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• Si chiede Roberto Den5 nel suo I bambini leggono (Einaudi 1978): E’ il caso di con5nuare a raccontare le fiabe tradizionali?
• Si possono sos5tuire? • Si possono eliminare?
• Le fiabe sono vecchie come il mondo, hanno faGo sempre parte della tradizione orale tramandata di generazione in generazione.
• Patrimonio culturale di gente non alfabe5zzata e bloccata rispeGo al mondo dei “poten5”, che invece ascoltavano i can5 dei trovatori o le poesie del Dolce s5l novo.
• Caduto il senso del magico, le fiabe restano vive come rapporto con i bambini, quando essi cominciano a comprendere una storia con un principio e una fine. Il “C’era una volta” è tuGo quello che non c’è al momento del racconto.
• Fiabe: patrimonio antropologico che solo una lunga rivoluzione culturale potrebbe trasformare.
• Forse si potrebbe modificare la tradizione della favola u5lizzando la nostra fantasia di adul5.
• Certe funzioni della fiaba sono oggi superate. Cosa resta allora di essa?
• Psicologia: elemen5 liberatori
• Tradizione del Medioevo: società diversa da quella di oggi.
• La donna: aveva una funzione essenziale di riprodurre forza-‐lavoro.
• In stato di soggezione: Biancaneve rivive per il bacio del principe; Cenerentola viene scelta dal maschio.
• Possiamo modificare alcuni aspeX della fiaba tradizionale?
• Perché raccontare, ancora oggi, che Cenerentola è scelta dal principe ed è quindi oggeGo e non soggeGo d’amore?
• Il piedino che va bene solo e soltanto per quella scarpina: insegnamento alla più ovvia monogamia.
• (tema della zoppaggine: corteo di zoppi o zoppican5, dei mi5, dei ri5 e delle fiabe, da Edipo ad Achille e Cenerentola. L’asimmetria, l’anomalia deambulatoria, la scarpeGa perduta, la mu5lazione fisica o simbolica, introducono al lato oscuro, al disordine, allo squilibrio).
• In mol5 casi, le fiabe cos5tuiscono un modello di comportamento plagiante.
• Le fiabe spesso suscitano un enorme serie di problemi nel rapporto adulto-‐bambino.
• E’ assurdo limitarsi alla trama apparente del racconto, ignorando il mondo che esse rappresentano.
• Si può provare a cambiare, a modificare i sistemi di educazione dai prossimi anni, non soltanto con fiabe nuove ma modificando ciò che ci è stato tramandato, con partecipazione e responsabilizzazione.
• E’ un compito che speGa anche agli insegnan5 delle scuole elementari, che possono riprendere le fiabe (di cui la memoria dei bambini è già permeata) per proporre il gioco dei cambiamen5.
• Si possono prevedere sperimentazioni concrete nelle classi del secondo ciclo della scuola elementare.
• Gramma5ca della fantasia è un libro di pedagogia e di poe5ca: di poe5ca per pedagoghi e di pedagogia per poe5.
• Per far nascere una storia ci vogliono almeno due parole, purché il loro accostamento sia abbastanza insolito e imprevisto.
• Per Rodari si può dare qualcosa di diverso da quello che noi abbiamo avuto nella nostra infanzia.
• Dal “C’era una volta” (re, regine, draghi) al “C’era una volta, adesso”.
• Le fiabe tradizionali sono state spesso viXme di imitazioni, di stravolgimento pedagogico, dando luogo a sfruGamen5 commerciali (Disney).
• I Grimm, Andersen, Collodi sono sta5 (sul lato di fiabesco) tra i grandi liberatori della leGeratura infan5le dai compi5 edifican5 che le avevano assegna5 le sue origini.
• Andersen: il primo creatore della fiaba contemporanea. Quella in cui temi e figure del passato escono dal loro limbo, ormai senza tempo, pere agire nel Purgatorio, o nell’inferno, del presente.
• Collodi è andato più in là nell’aGribuire al bambino (al bambino com’è, non come lo vorrebbero il suo maestro o il suo parroco) un ruolo di protagonista e nell’assegnare nuovi ruoli a cer5 personaggi della fiaba classica:
• La sua Bambina (poi Fata dai capelli turchini) è solo una parente lontana delle fate descriGe dalla tradizione; nei panni di Mangiafuoco o del Pescatore Verde il vecchio Orco è irriconoscibile; l’Omino di Burro è un’allegra caricatura del Mago.
• Vecchio gioco: a sbagliare le storie. • I bambini, quanto a storie, sono abbastanza a lungo conservatori. Le vogliono riascoltare con le stesse parole della prima volta, per il piacere di riconoscerle, di riprovare le emozioni del primo incontro. Nello stesso ordine:
• 1) sorpresa • 2) paura • 3) gra5ficazione
• Il gioco potrebbe irritarli, facendoli sen5re in pericolo. L’apparizione del nuovo inquieta ed è perturbante.
• Però a un certo punto possono acceGare che dalla storia nasca la parodia.
• Il nuovo punto di vista rinnova l’interesse alla storia stessa, la fa rivivere su un altro binario.
• I bambini a questo punto giocano con se stessi, affrontano la libertà.
• Il gioco sdramma5zza, stabilisce un più neGo confine tra il mondo delle cose vere e quello delle cose immaginarie.
• Chi partecipa al gioco, deve compiere, a livello d’intuizione, una vera e propria analisi della fiaba.
• L’alterna5va o la parodia possono aver luogo solo in determina5 pun5, in quelli che caraGerizzano e struGurano la fiaba, e non durante i suoi tranquilli spostamen5 verbali da un nodo significa5vo a un altro.
• Questo gioco può aiutare quei bambini “blocca5” da una rou5ne didaXca della peggior specie: copiature, deGa5.
Rovesciamento premeditato e organico del tema fiabesco
• CappucceGo rosso: caXvo • Lupo: buono • Pollicino: vuol scappare di casa • Cenerentola: una poco di buono • Anche a fiaba finita, c’è sempre la possibilità di un “dopo”.
• La semplice introduzione di un elemento nuovo rimeGe in moto l’intero meccanismo.
• Facciamo un passo indietro • Appena Pinocchio si trasforma in un ragazzo vero, GeppeGo si ricorda improvvisamente di aver visto nelle viscere del mostro, durante la sua prigionia, un tesoro nascosto.
• Caccia al pescecane: caccia al tesoro. • Pescatore Verde: si fa corsaro. • Il GaGo e la Volpe: la ciurma. • Pescecane caGurato e mummificato, mostrato da GeppeGo sulle pubbliche piazze.
• Cenerentola: fedele alle sue abitudini. • Il principe si annoia e trova molto più aGraen5 le sorellastre.
• La stessa matrigna non è da buGare via. • Tragedia della gelosia.
• Pinocchio che mente apposta per oGenere cataste di legno da trafficare.
• Dall’immaginazione alla sintassi. • Non automa5smo, ma razionalizzazione: veder sorgere nel movimento incontrollato una direzione, uno slancio costruXvo.
• Insalata di favole • Possiamo mescolare l’avventura di CappucceGo Rosso con quella di Pollicino, che si incontrano nel bosco.
• Binomio fantas5co.
Le fiabe per Rodari
• I bambini amano ancora ascoltare le vecchie fiabe?
• C’è ancora posto per le fiabe in una educazione moderna?
• (il bambino cui la madre racconta una fiaba sperimenta l’esclusivo e prolungato possesso della medesima)
Contro le fiabe
• 1) Le fiabe nuocciono a un’educazione moderna perché rappresentano una evasione dalla realtà.
• La fantas5cheria è una fuga dalla realtà; la fantasia è una dimensione della realtà umana. Per via di fantasia si può entrare nel cuore del reale.
• 2) Le fiabe nuocciono alla formazione dello spirito scien5fico, perché suggeriscono interpretazioni arbitrarie dei fenomeni, sos5tuiscono l’immaginazione alla osservazione.
• La capacità di formulare ipotesi non è fruGo di semplice preparazione matema5ca, ma essenzialmente di immaginazione applicata allo studio della realtà.
• 3) Le fiabe sono piene di par5colari orridi, di avvenimen5 crudeli, perfino sanguinosi, che possono spaventare il bambino, compromeGendo il suo equilibrio.
• I cosiddeX orrori delle fiabe sembrano di 5po marioneXs5co. La prima immagine dei forni crematori nazis5 si trova nel forno della strega della fiaba di Haensel e Gretel.
• 4) Le fiabe sono dannose ed esercitano nell’insieme un’influenza regressiva perché presentano modelli culturali supera5, da cui il bambino non può apprendete nulla di posi5vo.
• Le fiabe conservano colori arcaici, propri di una visione della vita, di una concezione del mondo da cui lo stesso mondo contadino deve liberarsi per entrare nella storia.
• Ma la fiaba ha un piede saldamente piantato nel mondo del gioco. Il bambino che l’ascolta gioca a crederla vera.
• 5) I bambini hanno bisogno di fiabe: ma, al posto delle vecchie fiabe, che appartengono a una tradizione morta, bisogna dar loro fiabe contemporanee.
• La fiaba contemporanea è quella che tenta di inserire nella dimensione e fiabesca cose, persone problemi del nostro tempo; parla ai bambini di oggi con cose d’oggi.
• 6) Le fiabe non servono a niente. • Se la fiaba non serve a niente, non serve a niente nemmeno la musica, e l’arte in generale è superflua, e il gioco un reato contro l’educazione u5litaria, la poesia un peccato mortale. CI sono cose davvero che non servono a niente: Ma dal punto di vista di una società greGamente e aridamente fondata sul ritmo “produzione-‐consumo”.
Fiabe e utopia
• Le fiabe, per un singolare rovesciamento della loro posizione nella storia umana, hanno oggi più a che fare con la dimensione dell’utopia che con quella della nostalgia del passato. Sono alleate dell’utopia, non della conservazione. Occorre credere nel valore educa5vo dell’utopia, passaggio obbligato dall’acceGazione passiva del mondo alla capacità di cri5carlo, all’impegno per trasformarlo.
• Rodari meGe in luce che spesso noi siamo viXme dell’opposizione “logica-‐fantasia” nel discorso familiare, a scuola, nei discorsi comuni. Fantasia e realtà vengono opposte come due cose an5te5che. Non è così: non esiste questa opposizione; la fantasia non è in opposizione alla realtà, è uno strumento per conoscere la realtà, è uno strumento da dominare. La fantasia serve per esplorare la realtà, il linguaggio, tuGe le sue possibilità.
• Rodari è per la scuola della crea5vità e dell’immaginazione. Si traGa di “basi” qualita5ve: ossia di strumen5 culturali.
• Momento linguis5co: di liberazione, di costruzione, un linguaggio autonomo e crea5vo.
• La scuola tradizionale ha insegnato la lingua del consenso, dell’adaGamento al mondo com’era, alle cose come erano, all’autorità, al passato.
• La lingua vigente era quella del deGato, del tema, del libro di leGura.
• Occorre invece puntare sulla lingua della ricerca autonoma, della comunicazione sociale.
• Occorre liberarci dall’idea che la formazione mentale, culturale, morale del bambino venga da quello che sa di gramma5ca, di geografia o da tuGe quelle cose che gli vengono deGe.
• Creare nella scuola un ruolo nuovo al bambino, un ruolo di un bambino creatore, produGore, ricercatore, invece del tradizionale ruolo passivo che il bambino ha sempre avuto nella scuola.
• La scuola tradizionale ha sempre puntato su due qualità di fondo, su due virtù scolas5che: l’aGenzione e la memoria.
• Oggi occorre sempre più una certa analisi di altre funzioni della crea5vità, dell’immaginazione. Un’analisi dell’immaginazione e dei suoi meccanismi che sono uguali nel bambino e nell’adulto, nell’ar5sta e nel falegname.
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