GiovedË 28 Gennaio 2021 Cultura

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Giovedì 28 Gennaio

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

2021 17

Cultura

Dante, la condanna e l’esilioSotto processo. Morì a Ravenna di malaria il sommo poeta che se fosse rientratonella sua Firenze, dopo che i suoi beni erano stati distrutti, sarebbe stato decapitatoNICOLÒ MINEO

T empo di Dante quest’anno!Morto a Ravenna di malarianella notte tra il 13 e il 14 set-

tembre 1321. Certo il 2020 e il 2021saranno ricordati nel mondo cometempo del covid-19. Mi auguro chenon siano associati questo e Dante.Sarebbe l’ennesima sventura delnostro poeta.

Non è certo grande onore peròessere ricordato come ora sta avve-nendo, anche in fogli di grande pre-stigio, per futilità o per scanzonateassociazioni, e nell’incombere dinotizie contrabbandate come nuo-ve mentre sono risapute, di fretto-lose biografie e di presuntuosi giu-dizi da parte di improvvisati danti-sti. Per fortuna è un punto fermoche si tratti di uno dei maggioripoeti che il mondo abbia avuto. Chela sua sia stata un’esperienza uma-na tra le più drammatiche e che laDivina Commedia ne sia una verti-ginosa sublimazione dovrebbe es-sere alla base di ogni rilettura. Allasventurata esperienza dell’esilionegli anni della vita terrena egli ri-spose con la ispirata certezza di unriscatto nell’eternità.

La lettura del poema non può es-sere separata dal pensiero che lasua composizione fu il lavoro deigiorni e delle notti di un esule, sra-dicato dal proprio mondo e sottrat-to ai propri affetti, senza patria, di-sperso tra una contrada e l’altra, incondizione di sostanziale indigenzae in costante incertezza sul propriodestino. Dante, per sentenza deigiudici fiorentini, era un condan-nato a morte, a essere bruciato vivoo decapitato se catturato, e un passofalso o un tradimento poteva inqualunque momento consegnarloal carnefice. E l’autore del quintocanto del Purgatorio lo sapeva be-ne.

Per quali colpe? Il contrasto poli-tico tra le fazioni fiorentine si risol-se dopo il momento della violenzacon la vendetta legalizzata: condan-ne quasi sempre immeritate e pro-cedimenti fondati su improprie e-stensioni della materia del giudizio,ma formalmente costruite secondoabili formulazioni dell’imputazio-ne.

Dante è citato a comparire dinan-

zi al podestà di Firenze per discol-parsi delle accuse mossegli in con-seguenza della nuova inchiesta cheviene aperta nei confronti dei giàpriori. È accusato, dietro denuncia,genericamente e senza prove, di ba-ratteria, concussione, estorsioni,opposizione al pontefice e a Carlo diValois, di aver minacciato la pacedella città e della parte guelfa, di a-ver fomentato i dissensi tra Bianchie Neri a Pistoia. Si aggiunge l’incri-minazione di aver gravato sui bi-lanci del Comune per spese imposteda inopportune deliberazioni. Il ri-ferimento generale è chiaramentealle posizioni assunte nelle funzio-ni di governo e si tratta di decisionie azioni quasi sempre di natura po-litica. Con particolare insistenza èdenunciata l’opposizione a Carlo diValois, che era opposizione alla po-litica di papa Bonifacio VIII. Ma cosìgli attori andavano contro i terminidella disposizione di legge, perchénon si limitavano alle azioni com-piute durante il priorato e in quan-to priori. E soprattutto l’addebitostesso era improprio in quanto rife-rito alle scelte politiche in quantotali. Il dispositivo della sentenza pe-rò ha un impianto che accortamen-te, per ogni riconoscimento di rea-to, lega sempre decisioni e propostea un asserito scambio di favori, didanaro o di beni. La baratteria ap-punto.

Dante è fuori Firenze e non sipresenta. Il 27 gennaio del 1302, ingiudizio, la sua contumacia è di-chiarata ammissione di colpa e igiudici lo condannano, con le stesse

motivazioni dell’accusa, al paga-mento entro tre giorni di cinque-mila fiorini piccoli e alla restituzio-ne di somme estorte e, se questonon fosse avvenuto, a due anni diconfino, alla distruzione dei beni eall'esclusione perpetua dai pubbliciuffici. Normale conseguenza, quan-do non veniva pagata la multa, erala distruzione delle proprietà im-mobiliari. Il 10 marzo, non avendopagato la penale, con una secondasentenza, viene condannato dal po-

destà alla confisca degli averi e adesser bruciato vivo, se fosse venutoin potere del Comune. I beni immo-bili, è quasi certo, vengono distrut-ti.

La sentenza, per il suo rifiuto diottemperare alle pratiche voluteper ottenere l’amnistia deliberatada Firenze, è ribadita nell’ottobre enel novembre del 1315, ed è estesa aifigli. Ora la pena è la decapitazione.Ed è confermato il bando.

Ci si è chiesti variamente se que-ste accuse avessero un fondamento.Di solito la risposta è stata negativa.Ma l’interrogativo, va tenuto pre-sente, deve riferirsi all’eventualitàdella corruzione, cioè del legame diinteresse privato e operato politi-co-amministrativo, poiché la realtàe l’intento degli atti che gli addebi-tavano a colpa sono indubbi.

Sarebbe già decisivo per una ri-sposta negativa il fatto che i con-

temporanei non potessero addurrealcuna prova di fatto. Ma vanno fat-te altre considerazioni.

Alla fine degli anni Novanta Dan-te e il fratello Francesco sono inde-bitati per una somma all’incircacorrispondente al loro patrimonio.E questo sino al tempo del prioratoe oltre. E Dante ha dovuto sborsareuna certa somma per l’insieme dispese imposte, legalmente, dallapartecipazione alle guerre e ai Con-sigli e per il priorato stesso. È facilecapire come gli avversari potesseroconvincersi o voler convincersi evoler stabilire che si fosse dato dafare almeno per recuperare quantogià speso. E certo, era il punto es-senziale, con operazioni illegali.L’addebitamento di reato era facile.E si pensava che potesse avere cre-dibilità.

Una ipotesi tra le tante spiegazio-ni possibili per questo accanimen-to. La condanna dell’opposizione alpapa poteva avere rapporto, tral’altro, col fatto che gli introiti delgiubileo da lui indetto andasseronelle casse dei banchieri fiorentiniSpini e Mozzi. Un aspetto dei mo-delli di sviluppo della Firenze deltempo. Opporsi alle mire del papase coincidenti con determinati in-teressi, era, diciamo con linguaggioattuale, avversare il bene del pae-se?

Dante aveva sempre disdegnatoqueste accuse. Tutti i suoi atti e isuoi scritti nella loro consistenza i-deale e ideologica sono la negazio-ne della possibilità della colpa dibaratteria. Che era anche conside-rata peccato. Nel poema si accusadei peccati di superbia e lussuria,non certo di avidità. Ma la sua mag-gior difesa è data proprio dal tempoa cui riferisce il viaggio ultraterre-no, il marzo o, più probabilmente,l’aprile del 1300. È un tempo di pocoantecedente ai mesi del priorato, ilbimestre 16 giugno-15 agosto del1399. È una difesa di fatto. È come seil poeta volesse dire al mondo che èstato priore dopo la liberazionepurgatoriale dalle tendenze al malee l’assunzione al paradiso sino allavisione di Dio. Quindi in condizionedi massima purezza ed elevazionespirituale. Il suo operato non pote-va non essere nel pieno della legali-tà e della correttezza morale. l

là Si proclamòinnocente manon si presentòmai davantiai giudici perrispondere diaccuse generichee senza prove

SCAFFALEDa Ovidio

a La Fontaineil mito

di NarcisoPASQUALE ALMIRANTE

N arciso e narcisismo, l’a-more di se stesso, in untempo in cui la cura del

proprio aspetto ha assunto di-mensioni irragionevoli; tutta-via Ovidio, da cui inizia il mito,quando nelle Metamorfosi nar-ra la storia del ragazzo, di cui illago di Pergusa sembra esserneil teatro, specifica che egli nonsi innamorò di se stesso, ma dicolui che reputava altro da sé,non percependo che fosse lasua stessa immagine rispec-chiata nell’acqua. Con la com-plicità involontaria di Eco, chele sue profferte d’amore era co-stretta a ripetere, a causa delsimilare amore non corrispostoda Narciso, annegò nell’acqua,nel liquido amniotico primige-nio dentro cui anche Ofelia silasciò andare, come un ritornonel sicuro ventre materno. Ilmito però dell’immagine e delguardarsi, che anche riflettereil doppio di sé (la figura sullospecchio d’acqua è appuntocausa di morte per duplice illu-sione), diventa pure strumentodi conoscenza, o di punizione:specchiarsi può significare per-dersi, diventare spettro, che hala radice nello “spec-ulm”, e cheè anche spettacolo, come specu-lare è l’indagine filosofica, mapure approfittare, speculandoappunto. Ebbene le variazioniintorno al potere dello sguardo,e al doppio reale che le immagi-ni riflesse possono sprigionare,hanno interessi antichi, favoli-stici, dove si incontrano perso-naggi come il vigliacco Admetoche, alla morte di Alcesti, giuròche si sarebbe accontentato del“freddo piacere” di una statua asomiglianza della moglie. Delresto, narra una variante, an-che Paride rapì, non Elena, maun simulacro della donna, men-tre Pigmalione fu travolto daldesiderio per la figura femmi-nile che aveva scolpito, aman-dola ma impossibilitato a pos-sedere. Di tutte queste “m e t a-morfosi”, ma pure degli autoriche si sono fatti affascinare dalmito, variamente proposto evariamente interpretato, perquel fascino che il guardarsi e ilguardare, l’immagine e l’i m m a-ginare, hanno attraverso gli oc-chi del se stesso, si intrattienel’accattivante testo di SoniaMacrì, “Narciso. La Passionedello sguardo”, Marsilio - Gran-diClassici, che raccoglie la tra-dizione letteraria da Ovidio aFilostrato, da La Fontaine a Va-léry, da Rilke a Williams, daGarcia Lorca a Borges, da Ritsosa Pasolini a Walcott. Una rac-colta ragionata di autori attor-no ai quali, nella sapiente e ap-passionante introduzione, si dàconto, non solo della scelta maanche della trama interna al-l’ordito di ciascun componi-mento. Ma si dà conto soprat-tutto della saga, per richiamareun termine nordico, complessae antica, secondo la quale, quelgiovinetto, nell’immagine di sérispecchiata sul lago, scopre l’a-more che, a coloro che l’a m a v a-no, aveva rifiutato. E per esso siperde.

Un’antica Divina Commedia

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