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INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1 – La riclassificazione del Conto Economico e dello Stato
Patrimoniale
Paragrafo 1.1 – Lo schema dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico
secondo la IV Direttiva CEE
Paragrafo 1.2 – La riclassificazione dello Stato Patrimoniale
Paragrafo 1.3 – La riclassificazione del Conto Economico
CAPITOLO 2 – Gli indici di bilancio
Paragrafo 2.1 – Note preliminari
Paragrafo 2.2 – Gli indici di Redditività
Paragrafo 2.3 – Gli indici di Solidità
Paragrafo 2.4 – Gli indici di Liquidità
CAPITOLO 3 – La relazione dinamica tra indicatori
Paragrafo 3.1 – Analisi a “matrice”
Paragrafo 3.2 – Analisi del Break Even Point e la “leva operativa”
Paragrafo 3.3 – La “leva finanziaria”
INTRODUZIONE
La redazione del bilancio di periodo è l’ultima fase di una serie di attività contabili
volte a determinare per l’azienda:
I. il reddito prodotto quanti soldi può potenzialmente generare l’azienda
Conto Economico
II. la consistenza patrimoniale coerenza tra investimenti e fondi di
finanziamento Stato Patrimoniale
Prima di inziare il percorso che ci porterà ad analizzare un bilancio aziendale, bisogna
innanzitutto chiarire quali sono i principali documenti che compongono un bilancio:
1. Conto Economico
2. Stato Patrimoniale
Conto Economico: Esprime la redditività (differenza tra ricavi e costi) di un business
ovvero quanti soldi questo business può potenzialmente generare E’ il prospetto
contabile che sintetizza tutte le operazioni che hanno consentito di ottenere il risultato
d’esercizio preso in esame, è cioè il documento che mostra il risultato economico
conseguito dall’azienda nell’esercizio.
Nella vita di un’impresa, infatti, si compiono continuamente una serie di operazioni
aziendali che si possono rappresentare in forma schematica nelle seguenti fasi:
i. INPUT: Acquisizione di fattori produttivi
ii. PRODUZIONE/TRASFORMAZIONE: combinazione di fattori
produttivi
iii. OUTPUT: Cessione di beni o servizi
La pima fase, quella di INPUT, consiste nell’acquisizione delle materie prime, della
manodopera, dell’energia ecc che verranno impiegate nella fare di
PRODUZIONE/TRASFORMAZIONE. In questa fase si generano i COSTI
La seconda fase è interna all’azienda e riguarda la produzione e trasformazione dei
fattori produttivi acquisiti.
La terza fase, quella di OUTPUT, consiste nella vendita di ciò che si è prodotto con il
conseguimento dei RICAVI.
La differenza tra la prima e la terza fase, cioè tra Ricavi e Costi, determina la struttura
fondamentale del risultato economico del periodo.
Stato Patrimoniale: è un prospetto contabile che fotografa, in un dato momento,
l’insieme dei beni che un’azienda ha a disposizione e l’insieme dei diritti dei terzi su di
esso. Può essere paragonato ad un inventario che ci dice in un dato momento della vita
aziendale chi sta finanziando l’impresa e per quale importo e come l’impresa stessa sta
impiegando quei soldi.
Lo Stato Patrimoniale esprime, inoltre, come e quanto gli elementi del Conto Economico
si sono trasformati in CASSA, partendo dai soldi investiti dall’imprenditore.
Normalmente quando si parla di Bilancio, si fa riferimento al bilancio d’esercizio,
ovvero la bilancio di fine anno; tuttavia quando si entra nel mondo del “Controllo di
Gestione”, si deve entrare nell’ottica del “periodo”: un’azienda gestita in modo oculato,
soprattutto in un contesto di mercato quale quello attuale, non può “tirare le somme” della
propria attività solo una volta a fine anno. Il contesto macroeconomico, la concorrenza e
gli innumerevoli fattori interni ed esterni che influenzano la vita di una azienda, impongo
un monitoraggio periodico e costante.
Uno dei metodi per tenere sempre sotto controllo l’attività aziendale e che si innesta
nell’attività più ampia del “Controllo di Gestione”, è la redazione di un bilancio periodico
che dia costantemente un’indicazione precisa agli amministratori della direzione che
l’azienda sta seguendo.
Naturalmente non basta redigere un bilancio, bisogna saperlo leggere e soprattutto
bisogna fare in modo che il bilancio redatto sia “parlante”.
Ed è proprio lo scopo di questo lavoro far sì che si instauri un vero e proprio dialogo
tra chi legge il bilancio e il bilancio stesso; per consentire che si instauri questo rapporto
c’è bisogno di usare degli strumenti di analisi che vedremo insieme durante questo nostro
percorso.
Chi sono i soggetti interessati a leggere ed interpretare le informazioni che un bilancio
può fornire? Senza dubbio gli amministratori ma anche:
1. finanziatori (attuali o potenziali) che hanno l’obiettivo di ottenere informazioni
circa la solidità finanziaria dell’azienda
2. partner commerciali, anch’essi interessati alla solidità economico/finanziaria
dell’attuale o potenziale partner
Tutti gli stakeholder aziendali sono dunque interessati ad analizzare l’azienda sotto 3
diversi aspetti ben distinti ma strettamente legati:
1. aspetto finanziario: riguarda le relazioni tra i flussi di denaro in entrata e in
uscita
2. aspetto economico: riguarda le relazioni tra ricavi e costi che portano alla
redditività aziendale
3. aspetto patrimoniale: riguarda la relazione intercorrente tra fonti e impieghi
delle risorse aziendali
Tali aspetti, come detto in precedenza, sono strettamente legati tra loro poiché
l’andamento di uno di questi aspetti incide in maniera diretta sugli altri due. Facciamo
un esempio: pensate ad un’azienda che non riesce ad incassare in maniera puntuale i
propri crediti (aspetto finanziario); questo mancanza di liquidità potrebbe portare a non
riuscire ad effettuare investimenti tali da poter garantire nel tempo un flusso di ricavi
coerente con la propria struttura dei costi (aspetto economico); per sopperire a tale
mancanza l’azienda potrebbe essere costretta a reperire all’esterno le risorse finanziarie
necessarie a sostenere il proprio business (aspetto patrimoniale).
Una volta precisati questi concetti generali, è possibile stabilire metodi e strumenti
attraverso i quali condurre le analisi di bilancio nel concreto.
Gli step da fare sono essenzialmente tre e riguardano:
1. La riclassificazione sia del Conto Economico che dello Stato
Patrimoniale
2. La costruzioni degli indici di bilancio
3. La combinazione dinamica dei vari indici
CAPITOLO 1
LA RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO E
DELLO STATO PATRIMONIALE
Gli scopi della riclassificazione del Conto Economico e dello Stato Patrimoniale sono
essenzialmente tre:
1. permettere la costruzione ed evidenziazione dei parametri e delle grandezze più
espressive della gestione (valore aggiunto, reddito operativo, reddito netto ecc.)
rispetto a quanto riportato nello schema di bilancio secondo la IV direttiva CEE.
2. Rendere omogenei i dati per consentire il loro confronto nel tempo e nello spazio,
ossia per più esercizi successivi per la stessa azienda (dimensione temporale) e
con aziende dello stesso settore o di settori diversi (dimensione spaziale).
3. Separare nettamente gli elementi attinenti la gestione caratteristica
dell'impresa da quelli che si riferiscono alle gestioni cosiddette accessorie o
extra-caratteristiche (finanziaria, straordinaria ecc.) per permettere una
migliore comprensione dell’andamento del “core business” aziendale.
Prima di passare ad analizzare le tecniche di riclassificazione dello Stato Patrimoniale
e del Conto Economico è sicuramente utile passare in rassegna le singole voci che
compongo questi due documenti di bilancio seguendo lo schema imposto dalla IV Direttiva
CEE.
1.1. Lo schema dello Stato Patrimoniale e del Conto
Economico secondo la IV Direttiva CEE:
STATO PATRIMONIALE
ATTIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (con separata indicazione
della parte che sarà richiamata entro l’anno)
B) Immobilizzazioni con separata indicazione
di quelle concesse in locazione finanziaria
I. Immobilizzazioni immateriali:
1. costi di impianto e di ampliamento;
2. costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3. diritti di brevetto industriale e dir itti di utilizzazione delle opere dell'ingegno;
4. concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5. avviamento;
6. immobilizzazioni in corso e acconti;
7. altre.
II. Immobilizzazioni materiali:
1. terreni e fabbricati;
2. impianti e macchinario;
3. attrezzature industriali e commerciali;
4. altri beni;
5. immobilizzazioni in corso e acconti.
III. Immobilizzazioni finanziarie:
1) partecipazioni in:
a. imprese controllate;
b. imprese collegate;
c. imprese controllanti;
d. altre imprese;
2) crediti:
a. verso imprese controllate;
b. verso imprese collegate;
c. verso controllanti;
d. verso imprese sottoposta al controllo di controllanti
d-bis verso altri;
3) altri titoli;
4) strumnenti finanziari derivati
Totale Immobilizzazioni (B)
C) Attivo circolante
I. Rimanenze:
1. materie prime, sussidiarie e di consumo;
2. prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3. lavori in corso su ordinazione;
4. prodotti finiti e merci;
5. acconti.
II. Crediti:
1. verso clienti;
2. verso imprese controllate;
3. verso imprese collegate;
4. verso controllanti;
5. verso imprese sottoposte al controllo di controllanti
5bis. crediti tributari
5ter. imposte anticipate
5quater. verso altri
III. Attività finanziarie che non costituiscono
immobilizzazioni:
1. partecipazioni in imprese controllate;
2. partecipazioni in imprese co llegate;
3. partecipazioni in imprese controllanti;
3bis. partecipazioni in imprese sottoposte al controllo di controllanti
4. altre partecipazioni;
5. strumenti finanziari derivati ;
6. altri titoli.
IV. Disponibilità liquide:
1. depositi bancari e postali;
2. assegni;
3. danaro e valori in cassa.
Totale attivo circolante (C)
D) Ratei e risconti
Totale D
TOTALE ATTIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
Questi crediti riguardano le sottoscrizioni di capitale effettuate dai soci e non ancora
versate.
B) Immobilizzazioni
Le immobilizzazioni sono gli investimenti fissi della società rappresentati da beni il
cui utilizzo è prolungato nel tempo (oltre un anno) e vengono sottoposti ad
ammortamento.
Di seguito vengono riportate le varie tipologie:
I. Immobilizzazioni immateriali
Si tratta di beni di proprietà dell'impresa o di diritti d'uso privi di consistenza fisica.
1. Costi di impianto e di ampliamento.
2. Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità.
3. Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno.
4. Concessioni, licenze, marchi e diritti simili.
5. Avviamento.
6. Immobilizzazioni in corso e acconti.
7. Altre.
II. Immobilizzazioni materiali
Le immobilizzazioni materiali, si suddividono in:
1. Terreni e fabbricati.
2. Impianti e macchinario.
3. Attrezzature industriali e commerciali.
4. Altri beni.
5. Immobilizzazioni in corso e acconti.
III. Immobilizzazioni finanziarie
Investimenti che l’azienda effettua acquistando titoli o altri diritti destinati a
permanere durevolmente nel patrimonio della società; qualora non sussista tale requisito,
titoli e crediti vanno inseriti nella sezione relativa all'attivo circolante.
1. Partecipazioni.
2. Crediti.
3. Altri titoli.
4. Strumenti finanziari derivati.
C) Attivo circolante
L'attivo circolante è l'insieme di tutti i beni e crediti che, diversamente dalle
immobilizzazioni, non sono destinati a rimanere per lungo tempo nel patrimonio
dell'impresa perché sono finalizzati, in tempi rapidi, al consumo (ad esempio le rimanenze
di materie prime), alla vendita (ad esempio le rimanenze di prodotti pronti per la vendita)
o all'incasso (come i crediti verso i clienti)
I. Rimanenze
Beni acquistati o prodotti dall'impresa ma non ancora venduti al cliente al termine del
perido.
1. Materie prime, sussidiarie e di consumo .
2. Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati.
3. Lavori in corso su ordinazione.
4. Prodotti finiti e merci.
5. Acconti.
III. Crediti
Crediti di natura commerciale o finanziaria. E‘ necessario indicare
separatamente i crediti esigibili entro un anno o quelli in scadenza oltre l'anno.
1. Verso clienti.
2. Verso imprese controllate;
3. Verso imprese collegate;.
4. Verso controllanti;
5. Verso imprese sottoposte al controllo di controllanti ;
5-bis) crediti tributari;
5-ter) imposte anticipate;
5-quater) Verso altri.
IV. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni.
Investimenti in attività finanziarie destinate ad essere vendute entro 12
mesi
1. Partecipazioni in imprese controllate,
2. Partecipazioni in imprese collegate,
3. Partecipazioni in imprese controllanti
3-bis) Partecipazioni in imprese sottoposte al controllo di controllanti
4. Altre partecipazioni
5. Strumenti finanziari derivati .
6. Altri titoli.
IV. Disponibilità liquide
Liquidità aziendale, sotto forma di denaro e valori in cassa, di assegni da
riscuotere o di depositi bancari e postali.
D) Ratei e risconti attivi
Queste voci nascono a causa dello sfasamento temporale tra eventi
gestionali (acquisti, vendite, consumo di risorse) ed eventi finanziari
(pagamenti, incassi, uscite) e devono soddisfare il principio della competenza
economica.
Ratei attivi: proventi la cui competenza economica si è sviluppata
durante l'esercizio oggetto del bilancio, ma la cui esigibilità è rinviata a
esercizi successivi.
Risconti attivi: costi sostenuti nel corso dell'esercizio, ma di competenza
operativa di esercizi successivi.
PASSIVO
A) Patrimonio netto
Capitale
Riserva da sovrapprezzo delle azioni
Riserve di rivalutazione
Riserva legale
Riserva per azioni proprie in portafoglio
Riserve statutarie
Altre riserve, distintamente indicate
Utili (perdite) portati a nuovo
Utile (perdita) dell'esercizio
Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio
B) Fondi per rischi e oneri
1. per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2. per imposte, anche differite;
3. strumenti finanziari derivati passivi
4. altri.
C) Trattamento di fine rapporto
di lavoro subordinato
D) Debiti
1. obbligazioni;
2. obbligazioni convertibili;
3. debiti verso soci per finanziamenti;
4. debiti verso banche;
5. debiti verso altri finanziatori;
6. acconti;
7. debiti verso fornitori;
8. debiti rappresentati da titoli di credito;
9. debiti verso imprese controllate;
10. debiti verso imprese collegate;
11. debiti verso controllanti;
11-bis debiti verso imprese sottoposte al controllo di controllanti
12. debiti tributari;
13. debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14. altri debiti.
E) Ratei e risconti
TOTALE PASSIVO
A) Patrimonio netto o mezzi propri
Il patrimonio netto costituisce l'insieme dei diritti che i soci vantano nei
confronti dell'impresa; questa voce si articola in tre categorie:
il capitale sociale.
le riserve.
il risultato dell'esercizio.
B) Fondi per rischi e oneri
Accantonamenti destinati a coprire costi, incerti o nell’ammontare o nel
quando si manifesteranno.
1. Fondo per trattamento di quiescenza e obblighi simili .
2. Fondo per imposte.
3. Strumenti finanziari derivati passivi.
4. Altri fondi.
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato
Somme relative all'indennità di anzianità dei dipendenti da corrispondere
loro alla fine del rapporto di lavoro.
D) Debiti.
Debiti di natura commerciale o finanziaria. E’ necessario indicare
separatamente i debiti esigibili entro un anno o quelli in scadenza oltre l'anno.
1. Obbligazioni.
2. Obbligazioni convertibili.
3. Debiti verso soci.
4. Debiti verso banche.
5. Debiti verso altri finanziatori.
6. Acconti.
7. Debiti verso fornitori.
8. Debiti rappresentati da titoli di credito.
9. Debiti verso imprese controllate.
10. Debiti verso imprese collegate.
11. Debiti verso imprese controllanti.
11-bis. Debiti verso imprese sottoposte al controllo di controllanti
12. Debiti tributari.
13. Debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale.
14. Altri debiti.
E) Ratei e risconti passivi.
I ratei passivi sono costi di competenza dell'esercizio ma pagabili in esercizi
successivi.
I risconti passivi sono proventi percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di
competenza di esercizi successivi.
CONTO ECONOMICO
A) Valore della produzione
1. Ricavi dalle vendite e dalle prestazioni
2. Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati e finiti
3. Variazioni di lavori in corso, su ordinazione
4. Incrementi di immobilizzazioni tramite lavori interni
5 Altri ricavi e proventi
Totale valore della produzione
B) Costi della produzione
6. Per materie prime, sussidiarie , di consumo e merci
7. Per servizi
8. Per il godimento di beni di terzi
9.Per il personale
a)Salari e stipendi
b) Oneri sociali
c) Trattamento di fine rapporto
d) Trattamento di quiescenza e simili
e) Altri costi
10. Ammortamenti e svalutazioni
a) Ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali
b) Ammortamenti delle immobilizzazioni materiali
c) Svalutazioni delle immobilizzazioni
d) Svalutazione dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle
disponibilità liquide
11. Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di
consumo e merci
12. Accantonamento per rischi
13. Altri accantonamenti
14. Oneri diversi di gestione
Totale dei costi della produzione
Differenza tra valore e costi della produzione (A -B)
C) Proventi e oneri finanziari
15. Proventi da partecipazioni
da imprese controllate
da imprese collegate
altri
16. Altri proventi finanziari
a) Da crediti iscritti nelle immobilizzazioni
da imprese controllate
da imprese collegate
da controllanti
da imprese sottoposte al controllo di controllanti
b) Da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono
partecipazioni
c) Da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni
d) Proventi diversi dai precedenti
da imprese controllate
da imprese collegate
da controllanti
da imprese sottoposte al controllo di controllanti
17. Interessi e altri oneri finanziari
verso imprese controllate
verso imprese collegate
da controllanti
altri
17 -bis) Utili e perdite su cambi
Totale proventi e oneri finanziari
(15+16 -17±17-bis)
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie
18. Rivalutazioni
a. Di partecipazioni
b. Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono
partecipazioni
c. Di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni
d. Di strumenti finanziari derivati
19. Svalutazioni
a. Di partecipazioni
b. Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono
partecipazioni
c. Di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni
d. Di strumenti finanziari derivati
Totale rettifiche di valore di attività finanziarie (18 - 19)
Risultato prima delle imposte
(A-B±C±D)
22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e
anticipate
23) Utile (perdita ) dell'esercizio
A) Valore della produzione
Rappresenta il valore contabile di tutto ciò che è stato prodotto dall'impresa, o
che sia stato venduto, o che sia rimasto come patrimonio dell'impresa.
1. Ricavi delle vendite e delle prestazioni: ricavi conseguiti a seguito della
vendita di prodotti o della fornitura di servizi.
2. Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati e finiti: differenza tra il valore delle rimanenze finali e iniziali di
prodotti in corso di lavorazione, semilavorati.
3. Variazioni di lavori in corso, su ordinazione: voce analoga alla precedente
solo che le rimanenze riguardano lavori in corso su commessa.
4. Incrementi di immobilizzazioni tramite lavori interni : investimenti non
acquistati ma prodotti dalla stessa impresa servendosi di attrezzature,
macchinari e manodopera interna.
5. Altri ricavi e proventi: voce residuale che raccoglie i proventi che non
rientrano nelle precedenti voci (es: royalties o contributi statali).
B) Costi della produzione
Risorse consumate nell'esercizio dall’azienda per generare quanto contenuto
nel “Valore della Produzione” (voce A).
6. Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci : acquisti di
materie prime, componenti sussidiari, materiale di consumo e merci.
7. Costi per servizi: valore dei sevizi di vario tipo (industriali, commerciali,
amministrativi ecc) acquistati dall’azienda.
8. Costi per il godimento di beni di terzi : costi relativi all’utilizzo di beni
non di proprietà.
9. Costi del personale: Comprende gli stipendi, gli oneri sociali, gli
accantonamenti per il TFR, gli accantonamenti ai fondi di quiescenza e
accantonamenti simili.
10. Ammortamenti e svalutazioni: costo di quota parte dell’investimento in
acquisto in immobilizzazioni che viene attribuita all'esercizio per la quota
consumata nella gestione nel periodo.
11. Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e
merci: differenza tra il valore delle rimanenze finali e iniziali delle rimanenze
di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci.
12. Accantonamento per rischi: quota accantonata nell'esercizio per rischi
futuri.
13. Altri accantonamenti: altri accantonamenti volti alla creazione di fondi
particolari.
14. Oneri diversi di gestione: voce residuale che raccoglie i costi che non
rientrano nelle precedenti voci.
C) Proventi e oneri finanziari.
Ricavi connessi con gli investimenti di natura finanziaria (depositi bancari,
titoli di stato, partecipazioni) e costi connessi ai finanziamenti ottenuti
dell’azienda.
15. Proventi da partecipazioni: dividendi delle partecipazioni detenute
dall'impresa.
16. Altri proventi finanziari: ricavi di natura finanziaria diversi dai
precedenti. I ricavi di natura finanziaria possono provenire da:
a) Crediti iscritti nelle immobilizzazioni
da imprese controllate
da imprese collegate
da imprese controllanti
da imprese sottoposte al controllo di controllanti
b) Titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono
partecipazioni
c) Titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
d) Proventi diversi dai precedenti
da imprese controllate
da imprese collegate
da imprese controllanti
da imprese sottoposte al controllo di controllanti
17. Interessi e altri oneri finanziari: costi delle fonti di finanziamento (ad
esempio, interessi bancari passivi, interessi sui mutui, ecc)
17 bis). Utili o perdite sui cambi.
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie
Modifiche al valore (in positivo rivalutazione o in negativo
svalutazione) che si devono apportare alle attività finanziarie iscritte in
bilancio
In particolare si tratta di:
18. Rivalutazioni
a) Di partecipazioni
b) Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c) Di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni
d) Di strumenti finanziari derivati
19. Svalutazioni
a) Di partecipazioni
b) Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazio ni
c) Di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono
partecipazioni.
d) Di strumenti finanziari derivati
1.2. La riclassificazione dello Stato Patrimoniale
Esistono vari tipi di riclassificazione dello Stato Patrimoniale ma quello più adatto
alle analisi di bilancio è sicuramente il metodo FINANZIARIO.
Secondo tale metodo le ATTIVITA’ vengono suddivise in funzione del loro grado di
liquidità ovvero in base al periodo di tempo entro il quale saranno liquidate. Le
PASSIVITA’ invece, vengono suddivise in funzione del loro grado di esigibilità ovvero in
base al periodo di tempo entro il quale saranno estinte.
Il criterio temporale preso in considerazione è di 12 mesi.
Vediamo nel dettaglio come possono essere suddivise le singole voci dello Stato
Patrimoniale a seconda del loro grado di realizzo/esigibilità:
ATTIVO CORRENTE (O CIRCOLANTE): attività di bilancio che si
trasformeranno in denaro in un periodo di tempo inferiore ad un anno dalla data
di redazione del bilancio. Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono
essere include in questa categoria:
A) CREDITI VERSO SOCI (solo per la parte richiamata entro l’anno)
Mezzi Propri
Mezzi di terzi
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I. Rimanenze
II. Crediti (solo per la parte esigibile entro l’esercizio)
III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni
IV. Disponibilità liquide
D) RATEI E RISCONTI
Ratei e risconti annuali
ATTIVO IMMOBILIZZATO: attività di bilancio che si trasformeranno in denaro
in un periodo di tempo superiore ad un anno dalla data di redazione del bilancio.
Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono essere include in questa
categoria:
A) CREDITI VERSO SOCI (solo per la parte da richiamare oltre l’anno)
B) IMMOBILIZZAZIONI
I. Immobilizzazioni immateriali
II. Immobilizzazioni materiali
III. Immobilizzazioni finanziarie per i crediti esigibili oltre l’esercizio
C) ATTIVO CIRCOLANTE
II. Crediti (solo per la parte esigibile oltre i 12 mesi)
D) RATEI E RISCONTI
Ratei e Risconti pluriennali
PASSIVO CORRENTE: passività di bilancio che si trasformeranno in esborsi di
cassa in un periodo di tempo inferiore ad un anno dalla data di redazione del
bilancio. Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono essere include in
questa categoria:
B) FONDI PER RISCHI E ONERI (se la scadenza del rischio o dell’onere è
entro un anno)
D) DEBITI (solo per la parte esigibile entro l’esercizio)
E) RATEI E RISCONTI
Ratei e risconti annuali
PASSIVO CONSOLIDATO: passività di bilancio che si trasformeranno in esborsi
di cassa in un periodo di tempo superiore ad un anno dalla data di redazione del
bilancio. Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono essere include in
questa categoria:
B) FONDI PER RISCHI E ONERI (se la scadenza del rischio o dell’onere è
superiore ad un anno)
D) DEBITI (solo per la parte esigibile oltre i 12 mesi)
E) RATEI E RISCONTI
Ratei e risconti pluriennali
1.3. La riclassificazione del Conto Economico
La prassi vuole che il Conto Economico possa essere riclassificato in base a due criteri:
Valore della produzione e del valore aggiunto
Ricavi netti e costi del venduto
La riclassificazione secondo il criterio del “Valore della produzione e del valore
aggiunto” evidenzia il contributo che fattori produttivi esterni ed interni all’impresa
hanno dato alla formazione del reddito operativo della gestione caratteristica. L’obiettivo
è quello di misurare quanto valore l’impresa “ha aggiunto” ai beni che ha lavorato nel
corso dell’esercizio
La riclassificazione secondo il criterio dei “Ricavi netti e costo del venduto” evidenzia
il contributo delle diverse gestioni alla formazione del risultato di esercizio.
In realtà esiste un criterio di riclassificazione che riesce a soddisfare entrambi i livelli
di analisi delle precedenti due riclassificazioni.
Analizziamo le singolo voci del Conto Economico riclassificato:
Ricavi delle vendite: Corrisponde alla voce A) VALORE DELLA
PRODUZIONE del bilancio civilistico
Costi variabili: sono quei costi che si trovano nella voce B) COSTI DELLA
PRODUZIONE del bilancio civilistico che variano al variare dei ricavi
Valore
aggiunto
Gestione
caratteristica
Gestione finanziaria
Gestione straordinaria
Alti costi fissi: sono quei costi che si trovano nella voce B) COSTI DELLA
PRODUZIONE del bilancio civilistico la cui entità non muta al variare delle
quantità prodotte
Costi del personale: sono quei costi che corrispondo alla voce B) 9 del
bilancio civilistico
Ammortamenti: costo che corrisponde alla voce B) 10 del bilancio civilistico
Proventi e oneri finanziari: Ricavi/costi che corrispondono alla voce C)
del bilancio civilistico
Rettifica di valore delle attività finanziarie: Ricavi/costi che
corrispondono alla voce D) del bilancio civilistico
Accantonamenti per rischi e altri accantonamenti: costo che
corrisponde alla voce B) 12 e B) 13 del bilancio civilistico
Imposte sul reddito: costo che corrisponde alla voce 22 del bilancio
civilistico
Tale riclassificazione del Conto Economico permette di fornire le stesse informazioni
dei due criteri di riclassificazione citati all’inizio di questo paragrafo.
In particolare:
a. la differenza tra il MDC (vedremo più avanti cos’è e a cosa serve) e gli “altri costi
fissi” permette di determinare il “Valore aggiunto” ossia il contributo che i fattori
esterni ed interni all’azienda hanno dato alla formazione del risultato operativo
b. tale riclassificazione permette di apprezzare l’apporto dei vari tipi di “gestione” al
risultato d’esercizio (gestione caratteristica, gestione finanziaria e gestione
straordinaria)
CAPITOLO 2
GLI INDICI DI BILANCIO
4.1 Note preliminari
Attraverso la rielaborazione dei bilanci possono essere costruiti numerosi indici che
forniscono una serie di utili informazioni sullo stato di salute dell’azienda.
L'analisi di bilancio attraverso la tecnica degli indici è condotta mediante
l'elaborazione di determinati rapporti che sono istituiti tra le diverse grandezze
rappresentante in bilancio.
A titolo di esempio ci sono indici che mettono a confronto unicamente valori indicati
nello stato patrimoniale oppure solo nel conto economico, ma ci sono anche indici che
confrontano valori dello stato patrimoniale con valori del conto economico.
Affinché l’analisi per indici sia veramente utile per l’utilizzatore finale è necessario
che:
a. La riclassificazione di bilancio sia fatta correttamente e con continuità di criteri
b. L’analisi di bilancio condotta mediante indici deve basarsi sempre su confronti
nel tempo, ovvero bisogna considerare non solo il valore dell’indice ma anche la
sua evoluzione nel tempo
c. L’analisi di bilancio condotta mediante indici deve basarsi sempre su confronti
nello spazio, ovvero confronti con aziende delle stesso settore e della stessa area
geografica
Gli indici di bilancio si distinguono 3 macro famiglie:
1. Indici di Redditività: misurano quanto la gestione aziendale sia in grado di
remunerare i fattori produttivi, ossia il capitale e le altre fonti di finanziamento
2. Indici di Solidità: misurano la capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni
nel medio-lungo periodo (oltre i 12 mesi) e misurano quanto l’azienda sia
dipendente dai terzi finanziatori
3. Indici di Liquidità: misurano la capacità dell’azienda di far fronte ai propri
impegni nel medio-lungo periodo (entro i 12 mesi)
2.2 Gli indici di REDDITIVITA’
MARGINE DI CONTRIBUZIONE
Il margine di contribuzione si ottiene dalla differenze tra Ricavi e Costi variabili e
indica quanto la gestione caratteristica è in grado di coprire i propri costi fissi.
Tale margine assume particolare rilevanza nelle aziende che hanno più linee di
prodotti: in questo caso è possibile valutare quanto ogni linea di prodotto contribuisce alla
copertura dei costi fissi dell’azienda; in caso di margine di contribuzione negativo, si rende
necessario interrompere la produzione di quel specifico prodotto.
EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and
Amortization)
L’EBITDA, detto anche Margine operative lordo, è uno dei valori più comunemente
usati per valutare la redditività di un’azienda.
L’EBITDA misura il reddito che residua sottraendo dai totale dei ricavi l’insieme dei
costi operativi che sono strettamente legati alla gestione caratteristica e che hanno o che
avranno una manifestazione monetaria. Pertanto sono esclusi dal calcolo quegli
oneri/proventi che derivano dalla gestione finanziaria e straordinaria e che non hanno
una manifestazione monetaria (ammortamenti, svalutazioni ecc)
Contenendo al suo interno solo valori “monetari”, l’ EBITDA approssima quanta cassa
un’azienda può potenzialmente generare.
EBIT (Earnings Before Interest, Taxes)
L’EBIT, detto anche Risultato Operativo, misura il reddito che l’azienda è in grado di
generare prima di aver remunerato sia il costo del capitale di terzi (rappresentato dagli
Oneri finanziari) sia il costo del capitale proprio (rappresentato dagli Utili).
Il reddito operativo è, dunque, un risultato economico intermedio, chiamato anche
utile operativo, margine operativo o risultato operativo, relativo alla sola gestione
caratteristica di un’impresa e che quindi prescinde dalle seguenti componenti reddituali
(che possono essere gestite senza dover intaccare il core business aziendale):
1. Finanziarie: una gestione finanziaria negativa può essere “semplicemente”
sanata ricapitalizzando l’azienda
2. Non caratteristiche: una gestione extra caratteristica negativa può essere
semplicemente eliminata senza compromettere l’attività della azienda
3. Straordinarie: la gestione straordinaria per sua definizione è casuale e quindi
difficilmente ripetibile nel breve periodo
4. Fiscali: la gestione fiscale è proporzionale al reddito di esercizio e quindi
indifferente
Se il reddito operativo è positivo significa che l’azienda è economicamente sana o
sanabile in quanto la sua attività tipica riesce a creare un valore della produzione
maggiore di quanto siano i costi della sola produzione.
ROE (Return on equity) = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒅′𝒆𝒔𝒆𝒓𝒄𝒊𝒛𝒊𝒐
𝑷𝑨𝑻𝑹𝑰𝑴𝑶𝑵𝑰𝑶 𝑵𝑬𝑻𝑻𝑶 (𝒂𝒍 𝒏𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒖𝒕𝒊𝒍𝒆 𝒑𝒆𝒓𝒊𝒐𝒅𝒐)
Esprime il tasso di redditività del capitale proprio; è il rendimento che il business
genera per i soci.
Il ROE rappresenta quindi una misura sintetica della redditività aziendale e può
essere utilizzato in analisi consuntive degli scostamenti fra la redditività attesa e quella
e quella realizzata o in analisi preventive per definire un obiettivo.
L’analisi del ROE viene spesso effettuata per tenere sotto controllo le possibili scelta
di convenienza economica degli azionisti. Poiché il ROE è sostanzialmente il rendimento
del denaro investito nell’azienda dall’azionista, tale rendimento può essere confrontato
con il rendimento di investimenti privi di rischio per valutare se il “premio per il rischio”
generato dall’azienda sia o meno soddisfacente.
ROI (Return on investment) = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝑶𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑰𝑵𝑽𝑬𝑺𝑻𝑰𝑻𝑶(𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝑮𝑪)
Esprime il tasso di redditività operativa dell’azienda, in quanto indica il rendimento
del capitale investito nella gestione caratteristica.
ATTENZIONE: il denominatore della formula si ottiene sottraendo al Capitale
Investito tutti gli investimenti che non riguardano la gestione caratteristica ovvero le
Disponibilità liquide e le Immobilizzazioni Finanziarie poiché i proventi di questi tipi di
investimento (proventi finanziari) non rientrano nel calcolo del Risultato Operativo in
quanto non attinenti alla Gestione Caratteristica dell’azienda.
Il ROI consente di giudicare l’efficienza nella gestione dell’azienda poiché misura
quanto reddito gli amministratori sono capaci di generare date le fonti di finanziamento
messe a disposizione (e tramite le quali sono stati acquisite le voci di bilancio contenute
nel Capitale Investito).
Di norma, tale valore dovrebbe essere più alto del costo medio dei finanziamenti
bancari ovvero del costo delle fonti di finanziamento aziendale acquisite a titolo oneroso.
Il ROI può essere scomposto nei suoi fattori costitutivi che sono i seguenti:
ROI = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒐𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐
𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒊𝒕𝒆 𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕. 𝒙
𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒊𝒕𝒆 𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕.
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑰𝑵𝑽𝑬𝑺𝑻𝑰𝑻𝑶 (𝑮𝑪)
Il primo indice è il ROS e il secondo è il Turnover (Tasso di rotazione del capitale
investito). Vediamoli di seguito
ROS (Return on sales) = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝑶𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐
𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒊𝒕𝒆 𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕
Tale indice esprime quanto reddito operativo l’azienda riesce ad ottenere per ogni
ricavo di vendita, dopo che sono stati coperti tutti i costi operativi e di conseguenza
esprime quanto e se l’impresa riesce a coprire i costi che esulano dalla gestione
caratteristica e i costi relativi alla remunerazione del capitale di terzi.
L'indice ROS può assumere valori:
ROS > 0 Significa che una parte di ricavi è ancora disponibile dopo la copertura di
tutti i costi inerenti alla gestione caratteristica. Esprime la capacità dei ricavi della
gestione caratteristica a contribuire alla copertura dei costi extra-caratteristici, oneri
finanziari, oneri straordinari e a produrre un congruo utile quale remunerazione del
capitale proprio.
ROS = zero La capacità remunerativa del flusso di ricavi caratteristici è limitata
alla sola copertura dei costi della gestione caratteristica. In questo caso, la copertura degli
oneri finanziari, degli oneri straordinari e l’utile dipendono dalla presenza di risorse
extra-caratteristiche quali proventi finanziari e proventi straordinari.
ROS < 0 Viene segnalata l'incapacità dei ricavi caratteristici a coprire i costi della
gestione caratteristica, oltre che, s'intende, i costi finanziari, i costi straordinari e la
remunerazione del capitale proprio. E’ questo è il sintomo di una gravissima crisi
produttiva e gestionale.
TURNOVER = 𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅 𝒆 𝒑𝒓.
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑰𝑵𝑽𝑬𝑺𝑻𝑰𝑻𝑶 (𝑮𝑪)
Tale indice esprime il ricavo medio per singola unità di investimento (o di
finanziamento) e segnala quante volte, nell’arco dell’esercizio, il capitale investito si
trasforma in risorse finanziarie attraverso le vendite.
La scomposizione del ROI in questi due fattori ci fa capire che la redditività operativa
dell’azienda dipende da:
a. Margine di profitto generato da ogni singolo ciclo produttivo (indicato dal ROS)
b. Velocità con cui tali cicli si ripetono nel corso dell’esercizio (indicata dal
TURNOVER)
In teoria, infatti, esistono due possibili strategie che le imprese possono tenere:
a. Scegliere bassi margini (basso ROS) e realizzare una elevata rotazione del
capitale investito (alto TURNOVER) per sostenere il ROI
b. Scegliere alti margini (alto ROS) accettando di realizzare una minore rotazione
del capitale investito (basso TURNOVER)
ROD (Return on debt) = 𝑶𝒏𝒆𝒓𝒊 𝒇𝒊𝒏𝒂𝒏𝒛𝒊𝒂𝒓𝒊
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑫𝑰 𝑻𝑬𝑹𝒁𝑰
Tale indice esprime il peso degli oneri finanziari sul capitale di terzi ovvero esprime
quanto sia oneroso per l’azienda prendere a prestito il capitale da terzi.
2.3 Gli indici di SOLIDITA’
L’analisi di solidità di un’azienda ha a che fare con il concetto di lungo periodo ovvero
gli indici che andremo ad analizzare misurano il rischio di un’azienda di non essere
liquida nel tempo, ovvero di non riuscire, nel lungo periodo, ad onorare i propri impegni.
Da questo ne deduciamo che un’azienda non è solida se, seppur essendo liquida nel breve
periodo, rischia di non esserlo nel lungo periodo.
La solidità di un’impresa dipende da due fattori:
a) correlazione esistente tra investimenti e fonti di finanziamento;
b) grado di indebitamento nei confronti di terzi.
CORRELAZIONE TRA INVESTIMENTI E FONTI DI
FINANZIAMENTO
ICI (Indice di copertura delle immobilizzazioni) = 𝑷𝑨𝑻𝑹𝑰𝑴𝑶𝑵𝑰𝑶 𝑵𝑬𝑻𝑻𝑶
𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶 𝑰𝑴𝑴𝑶𝑩𝑰𝑳𝑰𝒁𝒁𝑨𝑻𝑶
Tale indice misura in che quantità il patrimonio netto “copre” le immobilizzazioni,
ovvero tale indice ci dice quanto l’azienda, per il lungo periodo, dipende da risorse di terzi.
Un indice pari ad 1 indica che tutte le immobilizzazioni sono coperte da quanto versato
dai soci in azienda. Quanto più questo indice è basso, tanto più l’azienda ha dovuto fare
ricorso a capitale di terzi per finanziare i propri investimenti e, pertanto, si presume che
anche in futuro (in assenza di aumenti di capitale), l’azienda dovrà dipendere da terzi per
poter fare nuovi investimenti.
MS (Margine di struttura) = PATRIMONIO NETTO – ATTIVO IMMOBILIZZATO
Questo margine dà le stesse indicazione dell’indice precedente solo che lo fa in valori
assoluti e non in valore percentuale.
GRADO DI INDEBITAMENTO VERSO TERZI
GI (Grado di indebitamento verso terzi o indice di indipendenza finanziaria)
GI = 𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑰𝑻𝑨′𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑰+𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑰𝑻𝑨′𝑰𝑴𝑴𝑶𝑩𝑰𝑳𝑰𝒁𝒁𝑨𝑻𝑬
𝑷𝑨𝑻𝑹𝑰𝑴𝑶𝑵𝑰𝑶 𝑵𝑬𝑻𝑻𝑶
Tale indice mostra il mix di come l’azienda sta finanziando il proprio attivo, dando,
quindi, un’indicazione di quanto l’azienda sia dipendente dai finanziamenti messi a
disposizione dai terzi.
Alti valori dell’indice denotano una situazione di grande indebitamento, cioè elevata
sottocapitalizzazione, con conseguente pregiudizio per la solidità dell’azienda. Infatti i
finanziatori vorranno, prima o poi, essere rimborsati e l’impresa, in questa situazione
potrebbe essere obbligata a dismettere i suoi investimenti in attività fisse e, pertanto, il
rapporto di indebitamento consente di apprezzare il rischio finanziario dell’impresa. Se
tale rapporto è pari a zero, vuol dire che l’azienda si sta finanziando solo con mezzi propri
e pertanto è indipendente da un punto di vista finanziario e quindi particolarmente
“solida”.
2.4 Gli indici di LIQUIDITA’
L’analisi di liquidità di un’azienda ha a che fare con il concetto di breve periodo ovvero
gli indici che andremo ad analizzare misurano il rischio di un’azienda di non essere
liquida nel breve periodo, ovvero di non riuscire, nell’arco di 12 mesi, ad onorare i propri
impegni.
Gli indici che andremo ad analizzare di seguito misurano, quindi, la capacità
dell'azienda di essere sempre solvibile nel tempo ovvero misurano la capacità dell’azienda
di restituire il denaro ottenuto in prestito alle scadenze concordate.
Tali indici si suddividono i due macro classi:
a) Indici della struttura finanziaria
b) Indici o margini di solvibilità
INDICI DELLA STRUTTURA FINANZIARIA
Tali indici hanno lo scopo di studiare la correlazione tra fonti e impieghi verificando
l’equilibrio tra capitale investito e struttura finanziaria in termini di realizzabilità del
primo ed esigibilità della seconda.
GEI (Grado di elasticità degli impieghi) = 𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
𝑻𝑶𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶
Tale indice esprime l’incidenza delle attività a breve termine (liquidabili cioè entro 12
mesi) sul totale dell’attivo, fornendo così una misura dell’elasticità patrimoniale, dando,
quindi, un’indicazione di rischio dell’impresa attraverso l’osservazione della composizione
degli investimenti in termini di recupero monetario: un contenuto valore del rapporto
indica che gli investimenti sono in via principale qualificati come investimenti in fattori
di produzione fissi e pertanto una struttura dell’attivo composta in via principale da
investimenti fissi è indice di una maggiore rischiosità dell’impresa.
Infatti, sebbene ciò significhi maggiore capacità produttiva, l’azienda potrebbe non
avere a disposizione nell’immediato risorse liquide sufficienti per far fronte ai propri
debiti. Infatti, in caso di carenza di liquidità improvvisa, sarà decisamente più
problematico reperire liquidità vendendo attivo fisso, piuttosto che smobilizzando attivo
corrente (è più semplice e veloce vendere scorte di magazzino piuttosto che vendere un
intero impianto di produzione!)
GEF (Grado di elasticità delle fonti) = 𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
𝑻𝑶𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶
Questo indice si può interpretare in antitesi rispetto al precedente. Quanto maggiore
è questo indice tanto più rischiosa appare la struttura poiché l’azienda dovrà far fronte
nel breve periodo al rimborso dei propri debiti.
INDICI O MARGINI DI SOLVIBILITA’
CR (Current Ratio) = 𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
Il Current ratio è dato dal rapporto tra Attivo Corrente (attività che diventeranno
liquide entro 12 mesi) e Passivo Corrente (debiti che devono essere saldati entro 12 mesi);
quanto più elevato è questo indicatore, tanto più positiva è la situazione finanziaria a
breve termine dell’impresa, poiché significa che nel presente sono disponibili risorse
finanziarie sufficienti per far fronte ai debiti a breve termine.
Tuttavia, per non incorrere in grossolani errori, è necessario puntualizzare che attività
e passività possono avere diverse scadenze e, pertanto, accanto a tale indice vanno sempre
considerati altri indici che prendono in considerazione gli elementi dell’attivo in modo più
analitico.
In particolare, le tre voci più importanti di cui si compone l’attivo corrente (in ordine
decrescente per grado di liquidità) sono rappresentate da:
1. Cassa, Conti correnti bancari e postali (Liquidità immediate);
2. Crediti esigibili entro 12 mesi + Ratei (Liquidità differite);
3. Magazzino (Disponibilità non liquide).
Un indice che risponde a questa esigenza è il seguente:
QR (Quick Ratio) = 𝑳𝒊𝒒𝒖𝒊𝒅𝒊𝒕à 𝒊𝒎𝒎𝒆𝒅𝒊𝒂𝒕𝒆+𝒅𝒊𝒇𝒇𝒆𝒓𝒊𝒕𝒆
𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
Quanto più elevato è questo indicatore, tanto più positiva è la situazione finanziaria a
breve termine dell’impresa; infatti se l’indice è superiore a 1 significa infatti che l’azienda
nel breve termine, riuscirà a reperire denaro sufficiente per estinguere le proprie
passività a breve termite (entro i 12 mesi).
Current ratio e Quick ratio possono anche essere espressi in valore
assoluto tramite rispettivamente il Capitale circolante netto e il Margine di
tesoreria.
CCN = ATTIVO CORRENTE – PASSIVO CORRENTE : capitale circolante netto
Questo indice rappresenta in valore assoluto quanto espresso dal current ratio.
Il termine “circolante” fa proprio riferimento ad un ottica di breve periodo perché
indica quelle voci di bilancio che “ruotano” all’interno dell’anno e che si distinguono
concettualmente da tutte le componenti “fisse” aziendali, ossia quelle non liquidabili nel
breve periodo.
MARGINE DI TESORERIA = Liquidità immediate + differite – PASSIVO
CORRENTE
Questo indice rappresenta in valore assoluto quanto espresso dal quick ratio.
PFN = Debiti finanziari (sia a breve che a lungo termine) – Disponibilità
immediate – Disponibilità differite: Posizione finanziaria netta
Tale indicatore esprime quanto e se le disponibilità liquide, immediate e differite ad
una certa data coprono le passività finanziarie.
Tale indice è largamente usato in quanto è un importante indicatore del debito
finanziario complessivo dell’azienda.
Un indicatore, anch’esso largamente usato, della sostenibilità del debito finanziario è
invece il seguente:
𝑷𝑭𝑵
𝑬𝑩𝑰𝑻𝑫𝑨
Essendo l’EBITDA una misura approssimativa della generazione di cassa di
un’azienda, tale indicatore indica quanti esercizi ci vorranno (a parità di PFN) affinché
l’azienda riesca a rimborsare i propri debiti finanziari.
DURATA DEL CICLO MONETARIO
Da coda dipende il grado di liquidità di un’azienda nel breve periodo? Dipende dalla
durata del ciclo monetario del proprio circolante
Per poter capire appieno questo concetto fondamentale ma molto spesso trascurato
dagli imprenditori è necessario distinguere tra “Ciclo economico” e “Ciclo monetario”.
Il Ciclo economico è il periodo di tempo che mediamente intercorre tra l’acquisto dei
fattori produttivi e la vendita dei beni o dei servizi aziendali.
Il Ciclo monetario è il periodo di tempo che mediamente intercorre tra l’uscita
monetaria collegata all’acquisto dei fattori produttivi e l’entrata monetaria originata
dalla vendita dei beni o dei servizi aziendali.
Questi due periodi generalmente non coincidono perché gli esborsi per l’acquisto sono
posticipati rispetto al momento dell’acquisto stesso, in virtù delle dilazioni di pagamento
concesse dai fornitori, e gli introiti per le vendite sono posticipati rispetto al momento
della vendita stessa, in virtù delle dilazioni di pagamento concesse ai clienti.
Dallo schema sopra riportato si deduce che il CICLO MONETARIO è dato dalla
somma algebrica dei seguenti elementi:
Giacenza media di magazzino
MENO: tempo medio di pagamento ai fornitori
PIU’: tempo medio di incasso dai clienti
Pagamento Incasso Acquisto Vendita
Inizio
Produzione
Fine
Produzione
Mgz mat pr Magazzino pr fin
Tempo pagam fornitori
Tempo giacenza in magazzino
Tempo inc clienti CICLO ECONOMICO
CICLO MONETARIO
Mgz semil
Giacenza media di magazzino :
𝑴𝒂𝒈𝒂𝒛𝒛𝒊𝒏𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒅 𝒇𝒊𝒏𝒊𝒕𝒊+𝒎𝒂𝒕 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒆+𝒔𝒆𝒎𝒊𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒂𝒕𝒊
𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒖𝒕𝒐 x 365
Tempo medio di pagamento ai fornitori:
𝑫𝒆𝒃𝒊𝒕𝒊 𝒗𝒆𝒓𝒔𝒐 𝒇𝒐𝒓𝒏𝒊𝒕𝒐𝒓𝒊 (𝒏𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒊𝒗𝒂)
𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒑𝒆𝒓 𝒂𝒄𝒒𝒖𝒔𝒕𝒊 X 365
Tempo medio di incasso dai clienti:
𝑪𝒓𝒆𝒅𝒊𝒕𝒊 𝒗𝒆𝒓𝒔𝒐 𝒄𝒍𝒊𝒆𝒏𝒕𝒊 (𝒏𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒊𝒗𝒂)
𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 X 365
La durata media del ciclo del circolante determina la lunghezza del periodo di
fabbisogno finanziario relativo allo svolgimento dei cicli gestionali correnti, quindi, più
lungo è tale ciclo, maggiore sarà il fabbisogno di capitale e più elevate le fonti di copertura.
Un ciclo del circolante positivo comporta un fabbisogno da finanziare in quanto
l’incasso dei crediti è successivo al pagamento dei debiti.
Un ciclo del circolante negativo comporta un’eccedenza da investire in quanto l’incasso
dei crediti è precedente al pagamento dei debiti.
CAPITOLO 3
LA RELAZIONE DINAMICA TRA INDICATORI
L’analisi del bilancio che è stata analizzata in queste pagine ha utilizzato singoli
indicatori che danno misure statiche della situazione aziendale; alcuni indicatori
analizzati, però possono essere combinati insieme per ottenere ulteriori informazioni
sull’andamento del business e per permettere di individuare relazioni dinamiche tra le
varie poste di bilancio.
3.1 Analisi a “matrice”
Particolarmente interessante è analizzare la situazione finanziaria di un’impresa
combinando tra di loro a coppie il Margine di struttura, il Margine di tesoreria e il
CCN
Riepiloghiamo come si calcolano e il loro significato:
MS (Margine di struttura) = PATRIMONIO NETTO – ATTIVO
IMMOBILIZZATO
MARGINE DI TESORERIA = Liquidità immediate + differite – PASSIVO
CORRENTE
CCN = ATTIVO CORRENTE – PASSIVO CORRENTE : capitale circolante netto
Analizziamo queste 3 matrici:
MARGINE DI TESORERIA
Positivo Negativo
Posit
ivo
Adeguata gestione della liquidità Adeguato livello di capitalizzazione Ottima capacità di credito Possibilità di utilizzo delle liquidità (ma non si sfrutta la leva finanziaria) SITUAZIONE OTTIMALE
Difficile gestione della tesoreria Incidenza elevata degli oneri finanziari Elevata entità delle rimanenze SCARSA SOLVIBILITA’
MA
RG
INE
DI
STR
UTTU
RA
Negati
vo
Insufficiente livello di capitalizzazione Deterioramento della capacità di credito Diminuzione della capacità di investimento Difficoltà nella dinamica finanziaria SCARSA SOLIDITA’ PATRIMONIALE
Difficile gestione della tesoreria Incidenza elevata degli oneri finanziari Insufficiente livello di capitalizzazione Deterioramento della capacità di credito Diminuzione della capacità di investimento SITUAZIONE CRITICA
CAPITALE CIRCOLANTE NETTO
Positivo Negativo
Posit
ivo
Buona struttura fonti - impieghi Ridotta entità delle rimanenze Buona capacità di credito SITUAZIONE OTTIMALE
Se il CCN è negativo non può essere positivo il MT (CCN = MT + RD) IPOTESI NON POSSIBILE
MA
RG
INE
DI
TE
SO
RE
RIA
Negati
vo
Elevato investimento nelle scorte Buona struttura fonti - impieghi Liquidità ridotta SCARSA SOLVIBILITA’
Le immobilizzazioni sono finanziate da debiti correnti (struttura fonti - impieghi non buona) Elevati investimenti nelle scorte Problemi di liquidità SITUAZIONE CRITICA
CAPITALE CIRCOLANTE NETTO
Positivo Negativo Posit
ivo
Adeguato livello di capitalizzazione Ottima capacità di credito Buona gestione finanziaria (ma non si sfrutta la leva finanziaria) SITUAZIONE OTTIMALE
Se il CCN è negativo non può essere positivo il MS (CCN = MS + PF) IPOTESI NON POSSIBILE
MA
RG
INE
DI
STR
UTTU
RA
Negati
vo
Insufficiente livello di capitalizzazione Scarsa capacità di credito Situazione finanziaria difficile (anche se le attività fisse sono finanziate con debiti a medio/lungo termine) SCARSA SOLIDITA’ PATRIMONIALE
Le immobilizzazioni non sono finanziate da CN o PF ma da passività correnti Insufficiente livello di capitalizzazione Notevole incidenza degli oneri finanziari Deterioramento della capacità di credito Ridotta capacità di investimento e sviluppo SITUAZIONE CRITICA
3.2 Analisi del Break Even Point e la “leva operativa”
Tale modello (chiamato anche “Modello Costi-Volumi-Risultati”) serve a determinare:
1. la quantità di produzione che porta al pareggio operativo
ESEMPIO:
Costi fissi (CF): 500
Costo variabile per unità prodotta (CVu): 80
Ricavo per unità prodotta (Ru): 180
Quantità di pareggio (Q) = CF / (Ru-CVu) = 5
Di conseguenza è possibile calcolare, per esempio, di quanto dovrebbe aumentare la
produzione per avere un risultato operativo di 100.
2. la sensibilità del reddito operativo rispetto alla struttura dei costi operativi;
mostra, cioè come varia il reddito operativo al variare del mix tra costi fissi e costi
variabili, tenendo costante la quantità prodotta. Tale sensibilità è misurata dalla
“leva operativa”; vista da un altro punto di vista la “leva operativa” misura di
quanto varia il reddito operativo al variare della quantità prodotta.
RT
Quando la leva operativa è maggiore di 1, il reddito operativo varia più che
proporzionalmente al variare dei volumi di vendita il che vuol dire che (i)
espansioni delle vendite comportano incrementi di reddito operativo più che
proporzionali; (ii) contrazioni delle vendite comportano decrementi di reddito
operativo più che proporzionali.
Quando la leva operativa è minore di 1, il reddito operativo varia meno che
proporzionalmente al variare dei volumi di vendita il che vuol dire che (i)
espansioni delle vendite comportano incrementi di reddito operativo meno che
proporzionali; (ii) contrazioni delle vendite comportano decrementi di reddito
operativo meno che proporzionali.
Matematicamente la leva operativo può essere calcolata in due modi equivalenti:
oppure
come rapporto tra MDC e Risultato operativo.
q
qRO
RO
L
Prendiamo ad esempio queste due aziende:
Azienda A Azienda B
Ricavi 180 180
Costi variabili 30 105
MDC 150 75
Costi fissi 132 57
Reddito operativo 18 18
Quantità prodotte 10 10
CF/CV 4,4 0,54
LEVA OPERATIVA 8,33 4,16
Secondo la formula della leva operativa, ammettendo di aumentare la quantità
prodotta del 10%, il risultato operativo dell’azienda A diventerebbe 33 mentre per
l’azienda B diventerebbe 25,5.
Da questo esempio si evince che un’azienda con una struttura di costi più rigida (come
l’azienda A), riuscirà a cogliere maggiori opportunità rispetto all’azienda B in caso di
espansione delle vendite e, parimenti, subirà maggiori rischi in caso di contrazione.
Come si spiega? Un società con una struttura più rigida quale l’azienda A, ha scelto
una strategia di make (si fa riferimento all’alternativa make or buy) internalizzando
quindi una parte del processo produttivo; questo porta certamente ad avere una quantità
che porta al Break even più alta rispetto all’azienda B (8,8 vs 7,6) ma, una volta raggiunto
il BEP, il risultato operativo crescerà più velocemente in quanto l’incidenza dei costi
variabili sui ricavi risulta essere minore.
Pertanto in sintesi:
Un’azienda che presenta elevati costi fissi è rigida e pertanto:
raggiunge il punto di pareggio a volumi elevati,
presenta un’elevata leva operativa,
beneficia significativamente degli aumenti nei volumi di vendita
ma rischia maggiormente quando vi sono contrazioni di vendita
In ultima analisi, è un’impresa redditiva ma rischiosa.
Un’azienda che presenta bassi costi fissi è flessibile e pertanto:
raggiunge il punto di pareggio a volumi bassi,
presenta una bassa leva operativa,
beneficia poco degli aumenti nei volumi di vendita,
rischia poco quando vi sono contrazioni di vendita
In ultima analisi, è un’impresa poco redditiva ma non rischiosa.
3.3 La “leva finanziaria”
La leva finanziaria viene utilizzata per spiegare come varia il ROE al variare della
struttura finanziaria dato un certo ROI ed un certo ROD.
La principale differenza tra il ROE ed il ROI consiste nel fatto che quest’ultimo
misura il risultato della gestione caratteristica senza tener conto delle modalità di
finanziamento dell’impresa.
L’indice di redditività del capitale proprio (ROE) è invece influenzato dall’entità
degli oneri finanziari sostenuti dall’azienda per remunerare i suoi finanziatori esterni.
Relazione della leva finanziaria: ROE=[ROI+(ROI-ROD)*GI]*(1-t) dove
ROE: return on equity
ROI: return on investment
ROD: costo del capitale di credito (Return on debt)
GI: indice di indipendenza finanziaria (capitale di terzi / capitale proprio)
t: aliquota di tassazione (imposte sul reddito / reddito ante imposte)
La relazione tra i due indici di redditività viene denominata effetto di leva ed è
originata dallo scostamento fra il tasso di redditività del capitale investito ed il costo del
capitale di credito.
Se ROI > ROD l’impresa è in grado di investire le risorse acquisite con il vincolo del
debito ottenendo una redditività (ROI) superiore all’onerosità (ROD) delle risorse stesse.
In questo caso il ROE cresce all’aumentare dell’indebitamento.
Se ROI < ROD l’impresa investe le risorse acquisite con il vincolo del debito ottenendo
una redditività (ROI) inferiore all’onerosità (ROD) delle risorse stesse.
In questo caso il ROE diminuisce all’aumentare dell’indebitamento.
ESEMPIO:
Tuttavia, da un’analisi superficiali si potrebbe dedurre che nel caso in cui sia ROI >
ROD, per l’impresa risulti conveniente indebitarsi indefinitamente, dal momento che al
crescere del capitale di terzi rispetto al capitale proprio, il ROE aumenta.
Tuttavia, all’aumentare dell’indebitamento, il costo medio del capitale di credito tende
ad aumentare, dal momento che per i finanziatori diventa via via più rischioso investire
nell’impresa e pertanto, se aumenta il ROD, diminuisce il divario tra ROI e ROD
abbattendo l’effetto netto sul ROE. Per una corretta rappresentazione dell’effetto leva è
necessario considerare che il ROD assume valori costanti entro determinati range di
variabilità dell’indice di indipendenza finanziaria, ma tende comunque a crescere
all’aumentare di tale rapporto.
INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1 – Contenuti e struttura del Rendiconto Finanziario
CAPITOLO 2 – Gli schemi del Rendiconto Finanziario
CAPITOLO 3 – L’analisi per indici relativi ai flussi finanziari
INTRODUZIONE
Una volta analizzato il Bilancio da un punto di vista economico e patrimoniale
(attraverso l’analisi per indici) è necessario approfondire l’analisi sotto un punto di vista
finanziario analizzando, quindi, i movimenti di risorse finanziarie avvenute nel periodo
oggetto di analisi.
Il principio dal quale partire è che l’Utile di periodo, determinato come differenza tra
ricavi e costi permette di misurare la capacità potenziale di generazione di reddito di
un’attività economica ma non esprime quanta liquidità ha generato l’attività nel periodo.
In questo senso interviene l’analisi dei flussi di cassa che permette di misurare se e
come l’impresa ha generato liquidità nel periodo andando “banalmente” a considerare gli
incassi e i pagamenti di denaro, andando, quindi, ad integrare le informazioni già
contenute nello Stato Patrimoniale.
Lo strumento che serve a misurare la generazione di liquidità di un’azienda è il
Rendiconto Finanziario.
A testimoniare l’importanza che riveste tale genere di analisi, a partire dai bilanci
relativi agli esercizi aventi inizio dal 1° Gennaio 2016, il Rendiconto Finanziario diventa
obbligatorio per tutte le società ad eccezione delle società di pesone, delle micro-imprese
e di quelle che possono presentare il bilancio in forma abbreviata. (Rif. Normativo: D.lgs.
18 agosto 2015 n. 139, pubblivato nella G.U. n. 205 del 4 settembre 2015).
Pertanto oltre allo Stato Patrimoniale, al Conto Economico e alla Nota Integrativa
sarà necessario redigere per legge anche il Rendiconto Finanziario ai sensi, dunque, del
art. 2425-ter del Codice Civile.
In realtà, tale articolo non prevede uno schema rigido a cui attenersi nel redigere tale
documento ma si limita a prescrivere che “dal rendiconto finanziario risultano, per
l'esercizio a cui e' riferito il bilancio e per quello precedente, l'ammontare e la composizione
delle disponibilita' liquide, all'inizio e alla fine dell'esercizio, ed i flussi finanziari
dell'esercizio derivanti dall'attivita' operativa, da quella di investimento, da quella di
finanziamento, ivi comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci”
Per completezza di informazione si riporta il contenuto dell’ OIC 10 (Documento
emesso dall’Organismo Italiano di Contabilità) che tratta del Rendiconto Finanziario:
“Il principio contabile OIC 10 ha lo scopo di definire i criteri per la redazione e
presentazione del rendiconto finanziario. La risorsa finanziaria presa a riferimento per la
redazione del rendiconto è rappresentata dalle disponibilità liquide.
Il rendiconto finanziario è un prospetto contabile che presenta le cause di variazione,
positive o negative, delle disponibilità liquide avvenute in un determinato esercizio.
La società o il gruppo presenta il rendiconto finanziario nella nota integrativa.
Il rendiconto finanziario fornisce informazioni utili per valutare la situazione
finanziaria della società o del gruppo (compresa la liquidità e solvibilità) nell’esercizio di
riferimento e la sua evoluzione negli esercizi successivi.
I benefici informativi del rendiconto finanziario sono molteplici. Il rendiconto permette,
tra l’altro, di valutare:
a. le disponibilità liquide prodotte/assorbite dalla gestione reddituale e le modalità di
impiego/copertura;
b. la capacità della società o del gruppo di affrontare gli impegni finanziari a breve
termine; e
c. la capacità della società o del gruppo di autofinanziarsi.”
CAPITOLO 1
CONTENUTI E STRUTTURA DEL RENDICONTO
FINANZIARIO
Il rendiconto finanziario ha l’obiettivo di mettere in evidenza l’incremento o la
riduzione subita dalle disponibilità monetarie tra l’inzio e la fine del periodo oggetto di
analisi evidenziano il flusso di cassa generato (o assorbito):
1. dalla gestione reddituale: comprende tutti i flussi finanziari derivanti dalla
gestione caratteristica e che riguardano, pertanto, l’acquisizione dei fattori
produttivi, la produzione, l’amministrazione e distribuzione dei beni
2. dalla gestione extra reddituale che comprende
a. L’area degli investimenti: riguarda gli incassi e i pagamenti da
investimenti e disinvestimenti di immobilizzazioni materiali,
immateriali e finanziarie
b. L’area dei finanziamenti: riguarda gli incassi e i pagamenti legati la
capitale proprio o al capitale di terzi
GESTIONE REDDITUALE: sono compresi i flussi in entrata e in uscita generati
dalle operazioni relative alla produzione e distribuzione di beni e fornitura di servizi che
riguardano il core business aziendale, ovvero derivano da quelle voci di conto economico
che determinato il Risultato Operativo (EBIT). I flussi di liquidità della gestione
reddituale possono essere determinati alternativamente con metodo diretto o indiretto:
il metodo diretto: consiste nel tenere traccia di tutti gli incassi ricevuti e i
pagamenti effettuati dividendoli per natura in modo da distinguere la loro
origine “caratteristica”, “di investimento” o “di finanziamento”
Il metodo indiretto: si parte dall'utile netto e apportando un insieme di
rettifiche in grado di rimuovere gli effetti dell'applicazione del principio della
competenza per giungere alla determinazione esatta degli incassi e degli
esborsi. Questo metodo è più diffuso perché mostra le relazioni esistenti con lo
stato patrimoniale e con il conto economico e permette di “legare” insieme i
documenti che compongono il bilancio con il rendiconto finanziario.
Esempi specifici di flussi finanziari generati o assorbiti dalla gestione reddituali sono:
incassi dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi;
pagamenti per l’acquisto di materie prime, semilavorati, merci e altri fattori
produttivi;
pagamenti per l’acquisizione di servizi;
pagamenti a dipendenti;
pagamenti e rimborsi di imposte;
GESTIONE EXTRA CARATTERISTICA - ATTIVITA’ DI INVESTIMENTO: le
operazioni di investimento sono principalmente quelle relative ad acquisto e vendita di
immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie.
Di seguito alcuni esempi di operazioni che generano flussi di liquidità prodotti o
generati:
acquisti e vendite di fabbricati, impianti, attrezzature e altre immobilizzazioni
tecniche;
acquisti e vendite di beni immateriali, ad esempio marchi e brevetti;
acquisizione e cessioni di partecipazioni in imprese controllate, collegate nonché di
altri titoli e obbligazioni.
GESTIONE EXTRA CARATTERISTICA - ATTIVITA’ DI FINANZIAMENTO: le
operazioni di finanziamento comprendono l’ottenimento ed il rimborso di risorse
finanziarie ottenute da terzi, siano esse state acquisite sotto forma di capitale di credito
che di capitale di rischio.
Di seguito le principali operazioni comperese in questa sezione:
incassi derivanti dall’emissione di azioni o di quote rappresentative del capitale di
rischio;
pagamento dei dividendi;
pagamenti per il rimborso del capitale di rischio, anche sotto forma di acquisto di
azioni proprie;
incassi o pagamenti derivanti dall’emissione o dal rimborso di prestiti
obbligazionari, titoli a reddito fisso, accensione o restituzione di mutui e altri
finanziamenti a breve o lungo termine;
incremento o decremento di altri debiti, anche a breve o medio termine, aventi
natura finanziaria.
Di seguito alcuni casi particolari segnalati dal OIC 10:
“Interessi e dividendi
43. Gli interessi pagati e incassati sono presentati distintamente tra i flussi finanziari
della gestione reddituale, salvo particolari casi in cui essi si riferiscono direttamente ad
investimenti (attività di investimento) o a finanziamenti (attività di finanziamento).
44. I dividendi incassati e pagati sono presentati distintamente, rispettivamente, nella
gestione reddituale e nell’attività di finanziamento.
45. I flussi finanziari degli interessi e dei dividendi sono presentati nel rendiconto
finanziario in modo distinto; pertanto nel rendiconto finanziario non è esposto un unico
ammontare di dividendi e interessi. La classificazione dei flussi finanziari di interessi e
dividendi è mantenuta costante nel tempo.
Imposte sul reddito
46. I flussi finanziari relativi alle imposte sul reddito sono indicati distintamente e
classificati nella gestione reddituale. Esempi di flussi finanziari in uscita sono: il
pagamento delle imposte alle autorità fiscali, inclusi i pagamenti degli acconti di imposta.
Esempi di flussi finanziari in entrata sono: i corrispettivi ricevuti dalle autorità fiscali,
incluse le eccedenze e i rimborsi.
Flussi finanziari in valuta estera
47. I flussi finanziari derivanti da operazioni in valuta estera sono iscritti nel bilancio
della società in euro, applicando all’ammontare in valuta estera il tasso di cambio tra
l’euro e la valuta estera al momento in cui avviene il flusso finanziario.
48. Gli utili o le perdite derivanti da variazioni nei cambi in valuta estera non realizzati
non rappresentano flussi finanziari; l’utile (o perdita) dell’esercizio è, dunque, rettificato
per tener conto di queste operazioni che non hanno natura monetaria.
49. L’effetto delle variazioni dei cambi sulle disponibilità liquide possedute o dovute in
valuta estera è presentato in modo distinto rispetto ai flussi finanziari della gestione
reddituale, dell’attività di investimento e di finanziamento.
Derivati di copertura
50. Se un derivato (ad esempio un future, un contratto a termine, un’opzione, uno swap)
è designato come uno strumento di copertura, i relativi flussi finanziari sono presentati
nella medesima categoria dei flussi finanziari dell’elemento coperto (ad esempio, un
finanziamento a medio-lungo termine). I flussi finanziari del derivato di copertura in
entrata e in uscita sono evidenziati in modo separato.
Acquisto o cessione di rami d’azienda
40. Il flusso finanziario derivante dal corrispettivo pagato/incassato per l’acquisizione
e la cessione di una società controllata è presentato distintamente nell’attività di
investimento, al netto delle disponibilità liquide acquisite o dismesse come parte
dell’operazione. Di conseguenza, la società rettifica la variazione nel valore delle singole
attività/passività intervenuta con l’operazione di acquisizione o cessione della società
controllata.
41. La società indica, inoltre, in calce al rendiconto finanziario le seguenti
informazioni: a) i corrispettivi totali pagati o ricevuti; b) la parte dei corrispettivi
consistente in disponibilità liquide; e c) l’ammontare delle disponibilità liquide acquisito
o ceduto con l’operazione di acquisizione/cessione della società controllata e d) il valore
contabile delle attività/passività acquisite o cedute.
42. La presentazione distinta nel rendiconto finanziario di questo flusso finanziario in
un’unica voce, congiuntamente con le informazioni di cui al paragrafo 43, consente al
lettore del bilancio di distinguere chiaramente tale flusso dai flussi derivanti dalla
gestione reddituale, di investimento e finanziamento. Il flusso finanziario relativo
all’acquisizione di una società controllata non può essere compensata con quello relativo
alla cessione di un’altra società controllata.”
CAPITOLO 3
L’ANALISI PER INDICI RELATIVI AI FLUSSI FINANZIARI
Indici di copertura dei nuovi investimenti con flussi di cassa totali:
𝑪𝒂𝒔𝒉 𝑭𝒍𝒐𝒘 𝑻𝒐𝒕𝒂𝒍𝒆
𝑻𝒐𝒕𝒂𝒍𝒆 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒊 𝒊𝒏𝒗𝒆𝒔𝒕𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒊𝒏 𝒃𝒆𝒏𝒊 𝒔𝒕𝒓𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒍𝒊
Tale indice esprime il contributo del Cash Flow Totale alla copertura dei nuovi
investimenti e tanto più alto è e meglio è perché indica se e quanto l’azienda riesce a
“risparmiare” avendo, tra le altre cose, pagato in propri investimenti.
Indici di copertura dei nuovi investimenti con flussi di cassa della gestione
reddituale:
𝑪𝒂𝒔𝒉 𝑭𝒍𝒐𝒘 𝑮𝒆𝒔𝒕𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒓𝒆𝒅𝒅𝒊𝒕𝒖𝒂𝒍𝒆
𝑻𝒐𝒕𝒂𝒍𝒆 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒊 𝒊𝒏𝒗𝒆𝒔𝒕𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒊𝒏 𝒃𝒆𝒏𝒊 𝒔𝒕𝒓𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒍𝒊
Tale indice esprime il contributo del solo Cash Flow della Gestione Reddituale alla
copertura dei nuovi investimenti e tanto più alto è e meglio è perché indica se il flusso di
cassa delle Gestione Caratteristica riesce a pagare gli investimenti dell’azienda.
Indici di redditività delle vendite in termini finanziari:
𝑪𝒂𝒔𝒉 𝑭𝒍𝒐𝒘 𝑮𝒆𝒔𝒕𝒊𝒐𝒏𝒆 𝑻𝒐𝒕𝒂𝒍𝒆
𝑭𝒂𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂𝒕𝒐
𝑪𝒂𝒔𝒉 𝑭𝒍𝒐𝒘 𝑮𝒆𝒔𝒕𝒊𝒐𝒏𝒆 𝑹𝒆𝒅𝒅𝒊𝒕𝒖𝒂𝒍𝒆
𝑭𝒂𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂𝒕𝒐
Tali indici di redditività delle vendite in termini finanziari si può confrontare col ROS
(Return on Sales: Reddito Operativo / Fatturato). In questo modo è possibile affiancare
due indici, uno di tipo statico (come il ROS) e uno di tipo dinamico al fine di comprendere
quanto del Reddito Operativo si è tramutato in cassa nel periodo.
Indici di incidenza del Cash Flow della Gestione reddituale sul reddito
operativo:
𝑪𝒂𝒔𝒉 𝑭𝒍𝒐𝒘 𝑮𝒆𝒔𝒕𝒊𝒐𝒏𝒆 𝑹𝒆𝒅𝒅𝒊𝒕𝒖𝒂𝒍𝒆
𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝑶𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐
Indici di redditività degli investimenti con riferimento al Cash Flow:
𝑪𝒂𝒔𝒉 𝑭𝒍𝒐𝒘 𝑮𝒆𝒔𝒕𝒊𝒐𝒏𝒆 𝑹𝒆𝒅𝒅𝒊𝒕𝒖𝒂𝒍𝒆
𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒂𝒍𝒆 𝑰𝒏𝒗𝒆𝒔𝒕𝒊𝒕𝒐 (𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒈𝒆𝒔𝒕.𝑹𝒆𝒅𝒅.).
Tale indice di redditività delle vendite in termini finanziari si può confrontare col ROI
(Return on Investment: Reddito Operativo / Capitale Investito). In questo modo è
possibile affiancare due indici, uno di tipo statico (come il ROI) e uno di tipo dinamico al
fine di comprendere quanto ROI si è “trasformato” in cassa.
N.B. per quanto riguarda il valore del denominatore è consigliabile usare un valore
medio.
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