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La villa romana di Isera rappresenta un caso ab-
bastanza inusuale, in cui la fortuna, al di là di
ogni ragionevole previsione, ha premiato la co-
stanza e l’acribia degli scavatori: pur essendo i
saggi di scavo di ridottissime dimensioni e pur
considerando che il deposito archeologico era
stato gravemente danneggiato, il quantitativo dei
dati di contesto che è stato possibile raccoglie-
re offre uno specimen di notevole interesse e
rilevanza. Così, le informazioni utili per la rico-
struzione, ricavabili dall’osservazione dei resti
architettonici della villa, possono essere sostan-
ziate e corroborate con dati di altra natura, pro-
venienti in particolare dall’apparato decorativo
di alcune sale del piano terra e del primo piano
e dalla cultura materiale114. Come è stato espo-
sto dettagliatamente in altra parte di questo vo-
lume115, la scoperta dei resti della villa è avve-
nuta in momenti diversi e, di volta in volta, sono
state messe in campo metodiche diverse per la
registrazione delle evidenze.
La prima scoperta avvenne durante la costru-
zione della scuola d’infanzia di Isera. Altre in-
2 LA VILLA ROMANA DI ISERA:
UN’IPOTESI DI RICOSTRUZIONE112
Maura Medri113
dagini, legate a interventi occasionali, sono state
svolte nel 1973 e nel 1985116, in prossimità e
lungo l’attuale muro di terrazzamento del piaz-
zale ‘Belvedere’, dove oggi si trovano le chiese
di S. Vincenzo e di S. Barbara. In entrambi i
casi vennero riportati in luce gruppi di murature
poste a sud del nucleo principale della villa e
non in continuità spaziale con esso. Poi, a par-
tire dagli anni Novanta del secolo scorso, le ri-
cerche condotte dall’Università di Trento in col-
laborazione con il Museo Civico di Rovereto
hanno ampliato le conoscenze circa il settore
sottostante e contiguo alla scuola d’infanzia, con
la scoperta di un ulteriore gruppo di ambienti,
posti a nord di quelli scoperti inizialmente e in
stretta correlazione con essi117. Dalla disposi-
zione di tutti questi vani in rapporto alla pendi-
ce collinare, appariva già chiaro che essi for-
mavano l’angolo nord-orientale della villa nel
suo complesso118. Infine, nel 2004 sono state
indagate con una serie di sondaggi stratigrafici
le aree poste a monte dei resti della villa, tra
questa e la scuola elementare e lungo il lato
112 Gli studi ricostruttivi di M. Medri presentati in questo paragrafo sono stati rielaborati in formato digitale da AndreaCavallo e Fabiola Sivori.
113 Università di Genova, Gennaio 2008.114 Sulla necessità di far intervenire fonti di differente natura per la comprensione e la ricostruzione dei contesti
archeologici, Manacorda 2007; specificamente nel settore dell’edilizia domestica, Allison 2001.115 Cfr. supra, Parte I.116 Maurina 2005b e in questo volume.117 V. supra, pp. 51-55.118 Una prima ricostruzione planimetrica della parte della villa all’epoca nota è in de Vos 1996.
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nord del piazzale ‘Belvedere’. Qui, assenze e
presenze di strutture, tutte per altro rasate fino
al livello di fondazione, hanno contribuito a chia-
rire come poteva essere disposto e articolato il
lato nord della villa. La mancanza di contestua-
lità tra gli interventi di scavo è stata in parte
recuperata con un’accurata disamina della do-
cumentazione realizzata all’epoca dei vecchi
scavi. Tra tutte le evidenze, sono stati scartati ai
fini della ricostruzione soltanto i resti murari rin-
venuti nel 1973 e nel 1985 poiché risulta tutto-
ra impossibile stabilire con sufficiente certezza
se alcuni di questi appartenevano realmente alla
villa romana o meno119.
Un fattore da considerare prioritariamente è la
disposizione della villa in relazione alla morfo-
logia del terreno e il rapporto che si istituisce
con il contesto paesaggistico. Come prescritto
dagli autori e come risulta confermato dalla di-
slocazione di numerose ville romane, la villa di
Isera sorgeva sulla sommità di una collina e pres-
so un corso d’acqua120. La posizione panorami-
ca ricercata e voluta in sede di progetto, com-
portava però alcuni condizionamenti che si ren-
dono evidenti nella serie di ambienti superstiti,
costruiti a ridosso della pendice collinare, in una
esigua striscia di terreno che è stata ricavata a
mezza costa. Questa era la basis villae, cioè quel
settore dell’intero complesso che era destinato
a fare da sostruzione ai piani nobili, posti a li-
vello più alto, e che bordava i limiti naturali del-
la collina, contraffortandoli e rendendo più am-
pio lo spazio edificabile lungo i lati scoscesi e
impervi. L’assetto geomorfologico iniziale fu,
quindi, modificato: i tagli necessari vennero ef-
fettuati in particolare lungo le pendici orientali,
dove si trovano tuttora i resti archeologici me-
glio conservati di tutto l’insieme, mentre le trac-
ce di interventi analoghi sono ancora visibili nelle
foto aeree, lungo il fronte settentrionale che è
disposto perpendicolarmente al fiume121. L’en-
tità di questi tagli può dare un’idea di quanto
fosse estesa la villa. La parte principale, proba-
bilmente suddivisa come di consueto in pars
urbana e pars rustica (o fructuaria), occupava
la sommità della collina appositamente spiana-
ta, all’incirca corrispondente all’odierno piaz-
zale ‘Belvedere’. Le quote dei piani di fruizione
antichi sono ben documentate o ricostruibili. Il
fronte orientale della basis aveva i livelli pavi-
mentali disposti a quota 236.40 m s.l.m., men-
tre il lato nord si sviluppava 2 m circa più in
alto, a partire dalle fondazioni poste a quota
238.30 m s.l.m. In base agli elementi di rico-
struzione disponibili122, si può ipotizzare che i
pavimenti degli ambienti del primo piano si tro-
vassero ancora più in alto di circa 6 m, a quota
243.60 m s.l.m. circa. Poiché la quota del piaz-
zale ‘Belvedere’ si trova oggi tra 240 e 241 m
s.l.m., si è certi che tutti gli elevati siano stati
distrutti a causa delle edificazioni succedutesi
dall’epoca dell’abbandono della villa sino all’età
contemporanea.
Gli elementi strutturali in nostro possesso per
la ricostruzione planimetrica sono, quindi, li-
mitati alla conformazione complessiva e alla
suddivisione interna della basis villae. Altri dati
provengono dalla stratificazione indagata, al cui
interno sono stati rinvenuti numerosi frammenti
della decorazione pittorica di pareti e soffitti, ri-
composti in laboratorio, e frammenti dei muri
crollati che chiariscono, almeno in parte, la na-
tura degli ambienti che si elevavano al primo
piano, al di sopra di una zona della basis villae,
AA 1, 10, 2, 4, 5, 11, 13, 6, 3, 7123. Non sem-
pre, però, è agevole distinguere nell’insieme dei
119 La prima ricostruzione complessiva della villa formulata da Barbara Maurina (Maurina 2005b), tiene conto anchedei resti rinvenuti nel 1973 e nel 1985 e si può ritenere un’alternativa valida a quanto qui di seguito proposto,poiché comunque queste strutture rientrerebbero nell’estensione ipotizzata per la basis villae (vedi oltre). In questasede, si è deciso di comune accordo con la collega di sviluppare una soluzione diversa, considerando che i resti indiscussione, per quanto si ricava dalla documentazione fotografica, presentano varie fasi costruttive che non pos-sono essere distinte e attribuite a epoche precise.
120 V. supra, p. 373.121 Cfr. supra, pp. 54-55.122 V. poco oltre.123 Per la descrizione dei depositi stratigrafici, cfr. supra, Parte I.
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reperti quali siano effettivamente pertinenti alle
strutture e alla decorazione del piano terra e
quali, invece, appartenevano al piano nobile:
quella che si propone come base per la rico-
struzione è, a sua volta, frutto di una possibile
lettura della dinamica di formazione del depo-
sito archeologico124. Un altro aspetto che rima-
ne in ombra dal punto di vista dell’analisi archi-
tettonica è la successione delle fasi costruttive,
delle quali si hanno poche e labili tracce non
riconducibili alla logica di modifiche funzionali
o restauri, intervenuti durante il periodo di uso
della villa. Per questo motivo, si propone un solo
studio ricostruttivo, che comprende la totalità
degli ambienti individuati sul lato est e su quel-
lo nord, come possibile visione d’insieme, pro-
babilmente corrispondente a uno dei momenti
di massima espansione della villa stessa.
Il fronte orientale presenta una estrema regola-
rità di impianto con uno schema compositivo
assai semplice, caratterizzato da ambienti di-
sposti in modo paratattico che si equivalgono
per dimensioni in profondità e occupano per
intero lo spazio resecato lungo il fianco della
collina. Nell’angolo nord-orientale, a questo
schema si sostituisce una sorta di piccola corte
interna che funge da cerniera per il collegamento
con il fronte settentrionale perché tra questi due
lati della basis non poteva sussistere una conti-
nuità nella disposizione interna dei vani a causa
delle quote pavimentali diverse. I pochi resti rin-
venuti lungo il fronte nord sembrerebbero co-
munque indicare che anche su questo lato ven-
ne utilizzato uno schema compositivo semplice
e forse, in modo speculare, la cerniera nell’an-
golo nord-ovest poteva essere costituita da una
turris. L’analisi dimensionale dei vani disposti
lungo il fronte est mostra la ricorrenza di un
modulo di 8 m, pari a 27 piedi, per l’interdi-
stanza tra i muri portanti est-ovest che li deli-
mitano, applicato con una cadenza 1+1, 1,
1+1125. Nella parte conservata i tre blocchi mo-
dulari da 16, 8 e 16 m individuano tre differenti
gruppi funzionali di ambienti (fig. 4).
Il primo blocco da sud (16 m) è costituito da
una suite composta da due oeci tricliniares, AA
1, 5 e due cubicula, AA 4, 11, i cui percorsi
interni erano disbrigati dal corridoio A 10 e dal
vano di passaggio centrale A 2, con tutta pro-
babilità aperto su di una terrazza esterna, affac-
ciata sulla valle dell’Adige. L’abbinamento tri-
clinio-cubicolo ricorre in numerose ville126, dove
sale di questo tipo sono disposte attorno ai pe-
ristili o lungo il perimetro esterno, come nella
villa di Settefinestre127, in modo tale da godere
di particolari sfondi panoramici. Anche a Isera
la suite appare progettata per godere appieno
del paesaggio, con una variazione nella posi-
zione delle porte dei due oeci tricliniares, inter-
ne anziché esterne, il che lascia supporre la pre-
senza di ampie finestre vetrate sui lati brevi
orientali128. L’interpretazione funzionale delle due
sale tricliniari è resa certa dalle proporzioni in-
terne, corrispondenti al canone vitruviano di 2:1
per le dimensioni dei lati129, e dal complesso
della decorazione pittorica130. La villa di Isera
risulta, quindi, rappresentativa di una tendenza
costante nell’architettura domestica di lusso,
quella di moltiplicare il numero dei vani con for-
ma simile, riunendoli o smistandoli in assem-
blaggi sempre diversi. All’apparente isomorfi-
smo era contrapposta una polifunzionalità che
124 Tema analogo è stato affrontato di recente da Penelope Allison, nel caso assai più esteso e complesso di Pompei,dove gli scavatori per lungo tempo hanno dato per scontati i processi di formazione dei depositi, spesso trascuran-do le dinamiche di crollo dei piani superiori e le tracce delle rifrequentazioni: Allison 2004.
125 I moduli sono stati misurati comprendendo lo spessore delle struttura murarie.126 Su questo tema in particolare si vedano: Zaccaria Ruggiu 2001, con vari esempi; sul tema del banchetto, delle
attività a esso collegate e sulla interpretazione dei resti archeologici, Dunbabin 1996.127 Settefinestre I, II.128 Plinio il Giovane descrive così le finestre del suo Laurentinum: “... Est contra medias cavaedium hilare, mox tricli-
nium satis pulchrum, quod in litus excurrit ac si quando Africo mare impulsum est, fractis iam et novissimis fluctibusleviter alluitur. Undique valvas aut fenestras non minores valvis habet atque ita a lateribus a fronte quasi tria mariaprospectat. ...”. Plin., Ep., 2, 17, 5
129 de Vos et al. 1992, de Vos 1996.130 Si veda supra, lo specifico contributo di Maurina.
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si evince appena dalle fonti testuali, laddove
nelle lettere di Plinio il Giovane si legge che il
Laurentinum e il Tusculanum erano dotati di sale
costruite appositamente per godere della mi-
gliore esposizione nel corso delle stagioni o
durante il trascorrere di una giornata131. La stes-
sa variabilità di funzioni che le fonti ci traman-
dano per la stanza che convenzionalmente si
definisce cubiculum, meditare, leggere, studiare,
ricevere e cenare, mentre in luoghi differenti si
trovavano le vere e proprie stanze da letto132,
dimostra che l’attribuire una sola funzione spe-
cifica è spesso azzardato e che l’analisi dei resti
materiali da sola, nel caso della villa di Isera
come in molti altri, non può chiarire come fos-
sero effettivamente vissuti questi ambienti.
Il secondo blocco (8 m), procedendo verso nord,
comprende due ambienti, AA 6 e 7. Il primo di
questi ha una funzione chiaramente identifica-
bile in base all’arredo interno e al contesto dei
reperti in esso rinvenuti, la cucina A 6133, dotata
di focolare e al cui interno sono stati rinvenuti
numerosissimi oggetti di uso domestico134. Il
vano immediatamente attiguo, A 7, ma non co-
municante con la cucina, era probabilmente una
stanza di servizio destinata allo stoccaggio de-
gli attrezzi agricoli, funzione che anche in que-
sto caso si ricava dai reperti in essa rinvenuti135.
Il terzo blocco (16 m) comprende al suo interno
tre insiemi distinti: a sud, in uno spazio all’in-
circa equivalente come superficie a quello oc-
cupato dalla cucina A 6, si trovano tre vani: la
stanza di servizio A 3, con funzione analoga al-
l’A 7, un piccolo disbrigo, A 21, e un ambiente,
A 8, connotato soltanto dalla sua forma stretta e
allungata. Accanto a questi, è un ambiente ret-
tangolare, A 9, che essendo caratterizzato dalla
presenza di un’ampia soglia in blocchi di pietra
può essere interpretato come corridoio d’ingres-
so. Procedendo verso nord, si trova la cerniera
angolare che occupa un’area quadrata di 10 x
10 m circa, costituita dal cortile, A 14, che dà
accesso alla latrina, A 16, e al piccolo balneum,
composto da due sole sale riscaldate: una sala
tiepida, A 17, forse con funzione di apodyte-
rium-tepidarium, e il caldarium, A 18, munito
di una vasca per il bagno a immersione. Anche
se è comune riscontrare una contrazione nelle
dimensioni e nel numero degli ambienti bal-
neari in ambito domestico, rispetto alle terme
pubbliche, questo balneum risulta essere di pro-
porzioni molto ridotte. Si può supporre che que-
sta non fosse l’unica dotazione della villa e che
altrove si potesse trovare un altro balneum, ma-
gari più ampio e più confortevole136.
La soluzione costruttiva adottata per questa strut-
tura appare essere fuori dai modelli, desunti dalle
fonti testuali e/o riscontrabili nel dato archeolo-
gico, almeno per tre aspetti: manca la relazione
funzionale-spaziale con la cucina; si verifica una
interferenza tra i percorsi di fruizione e quelli di
servizio per la manutenzione e il funzionamento
degli impianti; l’esposizione a nord-est, lungo
il perimetro esterno dell’edificio, è la più svan-
taggiosa che si possa scegliere. Circa la dislo-
cazione degli impianti di riscaldamento e idrau-
lici non si hanno molti dati a causa del precario
stato di conservazione dell’insieme. Il praefur-
nium era posto all’esterno della vasca del cal-
darium, A 18, e probabilmente alimentava l’ipo-
causto di questa sala come dell’attigua sala tie-
pida, A 17. Si può supporre che la caldaia137
131 Avere sale da pranzo per differenti stagioni è già tra i precetti vitruviani (Vitr., VI, 4. 2); nel racconto plinianoappaiono in maggior risalto le scelte individuali del committente e le caratteristiche specifiche di queste sale.
132 Zaccaria Ruggiu 2001, p. 81; Leach 1997, pp. 69-70.133 V. supra, pp. 77 e 94 in particolare.134 V. supra, pp. 375-376.135 V. supra, pp. 378-379.136 Vari esempi di balnea in villa sono raccolti in De Franceschini 2005 e pochi altri, con impianti di riscaldamento non
balneari in De Franceschini 1998. Nel caso della villa di Settefinestre, si verifica la sostituzione del piccolo bal-neum, inserito nel corpo centrale, con un impianto molto più ampio e lussuoso, costruito ai margini del giardinoturrito (Settefinstre I, II). Un ulteriore esempio di balneum molto articolato, munito di una piscina calida che ben siaccorda con le descrizioni delle ville pliniane, è nella villa della Foce di Sanremo (Medri 2005).
137 La vasca del caldarium A 18 avrebbe potuto essere riscaldata anche per mezzo di una testudo, inserita al di sottodella caldaia, che poteva essere simile a quella della villa della Pisanella: si vedano i disegni ricostruttivi riediti inCarandini 1989, figg. 17, 1-4. Sull’uso della testudo nei balnea privati, de Haan 1996, pp. 62-63.
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per produrre l’acqua calda fosse collocata sulla
base quadrangolare che è posta sempre dietro
la vasca e che l’acqua fredda fosse stoccata in
una piccola cisterna, A 20, a pianta quadrata,
ricavata in uno spazio di risulta nell’angolo sud-
est del cortile A 14. I frequentatori del balneum
e della latrina, quindi, non potevano usufruire di
un percorso a loro riservato e vedevano i mac-
chinari dell’impianto balneare e forse anche i
servi che li azionavano. Nelle ville, come nelle
domus, è frequente una certa commistione di
funzioni perché le sale riscaldate si trovavano in
genere accanto alla cucina138, ma ciò non av-
viene a Isera, almeno in questo settore della
basis, il che potrebbe far pensare a una soluzio-
ne di ripiego, adottata a seguito di una ristruttu-
razione, o a una modifica in corso d’opera139.
La posizione della latrina, A 16, invece, poteva
essere stata prevista sin dal tracciato originario
della pianta, dal momento che nel fognolo po-
sto sotto i sedili, sul lato est, erano convogliate
le acque del condotto fognario che scorreva al
disotto del corridoio A 13140. Come il balneum,
anche la latrina è di ridotte proporzioni. Si può
calcolare che in essa fossero disponibili 3 po-
sti, considerando che, in altri casi confrontabili,
i fori nel sedile hanno un diametro di 0,19 m
circa e sono posti a un’interdistanza di 0,60 m
circa141. Nel complesso, questi commoda sem-
brano pensati per un uso limitato, forse soltanto
per soddisfare le necessità di una frequentazio-
ne saltuaria di questa zona della basis, in rela-
zione alla suite degli oeci tricliniares e dei cubi-
cula. Comunque, i tre elementi riuniti, le sale
da riposo e da pranzo e i bagni con latrina, co-
stituiscono uno dei fattori di lusso che connota
le ville di maggiore prestigio, tra le quali è an-
noverabile la villa di Isera, che spesso si ritro-
vano solo separati nell’edilizia rurale di tenore
più basso142.
Analizzando le possibilità dei percorsi interni di
collegamento tra tutti questi vani (fig. 4), si os-
serva che i blocchi dimensionali utilizzati per la
progettazione della pianta non coincidono per-
fettamente con le relazioni funzionali che si pos-
sono istituire in base alla presenza delle porte
esistenti o ricostruibili. I percorsi di questo set-
tore della basis villae sono stati delineati in base
a due principali ipotesi: l’esistenza di un unico
corridoio di collegamento, A 13, posto alle spalle
degli ambienti, lungo il fianco della collina, e la
presenza di due vani scala per salire al primo
piano, uno all’interno dell’A 8 e l’altro all’inter-
no dell’A 15. L’ipotesi circa la presenza di scale
si appoggia sulla forma stessa di questi due
ambienti, tanto stretta e allungata da limitare
altri tipi di utilizzo, e sulla disposizione strate-
gica dei due vani, in rapporto ai percorsi che si
potrebbero immaginare per il primo piano.
La scala nell’A 8, infatti, in pratica riproduce il
collegamento tra l’ingresso A 9 e il corridoio A
13 del piano terra e poteva consentire l’accesso
all’analogo corridoio del piano superiore, men-
tre la scala nell’A 15 viene a trovarsi in un punto
ideale per raggiungere gli ambienti al primo pia-
no del lato nord della villa e anche una piccola
terrazza panoramica, di cui si è ipotizzata l’esi-
stenza nell’angolo nord-orientale (vedi oltre,
figg. 6, 7).
A partire da questi presupposti, si può fornire
una descrizione dettagliata dei percorsi. I due
oeci tricliniares, AA 1 e 5, avevano le porte po-
138 Secondo l’unica tipologia sino a ora disponibile, stabilita da E. Fabbricotti, i balnea attigui alla cucina rientrano neltipo II A, con uno o due ambienti come nel caso di Isera, o nel tipo II B, con un vero e proprio quartiere balnare,Fabbricotti 1976.
139 Cfr. supra, p. 80.140 V. supra, p. 89. Il condotto che scorreva sotto il corridoio A 13 probabilmente era un collettore principale, date le
sue dimensioni e la sua posizione; come tale doveva far parte della rete idrica della villa sin dalla fase di progetto,forse per raccogliere le acque di sgrondo del piano superiore o delle aree aperte presenti nella zona centrale, ogginon più conservata.
141 Le misure sono quelle utilizzate da Daniele Manacorda per la ricostruzione della latrina nel corpo centrale della villadi Settefinestre (Settefinstre II, p. 70, figg. 120, 121). Nel caso della villa di Isera la latrina ha uno stretto rapportocon il balneum, formando lo stesso tipo di abbinamento funzionale che è tipico delle terme pubbliche e assai menofrequente in ambito domestico. Sullo sviluppo delle latrine abbinate a terme in Pompei, Koloski-Ostrow 2000; sullelatrine in generale, AA. VV. 1994; da ultimo, v. Jansen et al. 2011.
142 Si veda la rassegna di siti rurali nord italici proposta di recente da Jacopo Ortalli (Ortalli 2006b).
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ste l’una di fronte all’altra che rispecchiavano la
disposizione simmetrica di queste due sale, ri-
spetto al vano di passaggio A 2. La porta d’in-
gresso del cubiculum più esterno, A 4, era po-
sta tra gli ingressi dei due oeci, in posizione
quasi centrale e facilmente agibile da entrambi;
mentre la porta dell’altra stanza da riposo, A 11,
rimaneva defilata e accessibile solo dal corri-
doio A 10. La suite nel suo insieme si presenta-
va, quindi, come un organismo indipendente e
in sé concluso che si poteva raggiungere dal-
l’esterno, forse da una terrazza panoramica an-
tistante la basis villae, oppure dal corridoio in-
terno, A 13.
I percorsi limitati ribadiscono l’uso squisitamen-
te privato e riservato al dominus e ai suoi convi-
tati. Separata, ma in diretto collegamento, era
la cucina A 6 che per motivi pratici usufruiva
dello stesso percorso diretto ai due oeci, for-
mato dai corridoi A 13 e A 10143. Le stanze di
servizio, A 7 e A 3, erano comunicanti tra loro,
tramite una porta posta al centro del muro di-
visorio interno. Per questo motivo, si è ipotizzato
che anch’esse formassero un insieme distinto,
che non interferiva con le percorrenze della suite,
ma che al contrario gravitava verso la zona degli
accessi esterno-interno, cioè verso il vano sca-
la A 8, cui era anteposto un piccolo disbrigo, A
21, e di qui verso il corridoio d’ingresso A 9.
Quest’ultimo era un vero e proprio punto di sno-
do per gli accessi interni, poiché probabilmen-
te consentiva il passaggio anche all’altro vano
scala diretto ai piani superiori, A 15, era raccor-
dato al corridoio A 13 e, inoltre, costituiva l’unico
percorso possibile verso il cortiletto con il bal-
neum, che non poteva essere comunicante con
gli ambienti contigui, sul lato nord della villa,
per la differenza di quota tra i piani di calpestio
interni.
Così ricostruite, le percorrenze interne della vil-
la si prestano a quel tipo di fruizione differen-
ziata che contraddistingue organismi comples-
si, come le ville suddivise in pars urbana e ru-
stica (o fructuaria), ma anche a una fruizione
Fig. 4 - Planimetria ricostruttivaparziale. I percorsi nel fronte este nell’angolo nord-estdella basis villae.
143 Durante lo scavo non è stato possibile indagare il lato orientale della cucina A 6, tanto meno verificare l’esistenzadi una porta, che pertanto è stata ipotizzata sul lato opposto, considerando riservati ai servi domestici l’uso dellacucina e lo svolgimento di altre eventuali attività in questo ambiente.
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387
mista: sfruttando la terrazza antistante la basis
villae, il dominus avrebbe potuto accedere a
quest’ala della villa, per fare il bagno e cenare
assieme ai suoi ospiti, scendendo dal primo
piano attraverso la scala A 15 e passando dal
corridoio d’ingresso A 9 per dirigersi poi al-
l’esterno, mentre i servi preparavano tutto il ne-
cessario muovendosi tra il corridoio A 13, la
cucina A 6 e le stanze di servizio AA 7 e 3, sen-
za disturbare o interferire in alcun modo; al con-
trario, scendendo dalla scala A 8, avrebbe po-
tuto entrare nell’ingresso A 9 e di qui passare
nel cortile del balneum oppure, percorrendo il
lungo corridoio interno A 13, raggiungere la suite
delle sale tricliniari.
Il fronte nord della villa è quello meno conser-
vato e pertanto di più incerta decifrazione, così
da dare adito a diverse ricostruzioni (fig. 5). Qui,
risulta meno agevole comprendere la funzione
dei vani presenti o ricostruibili. Le poche strut-
ture rinvenute a livello di fondazione consento-
no di accertare la presenza di due vani, AA 22,
23, posti immediatamente a ovest del quartiere
balneare e di ricostruire la disposizione di altri
quattro vani, AA 24, 25, 26, 27, di cui l’ultimo a
pianta quadrangolare. Questo lato della villa
sembra, quindi, essere stato utilizzato per una
serie di ambienti di proporzioni e forma simile,
tranne l’ultimo verso ovest, disposti a pettine
l’uno accanto all’altro.
Circa le loro destinazioni d’uso, si possono fare
solo supposizioni. Fermo restando che anche
in questo caso si tratta di una porzione della
basis villae, sebbene posta a quota diversa ri-
spetto al lato est, si può pensare che i vani di
forma rettangolare fossero ambienti di servizio,
magazzini o alloggi per la servitù, mentre il vano
quadrangolare, A 27, posto nell’angolo nord-
ovest, potrebbe essere stato il basamento di una
turris, dato lo spessore delle sue fondazioni. I
percorsi non sono stati ricostruiti in dettaglio
per l’insufficienza dei dati disponibili, ma si è
reso necessario ipotizzare l’esistenza di una bre-
ve scala di raccordo che consentisse di supera-
re il dislivello tra il lato est e il lato nord della
basis villae.
Pur essendo molto limitate le parti effettivamente
esistenti, la morfologia della basis villae con-
sente di ricavare molta informazione sull’aspet-
to della villa nella sua concezione di progetto.
La villa di Isera sembra appartenere alla tipolo-
gia di ville organizzate attorno ad aree aperte
centrali, corti o peristili, il cui disegno plani-
metrico di base è compattato in una forma sem-
plice, quadrata o rettangolare144.
L’articolazione interna di quest’area centrale, che
era circondata e in parte sostenuta dalla basis
villae, come si è già detto, è persa ma si può
proporre una ricostruzione dell’ingombro com-
plessivo della villa nel suo insieme, a partire
dai blocchi dimensionali individuati nel fronte
est. I tre blocchi da 16, 8 e 16 m, corrispondo-
no a una misura complessiva di 135 piedi: du-
plicando questa misura con un asse di simme-
tria che passa sul lato meridionale della suite
oeci tricliniares–cubicula, si ottiene una esten-
sione complessiva per il fronte verso l’Adige di
270 piedi (circa 80 m).
Il lato nord, pur mostrando un’analoga regolari-
tà interna con muri paralleli a quelli del fronte
orientale, non consente di ricavare scansioni mo-
dulari, ma può forse dare indicazioni su quale
fosse il limite occidentale della villa. Il muro pe-
rimetrale dell’ultimo ambiente a ovest, A 27, si
trova a circa 55 m dal fronte est, vale a dire che
la villa potrebbe essere stata inclusa in un ret-
tangolo di 270 x 185 piedi, tracciato secondo la
proporzione aurea, per un’estensione comples-
siva di 4400 mq. Circa la disposizione dei vani
che formavano la basis villae sul lato nord, e
per simmetria forse anche sul lato opposto a
sud, si possono formulare due ipotesi all’incir-
144 Alcuni esempi sono raccolti nel saggio di Andrea Carandini che illustra l’evoluzione della villa (Carandini 1989).Soltanto per stabilire un raffronto ideale, si possono citare le due grandi ville nel territorio di Pola: la villa marittimadi Barbariga, che ha il settore denominato ‘villa estiva’ di forma rettangolare (60x40 m circa) con ambienti aperti sudi una grande corte interna; uno dei settori della villa di Brioni, il complesso R, costruito su terrazze (80x55 mcirca): De Franceschini 1998, rispettivamente pp. 589-618, fig. 194; pp. 645-663, fig. 232. In entrambi i casi sitratta di ville marittime, diverse quindi dalla villa di Isera per il rapporto che istituiscono con il terreno e il paesag-gio, ma la concezione del progetto planimetrico è comparabile, come anche lo sono le dimensioni.
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Fig. 5 - Planimetria ricostruttivacomplessiva della basis villae.Due differenti soluzioniper il lato nord:a) con una sola fila di ambienti;b) con un due file di ambienti
e un corridoio centrale.
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ca equivalenti come attendibilità. Il saggio stra-
tigrafico eseguito a sud del vano A 15 ha chiari-
to che in questo punto non erano presenti strut-
ture murarie145, quindi, occorre ipotizzare che
oltre la breve rampa di scale necessaria per su-
perare il dislivello di quota tra i lati est e nord
della basis villae non ci fossero ambienti, ma
forse solo un ampio disbrigo che immetteva in
un corridoio su cui si aprivano le porte degli
ambienti disposti a pettine sul lato nord della
basis. Questi potevano essere previsti in una sola
fila, con un corridoio laterale (fig. 5a), oppure
in due file affrontate, con un corridoio centrale
(fig. 5b). Entrambi gli schemi si adattano a un
settore della villa con funzioni puramente utili-
tarie e di servizio.
La ricostruzione delle coperture e degli elevati,
nel caso della villa di Isera come in vari altri, si
può giovare di pochi dati acquisiti e si comple-
ta essenzialmente in base a un criterio di vero-
simiglianza. Per l’edilizia rurale, anche di livello
alto, si può in genere escludere la presenza di
coperture voltate, vista la semplicità degli im-
pianti planimetrici. Un’eccezione si verifica nelle
parti con funzione sostruttiva delle basis, che
sono costituite da robuste strutture voltate, spes-
so uniche superstiti dell’intero complesso ar-
cheologico, come accade a Isera. Ma qui gli
ambienti che compongono questi settori, in par-
ticolare quelli del fronte est, presentano mura-
ture di spessore indifferenziato nei setti con di-
rezione est-ovest, gli unici sui quali si sarebbe
potuto ipotizzare l’appoggio per le generatrici
di una teoria di volte a botte; mentre di spesso-
re maggiore sono i perimetrali longitudinali con
direzione nord-sud. I dati di scavo documenta-
no la presenza di elevati in materiali deperibili
che potrebbero appartenere alle sale della ba-
sis, in particolare all’oecus A 5146 e la presenza
di controsoffitti piani dipinti147. In base a queste
osservazioni, si è preferita una copertura lignea
a tetto con solai. Solo per gli ambienti del set-
tore balneare, si propone la copertura voltata con
estradosso piatto, più adatta a vani riscaldati e
a quelli a essi attigui. L’andamento delle coper-
ture a tetto è stato ricostruito solo in modo par-
ziale, per suggerire l’immagine degli ambienti
che si distribuivano sui tre lati dell’intero com-
plesso (fig. 6), lasciando aperta la possibilità di
immaginare la conformazione del quarto lato,
che poteva articolarsi in innumerevoli varianti.
Le coperture sono proposte con una soluzione
speculare per i punti angolari, seguendo il con-
cetto di una pianta assiale simmetrica. Lungo il
fronte est, sono state ipotizzate due corti sco-
perte con piccoli tetti displuviati, circondate su
tre lati da un ballatoio impostato sulle copertu-
re piane degli ambienti sottostanti, in modo tale
da creare la possibilità di un percorso di raccor-
do a livello del primo piano. La ricostruzione di
dettaglio è stata realizzata per l’angolo nord-est
(fig. 7). I tetti displuviati sono sorretti da pilastri
angolari o ancorati direttamente nei muri peri-
metrali del cortile A 14. Alla quota coincidente
con il calpestio del primo piano, si imposta il
ballatoio che sfrutta su tre lati l’ampiezza del
solaio del corridoio d’ingresso A 9, degli estra-
dossi piani degli ambienti del balneum, AA 17
e 18, della latrina, A 16, e l’ultima parte del
fronte a est, articolata da un nicchione, A 19,
che si può ipotizzare coperto con una volta a
catino estradossata piatta. Il ballatoio poteva
essere raggiunto con la scala nell’A 15 e poteva
funzionare da raccordo per il percorsi del primo
piano tra il settore est e quello nord della villa.
Lungo i fronti nord e sud, è stata ipotizzata la
presenza di due turres, poste in corrispondenza
degli angoli esterni. Lo sviluppo in altezza dei
145 Sondaggio B: v. supra, p. 123.146 V. supra, pp. 96-97. In questo caso, si deve pensare che la tecnica costruttiva, adottata per la basis della villa di
Isera comportasse l’uso di materiali differenti per le zoccolature e per gli elevati, questi ultimi in mattoni crudi o inargilla pressata; di conseguenza, e a maggior ragione, i muri del primo piano avrebbero dovuto essere realizzati inmateriali deperibili. Dal caso che oramai può essere definito pionieristico dell’edizione della villa di Settefinestre(Settefinstre I, II, III) l’attenzione si è rivolta a queste tipologie con maggiore interesse, ma esse sono ancora poconote e poco studiate. Una significativa eccezione è costituita dallo studio di Alberto Bacchetta sull’edilizia ruralenella pianura padana (Bacchetta 2003).
147 Sugli affreschi si veda lo specifico contributo di Maurina in questo volume.
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Fig. 6 - Planimetria ricostruttivadelle coperture.Ipotesi relativa alla soluzione a,con una sola fila di ambientiper il lato nord della basis villae.
piani è stato calcolato a partire dalla ricostru-
zione delle pitture parietali, anch’essa ipoteti-
ca. Le tre sezioni ricostruttive (figg. 7-9) pre-
sentano le visuali più significative del fronte est,
in senso longitudinale, nord-sud, e trasversale,
est-ovest, quest’ultima con due differenti tagli
per mostrare l’interno, in parte arredato, sia de-
gli oeci tricliniares che dei cubicula. Per l’arti-
colazione interna delle sale presenti al primo
piano si ripropone lo stesso schema del piano
sottostante, ad eccezione dell’ambiente unico,
ricostruito sopra i vani di servizio A 7 e A 3,
poiché il contesto dei frammenti di decorazione
pittorica proveniente da queste due sale con-
sente di ricomporre una raffinata pittura con
partito asimmetrico per una delle pareti lunghe
laterali che ben si adatta a un grande oecus o a
una diaeta148. Nella pittura, l’ombreggiatura de-
gli elementi architettonici probabilmente ripro-
pone la posizione della principale fonte di illu-
minazione dell’interno, di fronte alla quale po-
tevano essere disposti dei letti tricliniari. Così,
se si immagina che questa sala fosse aperta su
di un peristilio interno, situato nel corpo cen-
trale della villa oggi perduto, l’ampia apertura
d’ingresso che forniva la luce avrebbe dovuto
essere sul lato breve ovest; al contrario, se si
immagina che la sala prendesse luce da fine-
stre aperte sul panorama, come nel piano sot-
tostante, la porta dovrebbe essere posta su una
delle due pareti lunghe, la sud o la nord. Nella
ricostruzione (fig. 7) si è preferita questa se-
conda ipotesi, suggerendo una possibile parti-
zione della pittura per la parete breve ovest, ri-
calcata sulla base di quella ricostruita. Il mo-
dello che si vuole suggerire è quello di un set-
tore del piano nobile che, a differenza della sot-
tostante zona della basis, era riservato unica-
mente alle funzioni della pars urbana. Un ulte-
riore studio ricostruttivo è stato fatto per ripro-
durre l’aspetto esterno della villa nel fronte est
(figg. 10-11), che prospetta sulla vallata del-
l’Adige, ipotizzando una sorta di gerarchia tra i
punti di luce, con le finestrature più ampie per
le sale tricliniari e i loro vestiboli, e aperture più
piccole per tutte le altre sale (fig. 10). Alle due
estremità, nord e sud, il fronte era movimentato
da due nicchioni, ricostruiti sempre per sim-
metria in base alla conformazione di quello esi-
stente a nord, A 19, che potevano essere alle-
stiti come ninfei.
148 V. supra, pp. 298-309.
A lato:
Sezioni ricostruttivedella basis villae e del primo piano:Fig. 7 - andamento nord-sud,vista del lato ovest.Fig. 8 - andamento est-ovest,vista del lato sud.Gli oeci tricliniares.Fig. 9 - andamento est-ovest,vista del lato sud. I cubicula.
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Fig. 10 - Prospetto ricostruttivodel fronte est della villa.
Fig. 11 - Ricostruzionetridimensionale del tratto norddell’ala orientale della villa.
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