TTIP nella mia città), Stefano Galieni (migranti e
città)
coordina Massimo Torelli
Obbiettivi: confronto e presentazione della sfida nelle città, impegni pratici per il governo delle città
(TTIP, beni comuni, accoglienza)
ORE 17.00 SENZA CONFINI
DIRITTI, DEMOCRAZIA, VITA QUOTIDIANA- sessione
I referendum che cambiano la vita e restituiscono la democrazia ai cittadini italiani
Interverranno Massimo Villone (referendum Costituzionale e Italicum), Maria Boscaino e Vito
Meloni(referendum scuola e sociali), Enzo Di Salvatore (referendum No Triv del 17 aprile), Franco
Martini (Cgil- segreteria nazionale- referendum lavoro), Fabrizio Bocchino, Marcello Scipioni (Fiom-
Cgil Milano),Andrea Maccarrone (su legge Unioni Civili)
coordina Alfonso Gianni
Obbiettivi: informare e sostenere tutti i referendum, a partire dalla scadenza del 17 aprile 2016
ORE 18.30-20.30 SENZA CONFINI
UNA POLITICA FELICE- sessione
SOGGETTO E/O PARTITO dal nome alla vita – PARTECIPARE come e per chi?
Sessione introduttiva sulle Forme della politica, con interventi iniziali (max 8′) e dibattito (max 5′)
Coordinano Chiara Giunti e Rosa Rinaldi
Primi interventi Beppe Caccia, Loris Caruso, Luca Raffini
Obbiettivi concreti: confrontare nel merito alcune idee di fondo sulle forme costitutive di un soggetto
politico unitario e innovativo della sinistra a dimensione europea, aprire un percorso di
autoformazione alla partecipazione come pratica non episodica ma costante e fondante del
processo e del soggetto.
Domenica 20 MARZO ore 9.30
SEDE: AUDITORIUM “STEFANO CERRI” VIA VALVASSORI PERONI,56 (Lambrate)
9,30-11,15
Sessione partecipata sulle Forme del soggetto e della partecipazione. Discussione partecipata su tre
“domande-temi” emersi con particolare interesse nella sessione seminariale del sabato pomeriggio. In
forma di un World Café con tavoli da 10 persone.
In contemporanea in sala plenaria può continuare il confronto sulle sessioni tematiche del sabato
(città e referendum).
11.30 SESSIONE CONCLUSIVA Senza confini.
L’Europa, la sinistra e la politica che vogliamo (anche in Italia)
Confronto tra esperienze europee e italiane
Interverranno Tasia Christodoulopoulou (Grecia, vicepresidente del Parlamento), Eleonora
Forenza, Norbert Hagemann (Linke), Paolo Ferrero, Lorenzo Marsili (Diem), Curzio
Maltese, Francesco Martone, Maite Mola (Vicepresidente del Partito della Sinistra Europea), Joana
Mortagua (Portogallo, Bloco De Izquierda), Paolo Cento, Sergio Cofferati (in video)
Coordina: Roberto Musacchio
Saluto Finale di Marco Revelli
ORE 13.30
Pranzo con il GAS di Novate Milanese
Piano territoriale della Lombardia: Le “buone” intenzioni e… I FATTI.
di Sergio Brenna.
In un interessante intervento su Arcipelago Milano, Ugo Targetti, già assessore al Territorio della Provincia
di Milano della Giunta precedente all’ultima di FI/Lega con cui si è ingloriosamente chiusa la storia di quella
gloriosa istituzione, illustra con legittimo orgoglio l’integrazione al Piano Territoriale Regionale (PTR) ai
sensi della LR 31/2014 sul contenimento del consumo urbanizzativo di suolo, in pubblicazione per
osservazioni sino al 31.3 prossimo, cui Targetti ha collaborato come consulente. Egli, in particolare, ne mette
in risalto il carattere di studio approfondito e insolitamente dettagliato dei caratteri insediativi e territoriali
tradizionali da tutelare da un uso urbanizzativo improprio: ben 40 Aree Territoriali Omogenee (ATO) a
copertura dell’intero territorio regionale. Non c’è motivo di dubitarne, anche se i dati percentuali di riduzione
del consumo edificatorio di territorio non urbanizzato da raggiungere al 2020 (meno 25-30% nelle aree della
Città Metropolitana, Nord Milano e Ovest Sempione, meno 20% nelle altre) appaiono assai meno lusinghieri
se anziché in percentuale si valutano in termini di mq/abitante/anno, come fa da tempo la Germania che per
tempo si è posta entro il 2020 di raggiungere il valore di 1,34 mq/abitante/anno (che vuol dire 30 ettari al
giorno per l’intera RFT), essendosi mossa dai 6 mq/abitante/anno degli anni ’97-2000 per arrivare a quasi
dimezzarlo nel 2013 con 3,4 mq/abitante/anno: la Lombardia ancor oggi si attesta sui 4,5 mq/abitante/anno e
con le riduzioni previste nel 2020 arriverebbe ancora a 2,5 mq/abitante/anno, quasi il doppio della Germania
(anche se, tuttavia, non è facile interpretare correttamente i dati delle tabelle della relazione ufficiale del
Piano, un po’ per come sono esposste e soprattutto per problemi di leggibilità dell’impaginazione nella
versione on-line: forse sarebbe bene pubblicare le tabelle anche separatamente dal testo). Un risultato
preoccupantemente troppo limitato, soprattutto se confrontato con l’obiettivo finale di giungere al “consumo
di suolo zero” entro il 2050, secondo le direttive europee. Ma soprattutto rimane il dubbio di fondo sulla reale
efficacia di questo strumento nelle mani di un amministrazione regionale che prima con Formigoni e poi con
Maroni ha voluto connotarsi con lo slogan “ognuno padrone a casa propria”, che ha portato a scegliere di far
approvare i PGT solo quinquennali (cioè senza alcuna visione di lungo periodo) da parte di ciascun Comune
e praticamente senza più alcun controllo di area vasta. Anche il tema correlato della “rigenerazione urbana”,
cioè della concentrazione dei nuovi interventi edificatori su aree già urbanizzate suscita più di una legittima
preoccupazione, innanzi tutto per la genericità ed indeterminazione di obiettivi e strumenti con cui dovrà
attuarsi e poi per e la riduzione degli standard pubblici, riportati dalla Legge Regionale 12/2005 al livello
minimo inderogabile dei 18 mq/abitante del 1968 (mentre Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia, Lazio, ecc.
ancor oggi si attengono ai 25-28 inaugurati dalla legge urbanistica lombarda del 1975!), e questo in una
Regione che per sviluppo economico ama appunto paragonarsi e confrontarsi con quelle più sviluppate della
Germania, ma non sa imitarne il livello di dotazioni pubbliche e di tutela ambientale. E’ molto difficile poter
credere che d’ora in poi vigilerà attentamente e con un impegno di lungo periodo sul rispetto i queste nuove
prescrizioni del PTR da parte dei PGT dei singoli comuni, e che, almeno nelle “rigenerazione urbana” delle
aree più densamente urbanizzata, si smetterà di ricorrere ad incentivi alle quantità edificatorie che di fatto
fanno scendere le dotazioni di spazi pubblici persino al di sotto dei minimi pur inderogabili dei 18
mq/abitante? Per ora nella normativa di questa integrazione al PTR gli strumenti di questo impegno ancora
non è dato vederli, soprattutto se si considera che, in attesa del futuro radioso delle riduzioni di consumo di
suolo al 2020 e 2050 promesso da questa modifica del PTR, la legge regionale approvata (lr 31/2014
vedi articolo di Francesco macario) conferma sino al 2017 tutte le previsioni di consumo di nuovo suolo dei
PGT oggi vigenti, impedendo non solo le varianti in aumento (il che sarebbe logico), ma persino quelle in
riduzione da parte di chi volesse avviarsi anticipatamente verso l’obiettivo auspicato.
17 Aprile, Vota SI al referendum contro le trivelle. Materiali.
Care compagne e cari compagni, in questa pagina pubblichiamo il logo (4 versioni, nero, grigio,
colore) del Comitato per la propaganda in merito al referendum contro le trivelle del 17 aprile.
L’indicazione, date le “note” difficoltà di comunicazione nei confronti degli elettori, è quella di non
utilizzare altri loghi in modo tale da non confondere ulteriormente le acque.
Il governo Renzi vuole fare fallire il referendum annegandolo nella disinformazione noi, come sempre,
andiamo “in direzione ostinata e contraria”
Ce la possiamo fare, buona lotta a tutte e tutti.
IL 17 APRILE VOTA SI! IL VOLANTINO DEL PRC/SE LOMBARDIA
Il 17 aprile siamo chiamati a votare per il referendum per il referendum contro le trivellazioni
diventate un considerevole pericolo per l’ambiente italiano anche in seguito all’apertura del governo
Renzi verso nuove concessioni. Per la Lombardia siamo all’emergenza ambientale perché grandi
opere inutili e dannose, crescita insostenibile di traffico privato su gamma, grandi impianti di
combustione, abnorme presenza di impianti di incenerimento, prevalenza di un modello
agroindustriale a base chimica, hanno reso la Lombardia uno dei territori più inquinati d’Europa con
conseguenze gravissime sulla salute dei cittadini e il consumo di preziosissimo territorio agricolo.
A tutto cio oggi si aggiunge la previsione di un esteso piano di trivellazioni che introduce ulteriori
rischi nell’ambiente già martoriato della nostra regione.
alterazione dell’equilibrio geologico del territorio
compromissione della sicurezza idraulica del suolo
gravi rischi di inquinamento della faida acquifera
La Lega di Maroni è complice di questo scempio prodotto da un modello energetico centrato sui
combustibili fossili e dalla consegna ai grandi affaristi e alla speculazione di tutto ciò che e proprietà
pubblica o bene comune. Per questo non ha partecipato alla richiesta di referendum contro le
trivellazioni selvagge avanzata da dieci regioni.
Per gli stessi motivi il governo Renzi punta a boicottare la partecipazione dei cittadini al voto non
accorpando la data del referendum e quella delle elezioni amministrative, con uno sperpero di 360
milioni di euro di risorse pubbliche.
La vittoria del si al referendum è importante per :
FERMARE LE TRIVELLAZIONI SELVAGGE
RESTITUIRE LA SOVRATNITA’ AI CITTADINI E AI TERRITORI
UNA POLITICA AMBIENTALE SOSTENIBILE
La Segreteria Regionale Prc/Se Lombardia
Governo Renzi e giunta Maroni: politiche abitative fallimentari.
di Giovanni Carenza.
Il fallimento delle politiche abitative dei Governi nazionali e regionali dagli anni ‘90 a oggi è ben sintetizzato
dai seguenti dati:
3,3 miliardi di euro spesi dallo Stato e dalle regioni per il Fondo Sostegno affitti dal 1999 a oggi, mentre gli
sfratti per morosità sono passati dai 20 mila all’anno di 15 anni fa ai 70 mila del 2015. Questi soldi sono
andati in gran parte a sostenere la rendita immobiliare e hanno giovato ben poco alle famiglie destinatarie
del contributo.
Dai dati comunicati dal Governo a seguito di interrogazioni parlamentari veniamo a conoscenza che dei 324
milioni di euro stanziati per il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso all’abitazione, per il biennio
2014-2015, le risorse effettivamente trasferite dalle regioni ai comuni per essere utilizzate sono solo 75
milioni, poco più del 20%. Di chi è la responsabilità? Delle regioni che non agiscono per trasferire le
risorse o dei comuni che non ne fanno richiesta?
Anche i fondi destinati al contrasto al disagio abitativo delle categorie più fragili elencate all’art.1 comma 1
della legge 8 febbraio 2007 numero 9 (approvata dai ministri Ferrero e Di Pietro), sottoposte a procedure
esecutive di rilascio per finita locazione sono rimasti in gran parte inutilizzati dai comuni ( solo 4 milioni su
25 del riparto destinato appunto agli sfrattati per finita locazione ).
700,000 famiglie collocate nelle graduatorie comunali in attesa di un alloggio a canone sociale/moderato,
mentre sono 450 mila le famiglie sfrattate negli ultimi 10 anni, con un costante aumento degli sfratti per
morosità incolpevole.
Fallimento nell’applicazione del decreto sulla morosità incolpevole. Su di un totale di 83,39 milioni di euro
disponibili nel biennio 2014-2015 (di cui 68,46 statali) le risorse assegnate dalle regioni si attestano a 23,49
milioni mentre quelle effettivamente spese dai comuni sono 12 milioni. A metà del 2015 i contratti
rinnovati erano solo 204, i nuovi contratti 78 e quelli rinegoziati con un canone inferiore 38 mentre i
differimenti di esecuzione dei provvedimenti di rilascio sono stati 501. Risultati molto scarsi in rapporto
alle risorse stanziate e utilizzate e in relazione all’enorme sofferenza abitativa in Italia, che abbraccia
centinaia di migliaia di famiglie sotto sfratto o in grave ritardo con il pagamento del canone o del mutuo.
Alla data del 30 giugno 2013 sul conto corrente 20128/1208 della Cassa Depositi e Prestiti c’erano
ancora 1,05 miliardi di euro ex Fondi Gescal, come denunciava persino il Sole 24 Ore, con una inchiesta
dettagliata e l’elenco dei fondi regione per regione. La Lombardia aveva ancora a disposizione circa 120
milioni di euro, il Lazio oltre 200. Risorse che però salgono a 1,61 miliardi includendo anche 572 milioni
prelevati in passato dallo Stato a titolo di prestito e che lo Stato sta restituendo gradualemente. aI fondo
Gescal, lo ricordiamo erano fondi prelevati dalle buste paga dei lavoratori e trattenute ai datori di lavoro.
Nel 1992 la trattenuta scompare ma rimangono circa 5000 miliardi di lire assegnati poi alle varie regioni.
Torneremo più avanti sulla questione dei fondi Gescal per quanto riguarda l’uso che ne sta facendo la
Regione Lombardia.
Questi dati dimostrano che continuare a parlare della crisi abitativa in termini di emergenza che riguarda
solo una fascia più debole della popolazione, più o meno grande a seconda dei luoghi, non ha più molto senso,
e fa tutto sommato il paio con una visione meramente assistenziale delle modalità di intervento nella crisi,
del tipo «aiutiamo i soggetti più sfortunati e che tutti gli altri si arrangino lavorando di più o tirando la
cinghia o rinunciando ad altri beni per pagarsi la casa». E’ l’approccio prevalente che da anni hanno
Governo, regioni e comuni, che in questi ultimi 20 anni hanno per lo più stanziato risorse per il sostegno della
rendita invece di investire in case popolari.
L’ottica emergenzialista è quella che ha prevalso negli anni a Milano e in tutta la Lombardia, senza che si
facesse invece strada una programmazione degli interventi di recupero degli immobili degradati e degli
alloggi sfitti che solo a Milano sono ormai oltre 10 mila, tra Aler e MM e in regione Lombardia almeno 16
mila alloggi solo per Aler.
E’ la logica, infine, che vede il Comune di Milano assegnare centinaia di alloggi alle cooperative sociali che
li utilizzano per tamponare l’enorme disagio abitativo, con criteri tra l’altro poco trasparenti nell’assegnazione
pro tempore degli alloggi fuori ERP.
Un primo obiettivo da assumere è dunque quello di far emergere la realtà della precarietà abitativa in tutta la
sua interezza e sotto tutte le sfaccettature.
Dobbiamo parlare di fabbisogno abitativo complessivo, sia a livello nazionale che regionale e locale. La
domanda di alloggi di edilizia sociale in Lombardia è continuata in questi anni e continuerà a crescere,
secondo uno studio del 2012 del Politecnico commissionato dal Sicet, raggiungendo la cifra tra il 2013 e
il 2018 di 920 mila vani per l’edilizia sociale, che significa 410 mila alloggi, e di 320 mila vani in edilizia
convenzionata (circa 150 mila alloggi), a fronte di una stima di 809 mila vani di edilizia libera in eccesso
pari a 367 mila alloggi . I dati reali frutto di rilevamenti e indagini di mercato ci dicono che attualmente (
dati 2013, fonte Sole 24 Ore ) sono circa 170 mila gli alloggi invenduti in Lombardia, di cui oltre 70 mila
a Milano cioè circa il 42% del totale in Lombardia; aggiungiamo che in Lombardia, a fronte di 56000
famiglie in graduatoria per un alloggio popolare, ci sono almeno 16000 alloggi Aler sfitti e vuoti, come
ammesso dallo stesso assessore Fabrizio Sala della Regione, nonché diverse migliaia di alloggi comunali
vuoti, solo a Milano oltre 3000 su circa 28000 gestiti da MM.
Le case sul mercato ci sono, mantenerle sfitte serve solo a mantenere alti gli affitti nel mercato privato.
Servono invece accordi locali volti a introdurre il canone concordato in maniera generalizzata, obbligando la
grande proprietà a stipulare accordi territoriali e a mettere a disposizione il proprio patrimonio sfitto, se
necessario ricorrendo a requisizioni temporanee di alloggi privati sfitti da più di 2 anni di multiproprietari o
grandi proprietà immobiliari.
In una fase in cui il grosso della domanda è fatta di alloggi a canone sociale è insopportabile che ci siano
almeno 20 mila alloggi popolari sfitti in Lombardia (stima secondo noi in difetto). Le risorse che il Governo
Renzi ha stanziato con la legge 80 del 2014 (decreto Lupi), sono 85 milioni per la Lombardia suddivisi in
due linee di intervento e che permetteranno di ristrutturare e poter riassegnare, solo se fossero tutti spesi e
bene, solo 2500 alloggi nei prossimi anni. Troppo poco e troppo tardi rispetto alle esigenze attuali.
Infine serve in ogni comune un Piano di Governo del Territorio volto a rivalorizzare le aree dismesse e le
migliaia di edifici vuoti e tenuti sfitti, abbandonati al degrado. Progetti di auto recupero partecipati dai soggetti
sociali che vivono in prima persona il problema dello sfratto e degli sgomberi, come quello delResidence
Sociale “Aldo dice 26 per 1” di Sesto, sono per un partito come Rifondazione Comunista da sostenere
politicamente e da indicare come esempi concreti di riappropriazione sociale del costruito inutilizzato.
Va politicamente riconosciuto che lo scopo di queste occupazioni, nel dare una risposta immediata
all’emergenza abitativa che i Comuni e la Regione da anni ignorano, è proprio quello di ridare una funzione
sociale e abitativa a immobili e aree che hanno perso la loro funzione residenziale, commerciale e economica
a causa dello scoppio della bolla speculativa immobiliare e della più generale crisi economica e finanziaria.
Serve una battaglia politica e istituzionale volta a far si che enti locali e regioni sostengano politicamente
queste esperienze di autorganizzazione dal basso.
A fronte di tutto ciò la giunta regionale ha prodotto una proposta di legge regionale sulla casa, che
abbiamo fortemente criticato in un articolo di Bruno Cattoli pubblicato sul nostro sito, assolutamente
inadeguata rispetto ai bisogni. Ciò ha indotto I Sindacati a mobilitarsi unitariamente per raccogliere le
firme su una petizione contro la legge con l’obiettivo di modificare i seguenti contenuti della stessa:
L’ingresso del privato nella gestione del servizio abitativo pubblico attraverso un sistema di accreditamento
del privato del tutto simile a quello vigente per la Sanità lombarda. (art.1,2,3,4). Terzo settore, privato
sociale, cooperative e imprese edili potranno essere accreditate in base ad un nuovo Regolamento che sarà
emesso successivamente all’approvazione della legge dalla Giunta regionale, regolamento che definirà
requisiti stessi per l’accreditamento. L’esternalizzazione della gestione è quasi sempre fonte di aggravi di
costi, peggioramento del servizio erogato e scarsa trasparenza come abbiamo potuto sperimentare a
Milano con le gestioni Romeo, Pirelli, Edilnord. Evidente il rischio che si stabiliscano rapporti di
connivenza tra politica e settori dell’economia, come già avviene nel campo della Sanità, con i fenomeni di
clientelismo e corruzione che tutti conosciamo.
Introduzione di una soglia massima del 20% per le assegnazioni in ERP a soggetti dichiarati indigenti presi
in carico da parte dei servizi sociali dei comuni che dovranno garantire il pagamento dei canoni e dei servizi
alle Aler ( art. 23 )
Per gli alloggi di proprietà comunale tale soglia è elevabile al 30%. Per quanto attiene alla cosiddetta
emergenza sfratti, la soglia massima di destinazione del patrimonio abitativo è del 10%, con contratti
temporanei, tra l’altro, di massimo 8 anni, con forte limitazione al subentro nell’intestazione del
contratto. Scompaiono le assegnazioni in deroga, previste in quota al 25% delle assegnazioni annue totali
dalla legge ancora in vigore (27/2009). Indigente significa che non si è in grado di pagare un canone anche
minimo. Attualmente il livello di morosità nelle case Aler è prossimo al 40%. Sicuramente non saranno tutti
indigenti gli inquilini che non pagano l’affitto ma stabilire una soglia massima di assegnazioni a inquilini
indigenti e scaricare totalmente sui comuni il costo del loro canone, senza prevedere un Fondo sociale
regionale cui i Comuni possano attingere risorse ci sembra una operazione pilatesca che si commenta da
sola.
Copertura piena dei costi di gestione delle Aler, della manutenzione ordinaria e degli oneri fiscali tramite i
proventi dei canoni di locazione e dei servizi. Sarà facoltà dei Comuni allineare costi di gestione e
canoni. Questo significa che comuni e enti gestori, saranno legittimati a aumentare canoni e spese a carico
degli inquilini, e questo comporterà un ulteriore aumento della morosità oppure o in alternativa la
riduzione della manutenzione minima degli stabili, o molto probabilmente le due cose insieme ( art 24
). Inoltre questa misura genererà nel tempo disparità di trattamento e di accesso all’ERP non solo per le
fasce più in difficoltà.
Questa norma sancisce di fatto la fine del canone sociale e di un criterio di tutela vigente per tutti, fasce
deboli e non, perché il criterio in base al quale verrebbe definito il canone non sarebbe più solo il reddito e
la composizione del nucleo famigliare assieme al valore locativo dell’immobile, bensì il criterio prevalente
verrebbe ad essere la sostenibilità del bilancio degli enti gestori, pubblici o privati che siano.
Obbligo per gli indigenti di dimostrare entro 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge il propristato
e regolarizzare la propria posizione evitando la risoluzione del contratto (art.26). Di fatto si dice che con
l’entrata in vigore della legge, sarà più facile avviare l’iter di sfratto per i morosi che non riescono a
dimostrare il loro stato di necessità/morosità incolpevole.Utilizzo dei proventi delle alienazioni solo in via
residuale per l’acquisto e la realizzazione di alloggi sociali. Le unità abitative alienate a prezzi di mercato
non sono soggette a restrizioni temporali nella futura compravendita. Nel caso di acquisto a prezzo
convenzionato vale il limite dei dieci anni di divieto di compravendita (art. 27)
Possibilità di vendita anche di alloggi abitati da regolari assegnatari Qualora in un condominio ci sia
prevalenza di proprietà privata. Interi edifici degradati si possono alienare in vendite non frazionate (art.
28).
E infine vendita all’asta di alloggi liberi (art 29). Queste norme non faranno che favorire la vendita frazionata
e non, di migliaia di alloggi solo per fare cassa tanto è vero che si dice esplicitamente che il ricavato delle
vendite sarà utilizzato in minima parte per la realizzazione di nuovi alloggi popolari.
Infine con l’art. 30 la ciliegina sulla torta. L’aumento degli affitti è la modalità alternativa all’alienazione di
valorizzazione del patrimonio. Infatti si stabilisce che il canone agevolato non deve essere inferiore al 40%
del canone di mercato!
Appare chiaro che la Regione cerca di far ricadere sopra le spalle degli inquilini assegnatari il peso della
fallimentare gestione di Aler che vede un bilancio in forte perdita con un passivo a bilancio di oltre 500
milioni di euro. Di qui l’intenzione dichiarata dall’assessore alla casa Sala di vendere oltre 10 mila alloggi
Aler nei prossimi anni (stimando di recuperare 450 milioni di euro) attraverso le modalità di cui sopra,
l’intenzione di introdurre forme contrattuali diverse dal canone sociale con l’ampliamento dell’offerta di case
a canone agevolato/moderato, nonché l’intenzione di investire sempre meno nella manutenzione degli alloggi
affidando di nuovo a società private la gestione di un patrimonio sempre più compromesso e degradato.
Quindi in sostanza, si tratta di una operazione di privatizzazione dal lato della gestione che comporterà
disservizi agli inquilini e aumenti di spese a loro carico, accompagnata da un processo di alienazione del
patrimonio e svendita all’asta anche a soggetti che speculano sul mercato. Questa legge và respinta in blocco
al mittente, non è affatto emendabile.
Il Prc si impegna a costruire nei territori azioni di contrasto alla legge regionale attraverso assemblee
e manifestazioni unitarie con comitati e sindacati inquilini, anche sostenendo la petizione dei sindacati
inquilini
Verranno approntate petizioni e mozioni da presentare in tutti i consigli comunali dove sono presenti
compagni del Prc, che rigettino le misure contenute nella proposta di legge sulla casa e che propongano invece
di aumentare le risorse per affrontare la crescente precarietà abitativa e di incrementare l’offerta di alloggi
popolari e a canoni calmierati.Avvieremo entro i primi di aprile un percorso graduale e partecipato a tutti i
livelli, fuori e dentro il partito, per formulare una piattaforma regionale per il diritto all’abitare in grado di
raccogliere contributi e proposte di tutti i soggetti protagonisti della lotta per la casa.
Una piattaforma generale per colmare lacune e ritardi ancora presenti nell’elaborazione dei movimenti e per
superare la frammentazione delle lotte e il loro carattere di mera resistenza.
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