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LA GESTIONE COMUNICATIVA DI UNA CRISI
CDL magistrale «Organizzazione e Marketing per la Comunicazione d’Impresa»
Comunicazione per il management d’impresa. Ottava lezioneprof. M. Stancati 2016-2017
Un’azienda, un Ente, una organizzazione va in crisi quando
(secondo la visione di Emanuele Invenizzi)
subisce le conseguenze di unevento o di un attacco,imprevedibile o semplicementeimprevisto, che crea graviproblemi
questi problemi diventano dipubblico dominio
eccezionalità
visibilità
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o anche, secondo Luigi Norsa:
“Quando parliamo di crisi ci riferiamo ad una serie di situazioni molto diverse fra di loro, ma con degli aspetti comuni: un’enorme pressione sia sul lato emotivo che sul fronte temporale… perché comportano un’accelerazione improvvisa degli eventi, che richiede decisioni e azioni in tempi che sono inusuali per gli usi e le abitudini dell’azienda e del suo management… “
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• un fatto
• l’informazione
• le relazioni
C’è crisi, infatti, quando l’opinione pubblica prende conoscenza(informazione) di un fatto che ritiene inaccettabile e questo mette indiscussione la fiducia nei confronti dell’Organizzazione (relazioni)”
Tre elementi alla base della crisi e della sua gestione comunicativa
* Presidente e fondatore del “Comprehensive Crisis Management”
Secondo Ian Mitroff* qualsiasi azienda primao poi dovrà affrontare una crisi e quindi deveporsi per tempo le domande:
a quale tipo di crisi siamo esposti?
quando, come e dove si può verificare?
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Nessuna impresa, nessuna Organizzazione, nessuna Istituzione può ritenersi al riparo dall’EVENTO CRISI e dalla necessità di gestirlo sotto il profilo comunicativo
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Il Crisis Management di fatto esiste da quando ci sono le crisi e quindi praticamente da sempre.
Come disciplina organica si sviluppa dalla fine degli anni settanta del secolo scorso a seguito di due eventi che generarono grande clamore:
• l’incidente alla centrale nucleare di Three Mile Island (1979)
• l’avvelenamento con cianuro di alcune confezione di un antidolorifico, il Tylenol della J & J che arrivò a ritirare dal mercato 31 milioni di confezioni del prodotto (1982)
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CRISIS MANAGEMENT
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Il Caso Tylenol da molti è considerato il miglior caso di Crisis Management e di CrisisCommunication Management della storia.
Da altri (una minoranza, ma agguerrita) solo un mito alimentato da 25 anni di mistificazioni
Il Caso Tylenol
TIPOLOGIE DI CRISI
CRISI ISTITUZIONALI(perdita di funzioni, scontro tra i vertici, conflittualità con organismi vigilanti)
CRISI FINANZIARIE(bilancio in passivo, crollo in borsa, sfiducia del sistema bancario)
CRISI “DI PRODOTTO” o ”DI SERVIZIO”(crollo delle vendite, boicottaggi, richiami di prodotto, incidenti)
CRISI CHE SCREDITANO I VERTICI AZIENDALI O IL TOP MANAGEMENT(vertenze giudiziarie, arresti, sfiducia)
Posso classificare le crisi aziendali (di cui ho avuto esperienza diretta) sulla base dei differenti fattori generanti
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VICTIM CRISIS
(Gli stakeholder vedono l’Organizzazione vittima della situazione =non perdono la fiducia in essa)
ACCIDENTAL CRISIS
(L’organizzazione è accidentalmente coinvolta in un evento criticodifficilmente prevedibile = bassa responsabilità)
INTENTIONAL CRISIS
(Crisi generate da scelte che, ad esempio, violano norme o mettonoa rischio l’incolumità degli stakeholder = perdita di credibilità efiducia)
Possiamo classificare le crisi aziendali anche per l’attribuzione della responsabilità dell’evento:
CARATTERISTICHE PIÙ FREQUENTI DI UNA CRISI
Il fattore sorpresa
Non si dispone delle informazioni necessarie(spesso neanche di quelle indispensabili)
Lo “scollamento” organizzativo con perdita di controllodell’apparato (middle management, dipendenti, ecc.)
La mancanza di tempo acuita dalla progressione delle pressioni esterne ed interne nonché dalla necessità di gestire emergenze continue
La “sospensione” del giudizio degli “alleati” (partner,fornitori, soci, sponsors ecc.)
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LO SVILUPPO DI UNA CRISI:LA FASE DI LATENZA
prime voci in ambienti circoscritti
lettere ai giornali
prime manifestazioni di interesse da parte delle associazioni dei consumatori e di altri gruppi organizzati
“brevi” su mass-media locali
segnalazioni isolate da parte delle filiali
aumento delle e-mail di contestazione
rumours su Blog e Social Network
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LO SVILUPPO DI UNA CRISI:LA VIGILIA
Le agenzie stampa cominciano a chiedere informazionicon frequenza crescente
I sindacati interni chiedono di essere informati
Le filiali segnalano l’esplodere di aree di crisi localizzate
Alcuni esponenti pubblici rilasciano dichiarazioni
Sulla Rete si moltiplicano i commenti
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Agenzie e quotidiani imperversano
Dichiarazioni a pioggia di politici e personaggi pubblici
I mass media assediano vertici istituzionali ed ufficio stampa aziendale
L’opinione pubblica si divide in “colpevolisti”(la maggioranza) e “innocentisti”
L’ESPLOSIONE DELLA CRISI
La Rete si scatena
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Istituzioni, politici e sindacalisti intervengono in veste ufficiale
Notiziari Radio e TV citano la crisi nei titoli di testa
Servizi sui periodici e nelle “strisce satiriche”
I sindacati interni ed il personale sono in fermento
LA CRISI RAGGIUNGE L’APICE
Inizia un ping pong di news e commenti tra Mass Media e Social Media
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CRISIS MANAGEMENT
Il C. M. è il processo attraverso il quale un’Organizzazionefronteggia un evento che rischia di danneggiarla
È un processo sistematico di prevenzione e gestione dellesituazioni di crisi, basato su:
Strategie di gestione e piani di intervento
Team specializzato (Crisis Team) con funzioni diguida
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CRISIS MANAGEMENT
In genere, i modelli di crisis management si basanosulle varie fasi di sviluppo di una crisi:
• Previsione
• Programmazione
• Comunicazione e gestione
• Valutazione dei risultati
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PREVISIONE DI UNA CRISI
Per identificare gli spazi di vulnerabilità diun’Organizzazione, i primi passi da compiere sono:
il monitoraggio dei segnali premonitori (dell’ambiente interno e
esterno)
L’analisi e valutazione dei possibili rischi
attenzione costante al feedback che l’organizzazione riceve da parte dei suoi pubblici
consente di definire una scala delle crisi più probabili
1. Mappatura dei rischi: individuare tutti gli aspetti legatiall’organizzazione e al contesto che possono generare crisi
2. Creazione matrice rischio/danno, probabilità/gravità: ad ognirischio individuato, attribuire probabilità di accadimento e livellodi gravità del danno atteso
3. Individuazione, per ciascun rischio rilevante, di:
• Scenario
• Pubblici coinvolti
• Organizzazione
• Strategia
• Messaggi e Iniziative
PROGRAMMAZIONE piani di intervento
PREVISIONE DI UNA CRISI : l’analisi dei rischi
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LA PROGRAMMAZIONE
La fase di programmazione è costituita dalla predisposizione daparte dell’organizzazione di un piano specifico per ogni crisiprevista, a cui è stato associato un certo livello di rischio.
In particolare, è necessario definire:
Il Team di gestione
Il Piano di comunicazione
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LA PROGRAMMAZIONE: il Crisis Team
Il Crisis management team è l’unità organizzativa, situata in staff alvertice aziendale, finalizzata alla gestione delle crisi, con particolareriferimento all’attività di comunicazione
In caso di crisi, il Crisis management team è chiamato a svolgere unafunzione di guida, definendo le modalità di reazione che tuttal’organizzazione dovrà adottare
Un ruolo fondamentale è quello svolto dal Portavoce aziendale: lasola persona che rilascerà dichiarazione e che rappresenta un ponte tral’azienda e il mondo esterno. Ne riparleremo.
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Ma i team possono essere più d‘uno. Secondo Regester e Larkin,ad esempio:
• Strategic Crisis Management Team (indirizzi e assegnazione risorse)• Incident Management Team (risposte operative tempestive)• Crisis Communication Team (regia di tutti i flussi comunicativi interni ed esterni)
e, ancora prima, il
• Crisis Prevention Team (mappatura aree di rischio e disegno degli scenari)
Questa articolazione è condivisibile per le grandi multinazionali, che è l’ipotesi che più frequentemente prendono in considerazione R & L. Ora torniamo al modello con un unico organismo di gestione della crisi…
Modelli internazionali
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IL CRISIS TEAM: COME SI ARTICOLA
Segreteria ad hoc (es. per archivio delle strutture e
dei servizi dell’azienda, dei piani di crisi elaborati, ecc.)
Sala operativa (dove si raccolgono le informazioni, simonitora il contesto, si supporta la definizione le strategie, ecc.)
Il Team manager (un vertice aziendale)
Responsabile Comunicazione
Responsabile Risorse Umane
Responsabile Ufficio legale
Responsabile Sicurezza
Responsabili dei settori colpiti dall’evento (variabili)
eventuali Consulenti
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Capo Ufficio Stampa
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IL CRISIS TEAM: presenze/strutture fisse e variabili
Segreteria ad hoc (es. per archivio delle strutture e dei servizi dell’azienda, deipiani di crisi elaborati, ecc.)
Sala operativa (dove si raccolgono le informazioni, si monitora il contesto, sisupporta la definizione le strategie, ecc.)
Il Team manager (un vertice aziendale) Responsabile Comunicazione
Capo Ufficio Stampa
Responsabile Risorse Umane
Responsabile Ufficio legale
Responsabile Sicurezza
• Responsabili dei settori colpiti dall’evento• Consulenti• Testimonial
Da un altro punto di vista
Fisse
Variabili
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IL PIANO DI COMUNICAZIONE DELLA CRISI
L’ulteriore passaggio che caratterizza la fase di programmazione è lapredisposizione, all’interno dei più generali piani di intervento, dispecifici piani di comunicazione correlati ai singoli eventi possibili.
In particolare, la redazione del piano in un momento precedente almanifestarsi di una crisi aziendale permette all’organizzazione dielaborare il documento con maggior cura e di non trovarsiimpreparata di fronte all’evento critico.
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LA COMUNICAZIONE sotto il profilo della gestione
La comunicazione di crisi può essere definita come quell’area dell’attività di comunicazione il cui obiettivo primario è la gestione e il controllodegli effetti di una situazione d’emergenza sull’Organizzazione e sui suoi rapporti con l’esterno.
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Un buon piano è quello che permette all’organizzazione di fararrivare messaggi chiari e trasparenti a tutti i suoi pubblici, interni eesterni, attraverso i canali più diretti e i linguaggi più appropriati
L’attività di auditing deve essere portata avanti per tutta la duratadella crisi, per tenere sempre aggiornato il quadro di riferimento
COMUNICAZIONE E GESTIONE
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STRATEGIA
Occorre decidere:
Gestione locale/accentrata
Priorità
Portavoce/i (chi parla e quando)
Messaggi
Tono/atteggiamento
Tempi
Canali (solo tramite Mass Media e New Media o acquistare anche degli spazi?)
Quale linguaggio per ciascun pubblico
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Tipologie di pubblico
EnteIstituzione
Media / Giornalisti / Blogger
Gruppi di influenza• Associaz. dei consumatori• Movimenti di pressione• Opinion leader• Concorrenti• Social Network
Clienti / Utenti
Interno• Dirigenti, Quadri• Operatori• Sindacati
Comunità finanziaria• Analisti• Banche• Investitori istituzionali
Pubbliche Istituzioni E Organizz. Rappres.
• Governo /Parlamento• Pubblica Amministrazione
• Enti locali• Sindacati
• Partiti
Partner / Fornitori
Trade• Agenti• Distributori• Rappresentanti
Impresa
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MESSAGGI
Esprimete partecipazione e coinvolgimento
Prendete tempo: non dite quello che non sapete, dite quando fornirete maggiori informazioni (e rispettate l’impegno!)
Identificate al massimo tre concetti chiave
Ricollegatevi ai messaggi chiave ad ogni occasione
Non siate generici (cifre, date, percentuali)
Siate credibili (portate prove a conferma)
Siate chiari (non date niente per scontato)
Usate paragoni, aneddoti ed esempi concreti
Cercate terze parti autorevoli a supporto
(ma non coinvolgetele senza averle prima informate)
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INIZIATIVE
Assicurarsi che la strategia e il piano di azione siano condivise da tutti i vertici
Raccogliere informazioni il più velocemente possibile
Cercare alleanze
Agire in modo coordinato e coerente
Tenere informato il call center e il front line del tono edell’atteggiamento
Monitorare le uscite sui media e rettificare le affermazioni non corrette (senza inutili pignolerie)
Utilizzare scientificamente gli spazi acquistati sui media
Valutare con attenzione i tempi
Fare rispettare le procedure stabilite
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L’importanza della Comunicazione Internanelle crisi
“Occorre non dimenticare mai che gli appartenenti all’Organizzazione (i cosìdetti “dipendenti”) sono inevitabilmente dei testimoni, particolarmentecredibili, della realtà aziendale e possono veicolare, se adeguatamenteinformati e formati, messaggi rassicuranti sull’evoluzione della crisi. Ma sevengono tenuti all’oscuro di quanto sta succedendo, possono diffondereall’esterno l’ansia che inevitabilmente si portano dentro contribuendo allapercezione negativa dell’accaduto e, in ultima analisi, dell’azienda stessa”(M. Stancati)
Occorre fare in modo che ciascuno,all’interno dell’organizzazione eindipendentemente dal ruolo svolto, sappiaesattamente cosa dire (e cosa non dire)durante una crisi.
LA CRISI: riflessioni sulla COMUNICAZIONE
La comunicazione è un fattore decisivo per la gestionedi una crisi
La crisi stressa la capacità di comunicazione interna ed esternadi qualunque organizzazione
I “segnali deboli” vanno analizzati e mai sottovalutati
Riuscire a gestire la comunicazione è rassicurante per il pubblico interno ed esterno: se si sa come comunicare la crisi, si sa anche come gestirla
La capacità di assumere iniziative tempestive e mirate èfondamentale per l’impatto sui media
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Sicuramente stressa le capacità di risposta:
• della comunicazione organizzativa
• delle relazioni pubbliche
• dell’Ufficio stampa
• del marketing
• della pubblicità
Una crisi aziendale richiede il coinvolgimento di tutte learticolazioni della comunicazione d’impresa.
…può inoltre coinvolgere o avere riflessi su:
• sponsorizzazioni e promozioni • portali Intranet e Internet• brand name• prodotto e packaging • Investor Relations• comarketing
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STRUMENTI INTEGRATI DI COMUNICAZIONE
Offrire informazioni aggiornate e attendibili attraverso i canaliistituzionali
ma anche attraverso… canali non convenzionali
• Dichiarazioni ufficiali e Comunicati stampa• Conferenze stampa• Portali Internet e Intranet
• monitoraggio della rete (social network, blog, siti internet, forum)
• relazione con comunità dei consumatori • comunicazione mirata agli influencer (coloro che influenzano
le opinioni del proprio gruppo di riferimento)
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La ValutazioneQuando la crisi raggiunge il suo apice, inizia il percorso post-crisi
La valutazione è il momento in cui si tirano le somme di quanto è stato messo in atto e dei risultati ottenuti, grazie all’analisi delle risposte emerse nelle precedenti fasi.
La metabolizzazione dell’esperienza vissuta migliora i criteri e le modalità di gestione degli eventi critici nel loro complesso.
crisi in cinese
un ideogramma composto di due caratteri: il primo indicherebbeil pericolo, il secondo l’opportunità.Forse non è esattamente così sotto il profilo strettamentelinguistico, ma sul piano pratico la suggestione è indubbiamentefunzionale a sottolineare la possibilità di trasformare la crisida fattore negativo a fattore di competitività e sviluppo.
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La crisi come opportunità
La capacità di un’Organizzazione di resistere ad un impatto esternofortissimo, come una crisi, e di uscirne con una credibilitàrafforzata si chiama RESILIENZA*. Il termine è mutuato dalla fisicaed indica la capacità di un materiale di resistere a impatti forti eimprovvisi senza spezzarsi.
* da latino resilire = rimbalzare
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La crisi come opportunità
Le possibili opportunità offerte dalla risoluzione di una crisi sono:
Rafforzamento della reputazione
Attuazione dei cambiamenti
Consolidamento del senso di appartenenza
Apprendimento per la gestione di crisi future
La crisi è quindi un momento di ripensamento delle prospettive aziendali che
spesso richiede la necessità di mutamenti radicali
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La crisi come opportunità
E’ importante investire risorse per diffondere una cultura dellaprevenzione degli eventi critici all’interno dell’Organizzazione
Reputazione e credibilità sono le componenti strategichedell’Azienda a rischio di essere danneggiate in seguito ad una crisi.La riconquista della stima e del prestigio agli occhi deglistakeholder come obiettivo principale del management
Ricordiamo l’ammonimento di Mitroff:
Non ci si deve chiedere più “se” un evento critico si verificherà bensì “quando”, “dove” e con “quali conseguenze”
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Non fare del dialogo con i dipendenti, e i loro rappresentanti,una priorità
Dire bugie
Ritenere che i mass media e i social media non se ne occuperanno
Nascondere fatti rilevanti o esporli in maniera ambigua
Fornire informazioni in maniera non coordinata
Perdere il controllo delle emozioni
Individuare un capro espiatorio
Gli errori da evitarenella comunicazione interna
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Gli errori da evitarenella comunicazione esterna e nel rapporto con i media:
Intempestività (troppo presto, troppo tardi)
Tono troppo sotto
Tono troppo difensivo
Tono troppo aggressivo
Tono tecnico di “rifugio” (burocratico, giuridico, finanziario, comunque settoriale)
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Da evitare, nella comunicazione interna ed esterna, affermazioni del tipo:
Questa non è una crisi
Quello che si dice da altre parti non ci interessa
La direzione è occupata con altre priorità
Noi abbiamo fatto quello che ci competeva
Ma che cosa volete da noi? (Aggressivo)
Insistere nel negare la responsabilità
No comment (se protratto)
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la Perrier si perde in un… bicchier d’acqua (al profumo di benzene). Si arriverà in ritardo al ritiro di 160milioni di bottiglie
1990
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la “prova dell’alce” ridicolizza la Mercedes Classe A. Gestione comunicativa tardiva. Il brand recupererà nei tempi lunghi (Classe A ESP)
1997
Coca Cola sotto accusa per l’intossicazione di qualche decina di persone in Belgio e altrove (ma il Ministero della Sanità del Belgio affermò che si era trattatodi “un malattia sociogenica di massa” e non di intossicazione da softdrinks”)
1999
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esplode la “polveriera” di Tolosa, una nube di ammoniaca e ossido di azoto. E’ il caso Azote Fertilisant. Indennizzi onerosissimi e perdita di immagine
2001
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il crack della Parmalat. Uno dei casi più famosi di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio. Sotto il profilo comunicativo, un caso esemplare che consentì di evitare che la crisi finanziaria diventasse crisi industriale
2003
carne contaminata da un batterio intossica 18 bambini e qualche centinaio di adulti. La carne è stata acquistata nel supermercato Leclerc. Il patron Michel Eduard Leclerc si assume le sue responsabilità e coordina le operazioni per il ritiro immediato del prodotto e l’identificazione di tutti gli acquirenti. Uso mirato del Corporate Blog, anzi del Ceo blog “ De quoi je me M.E.L.”
2005
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Un uso dello
strumento/veicolo
del tutto coerente
con le caratteristiche
comunicative
del medium Internet
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La BP: dalla marea nera nel Golfo del Messico
alla marea nera comunicativa
Dal BLOG di Anna Maria Testa
“…..In anni precedenti, d’altra parte, le retoriche aziendali comprendevano, oltre a una dose di trionfalismo tecnologico, anche la (oggi imbarazzante) affermazione che BP “dà vita”.
Insomma: succede che il contrasto tra dichiarazioni e realtà faccia apparire quest’ultima, se possibile, ancora più grave e offensiva. E sottolinei, come segnala l’autorevole Huffington Post, l’ambiguità dell’impresa e il suo cinismo: BP è stata coinvolta per negligenza in alcuni tra i maggiori disastri degli ultimi cinque anni riguardanti gas e petrolio”.
2010
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Il primo “lungo” post di MPS sulla propria pagina FB (analoghi contenuti su TW) è del 27 Gennaio:
«In questi giorni, sia l’Amministratore delegato Fabrizio Viola che il presidente, Alessandro Profumo, sono intervenuti su tutti i media per dare le risposte necessarie al chiarimento di ogni dubbio. Sui principali canali social che utilizziamo, Facebook e Twitter, non interverremo se non in palesi casi offensivi e irrispettosi, anche degli altri utenti. Con l’impegno a condividere ogni aggiornamento disponibile anche attraverso il sito internet, desideriamo ringraziare…»
800 persone mettono “like” al post; 370 fanno “re-sharing”; oltre 600 commentano il post: offese, manifestazioni di affetto, accuse , partecipazione commossa, senso di appartenenza, clienti indignati e rabbiosi, difese a oltranza, abissale delusione.
2013 - 2016
La crisi si è via via aggravata e anche la gestione comunicativa è diventata sempre più opaca
Alcuni esempi di «disastri social» di imprese nazionali e multinazionali tra Facebook e Twitter
E-book scaricabile gratuitamente
Innanzitutto non dimentichiamo mai che Media e Aziende hanno interessi divergenti !
I media cercano quindi elementi di:
• discontinuità
• eccezionalità
• straordinarietà
Le aziende hanno interesse a comunicare:
• continuità
• stabilità
• normalità
• Credibilità Il dialogo deve svilupparsi in un clima di fiducia. Il che vuol dire che il "destinatario" deve ritenere credibile il "mittente", deve aver fiducia nella sua professionalità e nella sua competenza.
• Contestualizzazione Un buona comunicazione deve uniformarsi alla realtà dell'ambiente sociale al quale si rivolge, deve riuscire a dare il "senso della partecipazione" al pubblico al quale si rivolge.
• Contenuto Il messaggio deve avere un significato per chi lo riceve, deve cioè interessarlo, deve essere una notizia per chi la riceve
E inoltre ricordiamoci sempre delle 7 regole della buona comunicazione
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• Chiarezza Il messaggio deve essere presentato in forma semplice; le parole usate devono avere lo stesso significato tanto per chi le trasmette quanto per chi le riceve. Gli argomenti complessi devono essere semplificati. Più "lontano" il messaggio deve andare, più semplice deve essere (necessità di creare slogan).
• Continuità La comunicazione non dovrebbe mai interrompersi, soprattutto durante una crisi
• Multicanalità Mantenere aperti, quanto più possibile, canali già in funzione. Nuovi canali possono essere usati per scopi diversi.
• Ascolto La comunicazione deve tener conto del livello culturale, o di specializzazione, del target. E quindi attenzione al feedback, anche quello espresso dal linguaggio del corpo La comunicazione è tanto tanto più efficace quanto minore è lo sforzo che richiede da parte del pubblico.
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Approcci problematici degli intervistatori
Domande a raffica …
IL GIORNALISTA INVESTE L’INTERVISTATO CON UNA RAFFICA DI DOMANDE
Da evitare: cercare di rispondere a tutte le domande
METODO: privilegiare le domande che consentono di trasmettere un messaggio strategico e che provocherà altre domande a tema
Esempio: “mi sembra che la Sua domanda tocchi il cuore del problema, quindi…”
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Da evitare: la frammentazione, iltentativo di rispondere a tutto.
METODO: Continuare serenamentea illustrare evitando il conflitto o,peggio, la rissa
Esempio: “Se ci sarà tempo parleròanche di questo, ma il tema di oggiè….”
Punto di attenzione: le rispostetroppo lunghe o troppo tecniche.Sintesi, chiarezza, frasi incisivecreano empatia e consentono«virgolettati» più fedeli.
Approcci problematici degli intervistatori
Interruzioni sistematiche
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Approcci problematici degli intervistatori
Interpretazione sostitutiva
IL GIORNALISTA tende a
riformulare le risposte in modo
capzioso e a cercare l’assenso
dell’interessato
Pericolo: Venir citati per quello che
in realtà non si è detto oppure per
affermazioni strumentalizzabili
Metodo: Riprendere il concetto base
sottolineando verbalmente le parole
chiave
«Definerei la situazione esattamente
in questi termini…»
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il giornalista attacca utilizzando un linguaggio ostile, esprimendo giudizi pesanti sull’ Azienda e sulla Persona.
Da evitare: accettare la rissa, perdendo l’occasione (di far passare un messaggio positivo)
Medoto: rimanere calmi, ignorare totalmente il merito dell’attacco ed esprimere, in maniera scandita, il messaggio.
“La situazione consiglia di attenersi ai fatti e di formulare ipotesi di soluzioni. La nostra proposta…”.
Approcci problematici degli intervistatori
Aggressività strumentale
Qualche riferimento bibliografico
• Regester M., Larkin J. Risk Issues e Crisis management nelle Relazioni Pubbliche, Franco Angeli editore, Milano, 2010
• Norsa L. Risk, Issues e Crisis management, Ipsoa, Milano 2009
• Santiago de la Cierva La comunicazione di crisi nella Chiesa, Edusc, Roma, 2008
• Invernizzi E. Manuale di relazioni pubbliche 1 e 2, McGraw-Hill, Milano 2002
• Stancati M. La gestione comunicativa di una crisi aziendale. Quella lezione che ci trova quasi sempre impreparati (in Quando il paesaggio cambia la mappa: soggetti e valori nelle Organizzazioni che cambiano di L. Fumagalli, Franco Angeli editore, Milano, 2010)
• Poma L., Vecchiato G. Crisis Management, Sole24Ore edizioni, Milano 2012
• Spotti V. #Epicfail, Techeconomy Ebook 2014
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