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Tesi di Laurea: Relatore: Laureando: Prof. Ing. Franco Bontempi Andrea Demin Correlatore: Ing. Francesco Petrini

Tesi Specialistica - Andrea Demin

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Page 1: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Tesi di Laurea:

Relatore: Laureando:

Prof. Ing. Franco Bontempi Andrea Demin

Correlatore:

Ing. Francesco Petrini

Page 2: Tesi Specialistica - Andrea Demin

1

STRUTTURA DELLA PRESENTAZIONE

Andrea Demin

Ruolo delle zone nodali nel comportamento strutturale

Definizioni degli elementi che compongono un nodo

Modellazione dei nodi semi-rigidi

Applicazione del modello ad una struttura complessa, “L’Ospedale”

Considerazioni conclusive

Intr

od

uzi

on

eP

arte

IP

arte

IIC

on

clu

sio

ni

Intr

od

uzi

on

eP

art

e I

Co

ncl

usi

on

iP

art

e II

Pa

rte

III

Applicazione del modello ad un telaio piano

Page 3: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 2Conclusioni

RUOLO DELLE ZONE NODALI NEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE

Andrea Demin

L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse

durante il terremoto di Northridge (1994) hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità

scientifica.

Ai fini di una corretta valutazione del

comportamento globale della struttura, occorre

considerare, quindi, le prestazioni di un nodo

nel suo complesso.

In seguito a questo terremoto, l’eccessiva

plasticizzazione delle zone pannello è stato visto

come la principale causa dei numerosi e inattesi

danni manifestati dai collegamenti delle strutture

metalliche intelaiate

FEMA (2000), “A Policy Guide to Steel Moment-Frame Construction”, Federal Emergency Management Agency-354, Washington

D.C., November 2000.

Page 4: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 3Conclusioni

DEFINIZIONI DEGLI ELEMENTI CHE COMPONGONO UN NODO

Andrea Demin

1. Il collegamento: è l’insieme degli elementi che rendono possibile l’unione tra due differenti

membrature

2. Il giunto: è la zona in prossimità del collegamento in cui si manifestano interazioni specifiche

tra gli elementi collegati

3. La zona nodale: è la zona individuata da tutti i giunti che concorrono in un nodo

Ogni nodo, di una struttura intelaiata d’acciaio, è

caratterizzato da quattro elementi che interagiscono:

• l’elemento trave;

• l’elemento colonna;

• il pannello nodale;

• il collegamento.

G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.

Page 5: Tesi Specialistica - Andrea Demin

MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI

Parte I

Page 6: Tesi Specialistica - Andrea Demin

La deformazione tagliante del pannello è, in molti casi pratici, la componente più significativa

dello spostamento orizzontale totale.

Il contributo allo spostamento dato dal pannello può anche essere diviso in componenti assiali,

flessionali e di taglio:

Introduzione Parte I Parte II Parte III 4Conclusioni

MECCANISMI DEL NODO TRAVE-COLONNA

Andrea Demin

PGC

Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for

panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.

Tipico sottoassemblaggio interno trave-colonna

di un telaio resistente a momento

Spostamento orizzontale totale di un tipico

sottoassemblaggio trave-colonna:

Ricerche sperimentali su sotto-

assemblaggi trave-colonna hanno

mostrato che il comportamento

del pannello nodale è dominato

da distorsioni taglianti.

PVPFPAP

Page 7: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Il momento di snervamento della molla è dato dal

prodotto tra il taglio del pannello e la sua altezzaRigidezza di snervamento della molla rotazionaleLa rotazione di snervamento della molla è data dal rapporto

tra la deformazione di taglio del pannello e la sua altezza

G

FdVM

yKy

byKy

55,0,

,

Introduzione Parte I Parte II Parte III 5Conclusioni

MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI

Andrea Demin

1. Modello KRAWINKLER

Questo modello permette di predire la risposta

del pannello sulla base della conoscenza delle

sue caratteristiche geometriche e meccaniche:

Il modello meccanico è costituito

dall’anima della colonna, con

comportamento elasto-plastico

incrudente, circondata ai quattro

lati da elementi rigidi connessi ai

vertici con molle che

schematizzano l’effetto delle

piattabande della colonna sul

comportamento della zona

pannello.

bcybyKy dtdFdVM 55,0,G

F

G

dV y

P

byKy

55,0,

Ky

KyKy

MK

,

,,

FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal

Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.

Page 8: Tesi Specialistica - Andrea Demin

La molla del modello “Scissor”

risulterà essere circa 2 volte più rigida

e 1,43 volte più resistente di quella

del modello “Krawinkler”.

Introduzione Parte I Parte II Parte III 6Conclusioni

MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI

Andrea Demin

1. Modello SCISSOR

Il modello è composto da due elementi

rigidi (all’interno della zona pannello)

con una singola cerniera nel centro.

Come per il modello Krawinkler viene

utilizzata una molla rotazionale per

rappresentare il comportamento della

componente pannello.

Le proprietà della molla si determinano

da quelle trovate per il modello

Krawinkler tramite i termini α e β:

α rappresenta il rapporto tra l'effettiva

profondità della colonna e la lunghezza

della campata

β rappresenta il rapporto tra l'effettiva

profondità della trave e l’altezza della

colonna

2

,,

,,

1

1

Ky

Sy

KySy

KK

MM

con rigidezza post-snervamento

pari al 6% di quella elastica

FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal

Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.

2,0

1,0

H

dL

d

b

c

Page 9: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 7Conclusioni

MODELLI A CONFRONTO

Andrea Demin

Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for

panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.

Cinematica del “modello Krawinkler” Cinematica del “modello Scissor”

In conclusione è possibile dire che modelli meccanici semplificati come il “modello Krawinkler”

e il “modello Scissor” sono estremamente efficaci nel rappresentare sia le deformazioni elastiche

che anelastiche nella zona pannello in strutture a telaio in acciaio.

Test approfonditi hanno dimostrato che queste differenze cinematiche non hanno un effetto

significativo sulla risposta. Infatti il “modello Scissor”, pur non modellando il reale

comportamento della regione del nodo, produce risultati essenzialmente identici a quelli di

“Krawinkler”.

Page 10: Tesi Specialistica - Andrea Demin

APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UN

TELAIO PIANO

Parte II

Page 11: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Elemento

strutturale

Profilo L elemento

(m)

Materiale

Colonna HE320A 3 S275

Trave IPE400 5 S275CERNIERE PLASTICHE

PRESSO-FLESSIONALI

Per modellare le non linearità di materiale sono state

definite delle cerniere plastiche secondo FEMA 356

(Federal Emergency Management Agency)CERNIERE PLASTICHE

FLESSIONALI

Introduzione Parte I Parte II Parte III 8Conclusioni

TELAIO PIANO

Andrea Demin

La struttura in esame è un telaio in acciaio a

due campate e tre piani. Le travi sono tutte

della stessa sezione (IPE400) e della stessa

lunghezza.

Anche per le colonne è stata utilizzata

un’unica sezione (HE320A), e sono tutte

della stessa altezza.

Page 12: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 9Conclusioni

TELAIO PIANO

Andrea Demin

0

50

100

150

200

250

300

0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007

M [KNm]

θ [-]

La relazione momento-rotazione

utilizzata per il giunto è di tipo

non lineare.

Modello Scissor

Page 13: Tesi Specialistica - Andrea Demin

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Tagli

o a

lla b

ase

[K

N]

Spostamento ultimo piano [m]

NODI RIGIDI

NODI SEMI-RIGIDI

NODI CON CERNIERE

Dall’andamento di queste curve si intuisce che è molto importante caratterizzare con sufficiente

accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché da essi dipende l’intero stato di sollecitazione

del sistema. Difatti, a seconda del tipo di giunto, varia non soltanto la risposta strutturale in

termini di spostamenti, ma anche quella in termini di sollecitazioni, nonché la rigidezza alla

traslazione dei telai.

Introduzione Parte I Parte II Parte III 10Conclusioni

CURVA DI CAPACITA’

Andrea Demin

0

3

6

9

0,00 10,00 20,00 30,00 40,00

Hpiano

[m]

F [KN]

Distribuzione delle forze uniforme

Sono stati definiti tre tipi di telai:

• Telaio con nodi trave-colonna rigidi;

• Telaio con nodi trave-colonna a cerniera;

• Telaio con nodi trave-colonna semi-rigidi

Page 14: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 11Conclusioni

CURVA DI CAPACITA’

Andrea Demin

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Tagli

o a

lla b

ase

[K

N]

Spostamento ultimo piano [m]

NODI RIGIDI

NODI SEMI-RIGIDI

NODI CON CERNIERE

L’analisi di push-over ci consente, quindi, di

individuare la risposta non-lineare della

struttura al crescere delle azioni laterali e

seguire la successione e l’evoluzione della

plasticizzazione nei vari componenti.

RIG

IDI

SE

MI-R

IGID

I

CE

RN

IER

A

I tre modelli vengono confrontati allo

stesso spostamento laterale

Nel modello a nodi rigidi si ottiene il massimo

grado di plasticizzazione sia nelle travi che nelle

colonne.

Nel modello a nodi semi-rigidi le

travi risulteranno meno plasticizzate.

Nel modello a nodi cerniera la

plasticizzazione sarà esclusivamente

concentrata alla base del telaio.

Page 15: Tesi Specialistica - Andrea Demin

APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UNA

STRUTTURA COMPLESSA, “L’OSPEDALE”

Parte III

Page 16: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 12Conclusioni

L’OSPEDALE

Andrea Demin

Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”,

Anno Accademico 2009-2010.

La struttura portante dell’opera

è interamente realizzata in

acciaio e sia per le travi che

per le colonne sono stati

impiegati profili a doppio T.

Sono stati inseriti controventi

verticali concentrici in

entrambe le direzioniL’opera in esame è adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione di notevole

importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte, ma anche riguardo le dimensioni.

Page 17: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 13Conclusioni

NON LINEARITA’ UTILIZZATE NEL MODELLO

Andrea Demin

FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management

Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000.

• Le non linearità di materiale sono state considerate mediante l’introduzione di cerniere

plastiche definite secondo le indicazioni date dalle FEMA 356 (Federal Emergency

Management Agency):

con a, b e c parametri di

modellazione.

• Le non linearità geometriche sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;

cerniere assiali per i controventi;

cerniere flessionali per le travi;

cerniere presso-flessionali per le colonne.

Page 18: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 14Conclusioni

DEFINIZIONE DEI LEGAMI MOMENTO-ROTAZIONE DEI NODI

Andrea Demin

0

200

400

600

800

1000

1200

0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 0,012

M [

KN

m]

θ [-]

Tipo 1

Tipo 2

Tipo 3

Tipo 4

Tipo 5

Nodo Profilo

colonna

Acciaio My,K θy,K Ky,K My,S Ky,S Kincr,S θy,S θu,S Mu,S

[KNm] [-] [KNm] [KNm] [KNm] [KNm] [-] [-] [KNm]

Tipo 1 HE300B S355 257,73 0,00254 101565 299,69 137324 8239 0,00218 0,00873 353,63

Tipo 2 HE360M S450 821,20 0,00322 255297 969,16 355580 21335 0,00273 0,01090 1143,61

Tipo 3 HE340B S355 318,65 0,00254 125571 379,17 177802 10668 0,00213 0,00853 447,42

Tipo 4 HE300M S355 557,63 0,00254 219749 663,55 311154 18669 0,00213 0,00853 782,99

Tipo 5 HE340A S275 189,67 0,00197 96486 225,33 136187 8171 0,00165 0,00662 265,90

Modello Scissor

Page 19: Tesi Specialistica - Andrea Demin

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb

[KN

]

dc [m]

C. di capacità senza effetti P-Δ

C.di capcità con effetti P-Δ

Curve di capacità del modello a nodi semi-rigidi

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25

Tb

[KN

]

dc [m]

lineare (nodi rigidi)

pseudo-lineare (nodi rigidi)

softening (nodi rigidi)

lineare (nodi semi-rigidi)

pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)

softening (nodi semi-rigidi)

Curve di capacità con effetti P-Δ

Introduzione Parte I Parte II Parte III 15Conclusioni

L’INFLUENZA DEGLI EFFETTI P-Δ SULLA CURVA DI CAPACITA’

Andrea Demin

Confrontando i due modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si può notare come:

• il tratto LINEARE e PSEUDO-LINEARE delle curve non subiscono variazioni significative;

• il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi possiede una pendenza

minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale della struttura.

Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione

longitudinale

Page 20: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 16Conclusioni

EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA A CRESCENTI LIVELLI DI ε

Andrea Demin

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Pia

no

U1 / Htot [%]

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5 2

Pia

no

Drift [%]

Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione

longitudinale

Si può notare come, globalmente, al

crescere del cimento plastico della

struttura corrisponde un aumento in

termini di spostamenti di piano e di

drift di interpiano, in particolare tale

aumento è enfatizzato ai piani

inferiori della struttura.

Page 21: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 17Conclusioni

IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.

Andrea Demin

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi rigidi)

Punto di prestazione

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

Punto di prestazione

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3N

°P

ian

o

Drift [%]

nodi rigidi

nodi semi-rigidi

Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione

longitudinale

SLO

Page 22: Tesi Specialistica - Andrea Demin

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi rigidi)

Punto di prestazione

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

Punto di prestazione

Introduzione Parte I Parte II Parte III 18Conclusioni

IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.

Andrea Demin

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Pia

no

Drift [%]

nodi rigidi

nodi semi-rigidi

Il Taglio alla base si

riduce del 10%

Il Drift aumenta

del 13%

Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione

longitudinale

SLC

Page 23: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Introduzione Parte I Parte II Parte III 19Conclusioni Andrea Demin

2. Al crescere del livello di deformazione la struttura subisce un incremento degli

spostamenti di piano e dei drift di interpiano a dimostrazione del maggiore cimento in

campo plastico della struttura. In particolare tale incremento è enfatizzato ai piani

inferiori.

3. Nelle modellazioni a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi, quando la struttura è soggetta a

terremoti di grande intensità, si hanno drift di interpiano differenti, infatti in

corrispondenza del 4° piano si ha un incremento del 13% del drift trovato con il modello

a nodi rigidi.

1. L’incremento degli spostamenti laterali aumenta la sensibilità della struttura agli effetti

del secondo ordine, per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello

nella modellazione.

Page 24: Tesi Specialistica - Andrea Demin

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb

[KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi rigidi)

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

M

θ

DIREZIONE LONGITUDINALE

Page 25: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE i

INDICE

INTRODUZIONE ......................................................................................... 1

1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO ............................................................. 3

1.1 - INTRODUZIONE ........................................................................................ 3

1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI ................................................................... 5

1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale................................................... 5

1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale ................................................... 6

1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna .................... 6

1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI .......................................... 7

1.4 - I TELAI PENDOLARI .................................................................................. 9

1.5 - LE UNIONI .............................................................................................. 10

1.5.1 – Classificazione ........................................................................................................ 10

1.5.2 - Le unioni bullonate .................................................................................................. 10

1.5.3 - Le unioni saldate ..................................................................................................... 11

1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE .................................... 11

1.6.1 – Articolazioni e giunti .............................................................................................. 11

1.6.2 – Giunti intermedi ...................................................................................................... 12

1.6.2.1 - Giunti trave-trave ............................................................................................. 12

1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna .................................................................................... 13

1.6.3 – Giunti d’estremità ................................................................................................... 14

1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna ................................................................................ 14

1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi .................................................................... 15

1.6.3.3 - Giunti di base.................................................................................................... 16

1.7 - BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 17

2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMIRIGIDI ..................................................................................................................... 18

2.1 - INTRODUZIONE ...................................................................................... 18

2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F ................................................ 19

2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette ... 19

2.2.1.1 – Introduzione ..................................................................................................... 19

2.2.1.2 – Modelli elastici lineari ..................................................................................... 20

2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline ............................................................................. 20

Page 26: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE ii

2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse ................................................... 20

2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline ...................................................................... 22

2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello ......................................................... 23

2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA

PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO ........................................... 25

2.3.1 - Sommario ................................................................................................................ 25

2.3.2 – Introduzione ............................................................................................................ 25

2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave ....................................................................... 25

2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio ........................................................................... 26

2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio ............. 27

2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello ................................................................... 27

2.3.7 - Risposta forza-deformazione................................................................................... 28

2.3.8 - Modello Krawinkler ................................................................................................ 28

2.3.9 - Modello Scissors ..................................................................................................... 30

2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor ....................................................... 31

2.3.11 - Conclusioni ............................................................................................................ 32

2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000 .................................................... 32

2.4.1 - Nodi-Zone pannello ................................................................................................. 32

2.4.1.1 - L’ elemento Nllink ............................................................................................ 35

2.4.1.1.1 - Sommario ....................................................................................................... 36

2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi ................................................................................... 36

2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla ............................................................................ 36

2.4.1.1.4 - Gradi di libertà .............................................................................................. 37

2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale ......................................................................... 37

2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali ............................................................................ 38

2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare............................................................. 41

2.5 – BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 46

3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO ... 47

3.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 47

3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE ........................................................ 48

3.2.1 - L’effetto PΔ ........................................................................................................... 49

3.2.2 - L’effetto P ........................................................................................................... 50

3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000 ............................................... 51

3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements ................................................................... 51

3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000 ........................................................................................ 53

Page 27: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE iii

3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ ............................................................. 55

3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna ...................................................................... 55

3.2.6 - Opzioni del SAP 2000 ............................................................................................. 55

3.2.6.1 - Effetti P-δ .......................................................................................................... 55

3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine ........................................................................ 55

3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE ........................................................ 57

3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata ..................................................................... 57

3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica ................................................................................. 58

3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo .......................................................... 59

3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000 ........................... 63

3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente

asimmetrico secondo FEMA 356 .................................................................................... 63

3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 63

3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo

FEMA356 ........................................................................................................................ 68

3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 68

3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico

incrudente secondo FEMA 356 ....................................................................................... 73

3.3.3.3.1 - Dominio di interazione .................................................................................. 73

3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 75

3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI ........................ 82

3.5 – BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 85

4 - ANALISI NON LINEARE STATICA .................................................. 86

4.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 86

4.2 - SISTEMI SDOF ........................................................................................ 87

4.3 - SISTEMI MDOF ....................................................................................... 88

4.4 – CURVA DI CAPACITA’ ............................................................................ 89

4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità ......................................... 91

4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA . 92

4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 .................................................... 92

4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale

del moto .............................................................................................................................. 93

4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 ............... 93

4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

CONVENZIONALI .......................................................................................... 95

4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme ....................................... 96

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_________________________________________________________________________

INDICE iv

4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo

fondamentale di vibrare ...................................................................................................... 97

4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

MULTIMODALE ............................................................................................. 98

4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA) ............................................................................ 99

4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale .............................................. 101

4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA .......................................................... 102

4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA TRIDIMENSIONALE .......... 103

4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 ................................................... 104

4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000 ................................................................................. 104

4.9.1.1 - Salvataggio di più steps .................................................................................. 104

4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati .................................................... 104

4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi ................................................................... 106

4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico ................................ 106

4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step .......................................................... 109

4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione ..................................................... 109

4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event” ..................................................... 109

4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000 ....................................... 109

4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura ........................................................................... 110

4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale ................................................................. 110

4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante ........................................................... 111

4.10 – BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 112

5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA ............................................ 113

5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA .................................................................. 113

5.1.1 - Collocamento geografico ...................................................................................... 113

5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica ........................................................................... 113

5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale ................................................................................. 114

5.1.3.1 – Solaio ............................................................................................................. 115

5.1.3.2 – Colonne .......................................................................................................... 116

5.1.3.3 – Controventi .................................................................................................... 116

5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore .................................................................................. 117

5.1.3.5 – Fondazioni ..................................................................................................... 118

5.1.4 – Materiali ................................................................................................................ 118

5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica ................................................................... 118

5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni................................................................... 119

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_________________________________________________________________________

INDICE v

5.1.4.3 - Acciai speciali................................................................................................. 119

5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato ........................................................................... 119

5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso ................................................... 120

5.1.4.6 – Calcestruzzo ................................................................................................... 120

5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale ............................................................................ 121

5.2 – AZIONI................................................................................................. 121

5.2.1 - Carichi verticali ..................................................................................................... 121

5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali ............................................ 122

5.2.1.2 - Carico Antropico ............................................................................................ 123

5.2.2 – Azione sismica ...................................................................................................... 123

5.2.2.1 – Combinazione delle azioni ............................................................................. 125

5.3 - SCELTE PROGETTUALI ......................................................................... 126

5.3.1 - Scelte progettuali globali ....................................................................................... 126

5.3.2 - Scelte progettuali locali ......................................................................................... 126

5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ............................... 130

5.4.1 - Modellazione del solaio ........................................................................................ 130

5.4.2 - Modellazione delle travi ........................................................................................ 132

5.4.3 - Modellazione delle colonne .................................................................................. 135

5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi ................................................... 135

5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA ................................................... 136

5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche ................................................................... 137

5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali ............................................................................... 137

5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo) .................................. 138

5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto) ................................... 142

5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali ......................................................................... 148

5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali ............................................................. 149

5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi ........................................................................ 151

5.6 – BIBLIOGRAFIA ..................................................................................... 157

6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE .............. 158

6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI ... 158

6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE ................. 160

6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ................................................ 171

6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 171

6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 171

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_________________________________________________________________________

INDICE vi

6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 176

6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC .... 180

6.2.1.2.1 - Direzione X .................................................................................................. 180

6.2.1.2.2 - Direzione Y .................................................................................................. 181

6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale di vibrare ....................................................................................... 182

6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 182

6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 182

6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 183

6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC .... 184

6.2.2.2.1 - Direzione X .................................................................................................. 184

6.2.2.2.2 - Direzione Y .................................................................................................. 185

6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

dei modi di vibrare principali (MPA) ............................................................................... 186

6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 186

6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 186

6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 186

6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ ....................................................................... 188

6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 188

6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 188

6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 189

6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI ........................... 189

6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul

performance point allo SLC ............................................................................................. 190

6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a

nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2 .................................................................... 192

6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei

modelli a nodi rigidi e a nodi semirigidi .......................................................................... 195

6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi

.......................................................................................................................................... 197

6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti

livelli di deformazione ...................................................................................................... 200

6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semirigidi al variare dello stato limite . 202

APPENDICE A - CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’ ................................................................................................................... 205

A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE ............................................... 205

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_________________________________________________________________________

INDICE vii

A.1.1 – Materiale .............................................................................................................. 205

A.1.2 – Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 206

A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 207

A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico ............................................... 209

A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 209

A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 211

A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico ............................................. 212

A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 212

A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 215

A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3) ................. 217

A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3 ... 217

A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 218

A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 220

A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico ........................... 222

A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 222

A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 226

A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356 ........................................................ 227

A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 227

A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 232

A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE........ 234

A.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 234

A.2.2 - Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 234

A.2.3 – Modello trave tesa ................................................................................................ 235

A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1 .................. 235

A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5 .................. 238

A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5 ........ 241

A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli ............................................................................... 244

A.2.3.5 – Conclusioni .................................................................................................... 245

A.3 - MODELLO TRAVE ................................................................................ 246

A.3.1 – Materiale .............................................................................................................. 246

A.3.2 – Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 246

A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 248

A.3.4 - Modello trave tesa ................................................................................................ 248

A.3.4.1 - Risultati dell’analisi ....................................................................................... 248

A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto ....................................................................... 249

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_________________________________________________________________________

INDICE viii

A.3.4.3 - Curva di capacità ........................................................................................... 251

A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D ............................................ 254

A.4.1 – Materiale .............................................................................................................. 254

A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi ............................................................. 255

A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 257

A.4.4 - Risultati dell’analisi .............................................................................................. 257

A.4.5 - Modelli a confronto .............................................................................................. 259

A.4.5.1 - Curva di capacità ........................................................................................... 263

A.4 - BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 266

APPENDICE B - APPLICAZIONE DEL METODO N2 ........................ 267

B.1 – INTRODUZIONE ................................................................................... 267

B.2 - MODELLO TELAIO REGOLARE IN ALTEZZA ......................................... 268

B.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 268

B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356 ................................................. 269

B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356 ........................................... 269

B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................ 269

B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso-flessionale secondo FEMA 356 ........................... 276

B.2.2.2.1 - Dominio di interazione ................................................................................ 276

B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................ 280

B.2.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 303

B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 305

B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 310

B.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 315

APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA .................... 316

C.1 – INTRODUZIONE ................................................................................... 316

C.2 - MODELLO TELAIO IRREGOLARE IN ALTEZZA ...................................... 316

C.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 317

C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356 ............................................. 318

C.2.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 318

C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 323

C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 328

Page 33: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE ix

C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del secondo modo di vibrare ....................................................................... 333

C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del terzo modo di vibrare ............................................................................ 338

C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti .......................................................... 344

C.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 345

APPENDICE D - TELAIO A NODI SEMI-RIGIDI ............................... 346

D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO ............................... 346

D.2 - TELAIO 2D ........................................................................................... 348

D.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 348

D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356 ............................................. 349

D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi ............................................................................. 349

D.2.4 - Analisi PUSHOVER ............................................................................................ 352

D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli ............................................................................... 355

D.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 359

CONCLUSIONI ........................................................................................ 360

BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 362

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_________________________________________________________________________

INDICE x

INTRODUZIONE

1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO

1.1 - INTRODUZIONE

1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI

1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale

1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale

1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna

1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI

1.4 - I TELAI PENDOLARI

1.5 - LE UNIONI

1.5.1 – Classificazione

1.5.2 - Le unioni bullonate

1.5.3 - Le unioni saldate

1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE

1.6.1 – Articolazioni e giunti

1.6.2 – Giunti intermedi

1.6.2.1 - Giunti trave-trave

1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna

1.6.3 – Giunti d’estremità

1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna

1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi

1.6.3.3 - Giunti di base

Page 35: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xi

1.7 - BIBLIOGRAFIA

2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI

2.1 - INTRODUZIONE

2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F

2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette

2.2.1.1 – Introduzione

2.2.1.2 – Modelli elastici lineari

2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline

2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse

2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline

2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello

2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO

2.3.1 - Sommario

2.3.2 – Introduzione

2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave

2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio

2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio

2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello

2.3.7 - Risposta forza-deformazione

2.3.8 - Modello Krawinkler

2.3.9 - Modello Scissors

2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor

2.3.11 - Conclusioni

2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000

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INDICE xii

2.4.1 - Nodi-Zone pannello

2.4.1.1 - L’ elemento Nllink

2.4.1.1.1 - Sommario

2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi

2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla

2.4.1.1.4 - Gradi di libertà

2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale

2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali

2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare

2.5 – BIBLIOGRAFIA

3 - ASPETTI DEL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO

3.1 – INTRODUZIONE

3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE

3.2.1 - L’effetto PΔ

3.2.2 - L’effetto P

3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000

3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements

3.2.4 - Effetto P-δ

3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ

3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna

3.2.6 - Opzioni del SAP 2000

3.2.6.1 - Effetti P-δ

3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine

3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE

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Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

INDICE xiii

3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata

3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica

3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo

3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000

3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356

3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera

3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA356

3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera

3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356

3.3.3.3.1 - Dominio di interazione

3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera

3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI

3.5 – BIBLIOGRAFIA

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INDICE xiv

4 - ANALISI NON LINEARE STATICA

4.1 – INTRODUZIONE

4.2 - SISTEMI SDOF

4.3 - SISTEMI MDOF

4.4 – CURVA DI CAPACITA’

4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità

4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA

4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008

4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale del moto

4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008

4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

CONVENZIONALI

4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme

4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo

fondamentale di vibrare 4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

MULTIMODALE

4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)

4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale

4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA 4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE

4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000

4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000

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INDICE xv

4.9.1.1 - Salvataggio di più steps

4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati

4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi

4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico

4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step

4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione

4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event” 4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000

4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura

4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale

4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante 4.10 – BIBLIOGRAFIA

5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA 5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA

5.1.1 - Collocamento geografico

5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica

5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale

5.1.3.1 – Solaio

5.1.3.2 – Colonne

5.1.3.3 – Controventi

5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore

5.1.3.5 – Fondazioni

5.1.4 – Materiali

5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica

5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni

5.1.4.3 - Acciai speciali

5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato

5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso

5.1.4.6 – Calcestruzzo

5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale

5.2 – AZIONI

5.2.1 - Carichi verticali

5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali

5.2.1.2 - Carico Antropico

5.2.2 – Azione sismica

5.2.2.1 – Combinazione delle azioni

5.3 - SCELTE PROGETTUALI

5.3.1 - Scelte progettuali globali

5.3.2 - Scelte progettuali locali

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INDICE xvi

5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

5.4.1 - Modellazione del solaio 5.4.2 - Modellazione delle travi

5.4.3 - Modellazione delle colonne

5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi 5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA

5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche

5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali

5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)

5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)

5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali

5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali

5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi

5.6 – BIBLIOGRAFIA

6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE

6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI

6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE

6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse 6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC

6.2.1.2.1 - Direzione X

6.2.1.2.2 - Direzione Y

6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del I modo principale di vibrare 6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC

6.2.2.2.1 - Direzione X

6.2.2.2.2 - Direzione Y

6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare principali (MPA) 6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

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INDICE xvii

6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ 6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X

6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

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INDICE xviii

6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI

6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul performance point allo SLC

6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2

6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi

6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi

6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti livelli di deformazione

6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato limite

CONCLUSIONI

APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’

A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE

A.1.1 – Materiale

A.1.2 – Cerniera plastica assiale

A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico

A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico

A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3)

A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3

A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera

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INDICE xix

A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo EC3

A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.1.8 - MODELLO 5: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356

A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera

A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE

A.2.1 – Materiale

A.2.2 - Cerniera plastica assiale

A.2.3 – Modello trave tesa

A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1

A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5

A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5

A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli

A.2.3.5 – Conclusioni

A.3 - MODELLO TRAVE

A.3.1 – Materiale

A.3.2 – Cerniera plastica assiale

A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

A.3.4 - Modello trave tesa

A.3.4.1 - Risultati dell’analisi

A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto

A.3.4.3 - Curva di capacità

A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D

A.4.1 – Materiale

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INDICE xx

A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi

A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

A.4.4 - Risultati dell’analisi

A.4.5 - Modelli a confronto

A.4.5.1 - Curva di capacità

A.4 - BIBLIOGRAFIA

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INDICE xxi

APPENDICE B - METODO N2 (FAJFAR-1999)

B.1 – INTRODUZIONE

B.2 - MODELLO TELAIO

B.2.1 – Materiale

B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356

B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356

B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera

B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356

B.2.2.2.1 - Dominio di interazione

B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera

B.2.3 - Analisi PUSHOVER

B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

B.3 – BIBLIOGRAFIA

APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA

C.1 – INTRODUZIONE

C.2 - MODELLO TELAIO

C.2.1 – Materiale

C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356

C.2.3 - Analisi PUSHOVER

C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

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INDICE xxii

C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo modo di vibrare

C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo modo di vibrare

C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti

C.3 – BIBLIOGRAFIA

APPENDICE D - TELAI A NODI SEMI-RIGIDI

D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO

D.2 - TELAIO 2D

D.2.1 – Materiale

D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356

D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi

D.2.4 - Analisi PUSHOVER

D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli

D.3 – BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE 1

INTRODUZIONE

L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse

durante il terremoto di Northridge (1994), dovuti ad un’imprevista rottura fragile dei

collegamenti e delle membrature, hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità

scientifica.

Questo comportamento non era previsto dalle correnti procedure di progettazione e il cattivo

funzionamento dei nodi e degli elementi strutturali ha compromesso seriamente l’immagine

delle costruzioni in acciaio, finora considerato il materiale per eccellenza per le strutture

sismoresistenti.

Per una valutazione più accurata del comportamento globale e della capacità resistente dei

collegamenti nelle strutture in acciaio, i nodi trave-colonna sono stati modellati come nodi

semi-rigidi attraverso il software di calcolo agli elementi finiti SAP2000®. Tale

modellazione è importante nei casi in cui si richieda di valutare in maniera accurata gli

effetti delle deformazioni locali, che si sviluppano all’interno dei collegamenti in seguito

alle azioni taglianti e flettenti. Infatti, tali effetti possono avere un’influenza considerevole

sulla distribuzione delle azioni interne negli elementi strutturali, sulla stabilità delle

membrature e sugli spostamenti della struttura.

La rigidezza di una struttura intelaiata d’acciaio può essere sovrastimata se non si tiene

conto, in fase d’analisi, della deformabilità tagliante dei pannelli di giunto.

Tuttavia, l’errore che si compie, per le tipologie e le geometrie dei telai tipicamente usate

negli edifici d’acciaio, non è molto grande, perché di solito l’analisi è effettuata nell’ipotesi

che le dimensioni dei pannelli nodali siano trascurabili, cioè considerando il telaio

rappresentato dagli assi baricentrici degli elementi strutturali componenti, quindi ai vari

elementi è attribuita una lunghezza maggiore di quell’effettiva, che si traduce in una

maggiore deformabilità del telaio. Nelle modellazioni più accurate, invece, si considerano le

dimensioni finite del nodo, per questo la deformabilità delle membrature dipende, in tal

caso, dalla lunghezza libera delle aste.

Il lavoro svolto in questa tesi ha l’obiettivo di esaminare gli effetti che le deformazioni delle

zone pannello esplicano sulla stabilità del telaio e l’influenza che ha la modellazione del

nodo sul comportamento sismico dei telai in acciaio quando si cimentano in campo

plastico.

Nel primo capitolo vengono descritte in maniera sintetica le strutture in acciaio. Il buon

comportamento di queste strutture in caso di eventi sismici è comprovato dall’esperienza. I

collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso di altri materiali.

Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione

dell’energia, per le seguenti ragioni:

la duttilità dell’acciaio come materiale;

i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro

giunzioni;

la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;

l’affidabilità delle proprietà geometriche.

In questo capitolo vengono introdotte la classificazione dei telai, i metodi di analisi dei

sistemi intelaiati, i telai pendolari, le unioni e le giunzioni nelle strutture metalliche.

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INTRODUZIONE 2

Nel secondo capitolo viene presentato il tema su cui si articola lo svolgimento della tesi: il

comportamento e la modellazione dei nodi semi-rigidi. La modellazione di questo tipo di

nodi viene affrontata da diverse normative.

Il terzo capitolo tratta gli aspetti del comportamento non lineare dei telai in acciaio. Le non

linearità utilizzate sono:

le non linearità geometriche, che sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;

le non linearità di materiale, che sono state considerate mediante l’introduzione di

cerniere plastiche definite secondo la FEMA 356 (Federal Emergency Management

Agency):

o cerniere assiali per i controventi;

o cerniere flessionali per le travi;

o cerniere presso-flessionali per le colonne.

Nel quarto capitolo viene descritta l’analisi non lineare statica con distribuzioni di forze

laterali convenzionali (Norme Tecniche per le Costruzioni, Decreto Ministeriale

14/01/2008) e quella con distribuzione di forze laterali multimodale (Modal Pushover

Analysis, Chopra e Goel [2001]). Quest’ultima distribuzione è stata definita poiché l’analisi

pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli edifici

irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e delle

rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta

strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Infatti, l’irregolarità in altezza,

provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo di vibrare che attiva la

quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture regolari, ma da più modi che

attivano ciascuno una significativa percentuale della massa totale.

Il quinto capitolo tratta la descrizione della struttura, ovvero:

la descrizione dell’opera:

o collocamento geografico;

o caratterizzazione architettonica;

o caratterizzazione strutturale.

le azioni:

o carichi verticali;

o azione sismica.

le scelte progettuali:

o globali;

o locali.

la modellazione degli elementi strutturali;

la modellazione della struttura:

o modellazione delle cerniere plastiche;

o modellazione dei nodi semi-rigidi.

Infine, nel sesto capitolo, vengono proposti i risultati ottenuti dall’analisi non lineare statica

dell’ospedale modellato con nodi semi-rigidi. I risultati vengono poi confrontati con quelli

ottenuti con una modellazione dell’ospedale a nodi rigidi.

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CAPITOLO 1 3

1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO

1.1 – INTRODUZIONE [1]

Il buon comportamento delle strutture in acciaio in caso di eventi sismici è comprovato

dall’esperienza. I collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso

di altri materiali. Ciò si spiega con alcune delle caratteristiche specifiche delle strutture di

acciaio.

Esistono due modi per resistere all’azione sismica:

1. strutture composte di sezioni sufficientemente tozze da essere soggette solo alle

sollecitazioni elastiche;

2. strutture realizzate con sezioni di minori dimensioni, concepite per formare numerose

zone plastiche.

Le strutture progettate in base alla prima opzione sono pesanti, e possono non garantire un

margine di sicurezza in caso di azione sismica più forte del previsto, in quanto il collasso

degli elementi non è duttile. In questo caso il comportamento globale della struttura è

“fragile”, e corrisponde al concetto a) del diagramma taglio alla base V - spostamento in

sommità d, schematizzato nella figura. In una struttura concepita in base alla seconda

opzione, determinate parti sono intenzionalmente progettate in modo da subire deformazioni

plastiche cicliche senza collassare, e la struttura nel suo complesso è tale da subire la

deformazione plastica solo in quelle particolari zone.

Figura 1.1 - Esempi di comportamento strutturale globale “dissipativo” e “non dissipativo”. La struttura “non

dissipativa” collassa a livello di un singolo piano [1]

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CAPITOLO 1 4

Il comportamento globale della struttura è ‘duttile’, e corrisponde al concetto b) del

diagramma V-d della figura. La struttura, nelle zone plastiche, è in grado di dissipare una

quantità significativa di energia, rappresentata dall’area sottesa alla curva V-d. Per questa

ragione si dice che le due opzioni progettuali determinano la costruzione di strutture

‘dissipative’ e ‘non dissipative’.

Il comportamento duttile, che offre una maggiore capacità di deformazione, è in genere il

modo migliore per resistere all’azione dei terremoti. Una delle ragioni è il fatto che le nostre

conoscenze delle azioni sismiche reali e le analisi che conduciamo soffrono ancora di molti

elementi di incertezza, e dunque il terremoto e/o i suoi effetti possono essere più forti di

quanto prevediamo. Se si garantisce un comportamento duttile, le energie in eccesso

possono essere facilmente assorbite tramite una maggiore dissipazione, grazie alla

deformazione plastica dei componenti strutturali.

Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione

dell’energia, per le seguenti ragioni:

la duttilità dell’acciaio come materiale;

i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro

giunzioni;

la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;

l’affidabilità delle proprietà geometriche;

una resistenza flessionale degli elementi strutturali relativamente poco sensibile alla

presenza di forze assiali coincidenti.

La varietà dei possibili meccanismi di dissipazione energetica e l’affidabilità di ciascuno di

essi sono le caratteristiche fondamentali alla base dell’eccellente comportamento sismico

delle strutture in acciaio. Esistono anche altri fattori tipici a garanzia dell’affidabilità

antisismica:

la resistenza del materiale è garantita dai controlli di produzione;

progetti e costruzioni opera di professionisti.

Nelle zone sismiche, le strutture in acciaio presentano l’ulteriore vantaggio della loro

flessibilità e leggerezza. Le strutture più rigide e più pesanti attraggono forze maggiori

quando sono colpite da un sisma. Le strutture in acciaio sono generalmente più flessibili e

leggere di altri tipi, le forze nella struttura e nelle sue fondazioni sono pertanto minori.

Questa riduzione delle forze di progetto riduce notevolmente il costo della sovrastruttura e

delle fondamenta di una costruzione. Le strutture in acciaio sono normalmente leggere in

confronto a quelle realizzate con altri materiali. Le forze sismiche sono associate all’inerzia,

quindi sono collegate alla massa della struttura: riducendo la massa si riducono

automaticamente le forze sismiche di progetto. Alcune strutture di acciaio sono addirittura

così leggere da rendere non indispensabile la progettazione antisismica. Questo vale in

particolare per i palazzetti sportivi o i capannoni industriali, che creano un involucro attorno

ad un grande volume, così che il peso per unità di superficie è limitato, e la progettazione è

in genere incentrata sulle forze eoliche, non sismiche. Ciò significa che una costruzione

progettata per i carichi gravitazionali ed eolici offre implicitamente una sufficiente

resistenza antisismica. Si spiega quindi perché, nei terremoti del passato, questi edifici

abbiano dimostrato di offrire prestazioni molto migliori di quelli costruiti in materiali

pesanti.

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CAPITOLO 1 5

1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI [2]

I sistemi intelaiati in acciaio possono essere classificati con riferimento a diversi criteri,

ognuno dei quali associato a precise finalità.

E’ possibile individuare come elementi discriminanti per la classificazione dei telai:

la tipologia strutturale: si distinguono telai controventati e telai non controventati in

base alla presenza o meno di uno specifico sistema strutturale in grado di trasferire in

fondazione tutte le azioni orizzontali;

Figura 1.2 - Sistema intelaiato tridimensionale; Modello di telaio piano [2]

il comportamento nei confronti della stabilità trasversale: si distinguono telai a nodi

fissi e telai a nodi mobili a seconda dell’influenza che hanno gli effetti del secondo

ordine sulla risposta del sistema strutturale;

il grado di continuità associato ai nodi trave-colonna: si distinguono telai pendolari,

telai a nodi rigidi e telai semi-continui sulla base del comportamento dei giunti trave-

colonna.

Si osservi che i tre criteri di classificazione sono tra loro indipendenti e devono essere

comunque considerati distintamente per avere corrette indicazioni relative alle procedure

progettuali da seguire.

1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale

La distinzione tra telai controventati e telai non controventati è legata alla presenza o

all’assenza di uno specifico sistema strutturale (il sistema di controvento) in grado di

trasferire in fondazione tutte le azioni orizzontali dovute al vento o al sisma, oppure

associate alle imperfezioni strutturali.

Sulla base delle indicazioni riportate nell’EC3, il sistema di controvento viene individuato

come quella parte della struttura che è in grado di ridurre gli spostamenti trasversali del

sistema strutturale almeno dell’80%. In modo del tutto equivalente, il sistema strutturale è

controventato se la rigidezza trasversale dell’organismo che funge da controvento è almeno

5 volte quella del telaio.

Il controvento può essere realizzato mediante specifici sistemi in acciaio. In assenza del

sistema di controvento, il telaio è allora non controventato e devono essere presenti elementi

per il trasferimento in fondazione anche di tutte le azioni orizzontali (usualmente gli

elementi già preposti ad assorbire i carichi verticali).

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CAPITOLO 1 6

Il sistema di controvento deve essere progettato per resistere a:

tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al telaio;

tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al sistema di controvento;

tutti gli effetti legati alle imperfezioni laterali iniziali derivanti sia dal sistema di

controvento sia da tutti i telai che questo controventa (tali effetti possono essere

considerati in forma di imperfezioni geometriche equivalenti oppure come azioni

orizzontali addizionali).

Nel caso in cui il telaio sia controventato, la progettazione risulta semplificata in quanto,

con riferimento alla generica situazione di carico, è possibile operare il dimensionamento

del sistema privo di controvento per tutti i soli carichi verticali e del controvento per tutte le

azioni verticali e orizzontali che gravano su esso.

1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale

La distinzione tra telai a nodi fissi e telai a nodi mobili è legata alla stabilità trasversale del

sistema strutturale, ossia alla rilevanza degli effetti del secondo ordine sulla risposta

strutturale in termini di spostamenti trasversali (e, di conseguenza, anche in termini di azioni

flettenti e taglianti addizionali). Dal punto di vista puramente teorico, ogni telaio non

controventato, essendo realizzato da aste industriali, ossia da elementi dotati di imperfezioni

(meccaniche e geometriche), è a rigore, a nodi mobili e quindi per qualsiasi condizione di

carico si generano sempre spostamenti trasversali. Dal punto di vista progettuale invece,

sulla base dell’entità e della rilevanza di questi spostamenti trasversali, la struttura può

essere considerata:

a nodi fissi, se gli spostamenti trasversali sono tanto piccoli da potere risultare

ininfluenti sui valori delle azioni interne (per esempio, in assenza di controvento

quando le colonne hanno grande inerzia flessionale o le forze trasversali sono molto

ridotte);

a nodi mobili, se gli spostamenti trasversali sono invece influenti sui valori delle

azioni interne (per esempio, in assenza di controvento quando le colonne sono invece

molto snelle o le azioni orizzontali sono molto grandi).

1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna

Il grado di continuità flessionale garantito dai giunti trave-colonna influisce in modo

sensibile sul comportamento dell’intero sistema strutturale. In dettaglio, sulla base della

risposta del giunto in termini di curva M-Φ, ossia di relazione momento M nel giunto e la

rotazione relativa tra trave e colonna Φ, si possono individuare le seguenti tipologie

strutturali:

telaio pendolare, in cui ogni giunto è schematizzabile come una cerniera e pertanto

sono ammesse rotazioni relative tra trave e colonna senza trasmissione dell’azione

flettente.

telaio a nodi rigidi, in cui ogni giunto non consente alcuna rotazione relativa tra la

trave e la colonna e viene quindi trasmessa azione flettente tra questi due elementi;

telaio semi-continuo (ossia telaio con giunti semi-rigidi), in cui ogni giunto consente

una rotazione relativa tra trave e colonna e al contempo trasmette azione flettente.

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CAPITOLO 1 7

Figura 1.3 - a) Definizione di momento e rotazione del giunto [2]

b) Tipiche relazioni momento-rotazione

In passato la progettazione veniva prevalentemente basata soltanto sui modelli di telaio

pendolare o di telai a nodi rigidi. Adottando il modello pendolare non viene considerato

alcun grado di continuità flessionale dei nodi. Si può quindi a volte trascurare (anche

pericolosamente) l’azione flettente che viene in realtà trasmessa alle colonne. In aggiunta, si

tende a sovradimensionare la trave in acciaio che è soggetta infatti soltanto ad azioni

flettenti positive. Utilizzando invece il modello a nodi rigidi si sovrastima la rigidezza

laterale del telaio nei confronti delle azioni orizzontali, riferendosi quindi, in fase di

progettazione, a spostamenti trasversali inferiori a quelli che effettivamente si manifestano e

si sottodimensiona la trave.

Figura 1.4 - Tipiche relazioni adimensionalizzate momento-rotazione e loro classificazione [2]

Ogni tipo di giunto trave-colonna è caratterizzato da un preciso valore di rigidezza

rotazionale e di capacità portante flessionale. Il modello di telaio semi-continuo consente

una progettazione basata su ipotesi maggiormente rispondenti all’effettivo comportamento

della struttura.

1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI [2]

L’analisi strutturale è finalizzata alla determinazione delle azioni interne associate alle

combinazioni di carico maggiormente significative e può essere effettuata con gradi di

raffinatezza e complessità diversi a seconda dell’importanza e della tipologia del sistema

portante in esame. Nella maggior parte dei casi i codici commerciali disponibili per il

calcolo automatico consentono di effettuare un’analisi elastica del I ordine, ossia con le

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CAPITOLO 1 8

limitazioni associate all’assunzione dell’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni

infinitesime (con un’analisi di questo tipo, le azioni interne sulla struttura vengono

determinate riferendosi alla sua configurazione indeformata). In situazioni particolari può

però rendersi necessario considerare:

la non linearità meccanica: ossia tenere conto che il materiale acciaio che realizza gli

elementi monodimensionali ha un legame costitutivo non lineare (schematizzabile, in

via semplificata, come elasto-plastico, perfetto od incrudente) e che i giunti trave-

colonna e i giunti di base hanno una risposta, in termini di legge momento-rotazione,

tipicamente non lineare.

la non linearità geometrica: ossia tenere in conto gli effetti del secondo ordine in

quanto le azioni interne addizionali che nascono a causa delle deformazioni

trasversali sono a volte di rilevante entità e quindi non possono essere trascurate

(tipico esempio è quello dei telai a nodi mobili).

𝑇𝑖𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑎𝑙𝑖𝑠𝑖

{

𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {

𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒

𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑜 − 𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒

Figura 1.5 - Influenza del tipo di analisi sulla risposta di un telaio a nodi mobili [2]

La scelta dei metodi di analisi per i sistemi intelaiati in acciaio dipende non solo dalla

tipologia strutturale e dalla sensibilità del telaio agli effetti del secondo ordine ma anche dal

tipo di sezione trasversale di ogni elemento monodimensionale impiegato e dalle dimensioni

delle sue componenti (ali, anime, irrigidimenti, ecc.). Nel caso in cui queste abbiano un

elevato rapporto tra larghezza (b) e spessore (t) si possono manifestare fenomeni di

instabilità locale che impediscono il pieno sviluppo delle capacità prestazionali della

sezione in campo plastico, influenzando anche la capacità portante dell’intero sistema. Al

riguardo viene proposta dall’EC3 una classificazione delle sezioni trasversali che dipende

dai rapporti dimensionali b/t di ogni elemento compresso che realizza la sezione. Le sezioni

trasversali sono distinte in quattro classi, di seguito presentate con riferimento al loro

comportamento flessionale:

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CAPITOLO 1 9

Classe 1: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente una cerniera

plastica e aventi la capacità rotazionale richiesta per l’analisi plastica (sezioni

plastiche o duttili);

Classe 2: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente il proprio

momento resistente plastico, ma con capacità rotazionale limitata (sezioni compatte);

Classe 3: sezioni trasversali nelle quali le fibre compresse possono raggiungere la

tensione di snervamento, ma l’instabilità locale impedisce lo sviluppo del momento

resistente plastico (sezioni semi-compatte);

Classe 4: sezioni trasversali per le quali è necessario mettere esplicitamente in conto

gli effetti dell’instabilità locale nel determinare il loro momento resistente, inferiore

al momento al limite elastico, o la loro resistenza a compressione, inferiore alla forza

che provoca la completa plasticizzazione della sezione (sezioni snelle).

Figura 1.6 - Relazione momento-curvatura per le differenti classi di sezioni trasversali previste dall’EC3 [2]

1.4 - I TELAI PENDOLARI [2]

Nel caso in cui tutti i giunti della struttura siano schematizzabili come cerniere, lo schema

statico risulta labile e pertanto si rende necessario disporre specifici sistemi di controvento

in grado di trasferire in fondazione le azioni orizzontali associate generalmente a

imperfezioni, vento e sisma.

Figura 1.7 - Telaio pendolare [2]

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CAPITOLO 1 10

Le tipologie di controvento principalmente adottate nelle costruzioni in acciaio sono:

controvento a croce di Sant’Andrea: in cui i due elementi diagonali si incrociano a

metà altezza nell’interpiano. Si osservi che con questa tipologia di controvento la

fruibilità della parete è sicuramente limitata, in quanto gli elementi diagonali così

disposti impediscono un funzionale utilizzo di porte e finestre;

controvento a K: in cui i due elementi diagonali si incontrano in corrispondenza della

mezzeria della trave di piano;

controvento eccentrico: in cui i due elementi diagonali incontrano la trave in sezioni

trasversali diverse tra loro.

1.5 - LE UNIONI [2]

1.5.1 – Classificazione [3]

1.5.2 - Le unioni bullonate Le unioni bullonate permettono una rapida esecuzione in officina e semplificano

l’assemblaggio dei pezzi in cantiere (dove generalmente la saldatura presenta difficoltà

esecutive, specie a basse temperature o in quota).

La giunzione bullonata ha come componenti fondamentali:

a) vite con testa (detta comunemente bullone) generalmente esagonale, e con gambo

completamente o parzialmente filettato. Il diametro nominale dei bulloni per

costruzioni di carpenteria civile è abitualmente compreso tra i 12mm ed i 30mm;

b) dado, usualmente di forma esagonale;

c) rosetta, di forma per lo più circolare.

Metodologia di

classificazione

Al tipo di elementi

collegati

Comportamento

strutturale rispetto alle

membrature congiunte

Alla tecnologia

d’unione adottata

Nodi

Giunti

Completo

ripristino

Parziale

ripristino

Senza

ripristino

Con organi

meccanici

Con saldatura

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CAPITOLO 1 11

Figura 1.8 - Componente di base dell’unione bullonata [2]

1.5.3 - Le unioni saldate La saldatura è un processo di giunzione che consente di unire elementi metallici in modo

permanente realizzando la continuità del materiale mediante fusione. Confrontando le

unioni saldate con quelle bullonate si evince che le prime sono monolitiche in quanto

realizzano una soluzione di continuità del materiale e, al contempo, più rigide e semplici

rispetto a quelle bullonate, vincolando la libertà del progettista in modo sicuramente meno

pesante. A fronte di tali vantaggi devono però essere sempre adottate particolari precauzioni

progettuali, costruttive e soprattutto di controllo dell’unione allo scopo di evitare possibili

riduzioni di resistenza o rotture fragili associate al procedimento di saldatura stessa.

Nelle unioni saldate il materiale di base è quello dei pezzi da collegare mentre il materiale di

apporto, se presente, è il materiale che viene introdotto allo stato fuso tra tali elementi.

1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE [2]

Le giunzioni tra membrature possono essere effettuate mediante una gamma di soluzioni

estremamente variegata che prevede l’utilizzo di unioni bullonate, unioni saldate oppure di

entrambe le tecniche di unione.

La concezione delle tipologie di giunzione da utilizzare in una costruzione in acciaio

costituisce una fase estremamente importante e delicata della progettazione.

1.6.1 - Articolazioni e giunti

Una classificazione delle giunzioni può essere effettuata sulla base degli effetti prodotti da

spostamenti relativi tra i pezzi da collegare. In dettaglio, si individuano:

le articolazioni, che consentono, nelle usuali condizioni di esercizio, spostamenti

relativi tra i pezzi collegati senza però provocare plasticizzazioni localizzate negli

elementi costituenti il collegamento;

i giunti, che non consentono invece spostamenti relativi a meno che non si generino

plasticizzazioni locali nei dettagli che realizzano le unioni. In questi particolari

costruttivi si hanno concentrazioni di sforzi e pertanto la modellazione basata sui casi

classici della Teoria di de Saint Venant non può essere utilizzata.

In funzione della loro resistenza, posta in relazione a quella degli elementi collegati,

questi possono essere distinti in:

giunti a parziale ripristino di sollecitazione, quando costituiscono punti di

minor resistenza strutturale, ossia trasferiscono soltanto un’aliquota delle

componenti di sollecitazione che possono essere sopportate dalla membratura

più debole;

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CAPITOLO 1 12

giunti a completo ripristino di sollecitazione, se consentono il trasferimento

dei massimi valori di sollecitazione che possono essere assorbiti dal profilato

più debole, ossia la crisi avviene sempre nell’elemento meno resistente e non

nel giunto.

1.6.2 - Giunti intermedi

La struttura in acciaio nasce dall’assemblaggio di elementi monodimensionali, lavorati in

officina ed assemblati in sito. Spesso si ha l’esigenza di realizzare giunti intermedi tra

elementi la cui lunghezza non può eccedere i limiti di trasportabilità associati principalmente

alla movimentazione delle merci su gomma.

Di seguito verranno considerate soltanto le seguenti tipologie di giunti intermedi:

giunti trave-trave;

giunti colonna-colonna.

1.6.2.1 - Giunti trave-trave

I giunti intermedi tra travi possono costituire, come anche per tutte le altre tipologie di

giunto, soluzioni a parziale ovvero a completo ripristino delle sollecitazioni. Nel primo caso

conviene posizionare il giunto in zone opportune (ad esempio, se il giunto non garantisce un

significativo grado di continuità flessionale, in prossimità delle zone a momento nullo).

Sono in genere privilegiate le tipiche soluzioni a completo ripristino tra profilati aventi le

medesime dimensioni trasversali. In dettaglio, è possibile individuare:

a) giunto con piastre in acciaio (flange) saldate all’estremità di ogni trave e bullonate in

opera;

b) giunto con piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;

c) giunto con piastre coprigiunto saldate (interamente in opera oppure all’estremità di

una trave in stabilimento ed a quella dell’altra in opera);

d) giunto con saldature testa a testa nelle ali e nell’anima delle estremità delle travi

collegate.

Figura 1.9 - Esempi di giunti intermedi tra travi [2]

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CAPITOLO 1 13

1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna

I giunti intermedi tra le colonne sono prevalentemente compressi o presso-inflessi e di

conseguenza anche la problematica dell’instabilità deve essere tenuta debitamente in conto

in fase progettale. In tale ambito non appare pertanto significativa la distinzione tra giunti a

parziale ed a completo ripristino di sollecitazione in quanto il giunto deve comunque essere

dimensionato per resistere alla forza che provoca l’instabilizzazione della membratura.

In dettaglio, tra i tipi più ricorrenti di giunti intermedi, si individuano:

a) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;

b) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala bullonate in opera;

c) giunto con piastre coprigiunto d’ala singole e piastre coprigiunto d’anima doppie

bullonate in opera;

d) giunto per contatto con piastre coprigiunto interne saldate alle ali dei profili;

e) giunto per contatto con piastre coprigiunto d’ala interne al profilo e bullonate;

f) giunto per contatto con flangia saldata in stabilimento all’estremità della colonna

inferiore ed in opera alla colonna superiore;

g) giunto per solo contatto tra flange saldate in stabilimento all’estremità di ogni

colonna.

Figura 1.10 - Giunti intermedi per colonne con sezione trasversale simile [2]

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CAPITOLO 1 14

Nelle soluzioni a), b) e c) le estremità delle colonne non sono a contatto tra loro e pertanto le

azioni interne (azione assiale, taglio e momento flettente) vengono trasmesse mediante i

dettagli che realizzano le unioni (piastre coprigiunto, bulloni e saldature).

Nei giunti per contatto è invece necessario che le estremità della colonna siano state

adeguatamente spianate in officina, in modo da creare una zona di contatto pari alla sezione

del profilo minore. Le piastre coprigiunto presenti nelle soluzioni d) ed e), usualmente

saldate o bullonate in stabilimento all’estremità della colonna inferiore, hanno

prevalentemente la sola funzione di facilitare l’assemblaggio in opera del giunto

mantenendo in posizione la colonna superiore durante la fase di saldatura o di bullonatura in

opera.

1.6.3 - Giunti d’estremità

Esistono differenti tipologie di giunti estremità, classificabili in base agli elementi che

vengono collegati. Di seguito ci si riferirà ai seguenti tipi:

giunto tra trave e colonna;

attacco per controventi;

giunto di base delle colonne.

1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna

I giunti trave-colonna possono essere realizzati collegando la trave all’ala della colonna

oppure vincolandola alla sua anima. Vediamo in dettaglio alcuni tipici collegamenti all’ala

della colonna:

a) giunto realizzato mediante angolari bullonati all’ala della colonna e all’anima della

trave;

Figura 1.11 - Giunto trave-colonna [2]

b) giunto con piatto saldato in aggetto alla colonna e bullonato all’anima della trave;

Figura 1.12 - Giunto trave-colonna [2]

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CAPITOLO 1 15

c) giunto con piastra saldata a parte di anima all’estremità della trave e bullonata alla

colonna;

Figura 1.13 - Giunto trave-colonna [2]

d) giunto con piastra saldata, con cordoni di saldatura sia d’anima sia d’ala, alla trave e

bullonata alla colonna.

Figura 1.14 - Giunto trave-colonna [2]

Si osservi che tutte le tipologie di giunto trave-colonna possono presentare costolature di

irrigidimento del pannello d’anima nella colonna, in corrispondenza dell’ala della trave,

necessarie a volte per non creare zone preferenziali di debolezza del giunto.

1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi

Le giunzioni tra le membrature principali e le diagonali che realizzano i controventi

trasferiscono forze tra elementi differentemente orientati. Usualmente il dimensionamento

dei controventi viene eseguito considerando gli elementi diagonali soggetti soltanto ad

azioni assiali, ossia ipotizzando cerniere alle estremità.

L’intersezione degli assi baricentrici degli elementi che convergono nella giunzione deve

coincidere con il punto nel quale è stato ipotizzato il vincolo, al fine di evitare azioni

concentrate agenti con eccentricità non previste in fase di progetto.

Figura 1.15 - Giunti per controventi verticali [2]

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CAPITOLO 1 16

1.6.3.3 - Giunti di base

Una componente sempre presente nel giunto di base delle colonne è la piastra saldata,

generalmente con cordoni d’angolo, all’estremità inferiore della colonna, che usualmente

poggia su uno strato di malta di livellamento, all’estradosso della fondazione in

conglomerato cementizio. In quest’ultima vengono annegati i tirafondi (generalmente barre

in acciaio filettate alle estremità) unitamente ad eventuali perni di centraggio che agevolano

la fase di assemblaggio del giunto stesso. La piastra deve avere le superfici spianate e forate

per consentire il passaggio dei tirafondi. Nel caso in cui sulla colonna agisca soltanto una

forza di compressione la trasmissione di questa avviene per contatto tra piastra di base e

colletto di fondazione e quindi non sono richieste specifiche verifiche sui cordoni di

saldatura. Se sulla colonna agiscono anche azioni taglianti e flettenti, allora i tirafondi

assolvono una funzione statica e pertanto devono essere opportunamente dimensionati.

Nel caso in cui i valori di queste azioni siano contenuti, la soluzione con tirafondi in

prossimità degli spigoli delle piastre risulta molte volte economicamente conveniente. Se

invece alla base della colonna convergono diagonali di controvento in grado di trasferire una

significativa componente tagliante al giunto di base, devono essere previste specifiche

piastre saldate per consentire il loro attacco.

Figura 1.16 - Giunti di base per elevati valori di azione tagliante [2]

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CAPITOLO 1 17

1.7 - BIBLIOGRAFIA

[1] Arcelor Mittal Commercial Sections (1996), “Strutture antisismiche in acciaio”,

Luxembourg.

[2] G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.

[3] Prof. R. Landolfo (2010), dispense: “Progettare con l’acciaio in zona sismica”.

Università degli studi di Napoli Federico II, 26 Marzo 2010.

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CAPITOLO 2 18

2 - COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE

DEI NODI SEMIRIGIDI

2.1 - INTRODUZIONE

Il comportamento rotazionale di un nodo può essere rivisto come intermedio tra le situazioni

estreme di infinitamente rigido o deformabile, ovvero di incastro e cerniera. Quando gli

elementi costituenti la connessione sono sufficientemente rigidi, il nodo viene definito

rigido e non si manifesta differenza tra le rotazioni assolute degli elementi collegati, ovvero

la rotazione relativa è nulla. Quando invece la trave è libera di ruotare rispetto agli elementi

collegati, il giunto è una cerniera. In tutti i casi intermedi, in cui la rotazione degli elementi

connessi è diversa, si parla di nodi semi-rigidi.

Figura 2.1 - Tipologie di nodi

La maniera più semplice per rappresentare un nodo siffatto è quella di inserire nello schema

di calcolo una molla rotazionale in corrispondenza del collegamento. La rigidezza

rotazionale del nodo Kφ è il parametro che lega il momento trasmesso alla rotazione

relativa. Quando Kφ tende a zero il comportamento si avvicina a quello di nodo cerniera,

quando invece la rigidezza è sufficientemente elevata il comportamento si avvicina a quello

di incastro perfetto. Certamente è di fondamentale importanza ricercare il legame costitutivo

del nodo, dal momento che da questo dipende il momento trasmesso nel collegamento e la

rotazione relativa tra gli elementi collegati.

Figura 2.2 – Modello di un nodo semi-rigido

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CAPITOLO 2 19

Quando si passa al livello superiore, quello dell’analisi globale della struttura, risulta molto

importante caratterizzare con sufficiente accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché

da essi dipende l’intero stato di sollecitazione del sistema. Difatti, a seconda del tipo di

giunto, varia non soltanto la risposta strutturale in termini di spostamenti, ma anche quella

in termini di sollecitazioni, nonché la rigidezza alla traslazione dei telai, come è possibile

notare nella figura successiva, in cui viene rappresentato il diagramma dei momenti sia nel

caso di nodi infinitamente rigidi che deformabili.

Figura 2.3 - Risposta di un telaio a nodi rigidi e di uno a nodi deformabili

2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F [4]

2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette

2.2.1.1 - Introduzione

La capacità dell’ingegnere di modellare strutture è aumentata rapidamente negli ultimi anni

con lo sviluppo di programmi di analisi avanzati e la concorrenza tra gli sviluppatori di

software. In realtà, la nostra capacità di modellare il comportamento strutturale

probabilmente supera la nostra capacità di comprendere appieno il comportamento

osservato.

I primi programmi di analisi strutturale che sono stati sviluppati nei primi anni del 1960

potevano gestire solo la trave lineare prismatica e elementi colonna con nodi completamente

vincolati o incernierati e dimensioni centerline (linee d’asse). I programmi in uso oggi

hanno un certo numero di elementi che modellano le non-linearità del materiale e le non

linearità geometriche, le connessioni rigide o parzialmente vincolate, fondazioni flessibili e

diaframmi. Questa sezione si occuperà delle procedure di modellazione comunemente usate

per i telai in acciaio resistenti a momento.

Sebbene le procedure di modellazione qui descritte sono dettagliate e ci danno un

comportamento misurato bene, va ricordato che questo è ancora notevolmente semplificato

rispetto al caso di un edificio vero e proprio che ha rivestimenti, pareti divisorie, attrezzature

meccaniche, scale, e molti altri attributi scontati. Un edificio vero e proprio potrebbe avere

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CAPITOLO 2 20

irregolarità che sono importanti ma non incluse qui. E’ importante ricordare che questi

calcoli sono solo stime del comportamento reale, e si consiglia cautela.

2.2.1.2 - Modelli elastici lineari

2.2.1.2.1 - Modelli lineari centerline

Nella progettazione di nuovi edifici o la valutazione di edifici esistenti o danneggiati,

devono essere controllati due criteri di accettazione: la resistenza dell’elemento e la

rigidezza dell’edificio (drift). Per le nuove costruzioni a telaio in acciaio resistenti a

momento, la limitazione sul drift comanda sempre in regioni ad alta sismicità.

Per la valutazione delle prestazioni utilizzando le linee guida SAC, il criterio di accettazione

si afferma in termini della massima domanda dell’angolo di drift dove:

�̂� = 𝐶𝐵𝜃𝑚

dove θm è la massima domanda dell’angolo di drift di piano calcolata da una delle procedure

di analisi, e CB è il fattore di bias. Di conseguenza, qualsiasi modello che prevede

conservativamente l’angolo di drift è accettabile.

Una ricerca effettuata da Krawinkler (2000) ha dimostrato che un modello elastico lineare

con dimensioni centerline è accettabile per telai resistenti a momento. I momenti della trave

possono essere verificati nella posizione della trave dove si interseca la flangia della

colonna. Anche se questo modello fornisce risultati adeguati per il drift di piano, non

sempre dà una buona stima della distribuzione dei tagli, momenti, e forze assiali in tutto

l’edificio. Dimensioni centerline non sono accettabili per strutture a telaio con zone

pannello deboli.

2.2.1.2.2 - Modelli elastici con zone pannello incluse

Il prossimo passo è quello di comprendere il comportamento della zona pannello nel

modello. La zona pannello è la regione nell’anima della colonna definita dall’estensione

delle linee di flangia della trave all’interno della colonna come mostrato nella figura 2.4. Il

modo più semplice di modellare la zona del pannello per l’analisi lineare è indicato come il

modello Scissor anche mostrato nella figura 2.5. Le travi e le colonne sono modellate con

un collegamento rigido attraverso la regione della zona pannello, e una cerniera nella trave è

posizionata all’incrocio delle linee d’asse della trave e della colonna. Una molla con

rigidezza rotazionale kθ viene quindi utilizzata per legare insieme la trave e la colonna. I

collegamenti rigidi irrigidiscono la struttura, ma la molla della zona pannello aggiunge

flessibilità. Il risultato netto è che questo modello di costruzione di solito è più rigido

rispetto al modello centerline. Dal momento che è più rigido, vi aiuterà a soddisfare i criteri

di progettazione legati al drift. Si darà anche una valutazione più corretta dei tagli, momenti

e forze assiali nei membri. La maggior parte dei programmi agli elementi finiti attualmente

utilizzati dagli ingegneri per l’analisi sismica hanno questa caratteristica. Il metodo per la

determinazione della rigidezza da utilizzare per la flessibilità della zona pannello è il primo

a trovare le proprietà a snervamento del pannello e poi a usarle per calcolare la rigidezza

della zona pannello.

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CAPITOLO 2 21

Le proprietà a snervamento della zona pannello sono:

𝛾𝑦 =𝐹𝑦

√3 𝐺= 𝜃𝑦

𝑀𝑦 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = 0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏

dove:

Fy = la forza a snervamento della zona pannello

G = modulo di taglio = 2 (1 + ν) E

dc = profondità della colonna

t = spessore della zona pannello che è lo spessore dell’anima della colonna più (se

utilizzati) lo spessore dei doppi piatti.

db = profondità della trave

ν = coefficiente di Poisson = 0,30

Quindi, la rigidezza del pannello diventa:

𝐾𝜃 =𝑀𝑦

𝜃𝑦

Figura 2.4 - Definizione della zona pannello [4]

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CAPITOLO 2 22

Figura 2.5 - Modello elastico con zona pannello [4]

2.2.1.2.3 Modelli non lineari centerline

I modelli che consentono lo snervamento nelle travi e nelle colonne sono molto più realistici

rispetto ai modelli lineari. La maggior parte dei programmi comunemente utilizzati oggi

modellano questo comportamento includendo una molla non lineare a flessione alle

estremità dei membri elastici della trave e della colonna. Alle molle deve essere assegnata

una rigidezza molto elevata rispetto a quella della trave o colonna. Tuttavia, la molla snerva

alla capacità di momento plastico del membro. La corretta rigidezza elastica della struttura

viene mantenuta perché viene dai membri reali piuttosto che dalla molla. Questo modello è

rappresentato schematicamente nella figura 2.6.

La molla è rigida fino a quando non viene raggiunto il momento plastico del membro. Dopo

lo snervamento, alla molla viene assegnata una rigidezza post-snervamento la quale

rappresenta il comportamento di deformazione incrudente del membro. Un coefficiente di

incrudimento, α, è assegnato alla molla dopo lo snervamento. Un valore di α pari a 0,03 è

una scelta ragionevole. Il comportamento della connessione e quello della molla sono

mostrati nella figura 2.6. Il valore di α pari a 0,03 è una buona scelta per il calcolo degli

angoli di drift di piano fino a circa il 3% - 4%. Dopo questo valore, inizierà a verificarsi

l’instabilità locale della flangia la quale provoca il diminuire gradualmente a zero di α e poi

può diventare negativo con i drifts più grandi. La maggior parte dei programmi non

consente un valore negativo di α. Per il calcolo del comportamento dell’edificio oltre il 4%,

è meglio scegliere un fattore di incrudimento pari a zero.

Per la valutazione delle prestazioni, devono essere utilizzati i valori previsti delle resistenze

a snervamento degli acciai.

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CAPITOLO 2 23

Figura 2.6 - Modello centerline con elementi non lineari [4]

2.2.1.2.4 Modelli non lineari con zone pannello

La maggior parte del lavoro pionieristico sulla modellazione non lineare della zona pannello

è stato fatto da Krawinkler. La sua relazione sullo stato dell’arte (Krawinkler, 2000)

fornisce una buona discussione su questo argomento e contiene riferimenti al suo lavoro

precedente (Krawinkler et al., 1971, 1987). Sono disponibili due metodi di modellazione del

comportamento non lineare dei telai con snervamento di travi, colonne e zone pannello. Una

procedura è basata sul modello Scissor mostrato nella Figura 2.5. Le molle delle zone

pannello e le molle alle estremità dei membri sono non lineari. Il comportamento della

molla del membro è esattamente la stessa descritta nella sezione precedente. Alla molla

della zona pannello viene assegnata una rigidezza di

𝐾𝜃 =𝑀𝑦

𝜃𝑦

Dove:

𝑀𝑦 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = 0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏

𝜃𝑦 = 𝛾𝑦 =𝐹𝑦

√3 𝐺

Nella maggior parte dei casi, le zone pannello hanno una rigidezza e una rigidezza post-

snervamento molto più ripida. Pertanto, un valore di δ pari a 0,06 è un valore ragionevole

per l’uso.

Un modello migliore è mostrato nella figura 2.7. Questo modello contiene la dimensione

totale della zona pannello con elementi rigidi e controlla la zona di deformazione del

pannello utilizzando due molle bilineari che funzionano come un comportamento tri-lineare.

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CAPITOLO 2 24

Con questo, la grande differenza di resistenza tra il comportamento reale e il modello è

ridotta.

La prima pendenza, passato lo snervamento, è ripida e rappresenta il comportamento tra il

momento in cui lo snervamento è iniziato e quello in cui la piena capacità plastica viene

raggiunta. Dopo che la capacità plastica è raggiunta, può essere utilizzata una piccola

pendenza (2%) o una pendenza nulla. Questo è mostrato nella figura 2.8.

Dal momento che lo snervamento nelle travi, pilastri, e zone pannello è ben rappresentato da

questo modello, l’effettiva distribuzione dello snervamento di tutta la struttura sarà

rappresentato bene. Per la progettazione di nuovi telai resistenti a momento, le zone

pannello spesso snervano per prime. Ma, a causa della ripida pendenza del tratto incrudente

per le zone pannello, le travi snerveranno poco dopo.

Figura 2.7 - Modello non lineare con zona pannello [4]

Le equazioni attese sono:

𝛾𝑦 =𝐹𝑦

√3𝐺 𝛾𝑃 = 4𝛾𝑦

𝑉𝑦 = 0,55𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 𝑉𝑃 = 𝑉𝑦 (1 +3𝑏𝑐𝑡𝑐𝑓

2

𝑑𝑏𝑑𝑐𝑡) 𝑉 = (

∆𝑀

𝑑𝐶

− 𝑉𝑐𝑜𝑙)

Figura 2.8 - Modello della zona pannello [4]

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CAPITOLO 2 25

2.3 - PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA

ZONA PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO [5]

2.3.1 - Sommario

Le deformazioni elastiche e anelastiche nella zona pannello del nodo trave-colonna di telai

resistenti a momento sono responsabili di una parte molto significativa della flessibilità

laterale di tali sistemi. Questo documento fornisce una breve base teorica per il calcolo delle

deformazioni della zona pannello, e mette a confronto i risultati ottenuti da due semplici

modelli meccanici. E’ dimostrato che il semplice modello meccanico, indicato come

modello Scissor, produce risultati che sono paragonabili a quelli ottenuti dal modello

meccanico più complesso (modello Krawinkler).

2.3.2 - Introduzione

L'influenza delle deformazioni della zona pannello sulla flessibilità dei telai in acciaio

resistenti a momento è molto significativa. Questo è vero per la risposta elastica, e in

particolare per la risposta anelastica quando si verifica la plasticizzazione nella zona

pannello. L’analisi strutturale dovrebbe sempre includere tali deformazioni.

Mentre lo stato tensionale nella zona pannello è estremamente complesso, le fonti di

deformazione possono essere divise in tre parti: assiale, flessionale e taglio. Per i telai

medio-bassi, le deformazioni assiali sono trascurabili, le deformazioni di flessione sono

minori ma significative, e le deformazioni di taglio sono dominanti. Questo documento si

concentra sulla componente della deformazione di taglio della zona pannello.

Le procedure di modellazione matematica per la deformazione della zona pannello sono in

genere basate su semplici analogie meccaniche che consistono in un insieme di link rigidi e

molle rotazionali. La sfida principale nella definizione di tali modelli è quella di descrivere

le sollecitazioni da taglio nella zona pannello come rotazione nelle molle del corrispondente

modello.

Due modelli meccanici sono stati studiati nella ricerca qui riportata. Questi sono il "Modello

Krawinkler" e il "Modello Scissor". Se utilizzati correttamente, i risultati ottenuti da questi

modelli sono essenzialmente identici, anche se la cinematica del modello Krawinkler è

significativamente diversa da quella del modello Scissor. Purtroppo il modello Scissor è

spesso abusato, in pratica, perché gli analisti tendono a calcolare le proprietà della molla che

sono state ottenute per il modello Krawinkler e le utilizzano nel modello Scissor.

I risultati ottenuti dalle strutture implementando modelli meccanici semplici sono stati

confrontati con quelli calcolati da un modello dettagliato agli elementi finiti di un completo

sottoassemblaggio colonna- trave. Il modello descritto è stato creato usando ABAQUS.

Sono state effettuate entrambe le analisi elastica e anelastica. Si è constatato che una buona

correlazione è stata ottenuta tra i modelli meccanici e il modello agli elementi finiti. I

risultati del modello ad elementi finiti sono stati confrontati con i risultati sperimentali

ottenuti nel corso del progetto SAC ed è stato ottenuta una buona correlazione. L'analisi

dettagliata è brevemente descritta nella seconda parte di questo lavoro.

2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave

Nella figura è mostrato un tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave di un telaio

resistente a momento. Il sottoassemblaggio è in equilibrio con i carichi se i momenti in

mezzeria delle travi e a metà altezza delle colonne sono pari a zero. Si presume che le

dimensioni della sezione e la campata delle travi sono le stesse su entrambi i lati della

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CAPITOLO 2 26

colonna, e che è utilizzata per la colonna una singola sezione su tutta l'altezza. Le travi sono

saldate alla flangia della colonna. Un doppio piatto può essere utilizzato per rinforzare la

zona pannello.

I termini α e β rappresentano rispettivamente i rapporti tra l'effettiva profondità della

colonna sulla lunghezza della campata, e l'effettiva profondità della trave sull'altezza della

colonna. L'effettiva profondità di una sezione è definita come la distanza tra i baricentri

delle flange. L'uso di questi termini al posto delle dimensioni fisiche semplifica

notevolmente la derivazione delle proprietà dei modelli.

Figura 2.7 - Tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave [5]

2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio

Il drift totale nel sottoassemblaggio, Δ, è definito come lo spostamento laterale della parte

superiore della colonna rispetto alla parte inferiore della colonna sotto il carico VC.

Seguendo la procedura descritta da Charney, questo drift può essere suddiviso in tre

componenti, uno per la colonna, uno per la trave, e uno per la zona pannello.

∆= ∆𝐶 + ∆𝐺 + ∆𝑃

I componenti di spostamento delle colonne e delle travi sono dovuti a deformazioni assiali,

flessionali e di taglio che si verificano nella regione della luce libera delle rispettive sezioni.

Il contributo allo spostamento dato dal pannello può anche essere diviso in componenti

assiali, flessionali e di taglio:

∆𝑃= ∆𝑃𝐴 + ∆𝑃𝐹 + ∆𝑃𝑉

Come già detto, questo lavoro si concentra sullo sviluppo della componente di taglio della

zona pannello per lo spostamento del sottoassemblaggio. Va notato che questa componente

include la flessione localizzata nelle flange della colonna, ma la flessione lungo la

profondità del pannello è rappresentata da ΔPF.

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CAPITOLO 2 27

2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio

Se si assume che il momento della trave alla faccia della colonna è portato interamente dalle

flange della trave, può essere mostrato da semplici calcoli statici che la forza di taglio

orizzontale nella zona pannello è:

𝑉𝑃 =𝑉𝐶(1 − 𝛼 − 𝛽)

𝛽

Lo sforzo di taglio corrispondente nel pannello è:

𝜏𝑃 =𝑉𝐶𝐻(1 − 𝛼 − 𝛽)

∇P

Questo sforzo di taglio è uniforme in tutto il volume della zona pannello. Il termine ∇P, che

rappresenta il volume della zona di pannello, compare ripetutamente nelle relazioni

seguenti.

Per determinare il contributo della zona pannello al drift del sottoassemblaggio vengono

applicate delle forze virtuali unitarie uguali ed opposte al posto dei reali tagli 𝑉𝐶 della

colonna. Lo sforzo di taglio nel pannello dovuto alla forza di taglio virtuale unitaria è:

𝜏1 =𝐻(1 − 𝛼 − 𝛽)

∇P

Il contributo di deformazione al taglio della zona pannello al drift del sottoassemblaggio si

ottiene integrando il prodotto delle deformazioni reali per la tensioni virtuali sul volume del

pannello. L'uniformità di tensioni e di deformazioni sul volume del pannello semplifica

l'integrazione.

∆𝑃𝑉= ∫𝜏𝑃𝜏1

𝐺𝑉

𝑑𝑉 =𝑉𝐶𝐻2(1 − 𝛼 − 𝛽)2

𝐺∇P

Il modello Krawinkler e il modello Scissor devono avere lo stesso contributo di spostamento

al taglio della zona pannello come dato dall'equazione appena scritta.

2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello

La ricerca effettuata da Krawinkler ha dimostrato che la resistenza della zona pannello è

data da due componenti, taglio nel pannello stesso, e flessione nelle flange della colonna. La

più grande di queste componenti è il taglio della zona pannello, che è portato dall’anima

della colonna e dal doppio piatto se presente. Se si assume che la tensione di snervamento a

taglio è 1/√3 ≅ 0,6 volte la tensione di snervamento uniassiale e che la colonna e il doppio

piatto sono realizzati con lo stesso materiale, la resistenza di snervamento del pannello a

taglio è:

𝑉𝑌𝑃 = 0,6𝐹𝑦𝛼𝐿𝑡𝑃 =0,6𝐹𝑦∇𝑃

𝛽𝐻

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CAPITOLO 2 28

La seconda componente di resistenza deriva dalla flessione di snervamento delle flange

della colonna. Questo fenomeno, che è più significativo per le colonne con flange molto

spesse, è stato osservato da test e può essere calcolato utilizzando il principio degli

spostamenti virtuali. La resistenza a taglio calcolata, dovuta alla flangia della colonna nella

regione del nodo, è:

𝑉𝑌𝐹 = 1,8𝐹𝑦𝑏𝐶𝑓𝑡𝐶𝑓

2

𝛽𝐻

dove il moltiplicatore 1,8 è un fattore di calibrazione in base ai risultati dei test.

2.3.7 - Risposta forza-deformazione

Il comportamento forza-deformazione assunto dal nodo colonna-trave è illustrato nella

figura 2.8. La relazione del momento-rotazione nella figura verrà utilizzato in seguito.

Figura 2.8 - Relazione forza-deformazione per il nodo colonna-trave [5]

La risposta totale è pari alla somma della risposta del pannello e delle flange della colonna.

A seguito di Krawinkler si assume che la deformazione di snervamento della componente

flangia è quattro volte la deformazione di snervamento della componente pannello. Va

notato che la figura mostra che la resistenza della componente flangia ha effetto immediato

al momento del caricamento. Krawinkler presuppone che questa componente di resistenza

non si verifica fino a quando il pannello snerva a taglio.

2.3.8 - Modello Krawinkler

Il modello Krawinkler è mostrato in figura 2.9. Il modello si compone di quattro elementi

rigidi collegati agli angoli da molle rotazionali. Le molle agli angoli in basso a sinistra e in

alto a destra non hanno rigidezza, e quindi agiscono come vere cerniere. La molla in alto a

sinistra viene utilizzata per rappresentare la resistenza al taglio della zona pannello, e la

molla in basso a destra viene utilizzata per rappresentare la resistenza a flessione della

flangia della colonna. Sono necessari per il modello un totale di dodici nodi (ci sono due

nodi ad ogni angolo). Il numero di gradi di libertà del modello dipende dall'uso di vincoli

nodali o nodi schiavi. Il numero minimo di gradi di libertà necessari per modellare il

pannello è di quattro in una struttura planare. Il massimo è 28.

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CAPITOLO 2 29

Figura 2.9 - Modello Krawinkler [5]

Le proprietà delle molle nel modello Krawinkler sono facilmente calcolate in termini di

proprietà fisiche. Guardando solo la molla del pannello, per esempio, il momento nella

molla è uguale al taglio del pannello per l'altezza del pannello. (Vedere lo schema a destra

della figura 2.8). La rotazione nella molla è uguale alla deformazione di taglio nel pannello

diviso l'altezza del pannello. Quindi:

𝑀𝑃,𝐾 = 𝑉𝑃𝛽𝐻

𝜃𝑃,𝐾 =𝑉𝑃𝛽𝐻

𝐺𝛼𝐿𝑡𝑃

1

𝛽𝐻=

𝑉𝑃𝛽𝐻

𝐺∇𝑃

Si noti che il pedice "K", nelle espressioni scritte sopra, si riferisce al modello Krawinkler.

La rigidezza della molla rotazionale rappresentante il pannello nel modello Krawinkler è il

momento diviso la rotazione:

𝑆𝑃,𝐾 =𝑀𝑃,𝐾

𝜃𝑃,𝐾

= 𝐺∇𝑃

Il momento di snervamento nella molla è semplicemente la resistenza a taglio del pannello

per l'altezza del pannello. Usando l'equazione 𝑉𝑌𝑃 = 0,6𝐹𝑦𝛼𝐿𝑡𝑃 =0,6𝐹𝑦∇𝑃

𝛽𝐻 si ha:

𝑀𝑌𝑃,𝐾 = 𝑉𝑌𝑃𝛽𝐻 = 0,6𝐹𝑦∇𝑃𝑍

Come si vede nella figura 2.8, la rigidezza della componente flangia del modello

Krawinkler è uguale al momento di snervamento della componente flangia diviso quattro

volte la rotazione di snervamento della componente pannello. La rotazione di snervamento

della molla che rappresenta la componente del pannello è:

𝜃𝑃,𝐾 =𝑀𝑌𝑃,𝐾

𝐾𝑌𝑃,𝐾

= 0,6𝐹𝑌

𝐺

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CAPITOLO 2 30

Il momento di snervamento è uguale alla resistenza di snervamento per l'altezza del

pannello:

𝑀𝑌𝐹,𝐾 = 𝑉𝑌𝐹𝛽𝐻 = 1,8𝐹𝑦(b𝐶𝑓)(t𝐶𝑓)2

e la rigidezza risultante è:

𝑆𝐹,𝐾 =𝑀𝑌𝐹,𝐾

4𝜃𝑌𝑃,𝐾

= 0,75(b𝐶𝑓)(t𝐶𝑓)2

𝐺

In sintesi, le espressioni di 𝑆𝑃,𝐾, 𝑀𝑌𝑃,𝐾, 𝑆𝐹,𝐾 e di 𝑀𝑌𝐹,𝐾 sono tutte quelle che sono necessarie

per modellare rispettivamente la molla del pannello e la molla della flangia nel modello

Krawinkler. Se si desidera può essere aggiunta una componente di deformazione di

incrudimento.

2.3.9 - Modello Scissors

Il modello Scissor è illustrato nella figura 2.10. Il nome di questo modello deriva dal fatto

che il modello agisce come un paio di forbici, con una singola cerniera nel centro. Sono

richiesti solo due nodi per modellare il nodo se sono utilizzate le zone di estremità rigida per

le regioni della colonna e della trave all'interno della zona pannello. Il modello ha quattro

gradi di libertà. Come per il modello Krawinkler, viene utilizzata una molla rotazionale per

rappresentare il comportamento della componente pannello e l'altra viene utilizzata per

rappresentare il comportamento della componente flangia.

Le proprietà del modello Scissor sono determinate da quelle trovate in precedenza per il

modello Krawinkler. In primo luogo, si considera il fattore di partecipazione della

deformazione per il taglio del pannello come derivati nell'equazione ∆𝑃𝑉= ∫𝜏𝑃𝜏1

𝐺𝑉𝑑𝑉 =

𝑉𝐶𝐻2(1−𝛼−𝛽)2

𝐺∇P. Si fa notare che il denominatore di questa equazione è lo stesso della rigidezza

della molla del pannello per il modello Krawinkler, l’equazione può essere riscritta come:

∆𝑃=𝑉𝐶𝐻2(1 − 𝛼 − 𝛽)2

𝑆𝑃,𝐾

Per il modello Scissor, il momento della molla della colonna sotto il taglio VC è

semplicemente VCH. Se la molla Scissor ha una rigidezza SP,S, la rotazione nella molla è

VCH / SP, S. Il drift oltre l'altezza della colonna è la rotazione per l'altezza, quindi per il

modello Scissor:

∆𝑃,𝑆𝑐𝑖𝑠𝑠𝑜𝑟=𝑉𝐶𝐻2

𝑆𝑃,𝑆

Dato che questa deformazione deve essere identica a quella data nell’equazione ∆𝑃=𝑉𝐶𝐻2(1−𝛼−𝛽)2

𝑆𝑃,𝐾 , è evidente che la relazione tra la molla di Krawinkler e la molla di Scissor è

la seguente:

𝑆𝑃,𝑆 =𝑆𝑃,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)2

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CAPITOLO 2 31

Allo stesso modo, quando il momento nella molla di Krawinkler è VPβH, il momento nella

molla di Scissor è VCH. Utilizzando le equazioni 𝑉𝑃 =𝑉𝐶(1−𝛼−𝛽)

𝛽 e 𝑀𝑃,𝐾 = 𝑉𝑃𝛽𝐻 si ha:

𝑀𝑃,𝐾 = 𝑉𝑃𝛽𝐻 = 𝑉𝐶𝐻(1 − 𝛼 − 𝛽)

𝑀𝑃,𝑆 =𝑀𝑃,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)

Le relazioni date dalle equazioni 𝑆𝑃,𝑆 =𝑆𝑃,𝐾

(1−𝛼−𝛽)2 e 𝑀𝑃,𝑆 =

𝑀𝑃,𝐾

(1−𝛼−𝛽) valgono anche per le

componenti dei modelli della flangia della colonna:

𝑆𝐹,𝑆 =𝑆𝐹,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)2

𝑀𝐹,𝑆 =𝑀𝐹,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)

Figura 2.10 - Modello Scissor [5]

Come esempio, consideriamo il caso in cui α e β sono rispettivamente 0,1 e 0,2, la molla

Scissor dovrà essere di circa due volte più rigida e 1,43 volte più forte della molla

Krawinkler. Molti analisti utilizzano erroneamente le molle derivate per il modello

Krawinkler nel modello Scissor. Questo produrrà modelli che sono più flessibili rispetto alla

struttura vera, e che prematuramente snerva nelle regioni della zona pannello.

2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor

Si dovrebbe notare dalle equazioni 𝑆𝑃,𝑆 =𝑆𝑃,𝐾

(1−𝛼−𝛽)2 e 𝑀𝑃,𝑆 =

𝑀𝑃,𝐾

(1−𝛼−𝛽) che mentre le proprietà

dei modelli Scissor dipendono dalla quantità α e β, quelli del modello Krawinkler non lo

sono. Dal momento che si presumeva esplicitamente che le colonne e le travi su entrambi i

lati del nodo sono di uguale altezza e larghezza, e questi termini si riflettono in α e β, il

modello Scissor non può essere utilizzato quando questa condizione viene violata. Non c'è

nessuna restrizione sull'utilizzo del modello Krawinkler.

La forma deformata dei modelli Krawinkler e Scissor sono mostrati nella figura 2.11. In

questa figura tutta la deformazione viene considerata nel pannello, con la trave e la colonna

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CAPITOLO 2 32

rigida. La differenza più evidente nel comportamento tra i due modelli è l'offset negli assi

baricentrici delle colonne e delle travi nel modello Krawinkler, che non sono presenti nel

modello Scissor.

Una serie di analisi sono state effettuate utilizzando DRAIN-2DX per determinare l'effetto

delle differenze cinematiche sulla risposta di un’analisi pushover di una serie di telai piani

che avevano snervato nella zona pannello e alle estremità delle travi. Sono state utilizzate

una varietà di campate per le travi, ma l'altezza della colonna è rimasta costante. L’analisi è

stata effettuata con e senza carico di gravità, con e senza effetti P-Delta. Per il semplice

sottoassemblaggio analizzato usando i modelli Krawinkler e Scissor, le risposte pushover

erano identiche. Per strutture create assemblando sottoassemblaggio in una trave rettilinea,

ma con cerniere reali a metà travi e a metà altezza delle colonne, le risposte pushover

nuovamente erano identiche. Piccole differenze nelle risposte pushover sono state ottenute

quando sono state rimosse le cerniere a metà campata / metà altezza.

Si è concluso, quindi, che il modello Scissor, se correttamente utilizzato, è generalmente più

efficace per l'analisi del modello Krawinkler, date le approssimazioni nelle derivazioni e le

incertezze coinvolte nell'analisi.

Figura 2.11 - Modello cinematico di Krawinkler (sinistra) e modello cinematico di Scissor (destra) [5]

2.3.11 - Conclusioni

Modelli meccanici semplificati come il modello Krawinkler e il modello Scissor sono

estremamente efficaci nel rappresentare sia le deformazioni elastiche che anelastiche nella

zona pannello in strutture a telaio in acciaio. Mentre il modello Krawinkler è molto più

complesso e ha notevoli differenze cinematiche con il modello Scissor, i risultati ottenuti

con i due modelli sono essenzialmente identici. I risultati dei modelli meccanici semplici si

correlano bene anche con le più avanzate analisi agli elementi finiti, e con i risultati

sperimentali.

Il modello Scissor, tuttavia, è limitato all’utilizzo nei telai con campate di uguale larghezza

e con piani di uguale altezza. Il modello Krawinkler non ha nessuna restrizione del genere.

Si verificano errori molto significativi nell'analisi se le proprietà derivate per il modello

Krawinkler vengono utilizzate in un modello Scissor.

2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000 [6]

2.4.1 - Nodi -Zone pannello

L’assegnazione di una zona pannello ad un nodo permette una rotazione differenziale e in

alcuni casi una traslazione differenziale da travi ad altri oggetti, da controventi ad altri

oggetti, o da connessioni di colonne.

1. Selezionare l’oggetto punto dove assegnare una zona pannello.

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CAPITOLO 2 33

2. Fare clic sul menu Assegna > nodi > il comando zona pannello per accedere

all’assegnazione della zona pannello.

3. Specificare le proprietà, la connettività, l’orientamento degli assi locali e un’opzione

assegnazione per la zona pannello utilizzando le opzioni sulla forma Assegnare Zona

Pannello:

Area Proprietà. Quando vengono specificate le proprietà della zona pannello,

la rigidezza delle molle utilizzate per modellare la zona pannello è

effettivamente specificata. Sono disponibili le seguenti opzioni per specificare

le proprietà della zona pannello:

o Proprietà elastiche dalla Colonna. In questo caso, sono prese dalla

colonna solo le proprietà di rotazione per flessione attorno all’asse

principale (asse locale 3) e asse minore (asse locale 2). Queste

proprietà di rotazione sono assegnate alla molla della zona pannello che

collega i due nodi interni nella zona pannello creati da SAP2000. Per

tutti gli altri gradi di libertà, per i nodi interni nella zona pannello si

presume che siano rigidamente collegati. Quando questa opzione è

selezionata, l’unica opzione attiva per collega la Zona Pannello è Travi

ad altri oggetti e l’unica opzione attiva per il local-Axis è da colonna.

Se nessuna colonna è connessa all’oggetto punto nel quale è stato

assegnato la zona pannello, l’assegnazione zona pannello viene

ignorata da SAP2000. Quando l’analisi è in esecuzione, un messaggio

di avviso riporta l’assegnazione delle zone pannello che sono ignorate a

causa di questa condizione.

o Proprietà elastiche da colonna e piatto doppio. Per utilizzare questa

opzione, specificare anche un duplicatore di spessore della lamiera.

SAP2000 poi cambia lo spessore dell’anima (direzione asse locale)

della colonna per essere uguale allo spessore dell’anima originale più

lo specificato spessore della lamiera doppia e calcola le proprietà di

questa sezione modificata. Le proprietà di rotazione per la flessione

attorno all’asse principale (asse locale 3) e asse minore (asse locale 2)

sono prese dalla sezione della colonna modificata. Quelle proprietà di

rotazione sono assegnate alla molla della zona pannello che collega i

due nodi interni nella zona pannello creati da SAP2000. Per tutti gli

altri gradi di libertà, i nodi interni nella zona pannello si presume siano

rigidamente collegati. Quando questa opzione è selezionata, l’unica

opzione attiva per collega la Zona Pannello è Travi ad altri oggetti e

l’unica opzione attiva per il local-Axis è da colonna. Se nessuna

colonna è connessa all’oggetto punto nel quale è stato assegnato la

zona pannello, l’assegnazione zona pannello viene ignorata da

SAP2000. Quando l’analisi è in esecuzione, un messaggio di avviso

riporta l’assegnazione delle zone pannello che sono ignorate a causa di

questa condizione.

o Specificate Proprietà della molla. Con questa opzione, specificare le

rigidezze di rotazione della molla per l’asse maggiore a flessione

(intorno all’asse locale 3 della colonna e zona del pannello) e asse

minore a flessione (intorno all’asse locale 2 della colonna e zona del

pannello). Queste due proprietà della molla rotazionale sono assegnate

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CAPITOLO 2 34

alla molla della zona pannello che collega i due nodi interni nella zona

pannello creati da SAP2000. Per tutti gli altri gradi di libertà, i nodi

interni nella zona del pannello si presume siano rigidamente collegati.

Quando questa opzione è selezionata, l’unica opzione attiva per collega

la Zona Pannello è Travi ad altri oggetti e l’unica opzione attiva per

l’Asse locale è da colonna.

o Specificata Proprietà di Link. Con questa opzione, si specifica una

proprietà elemento link per la zona pannello. Le proprietà

dell’elemento link sono assegnate alla molla che collega i due nodi

interni nella zona pannello creati da SAP2000. In tal caso, la molla

potrebbe avere proprietà per tutti i sei gradi di libertà se sono definite

proprietà del collegamento diverse da zero per tutti i sei gradi di libertà.

Se per un particolare grado di libertà non sono state assegnate le

proprietà dell’elemento link, SAP2000 assume quel grado di libertà

essere rigidamente connesso. Pertanto, se per qualche ragione uno dei

gradi di libertà della zona pannello deve avere rigidezza praticamente

nulla, si deve specificare una rigidezza piccola per quel grado di libertà

nella proprietà del collegamento. Se le proprietà statiche non lineari

sono state definite per la proprietà del collegamento, queste proprietà

sono considerate quando viene eseguita una analisi statica non lineare

(pushover). Allo stesso modo, se proprietà non lineari dinamiche sono

state definite per la proprietà del collegamento, queste proprietà sono

considerate quando viene eseguita una analisi non lineare “time

history”. Così quando le proprietà della zona pannello sono basate su

una proprietà del collegamento specificata, può essere modellato il

comportamento del modello non lineare della zona pannello. Quando

questa opzione è selezionata, entrambe le opzioni sono disponibili e

attive nella zona Pannello collega ed entrambe le opzioni sono

disponibili e attive nella zona dell’Asse locale.

Area Connessioni Zona di Pannello. La scelta per la connettività della zona

pannello è trave ad altri oggetti, quando una delle opzioni nell’area Proprietà è

selezionata e entrambe travi ad altri oggetti e controventi ad altri oggetti,

quando l’opzione proprietà specificata di collegamento nella zona Proprietà è

selezionata. Se un tipo di connettività è specificato per la zona pannello per un

oggetto punto e il tipo di elemento specificato non si connette all’oggetto

punto, SAP2000 ignora l’assegnazione di zona pannello. Per esempio, se

l’opzione controventi ad altri oggetti è selezionata e nessun controvento si

trova nell’oggetto punto selezionato, l’assegnazione zona pannello viene

ignorata. Quando l’analisi è in esecuzione, un messaggio di avviso riporta

l’assegnazione delle zone di pannello che sono ignorate a causa di questa

condizione (se presente).

Di seguito sono riportate le descrizioni dei due tipi di connettività per la zona

di pannello:

o Travi ad altri oggetti. Per connettività travi ad altri oggetti, SAP2000

crea due nodi distinti per modellare la zona del pannello. Tutti i

membri trave sono collegati ad uno dei nodi e tutti gli altri oggetti sono

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CAPITOLO 2 35

collegati all’altro nodo. I due nodi sono collegati da una molla che ha le

proprietà specificate per la zona pannello.

o Controventi ad altri oggetti. Per connettività controventi ad altri

oggetti, SAP2000 crea due nodi distinti per modellare la zona pannello.

Tutti i membri controventi sono collegati ad uno dei nodi e tutti gli altri

oggetti sono collegati all’altro nodo. I due nodi sono collegati da una

molla che ha le proprietà specificate per la zona pannello.

Area Asse locale. La scelta per gli assi locali è da Colonna, quando una delle

opzioni nell’area Proprietà è selezionata e sia da colonne e Angolo quando

l’opzione di proprietà Link specificato nella zona Proprietà è selezionata.

L’asse locale positivo 1 è nella stessa direzione dell’asse globale positivo Z.

La direzione dell’asse locale positivo 3 è determinata dalla direzione dell’asse

locale 1 e 2 come descritto nel presente documento utilizzando la regola della

mano destra. Specificare la direzione positiva dell’asse locale 2 come una

delle seguenti:

o Da Colonna. L’asse positivo locale 2 della zona pannello è nella stessa

direzione dell’asse locale positivo 2 della colonna collegata alla zona

pannello. Se le colonne sono collegate alla zona pannello da sopra e

sotto, e hanno diversi orientamenti degli assi locali, l’asse locale

positivo 2 della zona pannello è nella stessa direzione dell’asse locale

positivo 2 della colonna sotto (e collegato a) la zona pannello. Se l’asse

locale 2 è specificato essere basato su una colonna e nessuna colonna

esiste nella posizione della zona di pannello, l’asse locale positivo 2 è

orientato nella stessa direzione dell’asse globale positivo X.

o Angolo. La direzione dell’asse locale positivo 2 della zona pannello è

specificato da un angolo misurato in gradi dall’asse globale positivo X.

Un angolo positivo appare in senso antiorario. Un angolo di 0 gradi

significa che l’asse locale positivo 2 è nella stessa direzione dell’asse

globale positivo X. Un angolo di 90 gradi significa che l’asse locale

positivo 2 è nella stessa direzione dell’asse globale positivo Y. Vedere

il disegno sottostante.

Area Opzioni. Specificare in che modo bisogna assegnare la zona pannello.

o Sostituire Zone Pannello esistenti: Sostituisce la zona pannello

attualmente specificata (rigidezza della molla), con l’assegnazione di

una nuova zona pannello.

o Eliminare Zone Pannello esistenti: elimina l’assegnazione zona

pannello apportata all’oggetto punto selezionato. Quando questa

opzione è selezionata, gli elementi nelle aree Proprietà, connettività e

Asse locale vengono ignorati quando il pulsante OK viene premuto.

2.4.1.1 - L’ elemento Nllink [7]

L’elemento Nllink viene usato per modellare delle non linearità locali all’interno della

struttura come ad esempio Multi linear elastic (elementi elastici n-lineari), Gaps (elementi

solo compressi costituiti da un molla con in serie una apertura), Hook (elementi solo tesi

costituiti da un molla con in serie un gancio), Dampers (elementi a viscosità non lineare),

Plastic (elementi a comportamento elasto-plastico con leggi diverse), Rubber Isolator

(isolatori isteretici), Friction Isolator (isolatori ad attrito).

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CAPITOLO 2 36

2.4.1.1.1 - Sommario

L’elemento Nllink viene usato per modellare una non linearità concentrata della struttura. Il

comportamento non lineare è utilizzabile solo durante analisi non lineari (statiche,

dinamiche). Per le altre analisi gli Nllink hanno un comportamento lineare.

Ogni elemento Nllink può essere ad 1 nodo (per esempio molle a terra) o a 2 nodi. In

entrambi i casi le loro proprietà sono definite allo stesso modo.

Ogni elemento è assunto come composto da 6 molle separate, una per ogni grado di libertà

(assiale, taglio, torsione e momento puro).

Ognuna di queste molle possiede un doppio gruppo di proprietà:

il primo gruppo definisce la rigidezza elastica (Linear effective-stiffness) e lo

smorzamento viscoso lineare (effective damping); tali proprietà sono utilizzate

durante le analisi lineari,

il secondo gruppo definisce una legge opzionale non lineare che verrà

utilizzata in analisi non lineari.

Se le proprietà non lineari non sono specificate per un dato grado di libertà, solo la rigidezza

elastica, ma non lo smorzamento viscoso, viene usata nelle analisi non lineari.

Lo smorzamento effettivo (lineare) viene utilizzato esclusivamente in analisi con spettro di

risposta e analisi al passo (Time-History) lineari.

Le leggi Forza-Deformazione delle molle possono essere accoppiate o indipendenti a

seconda del tipo di comportamento modellato.

Le proprietà per tutti e sei gradi di libertà sono chiamate Nlprop. Un set di Nlprop consiste

in massa, peso e al più in sei relazioni non lineari Forza-Deformazione.

I tipi di relazioni non lineari che si possono modellare attraverso questi elementi sono:

Smorzamento viscoso

Gap (apertura/giunto resistente a sola compressione) e Hook (gancio con apertura

resistente a sola trazione)

Legge multi-lineare elastica monoassiale

Legge elastoplastica monoassiale (modello secondo Wen)

Legge elastoplastica multilineare con hardening (incrudimento) cinematico

Isolatore plastico bi-assiale (esempio: isolatore in gomma)

Isolatore ad attrito (Friction-pendulum base isolator) che può essere usato come un

appoggio mono-direzionale ad attrito

2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi

Ogni elemento Link può essere modellato in due configurazioni:

connettendo due nodi, i e j; è possibile che questi 2 nodi occupino la stessa posizione

nello spazio nel modello indeformato,

connettendo un nodo a terra quindi con un unico nodo j.

2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla

I seguenti tipi di Nllink sono considerati di lunghezza nulla:

Elemento a singolo nodo

Elemento a due nodi coincidenti nello spazio a struttura indeformata, oppure a due

nodi con una distanza reciproca inferiore a quella di tolleranza: zero.

Il valore di default per lo zero è 10-3. Lo scopo di questa tolleranza è quello di arrotondare i

valori inseriti per le coordinate. Per esempio, se le coordinate dei nodi sono specificate in m,

allora un possibile valore per lo zero può essere 2 o 3 mm.

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CAPITOLO 2 37

Un elemento a due nodi che possiede una lunghezza maggiore della tolleranza zero, è

considerato avere una lunghezza finita. A prescindere dal fatto che un elemento abbia

lunghezza zero o finita, la definizione delle proprietà avviene nel sistema di coordinate

locali.

2.4.1.1.4 - Gradi di libertà

L’elemento di collegamento attiva sempre tutti e sei i gradi della libertà al relativo o ai

relativi nodi connessi.

A quali gradi della libertà della struttura l’elemento contribuisce alla rigidezza dipende dalle

proprietà assegnate all’elemento. E’ necessario, al fine di scongiurare labilità della struttura,

vincolare i gradi di libertà non regolati dalle proprietà degli Nllink.

2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale

Ogni elemento di collegamento ha un relativo sistema di coordinate locale dell’elemento

usato per definire le proprietà di forza-deformazione. Gli assi di questo sistema locale sono

denotati con 1, 2 e 3. Il primo asse è diretto sulla lunghezza dell’elemento e corrisponde a

deformazioni assiali. I due assi restanti si trovano nel piano perpendicolare all’asse indicato;

questi assi corrispondono a deformazioni a taglio.

È importante capire chiaramente la definizione degli assi locali 1-2-3 dell’elemento e la

relazione con il sistema di riferimento globale X-Y-Z. Entrambi i sistemi sono sistemi

destrorsi. Il compito dell’utente è quello di stabilire un sistema locale che faciliti

l’immissione dei dati e la rilettura dei risultati.

Nella maggior parte delle strutture la definizione del sistema di coordinate locali

dell’elemento è estremamente semplice.

E’ consigliabile utilizzare l’orientamento predefinito (default orientation) e definire un

angolo (Link element coordinate angle) di rotazione relativo.

Asse locale 1

L’asse locale 1 è l’asse longitudinale che corrisponde alla deformata assiale. Questo asse è

determinato da:

Per gli elementi a lunghezza finita questo asse è automaticamente definito come

direzione tra nodo i (primo nodo inserito) e nodo j (secondo nodo inserito).

Per gli elementi a lunghezza zero l’asse locale 1 predefinito è diretto come l’asse

globale Z positivo (verso l’alto).

Orientamento di default

L’orientamento di default degli assi locali 1 e 2 è determinato dalla relazione fra l’asse

locale 1 e l’asse globale Z:

il piano locale 1-2 viene preso verticale, cioè parallelo all’asse Z,

l’asse locale 2 viene preso in direzione positiva verso l’alto (+Z) a meno che

l’elemento non sia orizzontale, nel qual caso l’asse locale 2 è preso orizzontale

diretto lungo la direzione globale +X,

l’asse locale 3 è sempre orizzontale cioè giace nel piano X-Y.

Un elemento viene considerato orizzontale se il seno dell’angolo fra l’asse locale 3 e l’asse

Z è minore di 10−3.

L’angolo fra l’asse locale 2 e l’asse verticale è uguale all’angolo fra l’asse locale 1 e il piano

orizzontale. Ciò significa che l’asse locale 2 punta verso l’alto per elementi verticali.

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CAPITOLO 2 38

Angolo delle coordinate

L’angolo delle coordinate dell’elemento Nllink, ang, viene usato per definire gli

orientamenti dell’elemento diversi dall’orientamento di default. Esso è l’angolo per il quale

gli assi locali 2 e 3 sono ruotati intorno all’asse locale positivo 1 rispetto all’orientamento di

default. La rotazione di un valore positivo di ang è in senso antiorario quando l’asse locale

+1 punta verso l’osservatore.

Per elementi orizzontali, ang è l’angolo fra l’asse locale 2 e l’asse orizzontale +Y. In altre

parole, ang è l’angolo fra l’asse locale 2 e il piano verticale che contiene l’asse locale 3.

2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali

Un Nlprop è un set di proprietà strutturali che può essere usato per definire il

comportamento di uno o più elementi di tipo Link. Le Nlprop sono definite

indipendentemente dagli elementi link e sono richiamate durante le definizione di questi

elementi.

La rigidezza effettiva (Effective-stiffness) e lo smorzamento effettivo (effective-damping)

possono essere specificati. Queste proprietà saranno utilizzate durante le analisi lineari:

analisi lineari statiche, analisi modale, analisi di instabilità (Buckling analysis), analisi a

carichi mobili, analisi con spettro di risposta, analisi armoniche in frequenza (steady-state

analysis), analisi lineari al passo (linear Time history) e analisi al passo periodiche (periodic

time history).

Fanno parte del set di proprietà anche la massa (intesa come massa traslazionale e come

inerzie rotazionali) ed il peso.

Le proprietà sono definite rispetto al sistema di riferimento locale.

Molle non lineari interne

Ogni Nlprop si può pensare composto da sei “molle” non lineari interne, una per ogni grado

di libertà. Le relazioni Forza-Deformazione di queste molle possono essere indipendenti,

accoppiate, o avere entrambe le definizioni. La figura 2.12 mostra le molle di tre delle

deformazioni possibili: assiale, taglio nel piano 1-2, momento puro nel piano 1-2.

È importante sottolineare che la molla a taglio è posizionata ad una distanza pari a dj2 dal

nodo j. Assumiamo che tutta la deformazione a taglio si espleti in questa molla, e quindi che

il terreno e la struttura connessa siano infinitamente rigidi a taglio. La deformata a taglio

può causare la rotazione come una traslazione ai nodi. La forza in questa molla produrrà una

variazione lineare di momento lungo l’altezza. Il momento dovuto al taglio è indipendente e

si sommerà come costante al momento dovuto alla molla flessionale pura.

Relazioni Forza-Deformazione

Ci sono 6 relazioni Forza-Deformazione che governano il comportamento dell’elemento,

una per ogni molla interna:

Assiale: fu1 vs. du1

Taglio: fu2 vs. du2 , fu3 vs. du3

Torsionale: fr1 vs. dr1

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CAPITOLO 2 39

Figura 2.12 - Tre delle sei molle non lineari indipendenti in un elemento Link [7]

Flessione pura: fr2 vs. dr2 , fr3 vs. dr3

dove fu1 , fu2 e fu3 sono le forze interne; e fr1, fr2 e fr3 sono i momenti interni.

Queste relazioni possono essere indipendenti o accoppiate. Le forze e i momenti sono

relazionati agli spostamenti alle rotazioni o alle velocità di deformazione o di rotazione.

Forze interne

Le forze interne dell’elemento: P, V2, V3 e i momenti interni T, M2, M3 hanno lo stesso

significato che per gli elementi Frame. Sono illustrati in figura 2.13 gli effetti di queste

forze e momenti interni.

Queste Forze e Momenti interni possono essere definiti partendo dalla definizione delle

forze e dei momenti delle molle:

Assiale: P = fu1

Taglio nel piano 1-2: V2 = fu2, M3s = (d − dj2) fu2

Taglio nel piano 1-3: V3 = fu3, M2s = (d − dj3) fu3

Torsione: T = fr1

Figura 2.13 - Forze e momenti interni [7]

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CAPITOLO 2 40

Flessione pura nel piano 1-3: M2b = fr2

Flessione pura nel piano 1-2: M3b = fr3

Dove d è la distanza dal nodo j. Il momento totale risulta M2 e M3 ed è composto dal

momento puro e dal momento indotto dal taglio:

M2 = M2s +M2b

M3 = M3s +M3b

Relazione lineare Forza-Deformazione

Se tutte le molle interne sono lineari, le relazioni forza spostamento possono essere espresse

mediante la forma matriciale:

dove i valori sulla diagonale sono le rigidezze lineari delle molle.

L’espressione matriciale può essere usata anche per la rappresentazione delle forze interne e

di spostamenti al nodo j per un elemento ad 1 nodo:

Questa relazione vale anche per elementi a 2 nodi se lo spostamento del nodo i vale zero.

Rigidezza lineare effettiva - ke

Per ogni set di proprietà dei Link (Nlprop) si possono specificare sei rigidezze lineari

effettive, ke una per ogni grado di libertà.

La rigidezza lineare effettiva (linear effective stiffness, ke) rappresenta la rigidezza elastica

totale degli elementi Link e viene usata per ogni tipo di analisi lineare elastica: analisi

lineari statiche, analisi modale, analisi di instabilità (Buckling analysis), analisi a carichi

mobili, analisi con spettro di risposta, analisi armoniche in frequenza (steady-state analysis),

analisi lineari al passo (linear Time history) e analisi al passo periodiche (periodic time

history).

La rigidezza efficace lineare inoltre è usata per tutti i gradi di libertà lineari durante le

analisi non lineari.

I rapporti efficaci di forza-deformazione per Nlprops sono dati dai valori adatti di ke in

sostituzione di ku1, ku2, ku3, kr1, kr2 e kr3.

Le proprietà di rigidezza effettiva non sono usate per i gradi di libertà non lineari durante

analisi non lineare al passo. Tuttavia, in analisi non lineari al passo di tipo modal nonlinear

time history (metodo FNA) si fa uso dei modi di vibrare computati sulla base della rigidezza

efficace.

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CAPITOLO 2 41

Smorzamento lineare effettivo - ce

Per ogni Nlprop è possibile specificare sei diversi valori di smorzamento effettivo lineare.

Per default qualunque valore ce è uguale a zero.

Il valore dello smorzamento lineare effettivo (linear effective damping) rappresenta lo

smorzamento viscoso totale per l’elemento Link. Questo valore viene utilizzato per analisi

lineari (analisi modale con spettro di risposta) o analisi lineari al passo per le quali il valore

di smorzamento al passo viene ignorato.

La relativa relazione forza spostamento può essere ancora espressa sostituendo i valori di ce

ai diversi ku1, ku2, ku3, kr1, kr2 e kr3 e sostituendo le velocità di deformazione alle

corrispondenti deformazioni.

Il valore dello smorzamento lineare effettivo (linear effective damping) viene convertito nel

rapporto di smorzamento modale (modal damping ratio), assumendo uno smorzamento

proporzionale. Il valore convertito viene sommato ai valori di smorzamento modale

assegnati. Il programma non permetterà che il valore dello smorzamento modale totale

superi il 99.995% del valore di smorzamento critico.

2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare

Le proprietà non lineari per ogni Nlprop devono essere di uno dei vari tipi descritti qui di

seguito. Il tipo determina quali gradi di libertà possono essere non lineari e le leggi forza-

deformazione disponibili per quei gradi di libertà.

Ogni grado di libertà può avere impostato una rigidezza effettiva e uno smorzamento

effettivo come descritto precedentemente.

Durante l’analisi non lineare, i rapporti non lineari di forza-deformazione sono usati a tutti i

gradi di libertà per cui le proprietà non lineari sono state specificate. Per tutti gli altri gradi

di libertà, le rigidezze efficaci lineari sono usate durante l’analisi non lineare.

Le proprietà non lineari non sono usate per qualunque altro tipo di analisi. Le rigidezze

effettive sono usate per tutti i gradi di libertà per tutte le analisi lineari.

Ogni rapporto non lineare di forza-deformazione include un coefficiente di rigidezza, K.

Questo rappresenta la rigidezza lineare quando l’effetto non lineare è trascurabile, per

esempio, per caricamento veloce dell’ammortizzatore (modellato con un elemento Damper);

per un elemento di tipo GAP o HOOK chiuso; o in assenza di snervamento o scivolamento

per elementi di tipo Plastic, Rubber Isolator o Friction isolator.

Se K è zero, nessuna forza non lineare può essere generata per quel grado di libertà, con

l’eccezione della forza del pendolo nell’elemento di tipo Friction isolator.

Proprietà dell’elemento Multi-elastico

Per ogni grado di libertà si possono specificare elementi multi-elastici indipendenti.

Se non si specificano le proprietà non lineari per un grado di libertà, quel grado di libertà è

lineare usando la rigidezza efficace, che può essere zero. Pertanto al fine di scongiurare

labilità è necessario vincolare in altro modo quel grado di libertà.

La relazione Forza-Deformazione è data da una curva n-lineare elastica. La curva n-lineare

rappresenta rigidezze costanti a tratti. La curva viene passata per punti e deve avere le

seguenti restrizioni:

Un punto della curva deve essere l’origine (0,0)

Almeno un punto deve essere definito nel campo di deformazione positiva e negativa

Le curve Forza-Deformazione devono essere monotoniche

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CAPITOLO 2 42

Il comportamento ad una deformazione infinita è estrapolato attraverso l’ultimo ramo

(ultimi due punti inseriti) sia nel campo di deformazione positivo sia in quello

negativo.

Bisogna fare attenzione al fatto che il comportamento è non lineare ma elastico. Questo vuol

dire che l’elemento multilineare è un elemento elastico la cui curva è n-lineare e che la

stessa curva viene seguita in fase di carico e in fase di scarico senza avere isteresi.

Proprietà dell’elemento Plastico di tipo Wen

Per ogni grado di libertà si possono specificare elementi plastici uniassiali indipendenti. Il

modello plastico è basato su un comportamento isteretico proposto da Wen (1976). Si veda

la figura 2.14.

Figura 2.14 - Elemento Plastico di tipo Wen per un carico uniassiale [8]

Il comportamento plastico è indipendente per ogni grado di libertà, il raggiungimento dello

snervamento su un qualunque grado di libertà non induce effetti su gli altri gradi di libertà.

Se non si specificano le proprietà non lineari per un grado di libertà, quel grado di libertà è

lineare usando la rigidezza efficace, che può essere zero. Pertanto al fine di scongiurare

labilità è necessario vincolare in altro modo quel grado di libertà.

La legge Forza-Deformazione assunta è:

f = ratio k d + (1 − ratio) yield z

dove k è la rigidezza della fase elastica, yield è la forza di snervamento, ratio è il rapporto

tra il valore della rigidezza dopo lo snervamento e il valore di rigidezza della fase elastica, z

è la variabile isteretica interna.

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CAPITOLO 2 43

Questa variabile assume valori compresi nell’intervallo |z|≤1 con la superficie di

snervamento rappresentata da |z|=1. Il valore iniziale di z è zero, ed evolve in accordo con

la seguente equazione differenziale:

�̇� =𝑘

𝑦𝑖𝑒𝑙𝑑{

�̇�(1 − |𝑧|𝑒𝑥𝑝) ⇔ 𝑑�̇� > 0

�̇�

dove exp è un esponente maggiore o uguale ad 1. Valori molto alti dell’esponente

producono un incremento dell’acutezza nel passaggio tra il primo e il secondo ramo della

bilatera. Il limite pratico corrente per ottenere un passaggio brusco tra i due rami è exp = 20.

Si veda la figura 2.15.

Figura 2.15 - Definizione dei parametri di un elemento Plastic di tipo Wen [8]

Proprietà dell’elemento Plastico di tipo cinematico (Kinematic)

Questo modello è basato sul comportamento di incrudimento cinematico che si osserva

comunemente in strutture in acciaio. Il comportamento plastico è indipendente per ogni

grado di libertà, il raggiungimento dello snervamento su un qualunque grado di libertà non

induce effetti su gli altri gradi di libertà.

Per una schematizzazione del comportamento di questo elemento soggetto a cicli di carico e

scarico si veda la figura 2.16.

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CAPITOLO 2 44

Figura 2.16 - Elemento Plastico con incrudimento cinematico [8]

La relazione Forza-Deformazione è data da una curva n-lineare elastica. La curva n-lineare

rappresenta rigidezze costanti a tratti. La curva viene passata per punti e deve avere le

seguenti restrizioni:

Un punto della curva deve essere l’origine (0,0)

Almeno un punto deve essere definito nel campo di deformazione positiva e negativa

Le curve Forza-deformazione devono essere monotoniche

Le forze (momenti) in un punto devono avere lo stesso segno delle deformazioni

Le pendenze dei tratti finali (semispazio positivo e semispazio negativo) non possono

essere negative (effetto di softening).

La pendenza determinata dagli ultimi due punti inseriti nel semispazio positivo viene

estesa fino all’infinito (vedere tratto finale nella figura 2.16).

Per la regola dell’incrudimento cinematico, le deformazioni plastiche in una direzione

trascinano la curva nell’altra direzione.

Si consideri il percorso indicato nella figura 2.16.

Origine nel punto 0

I punti nel semispazio positivo sono indicati con 1,2,3 ...

I punti del semispazio negativo sono indicati con -1,-2, -3...

Il carico ciclico a cui è soggetto l’elemento rappresentato nella figura 2.16 aumenta di

amplificazione.

Iniziando il ciclo caricando l’elemento nel semispazio positivo (si induce una deformata

positiva), il sistema si sposta lungo il tratto 0-1 fino a raggiungere il punto 1 che delimita il

passaggio dalla fase elastica a quella plastica. Arrivando al punto 1 si genera per simmetria

polare il punto -1 (stessa forza e stesso spostamento cambiati di segno). Continuando a

caricare positivamente ci si dirige verso il punto 2 (abbandono della fase elastica). Se si

scarica prima di essere giunti al punto 2, il sistema si muove parallelamente al tratto 0-1 fino

ad arrivare in prossimità del punto -2. Si fa notare che il punto 2 ancora non si è formato, e

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CAPITOLO 2 45

non si forma fino a che, o si amplifica il carico nel semispazio negativo oppure, come nel

caso indicato nella figura, tornando a caricare al ciclo successivo si raggiunge nel

semispazio positivo il punto 2. Continuando a caricare si arriva al punto 3, successivamente

scaricando, il sistema si muove raggiungendo il punto -2 ed infine il punto -3. Tutti e tre

questi punti (-1, -2 e -3), erano stati generati da deformazioni positive e non da

deformazioni negative.

Quando si definiscono i punti sulla curva multi-lineare, va tenuto presente che i punti

simmetrici saranno creati anche se la curva non è simmetrica.

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CAPITOLO 2 46

2.5 - BIBLIOGRAFIA

[4] FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of

Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F,

Washington D.C., Semptember 2000.

[5] Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc.,

U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting

frames”, Amsterdam June 3-4, 2004.

[6] Computers and Structures, Inc. (2010), “SAP2000® Help, Linear and Nonlinear Static

and Dynamic Analysis and Design of Three Dimensional Structures ”.

[7] M. Brunetta, L. Bandini M. De Lorenzi (2006), “SAP2000® analisi lineare/non lineare

integrata con verifiche per strutture tridimensionali”, Pordenone, Settembre 2006.

[8] Computers and Structures, Inc. (2010), “CSI Analysis Reference Manual For

SAP2000®, ETABS®, and SAFE® ”, Berkeley, California (USA), March 2010.

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CAPITOLO 3 47

3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE

DEI TELAI IN ACCIAIO

3.1 - INTRODUZIONE

La progettazione di edifici è generalmente svolta utilizzando codici di calcolo ad hoc per

l’analisi strutturale, nei quali sono state implementate le teorie strutturali (travi, lastre e

gusci). Tali teorie nascono dall’esigenza di ottenere, per mezzi continui dotati di particolare

struttura, soluzioni più agevoli rispetto a quelle offerte dalla meccanica del continuo,

utilizzando ipotesi semplificative senza compromettere la correttezza della formulazione.

In particolare gli elementi generalmente utilizzati per modellare edifici con struttura a telaio

(costituiti da travi e colonne o da elementi riconducibili a questi) soddisfano le ipotesi della

teoria delle travi: generati da una superficie piana (sezione trasversale) che trasla

mantenendosi ortogonale alla traiettoria descritta dal suo baricentro (asse geometrico), in

modo tale che sviluppo e raggi di curvatura dell’asse geometrico risultino grandi rispetto a

qualunque dimensione lineare della sezione trasversale (elementi snelli), essi si deformano

mantenendo piane le sezioni rette e possono quindi essere rappresentati dal solo asse

geometrico. I codici di calcolo descrivono quindi le strutture a telaio tramite elementi mono-

dimensionali.

E’ importante comunque ricordare che per quegli elementi strutturali per i quali non vale

l’ipotesi di snellezza (le dimensioni della sezione sono comparabili con quelle della

lunghezza) e quindi di indeformabilità della sezione, è necessario fare ricorso ad altri

modelli: ad esempio per pareti e trave spesse si possono utilizzare elementi bidimensionali

che si rifanno alla teoria delle lastre, per blocchi di muratura si possono utilizzare elementi

tridimensionali propri della meccanica del continuo.

Sebbene la teoria elastica lineare sia una formulazione efficiente del problema strutturale, le

stesse ipotesi su cui essa si basa la rendono del tutto inadatta a cogliere il reale

comportamento di una struttura, all’insorgere di una qualunque non linearità.

La caratteristica fondamentale dell’analisi non lineare risiede nell’impossibilità di garantire,

da parte della teoria stessa, l’esistenza di una soluzione e quand’anche essa vi sia, la sua

unicità. Risulta inoltre non più applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti,

basato sull’indipendenza della risposta del sistema dalla storia di carico, inoltre in generale

il sistema non è più conservativo e quindi non può più essere definita una energia potenziale

totale.

Vi sono casi in cui gli aspetti non lineari sono particolarmente rilevanti e quindi è

consigliabile, e talvolta necessario, far ricorso all’analisi non lineare, ad esempio:

valutazione della capacità portante di strutture esistenti danneggiate;

autotensioni dovute a variazioni termiche;

analisi di strutture snelle;

analisi sismica;

casi in cui si hanno forti ridistribuzioni di momento in fase fessurata;

strutture molto deformabili in esercizio.

In generale si possono individuare due fonti di non linearità:

1) non linearità geometrica: il materiale continua ad avere un comportamento elastico

lineare, ma sono inclusi gli effetti di deformazioni e spostamenti finiti nella

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CAPITOLO 3 48

formulazione delle equazioni di equilibrio, che saranno formulate nella configurazione

deformata della struttura;

2) non linearità di materiale: è dovuta al fatto che il materiale, di cui è composta la

struttura, risponde in modo differente al crescere dei carichi, ovvero lo stesso materiale

cambia caratteristiche alla progressiva deformazione che esso subisce. In particolare la

legge del legame costitutivo di materiale può essere olonoma, ossia identica in fase di

carico e scarico, o anolonoma, ossia avente andamenti diversi nei vari cicli di carico e di

scarico e quindi dipendente dall’effettiva storia deformativa;

In tali casi la soluzione del problema può anche non esistere, od esistere ma non essere

unica. Come detto, non vale più il principio di sovrapposizione degli effetti ed in generale il

sistema non è più conservativo e quindi non può più essere definita un’energia potenziale

totale.

Figura 3.1 - Mancata validità del principio di sovrapposizione degli effetti in campo non lineare [10]

3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE Nella modellazione di strutture che subiscono elevati spostamenti e deformazioni, è

necessario tenere in conto la non linearità geometrica della risposta strutturale che causa una

variazione degli spostamenti non proporzionale ai carichi. Infatti, quando un corpo elastico

si deforma in modo significativo non è più valida l’ipotesi della teoria dell’elasticità lineare

secondo la quale è possibile, in un processo deformativo, confondere configurazione iniziale

e finale. Poter confondere la configurazione iniziale con quella finale implica, in termini di

modellazione, di poter utilizzare un sistema di riferimento che rimane invariato durante

l’analisi e, in termini di soluzione, una linearità tra causa ed effetti.

In questo paragrafo viene indagata la non linearità geometrica nei confronti prima degli

effetti sul singolo elemento (Effetto P-), poi sull’intera struttura (Effetto P-).

Le travi e le colonne di un telaio sono elementi strutturali soggetti all’azione combinata

della sollecitazioni assiale e flettente, che interagiscono tra di loro per effetto degli

spostamenti che si verificano nella struttura.

Il momento flettente in un elemento trave-colonna di una struttura è composto da due

contributi:

1. momento flettente del I° ordine che è generato dai carichi trasversali agenti

sull’elemento e dalle coppie distribuite lungo la trave o concentrate agli estremi

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CAPITOLO 3 49

2. momento flettente del II° ordine causato dall’interazione fra la forza assiale agente

nell’elemento e la configurazione trasversale deformata dell’elemento stesso, a sua

volta il momento flettente del II° ordine può essere di due diverse tipologie :

a. momento dovuto all’effetto P-, causato dall’interazione dell’azione assiale

agente nell’elemento e lo spostamento dell’elemento relativo alla sua corda;

b. momento dovuto all’effetto P-, causato dall’interazione dell’azione assiale

con lo spostamento relativo fra i due estremi dell’elemento.

I momenti del II° ordine sono dannosi perché diminuiscono la resistenza ultima degli

elementi snelli compressi e quindi vanno considerati nella modellazione strutturale degli

elementi compressi.

3.2.1 - L’effetto PΔ

Per comprendere in che modo la presenza di grandi spostamenti/rotazioni nella risposta

della struttura elastica renda non soddisfatte le ipotesi della teoria della elasticità lineare, si

consideri una mensola caricata con una forza inizialmente in direzione ortogonale all’asse.

Figura 3.2 - Mensola soggetta a carico ortogonale e non linearità della risposta per effetto dei grandi

spostamenti/rotazioni indotti [11]

Supporre che, per tutta la storia deformativa dell’elemento, configurazione iniziale e finale

coincidano, corrisponde a considerare il sistema di riferimento della mensola fisso e, quindi,

il carico sempre ortogonale all’asse della trave: il taglio crescerà linearmente con lo

spostamento verticale dell’estremo libero.

Se invece, come è anche intuibile fisicamente, si considera che, man mano che il carico

cresce, l’elemento cambia configurazione rispetto a quella iniziale, assunto solidale con il

corpo un sistema di riferimento locale, quest’ultimo risulterà ruotato rispetto alla direzione

del carico agente in modo tale che:

a) la componente del carico ortogonale all’asse non crescerà più linearmente con lo

spostamento;

b) anche il momento di conseguenza crescerà non linearmente in quanto una quota del

carico diventerà azione assiale.

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CAPITOLO 3 50

Nell’analisi di un telaio piano in condizioni di non linearità geometrica, si utilizza uno

schema di calcolo in cui si considerano gli effetti dovuti agli spostamenti dei punti di

applicazione dei carichi. Il fenomeno per cui le forze verticali P interagiscono con gli

spostamenti laterali prodotti dal sistema di forze H è denominato effetto P- e nell’analisi

non lineare dei telai è fondamentale in quanto considera il fatto che ciascun elemento è parte

integrante e interagente con il sistema strutturale. Ciò può essere spiegato facendo

riferimento al caso del telaio di fig. 3.3 in cui i carichi verticali sono applicati direttamente

sui nodi trave-pilastro e sul quale sono presenti anche carichi orizzontali. Questi ultimi

provocano, sulle aste verticali, spostamenti tali da far sì che i carichi verticali generino un

momento ai piedi delle stesse. L’effetto della non linearità viene computato considerando

tale momento aggiunto a quello dovuto ai carichi orizzontali. Questa nuova configurazione

di carico genererà un nuovo campo di spostamenti orizzontali che varierà l’entità dei

momenti del secondo ordine dovuti ai carichi verticali.

Figura 3.3 - Configurazione deformata relativa all’effetto P-Δ [12]

Quando le forze laterali H agiscono sul telaio, questo si sposta lateralmente fino a che una

configurazione di equilibrio non è raggiunta. Il corrispondente spostamento laterale I può

essere calcolato sulla base della configurazione originale del telaio. Se ai carichi orizzontali

Hi si aggiungono i carichi verticali Pi, l’interazione con gli spostamenti laterali I provoca

un ulteriore spostamento II che sommandosi al precedente definisce lo spostamento totale

=I +II.

Attraverso un continuo aggiornamento dei momenti fittizi e degli spostamenti generati, si

può trovare, qualora esista, la configurazione di equilibrio stabile, cioè quella in cui il

campo di spostamenti raggiunge la convergenza.

3.2.2 - L’effetto P

Per comprendere in che modo la presenza di effetti del secondo ordine nella risposta di una

struttura elastica renda non soddisfatte le ipotesi della teoria dell’elasticità lineare, si

consideri un elemento verticale soggetto ad un carico verticale V e ad un carico orizzontale

H tale da imporre uno spostamento δ.

H H

P P I I + II

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CAPITOLO 3 51

Figura 3.4 - Effetti del secondo ordine [11]

Supporre che configurazione indeformata e deformata coincidano, corrisponde a considerare

il sistema di riferimento dell’elemento fisso e, quindi, il carico verticale sempre parallelo

all’asse della colonna: la struttura sarà soggetta ad una azione assiale pari a V e ad un

momento flettente alla base pari ad Hxh.

Se invece si considera che, a causa dello spostamento δ, l’elemento ha cambiato

configurazione rispetto a quella iniziale inflettendosi, assunto solidale con il corpo un

sistema di riferimento locale, quest’ultimo carico risulterà ruotato rispetto alla direzione dei

carichi agenti in modo che il carico V contribuirà anche al taglio ed incrementerà il

momento flettente di Vxδ.

3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000 [13]

3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements

Nelle analisi ai piccoli spostamenti ci sono due ipotesi principali, come segue.

(1) Il rapporto geometrico tra spostamenti nodali e deformazioni di elemento è una

relazione lineare.

(2) Le equazioni di equilibrio si possono scrivere nella posizione indeformata della

struttura.

In realtà nessuna di queste ipotesi è corretta.

Matematicamente, la prima ipotesi è corretta solo quando gli spostamenti tendono a zero.

Come gli spostamenti dei nodi (o, più correttamente, le rotazioni degli elementi) aumentano,

il rapporto tra spostamenti nodali e deformazioni di elemento diventa progressivamente

sempre più non-lineare. La seconda ipotesi non è corretta per la semplice ragione che

l’equilibrio deve essere soddisfatto nella posizione deformata. Come le rotazioni

dell’elemento diventano progressivamente più grandi, questa ipotesi diventa sempre meno

corretta.

La vera analisi ai grandi spostamenti prende in considerazione entrambi i tipi di non

linearità. L’analisi P-Δ mantiene l’ipotesi (1), ma considera l’equilibrio nella posizione

deformata (in realtà non lo fa esattamente, ma questo non è un punto critico). La figura 3.5

illustra la differenza per una semplice barra.

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CAPITOLO 3 52

Figure 3.5 - Non linearità geometrica [13]

Supponiamo per questo esempio che l’estensione assiale della barra sia trascurabile (si

presuppone che EA è molto grande). Le tre parti della figura sono i seguenti.

(A) Teoria dei piccoli spostamenti. Questa teoria dice che:

(i) la parte superiore della barra si muove orizzontalmente (questa è geometria

dei piccoli spostamenti, che prevede anche che l’estensione della barra è

zero);

(ii) l’equilibrio può essere considerato in posizione indeformata. Quindi, la

forza H è zero per tutti i valori di Δ (prendiamo i momenti intorno alla

base del barra).

(B) Teoria P-Δ. Questa teoria dice che:

(i) la barra si muove orizzontalmente e l’estensione della barra è pari a zero

(geometria dei piccoli spostamenti);

(ii) l’equilibrio è considerato in posizione deformata. Quindi H = PΔ/h.

(C) Teoria dei grandi spostamenti. Questa teoria dice che:

(i) la parte superiore della barra si muove in un arco, quindi si muove

verticalmente e orizzontalmente, in modo che l’estensione della barra sia

infatti pari a zero;

(ii) l’equilibrio è considerato in posizione deformata. Quindi H = PΔ/hcosθ.

La differenza tra il valore di H ottenuto dalla teoria P-Δ e quello ottenuto dalla teoria dei

grandi spostamenti è piccola fino a rotazioni piuttosto grandi. Ad esempio per Δ/h = 0,05

(un drift di grandi dimensioni per la maggior parte delle strutture), la teoria P-Δ dà H =

0.05V e la teoria dei grandi spostamenti dà H = 0.05006V, che è una differenza trascurabile.

Inoltre, per Δ/h = 0,05 lo spostamento verticale nel caso (C) è 0.00125h. La teoria P-Δ

predice zero, che non è un errore significativo nella maggior parte dei casi. Quindi, per la

maggior parte delle strutture è sufficientemente accurato utilizzare la teoria P-Δ.

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CAPITOLO 3 53

Si consideri, tuttavia, la semplice struttura “barra” in Figura 3.6.

Figure 3.6 - Caso dove la Teoria P-Δ non è accurata [13]

Per questa struttura, la teoria dei piccoli spostamenti dice che la struttura dispone di

rigidezza pari a zero, poiché la teoria non prevede estensione delle barre con l’aumentare

della flessione, e quindi nessuna forza assiale. Quindi, forza V è zero per tutte le deviazioni.

Se la forza iniziale nelle barre è pari a zero, la teoria P-Δ dice anche che la forza V deve

essere zero, in quanto la teoria predice ancora nessuna estensione delle barre.

La teoria dei grandi spostamenti, tuttavia, prevede che le barre si estendano, e che ci sia una

forza V progressivamente crescente con l’aumentare della deflessione. Se la forza iniziale

nelle barre è P in tensione, la teoria P-Δ dice che questa forza rimane costante, e che esiste

una relazione lineare V = 2PΔ/L tra la forza verticale e lo spostamento verticale (applicare

l’equilibrio come nell’esempio precedente) . La rigidezza 2P/L è la rigidezza "geometrica" o

"stress iniziale" delle due barre. La teoria dei grandi spostamenti predice correttamente una

rigidezza in progressivo aumento, con una rigidezza iniziale pari a 2P/L.

Nella maggior parte delle strutture costruite sottoposte a carichi del tipo terremoto, il

comportamento è più strettamente analogo alla figura 3.5 rispetto alla figura 3.6. La teoria

P-Δ funziona bene in questo caso, e ha il vantaggio che è più semplice da applicare rispetto

alla teoria dei grandi spostamenti, e richiede meno calcoli. Il tipo di comportamento in

figura 3.6 (azione catenaria) si può verificare nei membri di piano nell’analisi di crollo

progressivo.

3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000

La figura 3.7 (a) mostra una colonna a sbalzo con carichi verticali e orizzontali.

Figure 3.7 - Gli effetti P-Δ and P-δ [13]

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CAPITOLO 3 54

Se la colonna rimane elastica, si deforma come mostrato. Quindi, considerando l’equilibrio

nella posizione deformata, il diagramma momento flettente è come mostrato nella figura 3.7

(b) (non proprio, se consideriamo i veri grandi spostamenti, ma ad un alto grado di

precisione).

Il diagramma momento flettente ha tre parti, come segue.

(1) Una parte dei piccoli spostamenti, con un momento alla base Hh. Questo è il

momento per la teoria dei piccoli spostamenti.

(2) Un parte P-Δ, con un momento alla base PΔ. Questo dipende dallo spostamento

laterale nella parte alta della colonna.

(3) Un parte P-δ. Questo dipende dalla curvatura della colonna all’interno della sua

lunghezza.

Computazionalmente, è facile tener conto della parte P-Δ del momento, poiché dipende solo

dalla rotazione complessiva della colonna. È più difficile spiegare la parte P-δ, dato che

dipende dalla deformazione di curvatura della colonna (che a sua volta dipende dai momenti

e dal fatto che la colonna si snerva o rimane elastica).

E’ possibile tener conto dell’effetto P-δ nelle analisi strutturali. Tuttavia, è importante fare

attenzione quando si considera questo effetto. Nella figura 3.7, la colonna è elastica. La

figura 3.8 mostra la stessa colonna, ma ora si snerva e si forma una cerniera plastica alla

base.

Figure 3.8 - Gli effetti P-δ quando si snerva la Colonna [13]

Come mostra la figura, per un dato Δ i momenti P-Δ sono gli stessi di prima, ma i momenti

P-δ ora sono molto più piccoli. La teoria P-δ deve tenere conto di questo. Se i momenti P-δ

sono calcolati in base alla deformazione elastica di una colonna, questi momenti possono

essere sostanzialmente in errore.

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CAPITOLO 3 55

3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ

Se una colonna o controvento forma cerniere plastiche solo alle sue estremità, è poco

probabile, in ogni caso concreto che i momenti P-δ saranno significativi. Se una colonna è

abbastanza rigida in modo da attirare momenti notevoli, le sue deformazioni elastiche a

flessione di solito sono così piccole che gli effetti P-δ sono insignificanti. Se una colonna è

abbastanza flessibile, anche se potrebbe avere gravi effetti P-δ, di solito non attirerà molto

momento e le sue deformazioni elastiche di curvatura sono ancora piccole. Nella maggior

parte dei casi gli effetti P-δ possono essere ignorati.

Questo vale però solo per le colonne o controventi che si snervano soltanto alle loro

estremità. Gli effetti P-δ possono essere notevoli se una colonna o controvento presenti una

cerniera plastica nella sua lunghezza, dal momento che le deformazioni che contribuiscono

all’effetto P-δ includono ora le deformazioni anelastiche così come le deformazioni

elastiche.

Infine, si noti che se si divide un membro di colonna in, diciamo, due elementi, con un nodo

al centro del membro, l’effetto P-δ si applica solo all'interno di ogni elemento, e sarà quasi

certamente molto piccolo. Eventuali effetti associati con spostamento del nodo centrale sono

ora effetti P-Δ. Questo è un modo per tenere conto degli effetti P-δ (cioè, aggiungete i nodi

e gli elementi in più, e convertirli in effetti P-Δ).

3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna

Figura 3.8 mostra anche perché gli effetti P-Δ riducono la resistenza effettiva a flessione di

una colonna. Ipotizzate che la capacità flessionale di una cerniera plastica sia M. Si tratta di

una quantità costante - non è influenzata da effetti P-Δ. Se usiamo la teoria dei piccoli

spostamenti, la cerniera plastica si forma quando M = Hh, e la forza orizzontale predetta

della colonna è H = M/h. Se consideriamo gli effetti P-Δ, la cerniera si forma quando M =

Hh + PΔ, e la forza prevista è = H (M - PΔ)/h.

3.2.6 - Opzioni del SAP 2000

3.2.6.1 - Effetti P-δ

SAP 2000 correntemente non considera gli effetti P-δ (cioè non si considera la non linearità

geometrica all’interno della lunghezza di un elemento colonna o controvento). Quindi, se si

utilizza un singolo elemento per modellare un elemento controvento, SAP 2000 non

modella il buckling del controvento nella sua lunghezza. È possibile, tuttavia, modellare

questo tipo di buckling dividendo un elemento controvento in una serie di elementi più

corti, e specificando che gli effetti P-Δ sono da considerare. Instabilità di questo tipo

possono risultare sensibili ad una iniziale fuori-rettilineità nel membro, e si può fare il

membro storto deliberatamente al fine di avviare il carico di punta. Se si vuole considerare

questo tipo di comportamento, si consiglia di testare prima il membro modellato in un

piccolo sub-assemblaggio, per assicurarsi che si ottiene il comportamento previsto.

Un’alternativa più semplice per un carico di punta di una barra è quello di utilizzare il

buckling di materiale tipo acciaio.

3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine

Generalmente le normative richiedono che gli effetti P−Δ del secondo ordine vengano

considerati quando si progettano telai in acciaio. Gli effetti P−Δ hanno origine da due fonti.

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CAPITOLO 3 56

Tali fonti sono la traslazione laterale globale del telaio e la deformazione locale degli

elementi del telaio.

Si consideri l’elemento asta mostrato nella figura, che è estratto da un livello di piano di una

struttura più grande. La traslazione globale totale di questo elemento asta è indicata con Δ,

mentre la deformazione locale dell'elemento è indicata con δ. Gli effetti P-Δ del secondo

ordine totali nell’elemento asta sono quelli causati da entrambi Δ e δ.

Figura 3.9 - Effetti P-Delta del secondo ordine totali in un elemento asta causati da entrambi Δ e δ [14]

Il programma è provvisto di un'opzione per considerare gli effetti P-Δ nell’analisi. Quando

si considerano gli effetti P-Δ nell’analisi, il programma fa un buon lavoro nel catturare gli

effetti dovuti alla deformazione Δ mostrata nella figura 3.9, ma tipicamente non cattura gli

effetti della deformazione δ (a meno che, nel modello, l'elemento asta non sia spezzato in

più parti lungo la sua lunghezza).

Nei codici di calcolo, la considerazione degli effetti P-Δ è generalmente ottenuta

computando la capacità a flessione di progetto usando una formula simile a questa

equazione :

𝑀𝐶𝐴𝑃 = 𝑎𝑀𝑛𝑡 + 𝑏𝑀𝑙𝑡 dove:

MCAP = capacità a flessione di progetto

Mnt = capacità a flessione richiesta dall’elemento assumendo che non ci sia

traslazione dell'asta (associata alla deformazione δ nella figura 3.9)

Mlt = capacità a flessione richiesta dall'elemento come risultato della traslazione

laterale soltanto dell’asta (associata alla deformazione Δ nella figura 3.9)

a = fattore adimensionale che moltiplica Mnt

b = fattore adimensionale che moltiplica Mlt (assunto uguale a 1 dal programma; a tal

proposito si veda sotto)

Quando il programma esegue la progettazione aste in acciaio, assume che il fattore b sia

uguale ad 1 e usa le formule specifiche della normativa di progetto per calcolare il fattore a.

Assumere b=1 significa che si sono considerati gli effetti P-Δ nell’analisi come descritto

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CAPITOLO 3 57

precedentemente. Quindi, più in generale, eseguendo una progettazione aste in acciaio, gli

effetti P-Δ dovrebbero essere considerati nell’analisi prima di eseguire la progettazione.

3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE

L’importanza e la necessità di considerare la risposta in campo anelastico del materiale

richiedono l’utilizzo di programmi di calcolo in grado di descrivere la non linearità del

materiale. I programmi attualmente disponibili sono in grado di fare questo utilizzando due

diversi approcci:

modellazione tramite cerniere plastiche (“a plasticità concentrata”);

modellazione tramite fibre (“a plasticità diffusa”).

In questa tesi si utilizzerà la modellazione “a plasticità concentrata” e quindi non si tratterà

quella “a plasticità diffusa”.

3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata

E’ stata la prima tecnica di modellazione implementata in programmi di analisi strutturale

per descrivere il comportamento anelastico di una struttura sotto l’azione ciclica del sisma.

Essa prevede che tutti gli elementi costituenti la struttura rimangano sempre in campo

elastico e che vengano introdotti, alle estremità di questi, elementi cerniera con

comportamento anelastico laddove si preveda la formazione della cerniera plastica.

La non linearità della struttura rimane quindi concentrata in pochi elementi.

Poiché la curva caratteristica di una cerniera plastica non è univocamente definita, ma

dipende dalla sua posizione nella struttura e dal comportamento del singolo elemento

strutturale e da quello globale della struttura, i codici spesso forniscono un’ampia libreria di

legami costitutivi fra i quali scegliere di caso in caso.

Il vantaggio di questa modellazione è che permette di lavorare principalmente con elementi

elastici computazionalmente meno onerosi e più facilmente gestibili, lasciando a pochi punti

della struttura la concentrazione della non linearità del materiale.

Il limite di questa modellazione è che richiede una certa esperienza dell’operatore per

stabilire dove distribuire gli elementi non lineari e per scegliere lunghezze e curve

caratteristiche che permettano di cogliere il reale comportamento delle cerniere plastiche.

I modelli a plasticità concentrata hanno come oggetto la valutazione diretta del carico di

collasso di strutture costituite da materiali duttili, quali i metalli, in regime di piccoli

spostamenti. La crisi viene in tal caso identificata con la situazione in cui risulta impossibile

soddisfare contemporaneamente l’equilibrio e le limitazioni sul livello di sforzo

sopportabile dal materiale, situazione che la duttilità consente effettivamente di avvicinare

in casi reali.

Il modello a cerniera plastica riconduce l’analisi evolutiva di travi ad una sequenza di

soluzioni elastiche, riferita a strutture il cui grado di iperstaticità viene man mano degradato

dall’attivazione delle successive cerniere, fino alla formazione di un meccanismo. A rigore,

tali soluzioni dovrebbero includere anche la valutazione del regime deformativo, onde

assicurare che le rotazioni nelle cerniere siano compatibili con il verso concesso dalla

plasticizzazione.

Lo snervamento nel singolo elemento di trave è assunto come localizzato strettamente nella

regione in cui si ha la formazione della cerniera plastica. Quest’ultima si forma, infatti,

quando il momento flettente nel punto considerato raggiunge il momento di completa

plasticizzazione MP.

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CAPITOLO 3 58

Si ricorda a tal proposito che MP è funzione, per una medesima sezione, dell’azione assiale

in essa presente e, in modo minore, anche dell’azione tagliante presente.

La natura delle deformazioni plastiche è irreversibile, in caso contrario si verificherebbe

infatti uno scarico elastico: la sezione tornerebbe a comportarsi come un mutuo incastro ed

il momento decrescerebbe, in valore assoluto, dal valore limite precedentemente raggiunto.

Al di fuori della zona in cui si ha la formazione di una cerniera plastica si fa l’ipotesi di un

comportamento puramente elastico dell’elemento. In altre parole, tutte le sezioni trasversali

presentano delle relazioni bilineari elasto-plastiche tra momento-curvatura.

3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica [11]

Si può impostare la teoria della flessione plastica sull’osservazione seguente: in prima

approssimazione il momento flettente massimo che un’asta qualsiasi di una travatura a nodi

rigidi in acciaio dolce può sopportare è pari a:

MP = σ0 ∙ Z

dove Z è il modulo plastico della sezione, mentre σ0 è la tensione limite di snervamento del

materiale. Tale momento può provocare nell’asta una curvatura molto grande, ed in teoria,

addirittura infinita.

Consideriamo ora una trave semplicemente appoggiata e caricata da un carico di entità P in

mezzeria. La sezione trasversale dell’elemento è di tipo a “doppio T”.

Incrementando la forza P fintanto che in mezzeria, dove il momento è massimo, si

raggiunge la sollecitazione flettente MP, si trova che le deformazioni plastiche si estendono

lungo la zona della trave in cui M > Me. Pertanto ipotizzato un fattore di forma della sezione

=1.14 (ragionevole per sezioni di tale tipo), l’estensione di tale zona sarà (vedi figura

3.10):

∆l = l ∙ (MP −Me

MP

) = 0,123 ∙ l

Data la forma del diagramma M-1/r, si deduce che la curvatura resta piccolissima intorno ai

punti in cui la sezione si affaccia alla fase elasto-plastica, mentre ha valori enormi in

prossimità del punto dove è applicato il carico e si ha la completa plasticizzazione della

sezione. Quindi la trave assume una deformata simile a quella di due aste rigide incernierate

nel punto in cui è applicato il carico, dove di fatto le curvature sono elevate.

Anche in presenza di un carico distribuito sulla trave, la zona delle deformazioni importanti

resta localizzata e si può quindi ammettere che la deformata si componga di due tronconi

rigidi incernierati tra loro.

Da quanto detto emerge che si ha la formazione di una cerniera ad attrito che rimane rigida

fintanto che M < MP e che permette la rotazione relativa tra i due tronconi di trave quando il

momento raggiunge il suo valore limite MP. Tale cerniera è nota col nome di cerniera

plastica.

Rispetto ad una cerniera strutturale, la cerniera plastica presenta due differenze:

pur consentendo delle rotazioni relative tra i due tratti contigui di trave, essa

trasmette un momento costante pari a MP;

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CAPITOLO 3 59

è una cerniera unidirezionale, può ruotare cioè solo nel verso di plasticizzazione, vale

a dire compatibilmente col segno del momento flettente.

Figura 3.10 - Rappresentazione della nozione di cerniera plastica [12]

3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo [12]

Si consideri il caso di flessione semplice, retta, su di una trave prismatica infinitamente

lunga. Inoltre si faccia l’ipotesi che le deformazioni plastiche siano continue e non vi siano

direzioni privilegiate di deformazione. In tali condizioni le sue sezioni rette rimangono

piane e normali al piano di inflessione della trave.

P

M

Deformata

approssimata

Cerniera plastica

Mp Me

Zona

plasticizzata

della trave

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CAPITOLO 3 60

Il momento elastico massimo Me viene raggiunto quando lo sforzo nelle fibre estreme

assume il valore del limite elastico 0 del metallo e vale:

Me = σ0 ∙ W

dove W è il modulo di resistenza della sezione, pertanto la curvatura corrispondente a tale

stato di tensione risulta essere:

χe =Me

EJ

la curvatura può anche essere espressa così:

{

χe =

Me

EJMe = σ0 ∙ W

W =2 ∙ J

h

ε0 =σ0E

→ χe =2 ∙ ε0h

Se si supera il momento limite elastico Me succede che le fibre estreme della sezione della

trave si plasticizzano; a mano a mano che il momento di sollecitazione cresce, le zone

plasticizzate della sezione aumentano estendendosi verso l’asse baricentrico.

Figura 3.11 - Schema evolutivo della plasticizzazione della sezione [12]

0 0 MAX

0 0 0 0

0

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CAPITOLO 3 61

Facciamo ora l’ipotesi che la sezione sia dotata di doppia simmetria. Imponendo la

condizione di equilibrio alla traslazione orizzontale, per una flessione semplice si trova che

l’asse neutro rimane sempre coincidente con l’asse baricentrico.

La curvatura anche in campo elasto-plastico, sotto tali ipotesi è legata alla distanza y

dell’interfaccia elasto-plastica dall’asse neutro dalla relazione di Bernoulli:

χ =ε0y

e facendo il rapporto tra e e si ottiene questa relazione:

{

χ =ε0y

χe =2 ∙ ε0h

→ 2y

h=χeχ

dove si vede come l’altezza del nucleo elastico della sezione, cioè 2y è inversamente

proporzionale alla curvatura presente nella stessa. Quindi in teoria per curvature tendenti

all’infinito il nucleo elastico tende a sparire e la distribuzione degli sforzi sulla sezione

tende ad essere bi-rettangolare (vedi figura 3.11). A tale situazione deformativa corrisponde

il massimo momento flettente che la sezione, e quindi la trave può sopportare. Tale

momento è noto come Momento Limite Plastico MP.

Dalla suddetta definizione appare chiaro come tale Momento Limite Plastico sia solo

un’idealizzazione visto che per essere raggiunto sono necessarie deformazioni sicuramente

inaccettabili nella realtà. Basti pensare che anche qualora si potesse ripiegare la trave su se

stessa, la curvatura massima raggiungibile sarebbe pari a 2/h (dove con h si è indicata

l’altezza della trave) e quindi ben lontana da valori infiniti. Ciò per dire che nella realtà la

sezione presenta sempre, anche a collasso, un nucleo elastico. Tuttavia, per acciai dolci si ha

che nel relativo diagramma - il punto limite del tratto orizzontale è caratterizzato da

deformazioni delle fibre estreme della sezione mediamente pari a tredici volte la

deformazione limite elastica. Quindi significa che la zona mediana elastica della sezione ha

un’ampiezza pari ad 1/13 dell’altezza sezionale con conseguente momento relativo totale

che differisce di appena 1/500 da quello di completa plasticizzazione.

Quanto detto finora per il caso della flessione pura, può essere esteso con ottima

approssimazione anche a travi soggette a flessione semplice per effetto di carichi trasversali.

Infatti l’azione tagliante ha un’influenza debolissima sul valore del momento limite plastico

a patto che tale azione sia contenuta al punto di evitare una plasticizzazione anticipata

dell’anima nei confronti della sezione. La stessa teoria si può applicare anche nel caso di

colonne presso-inflesse fino a che l’azione assiale presente costituisce una frazione

“sufficientemente piccola” dell’azione assiale limite NP = 0 A .

Vediamo ora di esprimere la legge di variazione del momento con la curvatura. Scrivendo

l’equilibrio alla rotazione tra le forze interne ed il momento sollecitante esterno si ha:

𝑀 = ∫ y dA𝐴

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CAPITOLO 3 62

Dalla figura 3.11 si vede come in campo elasto-plastico la distribuzione degli sforzi sia di

tipo trapezoidale.

Risulta allora comodo scomporre tale distribuzione come indicato in figura 3.12, in modo

da poter scrivere la relazione di equilibrio nel seguente modo:

𝑀 = 0 𝑊𝑒 + 0 𝑍 − 0 𝑍𝑒

dove:

We indica il modulo di flessione della sola porzione elastica della sezione;

Z è il modulo plastico della sezione;

Ze è il modulo plastico della zona elastica della sezione pensata anch’essa come

elasticizzata.

Figura 3.12 - Scomposizione della distribuzione delle tensioni sulla sezione [12]

Ricordando allora che MP = 0 Z e raccogliendo 1/Me a fattore comune la relazione di

equilibrio può essere scritta come:

𝑀

𝑀𝑒

=𝑀𝑃

𝑀𝑒

[1 −𝑍𝑒 −𝑊𝑒

𝑍]

In generale si ha che Ze e We dipendono dall’ampiezza relativa tra il nucleo elastico e

l’intera altezza della sezione, e pertanto da 2y

h=

χe

χ anche dal rapporto tra la curvatura in

campo elasto-plastico e la curvatura elastica, cioè:

(𝑍𝑒 −𝑊𝑒) = 𝜙 (2𝑦

ℎ) = 𝜙 (

𝜒

𝜒𝑒)

Questa relazione permette di disegnare per ogni tipo di sezione la curva momento-curvatura

normalizzata ossia (M/Me - /e).

Per curvature “molto grandi” tende ad annullarsi ed M tende al momento di completa

plasticizzazione. In pratica allora, i citati diagrammi M-1/r normalizzati tendono

asintoticamente al valore = M/MP comunemente noto col nome di Fattore di Forma della

sezione.

= + _

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CAPITOLO 3 63

Quest’ultimo è fortemente condizionato dalla forma della sezione. La sezione rettangolare

ad esempio conta di un fattore di forma pari ad 1.5. Per la putrella ideale vale 1 mentre nelle

putrelle ad ali larghe varia da 1.10 ad 1.22.

In generale si può dire che è minimo nei profili ad ali sottili, mentre è massimo per quelli

ad ali spesse.

3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000

3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico

secondo FEMA 356

In questo caso si è attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione ridotti del

coefficiente χ , funzione della snellezza dell'asta, determinato secondo EC 3:

Fc = χ Ft

Uc = χ Ut

3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente asimmetrico partendo da

un legame costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura 3.13 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera

una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso

irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il

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CAPITOLO 3 64

programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più

rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.

Il valore trovato dal SAP 2000 dello spostamento della cerniera prima della perdita di

resistenza non coincide con quello del nodo di controllo poiché a causa del suo legame

rigido-plastico non può cogliere lo spostamento elastico:

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

E’ necessario definire due parametri della cerniera plastica:

1. Lunghezza

La cerniera plastica è modellata come un punto discreto (cerniera concentrata). Tutte

le deformazioni plastiche avvengono all’interno della cerniera concentrata, questo

significa che si deve assumere una lunghezza per la cerniera sulla quale la

deformazione o la curvatura plastica è integrata.

Si può approssimare la plasticità che è distribuita sulla lunghezza dell’elemento

tramite l’inserimento di molte cerniere. Per esempio si potrebbero inserire 10

cerniere a posizioni relative all’interno dell’elemento di 0.05, 0.15, 0.25, …, 0.95,

ciascuna con proprietà di deformazione basate su una lunghezza di cerniera assunta

pari ad 1

10 della lunghezza dell’elemento.

2. Posizione

Il punto dove concentrare tutte le risorse inelastiche.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera

plastica assiale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non

lineari di una sezione circolare cava, soggetta a compressione e trazione, risultano espressi

nella tabella 5-7 delle FEMA 356.

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CAPITOLO 3 65

Figura 3.14 - Tabella 5-7 [9]

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CAPITOLO 3 66

Abbiamo tre possibili casi a seconda del rapporto tra il diametro “d”e lo spessore “t” della

sezione circolare cava. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i

parametri di modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso

trovato.

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari sia a trazione che a compressione è

possibile definire il legame della cerniera assiale determinando il Fy e uy:

𝐹𝑦 = 𝐴 ∙ 𝑓𝑦𝑒

𝑢𝑦 = 𝐿 ∙ 𝜀𝑦𝑒

Dove:

Fy = resistenza a snervamento attesa;

fye = tensione a snervamento attesa del materiale;

A = area della sezione;

uy = spostamento a snervamento atteso;

εye = deformazione a snervamento attesa del materiale;

L = lunghezza del controvento.

Noti i fattori di scala (Fy e uy) sarà possibile calcolare i valori del legame forza-spostamento

sia adimensionale che dimensionale.

Grafico 3.1 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

F (K

N)

Spost. (m)

Legame FORZA-SPOSTAMENTO

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CAPITOLO 3 67

Dal programma SAP è possibile definire una cerniera assiale secondo le FEMA 356

utilizzando il comando “auto”, tramite il quale è possibile accedere a dei modelli di cerniera

predefiniti.

Figura 3.15 - Assegnazione “Auto” della cerniera

Figura 3.16 - Proprietà cerniera

La cerniera così definita coincide con quella determinata manualmente seguendo le

indicazioni impartite dalle FEMA 356.

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CAPITOLO 3 68

3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo

FEMA356

3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame

costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura 3.17 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell’incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera

una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso

irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il

programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più

rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della cerniera plastica

flessionale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non

lineari delle sezioni in acciaio, soggette a flessione, risultano espressi nella tabella 5-6 delle

FEMA 356.

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CAPITOLO 3 69

Figura 3.18 - Tabella 5-6 [9]

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CAPITOLO 3 70

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione in

acciaio. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i parametri di

modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso trovato.

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura 3.19 - Definizione della rotazione di corda [9]

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della trave allora per il calcolo

di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑏

6 𝐸 𝐼𝑏

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lb = Lunghezza della trave;

Ib = Momento di inerzia della trave;

E = Modulo di elasticità.

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CAPITOLO 3 71

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione primari secondari

a b c IO LS CP LS CP

Tabella 3.1 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera flessionale determinando il 𝑀𝑝𝑙:

𝑀𝑝𝑙 = 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Noti i fattori di scala (Mpl e θy) sarà possibile calcolare i valori del legame momento-

rotazione sia adimensionale che dimensionale.

Grafico 3.2 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

M (

KN

m)

θ (-)

Legame Momento-Rotazione

IO

LS

CP

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CAPITOLO 3 72

La cerniera flessionale così definita è stata inserita manualmente nel programma di calcolo

SAP2000:

Figura 3.20 - Tipo di cerniera (SAP2000)

Figura 3.21 - Proprietà cerniera (SAP2000)

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CAPITOLO 3 73

3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente

secondo FEMA 356

3.3.3.3.1 - Dominio di interazione

Il primo passo sarà quello di calcolare il dominio di interazione P-M per la sezione

considerata; tale dominio lo si otterrà secondo NTC-08 e FEMA-356 e sarà poi definito nel

programma SAP2000.

Dominio di interazione N-M secondo NTC-08

Per sezioni a doppio T di classe 1-2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso

flessione si ha:

1. Nel piano dell’anima:

𝑀𝑁,𝑦,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑

(1 − 𝑛)

(1 − 0,5𝑎)≤ 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑

2. Nel piano delle ali:

a) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 𝑝𝑒𝑟 𝑛 ≤ 𝑎

b) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 [1 − (𝑛−𝑎

1−𝑎)2

] 𝑝𝑒𝑟 𝑛 > 𝑎

Dove: 𝑛 =𝑁𝐸𝑑

𝑁𝑝𝑙,𝑅𝑑 ; 𝑎 =

(𝐴−2𝑏 𝑡𝑓)

𝐴≤ 0,5 𝑐𝑜𝑛 {

𝐴 = area lorda della sezione𝑏 = 𝑙𝑎𝑟𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖𝑡𝑓 = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖

L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ.

A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M.

Dominio di interazione P-M secondo FEMA-356

La resistenza flessionale attesa per l’elemento colonna sarà:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa nel membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ.

A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M.

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CAPITOLO 3 74

Con il programma SAP2000 è possibile definire tale dominio, con l’unica accortezza di

accertare la convessità della curva stessa.

Figura 3.22 - Definizione della curva di interazione N-M3

Grafico 3.3 - Confronto FEMA-356 / SAP2000

-6000

-4000

-2000

0

2000

4000

6000

-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K

N]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

FEMA 356

SAP2000

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CAPITOLO 3 75

3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame

costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura 3.23 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera

una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso

irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il

programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più

rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della cerniera plastica

presso/tenso-flessionale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le

procedure non lineari delle sezioni in acciaio, soggette sia a sforzo normale che a flessione,

risultano espressi nella tabella 5-6 delle FEMA 356 in funzione prima di tutto del rapporto

fra lo sforzo normale agente P e il più piccolo valore di capacità a compressione assiale PCL.

Le FEMA-356 per un’analisi Pushover in controllo di spostamento impongono due campi

all’interno dei quali può variare il valore dello sforzo assiale agente P:

1. P/PCL < 0,2

2. 0,2 < P/PCL <0,5

Il programma SAP2000 consiglia l’utilizzo di almeno tre curve momento rotazione per

definire il legame di una cerniera presso/tenso-flessionale secondo FEMA-356 capace di

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CAPITOLO 3 76

considerare la variabilità dello sforzo assiale. In base ai campi sopra definiti si troveranno

tre sforzi assiali con PCL= χ Ag Fye .

In corrispondenza dei tre sforzi assiali caratteristici determinati troviamo tre punti del

dominio di interazione N-M3 e quindi siamo capaci di delimitare i due campi di interesse.

Grafico 3.4 - Visualizzazione dei due campi di interesse

Adesso bisogna determinare le tre curve:

CURVA 1

P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5

CURVA 2:

P/PCL = 0,2009 => 0,2 < 0,2009 < 0,5

CURVA 3:

P/PCL = 0,1999 < 0,2

Il procedimento lo si svolgerà solo per la CURVA 1 mentre sarà omesso per le altre visto

che è il medesimo.

N[KN]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

P / PCL = 0,4999

P / PCL = 0,2009

P / PCL = 0,1999

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CAPITOLO 3 77

CURVA 1: P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5

Figura 3.24 - Tabella 5-6 [9]

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CAPITOLO 3 78

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione in

acciaio. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i parametri di

modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso trovato.

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura 3.25 - Definizione della rotazione di corda [9]

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il

calcolo di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐(1 −

𝑃

𝑃𝑦𝑒)

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lc = Lunghezza della colonna;

Ic = Momento di inerzia della colonna;

E = Modulo di elasticità;

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

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CAPITOLO 3 79

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione Primari secondari

a b C IO LS CP LS CP

Tabella 3.2 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera presso/tenso-flessionale determinando il 𝑀𝑝𝑙:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Noti i fattori di scala (Mpl e θy) sarà possibile calcolare i valori del legame momento-

rotazione sia adimensionale che dimensionale.

Grafico 3.5 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

La cerniera a presso/tenso-flessione così definita verrà inserita nel programma di calcolo

SAP2000:

Figura 3.26 - Tipo di cerniera

M (

KN

m)

θ (-)

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

LegameMomento-RotazioneIO

LS

CP

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CAPITOLO 3 80

Figura 3.27 - Interazione P-M3

Figura 3.28 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 1)

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CAPITOLO 3 81

Figura 3.29 - Definizione della curva di interazione P-M3

Il SAP 2000 sembra fissare una fattore di scala uguale per le tre curve anche se soggette a

diversi sforzi normali, mentre in realtà gli effetti di tali sforzi sulla rotazione θy vengono

considerati direttamente nei valori delle tabelle descriventi il legame della cerniera.

La formula completa per la rotazione a snervamento data dalle FEMA-356 è la seguente:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐(1 −

𝑃

𝑃𝑦𝑒)

Il SAP2000 invece la scompone così:

1. Inserisce in fig. 3.27 una rotazione a snervamento calcolata come se l’elemento fosse

una trave

θy(SAP) =Z Fye lc

6 E Ic

2. Calcola il fattore che tiene conto degli effetti prodotti dallo sforzo normale e lo

moltiplica per tutti i valori della tabella del legame Momento-Rotazione

(1 −P

Pye)

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CAPITOLO 3 82

3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI [10]

Considerare la risposta strutturale non lineare, a causa della presenza di non linearità

geometriche e/o del materiale, implica l’utilizzo di metodi di analisi non lineari in cui sono

impiegate procedure di soluzione di tipo incrementale iterativo.

Queste ultime prevedono l’applicazione del carico agente sulla struttura tramite incrementi

successivi predefiniti e la ricerca della condizione di equilibrio in ogni incremento tramite

iterazioni.

Facendo riferimento ad un approccio agli spostamenti, solitamente utilizzato nei codici

strutturali, si consideri una struttura lineare sollecitata da un carico applicato

incrementalmente pari a λiP0 con λi fattore di carico all’incremento i-esimo: risolvere la

struttura significa verificare che, ad ogni incremento, sia verificato l’equilibrio fra le forze

interne resistenti FS e i carichi esterni.

Essendo FS funzione lineare degli spostamenti tramite la matrice K, il tutto si riduce a

risolvere il sistema lineare:

𝐾𝑈𝑖 = 𝜆𝑖𝑃0

Se, invece, si considera una struttura non lineare, l’equilibrio sarà descritto dal sistema non

lineare:

𝑅(𝑈𝑖) = 𝜆𝑖 ∙ 𝑃0

dove R(Ui) sono le forze resistenti funzione non lineare degli spostamenti.

Figura 3.30 - Confronto fra la risposta di un sistema lineare e uno non lineare [11]

Per risolvere l’equazione non lineare si utilizza una approssimazione per cui si assume che,

nel passo infinitesimo δU, la funzione δR è lineare e pari a:

δR = KTδU

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CAPITOLO 3 83

essendo KT la matrice di rigidezza tangente definita come:

KT =

[ 𝜕𝑅1𝜕𝑈1

⋯𝜕𝑅1𝜕𝑈𝑛

⋮ ⋱ ⋮𝜕𝑅𝑛𝜕𝑈1

⋯𝜕𝑅𝑛𝜕𝑈𝑛]

Lo spostamento U soluzione dell’equazione non lineare si ottiene con procedure

incrementali. Le più comunemente utilizzate nei codici strutturali sono la procedura di

Newton-Raphson e quella di Newton-Raphson modificata. Entrambe prevedono di calcolare

l’incremento ΔUi corrispondente all’incremento di carico λi(P0)-λi-1(P0) tramite iterazioni

successive per cui:

∆𝑈𝑖 = ∆𝑈𝑖0 + ∆𝑈𝑖

1 +⋯+ ∆𝑈𝑖𝑗+⋯+ ∆𝑈𝑖

𝑛

Nel caso di Newton-Raphson lo spostamento correttivo ∆𝑈𝑖𝑗 è calcolato a patire dalla

soluzione all’iterazione precedente Rj(Ui-1+∆𝑈𝑖𝑘) con k=0,j-1, supponendo la funzione R

lineare, secondo la relazione:

∆𝑈𝑖𝑗= (𝐾𝑇

𝑗)−1× (𝜆𝑖𝑃0 − 𝑅

𝑗)

Il metodo prevede quindi che ad ogni iterazione venga calcolata la matrice tangente:

𝐾𝑇𝑗= 𝐾𝑇(𝑈𝑖−1 + ∆𝑈𝑖

𝑘)

con k=0, .., j-1. Nell’iterazione iniziale ∆𝑈𝑖0 la tangente verrà calcolata in corrispondenza

della soluzione al passo incrementale precedente Ui-1.

Figura 3.31 - Procedura iterativa di Newton-Raphson [11]

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CAPITOLO 3 84

Nel metodo Newton-Raphson modificato gli spostamenti correttivi sono determinati

utilizzando in tutte le iterazioni la rigidezza iniziale 𝐾𝑇0 risulta quindi:

∆𝑈𝑖𝑗= (𝐾𝑇

0)−1 × (𝜆𝑖𝑃0 − 𝑅𝑗)

Figura 3.32 - Procedura iterativa di Newton-Raphson modificata [11]

E’ possibile inoltre utilizzare altri metodi derivanti dalla combinazione dei due descritti che

si differenziano per il numero di volte in cui nell’incremento viene ricalcolatala la matrice di

rigidezza. Solitamente le prestazioni migliori si ottengono aggiornando la matrice nei primi

passi e poi mantenendola costante.

In tutti i metodi l’iterazione nell’incremento si interrompe quando è soddisfatto un criterio

di tolleranza, che solitamente si basa sulla norma dello spostamento correttivo e/o sulla

norma dello sbilanciamento delle forze. Si richiede cioè che siano soddisfatte

rispettivamente le condizioni:

‖ ∆Ui

n

∆Ui‖ ≤ tol ‖

λiP0 − Rn

P0‖ ≤ tol

essendo ‖u‖ = √(uT ∙ u) la norma del vettore u

Sebbene gran parte dei codici di calcolo di analisi e progettazione permettono all’utente di

svolgere analisi non lineari senza dover compiere alcuna scelta in termini di parametri o

metodi, è d’altra parte consigliabile conoscere lo strumento che si sta utilizzando ed essere

eventualmente in grado di modificarlo.

Infatti, le possibilità generalmente lasciate dai codici sono:

1. scegliere il metodo incrementale;

2. stabilire il numero di volte in cui è aggiornata la matrice di rigidezza;

3. definire i numeri di incrementi da compiere nel passo di carico;

4. definire il massimo numero di iterazioni di equilibrio da compiere nel singolo

incremento;

5. scegliere i diversi criteri di convergenza basati su spostamenti o forze o una loro

combinazione.

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CAPITOLO 3 85

3.5 - BIBLIOGRAFIA

[9] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of

buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),

November 2000.

[10] A. Mattei, Tesi di Laurea: “Verifiche prestazionali di un edificio industriale in acciaio

in presenza di sisma”, Corso di laurea in Ingegneria Civile indirizzo Strutture, Facoltà di

Ingegneria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 2005-2006.

[11] L. Petrini, R. Pinho, G. M. Calvi (2006), “Criteri di progettazione antisismica degli

edifici”, IUSS Press, Novembre 2006-3a edizione.

[12] A. Moretti, M. Zambelli, Tesi di Laurea: “Metodi numerici per la valutazione della

capacità portante di telai piani in acciaio in presenza di effetti del II ordine”, Dipartimento

di Ingegneria Strutturale, Facoltà di Ingegneria, Politecnico di Milano, Anno Accademico

1996-97.

[13] Computers and Structures, Inc. (2006), “PERFORM COMPONENTS AND

ELEMENTS FOR PERFORM-3D AND PERFORM-COLLAPSE”, University Avenue

Berkeley, California (USA), August 2006.

[14] M. Brunetta, L. Bandini, M. De Lorenzi (2006), “SAP2000® software per analisi e

verifiche di strutture”, Pordenone, Settembre 2006.

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CAPITOLO 4 86

4 - ANALISI NON LINEARE STATICA

4.1 - INTRODUZIONE [15]

Per ottenere una previsione accurata e realistica della risposta sismica di una struttura è

necessario disporre di strumenti di analisi che permettano di coglierne il comportamento

non lineare e la sua evoluzione nel tempo.

L’analisi dinamica non lineare al passo è indubbiamente lo strumento più completo ed

efficace (assumendo ovviamente che il modello strutturale riproduca con accuratezza il

sistema reale): la risposta della struttura viene determinata mediante integrazione al passo

delle equazioni del moto di un sistema a molti gradi di libertà (MDOF) non lineare.

Questa presenta però alcuni aspetti che ne impediscono un diffuso impiego nella pratica

professionale:

la scelta dei parametri che intervengono è delicata ed influenza sensibilmente i

risultati dell’analisi stessa;

sono necessarie numerose analisi impiegando differenti accelerogrammi

opportunamente selezionati per ottenere un risultato rappresentativo della risposta

attesa;

l’accuratezza dell’analisi va a scapito della semplicità e della rapidità di esecuzione;

l’interpretazione dei risultati è complessa ed onerosa.

I codici sismici consentono infatti di utilizzare analisi elastiche lineari (statiche e dinamiche)

che conseguentemente, pur con i relativi limiti, risultano ancora procedure largamente

diffuse.

Un’alternativa attraente è l’uso di procedure di analisi statiche non lineari che, pur

conservando la notevole semplicità d’uso e di interpretazione dei risultati tipica delle analisi

statiche lineari, consentono stime più realistiche ed affidabili della risposta strutturale anche

in campo non lineare. In effetti, è sempre più frequente la loro applicazione sia nella

progettazione che nella verifica strutturale.

Questo tipo di analisi comprende essenzialmente due aspetti:

1. la determinazione di un legame forza-spostamento (curva di capacità o curva di

pushover), rappresentativo del reale comportamento monotono della struttura, per la

cui definizione si richiede un’analisi di spinta o di pushover ;

2. la valutazione dello spostamento massimo o punto di funzionamento (performance

point) raggiunto dalla struttura a fronte di un evento sismico definito tramite uno

spettro di risposta elastico in accelerazione.

L’analisi di spinta consente quindi di descrivere il comportamento della struttura tramite un

semplice legame monodimensionale forza-spostamento detto curva di capacità. In tal modo

l’analisi della risposta della struttura viene ricondotta a quella di un sistema ad un solo

grado di libertà (SDOF) equivalente alla struttura di partenza. I metodi statici non lineari

permettono di individuare lo spostamento massimo di tale sistema SDOF equivalente e

quindi la risposta della struttura (punto prestazionale) soggetta ad un evento sismico

descritto dal relativo spettro di risposta in accelerazione.

L’analisi pushover consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o un

parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite prefissato; la

“spinta” si ottiene applicando in modo incrementale monotono un profilo di forze o di

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CAPITOLO 4 87

spostamenti prestabilito. In sostanza è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle

equazioni di equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema di

spostamenti o forze applicato.

L’analisi di spinta consente di definire un legame scalare forza-spostamento caratteristico

del sistema studiato, detto curva di capacità, che permette di ricondurre la ricerca dello

spostamento massimo di un sistema soggetto ad una certa azione esterna a quella di un

sistema SDOF equivalente.

4.2 - SISTEMI SDOF [15]

Nel caso di sistemi SDOF l’analisi di spinta è particolarmente intuitiva.

Un sistema SDOF può essere idealizzato come una massa concentrata m sorretta da un

elemento privo di massa con rigidezza laterale k e collegato ad un elemento (privo di massa

e rigidezza) responsabile dello smorzamento.

La configurazione deformata (o campo di spostamento) del sistema è definita quindi da un

unico parametro che può identificarsi con lo spostamento relativo della massa rispetto al

suolo (spostamento orizzontale Dt in figura).

Figura 4.1 - Schematizzazione di sistema ad un grado di libertà (SDOF) [15]

Un caso evidente di struttura riconducibile ad un sistema SDOF è quello delle pile da ponte

che possono considerarsi, con buona approssimazione, pendoli rovesci ossia oscillatori

semplici in cui la totalità della massa (impalcato, pulvino e fusto della pila) è concentrata in

testa mentre la rigidezza del sistema può attribuirsi ad un elemento di massa nulla (il fusto

della pila stessa).

In questi semplici casi, l’analisi di spinta consiste nell’applicare alla massa del sistema uno

spostamento D o una forza F la cui intensità viene gradualmente incrementata nella

direzione dell’unico grado di libertà disponibile. Il valore iniziale della forza o dello

spostamento non ha ovviamente importanza. Le espressioni che definiscono la forzante

(intesa in senso generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come:

𝐷 = 𝛼𝑑

𝐹 = 𝛽𝑓

Dunque, fissato arbitrariamente il valore di d o f, il fattore moltiplicativo α o β viene

gradualmente incrementato da zero fino ad un valore finale che permetta di investigare il

campo di risposta di interesse per il sistema in esame. Ad ogni valore di α o β corrisponde

quindi un valore di D o F che rappresenta lo spostamento o la forza applicati alla massa del

sistema.

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CAPITOLO 4 88

Il comportamento del sistema è definito da un legame forza-spostamento in cui la forza

coincide con il taglio alla base Vb e lo spostamento con quello della massa Dt:

nel caso di analisi a forze imposte (F è la forza applicata ad m): Vb=F e Dt=D

essendo D lo spostamento di m prodotto da F;

nel caso di analisi a spostamenti imposti (D è lo spostamento applicato ad m): Dt=D

e Vb=F essendo F la reazione vincolare risultante;

4.3 - SISTEMI MDOF [15]

Nel caso di sistemi MDOF, l’approccio è simile a quello visto per i sistemi SDOF con la

differenza che la struttura viene “spinta” applicando un profilo di forze o di spostamenti

orizzontali in corrispondenza di ciascun piano e che, per descrivere il comportamento

dell’intero sistema in termini di legame forza-spostamento, è necessario scegliere un solo

parametro di forza ed un solo parametro di spostamento.

La scelta di tali parametri non è univoca e può dar luogo a differenti legami forza

spostamento ossia a differenti legami costitutivi del sistema SDOF equivalente detti curva di

capacità.

Solitamente, come parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio alla base e

lo spostamento del baricentro dell’ultimo piano dell’edificio anche se, in realtà, questa

scelta non ha un preciso fondamento teorico ma è più probabilmente un retaggio delle

originarie applicazioni di questa tecnica alle pile da ponte delle quali si monitorava, per

ovvie ragioni, lo spostamento in sommità.

Figura 4.2 - Applicazione dell’analisi di spinta ad un telaio [15]

Considerando che l’obiettivo è di simulare la risposta dinamica della struttura, sorge la

questione se l’analisi di spinta debba essere condotta applicando un sistema di spostamenti o

di forze. Se la struttura avesse un comportamento elastico lineare i due approcci

condurrebbero agli stessi risultati ma la presenza di effetti anelastici comporta una sensibile

differenza tra le due alternative.

Concettualmente l’analisi dinamica viene condotta con le forze inerziali per cui l’analisi di

spinta a forze imposte sembrerebbe più appropriata ma, in un’analisi dinamica, perfino

quando un modo è dominante, l’andamento delle forze di piano non rimane inalterata (ossia

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CAPITOLO 4 89

non variano proporzionalmente ad un fattore costante), per cui applicare una distribuzione

di forze constante non è comunque esatto; inoltre possono sorgere difficoltà nel condurre

analisi anelastiche stabili con controllo in forze, poiché queste non sono in grado di cogliere

un eventuale comportamento softening della struttura né di seguire accuratamente risposte

associate a rigidezze molto piccole, per cui può essere preferibile eseguire analisi a

spostamenti controllati. Di contro, lavorando a spostamenti imposti, si vincola la deformata

della struttura, per cui si rischia di conseguire campi di forze completamente errati rispetto a

quelli attesi in una struttura “libera” di deformarsi a fronte dell’evento sismico e quindi a

risultati seriamente fuorvianti.

Comunque, l’approccio basato sulle forze è quello che ha attirato maggiormente l’interesse

tra ricercatori ed ingegneri professionisti anche perché di facile implementazione su tutti i

più comuni programmi di calcolo.

4.4 - CURVA DI CAPACITA’ [15]

Il risultato più immediato di un’analisi di pushover è la definizione della curva di capacità

(o curva di pushover) della struttura ossia della curva forza-spostamento espressa,

solitamente, in termini di taglio alla base (Vb) e spostamento in sommità (Dt) che

rappresenta appunto la capacità esibita dal sistema a fronteggiare una certa azione esterna.

Considerando un sistema SDOF, l’andamento della curva di capacità dipende dalla

rigidezza k o dalla flessibilità 𝑘−1 del sistema che a loro volta dipendono essenzialmente

dalle caratteristiche geometriche e meccaniche del sistema e sono funzioni non lineari

rispettivamente dello spostamento e della forza applicata al sistema:

𝐹 = 𝑘(𝐷) oppure 𝑉𝑏 = 𝑘(𝐷𝑡)

𝐷 = 𝑘−1(𝐹) oppure 𝐷𝑡 = 𝑘−1(𝑉𝑏)

In figura sono diagrammati i legami forza-spostamento ossia le curve di capacità

rappresentativi di tre comportamenti emblematici caratterizzati da un iniziale

comportamento elastico lineare fino alla soglia di snervamento (rappresentato da un ramo

sostanzialmente lineare) seguito da un comportamento post-elastico non lineare

incrudente(i), perfetto (p) o degradante (d).

Figura 4.3 - Curva di capacità di un sistema reale [15]

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CAPITOLO 4 90

Nel caso più complesso, ma di maggiore interesse, di sistemi MDOF la curva di capacità

mostra andamenti analoghi caratterizzati ancora da un tratto inizialmente rettilineo,

corrispondente al comportamento lineare della struttura, che si incurva quando inizia la

plasticizzazione e la risposta progredisce in campo non lineare.

Grafico 4.1 - Comportamento della curva di capacità

E’ possibile individuare sulla curva di capacità quattro segmenti [16]:

Un iniziale segmento lineare corrispondente a un comportamento elastico-lineare, nel

quale la domanda di deformazione laterale è proporzionale all'intensità del sisma, a

prescindere dalle caratteristiche del sistema o del moto del suolo. Questo segmento si

estende dall’origine all’inizio di plasticizzazione.

Un secondo segmento pseudo-lineare, nel quale la domanda di deformazione laterale

è circa proporzionale all'intensità del sisma.

Un terzo segmento curvilineo corrispondente ad un comportamento nel quale la

domanda anelastica di deformazione laterale non è più proporzionale all'intensità del

sisma. Con l'aumentare dell'intensità, le domande di deformazione laterale

aumentano a un ritmo più veloce. Questo segmento corrisponde al rammollimento

del sistema, o alla riduzione della rigidezza. In questo segmento, il sistema "transita"

da un comportamento lineare ad una eventuale instabilità dinamica. Anche se un

segmento curvilineo è sempre presente, in alcuni casi la transizione può essere

relativamente lunga e graduale, mentre in altri casi può essere molto breve e brusca.

Un segmento finale lineare che è orizzontale o quasi orizzontale, nel quale le

domande di deformazione laterale infinitamente grandi si verificano per piccoli

incrementi di intensità del sisma. Questo segmento corrisponde al punto in cui un

sistema diventa instabile (instabilità laterale dinamica).

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CAPITOLO 4 91

La curva di capacità definisce la capacità della struttura indipendentemente da qualsiasi

specifica richiesta sismica (infatti non si fa riferimento alcuno all’azione sismica) e quindi

descrive le caratteristiche intrinseche del sistema resistente; in altre parole è una sorta di

legame costitutivo semplificato della struttura. Trattandosi di un legame scalare forza-

spostamento il comportamento del sistema MDOF viene così ricondotto sostanzialmente a

quello di un sistema SDOF che può ragionevolmente definirsi equivalente dato che la curva

di capacità è stata costruita tenendo conto del comportamento dell’intero sistema MDOF.

Quando un terremoto induce uno spostamento laterale sulla struttura la sua risposta è

rappresentata da un punto su tale curva e, poiché la deformazione di tutti i suoi componenti

è correlata allo spostamento globale della struttura stessa, ogni punto di questa curva

definisce anche uno specifico stato di danno strutturale.

4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità Si riporta di seguito il classico andamento di una curva Forza - Spostamento. Su questa

curva, valida sia a livello globale della struttura sia in un punto specifico di essa, si possono

individuare gli stati limite di controllo.

Figura 4.4 - Comportamento deformativo della struttura [17]

il punto B evidenzia l’abbandono della fase elastica, e la comparsa del primo

meccanismo plastico (cerniera plastica a momento/taglio o effetti combinati PMM,

svergolamento di un elemento compresso, snervamento per trazione, ecc);

il punto IO evidenzia il raggiungimento del primo stato limite denominato Immidiate

Occupancy (rioccupazione immediata), superato il quale si ha un danneggiamento

basso, ma comunque tale da rendere necessario un intervento di ripristino locale per

la rioccupazione dell’edificio;

il punto LS evidenzia il raggiungimento del secondo stato limite denominato Life

Safety (Salvataggio della vita), superato il quale si ha un danneggiamento alto, e non

si ha la certezza del salvataggio delle vite degli occupanti dell’edificio;

il punto CP evidenzia il raggiungimento dell’ultimo stato limite denominato Collapse

Prevention (Prevenzione del Collasso). Questo livello segna un danneggiamento

molto pronunciato prossimo a quello di Collasso (individuato dal punto C).

Si fa notare che il collasso individuato dal punto C, risulta un Collasso in termini di forza

orizzontale, cioè le membrature della struttura sono così danneggiate da non portare più

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CAPITOLO 4 92

forze orizzontali, ma permane una resistenza ai carichi verticali. Il collasso vero e proprio è

indicato dal punto E. Inoltre, mentre il valore di IO e CP sono dettati da ragionamenti fisici,

il valore LS è un valore di comodo scelto opportunamente tra i due precedenti.

Questa curva è valida sia a livello globale per la struttura, e in questo caso assume

l’importanza della individuazione dei diversi stati limite, sia a livello locale. In tal caso,

assume un valore di assegnazione dei diversi livelli di danneggiamento di quella particolare

"hinge"(cerniera).

4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA

4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 [18]

L’analisi non lineare statica consiste nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e,

per la direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite,

ad ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante

(taglio alla base) Fb. Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in

direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale

o globale, lo spostamento orizzontale dc di un punto di controllo coincidente con il centro di

massa dell’ultimo livello della costruzione (sono esclusi eventuali torrini).

Il diagramma Fb - dc rappresenta la curva di capacità della struttura.

Questo tipo di analisi può essere utilizzato soltanto se ricorrono le condizioni di

applicabilità nel seguito precisate per le distribuzioni principali (Gruppo 1); in tal caso esso

si utilizza per gli scopi e nei casi seguenti:

- valutare i rapporti di sovraresistenza au/a1 di cui ai §§ 7.4.3.2, 7.4.5.1, 7.5.2.2,

7.6.2.2, 7.7.3, 7.8.1.3 e 7.9.2.1 delle NTC;

- verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati

con il fattore di struttura q;

- come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo dei metodi di

analisi lineari;

- come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.

Si devono considerare almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, ricadenti l’una nelle

distribuzioni principali (Gruppo 1) e l’altra nelle distribuzioni secondarie (Gruppo 2)

appresso illustrate.

Gruppo 1 - Distribuzioni principali:

- distribuzione proporzionale alle forze statiche di cui al § 7.3.3.2, applicabile solo se il

modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di

massa non inferiore al 75% ed a condizione di utilizzare come seconda distribuzione

la 2 a);

- distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni proporzionale alla

forma del modo di vibrare, applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella

direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%;

- distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati in

un’analisi dinamica lineare, applicabile solo se il periodo fondamentale della struttura

è superiore a TC.

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CAPITOLO 4 93

Gruppo 2 - Distribuzioni secondarie:

a) distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione

uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;

b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di

controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.

L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale

equivalente ad un grado di libertà.

4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale

del moto [18]

Se la risposta viene valutata mediante analisi statica in campo non lineare, ciascuna delle

due componenti orizzontali (insieme a quella verticale, ove necessario, e agli spostamenti

relativi prodotti dalla variabilità spaziale del moto, ove necessario) è applicata

separatamente. Come effetti massimi si assumono i valori più sfavorevoli così ottenuti.

4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 [19]

Questo metodo d’analisi è utilizzabile solo per costruzioni il cui comportamento sotto la

componente del terremoto considerata è governato da un modo di vibrare naturale

principale, caratterizzato da una significativa partecipazione di massa.

L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale

equivalente ad un grado di libertà.

Figura 4.5 - Sistema e diagramma bilineare equivalente [19]

La forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti

grandezze Fb e dc del sistema reale dalle relazioni:

F* = Fb / Γ

d* = dc / Γ

dove Γ è il “fattore di partecipazione modale” definito dalla relazione:

Γ = φT M τ / φT M φ

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CAPITOLO 4 94

Il vettore τ è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma considerata;

il vettore φ è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale normalizzato ponendo dc=1;

la matrice M è la matrice di massa del sistema reale.

Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre ora sostituire una curva bilineare

avente un primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico (vedi figura 4.5).

Detta Fbu la resistenza massima del sistema strutturale reale ed F*bu = Fbu/Γ la resistenza

massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per

il punto 0,6 F*bu della curva di capacità del sistema equivalente, la forza di plasticizzazione

F*y si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla

curva di capacità per lo spostamento massimo d*u corrispondente ad una riduzione di

resistenza ≤ 0,15Fbu.

Il periodo elastico del sistema bilineare è dato dall’espressione:

𝑇∗ = 2𝜋√𝑚∗

𝑘∗

dove m* = φTMτ e k* è la rigidezza del tratto elastico della bilineare.

Nel caso in cui il periodo elastico della costruzione T* risulti T* ≥ TC la domanda in

spostamento per il sistema anelastico è assunta uguale a quella di un sistema elastico di pari

periodo (vedi figura 4.6):

d*max = d*

e,max = SDe (T*)

Figura 4.6 - Spostamento di riferimento per T > TC [19]

Nel caso in cui T* < TC la domanda in spostamento per il sistema anelastico è maggiore di

quella di un sistema elastico di pari periodo (vedi figura 4.7) e si ottiene da quest’ultima

mediante l’espressione:

𝑑𝑚𝑎𝑥∗ =

𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

𝑞∗[1 + (𝑞∗ − 1)

𝑇𝐶

𝑇∗] ≥ 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

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CAPITOLO 4 95

dove q* = Se (T*) m*/Fy* rappresenta il rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di

snervamento del sistema equivalente.

Figura 4.7 - Spostamento di riferimento per T ≤ TC [19]

Se risulta q*≤1 allora si ha d*max = d*

e,max .

Gli effetti torsionali accidentali sono considerati nel modo previsto al § 7.2.6 delle NTC.

Una volta trovata la domanda in spostamento d*max per lo stato limite in esame si verifica

che sia d*max ≤ d*

u e si procede alla verifica della compatibilità degli spostamenti per gli

elementi/meccanismi duttili e delle resistenze per gli elementi/meccanismi fragili.

L’analisi non lineare statica condotta nei modi previsti dalle NTC può sottostimare

significativamente le deformazioni sui lati più rigidi e resistenti di strutture flessibili

torsionalmente, cioè strutture in cui il modo di vibrare torsionale abbia un periodo superiore

ad almeno uno dei modi di vibrare principali traslazionali. Per tener conto di questo effetto,

tra le distribuzioni secondarie delle forze occorre scegliere la distribuzione adattiva.

L’azione sismica deve essere applicata, per ciascuna direzione, in entrambi i possibili versi e

si devono considerare gli effetti più sfavorevoli derivanti dalle due analisi.

4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

CONVENZIONALI L’analisi di pushover consiste nell’esame della struttura sottoposta ai carichi verticali (pesi

propri, permanenti ed accidentali) e ad un sistema di forze laterali al crescere delle quali

aumenta monotonicamente lo spostamento orizzontale di un punto di controllo della

struttura (posto tipicamente in sommità dell’edificio), fino al raggiungimento delle

condizioni ultime.

Le distribuzione di forze convenzionali sono:

distribuzione uniforme di forze;

distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano;

distribuzione triangolare;

distribuzione proporzionale al modo fondamentale.

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CAPITOLO 4 96

Tali metodologie di analisi di pushover convenzionali sono proposte, dalle varie normative

internazionali (EC8, FEMA, ATC), come metodi standard di analisi statica non-lineare per

le strutture regolari.

Le tipologie di pushover convenzionali si distinguono fra loro solamente per la diversa

modalità di distribuzione delle forze sulla struttura.

La caratteristica che contraddistingue le tipologie di pushover convenzionali da quelle

adattive è l’invariabilità della forma dei carichi laterali applicati al crescere del

moltiplicatore dei carichi.

4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme Nei telai piani per pushover uniforme si intende applicare ad ogni piano del telaio una forza

orizzontale proporzionale ai pesi sismici di ciascun piano, poi tramite un moltiplicatore dei

carichi si incrementano tali valori fino ad arrivare alle condizioni ultime della struttura,

oppure fino ad un prefissato livello di deformazione o spostamento.

In ogni caso riferendoci al caso oggetto di studio ogni peso sismico di ciascun piano non è

uguale e dunque la distribuzione di forze è uniforme in corrispondenza di ogni piano ma

non in tutta la sua altezza.

La relazione utilizzata per valutare le forze di piano è valutata in funzione della massa di

ciascun piano normalizzata rispetto a quella totale dell’edificio:

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖

𝑀𝑡𝑜𝑡

dove:

𝐹𝑖: forza dello i-esimo piano;

𝑀𝑖: massa dello i-esimo piano;

𝑀𝑡𝑜𝑡: massa totale dell’edificio.

Ricordiamo che l’analisi con distribuzione uniforme è proposta dalle normative perché si

presuppone che tale distribuzione di forze riesca a cogliere il comportamento ultimo di una

struttura che va in crisi con un meccanismo di piano debole formatosi alla base. Con un

meccanismo di rottura del tipo appena descritto le accelerazioni, indotte dall’azione sismica,

che si innescano sull’altezza dell’edificio non possono essere che uguali fra loro. Difatti

quando si forma un meccanismo di piano debole alla base della struttura, quest’ultima si

deformerà traslando con un moto rigido rispetto al piano andato in crisi, quindi la forma

modale della struttura passerà da lineare a costante sull’altezza.

Purtroppo quanto appena detto vale per i telai piani, ma non è affatto vero per una struttura

spaziale, nella quale potrebbe generarsi una crisi di piano debole in entrambe le direzioni x e

y, oppure solamente in una delle due direzioni. Ovviamente non esiste un metodo per

saperlo a priori, tutto dipende dalla direzione di provenienza del sisma e da come sono

disposti (in pianta) gli elementi di controventamento della struttura.

Nel caso di strutture spaziali non si sa quindi in quale direzione applicare le forze; se solo in

una, in entrambe contemporaneamente oppure se fare due analisi di pushover distinte nelle

due direzioni e poi combinare i risultati con le regole di quadratura. Ovviamente se l’input

sismico proviene da una direzione parallela ad x o y le forze si applicheranno solamente in

quella direzione, ma nel caso di eccitazione sismica bidirezionale il problema permane.

L’idea più semplice, ma non supportata da alcuna evidenza sperimentale, potrebbe essere

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CAPITOLO 4 97

quella di effettuare due analisi di pushover distinte in entrambe le direzioni ortogonali. In

alternativa si potrebbero prendere in considerazione diverse direzioni di provenienza

dell’input sismico ed applicare delle forze laterali parallele alle supposte direzioni di

provenienza del sisma.

Fino ad ora si è parlato di come distribuire le forze di pushover lungo l’altezza della

struttura e con quale direzione, rimane però ancora il problema di capire come distribuire le

forze laterali a livello del singolo piano. Su di un piano infatti si trovano diversi punti, tutti

appartenenti al medesimo solaio, in cui sarebbe possibile applicare le forze laterali di

pushover. Per estendere l’applicazione del pushover uniforme alle strutture spaziali è quindi

necessario un nuovo criterio che stabilisca come distribuire le forze all’interno del piano.

Diversi studi fatti da vari autori (Chopra e Goel [2004], Kilar e Fajfar [2002], Penelis e

Kappos [2002], Moghadam e Tso [1996]) hanno mostrato che la soluzione migliore, ed

anche la più logica, è quella di applicare la risultante delle forze di piano nel centro di massa

(CM) del piano stesso. Tale evidenza deriva dal fatto che le forze laterali di pushover

cercano di esprimere le forze d’inerzia che si innescano sotto l’azione sismica, quindi tali

forze non possono essere che distribuite proporzionalmente alla distribuzione delle masse a

livello dei singoli piani. Ovviamente, per le regole della geometria delle masse, la forza

risultante che ne deriva passa per il centro di massa del piano considerato.

Per i motivi appena detti, se la struttura presenta dei solai infinitamente rigidi è possibile

applicare direttamente un’unica forza di pushover per ogni piano, tale forza sarà applicata

appunto nel CM

del piano considerato. L’infinita rigidezza del solaio farà si che le forze

siano distribuite a livello del singolo piano. Le forze applicate hanno tutte lo stesso modulo,

non solo lungo l’altezza, ma anche a livello di piano. Ciò è dovuto al fatto che il centro di

massa CM

coincide con il centro di simmetria del solaio. Nel caso in cui il CM non fosse

esattamente al centro del solaio allora la distribuzione delle forze nei nodi d’angolo non

sarebbe la stessa, in tal caso bisognerebbe ripartire la forza di piano in maniera

proporzionale alla distribuzione delle masse all’interno del piano.

Si osserva che la curva di capacità è funzione del punto di applicazione della risultante delle

forze applicate: alla distribuzione uniforme in genere corrisponde un punto di applicazione

basso e quindi una grande resistenza e piccoli spostamenti allo snervamento ed allo stato

limite di collasso.

L’analisi di pushover con distribuzione uniforme non si rivela adatta per le strutture spaziali

irregolari in pianta: essa non riesce a prevedere le massime rotazioni di piano che si

sviluppano a seguito dell’evento sismico.

4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo

fondamentale di vibrare Questa tipologia di pushover è in relazione al comportamento della struttura nella fase

elastica e vuole essere un affinamento del caso triangolare: in questo caso si adotta una

distribuzione delle forze laterali proporzionale al modo di vibrare fondamentale in una certa

direzione (modo con maggiore massa partecipante nella direzione prescelta). Se l’input

sismico proviene dalla direzione x, allora si adotterà una distribuzione delle forze

proporzionale al modo fondamentale lungo la direzione x, ovvero, proporzionalmente al

modo che possiede la maggior massa partecipante traslazionale lungo tale direzione; in

modo analogo si procede se l’input sismico proviene dalla direzione y.

La miglioria apportata dell’analisi di pushover con distribuzione proporzionale al modo

fondamentale (rispetto a quella con distribuzione triangolare) consiste nella rimozione

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CAPITOLO 4 98

dell’ipotesi che il modo di vibrare fondamentale della struttura sia di forma simile alla

triangolare, ma viene effettivamente valutata la forma modale fondamentale.

Distribuire le forze laterali secondo una forma proporzionale ad un modo dominante

permette di approssimare meglio la risposta sia di una struttura irregolare spaziale ma anche

di un telaio piano (per tali strutture i modi fondamentali non sono di forma triangolare); si

ottiene quindi una migliore descrizione delle forze d’inerzia che si innescano sotto azione

sismica.

Per strutture intelaiate piane ci sono essenzialmente modi con percentuale di massa

partecipante preponderanti nella direzione del piano mentre per le strutture spaziali ed

irregolari in pianta accade che i modi traslazionali e rotazionali si accoppiano fra loro

generando dei modi roto-traslazionali che presentano componenti di spostamento in

entrambe le direzioni x e y.

A questo punto rimane da definire quale sia il modo fondamentale da prendere in

considerazione per la distribuzione delle forze; il buonsenso suggerisce di prendere il modo

che possiede la maggior massa partecipante lungo la direzione di provenienza dell’input

sismico.

Nelle relazioni seguenti si valutano le forze per ciascun piano.

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

Dove:

𝐹𝑖: forza dello i-esimo piano;

𝑀𝑖: massa dello i-esimo piano;

𝜑𝑖: spostamento modale dello i-esimo piano normalizzato rispetto al massimo

spostamento modale.

Lo spostamento 𝜑𝑖 è quello del punto corrispondente al centro di massa dello i-esimo piano.

Si osserva che la curva di capacità è funzione del punto di applicazione della risultante delle

forze applicate: alla distribuzione di forze proporzionale al modo fondamentale di vibrare

corrisponde in genere un punto di applicazione alto e quindi una piccola resistenza e grandi

spostamenti allo snervamento ed allo stato limite di collasso.

Questa analisi entra in crisi quando non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta

strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale perché diventano significativi i

contributi forniti dagli altri modi, è il caso di strutture irregolari in altezza.

4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI

MULTIMODALE L’analisi pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli

edifici irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e

delle rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta

strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Per quanto riguarda la distribuzione

delle rigidezze, l’irregolarità in altezza può essere causata dalla presenza nella struttura di

piani di altezza inferiore o dalla rastremazione degli elementi verticali. In riferimento alla

distribuzione delle masse, l’eventuale irregolarità in altezza è solitamente causata dalla

presenza nell’edificio di un piano molto caricato rispetto agli altri.

L’irregolarità in altezza provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo

di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture

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CAPITOLO 4 99

regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale della massa

totale. Questo fatto rende inapplicabile l’analisi pushover convenzionale che considera la

distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata di un modo di vibrare, e

rende necessaria l’applicazione di un metodo che riesca ad includere gli effetti di tutti i modi

di vibrare significativi.

Uno studio finalizzato all’analisi pushover di edifici irregolari in altezza è quella condotto

da Chopra e Goel e descritto in un articolo del 2001 dal titolo “A modal pushover analysis

procedure for estimating seismic demands for buildings” pubblicato nella rivista scientifica

“Earthquake Engineering and Structural Dynamics”. In questo studio viene proposto un

metodo di analisi statica non lineare per edifici irregolari in altezza, ovvero per strutture che

hanno una risposta dinamica caratterizzata da più modi di vibrazione naturale significativi,

che va sotto il nome di “analisi pushover multimodale” o “modal pushover” proprio perché

considera l’effetto di più modi di vibrare.

4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA) [20]

L’analisi modale pushover di Chopra e Goel consiste essenzialmente nell’eseguire tante

analisi statiche non lineari quanti sono i modi di vibrare significativi, ognuna con una

distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo considerato;

successivamente si determina la risposta globale combinando i singoli effetti ottenuti da

ciascuna analisi.

L’equazione differenziale che governa la risposta di una struttura multipiano soggetta

all’accelerazione sismica �̈�𝑔(𝑡) è la seguente:

𝑀�̈� + 𝐶�̇� + 𝐾𝑈 = −𝑀𝐼�̈�𝑔(𝑡)

dove M, C e K sono rispettivamente le matrici delle masse, dello smorzamento viscoso e

della rigidezza, mentre U è il vettore degli spostamenti laterali di piano e I è il vettore unità.

Il secondo membro dell’equazione può essere interpretato come l’effettiva forzante sismica:

𝑝𝑒𝑓𝑓(𝑡) = −𝑀𝐼�̈�𝑔(𝑡) = −𝑠 �̈�𝑔(𝑡)

dove s è il vettore che definisce la distribuzione delle forze orizzontali lungo l’altezza

dell’edificio.

Dalla relazione si ha che:

𝑀𝐼 = 𝑠 = ∑ 𝑠𝑛

𝑁

𝑛=1

= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛

𝑁

𝑛=1

dove il pedice n si riferisce al modo di vibrare della struttura n-esimo.

In questa equazione è racchiuso il senso dell’analisi multimodale, ovvero a differenza

dell’analisi pushover convenzionale in cui, considerando un unico modo di vibrare, il

vettore s si determina come segue:

𝑠 = 𝛤𝑀𝛷

nel modal pushover esso non è più riferito ad un solo modo di vibrazione ma si calcola con

la relazione:

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CAPITOLO 4 100

𝑠 = ∑ 𝑠𝑛

𝑁

𝑛=1

= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛

𝑁

𝑛=1

ovvero la distribuzione delle forze laterali espresse come la somma delle distribuzioni di

forze relative a ciascuno degli n modi di vibrare significativi della struttura.

Nella pratica questo si traduce eseguendo n analisi pushover secondo il metodo N2, per

ciascuna delle quali si determina la domanda di spostamento d*max.

Successivamente i parametri relativi alla domanda, determinati per ciascuna delle analisi

statiche non lineari, si combinano in accordo ad una appropriata regola di combinazione

modale per ottenere la domanda totale, riferita alla risposta strutturale globale.

Figura 4.8 - Esempio delle deformate relative ai primi tre modi di vibrare di un edificio di 9 piani [20]

In figura si riporta l’esempio di un edificio di 9 piani, ed in particolare si mostrano le

deformate relative ai primi tre modi naturali di vibrazione. Ipotizzando che si tratti di un

edificio irregolare in altezza la massa totale non sarà attivata solamente dal primo modo di

vibrare ma una parte significativa sarà attivata dal secondo e terzo modo.

Dunque, in un caso del genere per eseguire l’analisi statica non lineare è necessario

applicare il metodo di modal pushover. Si devono eseguire, quindi tre analisi considerando

per ciascuna la distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo di

vibrare corrispondente. Tali distribuzioni di forze statiche orizzontali sono espresse dalla

relazione seguente:

𝑠𝑛∗ = 𝑀𝛷𝑛

in cui 𝑠𝑛∗ si ottiene dividendo i membri dell’equazione

𝑠 = ∑ 𝑠𝑛

𝑁

𝑛=1

= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛

𝑁

𝑛=1

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CAPITOLO 4 101

per il fattore di partecipazione modale 𝛤𝑛, il quale essendo costante non influenza i rapporti

relativi tra le forze orizzontali della distribuzione considerata; 𝛷𝑛 è il vettore degli

spostamenti di piano relativi alla deformata di vibrare n-esimo.

Figura 4.9 - Distribuzione delle forze orizzontali s*n=MΦn, n=1,2, e 3 [20]

Ciascuna delle analisi viene condotta con il metodo N2 usuale, e quindi, dalla curva di

capacità del sistema MDOF si determina la bilineare equivalente del sistema SDOF e,

procedendo al confronto di quest’ultima con lo spettro di risposta in formato ADRS si

determina la domanda di spostamento d*max. Successivamente si ottiene la risposta globale

combinando i risultati ottenuti da ciascuna analisi.

4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale

Una volta effettuate le n analisi di pushover separatamente, per ottenere la domanda di

spostamento totale, occorre combinare tra di loro le domande massime di spostamento d*max

ottenute da ciascuna analisi.

I tipi di combinazione suggeriti dagli autori del metodo sono le usuali combinazioni usate

per l’analisi modale, ovvero la combinazione quadratica semplice (SRSS) oppure la

combinazione quadratica completa (CQC). In particolare, come si procede usualmente nella

combinazione dei modi in una analisi modale con spettro di risposta, al fine di calcolare la

domanda di spostamento complessiva può essere usata una combinazione quadratica

semplice se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10% da tutti gli

altri. In caso contrario si dovrà utilizzare una combinazione quadratica completa.

Indicando con d la domanda totale e con di la domanda ottenuta dall’analisi pushover riferita

al modo i-esimo, la combinazione quadratica semplice è definita dalla relazione seguente:

𝑑 = (∑ 𝑑𝑖2

𝑁

𝑖=1

)

1/2

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CAPITOLO 4 102

in cui N è il numero dei modi significativi considerato.

Analogamente si definisce la combinazione quadratica completa:

𝑑 = (∑ ∑ 𝜌𝑖𝑗𝑑𝑖𝑑𝑗

𝑁

𝑗=1

𝑁

𝑖=1

)

1/2

in cui i pedici i e j sono riferiti al modo i-esimo ed al modo j-esimo, mentre ρij è il

coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j calcolato con l’espressione seguente:

𝜌𝑖𝑗 =(8 𝜉2(1 + 𝛽𝑖𝑗)𝛽𝑖𝑗

3/2)

((1 − 𝛽𝑖𝑗2)

2+ 4 𝜉2𝛽𝑖𝑗(1 + 𝛽𝑖𝑗)

2)

dove ξ è il coefficiente di smorzamento viscoso e 𝛽ij è così definito:

𝛽𝑖𝑗 =𝜔𝑖

𝜔𝑗

in cui 𝜔𝑖 ed 𝜔𝑗 sono le frequenze rispettivamente del modo i e del modo j.

In questo modo si ottiene la domanda di spostamento complessiva, includendo in essa gli

effetti dovuti a tutti i modi di vibrare significativi della struttura.

4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA [21]

Secondo il rapporto FEMA-440 con il metodo MPA si possono ottenere risultati che, sia in

termini di forze, sia in termini di spostamenti di piano assoluti e relativi appaiono migliori

rispetto a quelli conseguiti con un’analisi di Pushover di tipo tradizionale. Tuttavia, nel

documento viene anche messo in luce il fatto che l’accuratezza di tali risultati dipende

significativamente dal parametro indagato, dalle caratteristiche della struttura e dai dettagli

della specifica procedura. Inoltre viene evidenziata la tendenza a sovrastimare gli effetti del

sisma, in particolare forze e momenti, a causa delle caratteristiche del sistema di

combinazione dei risultati SRSS. Infine viene rilevato come, a causa dell’invariabilità dei

profili adottati nelle singole analisi il metodo MPA sia fondamentalmente limitato, al pari

dei criteri convenzionali. Sebbene tale metodo costituisca un miglioramento significativo

rispetto alle tecniche di analisi Pushover convenzionali, permangono alcune importanti

insufficienze legate al fatto che gli effetti dell’accumulazione dei danni indotti dal crescente

livello di deformazione non vengono considerati. Dunque non vengono conteggiati i

possibili cambiamenti del comportamento strutturale indotti dalle riduzioni delle rigidezze

degli elementi e dalle conseguenti elongazioni dei periodi relativi ai diversi modi di vibrare.

Appare chiaro come tali insufficienze siano dovute alla invariabilità del vettore dei carichi

laterali applicato durante l’analisi, sia esso rappresentativo del solo modo di vibrare

fondamentale o di più modi, a causa dell’inadeguatezza nel riflettere il progressivo degrado

strutturale attraverso un vettore dalla forma fissata. Per questi motivi gli ultimi sviluppi di

questi ultimi anni nei riguardi dell’analisi statica non lineare si sono rivolti verso analisi

Pushover di tipo adattivo.

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CAPITOLO 4 103

4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA TRIDIMENSIONALE [22]

Le problematiche che investono tali tipi di strutture non è legata solo alle differenze dei

modelli in cui possono essere studiate ma senza entrare nello specifico di quanto già detto

sulle analisi di pushover, sono indubbie le difficoltà nel valutare la direzione, il punto di

applicazione e la distribuzione di forze sulla struttura al variare delle azioni d’inerzia

sismiche.

Nel modello oggetto di studio si sono fatte delle ipotesi semplificative inerenti i problemi

elencati in precedenza:

Le forme delle distribuzioni delle forze laterali sono applicate sempre in entrambe le

direzioni x e y e sono:

a. distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una

distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;

b. distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata del primo

modo di vibrare;

c. distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata dei modi di

vibrare principali (MPA).

Le forze sismiche di pushover seguono la direzione degli assi x e y ma sono applicate

singolarmente e non contemporaneamente.

Il punto di applicazione delle forze corrisponde al baricentro delle masse di ogni

piano. Per il calcolo di questo punto si è fatto riferimento alla geometria delle masse

in particolar modo al rapporto tra momento statico delle masse di piano e le masse

stesse. Il momento statico si valuta moltiplicando la massa di una membratura (per

esempio pilastro, trave, scale o pannello murario) per la relativa distanza rispetto agli

assi coordinati x o y che sono posizionati generalmente all’origine della griglia su cui

è stata modellata la struttura.

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CAPITOLO 4 104

4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 [21]

4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000

Normalmente solo lo stato finale è salvato per una analisi non lineare statica. Si può

scegliere invece di salvare i risultati intermedi per vedere come la struttura ha risposto

durante la fase di carico. Questo è particolarmente importante per l’analisi non lineare

statica dove si ha la necessità di sviluppare la curva di capacità.

4.9.1.1 - Salvataggio di più steps

Se si sceglie di salvare più steps, lo stato all’inizio dell’analisi (step 0) sarà salvato, così

come un numero di stati intermedii. Da un punto di vista terminologico, il salvataggio di

cinque steps significa la stessa cosa di salvare sei stati (da step0 a step5): lo step è

l’incremento mentre lo stato è il risultato.

Il numero di steps salvati dipende dai parametri:

Minimo numero di steps salvati;

Massimo numero di steps salvati;

Opzione di salvare solo gli incrementi positivi.

4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati

Il minimo e il massimo numero di steps salvati operano un controllo sul numero di punti

attualmente salvati nell’analisi. Se il minimo numero di steps salvati è troppo piccolo, si

potrebbe non avere abbastanza punti per rappresentare adeguatamente una curva di

Pushover. Se il minimo e il massimo numero di steps salvati è troppo grande, allora l’analisi

potrebbe richiedere un eccessivo onere computazionale.

Il programma determina automaticamente la spaziatura degli steps da essere salvati come

segue. La massima lunghezza degli steps è uguale alla forza totale fissata o allo spostamento

totale fissato diviso il minimo numero di steps salvati. Il programma comincia dal

salvataggio degli steps a questo incremento. Se avviene un evento significativo ad uno step

di lunghezza minore di questo incremento, allora il programma salverà anche quello step e

continuerà con il massimo incremento da lì.

Per esempio, supponiamo che il minimo e il massimo numero di steps salvati sono fissati

pari a 20 e 30 rispettivamente, e il target è fissato ad uno spostamento di 10 mm.

L’incremento massimo di steps salvati sarà 10/20=0.5 mm. Così, il dato è salvato a 0.5, 1,

1.5, 2, 2.5 mm. Supponiamo che avviene un evento significativo a 2.7 mm. Allora il dato è

anche salvato a 2.7 mm, e continua da lì salvando a 3.2, 3.7, 4.2, 4.7, 5.2, 5.7, 6.2, 6.7, 7.2,

7.7, 8.2, 8.7, 9.2, 9.7 e 10.0 mm.

Il massimo numero di steps salvati controlla il numero di eventi significativi per i quali il

dato sarà salvato. Il programma raggiungerà sempre la forza o lo spostamento fissati

all’interno del numero di steps massimi salvati, comunque, nel fare così il programma

potrebbe saltare il salvataggio degli steps agli eventi successivi.

Per esempio, supponiamo che il minimo e il massimo numero di steps salvati sono fissati

pari a 20 e 21 rispettivamente, e il target è fissato ad uno spostamento di 10 mm.

L’incremento massimo di steps salvati sarà 10/20=0.5 mm. Così, il dato è salvato a 0.5, 1,

1.5, 2, 2.5 mm. Supponiamo che avviene un evento significativo a 2.7 mm. Allora il dato è

anche salvato a 2.7 mm, e continua da lì salvando a 3.2 e 3.7 mm. Supponiamo che avvenga

un altro evento significativo a 3.9 mm. Il programma non salverà il dato a 3.9 mm, perché

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CAPITOLO 4 105

se lo facesse non sarebbe capace di limitare il massimo incremento a 0.5 mm e ancora di

portare a termine il pushover completamente in non più di 21 steps. Si nota che se avvenisse

un secondo evento significativo a 4.1 mm piuttosto che a 3.9 mm, allora il programma

sarebbe capace di salvare lo step e ancora di incontrare il criterio specificato per

l’incremento massimo e il massimo numero di steps.

CASO 1

Minimo numero di steps salvati = 20;

Massimo numero di steps salvati = 21;

L’incremento massimo = 0,5mm;

Eventi significativi a 2,7mm e a 3,9mm.

CASO 2

Minimo numero di steps salvati = 20;

Massimo numero di steps salvati = 21;

L’incremento massimo = 0,5mm;

Eventi significativi a 2,7mm e a 4,1mm.

CASO 1 CASO 2

(mm) (mm)

0,5 0,5

1 1

1,5 1,5

2 2

2,5 2,5

evento significativo 2,7 2,7

3,2 3,2

3,7 3,7

evento significativo 3,9 4,1

4,4 4,6

4,9 5,1

5,4 5,6

5,9 6,1

6,4 6,6

6,9 7,1

7,4 7,6

7,9 8,1

8,4 8,6

8,9 9,1

9,4 9,6

9,9 10

Tabella 4.1 - Stati dell’analisi Pushover

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CAPITOLO 4 106

4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi

Questa opzione è di primario interesse per l’analisi pushover sotto il controllo in

spostamento. Nel caso di estrema non linearità, particolarmente quando una cerniera perde

carico, la curva pushover potrebbe mostrare incrementi negativi nello spostamento

monitorato mentre la struttura sta provando a ridistribuire la forza proveniente da una

componente collassata.

Si può scegliere o no di voler salvare solo gli steps aventi incrementi positivi. Gli incrementi

negativi rendono spesso l’aspetto della curva pushover confuso.

Si potrebbe quindi voler scegliere di salvare solo gli incrementi positivi nella maggioranza

dei casi eccetto quando l’analisi sta avendo una convergenza preoccupante.

4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico

Prendiamo in considerazione il telaio 2D (H=4m; B=4m) raffigurato in figura 4.10:

Figura 4.10 - Telaio 2D

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonna HE360M 4 S450

Trave IPE400 4 S355

Asta del controvento TUBO 219,1/8 5,65 S235 Tabella 4.2 - Elementi costituenti il telaio 2D

I tipi di acciaio utilizzati nel telaio preso in esame sono riportati in tabella 4.3:

ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)

S235 360 235 1,05 223,8 210000

S355 510 355 1,05 338,1 210000

S450 550 440 1,05 419,0 210000

Tabella 4.3 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm

Abbiamo variato il minimo e il massimo numero di steps salvati avendo fissato un target ad

uno spostamento pari a 1 m per tutti e quattro i modelli.

Modello 1:

Minimo numero di steps salvati = 1000

Massimo numero di steps salvati = 3000

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CAPITOLO 4 107

Modello 2:

Minimo numero di steps salvati = 500

Massimo numero di steps salvati = 1500

Modello 3:

Minimo numero di steps salvati = 250

Massimo numero di steps salvati = 1000

Modello 4:

Minimo numero di steps salvati = 100

Massimo numero di steps salvati = 500

La massima lunghezza degli steps è uguale allo spostamento totale fissato diviso il minimo

numero di steps salvati, l’incremento massimo di steps salvati sarà:

min/max num steps 1000/3000 500/1500 250/1000 100/500

spostamento tot (m) 1 1 1 1 min num steps 1000 500 250 100

max incremento (m) 0,001 0,002 0,004 0,01 Tabella 4.4 - Incremento max dei 4 modelli studiati

A questo punto abbiamo lanciato l’analisi e poi verificato tramite dei parametri significativi

la bontà della stessa:

min/max num steps steps salvati steps nulli steps totali

Modello 1 1000/3000 1005 2 2479

Modello 2 500/1500 506 4 1500

Modello 3 250/1000 253 2 629

Modello 4 100/500 103 0 257 Tabella 4.5 - Parametri significativi dei 4 modelli studiati

Gli steps totali rappresentano il massimo numero di steps considerati nell’analisi. Potrebbe

includere steps salvati così come sotto-steps i quali risultano non essere salvati. In tutti i

modelli si è raggiunto lo spostamento fissato con un numero di steps totali inferiore o

uguale al massimo numero di steps salvati.

Gli steps nulli avvengono durante la procedura di soluzione non lineare quando:

una cerniera si sta scaricando;

un evento (snervamento, scarico, ecc.) innesca un altro evento;

l’iterazione non converge e ci si attende un step più piccolo.

Un eccessivo numero di steps nulli potrebbe indicare che la soluzione è andata in stallo

dovuta ad un collasso catastrofico o ad una sensibilità numerica; non è il nostro caso visto

che il massimo numero di steps nulli lo riscontriamo nel modello 2 ed è pari a 4, quindi

piccolo.

Gli steps salvati devono essere maggiori o uguali al minimo numero di steps salvati. Nel

nostro caso sono sempre maggiori, ciò significa che sono avvenuti degli eventi significativi

a degli steps di lunghezza minore dell’incremento massimo.

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CAPITOLO 4 108

Dimostrata la bontà dell’analisi si passa al confronto degli sforzi assiali di compressione

trovati nell’asta compressa del controvento per i quattro modelli facendo particolare

attenzione al valore di snervamento.

Riportiamo in tabella 4.6 tutti i valori della N di compressione (Nc) sino allo step10,

riportiamo cioè i risultati sino allo stato 11 per i quattro modelli:

Modello 1 Modello 2 Modello 3 Modello 4

1000/3000 500/1500 250/1000 100/500

STEP Nc (KN) Nc (KN) Nc (KN) Nc (KN)

0 1,361 1,361 1,361 1,361

1 132,416 263,471 525,581 916,291

2 263,471 525,581 916,291 916,291

3 394,526 787,691 916,291 916,291

4 525,581 916,291 916,291 916,291

5 656,636 916,291 916,291 916,291

6 787,691 916,291 916,291 916,291

7 916,291 916,291 916,291 916,291

8 916,291 916,291 916,291 916,291

9 916,291 916,291 916,291 916,291

10 916,291 916,291 916,291 916,291 Tabella 4.6 - Nc dei 4 modelli studiati

I quattro modelli raggiungeranno la N di snervamento in corrispondenza di steps diversi

come era facile aspettarsi visto che hanno incrementi massimi diversi.

Inoltre i quattro modelli trovano lo stesso valore di N di snervamento indipendentemente

dalla diversa scelta del numero di steps fatta per ciascun modello come si vede nel grafico

4.2:

Grafico 4.2 - Nc per i diversi modelli al variare degli steps

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1000

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Nc

(KN

)

Step

Nc in funzione del Min/Max numero steps

1000/3000

500/1500

250/1000

100/500

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CAPITOLO 4 109

4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step

L’iterazione è usata per assicurarsi che l’equilibrio sia raggiunto a ciascuno step dell’analisi.

Per ciascuno step è tentata per prima l’iterazione a rigidezza costante. Se la convergenza

non è raggiunta allora si tenta l’iterazione Newton-Raphson (rigidezza tangente). Se

entrambe falliscono, la lunghezza dello step è ridotta, e il processo è ripetuto.

Si può controllare separatamente il numero delle iterazioni a rigidezza costante e N-R

permesse in ogni step. Il settaggio di uno dei due parametri a zero impedisce quel tipo di

iterazione. Il settaggio di entrambi a zero spinge il programma a determinare

automaticamente il numero e il tipo di iterazioni permesse. Le iterazioni a rigidezza costante

sono più veloci di quelle N-R, ma le ultime sono usualmente le più efficaci. I valori di

default lavorano bene in molte situazioni.

4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione

L’iterazione è usata per assicurarsi che l’equilibrio sia raggiunto a ciascuno step dell’analisi.

Si può fissare la relativa tolleranza di convergenza la quale è usata per comparare la

grandezza della forza con la grandezza della forza agente sulla struttura.

Si potrebbe avere la necessita di usare valori significativamente più piccoli della tolleranza

di convergenza al fine di ottenere buoni risultati per problemi ai grandi spostamenti che non

per altri tipi di non linearità. Si può decrementare questo valore sino ad ottenere risultati

congrui.

4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”

L’algoritmo della soluzione non lineare usa una strategia “event to event” per le cerniere. Se

si ha un grande numero di cerniere nel modello, questo potrebbe derivare in un enorme

numero di steps risolti. Si può specificare una tolleranza dell’evento cumulo la quale è usata

per raggruppare gli eventi insieme allo scopo di ridurre il tempo di risoluzione.

Quando una cerniera snerva o si muove verso un altro segmento della curva forza-

spostamento (momento-rotazione), un evento è messo in ordine. Se altre cerniere sono

chiuse facendo esperienza del loro proprio evento, all’interno dell’evento cumulo di

tolleranza, loro saranno trattate come se hanno raggiunto l’evento. Questo induce un piccolo

ammontare di errore nel livello di forza (momento) in corrispondenza del quale avviene lo

snervamento o il cambio in segmento.

Specificando una più piccola tolleranza dell’evento cumulo si incrementerà l’accuratezza

dell’analisi, al costo di un maggiore tempo computazionale.

Si può chiudere il processo “event to event” completamente, in quel caso il programma sarà

iterato sulle cerniere. Questo potrebbe essere utile in modelli con un gran numero di

cerniere, ma non è raccomandato se ci si aspetti che le cerniere perdano resistenza in modo

repentino.

4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000

Questa opzione è primariamente intesa per l’analisi pushover usando proprietà di cerniera

che esibiscono improvvisi cali nella loro capacità di carico trasportato.

Quando una cerniera scarica, il programma deve trovare una via per rimuovere il carico che

la cerniera stava portando e possibilmente ridistribuirlo al resto della struttura. Lo scarico

della cerniera avviene dovunque la curva tensioni-deformazioni (forze-deformazioni e

momenti-rotazioni) mostra un calo in capacità, così come è spesso assunto dal punto C al

punto D, o dal punto E al punto F (completa rottura).

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CAPITOLO 4 110

Così lo scarico lungo una pendenza negativa può essere instabile nelle analisi statiche, e una

soluzione unica non è sempre matematicamente garantita. Nelle analisi dinamiche (e il

mondo reale) l’inerzia produce stabilità e una soluzione unica.

Per l’analisi statiche, sono necessari dei metodi speciali per risolvere questo problema di

instabilità. Differenti metodi potrebbero lavorare meglio con differenti problemi. Metodi

diversi potrebbero produrre risultati diversi con lo stesso problema. SAP2000 fornisce tre

diversi metodi per risolvere questo problema dello scarico della cerniera, i quali sono

descritti successivamente.

Se tutte le pendenze tensione-deformazione sono positive o nulle, questi metodi non sono

usati a meno che la cerniera oltrepassa il punto E e si rompe. L’instabilità causata dagli

effetti geometrici non è trattata da questi metodi.

4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura

Quando una cerniera raggiunge una porzione della curva tensione-deformazione a pendenza

negativa, il programma continua a provare ad incrementare il carico applicato. Se questo

risulta in una deformazione incrementata (tensione decrementata) l’analisi procede. Se la

deformazione prova a invertire, il programma invece inverte il carico sull’intera struttura

sino a che la cerniera è completamente scarica per il prossimo segmento sulla curva

tensioni-deformazioni. A questo punto il programma ritorna ad incrementare il carico sulla

struttura. Altre parti della struttura potrebbero ora raccogliere il carico che è stato rimosso

dalla cerniera scarica.

Se il carico deve essere invertito o no per scaricare la cerniera dipende dalla flessibilità

relativa della cerniera scaricante comparata con altre parti della struttura che agiscono in

serie con la cerniera.

Questo metodo è il più efficiente dei tre metodi disponibili, ed è usualmente il primo

metodo che si dovrebbe provare. Esso generalmente lavora bene se la cerniera scaricante

non richiede grandi riduzioni nel carico applicato alla struttura. Esso fallisce se due cerniere

concorrono allo scarico, i.e., dove una cerniera richiede il carico applicato per incrementare

mentre l’altra richiede il carico per decrementare. In questo caso, l’analisi si fermerà con il

messaggio “incapace a trovare una soluzione”, in quel caso si dovrebbe provare uno degli

altri due metodi.

Questo metodo usa un moderato numero di steps nulli.

4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale

Questo metodo è simile al primo metodo, eccetto che invece di scaricare l’intera struttura,

solo l’elemento contenente la cerniera è scaricato. Quando una cerniera è su una porzione

della curva tensione-deformazione a pendenza negativa e il carico applicato causa l’invertire

della deformazione, il programma applica un temporaneo, localizzato, auto-equilibrante,

carico interno che scarica l’elemento. Questo causa lo scarico della cerniera. Una volta che

la cerniera è scaricata, il carico temporaneo è invertito, trasferendo il carico rimosso verso

gli elementi contigui. Questo processo è inteso per imitare come le forze di inerzia locale

potrebbero stabilizzare un elemento scaricante rapidamente.

Questo metodo è spesso il più efficace dei tre metodi disponibili, ma usualmente richiede

più steps rispetto al primo metodo, includendo molti piccoli steps e un sacco di steps nulli. Il

limite sugli steps nulli dovrebbe usualmente essere fissato tra il 40% e il 70% degli steps

totali permessi.

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CAPITOLO 4 111

Questo metodo fallirà se due cerniere nello stesso elemento concorrono allo scarico, i.e.,

dove una cerniera richiede il carico temporaneo per incrementare mentre l’altra richiede il

carico per decrementare. In questo caso, l’analisi si fermerà con il messaggio “incapace a

trovare una soluzione”, dopo il quale si dovrebbe dividere l’elemento così che le cerniere

siano separate e riprovare di nuovo. Si controlla il .LOG file per vedere quali elementi

stanno avendo problemi. L’approccio più facile è assegnare le cerniere sovrascritte, e

scegliere di suddividere automaticamente dalle cerniere.

4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante

Questo metodo è abbastanza differente dai primi due. Dovunque una cerniera raggiunge una

porzione della curva tensioni-deformazioni a pendenza negativa, tutte le cerniere che sono

diventate non lineari sono riformate usando le proprietà della rigidezza secante, e l’analisi è

ripartita.

La rigidezza secante per ciascuna cerniera è determinata come la secante dal punto O al

punto X sulla curva tensione-deformazione, dove: il punto O è il punto di tensione-

deformazione all’inizio del caso di carico (il quale usualmente include la tensione dovuta al

carico di gravità); e il punto X e il punto corrente sulla curva tensione-deformazione se la

pendenza è zero o positiva, o altrimenti è il punto all’estremo inferiore del segmento a

pendenza negativa della curva tensione-deformazione.

Quando il carico è riapplicato dall’inizio dell’analisi, ciascuna cerniera si muove lungo la

secante sino a raggiungere il punto X, dopo il quale la cerniera riprende usando la curva

tensione-deformazione data.

Questo metodo è simile all’approccio suggerito dalle guide linea FEMA-356, e ha senso

quando si considera l’analisi pushover come un carico ciclico di incremento della grandezza

piuttosto che come una spinta statica monotona.

Questo metodo è il meno efficiente dei tre, con il numero di steps richiesti incrementati

come la radice dello spostamento target. Esso è anche il più robusto (il meno probabile a

fallire) a patto che il carico di gravità non sia troppo grande. Questo metodo potrebbe fallire

quando la tensione in una cerniera sotto il carico di gravità è grande abbastanza che la

secante da O a X è negativa. In un altro modo, questo metodo potrebbe essere utile a fornire

soluzioni dove gli altri due metodi falliscono dovute a cerniere con piccole (vicino

all’orizzontale) pendenze negative.

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CAPITOLO 4 112

4.10 - BIBLIOGRAFIA

[8] Computers and Structures, Inc. (2010), “CSI Analysis Reference Manual For

SAP2000®, ETABS®, and SAFE® ”, Berkeley, California (USA), March 2010.

[15] T. Albanesi, C. Nuti (2007), Dispensa: “ANALISI STATICA NON LINEARE

(PUSHOVER)”, Dipartimento di Strutture, Università degli studi di Roma Tre, Roma,

Maggio 2007.

[16] FEMA, (2009): “Effects of Strength and Stiffness Degradation on Seismic Response”,

Federal Emergency Management Agency-P440A, Washington D.C. (USA), June 2009.

[17] A. Habibullah, S. Pyle (1998), “Practical Three Dimensional Nonlinear Static Pushover

Analysis”, Published in Structure Magazine, Winter 1998.

[18] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.

[19] Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (2008), “Bozza di Istruzioni per l’applicazione

delle Norme tecniche per le Costruzioni”, aggiornamento al 07/03/2008.

[20] Chopra A.K., Goel R.K., (2001): “A modal pushover analysis procedure for estimating

seismic demands for buildings”, Earthquake Engineering Research Center, University of

California, Berkeley, 31 August 2001.

[21] FEMA (2005): “Improvement of Nonlinear Static Seismic Analysis Procedures”,

Federal Emergency Management Agency-440, Washington (USA), June 2005.

[22] Fausto Viesi (2008), Tesi di Laurea: “Confronto tra modellazione a plasticità diffusa e

concentrata per strutture in c.a.: la scuola di Bisignano”, Corso di Laurea in Ingegneria

Civile - Indirizzo Strutture -, Università degli studi di Bologna, anno accademico2007/2008.

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CAPITOLO 5 113

5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA

5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA

La struttura ospedaliera studiata è in acciaio di nove piani, di cui tre interrati e sei fuori

terra, la cui destinazione d’uso prevista è quella di parcheggi e locali per impianti e

macchinari per i primi tre, ambienti ad uso ospedaliero per i restanti sei piani.

5.1.1 - Collocamento geografico

La costruzione dell’opera è prevista a Rieti. Le coordinate geografiche sono:

LAT 42° 25’ 58’’ N

LONG 12° 51’ 83’’ E

visualizzabili nell’immagine seguente presa direttamente da Google Earth.

Il sottosuolo su cui la struttura sorgerà è costituito da terreni a grana grossa mediamente

addensati, per cui può essere associata alla categoria C secondo le N.T.C. 2008.

Figura 5.1 - Posizione e coordinate geografiche [23]

5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica L’edificio ha una forma in pianta rettangolare sia per i piani interrati che per i piani fuori

terra. L’impronta dei piani interrati può essere definita da un rettangolo con lato maggiore di

circa 218 m e lato minore di 82,5 m, mentre a partire dal primo piano fuori terra l’impronta

si restringe rimanendo comunque rettangolare di lati 158x37,5m e centrata rispetto a quella

sottostante. Tutta la struttura è organizzata in pianta mediante una suddivisione regolare in

maglie quadrate di lato 7,5 m. Le superfici totali associate ai piani interrati e fuori terra

risultano essere rispettivamente circa pari a 17950 mq e 5900 mq.

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CAPITOLO 5 114

La struttura si sviluppa per una altezza totale di 33 m, 12 dei quali interrati. I tre livelli

inferiori presentano un’altezza di interpiano pari a 4 m, mentre i restanti sei pari a 3,5 m.

Il materiale utilizzato per tamponare le pareti esterne è il vetro intervallato, in

corrispondenza di ogni solaio, da una fascia di piano in acciaio che ha la funzione di

individuare chiaramente ogni livello e di fornire una trama orizzontale al prospetto

dell’edificio. Sono state utilizzate due tipologie differenti di vetro: vetro specchiato, usato

nelle due facciate lungo i lati lunghi dell’edificio, dove verranno realizzate le stanze di

degenza, e vetro trasparente, usato nei lati corti in corrispondenza del telaio centrale, dove

verranno realizzati i corpi scala e nel telaio centrale sul lato lungo per interrompere la trama

continua. Tutti i livelli, tranne quello di copertura, presentano un pacchetto del solaio di

altezza complessiva pari a 78 cm, realizzato in modo tale da consentire il passaggio

dell’impiantistica di servizio. In relazione a ciò, il rivestimento di piano esterno ha altezza

pari a 2 m e si estende per 1.2 m al di sopra del piano finito e 0.8 al di sotto.

In corrispondenza dell’ultimo piano, l’altezza del pacchetto solaio risulta essere di 52,5 cm

e la copertura, progettata come non praticabile, è costituita da lastre metalliche continue

disposte su un orditura di supporto di listelli in legno necessaria a fornire la pendenza

desiderata.

Figura 5.2 - Render dell’ospedale [23]

5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale

La struttura portante dell’opera è interamente realizzata in acciaio. La struttura è a telaio

nella direzione del lato lungo, con la particolarità che i telai in questa direzione presentano

travi binate continue, ad eccezione di quelli esterni dove le travi sono collegate alle colonne

con unioni bullonate a squadrette, mantenendo il filo esterno di queste ultime. Nella

direzione del lato corto non sono presenti travi se non nei due telai esterni, dove queste sono

collegate con la stessa tipologia di unione adoperata per il lato lungo. In altezza le colonne

sono continue e alla base è stato schematizzato un vincolo di incastro. Sia per le travi che

per le colonne sono stati impiegati profili a doppio T.

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CAPITOLO 5 115

Il pacchetto del solaio è costituito da pannelli alveolari precompressi poggianti sulle travi

binate cui si è fatto riferimento in precedenza. Queste travi hanno la particolarità di essere

travi con fori esagonali lungo lo sviluppo dell’anima. Con questa soluzione si è evitata una

orditura di travi secondarie limitando l’altezza totale del pacchetto solaio e consentendo

comunque di avere un adeguato spazio per il passaggio degli impianti. Le travi binate

inoltre sono rese collaboranti con la soletta mediante l’inserimento di pioli.

Figura 5.3 - Modello della struttura portante

Per quanto riguarda i controventi verticali sono stati utilizzati due sistemi diversi di

controventamento per le due direzioni principali. Per il lato corto sono stati utilizzati

controventi a croce (su due piani) per tutti i piani tranne l’ultimo dove sono presenti

controventi a V rovescia. Per il lato lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due

piani che però non si intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze

architettoniche che prevedono l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio

considerato

Per i controventi sono stati impiegati profili tubolari collegati alle colonne tramite

collegamenti a perno.

La tipologia di fondazione adottata è quella di plinti collegati da cordoli, mentre solo al di

sotto dei corpi scala-ascensori sono realizzate delle piccole platee.

5.1.3.1 - Solaio La struttura portante del solaio è costituita da pannelli alveolari precompressi tipo Neocem

H16 di spessore pari a 16 cm, completati dal getto in opera di una soletta integrativa di 6

cm. Il solaio è privo di travi secondarie, i pannelli poggiano direttamente sulle travi

principali binate, costituite da profili forati di tipo ISE HEA280-400 saldati alle ali delle

colonne, con l’asse in direzione del lato maggiore della struttura; si hanno quindi delle

strisce di luce 6,8 m che si estendono per tutta la lunghezza dell’edificio.

Il pacchetto del solaio è, chiuso inferiormente da un controsoffitto utile al passaggio degli

impianti. Questo è costituito da fibra minerale e si sorregge tramite dei sostegni fissati

direttamente sulle ali delle travi.

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CAPITOLO 5 116

Figura 5.4 - Pacchetto solaio

5.1.3.2 - Colonne

La colonna utilizzata è di tipo continua. Data l’altezza si è provveduto a collegare, mediante

collegamenti con doppio coprigiunto d’anima e d’ala, quattro profili per ciascuna colonna.

Partendo dal basso i primi due profili mantengono la stessa sezione, successivamente i

restanti due profili diminuiscono progressivamente di area. I vari profili che costituiscono

l’intera colonna, partendo dal basso verso l’alto sono lunghi rispettivamente 6,8,10 e 9 m. I

profili utilizzati sono riassunti nella seguente tabella.

Tabella 5.1 - Profili colonne [23]

5.1.3.3 - Controventi

Nella struttura si è reso necessario solamente l’utilizzo di controventi verticali, per i quali

sono stati impiegati profili tubolari cavi, recanti alle estremità delle pinze appositamente

sagomate per il collegamento di questi ultimi alle piastre saldate alle colonne. Tutti i

collegamenti dei controventi sono stati realizzati mediante perni. La tabella sottostante

indica la gamma dei profili impiegati.

Tabella 5.2 - Profili utilizzati per i controventi [23]

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CAPITOLO 5 117

5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore In tutta la struttura sono presenti cinque vani scala e ascensore, i quali sono collocati

ciascuno all’interno di una maglia di lato 7,5m ed equamente distribuiti lungo lo sviluppo

della costruzione. Al centro della maglia sono presenti un nucleo ascensore porta lettighe ed

un ascensore di dimensioni più ridotte.

Figura 5.5 - Tipologie di ascensori [23]

Sono stati scelti come ascensore montalettighe quello di dimensione in pianta di 330 x 240

cm con portata massima di 2000 kg e l’altro di dimensione in pianta di 180 x 240 cm con

portata massima di 630 kg.

La scala si snoda intorno a questi due corpi ed è realizzata mediante due rampe parallele

collegate tramite un pianerottolo intermedio. Ciascuna rampa è realizzata attraverso una

coppia di cosciali paralleli collegati, mediante unioni bullonate con squadrette, a delle

colonne appositamente previste per lo scopo. A livello di piano è presente un solaio con

pannelli alveolari precompressi come quello precedentemente descritto, mentre il

pianerottolo è costituito da lastre di vetro satinato sorrette da una serie di travi. Gli elementi

strutturali usati per il corpo scala ascensore sono profili a doppio T per le colonne, IPE per

le travi, UPN per i cosciali, per i controventi di questi ultimi e del telaio ascensore, profili

tubolari cavi per il collegamento trasversale dei cosciali.

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CAPITOLO 5 118

5.1.3.5 - Fondazioni La tipologia di fondazione utilizzata è una fondazione a plinti isolati collegati da cordoli.

Solo al di sotto del corpo scala ascensore viene realizzata una piccola platea. I plinti

possono essere raggruppati in base alla geometria in tre tipologie fondamentali:

PL1: 1,5x1,5 m in pianta e 1 m in profondità;

PL2: 1,8x1,8 m in pianta e 1 m in profondità;

PL3: 2,5x2,5 m in pianta e 1,5 m in profondità

5.1.4 - Materiali

In seguito si riportano le principali caratteristiche dei materiali utilizzati per la parte

strutturale dell’opera. In allegato verranno riportate le schede tecniche sia di questi materiali

che di quelli per uso non strutturale.

5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica

Gli acciai utilizzati per gli elementi strutturali travi, colonne, cosciali, controventi del telaio

ascensore, piatti di rinforzo nei collegamenti sono appartenenti alle classi riportate in

tabella:

Tabella 5.3 - Laminati a caldo con profili a sezione aperta [18]

Mentre per quanto riguarda gli elementi di controventamento si fa riferimento alla seguente

tabella:

Tabella 5.4 - Laminati a caldo con profili a sezione cava [18]

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali

delle proprietà dell’acciaio:

modulo elastico E = 210.000 N/mm²

modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²

coefficiente di Poisson ν = 0,3

coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1

(per temperature fino a 100 °C)

densità ρ = 7850 kg/m3

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CAPITOLO 5 119

5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni

Per le varie unioni bullonate sono stati impiegati bulloni di classe 6.8 e 8.8 aventi le

seguenti caratteristiche:

Tabella 5.5 - Classi bulloni e corrispondenti tensioni di snervamento e rottura [23]

5.1.4.3 - Acciai speciali

Per tutte le connessioni a perno e per i tirafondi impiegati nei collegamenti di fondazione tra

colonne e plinti, sono stati utilizzati acciai speciali per grossa bulloneria aventi le seguenti

caratteristiche:

Tabella 5.6 - Acciai speciali per grossa bulloneria [23]

5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato

L’acciaio utilizzato nelle parti in cemento armato è del tipo B450C, caratterizzato dai

seguenti valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura utilizzate nei calcoli:

Tabella 5.7 - Valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura [18]

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CAPITOLO 5 120

e conforme al rispetto dei seguenti requisiti previsti dalle NTC08:

Tabella 5.8 - Requisiti richiesti dalle norme per acciaio B450C [18]

5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso

Per i pannelli di solaio alveolare precompresso sono stati utilizzati trefoli a 7 fili di acciaio

dalle seguenti caratteristiche:

Tabella 5.9 - Caratteristiche geometriche e meccaniche dell’acciaio per c.a.p. [23]

5.1.4.6 - Calcestruzzo

In tutta la struttura il calcestruzzo gettato in opera è stato impiegato esclusivamente nella

realizzazione delle fondazioni e della soletta del solaio. In entrambe i casi si è adoperato un

calcestruzzo di classe C28/35.

Per quanto riguarda invece i pannelli alveolari precompressi di cui è composto il solaio, è

stato utilizzato uno di classe C45/55.

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CAPITOLO 5 121

Le caratteristiche di tali calcestruzzi sono riassunte in tabella:

Tabella 5.10 - Caratteristiche meccaniche cls C28/35 [23]

Tabella 5.11 - Caratteristiche meccaniche cls C28/35 [23]

5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale

Sono stati utilizzati dispositivi di vincolo dinamico del tipo Fip-industriale OT 40/40 per

trasmettere le sollecitazioni dinamiche prodotte da sisma e vento, evitando così il

martellamento tra le due porzioni di edificio; questi apparecchi consentono comunque le

deformazioni lente, come quelle dovute alle variazioni di temperatura.

Sono stati impiegati, in corrispondenza del giunto strutturale, dei connettori a taglio per il

trasferimento dello stesso tra le due semistrutture al fine di mantenere un comportamento

globale dell’intera costruzione come in assenza del giunto. Tali connettori sono del tipo

HALFEN HSD-CRET 122.

5.2 - AZIONI Si considerano le azioni che interessano la costruzione. I carichi vengono calcolati in base

alle disposizioni del “D.M. 14 gennaio 2008”.

5.2.1 - Carichi verticali

I carichi verticali agenti sulla costruzione sono i carichi permanenti strutturali e non

strutturali e i carichi antropici.

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CAPITOLO 5 122

5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali

PIANO TIPO:

Tabella 5.12 - Carichi permanenti strutturali [23]

Tabella 5.13 - Carichi permanenti non strutturali [23]

Tabella 5.14 - Carichi variabili [23]

COPERTURA:

Tabella 5.15 - Carichi permanenti strutturali [23]

Tabella 5.16 - Carichi permanenti non strutturali [23]

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CAPITOLO 5 123

Tabella 5.17 - Carichi variabili [23]

5.2.1.2 - Carico Antropico

La destinazione d’uso della struttura è quella di parcheggio e locali per macchinari nei tre

piani interrati e ambienti ad uso ospedaliero per i sei piani fuori terra. Il valore del carico

antropico da considerare è stato richiesto dal committente e valutato pari a 6 kN/m2; fa

eccezione la copertura che viene considerata accessibile per la sola manutenzione, il carico

in questo caso è di 0,5 kN/m2. Sulle scale, che appartengono alla categoria C2, agisce una

pressione pari a 4 kN/m2. Nella tabella sono riassunte le azioni considerate.

Tabella 5.18 - Carichi antropici agenti sulla struttura [23]

5.2.2 - Azione sismica

La normativa attuale propone degli spettri di risposta in funzione al sito di costruzione

(coordinate geografiche), alla classe dell’edificio, alla vita nominale e al tipo di terreno in

cui sorge l’edificio. In particolare, per la struttura in esame, sono riportati i parametri che

hanno permesso la costruzione degli spettri tramite il foglio di calcolo SPETTRI-NTC.

L’ospedale è situato a Rieti:

Figura 5.6 – Individuazione della pericolosità del sito

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CAPITOLO 5 124

Essendo un edificio di pubblica importanza, è stata scelta una vita nominale pari a:

𝑉𝑁 = 100 𝑎𝑛𝑛𝑖

e la classe d’uso III dato che è una costruzione che prevede affollamenti significativi. Il

relativo coefficiente d’uso vale:

𝐶𝑢 = 1,5

Per cui le azioni sismiche vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR:

𝑉𝑅 = 𝑉𝑁 ∙ 𝐶𝑢 = 150 𝑎𝑛𝑛𝑖

Figura 5.7 - Scelta della strategia di progettazione

L’azione sismica viene calcolata con riferimento agli stati limite. Si considera una categoria

di terreno C, cioè terreni a grana grossa mediamente addensati, mentre la categoria

topografica risulta essere T1 (superficie pianeggiante). Si considera uno smorzamento

convenzionale pari al 5%.

SITO RIETI

VITA NOMINALE (anni) 100

CLASSE D’USO III

COEFFICIENTE D’USO 1,5

CATEGORIA DI SOTTOSUOLO C

CATEGORIA TOPOGRAFICA T1 Tabella 5.19 - Parametri utili a definire gli spettri di risposta

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CAPITOLO 5 125

Gli spettri ottenuti dal calcolo, riferiti alla componente orizzontale del moto sismico (l’unica

che si considera), sono riportati in figura.

Grafico 5.1 - Spettri di risposta elastici (componente orizzontale)

5.2.2.1 - Combinazione delle azioni

Per quanto concerne la combinazione dell’azione sismica con i carichi verticali la normativa

specifica che questa debba essere effettuata, per gli Stati Limite secondo la formula:

𝐹𝑑 = 𝛾𝐸𝐸 + 𝛾𝐺𝐺𝐾 + 𝛾𝑃𝑃𝐾 + ∑(𝛹2𝑖𝛾𝑄𝑄𝐾𝑖)

𝑖

dove:

E rappresenta l’azione sismica per lo stato limite considerato e per la classe di

importanza in esame;

GK rappresenta il valore caratteristico della azione permanente (peso proprio, carichi

permanenti portati, precompressione, ecc);

QK rappresenta il valore caratteristico dell'azione variabile;

PK rappresenta il valore caratteristico della deformazione impressa (effetto della

temperatura, deformazione del terreno, viscosità, ritiro, etc.);

γE, γG, γQ, γP rappresentano i coefficienti parziali;

𝝭2i sono i coefficienti di combinazione delle azioni variabili.

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0

Se [

g]

T [s]

SLC

SLV

SLD

SLO

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CAPITOLO 5 126

5.3 - SCELTE PROGETTUALI

5.3.1 - Scelte progettuali globali L’opera in questione sarà adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione

di notevole importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte al suo interno, ma anche

riguardo le dimensioni.

Per quanto riguarda le scelte progettuali globali, la strategia di progettazione adottata è stata

quella per specializzazione. Ciò significa che si sono voluti individuare due sistemi

resistenti differenti per resistere ai carichi verticali e orizzontali. Si è scelto di realizzare una

struttura nella quale i percorsi di carico dalla sommità fino in fondazione fossero chiari e

facilmente individuabili. Tale scelta comporta anche la possibilità di operare una

ottimizzazione locale degli elementi, i quali assolvono solamente alla funzione specifica per

la quale sono stati progettati, e inoltre in presenza di eventuali danneggiamenti si ha il

vantaggio di poter procedere a una manutenzione più semplice e mirata, sostituendo

direttamente gli elementi messi fuori servizio. Tuttavia questa strategia di progettazione

porta con se anche dei possibili svantaggi, quali la canalizzazione di elevate concentrazioni

di tensione in zone localizzate, come ad esempio gli scarichi dei controventi in fondazione.

Di tutto ciò si è tenuto conto cercando, nonostante la specializzazione dei diversi sistemi

resistenti, di distribuire, nel rispetto dei vincoli progettuali, i controventi nei vari telai della

struttura.

Il sistema resistente ai carichi verticali è costituito dalle colonne, dalle travi binate e dal

solaio alveolare precompresso. Il vantaggio di adottare questa scelta rispetto a un più

classico solaio con travi principali, secondarie e lamiera grecata, è stato quello di avere una

maggiore resistenza al fuoco, un minor numero di connessioni da realizzare tra travi

principali e secondarie, una posa in opera dei pannelli facile e rapida, ed è stato dettato

anche da esigenze di tipo architettonico che limitavano l’altezza massima del pacchetto

solaio.

Il sistema resistente ai carichi orizzontali è costituito invece dai controventi, per i quali si è

scelta una configurazione che li vedesse distribuiti abbastanza uniformemente nell’ambito

dei vari telai, sempre nel rispetto dei vincoli architettonici. Questa scelta è stata fatta anche

cercando di evitare, per quanto possibile, un eccessiva concentrazione di tensioni localizzata

in fondazione nelle zone di scarico degli stessi.

Per quanto riguarda la scelta progettuale sulla tipologia di fondazioni da adottare, si è deciso

per una fondazione diretta, nello specifico una fondazione su plinti collegati tra loro

mediante cordoli per garantire alla fondazione un comportamento d’insieme sotto azioni

sismiche; solo al di sotto del corpo scala ascensore viene realizzata una piccola platea.

5.3.2 - Scelte progettuali locali

Unione trave-trave

L’unione tra il moncone di trave saldato alla colonna e le travi forate ISE è stata prevista ad

una distanza di 500 mm a partire dalla fine dell’ala della colonna, il collegamento è

realizzato con coprigiunti d’ala e d’anima bullonati alle due parti in modo da ripristinare

totalmente la continuità dell’elemento.

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CAPITOLO 5 127

Per i coprigiunti è stato utilizzato lo stesso tipo di acciaio della colonna.

Figura 5.8 - Unione trave-trave [23]

Unione colonna-colonna

L’unione tra i diversi profili delle colonne è stato realizzato al livello di piano, questa scelta

è stata fatta sia per poter ottimizzare al meglio i profili scelti che per nascondere il

collegamento all’interno del solaio. Questo collegamento è realizzato con coprigiunti d’ala e

d’anima bullonati alle due parti in modo da ripristinare totalmente la continuità

dell’elemento.

Figura 5.9 - Unione colonna-colonna [23]

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CAPITOLO 5 128

Unione colonna-travi-controventi

In corrispondenza del nodo analizzato, convergono due controventi sullo stesso lato, uno dal

basso e uno dall’alto, costituiti da profili tubolari collegati mediante unioni a perno, ad un

piatto saldato al centro dell’ala della colonna in corrispondenza dell’anima. I controventi

hanno alle estremità delle pinze sagomate in modo tale che il collegamento avvenga facendo

entrare il piatto saldato, che sporge dalla colonna, nella pinza e in seguito si possano unire

questi piatti tramite un perno.

Figura 5.10 - Unione colonna-travi-controventi [23]

Unione trave-controventi a V rovescia

In corrispondenza dell’ultimo piano della struttura, in diversi telai del lato corto sono stati

inseriti dei controventi a V rovescia, costituiti sempre da profili tubolari collegati, mediante

unioni a perno, in basso ad un piatto saldato sull’ala della colonna e in alto in

corrispondenza di un piatto saldato al centro della trave, facente parte del telaio, sotto l’ala

inferiore. I controventi hanno alle estremità delle pinze sagomate in modo tale che il

collegamento avvenga facendo entrare il piatto saldato, che sporge dalla colonna, nella

pinza e in seguito si possano unire questi piatti tramite un perno. Per quanto riguarda la

parte superiore, i controventi presentano all’estremità un piatto asimmetrico rispetto all’asse

in modo tale che le estremità dei controventi durante la posa in opera risultino ciascuna sui

lati opposti del piatto saldato alla trave e in seguito il collegamento possa avvenire sempre

attraverso il perno che attraversa i tre piatti.

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CAPITOLO 5 129

Figura 5.11 - Unione trave-controventi a V rovesvia [23]

Unione colonna-plinto di fondazione

Il collegamento tra le colonne e i plinti di fondazione è stato progettato come vincolo ideale

di incastro. Le colonne in acciaio vengono vincolate a terra mediante una struttura di

fondazione costituita da un plinto in cemento armato,

Figura 5.12 - Plinto per colonna in acciaio

con forma parallelepipeda, alla quale le colonne vengono collegate tramite una piastra di

base e bulloni semplicemente annegati nel calcestruzzo del plinto.

Figura 5.13 - Collegamento colonna-plinto

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CAPITOLO 5 130

5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

5.4.1 - Modellazione del solaio Il solaio è stato modellato in SAP 2000 mediante elementi bidimensionali di piastra “shell”,

di forma rettangolare o triangolare a seconda delle esigenze geometriche imposte dallo

sviluppo in pianta della struttura.

Le caratteristiche degli elementi shell sono determinate in modo tale che il modello risulti

equivalente al solaio reale in termini di rigidezze di piano e flessionali, mentre la massa

strutturale è stata posta pari a zero e assegnata successivamente come carico uniformemente

distribuito sulla superficie dell’elemento stesso.

Figura 5.14 - Solaio alveolare [23]

Lo spessore dell’elemento finito definito col nome di “membrana” è stato calcolato

imponendo che l’area per unità di lunghezza del solaio sia la stessa che nel caso reale,

mentre quello indicato con il nome di “flessione” è stato determinato uguagliando le inerzie

flessionali:

Figura 5.15 - Caratteristiche del solaio [23]

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CAPITOLO 5 131

La rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h” considerato, eguaglia solamente

quella effettivamente presente nel solaio alveolare nella direzione di maggior rigidezza,

ossia quella degli alveoli, pertanto si è inserito in SAP, nella casella “Modificatori

rigidezza” presente nella finestra di definizione della sezione dell’elemento shell, un

coefficiente correttivo, pari al rapporto tra la rigidezza flessionale del solaio nella direzione

di minor rigidezza e la rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h”, in modo da

eguagliare quelle presenti nel solaio reale.

Figura 5.16 - Finestra definizione caratteristiche elemento [23]

L’ipotesi fatta è che il solaio abbia comportamento prevalentemente unidirezionale vista

l’ortotropia.

Questi coefficienti sono stati ottenuti come spiegato di seguito:

Coefficienti delle rigidezze flessionali m11, m22, m12 ottenuti come rapporto tra

l’inerzia per unità di lunghezza del solaio reale e l’inerzia dell’elemento shell nella

direzione considerata;

Coefficienti delle rigidezze di piano f11, f22, f12 ottenuti come rapporto tra le aree per

unità di lunghezza del solaio reale e l’area dell’elemento shell, nella direzione

considerata;

Coefficienti di taglio V13, V23 ottenuti come i precedenti, dipendentemente dalla

direzione considerata

Gli elementi shell inseriti per costruire il modello del solaio hanno il sistema di riferimento

locale orientato come mostrato in figura, dove l’asse 1 è quello avente colore rosso e

parallelo all’asse y, l’asse 2 avente colore bianco parallelo all’asse x, e l’asse 3 ortogonale al

piano individuato dai precedenti ed ortogonale all’asse z.

Figura 5.17 - Sistema di riferimento locale delle shell [24]

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CAPITOLO 5 132

Il modello, con un solaio realizzato con elementi shell, è risultato computazionalmente

troppo oneroso (8 ore di calcolo tramite il programma SAP 2000) se sottoposto ad analisi

statica non lineare. Tale onere computazionale è stato ridotto (di 5 ore) sostituendo gli

elementi shell con un diaframma rigido per ciascun piano e inserendo le masse mancanti

nel relativo master joint di piano.

5.4.2 - Modellazione delle travi

Gli elementi strutturali, quali in particolare travi, pilastri e controventi, sono modellati

attraverso elementi monodimensionali indicati nel programma con nome di “frame”, a

ciascuno dei quali assegnata la corrispondente sezione.

Figura 5.18 - Trave modellata tramite elementi "frame" [24]

L’elemento Frame è rappresentato da una linea retta che congiunge due punti, i e j (nodi),

ognuno dei quali ha sei gradi di libertà (3 traslazioni e 3 rotazioni). Ciascun elemento ha il

proprio sistema di coordinate locale per la definizione delle proprietà della sezione e dei

carichi e per l’interpretazione dei risultati. Gli assi di questo sistema locale sono indicati con

i numeri 1, 2 e 3; il primo asse è diretto lungo l’elemento, gli altri due giacciono nel piano

perpendicolare ad esso.

Figura 5.19 - Sistema di riferimento locale dell'elemento "frame" [24]

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CAPITOLO 5 133

Per quanto riguarda la modellazione dei vincoli alle estremità delle travi dei telai

perimetrali, essendo queste collegate alle colonne mediante cerniere, vengono assegnati dei

“release” , ovvero rilasci, di momento.

Figura 5.20 - Assegnazione dei release alle travi [23]

Per le travi binate sono stati modellati due frame paralleli, distanti tra loro 58 cm. Esse sono

poi collegate alla colonna attraverso dei bracci rigidi. Per quanto riguarda le caratteristiche

inerziali, non è sufficiente assegnare le sezione poiché essa non ha rigidezza costante, per

effetto dei fori alveolari ed inoltre è una trave mista acciaio-calcestruzzo e quindi bisogna

tener conto del contributo dato dalla soletta. E’ stato quindi necessario ricavare la corretta

rigidezza della stessa, ricorrendo ad una modellazione di dettaglio agli elementi finiti.

L’inerzia della trave è stata valutata imponendo una forza unitaria distribuita o concentrata

nella mezzeria e leggendo la freccia della trave, nota la quale sono invertibili le relazioni

note da scienza delle costruzioni per una trave appoggiata:

𝐽 =𝑝 ∙ 𝑙3

48 ∙ 𝑓 ∙ 𝐸

𝐽 =5 ∙ 𝑝 ∙ 𝑙3

384 ∙ 𝑓 ∙ 𝐸

La prima relazione è per una trave appoggiata con carico concentrato, mentre la seconda con

carico distribuito.

Sono stati introdotti più modelli per valutare come la modalità con la quale è stato assegnato

il carico influisce sulla rigidezza. I risultati osservati sono riportati sulla tabella che segue :

1. trave in acciaio modellata come elemento frame con sezione costante (HEA

400x280) e carico unitario applicato distribuito lungo l’elemento;

2. trave in acciaio modellata con elementi shell con sezione costante (HEA 400x280) e

carico unitario applicato distribuito lungo l’elemento;

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CAPITOLO 5 134

3. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con carico unitario

distribuito;

4. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con carico unitario

concentrato in mezzeria;

5. trave mista acciaio-calcestruzzo modellata con elementi shell e fori esagonali con

carico unitario concentrato in mezzeria

Modello Elemento finito I (mm4) 1 Frame 294x106

2 Shell 297x106

3 Shell 259x106

4 Shell 258x106

5 Shell 757x106 Tabella 5.20 - Inerzie per i diversi modelli [23]

Dai primi due modelli si è verificata la correttezza della modellazione elementi shell; dal

terzo e dal quarto si è osservata l’influenza sulla rigidezza di come è stato applicato il

carico. Essendo quest’ultima non significativa, nel modello 5, si è inserito anche il blocco di

calcestruzzo collaborante e valutata I applicando una forza unitaria concentrata.

Ricavata l’inerzia della sezione mista acciaio- calcestruzzo, questa è stata introdotta nel

modello globale assegnando un elemento frame con sezione in acciaio HEA 400x280, e

intervenendo sui modificatori come riportato sotto. Nello specifico si è ridotta la massa, per

tenere conto dei fori e incrementata l’inerzia come rapporto tra quella della sezione in

acciaio e quello della sezione mista.

Figura 5.21 - Modificatori proprietà/rigidezza per la trave alveolare modellata con elemento frame [23]

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CAPITOLO 5 135

5.4.3 - Modellazione delle colonne Anche le colonne ed i controventi, come specificato sopra, sono state modellate attraverso

elementi frame aventi sezioni di area opportuna. Per le colonne sono state previste tre

rastremazioni.

Figura 5.22 - Rastermazione delle colonne [23]

N° rastremazione Z [m]

1° 12

2° 22,5

3° 33 Tabella 5.21 - Rastremazioni delle colonne [23]

La soluzione scelta prevede che l’unione tra colonne di sezioni differenti sia di tipo

bullonata ed eseguita direttamente in cantiere. Le colonne infine vengono realizzate tutte in

continuità.

5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi Sebbene la scelta del sistema finale di controventamento sia giunta a termine di un processo

iterativo che ha portato a una soluzione finale totalmente diversa da quella ipotizzata in

partenza, tuttavia la modellazione dei controventi è stata eseguita sempre utilizzando, com’è

ovvio, elementi frame, ai quali, durante i vari tentativi, è stata cambiata di volta in volta

sezione e/o posizionamento.

Nelle varie configurazioni adottate prima di giungere a quella definitiva, il fattore comune a

tutte è stato il vincolo progettuale che impediva di posizionare controventi nei telai

perimetrali del lato lungo e la necessità di prevedere spazi sufficienti per l’accesso ai vari

ambienti, accessi che secondo un architettonico di massima realizzato in fase preliminare,

sono stati previsti per la maggior parte nei telai del lato lungo.

Tutti i controventi a croce sono stati posti in modo da comprendere due piani, analogamente

anche la maggior parte dei controventi in direzione X, tranne quelli di piano terra in tutte e

due le direzioni e quelli dell’ultimo piano nella direzione Y.

Anche ai controventi, come alle travi, vengono assegnati i “release” dei momenti in quanto

si vuole che il loro collegamento alle colonne schematizzi una cerniera.

La scelta progettuale relativa al posizionamento dei controventi è stata effettuata tenendo in

considerazione due aspetti fondamentali:

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CAPITOLO 5 136

Il comportamento dinamico dell’edificio ed in particolare i suoi modi naturali di

vibrare;

Le limitazioni imposte dai vincoli architettonici, presenti sia all’interno della

struttura, dovuti alla divisione degli ambienti, che all’esterno, legati invece alle

necessità estetiche di mantenere libere le facciate.

5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA Il modello si può sintetizzare in tre punti salienti:

1. La struttura è formata da tre tipi di telai:

telai perimetrali incastrati alla base con travi collegate alle colonne da nodi

cerniera

Figura 5.23 - Telaio perimetrale nel piano XZ

Figura 5.24 - Telaio perimetrale nel piano YZ

telai nel piano XZ incastrati alla base con travi binate collegate alle colonne

da nodi incastro

Figura 5.25 - Telaio interno nel piano XZ

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CAPITOLO 5 137

telai nel piano YZ incastrati alla base con controventi collegati alle colonne

da nodi cerniera

Figura 5.26 - Telaio interno nel piano YZ

2. Sono stati inseriti controventi a trazione/compressione con profili tubolari cavi che, a

parità di area sbandano per un N di buckling molto più alto e si prestano a lavorare

meglio a trazione/compressione.

3. Si incastrano tutte le travi binate alle colonne. Questa soluzione si è posta a seguito

della decisione su come realizzare le connessioni dei vari elementi strutturali nei nodi

dove convergono contemporaneamente colonna, travi binate, controventi. Avendo

previsto, per risolvere il suddetto problema, che le colonne dovessero uscire dallo

stabilimento già con i due monconi di trave saldati parallelamente sulle due ali, si è

provveduto a modificare nel modello globale il vincolo tra questi ultimi due elementi

strutturali, passando da cerniera a incastro.

5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche

5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali

La struttura è composta da due sistemi diversi di controventamento per le due direzioni

principali.

Per il lato corto sono stati utilizzati controventi a croce (su due piani) per tutti i piani tranne

l’ultimo dove sono presenti controventi a V rovescia.

Per il lato lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due piani che però non si

intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze architettoniche che prevedono

l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio considerato.

Nelle aste dei controventi del lato lungo sono state assegnate delle cerniere plastiche assiali

che si distinguono per la dimensione della sezione e per la lunghezza dell’asta.

Nelle aste dei controventi del lato corto sono state assegnate delle cerniere plastiche assiali

che si distinguono per la dimensione della sezione, per la lunghezza dell’asta, per la

posizione e il numero di cerniere all’interno dell’asta.

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CAPITOLO 5 138

5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)

Per il lato lungo sono stati utilizzati controventi a due piani che però non si intersecano tra

di loro, e quindi è stato possibile inserire a ciascun asta una cerniera plastica al centro

essendo lo sforzo assiale costante su tutta la lunghezza del controvento.

Sezione L [m] Legame cerniera

177,8x6 10,26 Tipo 1

219,1x8 10,26 Tipo 2

244,5x8

10,26 Tipo 3

10,61 Tipo 4

10,97 Tipo 5

273x10 5,48 Tipo 6 Tabella 5.22 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano XZ

Tipo 1

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -49,8 -0,0132

D- -49,8 -0,0016

C- -209,4 -0,0016

B- -206,3 0,0000

A 0,0 0,0000

B 760,9 0,0000

C 1012,0 0,1263

D 608,7 0,1263

E 608,7 0,1607 Tabella 5.23 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.2 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

1200

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

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CAPITOLO 5 139

Tipo 2

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -96,9 -0,0134

D- -96,9 -0,0022

C- -492,0 -0,0022

B- -484,7 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1246,9 0,0000

C 1658,4 0,1263

D 997,5 0,1263

E 997,5 0,1607 Tabella 5.24 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.3 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 3

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -130,6 -0,0161

D- -130,6 -0,0027

C- -662,8 -0,0027

B- -653,0 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1396,8 0,0000

C 1857,8 0,1263

D 1117,5 0,1263

E 1117,5 0,1607 Tabella 5.25 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

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CAPITOLO 5 140

Grafico 5.4 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 4

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -123,9 -0,0158

D- -123,9 -0,0026

C- -628,9 -0,0026

B- -619,6 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1396,8 0,0000

C 1857,8 0,1306

D 1117,5 0,1306

E 1117,5 0,1662 Tabella 5.26 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.5 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,05 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20

F [K

N]

Spostamento [m]

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,04 -0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

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CAPITOLO 5 141

Tipo 5

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -117,4 -0,0155

D- -117,4 -0,0026

C- -595,9 -0,0026

B- -587,1 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1396,8 0,0000

C 1857,8 0,1350

D 1117,5 0,1350

E 1117,5 0,1718 Tabella 5.27 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.6 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 6

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -341,5 -0,0162

D- -341,5 -0,0027

C- -1733,1 -0,0027

B- -1707,5 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1941,6 0,0000

C 2582,3 0,0675

D 1553,3 0,0675

E 1553,3 0,0859 Tabella 5.28 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18

F [K

N]

Spostamento [m]

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CAPITOLO 5 142

Grafico 5.7 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)

Per il lato corto sono stati utilizzati controventi a croce, nei quali sono state inserite due

cerniere plastiche alle estremità, e controventi a V rovescia, nei quali è stata inserita una

cerniera plastica al centro.

In questo caso è stato utile distinguere i controventi a croce da quelli a V rovescia per

facilitare la lettura della sequenza delle plasticizzazioni.

Cerniere plastiche assiali nei controventi a V rovescia

Sezione L [m] Legame cerniera Posizione cerniera

177,8x6 5,13 Tipo 7

al centro 219,1x8 10,97 Tipo 8

273x8 5,48 Tipo 9 Tabella 5.29 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano YZ

Tipo 7

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -112,0 -0,0199

D- -112,0 -0,0020

C- -430,5 -0,0020

B- -424,2 0,0000

A 0,0 0,0000

B 602,8 0,0000

C 801,7 0,0631

D 482,2 0,0631

E 482,2 0,0804 Tabella 5.30 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-2000

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10

F [K

N]

Spostamento [m]

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CAPITOLO 5 143

Grafico 5.8 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Tipo 8

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -86,5 -0,0128

D- -86,5 -0,0021

C- -439,2 -0,0021

B- -432,7 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1246,9 0,0000

C 1658,4 0,1350

D 997,5 0,1350

E 997,5 0,1718 Tabella 5.31 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-600

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10

F [K

N]

Spostamento [m]

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18 0,20

F [K

N]

Spostamento [m]

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CAPITOLO 5 144

Tipo 9

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -275,8 -0,0162

D- -275,8 -0,0027

C- -1399,6 -0,0027

B- -1378,9 0,0000

A 0,0 0,0000

B 1565,1 0,0000

C 2081,6 0,0675

D 1252,1 0,0675

E 1252,1 0,0859 Tabella 5.32 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico 5.10 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Cerniere plastiche assiali nei controventi a croce

Per le cerniere dei controventi a croce sono state inserite due cerniere a posizioni relative

all’interno dell’elemento di 0 e 1, ciascuna con proprietà di deformazione basate su una

lunghezza di cerniera assunta pari ad 1

2 della lunghezza dell’elemento.

In questo caso abbiamo deciso di esprimere il legame non come forza-deformazione ma

come STRESS-STRAIN per facilitare l’assegnazione nel programma SAP2000.

Sezione L [m] Legame cerniera Posizione cerniera

219,1x8 10,26 Tipo 10

alle due estremità

244,5x8

10,26 Tipo 11

10,61 Tipo 12

10,97 Tipo 13 Tabella 5.33 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano YZ

-2000

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

2500

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10

F [K

N]

Spostamento [m]

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CAPITOLO 5 145

Tipo 10

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -18271,6 -0,0013

D- -18271,6 -0,0002

C- -92728,5 -0,0002

B- -91358,2 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.34 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Grafico 5.11 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Tipo 11

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -21970,8 -0,0016

D- -21970,8 -0,0003

C- -111501,9 -0,0003

B- -109854,1 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.35 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020

σ [

KN

/m2 ]

ε [-]

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CAPITOLO 5 146

Grafico 5.12 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Tipo 12

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -20847,1 -0,0015

D- -20847,1 -0,0002

C- -105799,0 -0,0002

B- -104235,5 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.36 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Grafico 5.13 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020

σ [

KN

/m2 ]

ε [-]

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020

σ [

KN

/m2 ]

ε [-]

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CAPITOLO 5 147

Tipo 13

Punto σ (KN/m2) ε(-)

E- -19755,1 -0,0014

D- -19755,1 -0,0002

C- -100257,2 -0,0002

B- -98775,6 0,0000

A 0,0 0,0000

B 235000,0 0,0000

C 312550,0 0,0123

D 188000,0 0,0123

E 188000,0 0,0157 Tabella 5.37 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

Grafico 5.14 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE

-150000

-100000

-50000

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

-0,004 -0,002 0,000 0,002 0,004 0,006 0,008 0,010 0,012 0,014 0,016 0,018

σ [

KN

/m2

]

ε [-]

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CAPITOLO 5 148

5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali

E’ stato definito un solo tipo di cerniera flessionale poiché la struttura ha solo i telai interni

del lato lungo a nodi colonna-travi rigidi e le travi hanno tutte la stessa sezione e la stessa

lunghezza.

Le caratteristiche della sezione della trave sono mostrate nella finestra del SAP 2000:

Figura 5.27 - Proprietà della sezione della trave

Tipo 14

Figura 5.28 – Legame MOMENTO-ROTAZIONE

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CAPITOLO 5 149

5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali

Le cerniere plastiche presso-flessionali delle colonne sono state inserite con il comando

“AUTO” del SAP2000. In questo modo il programma prende tutti i parametri utili a definire

le cerniere plastiche direttamente dalle tabelle della FEMA-356.

Nelle seguenti figure è mostrata la procedura per l’inserimento delle cerniere plastiche

presso-flessionali di una colonna posizionata alla base della struttura (HE360M):

Figura 5.29 - Interazione P-M2-M3

Figura 5.30 - Numeri e valori di forze assiali e angoli

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CAPITOLO 5 150

Figura 5.31 - Legame Momento-Rotazione

Figura 5.32 - Definizione della curva di interazione P-M2-M3

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CAPITOLO 5 151

Con la stessa procedura sono state definite le cerniere plastiche delle restanti colonne

posizionate alla base e alla sommità di ciascuna colonna.

Sezione H [m] Legame cerniera

HE300B 4 Tipo 15

HE300M 3,5 Tipo 16

HE320A 3,5 Tipo 17

4 Tipo 18

HE320B 3,5 Tipo 19

HE340A 3,5 Tipo 20

HE340B 3,5 Tipo 21

HE360M 4 Tipo 22 Tabella 5.38 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche presso-flessionali

5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi I telai nel piano XZ sono stati realizzati con travi binate collegate alle colonne da nodi

incastro. Questa soluzione si è posta a seguito della decisione su come realizzare le

connessioni dei vari elementi strutturali nei nodi dove convergono contemporaneamente

colonna, travi binate, controventi. Per risolvere il suddetto problema le colonne vengono

fatte uscire dallo stabilimento già con i due monconi di trave saldati parallelamente sulle

due ali.

I nodi sono stati modellati attraverso i “modelli non lineari con zone pannello” descritti

nella FEMA-355F, in particolare è stato utilizzato il modello Scissor.

Figura 5.32 - Modello Scissor [4]

Le proprietà del modello Scissor sono determinate da quelle trovate per il modello

Krawinkler.

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CAPITOLO 5 152

Le proprietà delle molle nel modello Krawinkler sono facilmente calcolate in termini di

proprietà fisiche.

Figura 5.33 - Definizione della zona pannello [4]

Il momento nella molla è uguale al taglio del pannello per l'altezza del pannello e la

rotazione è uguale alla deformazione di taglio nel pannello diviso l'altezza del pannello.

Quindi:

𝑀𝑦,𝐾 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = (0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡) ∙ 𝑑𝑏

𝜃𝑦,𝐾 =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏

𝐺 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡∙ (

1

𝑑𝑏

) =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏

𝐺 ∙ ∇𝑃

= 0,55 ∙𝐹𝑦

𝐺

dove:

db = profondità della trave

dc = profondità della colonna

t = spessore della zona pannello

G = modulo di taglio

Fy = tensione di snervamento

∇𝑃= 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏 = volume del pannello

Una volta determinati il momento e la rotazione di snervamento del pannello è possibile

determinare la rigidezza iniziale della molla rotazionale:

𝐾𝑦,𝐾 =𝑀𝑦,𝐾

𝜃𝑦,𝐾

Dal modello Krawinkler si passa a quello Scissor tramite i termini α e β che rappresentano

rispettivamente i rapporti tra l'effettiva profondità della colonna sulla lunghezza della

campata, e l'effettiva profondità della trave sull'altezza della colonna.

Page 199: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 5 153

Figura 5.34 - Tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave [5]

Momento e rigidezza di snervamento:

𝑀𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)

𝐾𝑦,𝑆 =𝐾𝑦,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)2

Per la rigidezza post-snervamento si utilizza una rigidezza pari a 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆 con 𝛿 = 0,06.

𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 = 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆

Rotazione di snervamento:

𝜃𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝑆

𝐾𝑦,𝑆

Rotazione ultima:

𝜃𝑢,𝑆 = 4𝜃𝑦,𝑆

Momento ultimo:

𝑀𝑢,𝑆 = 𝑀𝑦,𝑆 + 𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 ∙ (𝜃𝑢,𝑆 − 𝜃𝑦,𝑆)

Page 200: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 5 154

Le proprietà, necessarie per definire le zone pannello, che sono state assegnate ai nodi nei

telai nel piano XZ sono riassunte in tabella:

Nodo 𝑴𝒚,𝑲 𝜽𝒚,𝑲 𝑲𝒚,𝑲 𝑴𝒚,𝑺 𝑲𝒚,𝑺 𝑲𝒊𝒏𝒄𝒓.,𝑺 𝜽𝒚,𝑺 𝜽𝒖,𝑺 𝑴𝒖,𝑺

[KNm] [-] [KNm] [KNm] [KNm] [KNm] [-] [-] [KNm]

Tipo 1 257,73 0,00254 101565 299,69 137324 8239 0,00218 0,00873 353,63

Tipo 2 821,20 0,00322 255297 969,16 355580 21335 0,00273 0,01090 1143,61

Tipo 3 318,65 0,00254 125571 379,17 177802 10668 0,00213 0,00853 447,42

Tipo 4 557,63 0,00254 219749 663,55 311154 18669 0,00213 0,00853 782,99

Tipo 5 189,67 0,00197 96486 225,33 136187 8171 0,00165 0,00662 265,90 Tabella 5.39 - Proprietà necessarie per definire le molle rotazionali delle zone pannello

Tipo 1

M [KN m] θ [-]

0 0

299,69 0,00218

353,63 0,00873 Tabella 5.40 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Grafico 5.15 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Tipo 2

M [KN m] θ [-]

0 0

969,16 0,00273

1143,61 0,01090 Tabella 5.41 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

0

50

100

150

200

250

300

350

400

0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01

M [

KN

m]

θ [-]

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CAPITOLO 5 155

Grafico 5.16 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Tipo 3

M [KN m] θ [-]

0 0

379,17 0,00213

447,42 0,00853 Tabella 5.42 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Grafico 5.17 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Tipo 4

M [KN m] θ [-]

0 0

663,55 0,00213

782,99 0,00853 Tabella 5.43 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

0

200

400

600

800

1000

1200

0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 0,012

M [

KN

m]

θ [-]

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01

M [

KN

m]

θ [-]

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CAPITOLO 5 156

Grafico 5.18 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Tipo 5

M [KN m] θ [-]

0 0

225,33 0,00165

265,90 0,00662 Tabella 5.44 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Grafico 5.19 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01

M [

KN

m]

θ [-]

0

50

100

150

200

250

300

0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007

M [

KN

m]

θ [-]

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CAPITOLO 5 157

5.6 - BIBLIOGRAFIA

[4] FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of

Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F,

Washington D.C., Semptember 2000.

[5] Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc.,

U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting

frames”, Amsterdam June 3-4, 2004.

[18] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.

[23] Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un

edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”, Anno Accademico 2009-2010.

[24] Computers and Structures, Inc. (2010), “SAP2000® Help, Linear and Nonlinear Static

and Dynamic Analysis and Design of Three Dimensional Structures ”, Berkeley, California

(USA), 2010.

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CAPITOLO 6 158

6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE

6.1 - IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI

L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:

Si imposta un primo “load case”, che chiamiamo “push-v” ,di analisi non lineare a

“Load control” per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio, il

carico permanente strutturale e non, il carico antropico, il carico dovuto alle

tamponature e ai tramezzi.

Figura 6.1 - Analisi non lineare push-v.

Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato “pushover”, che avrà

come base di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale

appositamente definito. Questo caso sarà a “displacement control”.

Figura 6.2 - Analisi non lineare pushover.

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CAPITOLO 6 159

Figura 6.3 - Tendina definizione dell’applicazione del carico

Figura 6.4 - Tendina definizione dei risultati salvati

Figura 6.5 - Tendina definizione dei parametri non lineari

Page 206: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 160

La definizione dei risultati salvati e dei parametri non lineari è dipesa da varie ragioni:

Minore approssimazione nel calcolo

Maggiore accuratezza nel tracciamento della curva pushover

Problemi di convergenza della soluzione a ciascun step

Tempo di calcolo non eccessivo (< 3 ore)

6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE

Bisogna scegliere i modi di vibrare significativi nelle due direzioni X e Y utili per la

definizione della distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata di un

modo di vibrare.

Per fare questo si considerano i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi

modale della struttura.

Massa modale partecipante

Modo di vibrare Periodo Direzione X Direzione Y

[s] [%] [%]

I Modo Principale (dir.Y) 1,062 0 55

I Modo Principale (dir.X) 0,805 59 0

II Modo Principale (dir.Y) 0,423 0 30

II Modo Principale (dir.X) 0,363 29 0

III Modo Principale (dir.Y) 0,205 0 9

Massa modale partecipante cumulata 88 94 Tabella 6.1 - Valori di partecipazione di massa ottenuti con SAP2000

Grafico 6.1 – Modi principali di vibrare nella direzione X e Y

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0

Se [

g]

T [s]

Sp.elastico

I MODO dir.Y

II MODO dir.Y

III MODO dir.Y

I MODO dir.X

II MODO dir.X

Mx = 29%

Mx = 59%

My = 9%My = 30%

My = 55%

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CAPITOLO 6 161

Per la struttura in esame si svolgono le seguenti analisi pushover:

1. con distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione

uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione.

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖

𝑀𝑡𝑜𝑡

PIANO MASSA Mi / Mtot F

[n°] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,03 2,63

8 5729,35 0,07 6,85

7 5727,37 0,07 6,84

6 5769,82 0,07 6,89

5 5777,98 0,07 6,90

4 5794,44 0,07 6,92

3 17507,763 0,21 20,92

2 17596,97 0,21 21,03

1 17591,16 0,21 21,02

tot 83693,70 1,00 100,00 Tabella 6.2 - Distribuzione delle forze

2. con distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata del I modo

principale di vibrare nella direzione considerata.

Questa distribuzione è possibile secondo le NTC-08 solo se il modo di vibrare

principale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al

75%, i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi modale della struttura

non confortano.

per la direzione X si ha:

𝑀𝑃(𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,59 = 59% < 75%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0075 1,000 2198,85 0,07 7,25

8 5729,35 0,0070 0,923 5289,51 0,17 17,44

7 5727,37 0,0063 0,831 4762,03 0,16 15,70

6 5769,82 0,0054 0,717 4135,97 0,14 13,64

5 5777,98 0,0044 0,584 3374,39 0,11 11,12

4 5794,44 0,0034 0,447 2588,99 0,09 8,54

3 17507,76 0,0019 0,250 4376,36 0,14 14,43

2 17596,97 0,0010 0,139 2440,06 0,08 8,04

1 17591,16 0,0005 0,066 1165,89 0,04 3,84

tot 83693,70 30332,05 1,00 100,00 Tabella 6.3 - Distribuzione delle forze (I modo)

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CAPITOLO 6 162

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 1,627

4883,44

3959,40

2964,78

1970,67 1156,77

1093,94

338,35

77,27

18643,48

Tabella 6.4 - Coefficiente di partecipazione modale (I modo)

per la direzione Y si ha:

𝑀𝑃(𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,55 = 55% < 75%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0082 1,000 2198,85 0,08 8,21

8 5729,35 0,0073 0,888 5086,70 0,19 19,00

7 5727,37 0,0063 0,767 4391,54 0,16 16,41

6 5769,82 0,0052 0,632 3646,06 0,14 13,62

5 5777,98 0,0041 0,504 2910,83 0,11 10,87

4 5794,44 0,0029 0,358 2073,48 0,08 7,75

3 17507,76 0,0018 0,218 3825,15 0,14 14,29

2 17596,97 0,0009 0,114 2003,85 0,07 7,49

1 17591,16 0,0003 0,036 630,55 0,02 2,36

tot 83693,70 26767,02 1,00 100,00 Tabella 6.5 - Distribuzione delle forze (I modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

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CAPITOLO 6 163

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 1,707

4516,14

3367,28

2304,01

1466,42 741,97

835,73

228,19

22,60

15681,19

Tabella 6.6 - Coefficiente di partecipazione modale (I modo)

3. con distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata dei modi di

vibrare principali (MPA).

In questo caso, essendo la struttura irregolare in altezza, è stato necessario

considerare gli effetti dei modi di vibrare superiori. Il tipo di analisi utilizzata per

risolvere questo problema è la MPA (Analisi Modale Pushover, Chopra e Goel

[2001]), che consiste nel condurre tante analisi Pushover quanti sono i modi di

vibrare significativi utilizzando profili delle forze laterali diversi, che rappresentino

la risposta della struttura relativa a quel modo.

Le diverse curve di capacità così ottenute vengono trasformate in quelle dei sistemi

SDOF equivalenti e successivamente idealizzate rendendole bilineari. Vengono

quindi valutate separatamente le richieste in termini di deformazioni spettanti ad

ognuno dei sistemi SDOF ed infine combinate con il metodo SRSS.

Per la struttura in esame si sono scelte le seguenti distribuzioni di forze

nella direzione X:

i. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del I modo principale di vibrare in direzione X.

Tale caso è stato già trattato al punto 2 di questo elenco.

ii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale di vibrare in direzione X.

𝑀𝑃(𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,29 = 29%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

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CAPITOLO 6 164

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0070 1,000 2198,85 0,09 9,48

8 5729,35 0,0043 0,612 3505,42 0,15 15,11

7 5727,37 0,0023 0,332 1899,00 0,08 8,18

6 5769,82 -0,0002 -0,022 -129,80 -0,01 -0,56

5 5777,98 -0,0022 -0,318 -1838,79 -0,08 -7,92

4 5794,44 -0,0036 -0,514 -2980,66 -0,13 -12,85

3 17507,76 -0,0050 -0,715 -12523,11 -0,54 -53,97

2 17596,97 -0,0035 -0,508 -8938,42 -0,39 -38,52

1 17591,16 -0,0017 -0,250 -4395,90 -0,19 -18,95

tot 83693,70 23203,40 1,00 100,00 Tabella 6.7 - Distribuzione delle forze (II modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 1,070

2144,74

629,64

2,92

585,18 1533,25

8957,64

4540,29

1098,50

21691,02

Tabella 6.8 - Coefficiente di partecipazione modale (II modo)

nella direzione Y:

i. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del I modo principale di vibrare in direzione Y.

Tale caso è stato già trattato al punto 2 di questo elenco.

ii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale di vibrare in direzione Y.

𝑀𝑃(𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,30 = 30%

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CAPITOLO 6 165

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F

[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0063 1,000 2198,85 0,08 8,39

8 5729,35 0,0042 0,676 3873,31 0,15 14,77

7 5727,37 0,0018 0,291 1665,83 0,06 6,35

6 5769,82 -0,0004 -0,056 -325,67 -0,01 -1,24

5 5777,98 -0,0024 -0,386 -2228,41 -0,08 -8,50

4 5794,44 -0,0037 -0,598 -3467,95 -0,13 -13,23

3 17507,76 -0,0054 -0,862 -15097,44 -0,58 -57,58

2 17596,97 -0,0034 -0,539 -9487,85 -0,36 -36,19

1 17591,16 -0,0012 -0,190 -3350,03 -0,13 -12,78

tot 83693,70 26219,35 1,00 100,00 Tabella 6.9 - Distribuzione delle forze (II modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

2198,85 0,970

2618,54

484,51

18,38

859,44 2075,56

13018,94

5115,61

637,97

27027,81

Tabella 6.10 - Coefficiente di partecipazione modale (II modo)

iii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale di vibrare in direzione Y.

𝑀𝑃(𝐼𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,09 = 9%

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

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CAPITOLO 6 166

PIANO MASSA U [m] φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F [KN]

n° [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]

9 2198,85 0,0009 -0,164 -361,52 -0,02 -2,18

8 5729,35 0,0002 -0,031 -176,88 -0,01 -1,07

7 5727,37 -0,0018 0,333 1908,43 0,12 11,52

6 5769,82 0,0000 0,002 11,59 0,00 0,07

5 5777,98 0,0005 -0,089 -516,16 -0,03 -3,12

4 5794,44 0,0008 -0,151 -877,53 -0,05 -5,30

3 17507,76 0,0040 -0,725 -12700,64 -0,77 -76,70

2 17596,97 -0,0055 1,000 17596,97 1,06 106,27

1 17591,16 -0,0036 0,664 11674,95 0,71 70,50

tot 83693,70 16559,21 1,00 100,00 Tabella 6.11 - Distribuzione delle forze (III modo)

Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:

𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖

∑ 𝑀𝑖φ𝑖2

Mi * φ^2 Γ

[KNs2/m] [-]

59,44 0,467

5,46

635,91

0,02

46,11 132,90

9213,42

17596,97

7748,46

35438,69

Tabella 6.12 - Coefficiente di partecipazione modale (III modo)

Le distribuzioni sopra elencate sono di tipo invariante.

Le analisi con le prime due distribuzioni conducono a valutazioni della risposta della

struttura approssimate sebbene tale approssimazione sia ancora buona per strutture basse o

medio alte in cui gli effetti dei modi alti sono probabilmente minimi e la plasticizzazione

ben distribuita in altezza.

L’analisi MPA conduce a valutazioni della risposta della struttura migliori poiché

l’irregolarità in altezza della struttura provoca una risposta dinamica caratterizzata non da

un unico modo di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le

strutture regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale della

massa totale.

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CAPITOLO 6 167

Le analisi sopra elencate saranno svolte per la stessa struttura senza e con gli effetti P-Δ. Per

ogni analisi si troveranno tramite il metodo N2 i performance points della struttura per lo

stato limite di collasso (SLC).

Adesso è possibile rappresentare tutte le distribuzioni di forze ottenute.

DIREZIONE X:

Figura 6.6 - Vista XZ della struttura ospedaliera

Grafico 6.2 - Distribuzioni di forze convenzionali in direzione X

0

5

10

15

20

25

30

35

0 5 10 15 20 25

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale alle masse(UNIFORME)

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse X

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CAPITOLO 6 168

Grafico 6.3 - Distribuzioni di forze per la MPA in direzione X

DIREZIONE Y:

Figura 6.7 - Vista YZ della struttura ospedaliera

0

5

10

15

20

25

30

35

-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del I modo divibrare lungo l'asse X

Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del II modo divibrare lungo l'asse X

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CAPITOLO 6 169

Grafico 6.4 - Distribuzioni di forze convenzionali in direzione Y

Grafico 6.5 - Distribuzioni di forze per la MPA in direzione Y

0

5

10

15

20

25

30

35

0 5 10 15 20 25

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale alle masse(UNIFORME)

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse Y

0

5

10

15

20

25

30

35

-100,00 -50,00 0,00 50,00 100,00 150,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse Y

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel II modo di vibrare lungol'asse Y

Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel III modo di vibrare lungol'asse Y

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CAPITOLO 6 170

In tutte le distribuzioni di forze si ha una forte discontinuità nel passaggio dal terzo al quarto

piano dovuta soprattutto ad una grande variazione di massa di piano proprio a questa altezza

della struttura ospedaliera (irregolarità in altezza).

Infatti si riscontra tale distribuzione delle masse di piano:

PIANO MASSA

[n°] [KN s2/m]

9 2198,85

8 5729,352

7 5727,372

6 5769,818

5 5777,984

4 5794,435

3 17507,763

2 17596,97

1 17591,16 Tabella 6.13 – Valori della massa per ciascun piano

Grafico 6.6 – Masse di piano

I profili di carico proporzionali al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare

non dipendono solo dalla distribuzione in altezza delle masse ma anche dalla forma del

modo considerato, infatti i modi superiori al I modo principale di vibrare risultano

importanti ai piani bassi e alti della struttura.

0,00

2000,00

4000,00

6000,00

8000,00

10000,00

12000,00

14000,00

16000,00

18000,00

20000,00

1° piano

2° piano

3° piano

4° piano

5° piano

6° piano

7° piano

8° piano

9° piano

Mp

ian

o[K

N s

2/m

]

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CAPITOLO 6 171

6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico 6.7 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura

una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello

spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei

valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico 6.8 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

0

2

4

6

8

10

12

0 10 20 30 40 50

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

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CAPITOLO 6 172

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico 6.9 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

F∗bu) 𝑘∗ =

0,60 F∗bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione F*y individuato

uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari

ad 1.

F*bu 0,6F*bu d*c (0,6 F*bu) K* F*u d*u(F*u)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [m]

204655,2 122793,1 0,0506 2426835,5 204655,2 0,3145

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

190484,880 0,0785 0,3145 83693,70 1,167 Tabella 6.14 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (MDOF)

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CAPITOLO 6 173

Grafico 6.10 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* > TC

T* = 1,167 s

Se (T*) = 4,213 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*

F*y / m* = 2,276 m / s2

Figura 6.8 - Calcolo della domanda

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,10 0,20 0,30 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (SDOF)

C. di capacità bilineare(SDOF)

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CAPITOLO 6 174

Grafico 6.11 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,167 4,213 14,530 Tabella 6.15 - Performance Point per il sistema a un SDOF

E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il

fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del

periodo T relazionato al periodo TC :

𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)

𝑇

𝑇𝐶

𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶

𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶

Figura 6.9 - Fattore di riduzione

Nel caso in esame si ha:

𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥

𝑑𝑦∗

= 1,85

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.

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CAPITOLO 6 175

Lo spettro anelastico sarà quindi:

𝑆𝑎 =𝑆𝑒

𝑅𝜇

= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒

𝑅𝜇

= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

Grafico 6.12 - Curva di Domanda Anelastica

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

14,5301 1 14,5301

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.13 - Curva di Capacità e Performance Point

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB

TC

TD

Sp. Anelastico

TB anelastico

TC anelastico

TD anelastico

C.di Capacità

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,10 0,20 0,30 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (MDOF)

P.P.

dmax

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CAPITOLO 6 176

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

183940 0,14530 Tabella 6.16 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

1. Dati: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: si omette essendo lo

stesso del paragrafo 6.2.1.1.1

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico 6.14 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

F∗bu ) 𝑘∗ =

0,60 F∗bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (MDOF)

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Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 177

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari

ad 1.

F*bu 0,6F*bu d*c (0,6 F*bu) K* F*u d*u(F*u)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [m]

170789,5 102473,7 0,0718 1427575,5 170789,5 0,2596

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

157169,85 0,1101 0,2596 83693,70 1,521 Tabella 6.17 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

Grafico 6.15 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* > TC

T* = 1,521 s

Se (T*) = 3,231 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*

F*y / m* = 1,878 m / s2

Figura 6.10 - Calcolo della domanda

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (SDOF)

C. di capacità bilineare(SDOF)

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CAPITOLO 6 178

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico 6.16 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,521 3,231 18,945 Tabella 6.18 - Performance Point per il sistema a un SDOF

E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il

fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del

periodo T relazionato al periodo TC :

𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)

𝑇

𝑇𝐶

𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶

𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶

Figura 6.11 - Fattore di riduzione

Nel caso in esame si ha:

𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥

𝑑𝑦∗

= 1,72

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

T*

Sp. Anelastico

C. di capacità

P.P.

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_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 179

Lo spettro anelastico sarà quindi:

𝑆𝑎 =𝑆𝑒

𝑅𝜇

= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒

𝑅𝜇

= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜

Grafico 6.17 - Curva di Domanda Anelastica

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

18,945 1 18,945

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico 6.18 - Curva di Capacità e Performance Point

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Sp. Anelastico

TB anelastico

TC anelastico

TD anelastico

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (MDOF)

P.P.

dmax

Page 226: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 180

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

160197,2 0,18945 Tabella 6.19 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC

6.2.1.2.1 - Direzione X

Grafico 6.19 - Curva di Capacità e Performance Point

Grafico 6.20 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

220000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

P.P. (nodi semi-rigidi)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6

Pia

no

U1 / Htot [%]

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Pia

no

Drift [%]

Page 227: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 181

6.2.1.2.1 - Direzione Y

Grafico 6.21 - Curva di Capacità e Performance Point

Grafico 6.22 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

P.P. (nodi semi-rigidi)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6

Pia

no

U2 / Htot [%]

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5

Pia

no

Drift [%]

Page 228: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 182

6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del I modo principale di vibrare

6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.23 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,987 4,982 12,287 Tabella 6.20 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.24 - Curva di Capacità e Performance Point

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

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CAPITOLO 6 183

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

99612,1 0,1999 Tabella 6.21 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.25 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,208 4,069 15,045 Tabella 6.22 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.26 - Curva di Capacità e Performance Point

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,10 0,20 0,30 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità(MDOF)

P.P.

dmax

Page 230: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 184

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

100953,3 0,25681 Tabella 6.23 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti e drift di piano allo SLC

6.2.2.2.1 - Direzione X

Grafico 6.27 - Curva di Capacità e Performance Point

Grafico 6.28 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40 0,45

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

P.P. (nodi semi-rigidi)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7

Pia

no

U1 / Htot [%]

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8

Pia

no

Drift [%]

Page 231: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 185

6.2.2.2.2 - Direzione Y

Grafico 6.29 - Curva di Capacità e Performance Point

Grafico 6.30 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

P.P. (nodi semi-rigidi)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8

Pia

no

U2 / Htot [%]

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4

Pia

no

Drift [%]

Page 232: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 186

6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata dei modi principali di vibrare (MPA)

6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.1.1 e si riportano soltanto i

risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una maggiore snellezza

dell’elaborato.

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,467 9,233 5,095 5,346 Tabella 6.24 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

138192,6 0,05719 Tabella 6.25 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una

combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%

da tutti gli altri.

T [s] ΔT [%]

I modo 0,805 54,9

II modo 0,363 Tabella 6.26 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%

I modo (SLC) II modo (SLC) SRSS (SLC)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

19,99 5,72 20,79 Tabella 6.27 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.1.2.

Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si

riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una

maggiore snellezza dell’elaborato.

Page 233: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 187

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del II modo principale si ha:

si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,243 9,233 1,383 2,159 Tabella 6.28 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

129487,2 0,02095 Tabella 6.29 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)

Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la

deformata del III modo principale si ha:

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦

𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥

∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗

T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]

0,148 8,317 0,461 0,461 Tabella 6.30 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

88537,14 0,00215 Tabella 6.31 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)

Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una

combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%

da tutti gli altri.

T [s] ΔT [%]

I modo 1,062 60,2

II modo 0,423 51,5

III modo 0,205 Tabella 6.32 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%

I modo (SLC) II modo (SLC) III modo (SLC) SRSS (SLC)

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

25,681 2,095 0,215 25,768 Tabella 6.33 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS

Page 234: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 188

6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ

6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC

6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.31 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

CASO 1 (P-Δ) 1,141 4,308 14,212

CASO 2 (P-Δ) 0,930 5,286 11,580 Tabella 6.34 - Performance Point per il sistema a un SDOF

Grafico 6.32 - Curva di Capacità e Performance Point

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

S [m

/s2 ]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C.di capacità (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

200000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25

Tb [

KN

]

dc [m]

C.di capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C.di Capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

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CAPITOLO 6 189

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

CASO 1 (P-Δ) 178294,4 0,14212

CASO 2 (P-Δ) 94296,3 0,18841 Tabella 6.35 - Performance Point per il sistema a MDOF

6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y

Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette

la trattazione completa e si riassumono i risultati:

Grafico 6.33 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

Non è possibile trovare il performance point allo SLC per il sistema equivalente SDOF sia

per il CASO 1 che per il CASO 2.

Per tale motivo si interrompe il metodo senza passare al sistema MDOF.

6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI

Al termine di questo lavoro i risultati ottenuti sono molteplici e potrebbe essere dispersivo e

confuso mostrarli tutti. Si è pensato quindi di mostrare solo quelli più significativi e meno

ridondanti, in particolare mi sono concentrato su questi punti:

L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e

quindi sul performance point allo SLC;

L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e

a nodi semi-rigidi;

L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei

modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi;

Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due

analisi;

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

S [m

/s2]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

T* (CASO 1)

Sp. Anelastico (CASO 1)

C. di capacità (CASO 1)

T* (CASO 2)

Sp. Anelastico (CASO 2)

C.di Capacità (CASO 2)

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CAPITOLO 6 190

Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti

livelli di deformazione;

L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato

limite.

6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi

sul performance point allo SLC

Nei grafici inseriti sotto è mostrata l’influenza del profilo di carico applicato sulla curva di

capacità e quindi sulla domanda allo stato limite di collasso.

Grafico 6.34 - Distribuzioni delle forze con relative risultanti nella direzione X

Grafico 6.35 - Performance Point per lo stato limite di collasso nella direzione X

0

5

10

15

20

25

30

35

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Distribuzione delle forze(CASO 1)

Risultante delle forze(CASO 1)

Distribuzione delle forze(CASO 2)

Risultante delle forze(CASO 2)

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C.di Capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C.di Capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

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CAPITOLO 6 191

Grafico 6.36 - Distribuzioni delle forze con relative risultanti nella direzione Y

Grafico 6.37 - Performance Point per lo stato limite di collasso nella direzione Y

Si osserva che la curva forza-spostamento, la quale descrive la risposta globale dell’edificio

è funzione del punto di applicazione della risultante delle forze applicate e della

distribuzione delle rigidezze in altezza. Alla distribuzione uniforme corrisponde il punto di

applicazione più basso, quindi investe maggiormente la parte più rigida della struttura che

risponde con una maggiore resistenza e un minore spostamento allo SLC. La risultante della

0

5

10

15

20

25

30

35

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Distribuzione delle forze(CASO 1)

Risultante delle forze(CASO 1)

Distribuzione delle forze(CASO 2)

Risultante delle forze(CASO 2)

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C.di Capacità (CASO 1)

P.P. (CASO 1)

C.di Capacità (CASO 2)

P.P. (CASO 2)

Page 238: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 192

distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del I modo principale è

applicata in un punto più alto rispetto a quella della distribuzione uniforme, quindi investe

maggiormente la parte meno rigida della struttura che presenta di contro minore resistenza e

maggiore spostamento allo SLC. La struttura risulta avere un comportamento più rigido nel

caso di distribuzione uniforme.

Dall’analisi con distribuzione proporzionale al modo fondamentale si nota che nella

struttura, in corrispondenza del collasso strutturale, si forma un meccanismo di piano debole

al 4° piano:

Figura 6.12 - Meccanismo di piano debole al 4° piano della struttura

6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a

nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2

Grafico 6.38 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 1 in direzione X

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25

Tb [

KN

]

dc [m]

lineare (nodi rigidi)

pseudo-lineare (nodi rigidi)

softening (nodi rigidi)

lineare (nodi semi-rigidi)

pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)

softening (nodi semi-rigidi)

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CAPITOLO 6 193

Grafico 6.39 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 1 in direzione Y

Grafico 6.40 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 2 in direzione X

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

140000

160000

180000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20

Tb [

KN

]

dc [m]

lineare (nodi rigidi)

pseudo-lineare (nodi rigidi)

softening (nodi rigidi)

lineare (nodi semi-rigidi)

pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)

softening (nodi semi-rigidi)

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25

Tb [

KN

]

dc [m]

lineare (nodi rigidi)

pseudo-lineare (nodi rigidi)

softening (nodi rigidi)

lineare (nodi semi-rigidi)

pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)

softening (nodi semi-rigidi)

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CAPITOLO 6 194

Grafico 6.41 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 2 in direzione Y

La non linearità geometrica della risposta strutturale causa una variazione degli spostamenti

non proporzionale ai carichi. Considerando gli effetti P-Δ nell’analisi non lineare statica si

tiene conto di tale non linearità e la curva di capacità che si ottiene muta rispetto a quella

ottenuta da una analisi non lineare statica senza effetti P-Δ. In particolare confrontando i due

modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si può notare come:

il tratto LINEARE e PSEUDO LINEARE delle curve non subiscono variazioni

significative;

il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi in direzione X

possiede una pendenza minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale

della struttura;

il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi in direzione Y

non subisce variazioni significative, a conferma della bontà della modellazione.

I cambiamenti sopra menzionati della curva di capacità sono prodotti dal momento dovuto

all’effetto P-. Questo momento, causato dall’interazione dell’azione assiale con lo

spostamento relativo fra i due estremi dell’elemento, riduce la resistenza ultima degli

elementi snelli compressi. Questo fenomeno è così pronunciato a causa della formazione di

cerniere plastiche nelle colonne, infatti le cerniere comportano nelle colonne effetti P-

maggiori.

In conclusione si osserva che la deformabilità dei pannelli riduce la rigidezza laterale del

telaio e quindi aumenta gli spostamenti quando la struttura è sollecitata da forze orizzontali.

L’incremento di tali spostamenti aumenta la sensibilità della struttura agli effetti del

secondo ordine, per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello nella

modellazione.

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30

Tb [

KN

]

dc [m]

lineare (nodi rigidi)

pseudo-lineare (nodi rigidi)

softening (nodi rigidi)

lineare (nodi semi-rigidi)

pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)

softening (nodi semi-rigidi)

Page 241: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 195

6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei

modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi

E’ evidente e logico che l’uso di tecniche pushover multimodali (MPA) dovrebbe produrre

stime generalmente migliori di drift di interpiano rispetto ad un’analisi pushover con un solo

vettore di carico. Anche se i modi superiori tipicamente contribuiscono poco allo

spostamento, le analisi pushover multimodali possono essere utili per identificare i casi in

cui le risposte in spostamento sono dominate da un modo superiore.

Chopra e Goel (2001b) hanno trovato che l’MPA originale fornisce buone stime di

spostamento di piano e di drift di interpiano per un edificio a telaio in acciaio resistente a

momento di nove piani.

Chintanapakdee e Chopra (2003) hanno applicato la procedura MPA per la stima dei drift di

interpiano per telai a 3, 6, 9, 12, 15, e 18 piani. Hanno scoperto che la precisione delle stime

del drift di interpiano dipendono dal livello di piano e dal grado di inelasticità. La precisione

era migliore per bassi edifici e per i piani inferiori e medi di edifici più alti. Per i piani

superiori di telai alti, la procedura MPA non è stata in grado di fornire una stima

ragionevole dei drift di interpiano per i diversi terremoti.

La MPA si configura come una procedura fra le più accurate per la valutazione della

domanda sismica di strutture deformabili a comportamento debolmente non-lineare. Per tale

motivo si rappresentano i profili degli spostamenti di piano e drifts di interpiano della

struttura sottoposta ad un terremoto di modesta intensità, ovvero allo SLO, perché ci si

aspetta che il cimento della struttura in campo plastico sia limitato.

Grafico 6.42 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione X

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2

Pia

no

U1 / Htot [%]

MPA

Modo Fondamentale

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4

Pia

no

Drift [%]

MPA

Modo Fondamentale

Page 242: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 196

Grafico 6.43 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO per il modello a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi in

direzione X

Grafico 6.44 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione Y

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2

Pia

no

U1 / Htot [%]

MPA nodi semi-rigidi

MPA nodi rigidi

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

MPA nodi semi-rigidi

MPA nodi rigidi

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3

Pia

no

U2 / Htot [%]

MPA

Modo Fondamentale

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

MPA

Modo Fondamentale

Page 243: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 197

Grafico 6.45 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO per il modello a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi in

direzione Y

Scaturiscono le seguenti osservazioni:

il contributo dei modi superiori è importante in termini di spostamenti di piano e

drifts di interpiano correggendo quelli ottenuti con un solo modo soprattutto ai piani

bassi e alti della struttura;

le due analisi MPA non si discostano molto tra loro, ciò dimostra che la modellazione

a nodi semi-rigidi è poco influente su una struttura con un cimento in campo plastico

limitato;

6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due

analisi

Nell’eseguire un’analisi statica non lineare, la scelta del profilo di carico costituisce un

aspetto fondamentale, in grado di influenzare significativamente l’accuratezza dei risultati

ottenibili.

In ambito normativo i più recenti codici prevedono di valutare la risposta attraverso

l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi, fornendo per ciascuna di esse, un gruppo di

profili di carico fra i quali scegliere la coppia più idonea per la struttura in oggetto. Il primo

gruppo, detto delle distribuzioni principali, è formato da profili di carico definiti a partire

dalle proprietà dinamiche della struttura a comportamento lineare, e il suo impiego si pone

l’obiettivo di riprodurre la risposta per effetto di terremoti di modesta intensità. In tali

condizioni, il cimento della struttura in campo plastico è limitato, e le variazioni delle

caratteristiche di rigidezza modificano soltanto parzialmente le proprietà dinamiche e la

forma dei modi propri di vibrare associati alla matrice di rigidezza tangente della struttura.

Ne consegue che, durante l’evento sismico, la distribuzione delle forze di inerzia e

dissipative lungo l’altezza si discosta poco da quella prevista attraverso lo studio delle

risposta elastica. Il secondo gruppo, contenente le distribuzioni secondarie, è formato da

profili di carico finalizzati a tenere in conto il profondo modificarsi delle caratteristiche

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3

Pia

no

U2 / Htot [%]

MPA

MPA nodi rigidi

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

MPA

MPA nodi rigidi

Page 244: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

CAPITOLO 6 198

della struttura in presenza di diffuse deformazioni plastiche. La radicale variazione del

profilo degli spostamenti esibiti lungo l’altezza richiede una conseguente modifica della

distribuzione delle azioni che, agendo staticamente, tentano di riprodurre tale

comportamento.

Per il primo gruppo si considera l’analisi MPA vista la sua superiorità rispetto a quella con

un solo vettore di carico, mentre per il secondo gruppo si considera l’analisi con

distribuzione uniforme invece di quella con distribuzione adattiva. L’impiego di procedure

adattive, anche se in un gran numero di casi consente di ottenere stime della risposta più

accurate di quelle ottenibili con profili invarianti, spesso non fornisce risultati conservativi,

come è invece assicurato dall’impiego della distribuzione uniforme insieme ad una

distribuzione principale. D’altro canto, l’impiego della distribuzione uniforme, nella

maggioranza dei casi risulta eccessivamente penalizzante, conducendo ad una stima

fortemente cautelativa degli spostamenti dei piani inferiori.

I risultati sono espressi in termini di spostamento di piano e drift di interpiano sia per un

terremoto di modesta intensità (allo SLO), tale da produrre un cimento della struttura in

campo plastico limitato, che per un terremoto di grande intensità (allo SLC), tale da

produrre un cimento della struttura in campo plastico elevato.

Grafico 6.46 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione X

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2

Pia

no

U1 / Htot [%]

MPA

UNIFORME

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

MPA

UNIFORME

Page 245: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 199

Grafico 6.47 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione Y

Grafico 6.48 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione X

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3

Pia

no

U2 / Htot [%]

MPA

UNIFORME

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,1 0,2 0,3 0,4

Pia

no

Drift [%]

MPA

UNIFORME

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1

Pia

no

U1 / Htot [%]

UNIFORME

MPA

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5 2

Pia

no

Drift [%]

UNIFORME

MPA

Page 246: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 200

Grafico 6.49 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione Y

Scaturiscono le seguenti osservazioni:

per un terremoto di modesta intensità (allo SLO) l’analisi MPA risulta più cautelativa

e probabilmente anche più accurata visto che il cimento della struttura in campo

plastico è limitato;

per un terremoto di grande intensità (allo SLC) l’analisi con distribuzione uniforme

risulta più cautelativa ai piani inferiori ed è finalizzata a tenere in conto il profondo

modificarsi delle caratteristiche della struttura in presenza di diffuse deformazioni

plastiche.

6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti

livelli di deformazione

La progressiva deformazione degli elementi strutturali comporta una riduzione della

rigidezza globale del sistema, e quindi può indurre, in funzione delle caratteristiche dello

spettro considerato una significativa alterazione del comportamento della struttura. Nel caso

in esame, con l’utilizzo di un profilo di carico invariante (CASO 1), si nota che al crescere

del livello di deformazione la struttura subisce un incremento degli spostamenti di piano e

dei drift di interpiano a dimostrazione del maggiore cimento in campo plastico della

struttura.

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8

Pia

no

U2 / Htot [%]

UNIFORME

MPA

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5

Pia

no

Drift [%]

UNIFORME

MPA

Page 247: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 201

Grafico 6.50 - Curva di Capacità per il CASO 1 in direzione X

Grafico 6.51 - Spostamenti di piano e drift di interpiano in corrispondenza di crescenti livelli di deformazione nella

direzione X

I risultati mostrati evidenziano il comportamento della struttura al crescere del livello di

deformazione. Globalmente al crescere del cimento plastico della struttura corrisponde un

aumento in termini di spostamenti di piano e di drift di interpiano, in particolare tale

aumento è enfatizzato ai piani inferiori della struttura.

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

1

2

3

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Pia

no

U1 / Htot [%]

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1 1,5 2

Pia

no

Drift [%]

Page 248: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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CAPITOLO 6 202

6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato limite

La modellazione a nodi semi-rigidi produce un significativo aumento degli spostamenti

orizzontali della struttura, con una riduzione della rigidezza laterale. Tuttavia, nella pratica

progettuale corrente viene spesso ignorato l’effetto della distorsione e della resistenza

tagliante del nodo sulla rigidezza e resistenza del telaio, che viene modellato con le

dimensioni delle travi e delle colonne prese rispetto ai loro assi baricentrici (asse-asse). Ciò

perché nel considerare le luci teoriche, invece di quelle nette, si ha una sottostima della

rigidezza laterale della struttura che compensa in parte gli effetti legati alla deformabilità

tagliante del nodo.

Considerare le dimensioni teoriche delle membrature nella valutazione della rigidezza

laterale del telaio, dà una visione molto distorta dell’importanza relativa tra la rigidezza

della trave e quella della colonna per il controllo degli spostamenti.

L’utilizzo delle dimensioni teoriche delle membrature, in luogo di quelle nette, fa si che il

contributo della deformazione flessionale delle colonne allo spostamento d’interpiano può

essere facilmente sovrastimato. Nel trascurare, invece, la deformabilità tagliante del nodo, si

possono commettere errori nella determinazione delle posizioni delle zone plasticizzate.

Ai fini di una corretta valutazione del comportamento globale della struttura, occorre

considerare, quindi, le prestazioni dei nodi nel loro complesso considerando due situazioni

della struttura:

una relativa allo stato limite di operatività (SLO), ovvero per un terremoto di

modesta intensità nel quale il cimento della struttura in campo plastico è limitato;

e l’altra relativa allo stato limite di collasso (SLC), ovvero per un terremoto di grande

intensità nel quale si ha il cimento della struttura in campo plastico.

Grafico 6.52 - Curve di Capacità dei due modelli allo SLO in direzione X

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi rigidi)

Punto di prestazione

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

Punto di prestazione

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CAPITOLO 6 203

Grafico 6.53 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione X

Dai risultati si evince come le due modellazioni, quando la struttura è soggetta a terremoti di

modesta intensità, portino a profili di spostamenti di piano e drift di interpiano simili. In

questo caso la modellazione della struttura a nodi semi-rigidi non porta a dei cambiamenti

importanti visto che la struttura ha un comportamento ancora pseudo-lineare.

Grafico 6.54 - Curve di Capacità dei due modelli allo SLC in direzione X

Il modello con nodi rigidi sovrastima la rigidezza laterale della struttura rispetto al modello

con nodi semi-rigidi, ciò si riflette anche in termini di spostamenti di piano e drift di

interpiano.

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2

Pia

no

U1 / Htot [%]

nodi rigidi

nodi semi-rigidi

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3

Pia

no

Drift [%]

nodi rigidi

nodi semi-rigidi

0

50000

100000

150000

200000

250000

0,00 0,10 0,20 0,30 0,40

Tb [

KN

]

dc [m]

C. di capacità (nodi rigidi)

Punto di prestazione

C. di capacità (nodi semi-rigidi)

Punto di prestazione

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CAPITOLO 6 204

Grafico 6.55 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione X

Per un terremoto di grande intensità la rigidezza laterale della struttura dipende anche dalla

rigidezza della zona pannello in quanto le deformazioni plastiche diventano preponderanti.

In particolare si evince come le due modellazioni, quando la struttura è soggetta a terremoti

di grande intensità, portino a drift di interpiano differenti, infatti in corrispondenza del 4°

piano si ha un incremento del 13% del drift trovato con il modello a nodi rigidi; ciò si

giustifica con un meccanismo di piano debole al medesimo piano.

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,2 0,4 0,6

Pia

no

U1 / Htot [%]

nodi rigidi

nodi semi-rigidi

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 0,5 1

Pia

no

Drift [%]

nodi rigidi

nodi semi-rigidi

Page 251: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE A 205

APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE

E CURVA DI CAPACITA’

A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE

Studiamo una trave monodimensionale così composta:

Figura A.1 - Trave 1D

Elemento strutturale Profilo Materiale

Trave TUBO 219,1/8 S235 Tabella A.1 - Elemento costituente la trave 1D

A.1.1 - Materiale

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali

delle proprietà dell’acciaio:

modulo elastico E = 210.000 N/mm²

modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²

coefficiente di Poisson ν = 0,3

coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1

(per temperature fino a 100 °C)

densità ρ = 7850 kg/m3

Il tipo di acciaio utilizzato nella trave presa in esame è riportato in tabella 2:

ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)

S235 360 235 1,05 223,8 210000

Tabella A.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm

All’acciaio utilizzato è stato dato un legame elasto-plastico così definito sul SAP2000:

deformazione di snervamento εy =0,112%

deformazione ultima εu =20%

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APPENDICE A 206

Figura A.2 - Curva tensione-deformazione acciaio S235

A.1.2 – Cerniera plastica assiale

Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica è un legame rigido-plastico. I valori

da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori normalizzati, per cui ogni volta si

inseriranno i valori di tensione e di deformazione rapportati ai valori di snervamento.

Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la

deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,

fissando una deformazione ultima del 5% per gli elementi soggetti prevalentemente a sforzi

di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di acciaio utilizzato (S235) il

rapporto μ dove si decurta alla ε ultima quella elastica per mantenere una ε complessiva

della trave del 5%:

εu = 5%

εy = fy/Es = 0,112%

μ = (εu – εy) / εy

Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza non coincide con

quello del nodo di controllo poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere

lo spostamento elastico:

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

Inseguito si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:

1. dimensione: essendo una cerniera a sforzo assiale ed essendo lo sforzo assiale

costante su tutta la lunghezza del controvento, essa potrà formarsi in qualsiasi parte

dell’elemento per cui porremo una relative length = 1;

2. posizione: la cerniera è stata concentrata a metà lunghezza dell’asta.

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APPENDICE A 207

Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di

là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto

difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la

pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica

dell’elemento contenente la cerniera stessa.

Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento

dell’acciaio inseriti da noi manualmente.

A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

Come unico modello di carico abbiamo considerato una forza “F” concentrata al nodo

vincolato con un carrello mentre abbiamo omesso il peso proprio della trave per non

“sporcare” la soluzione.

A questo punto si è definito il caso di analisi PUSHOVER imponendo:

Figura A.3 - Tendina definizione caso di analisi PUSHOVER

Figura A.4 - Tendina definizione dell’applicazione del carico

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APPENDICE A 208

Figura A.5 - Tendina definizione dei risultati salvati

Figura A.6 - Tendina definizione dei parametri non lineari

A questo punto studieremo diversi modelli per i quali si manterranno le medesime

definizioni sopra descritte e si farà variare il legame della cerniera plastica assiale.

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APPENDICE A 209

A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico

A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera

fy = 235000 KN / m2

Es = 2,1E+08 KN / m2

εy = 0,00112 => 0,11 %

εu = 0,05 => 5 %

(εu - εy ) = 0,0489 => 4,89 %

(εu - εy) / εy = 43,68

L = 4 m

A = 0,00531 m2

Positivo Negativo

FORZA SF (KN) 1246,91 1246,91

SPOST. SF (m) 0,00448 0,00448 Tabella A.3 - Fattori di scala (SF)

Punto F/SF SPOST./SF

E- -1 -43,68

D- -1 -43,68

C- -1 -43,68

B- -1 0

A 0 0

B 1 0

C 1 43,68

D 1 43,68

E 1 43,68 Tabella A.4 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

Grafico A.1 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00 60,00

F/SF

Spost./SF

Legame FORZA-SPOSTAMENTO(adimens.)

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APPENDICE A 210

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -1246,91 -0,1955

D- -1246,91 -0,1955

C- -1246,91 -0,1955

B- -1246,91 0

A 0 0

B 1246,91 0

C 1246,91 0,1955

D 1246,91 0,1955

E 1246,91 0,1955 Tabella A.5 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico A.2 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Si rispetta il limite ultimo in deformazioni pari al 5%, infatti si ha:

U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m

U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m

U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3

F (K

N)

Spost. (m)

Legame FORZA-SPOSTAMENTO

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APPENDICE A 211

La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:

Figura A.7 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP

A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al

carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:

Asta tesa Asta compressa

n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)

(KN) (m) (KN) (m)

step 0 0 0 0 0

step 1 1246,8 0,00448 -1246,8 -0,00448

step 2 1246,8 0,10448 -1246,8 -0,10448

step 3 1246,9 0,19999 -1246,9 -0,19999

step 4 1246,9 0,19999 -1246,9 -0,19999

step 5 0,0 0,24028 0,0 -0,24028

step 6 0,0 0,34028 0,0 -0,34028

step 7 0,1 0,44028 -0,1 -0,44028

step 8 0,1 0,54028 -0,1 -0,54028

step 9 0,1 0,64028 -0,1 -0,64028

step 10 0,2 0,74028 -0,2 -0,74028

step 11 0,2 0,84028 -0,2 -0,84028

step 12 0,2 0,94028 -0,2 -0,94028

step 13 0,2 1 -0,2 -1 Tabella A.6 - Valori della curva di capacità

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APPENDICE A 212

Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla

cerniera nulla.

Grafico A.3 - Curva di capacità

A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico

In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione

ridotti del 70 %:

Fc = 0,3 Ft

Uc = 0,3 Ut

A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera

fy = 235000 KN / m2

Es = 2,1E+08 KN / m2

εy = 0,00112 => 0,11 %

εu = 0,05 => 5 %

(εu - εy ) = 0,0489 => 4,89 %

(εu - εy) / εy = 43,68

L = 4 m

A = 0,00531 m2

Positivo Negativo

FORZA SF (KN) 1246,91 1246,91

SPOST. SF (m) 0,00448 0,00448 Tabella A.7 - Fattori di scala (SF)

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

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APPENDICE A 213

Punto F/SF SPOST./SF

E- -0,3 -13,10

D- -0,3 -13,10

C- -0,3 -13,10

B- -0,3 0

A 0 0

B 1 0

C 1 43,68

D 1 43,68

E 1 43,68 Tabella A.8 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

Grafico A.4 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -374,07 -0,0587

D- -374,07 -0,0587

C- -374,07 -0,0587

B- -374,07 0

A 0 0

B 1246,91 0

C 1246,91 0,1955

D 1246,91 0,1955

E 1246,91 0,1955 Tabella A.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-0,4

-0,2

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

-20,00 0,00 20,00 40,00 60,00

F/SF

Spost./SF

Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

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APPENDICE A 214

Grafico A.5 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Si rispetta il limite ultimo in deformazioni:

Trazione (εu = 5%)

U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m

U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m

U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m

Compressione (εu = 1,5%)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,3 ∙ εu ∙ L = 0,3 ∙ 0,05 ∙ 4 = 0,2 m

U1nodo (al limite elastico) = 0,3 ∙ 0,00448 = 0,0013 m

U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,0587 m

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,0587 + 0,0013 = 0,06 m

-600

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

-0,1 -0,05 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25F (K

N)

Spost. (m)

Legame FORZA-SPOSTAMENTO

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APPENDICE A 215

La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:

Figura A.8 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP

A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al

carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:

Asta tesa Asta compressa

n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)

(KN) (m) (KN) (m)

step 0 0 0 0 0

step 1 1246,8 0,00448 -374,0 -0,00134

step 2 1246,8 0,10448 -374,0 -0,05998

step 3 1246,9 0,19999 -374,0 -0,05998

step 4 1246,9 0,19999 0,0 -0,10340

step 5 0,0 0,24028 0,0 -0,20340

step 6 249,3 0,24117 0,0 -0,30340

step 7 249,4 0,34117 0,0 -0,40340

step 8 249,4 0,44117 0,0 -0,50340

step 9 249,4 0,54117 0,0 -0,60340

step 10 249,5 0,64117 -0,1 -0,70340

step 11 249,5 0,74117 -0,1 -0,80340

step 12 249,5 0,84117 -0,1 -0,90340

step 13 249,5 0,94117 -0,1 -1

step 14 249,6 1 Tabella A.10 - Valori della curva di capacità

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APPENDICE A 216

Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla

cerniera nulla.

Grafico A.6 - Curva di capacità

In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a

snervamento che il programma SAP di default assegna

Grafico A.7 - Curva di capacità con resistenza residua

-600

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

-0,15 -0,1 -0,05 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

-600

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

-0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

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APPENDICE A 217

A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3)

A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3 [25]

In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione

ridotti del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta:

Fc = χ Ft

Uc = χ Ut

Il carico di collasso per carico di punta si riduce al crescere dell'esilità dell'asta, quantificata

dalla snellezza, che dipende dalla resistenza alla rotazione della sezione trasversale e dalla

lunghezza, nonché dal modo in cui la stessa asta è vincolata.

Con la verifica si controlla che:

Nsd ≤ NbRd = χ A fyd per sezioni di classe 1,2, e 3

Dove:

NbRd è la resistenza di progetto a compressione per carico di punta, il pedice “b”

indica "buckling" ( instabilizzazione );

χ è un coefficiente di riduzione funzione della snellezza dell'asta. Per aste tozze,

ovvero con snellezza ridotte, il coefficiente è pari a 1 poiché la crisi coincide con la

plasticizzazione per schiacciamento dell'asta.

tipo di acciaio: S 235 Mpa ( fy )

E = 2E+08 KN / m² L = 4 m

imin = 0,0747 m

Β = 1

=> doppia cerniera

Lo = 4 m

λ = 53,548

=> snellezza dell'asta

λ1= π ( E / fy )½ => λ1= 93,913 snellezza critica

λ= λ / λ1

=> λ= 0,57018 snellezza adimensionale

Procedimento analitico per il calcolo del coefficiente χ :

Si valuta dalla tabella la curva di instabilità di riferimento che è associata al tipo di profilo

utilizzato a seconda del suo comportamento a carico di punta. Nel nostro caso essendo un

profilo tubolare abbiamo come curva di riferimento la “a”, a questa curva corrisponde un

coefficiente di imperfezione α pari a:

α= 0,21

curva di instabilità: a

a questo punto è possibile calcolare il coefficiente φ:

φ = 0,5 (1+ α ( λ - 0,2 ) + λ² )

φ = 0,7014

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APPENDICE A 218

trovo infine il coefficiente χ:

χ = 1 / ( φ + ( φ² - λ² )½ )

χ = 0,9009

A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera

fy = 235000 KN / m2

Es = 2,1E+08 KN / m2

εy = 0,00112 => 0,11 %

εu = 0,05 => 5 %

(εu - εy )= 0,0489 => 4,89 %

(εu - εy) / εy = 43,68

L = 4 M

A = 0,00531 m2

Positivo Negativo

FORZA SF (KN) 1246,91 1246,91

SPOST. SF (m) 0,00448 0,00448 Tabella A.11 - Fattori di scala (SF)

Punto F/SF SPOST./SF

E- -0,9009 -39,35

D- -0,9009 -39,35

C- -0,9009 -39,35

B- -0,9009 0

A 0 0

B 1 0

C 1 43,68

D 1 43,68

E 1 43,68 Tabella A.12 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

Grafico A.8 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00 60,00

F/SF

Spost./SF

Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

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APPENDICE A 219

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -1123,4 -0,1762

D- -1123,4 -0,1762

C- -1123,4 -0,1762

B- -1123,4 0

A 0 0

B 1246,91 0

C 1246,91 0,1955

D 1246,91 0,1955

E 1246,91 0,1955 Tabella A.13 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico A.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Si rispetta il limite ultimo in deformazioni:

Trazione (εu = 5%)

U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m

U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m

U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m

Compressione (εu = 4,5%)

U1nodo (al limite di resistenza) = χ ∙ εu ∙ L = = 0,9 ∙ 0,05 ∙ 4 = 0,1802 m

U1nodo (al limite elastico) = 0,9 ∙ 0,00448 = 0,004 m

U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,1762 m

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,1762 + 0,004 = 0,1802 m

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

-0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3F (K

N)

Spost. (m)

Legame FORZA-SPOSTAMENTO

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APPENDICE A 220

La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:

Figura A.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP

A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al

carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:

Asta tesa Asta compressa

n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)

(KN) (m) (KN) (m)

step 0 0 0 0 0

step 1 1246,8 0,00448 -1122,1 -0,00403

step 2 1246,8 0,10448 -1122,1 -0,10403

step 3 1246,9 0,19999 -1122,2 -0,18016

step 4 1246,9 0,19999 -1122,2 -0,18016

step 5 0,0 0,24028 0,0 -0,22089

step 6 249,4 0,24117 0,0 -0,32089

step 7 249,4 0,34117 -0,1 -0,42089

step 8 249,4 0,44117 -0,1 -0,52089

step 9 249,5 0,54117 -0,1 -0,62089

step 10 249,5 0,64117 -0,1 -0,72089

step 11 249,5 0,74117 -0,2 -0,82089

step 12 249,5 0,84117 -0,2 -0,92089

step 13 249,6 0,94117 -0,2 -1

step 14 249,6 1 Tabella A.14 - Valori della curva di capacità

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APPENDICE A 221

Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla

cerniera nulla.

Grafico A.10 - Curva di capacità

In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a

snervamento che il programma SAP di default assegna.

Grafico A.11 - Curva di capacità con resistenza residua

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

-0,4 -0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

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APPENDICE A 222

A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico

In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione

ridotti del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta:

Fc = χ Ft

Uc = χ Ut

Per la stima del coefficiente χ valgono i medesimi calcoli svolti nel MODELLO 3:

χ = 0,9009

A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente asimmetrico partendo da

un legame costitutivo trilineare elastoplastico incrudente come in figura:

Figura A.10 - Legame costitutivo trilineare elastoplastico incrudente

Acciaio S 235 S 275 S 355

εh/εy 12,3 11 9,8

Es/Eh 37,5 41,8 48,2 Tabella A.15 - Parametri di incrudimento degli acciai

fy traz. = 235000 KN / m2

fy compr. = 211723,1 KN / m2

Es = 2,1E+08 KN / m2

Es / Eh = 37,5

Eh = 5600000 KN / m2

εy traz.= 0,0011 => 0,11 %

εy compr.= 0,0010 => 0,10 %

εu traz. = 0,05 => 5,00 %

(εu - εy)traz = 0,0489 => 4,89 %

εu compr. = 0,045 => 4,50 %

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APPENDICE A 223

(εu - εy)comp = 0,044 => 4,40 %

εu / εy = 44,68

εh/ εy = 12,3

εh traz. = 0,0138 => 1,38 %

εh compr. = 0,0124 => 1,24 %

L = 4 m

A = 0,005306 m2

fu traz. = 437920 KN / m2

fu compr. = 394543,7 KN / m2

Fu traz. = 2323,6 KN

Fu compr. = 2093,4 KN

spost.u traz. = 0,1955 m

spost.u compr. = 0,1762 m

Fy traz. = 1246,9 KN

Fy compr. = 1123,4 KN

spost.y traz. = 0,00448 m

spost.y compr. = 0,00403 m

Fh traz. = 1246,9 KN

Fh compr. = 1123,4 KN

spost.h traz. = 0,0506 m

spost.h compr. = 0,0456 m

Positivo Negativo

FORZA SF (KN) 1246,91 1123,40

SPOST. SF (m) 0,00448 0,00403 Tabella A.16 - Fattori di scala (SF)

Punto F/SF SPOST./SF

E- -1,8635 -43,68

D- -1,8635 -43,68

C- -1 -11,30

B- -1 0

A 0 0

B 1 0

C 1 11,30

D 1,8635 43,68

E 1,8635 43,68 Tabella A.17 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

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APPENDICE A 224

Grafico A.12 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -2093,45 -0,1762

D- -2093,45 -0,1762

C- -1123,4 -0,0456

B- -1123,4 0

A 0 0

B 1246,91 0

C 1246,91 0,0506

D 2323,60 0,1955

E 2323,60 0,1955 Tabella A.18 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Grafico A.13 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-2,5

-2

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

2

2,5

-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00 60,00

F/SF

Spost./SF

Legame FORZA-SPOSTAMENTO(adimens.)

-2500

-2000

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

-0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3F (K

N)

Spost. (m)

Legame FORZA-SPOSTAMENTO

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APPENDICE A 225

Si rispetta il limite ultimo in deformazioni:

Trazione (εu = 5%)

U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m

U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m

U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m

Compressione (εu = 4,5%)

U1nodo (al limite di resistenza) = χ ∙ εu ∙ L = = 0,9 ∙ 0,05 ∙ 4 = 0,1802 m

U1nodo (al limite elastico) = 0,9 ∙ 0,00448 = 0,004 m

U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,1762 m

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

U1nodo (al limite di resistenza) = 0,1762 + 0,004 = 0,1802 m

La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:

Figura A.11 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP

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APPENDICE A 226

A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al

carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:

Asta tesa Asta compressa

n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)

(KN) (m) (KN) (m)

step 0 0 0 0 0

step 1 1246,8 0,00448 -1123,3 -0,00403

step 2 1246,8 0,05506 -1123,3 -0,04959

step 3 1970,3 0,15506 -1846,9 -0,14959

step 4 2323,4 0,20385 -2093,3 -0,18363

step 5 2323,4 0,20385 -2093,3 -0,18363

step 6 0,0 0,27893 0,0 -0,25953

step 7 464,7 0,28059 0,0 -0,35953

step 8 464,7 0,38059 -0,1 -0,45953

step 9 464,7 0,48059 -0,1 -0,55953

step 10 464,8 0,58059 -0,1 -0,65953

step 11 464,8 0,68059 -0,1 -0,75953

step 12 464,8 0,78059 -0,2 -0,85953

step 13 464,8 0,88059 -0,2 -0,95953

step 14 464,9 0,98059 -0,2 -1

step 15 464,9 1 Tabella A.19 - Valori della curva di capacità

Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla

cerniera nulla.

Grafico A.14 - Curva di capacità

-3000

-2000

-1000

0

1000

2000

3000

-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3 0,4

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

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APPENDICE A 227

In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a

snervamento che il programma SAP di default assegna

Grafico A.15 - Curva di capacità con resistenza residua

A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356

In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione

ridotti del coefficiente χ , funzione della snellezza dell'asta, determinato secondo EC 3:

Fc = χ Ft

Uc = χ Ut

Per la stima del coefficiente χ valgono i medesimi calcoli svolti nel MODELLO 3:

χ = 0,9009

A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente asimmetrico partendo da

un legame costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura A.12 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]

-3000

-2000

-1000

0

1000

2000

3000

-0,4 -0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

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APPENDICE A 228

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera

plastica assiale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non

lineari della sezione circolare cava considerata, soggetta a compressione e trazione, risultano

espressi nella tabella 5-7 delle FEMA 356:

Figura A.13 - Tabella 5-7 [9]

Abbiamo tre possibili casi a seconda del rapporto tra il diametro “d”e lo spessore “t” della

sezione circolare cava.

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APPENDICE A 229

Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità richieste dalle

FEMA:

d= 219,1 mm

d= 8,626 in

t= 8 mm

t= 0,315 in

fy= 235000 KN/m² => fy= 34,084 Kip/in²

A = 0,005306 m2

A = 8,2236 in

Fy= 1246,91 KN

Fy= 280,29 Kip

Adesso vediamo quale è il nostro caso:

𝑑

𝑡= 27,39

𝑑

𝑡>

1500

𝐹𝑦= 5,35 → non siamo nel caso 1

𝑑

𝑡>

6000

𝐹𝑦= 21,41 → siamo nel caso 2

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso 2

evidenziati in figura:

Figura A.14 - Particolare della Tabella 5-7 [9]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari sia a trazione che a compressione è

possibile definire il legame della cerniera assiale:

fy = 235000 KN / m2

Es = 2,1E+08 KN / m2

εy = 0,00112 => 0,11 %

L = 4 m

A = 0,00531 m2

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APPENDICE A 230

Positivo Negativo

FORZA SF (KN) 1246,91 1123,40

SPOST. SF (m) 0,00448 0,00403 Tabella A.20 - Fattori di scala (SF)

Punto F/SF SPOST./SF

E- -0,2 -3

D- -0,2 -0,5

C- -1,015 -0,5

B- -1 0

A 0 0

B 1 0

C 1,33 11

D 0,8 11

E 0,8 14 Tabella A.21 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

Grafico A.16 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

Punto F (KN) SPOST.(m)

E- -224,7 -0,0121

D- -224,7 -0,0020

C- -1140,3 -0,0020

B- -1123,4 0

A 0,0 0

B 1246,9 0

C 1658,4 0,0492

D 997,5 0,0492

E 997,5 0,0627 Tabella A.22 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

-5 0 5 10 15

F/SF

Spost./SF

Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)

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APPENDICE A 231

Grafico A.17 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO

Dal programma SAP è possibile definire una cerniera assiale secondo le FEMA 356

utilizzando il comando “auto”, tramite il quale è possibile accedere a dei modelli di cerniera

predefiniti.

Figura A.15 - Assegnazione “Auto” della cerniera

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08

F (K

N)

Spost. (m)

Legame FORZA-SPOSTAMENTO

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APPENDICE A 232

Figura A.16 - Proprietà cerniera

La cerniera così definita coincide con quella determinata da noi manualmente seguendo le

indicazioni impartite dalle FEMA.

A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’

Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al

carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:

Asta tesa Asta compressa

n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)

(KN) (m) (KN) (m)

step 0 0 0 0 0

step 1 1246,8 0,00448 -1123,4 -0,00403

step 2 1658,2 0,05519 -1140,3 -0,00611

step 3 997,4 0,07654 -224,7 -0,03930

step 4 997,4 0,07654 -224,7 -0,03930

step 5 0,0 0,10877 0,0 -0,04745

step 6 199,5 0,10949 0,0 -0,14745

step 7 199,5 0,20949 -0,1 -0,24745

step 8 199,5 0,30949 -0,1 -0,34745

step 9 199,6 0,40949 -0,1 -0,44745

step 10 199,6 0,50949 -0,1 -0,54745

step 11 199,6 0,60949 -0,2 -0,64745

step 12 199,7 0,70949 -0,2 -0,74745

step 13 199,7 0,80949 -0,2 -0,84745

step 14 199,7 0,90949 -0,2 -0,94745

step 15 199,7 1 -0,3 -1 Tabella A.23 - Valori della curva di capacità

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APPENDICE A 233

Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla

cerniera nulla.

Grafico A.18 - Curva di capacità

In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a

snervamento che il programma SAP di default assegna.

Grafico A.19 - Curva di capacità con resistenza residua

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,1 -0,05 0 0,05 0,1 0,15

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

2000

-0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Asta tesa

Asta compressa

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APPENDICE A 234

A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE

Studiamo una trave monodimensionale così composta:

Figura A.17 - Trave 1D

Elemento strutturale Profilo Materiale

Trave TUBO 219,1/8 S235 Tabella A.24 - Elemento costituente la trave 1D

A.2.1 - Materiale

Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.1 – Materiale”

A.2.2 - Cerniera plastica assiale

Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica è un legame rigido-plastico con

comportamento simmetrico. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori

normalizzati, per cui ogni volta si inseriranno i valori di tensione e di deformazione

rapportati ai valori di snervamento.

Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la

deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,

fissando per la cerniera una deformazione ultima del 5%, per gli elementi soggetti

prevalentemente a sforzi di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di

acciaio utilizzato (S235), il valore del rapporto:

εu = 5%

εy = fy/Es = 0,112%

μ = εu/εy = 44,68

Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di

là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto

difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la

pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica

dell’elemento contenente la cerniera stessa, come nel grafico 1.

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APPENDICE A 235

Grafico A.20 - Legame Forza-Spostamento adimensionalizzato

Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento, opzione

possibile solo nel caso dell’acciaio.

A.2.3 – Modello trave tesa

Figura 3 – Visualizzazione modello

A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1

Si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:

3. Dimensione: poniamo una relative length = 1;

4. posizione: la cerniera è stata concentrata a metà lunghezza della trave.

Figura A.18 - Visualizzazione cerniera plastica

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

-60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60F/

SF

Spost./SF

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APPENDICE A 236

La figura 3 mostra tutte le grandezze relative alle proprietà della cerniera imposte da noi.

Figura A.19 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico

Al termine dell’analisi i risultati riguardanti la cerniera plastica assiale definita sono:

Figura A.20 - Risultati della cerniera plastica ad inizio snervamento

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APPENDICE A 237

Figura A.21 - Risultati della cerniera plastica prima della perdita di resistenza

Figura A.22 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico dopo l’analisi

Figura A.23 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è ad inizio snervamento

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APPENDICE A 238

Figura A.24 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è al limite di resistenza

Dalla lettura di questi risultati nascono i seguenti punti:

Il valore della forza che porta a snervamento la cerniera è evidenziato in fig.6 e

coincide correttamente con il fattore di scala della forza adottato dal programma in

fig.8.

Il valore dello spostamento del nodo di controllo che porta a snervamento la cerniera

è evidenziato in fig.9 e coincide correttamente con il fattore di scala dello

spostamento adottato dal programma in fig.8.

Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza è

evidenziato in fig.7 e non coincide giustamente con quello del nodo di controllo in

fig.10 poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere lo spostamento

elastico (fig.9):

U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5

Si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:

1. Dimensione: poniamo una relative length = 0,5;

2. posizione: la cerniera è stata concentrata ai due estremi della trave.

Figura A.25 - Visualizzazione cerniera plastica

La figura 12 mostra tutte le grandezze relative alle proprietà della cerniera imposte da noi.

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APPENDICE A 239

Figura A.26 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico

Al termine dell’analisi i risultati riguardanti la cerniera plastica assiale definita sono:

Figura A.27 - Risultati della cerniera plastica ad inizio snervamento

Page 286: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE A 240

Figura A.28 - Risultati della cerniera plastica prima della perdita di resistenza

Figura A.29 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico dopo l’analisi

Figura A.30 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è ad inizio snervamento

Page 287: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE A 241

Figura A.31 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è al limite di resistenza

Dalla lettura di questi risultati nascono i seguenti punti:

Il valore della forza che porta a snervamento la cerniera è evidenziato in fig.13 e

coincide correttamente con il fattore di scala della forza adottato dal programma in

fig.15.

Il valore dello spostamento del nodo di controllo che porta a snervamento la cerniera

è evidenziato in fig.16 ed è correttamente il doppio del fattore di scala dello

spostamento adottato dal programma in fig.15.

Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza è

evidenziato in fig.14 e non coincide giustamente con quello del nodo di controllo in

fig.17 poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere lo spostamento

elastico (fig.16):

U1nodo (al limite di resistenza) = 2*U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5

Si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:

1. Dimensione: poniamo una relative length = 0,5;

2. posizione: la cerniera è stata concentrata a 0,25 e 0,75 della lunghezza della trave.

Figura A.32 - Visualizzazione cerniera plastica

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APPENDICE A 242

La figura A.33 mostra tutte le grandezze relative alle proprietà della cerniera imposte da noi.

Figura A.33 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico

Al termine dell’analisi i risultati riguardanti la cerniera plastica assiale definita sono:

Figura A.34 - Risultati della cerniera plastica ad inizio snervamento

Page 289: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE A 243

Figura A.35 - Risultati della cerniera plastica prima della perdita di resistenza

Figura A.36 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico dopo l’analisi

Figura A.37 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è ad inizio snervamento

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_________________________________________________________________________

APPENDICE A 244

Figura A.38 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è al limite di resistenza

Dalla lettura di questi risultati nascono i seguenti punti:

Il valore della forza che porta a snervamento la cerniera è evidenziato in fig.20 e

coincide correttamente con il fattore di scala della forza adottato dal programma in

fig.22.

Il valore dello spostamento del nodo di controllo che porta a snervamento la cerniera

è evidenziato in fig.23 ed è correttamente il doppio del fattore di scala dello

spostamento adottato dal programma in fig.22.

Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza è

evidenziato in fig.21 e non coincide giustamente con quello del nodo di controllo in

fig.24 poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere lo spostamento

elastico (fig.23):

U1nodo (al limite di resistenza) = 2*U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)

A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli

Abbiamo studiato tre modelli:

1. MODELLO 1: caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1

2. MODELLO 2: caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5

3. MODELLO 3: caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5

Riportiamo i risultati significativi per il nostro scopo dei tre modelli:

MODELLO 1 P (KN) u1 cerniera (m) u1 cerniera tot (m) u1 nodo (m)

al limite elastico 1246,7976 0 0 0,00448

al limite a rottura 1246,8533 0,2 0,2 0,20447 Tabella A.25 - Risultati in termini di P e u del modello

MODELLO 2 P (KN) u1 cerniera (m) u1 cerniera tot (m) u1 nodo (m)

al limite elastico 1246,7976 0 0 0,00448

al limite a rottura 1246,8533 0,1 0,2 0,20447 Tabella A.26 - Risultati in termini di P e u del modello

MODELLO 3 P (KN) u1 cerniera (m) u1 cerniera tot (m) u1 nodo (m)

al limite elastico 1246,7976 0 0 0,00448

al limite a rottura 1246,8533 0,1 0,2 0,20447 Tabella A.27 - Risultati in termini di P e u del modello

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APPENDICE A 245

Riassumiamo in una sola tabella i risultati in termini di spostamenti utili per il confronto:

n° cerniere

L. relativa

u1 cerniera (m)

u1 cerniera tot (m)

u1 nodo snerv. (m)

u1 nodo rottura (m)

MODELLO 1

1 1 0,2 0,2 0,00448 0,20447

MODELLO 2

2 0,5 0,1 0,2 0,00448 0,20447

MODELLO 3

2 0,5 0,1 0,2 0,00448 0,20447

Tabella A.28 - Spostamenti u a confronto

Dai risultati si constata che:

1. lo spostamento plastico della singola cerniera è proporzionale alla lunghezza

relativa della stessa e quindi inversamente proporzionale al numero delle cerniere

assegnate;

2. lo spostamento plastico totale è lo stesso per tutti i modelli poiché risulta essere una

semplice somma dei contributi dati da ciascuna cerniera;

3. lo spostamento al limite elastico del nodo risulta uguale per tutti i modelli e ottenuto

dal tratto elastico del legame costitutivo del materiale;

4. lo spostamento al limite di resistenza del nodo risulta lo stesso per tutti i modelli e si

ottiene sommando lo spostamento plastico totale con lo spostamento al limite elastico

del nodo.

Grafico A.21 - Spostamenti u a confronto

A.2.3.5 - Conclusioni

La cerniera plastica è modellata come un punto discreto (cerniera concentrata). Tutte le

deformazioni plastiche avvengono all’interno della cerniera concentrata, questo significa

che si deve assumere una lunghezza per la cerniera sulla quale la deformazione o la

curvatura plastica è integrata.

Si può approssimare la plasticità che è distribuita sulla lunghezza dell’elemento tramite

l’inserimento di molte cerniere. Per esempio si potrebbero inserire 10 cerniere a posizioni

relative all’interno dell’elemento di 0.05, 0.15, 0.25, …, 0.95, ciascuna con proprietà di

deformazione basate su una lunghezza di cerniera assunta pari ad 1

10 della lunghezza

dell’elemento.

0,08

0,1

0,12

0,14

0,16

0,18

0,2

0,22

1 2 3

u (

m)

Modelli

u1 cerniera (m)

u1 cerniera tot (m)

u1 nodo rottura (m)

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APPENDICE A 246

A.3 - MODELLO TRAVE

Studiamo una trave monodimensionale così composta:

Figura A.39 - Trave 1D

Elemento strutturale Profilo Materiale

Trave TUBO 219,1/8 S235 Tabella A.29 - Elemento costituente la trave 1D

A.3.1 - Materiale

Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.1 – Materiale”

A.3.2 – Cerniera plastica assiale

Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica invece è un legame rigido-plastico

con comportamento simmetrico. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori

normalizzati, per cui ogni volta si inseriranno i valori di tensione e di deformazione

rapportati ai valori di snervamento.

Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la

deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,

fissando per la cerniera una deformazione ultima del 5%, per gli elementi soggetti

prevalentemente a sforzi di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di

acciaio utilizzato (S235), il valore del rapporto:

εu = 5%

εy = fy/Es = 0,112%

μ = εu/εy = 44,68

Inseguito si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:

1. dimensione: essendo una cerniera a sforzo assiale ed essendo lo sforzo assiale

costante su tutta la lunghezza del controvento, essa potrà formarsi in qualsiasi parte

dell’elemento per cui porremo una relative length = 1;

2. posizione: la cerniera è stata concentrata a metà lunghezza dell’asta.

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APPENDICE A 247

Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di

là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto

difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la

pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica

dell’elemento contenente la cerniera stessa, come nel grafico 1.

Grafico A.22 - Legame Forza-Spostamento adimensionalizzato

Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento, opzione

possibile solo nel caso dell’acciaio.

La figura 3 mostra tutte le grandezze, relative alle proprietà della cerniera, descritte

precedentemente.

Figura A.40 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

-60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60

F/SF

Spost./SF

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APPENDICE A 248

A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER”.

A.3.4 - Modello trave tesa

Studiamo una trave monodimensionale così composta:

Figura A.41 - Trave 1D

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Trave TUBO 219,1/8 4 S235 Tabella A.30 - Elemento costituente la trave 1D

A.3.4.1 - Risultati dell’analisi

Il profilo in acciaio utilizzato per la trave è riportato in tabella 4 con il rispettivo sforzo

assiale di trazione che porta allo snervamento della cerniera assiale:

PROFILO A(mm^2) fy(N/mm^2) Nt,lim(KN)

219,1x8 5306 235 1246,9

Tabella A.31 - Sforzo assiale limite

La formazione della cerniera plastica è mostrata in figura 8:

Figura A.42 - Deformata step1

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APPENDICE A 249

A questa deformata corrisponde tale diagramma di sollecitazione a sforzo assiale:

Figura A.43 - Diagramma dello sforzo assiale step1

Dallo stato di sollecitazione si evince come il limite a trazione sia stato raggiunto:

Nt= 1246,8 KN ≈ Nt,lim = 1246,9 KN

A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto

Si è pensato di mettere a confronto il modello appena studiato con altri due modelli di trave

monodimensionale dove abbiamo cambiato la lunghezza dell’elemento.

I modelli esaminati sono riassunti in tabella:

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Trave 1 TUBO 219,1/8 8 S235

Trave 2 TUBO 219,1/8 4 S235

Trave 3 TUBO 219,1/8 0,5 S235 Tabella A.32 - Caratteristiche dei 3 modelli a confronto

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APPENDICE A 250

A questo punto diagrammiamo lo sforzo assiale per i tre modelli in corrispondenza della

formazione della cerniera assiale:

Figura A.44 - Diagramma dello sforzo assiale della trave 1

Figura A.45 - Diagramma dello sforzo assiale della trave 2

Figura A.46 - Diagramma dello sforzo assiale della trave 3

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APPENDICE A 251

La Nt calcolata dal SAP2000 rimane costante al variare della lunghezza della trave e pari a

quella da noi determinata come mostrato dal punto di vista numerico in tabella 5 e visivo nel

grafico 2:

Npl (KN) Nt (KN) Nt (%) ΔNt (%)

N ( Trave 1 ) 1246,9 1246,8 100,0 0,0

N ( Trave 2 ) 1246,9 1246,8 100,0 0,0

N ( Trave 3 ) 1246,9 1246,8 100,0 0,0

Tabella A.33 - Nt delle travi studiate

Grafico A.23 - N di snervamento per le tre travi

A.3.4.3 - Curva di capacità Nel grafico 3 riportiamo la curva di capacità del modello trave al variare della sua

lunghezza.

Grafico A.24 - Curva di capacità trave tesa

1246,8 1246,8 1246,8 1246,8

N di snervamento (KN)

N ( Trave 1 ) N ( Trave 2 ) N ( Trave 3 ) Npl

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6

Re

azio

ne

alla

ce

rnie

ra (

KN

)

Spostamento al carrello (m)

Curva di Capacità

Trave 1

Trave 2

Trave 3

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APPENDICE A 252

Si riscontrano i risultati attesi:

1. La pendenza del primo tratto di ciascuna curva differisce dagli altri a causa di una

differente lunghezza della trave e quindi a causa di una differente rigidezza assiale

dell’elemento trave;

𝑢 = 𝜀 ∙ 𝐿 =∆𝐿

𝐿∙ 𝐿 = ∆𝐿

𝐾 =𝐹

𝑢=

𝜎 ∙ 𝐴

∆𝐿=

𝐸 ∙ 𝜀 ∙ 𝐴

∆𝐿=

𝐸 ∙ 𝐴

∆𝐿∙

∆𝐿

𝐿=

𝐸 ∙ 𝐴

𝐿 → 𝐹 =

𝐸 ∙ 𝐴

𝐿∙ ∆𝐿

La rigidezza assiale (K) è funzione solo della lunghezza della trave (L) poiché sia il

modulo di Young (E) che l’area della sezione (A) sono costanti e quindi i valori che

assumerà saranno:

E (KN/m2) A (m2) L (m) K (KN/m)

Trave 1 210000000 0,005306 8 139282,5

Trave 2 210000000 0,005306 4 278565

Trave 3 210000000 0,005306 0,5 2228520 Tabella A.34 - K delle travi studiate

Grafico A.25 - Rigidezza assiale in funzione della lunghezza della trave

2. Il primo tratto è elastico in quanto ancora non si ha la formazione della cerniera

plastica;

3. Il passaggio dal primo al secondo tratto è individuato dal punto in cui si ha la

formazione della cerniera plastica, punto nel quale si raggiunge la forza massima

uguale per tutte le travi ma diverso spostamento al limite elastico;

0

500000

1000000

1500000

2000000

2500000

0 2 4 6 8 10

K (

KN

/m)

L (m)

Trave 1

Trave 2

Trave 3

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APPENDICE A 253

𝐹 =𝐸 ∙ 𝐴

𝐿∙ ∆𝐿 → 𝑢 = ∆𝐿 =

𝐹 ∙ 𝐿

𝐸 ∙ 𝐴

E (KN/m2) A (m2) L (m) F (KN) uy (m)

Trave 1 210000000 0,005306 8 1246,8 0,00895

Trave 2 210000000 0,005306 4 1246,8 0,00448

Trave 3 210000000 0,005306 0,5 1246,8 0,00056 Tabella A.35 - Spostamenti al limite elastico delle travi studiate

Grafico A.26 - Spostamento al limite elastico in funzione della lunghezza della trave

4. Dopo la formazione della cerniera plastica segue un tratto orizzontale coerente con il

legame rigido-plastico non incrudente della cerniera;

5. Il passaggio dal secondo al terzo tratto è individuato dal punto in cui la cerniera

plastica ha una deformazione ultima del 5%;

𝑢 = 𝜀 ∙ 𝐿

εu (%) L (m) u (m)

Trave 1 5 8 0,4

Trave 2 5 4 0,2

Trave 3 5 0,5 0,025 Tabella A.36 - Spostamenti a εu =5% delle travi studiate

6. Il terzo e ultimo tratto ha una pendenza negativa che descrive la perdita di resistenza

della cerniera, ciò è coerente con il comando “Drops to zero” che attribuisce alla

cerniera una perdita di resistenza al di là del punto “E”.

0,0000

0,0015

0,0030

0,0045

0,0060

0,0075

0,0090

0,0105

0 2 4 6 8 10

u (

m)

L (m)

Trave 1

Trave 2

Trave 3

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APPENDICE A 254

A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D

Studiamo un telaio 2D così composto:

Figura A.47 - Telaio 2D

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonna HE360M 4 S450

Trave IPE400 4 S355

Asta del controvento TUBO 219,1/8 5,65 S235 Tabella A.37 - Elementi costituenti il telaio 2D

A.4.1 - Materiale

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali

delle proprietà dell’acciaio:

modulo elastico E = 210.000 N/mm²

modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²

coefficiente di Poisson ν = 0,3

coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1

(per temperature fino a 100 °C)

densità ρ = 7850 kg/m3

I tipi di acciaio utilizzati nel telaio preso in esame sono riportati in tabella 2:

ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)

S235 360 235 1,05 223,8 210000

S355 510 355 1,05 338,1 210000

S450 550 440 1,05 419,0 210000

Tabella A.38 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm

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APPENDICE A 255

L’acciaio utilizzato per il sistema di controventamento è S235 al quale è stato dato un

legame elasto-plastico ed è stato così definito sul SAP2000:

deformazione di snervamento εy =0,112%

deformazione ultima εu =20%

Figura A.48 - Curva tensione-deformazione acciaio S235

A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi

Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica invece è un legame rigido-plastico

con comportamento simmetrico. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori

normalizzati, per cui ogni volta si inseriranno i valori di tensione e di deformazione

rapportati ai valori di snervamento.

Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la

deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,

fissando per la cerniera una deformazione ultima del 5%, per gli elementi soggetti

prevalentemente a sforzi di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di

acciaio utilizzato (S235), il valore del rapporto:

εu = 5%

εy = fy/Es = 0,112%

μ = εu/εy = 44,68

La posizione scelta è all’inizio e alla fine dell’elemento solo per facilitare l’individuazione

dell’elemento corrispondente alla cerniera formatasi, particolarmente utile nel caso dei

controventi a croce di S. Andrea.

Detto ciò si definisce la dimensione e la posizione delle cerniere plastiche:

1. dimensione: essendo due cerniere a sforzo assiale ed essendo lo sforzo assiale

costante su tutta la lunghezza del controvento, esse potranno formarsi in qualsiasi

parte dell’elemento per cui porremo una relative length = 0,5;

2. posizione: le cerniere sono state concentrate a 0,25 e 0,75 della lunghezza dell’asta.

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APPENDICE A 256

Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di

là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto

difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la

pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica

dell’elemento contenente la cerniera stessa, come nel grafico 1.

Grafico A.27 - Legame Forza-Spostamento adimensionalizzato

Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento, opzione

possibile solo nel caso dell’acciaio.

La figura 3 mostra tutte le grandezze, relative alle proprietà della cerniera, descritte

precedentemente.

Figura A.49 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

-60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60

F/SF

Spost./SF

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APPENDICE A 257

A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER

Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER”.

A.4.4 - Risultati dell’analisi

Il profilo in acciaio utilizzato nella realizzazione del sistema di controventamento è riportato

in tabella 3 con i rispettivi sforzi assiali di trazione e compressione che portano allo

snervamento delle cerniere assiali:

PROFILI A(mm^2) fy(N/mm^2) Nt,lim(KN) Nc,lim(KN)

219,1x8 5306 223,8 1246,9 1246,9

Tabella A.39 - Sforzi assiali limite

La formazione delle prime cerniere plastiche nel controvento è mostrata in figura 8:

Figura A.50 - Deformata step1

A questa deformata corrisponde tale diagramma di sollecitazione a sforzo assiale:

Figura A.51 - Diagramma dello sforzo assiale step1

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APPENDICE A 258

Figura A.52 - Diagramma dello sforzo assiale step1 del controvento

Dallo stato di sollecitazione si evince come il limite a compressione da noi imposto non sia

stato raggiunto:

Nc= 949,66 KN < Nc,lim = 1246,9 KN => Nc,lim ≠ Nc,lim(SAP)

Nt= 775,24 KN < Nt,lim = 1246,9 KN

All’incremento monotono del carico si ha una evoluzione sulla formazione e sviluppo delle

cerniere plastiche descritto con il procedere degli steps.

In corrispondenza dello step 2 si ha la formazione delle cerniere plastiche anche nell’asta

tesa, come mostrato nel diagramma dello sforzo assiale in fig.11 e 12:

Figura A.53 - Diagramma dello sforzo assiale step 2

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APPENDICE A 259

Figura A.54 - Diagramma dello sforzo assiale step 2 del controvento

Dallo stato di sollecitazione si evince come il limite a trazione sia stato raggiunto:

Nc= 949,66 KN < Nc,lim = 1246,9 KN => Nc,lim ≠ Nc,lim(SAP)

Nt= 1246,8 KN ≈ Nt,lim = 1246,9 KN

Dai dati illustrati emerge che:

Nc,lim ≠ Nc,lim(SAP)

Nt,lim = Nt,lim(SAP)

A.4.5 - Modelli a confronto

Per fare chiarezza si è pensato di mettere a confronto il modello appena studiato con altri

due modelli di telaio 2D dove abbiamo cambiato le lunghezze degli elementi mantenendo

però tra loro le stesse proporzioni del modello di partenza.

MODELLO (H=8m; B=8m):

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonna HE360M 8 S450

Trave IPE400 8 S355

Asta del controvento TUBO 219,1/8 11,3 S235 Tabella A.40 - Elementi costituenti il telaio 2D

MODELLO (H=0,5m; B=0,5m):

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonna HE360M 0,5 S450

Trave IPE400 0,5 S355

Asta del controvento TUBO 219,1/8 0,71 S235 Tabella A.41 - Elementi costituenti il telaio 2D

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APPENDICE A 260

A questo punto diagrammiamo lo sforzo assiale per i tre modelli in corrispondenza della

formazione delle cerniere plastiche sia nell’asta compressa che in quella tesa:

Figura A.55 - Diagramma dello sforzo assiale del telaio 8x8m

Figura A.56 - Diagramma dello sforzo assiale del telaio 4x4m

Figura A.57 - Diagramma dello sforzo assiale del telaio 0,5x0,5m

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APPENDICE A 261

Riassumiamo nella tabella 6 i valori di sforzo normale che portano a snervamento l’asta

compressa dei diversi telai analizzati:

Telaio 2D Npl (KN) Nc (KN) Nc (%) ΔNc (%)

N (H=8m; B=8m) 1246,9 420,3 33,7 66,3

N (H=4m; B=4m) 1246,9 949,66 76,2 23,8

N (H=0,5m; B=0,5m) 1246,9 1241,5 99,6 0,4

Npl (teorico) 1246,9 1246,9 100,0 0,0

Tabella A.42 - Nc dei telai 2D studiati

Grafico A.28 - N di snervamento dell’asta compressa per i diversi telai

Grafico A.29 - ΔNc di snervamento dell’asta compressa per i diversi telai

420,3

949,66

1241,5 1246,9

Telaio 2D

N di snervamento dell'asta compressa

N (H=8m; B=8m) N (H=4m; B=4m) N (H=0,5m; B=0,5m) Npl

33,7

76,2

99,6 100,0

Telaio 2D

ΔN di snervamento dell'asta compressa

N (H=8m; B=8m) N (H=4m; B=4m) N (H=0,5m; B=0,5m) Npl

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APPENDICE A 262

Studiamo in particolare la relazione esistente tra la Npl dell’asta compressa e la lunghezza

Lc della medesima asta.

Telaio 2D Lc (m) Npl (KN)

H=8m; B=8m 11,3 420,3

H=4m; B=4m 5,7 949,66

H=0,5m; B=0,5m 0,7 1241,5

Tabella A.43 - Lc e Npl dei telai 2D studiati

Grafico A.30 - Npl di snervamento in funzione della L controvento

Si riscontra che all’aumentare della lunghezza dell’asta compressa del controvento la Npl

calcolata dal SAP2000 diminuisce pur non avendo introdotto le non linearità geometriche

(effetto P-Δ); per far convergere la Npl(SAP) al valore da noi determinato è stato necessario

considerare degli elementi molto corti, quindi notevolmente rigidi.

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0

Np

l (K

N)

L controvento (m)

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_________________________________________________________________________

APPENDICE A 263

A.4.5.1 - Curva di capacità

La curva di capacità rappresenta in ordinata il taglio alla base e in ascissa lo spostamento

dell’ultimo piano che nel nostro caso lo approssimiamo con lo spostamento del nodo

evidenziato in figura:

Figura A.58 - Visualizzazione del nodo di controllo (nodo 2)

Nei grafici seguenti riportiamo la curva di capacità dei modelli messi a confronto:

Grafico A.31 - Curve di capacità dei primi due modelli

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

Spostamento ultimo piano (m)

Curva di Capacità

H=8m; B=8m

H=4m; B=4m

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APPENDICE A 264

Entrando nello specifico delle tre curve di capacità avremo:

1. Curva di capacità del modello telaio (H=8m; B=8m)

Grafico A.32 - Curva di capacità e punti significativi

n° step Taglio alla base U1 (nodo 2) [KN] [m]

1 544,168 0,006402

2 1192,335 0,023189

4 1366,399 0,276296

7 1311,526 0,628288

9 1446,909 0,825149

12 798,369 1,160942 Tabella A.44 - Punti che definiscono la curva di capacità

I punti utili a definire la curva sono:

“step 1” dove si snervano le due cerniere dell'asta compressa;

“step 2” dove si snervano le due cerniere dell'asta tesa;

“step 4” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono il limite a

rottura prima della perdita di resistenza;

“step 7” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono la completa

perdita di resistenza;

“step 9” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono il limite a rottura

prima della perdita di resistenza;

“step 12” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono la completa perdita

di resistenza.

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

Spostamento ultimo piano (m)

H=8m; B=8m

step 1

step 2

step 4

step 7

step 9

step 12

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APPENDICE A 265

2. Curva di capacità del modello telaio (H=4m; B=4m)

Grafico A.33 - Curva di capacità e punti significativi

n° step Taglio alla base U1 (nodo 2) [KN] [m]

1 1249,543 0,007246

2 1602,428 0,011656

5 3137,923 0,31286

6 3262,31 0,415331

7 2985,971 0,485219

8 2979,006 0,584369 Tabella A.45 - Punti che definiscono la curva di capacità

I punti utili a definire la curva sono:

“step 1” dove si snervano le due cerniere dell'asta compressa;

“step 2” dove si snervano le due cerniere dell'asta tesa;

“step 5” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono il limite a

rottura prima della perdita di resistenza;

“step 6” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono il limite a rottura

prima della perdita di resistenza;

“step 7” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono la completa

perdita di resistenza;

“step 8” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono la completa perdita di

resistenza.

0,00

500,00

1000,00

1500,00

2000,00

2500,00

3000,00

3500,00

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

Spostamento ultimo piano (m)

H=4m; B=4m

step 1

step 2

step 5

step 6

step 7

step 8

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_________________________________________________________________________

APPENDICE A 266

A.5 - BIBLIOGRAFIA

[9] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of

buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),

November 2000.

[25] EN 1993-1-1: 2005, “Eurocode 3 – Design of steel structures – Part 1-1: General rules

and rules for buildings”, Brussels, Maggio 2005.

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_________________________________________________________________________

APPENDICE B 267

APPENDICE B – APPLICAZIONE DEL METODO N2 [26]

B.1 - INTRODUZIONE

Il metodo si articola nei seguenti punti:

1) Si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

2) Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD dove Rμ=f(μ;T;Tc)

3) Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL

4) Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente

Figura B.1 - Sistema e diagramma bilineare equivalente [19]

La forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti

grandezze Fb e dc del sistema reale dalle relazioni:

F* = Fb / Γ

d* = dc / Γ

dove Γ è il “fattore di partecipazione modale” definito dalla relazione:

Γ = φT M τ / φT M φ

Il vettore τ è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma

considerata; il vettore φ è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale

normalizzato; la matrice M è la matrice di massa del sistema reale.

5) Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL

6) Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL

7) Valutazione della prestazione (capacità) tramite il Performance Point

-

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APPENDICE B 268

B.2 - MODELLO TELAIO REGOLARE IN ALTEZZA

Studiamo un telaio così composto:

Figura B.2 - Telaio 2D

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonna HE300B 4 S355

Trave IPE200 4 S355 Tabella B.1 - Elementi costituenti il telaio 2D

B.2.1 - Materiale

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali

delle proprietà dell’acciaio:

modulo elastico E = 210.000 N/mm²

modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²

coefficiente di Poisson ν = 0,3

coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1

(per temperature fino a 100 °C)

densità ρ = 7850 kg/m3

Il tipo di acciaio utilizzato nel telaio preso in esame è riportato in tabella:

ACCIAIO ftk (N/mm2) fyk(N/mm2) γmo fyd(N/mm2) Es(N/mm2)

S355 510 355 1,05 338,1 210000 Tabella B.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm

L’acciaio utilizzato per il telaio è S355 al quale è stato dato un legame elasto-plastico ed è

stato così definito:

deformazione di snervamento εy =0,169%

deformazione ultima εu =5%

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APPENDICE B 269

Grafico B.1 - Curva tensione-deformazione acciaio S355

B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356

B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356

B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame

costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura B.3 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell’incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera

plastica flessionale.

-600000

-400000

-200000

0

200000

400000

600000

-0,25 -0,15 -0,05 0,05 0,15 0,25

σ[K

N/m

2 ]

ε [-]

Legame σ-ε

Bilineare

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APPENDICE B 270

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non lineari della

sezione IPE200 considerata, soggetta a flessione, risultano espressi nella tabella 5-6 delle

FEMA 356:

Figura B.4 - Tabella 5-6 [9]

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APPENDICE B 271

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione

IPE200.

Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità richieste dalle

FEMA:

bf = 100 mm

bf = 3,937 in

tf = 8,5 mm

tf = 0,3346 in

hw = 183 mm => hw = 7,2047 in

tw = 5,6 mm

tw = 0,2205 in

fy = 355000 KN/m²

Fye = 51,488 Kip/in²

Adesso vediamo quale è il nostro caso:

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

= 5,88 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

= 32,68

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

<52

√𝐹𝑦𝑒

= 7,25 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

<418

√𝐹𝑦𝑒

= 58,25 → siamo nel caso "a"

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso

“a” evidenziati in figura:

Figura B.5 - Particolare della Tabella 5-6 [9]

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APPENDICE B 272

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura B.6 - Definizione della rotazione di corda [9]

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della trave allora per il calcolo

di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑏

6 𝐸 𝐼𝑏

Z = 0,00021 m3 Fye = 355000 KN/m²

lb = 4 m => θy = 0,0128

E = 2,1E+08 KN/m² Ib = 1,8E-05 m4

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lb = Lunghezza della trave;

Ib = Momento di inerzia della trave;

E = Modulo di elasticità.

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APPENDICE B 273

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione primari secondari

a b c IO LS CP LS CP

0,1152 0,1408 0,6 0,0128 0,0768 0,1024 0,1152 0,1408 Tabella B.3 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera flessionale:

𝑀𝑝𝑙 = 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Mpl (KNm) 74,48

θy (-) 0,01280 Tabella B.4 - Fattori di scala (SF)

Punto M / Mpl θ / θy

E- -0,6 -11

D- -0,6 -9

C- -1,27 -9

B- -1 0

A 0 0

B 1 0

C 1,27 9

D 0,6 9

E 0,6 11 Tabella B.5 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

Grafico B.2 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

-15 -10 -5 0 5 10 15

M /

Mp

l

θ / θy

Legame Momento-Rotazione (adimens.)

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APPENDICE B 274

Punto M (KNm) θ (-)

E- -44,7 -0,1408

D- -44,7 -0,1152

C- -94,6 -0,1152

B- -74,5 0,0000

A 0,0 0,0000

B 74,5 0,0000

C 94,6 0,1152

D 44,7 0,1152

E 44,7 0,1408 Tabella B.6 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Punto M (KNm) θ (-)

-IO -76,7 -0,0128

-LS -87,9 -0,0768

-CP -92,4 -0,1024

IO 76,7 0,0128

LS 87,9 0,0768

CP 92,4 0,1024 Tabella B.7 - Coordinate dei Criteri di Accettazione

Grafico B.3 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

-100

-75

-50

-25

0

25

50

75

100

-0,20 -0,15 -0,10 -0,05 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20M (

KN

m)

θ (-)

Legame Momento-Rotazione

IO

LS

CP

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APPENDICE B 275

La cerniera flessionale così definita è stata inserita manualmente nel programma di calcolo

SAP2000:

Figura B.7 - Tipo di cerniera (SAP2000)

Figura B.8 - Proprietà cerniera (SAP2000)

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APPENDICE B 276

B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso-flessionale FEMA 356

B.2.2.2.1 - Dominio di interazione

Il primo passo sarà quello di calcolare il dominio di interazione P-M per la sezione

considerata; tale dominio lo si otterrà secondo NTC-08 e FEMA-356 e sarà poi definito nel

programma SAP2000.

Dominio di interazione N-M secondo NTC-08

Riassumiamo le grandezze di interesse della colonna:

Elemento strutturale Profilo L (m) Materiale A (cm2) Wpl,y(cm3) Npl(KN) Mpl,y,Rd(KNm)

Colonna HE300B 4 S355 142,82 1790,47 5070,1 635,6 Tabella B.8 - Grandezze della colonna

Per sezioni a doppio T di classe 1-2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso

flessione si ha:

1. Nel piano dell’anima:

𝑀𝑁,𝑦,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑

(1 − 𝑛)

(1 − 0,5𝑎)≤ 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑

2. Nel piano delle ali:

a) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 𝑝𝑒𝑟 𝑛 ≤ 𝑎

b) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 [1 − (𝑛−𝑎

1−𝑎)

2

] 𝑝𝑒𝑟 𝑛 > 𝑎

Dove: 𝑛 =𝑁𝐸𝑑

𝑁𝑝𝑙,𝑅𝑑 ; 𝑎 =

(𝐴−2𝑏 𝑡𝑓)

𝐴≤ 0,5 𝑐𝑜𝑛 {

𝐴 = area lorda della sezione𝑏 = 𝑙𝑎𝑟𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖𝑡𝑓 = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖

Per il nostro telaio 2D si avrà soltanto il caso “1”.

L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ:

χ = 0,8257

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APPENDICE B 277

A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M3:

Grafico B.4 – Dominio N-M3

Dominio di interazione P-M secondo FEMA-356

Riassumiamo le grandezze di interesse della colonna:

Elemento strutturale Profilo L (m) Materiale Ag (cm2) Z (cm3) Pye (KN) Z Fye (KNm)

Colonna HE300B 4 S355 142,82 1790,47 5070,1 635,6 Tabella B.9 - Grandezze della colonna

La resistenza flessionale attesa per l’elemento colonna sarà:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa nel membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ = 0,8257

-6000

-4000

-2000

0

2000

4000

6000

-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K

N]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

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APPENDICE B 278

A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M3:

Grafico B.5 - Dominio N-M3

Con il programma SAP2000 è possibile definire tale dominio, con l’unica accortezza di

accertare la convessità della curva stessa.

Figura B.9 - Definizione della curva di interazione N-M3

-6000

-4000

-2000

0

2000

4000

6000

-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K

N]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

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APPENDICE B 279

Grafico B.6 - Confronto FEMA-356 / SAP2000

Confronto tra NTC-08 e FEMA-356

A parità di coefficiente di instabilità abbiamo trovato queste due curve di interazione P-M:

Grafico B.7 - Confronto NTC-08 / FEMA-356

-6000

-4000

-2000

0

2000

4000

6000

-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K

N]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

FEMA 356

SAP2000

-6000

-4000

-2000

0

2000

4000

6000

-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K

N]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

NTC-2008

FEMA 356

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APPENDICE B 280

I due domini sono quasi equivalenti, in particolare quello secondo NTC-08 risulta più

cautelativo.

B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera

Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame

costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:

Figura B.10 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]

La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo

snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della

pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto

C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla

deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D

la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A

deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.

Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la

pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.

Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera

plastica presso/tenso-flessionale.

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non lineari della

sezione HE300B considerata, soggetta sia a sforzo normale che a flessione, risultano

espressi nella tabella 5-6 delle FEMA 356 in funzione prima di tutto del rapporto fra lo

sforzo normale agente P e il più piccolo valore di capacità a compressione assiale PCL. Le

FEMA-356 per un’analisi Pushover in controllo di spostamento impongono due campi

all’interno dei quali può variare il valore dello sforzo assiale agente P:

1. P/PCL < 0,2

2. 0,2 < P/PCL <0,5

Il programma SAP2000 consiglia l’utilizzo di almeno tre curve momento rotazione per

definire il legame di una cerniera presso/tenso-flessionale secondo FEMA-356 capace di

considerare la variabilità dello sforzo assiale. In base ai campi sopra definiti si troveranno

questi sforzi assiali:

PCL = χ Ag Fye = -4186,4 KN

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APPENDICE B 281

for 0,2 < P/PCL < 0,5

for P/PCL < 0,2

P/PCL [-] P [KN]

P/PCL [-] P [KN]

0,5 -2093,195

0,2 -837,278

0,499994 -2093,168

0,199997 -837,267

0,200997 -841,4534

0,2 -837,278

Tabella B.10 - Sforzi assiali caratteristici dei due campi

In corrispondenza dei tre sforzi assiali caratteristici determinati troviamo tre punti del

dominio di interazione N-M3 e quindi siamo capaci di delimitare i due campi di interesse.

for 0,2 < P/PCL < 0,5

for P/PCL < 0,2

P / PCL = 0,4999

P / PCL = 0,1999

N M

N M

[KN] [KN m]

[KN] [KN m]

0 0

0 0

-2093,1680 353,4772

-837,2670 565,5581

P / PCL = 0,2009

N M

[KN] [KN m]

0 0

-841,4534 564,8512

Tabella B.11 - Punti caratteristici dei due campi del dominio P-M

Grafico B.8 - Visualizzazione dei due campi di interesse

-4500

-4000

-3500

-3000

-2500

-2000

-1500

-1000

-500

0

0 200 400 600 800

N[KN]

M [KN m]

INTERAZIONE N-M3

P / PCL = 0,4999

P / PCL = 0,2009

P / PCL = 0,1999

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APPENDICE B 282

CURVA 1

P = -2093,168 KN => P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5

Figura B.11 - Tabella 5-6 [9]

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APPENDICE B 283

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione

HE300B. Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità

richieste dalle FEMA:

bf = 300 mm

bf = 11,811 in

tf = 19 mm

tf = 0,748 in

hw = 262 mm => hw = 10,315 in

tw = 11 mm

tw = 0,4331 in

fy = 355000 KN/m²

Fye = 51,488 Kip/in²

Adesso vediamo quale è il nostro caso:

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

= 7,89 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

= 23,82

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

>52

√𝐹𝑦𝑒

= 7,25 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

<260

√𝐹𝑦𝑒

= 36,23 → non siamo nel caso "a"

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

<65

√𝐹𝑦𝑒

= 9,06 𝑜 ℎ𝑤

𝑡𝑤

<400

√𝐹𝑦𝑒

= 55,74 → non siamo nel caso "b"

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso

“c” evidenziati in figura, ottenuti tramite interpolazione lineare tra i valori del caso “a” e

“b” per entrambe le snellezze della flangia (primo termine) e dell’anima (secondo termine),

e dovrebbe essere usato il valore risultante più basso:

Figura B.12 - Particolare della Tabella 5-6 [9]

_3: Plastic rotation = 11 (1-1,7 P/PCL) θy = 1,65 θy

_4: Plastic rotation = 17 (1-1,7 P/PCL) θy = 2,55 θy

_5: Plastic rotation = 8 (1-1,7 P/PCL) θy = 1,20 θy

_6: Plastic rotation = 14 (1-1,7 P/PCL) θy = 2,10 θy

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APPENDICE B 284

Adesso interpoliamo sia per la snellezza delle ali che per quella dell’anima e poi prendiamo

il valore minore per ciascun parametro di modellazione e criterio di accettazione:

snellezza ali

Caso a Caso c Caso b

a / θy 1,65 1,42 1,00 b / θy 2,55 2,17 1,50 LS / θy 1,20 0,95 0,50

Caso c

CP / θy 1,65 1,35 0,80

a / θy 1,42

=> b / θy 2,17

snellezza anima

LS / θy 0,95

Caso a Caso c Caso b

CP / θy 1,35

a / θy 1,65 2,06 1,00

b / θy 2,55 3,22 1,50

LS / θy 1,20 1,65 0,50 CP / θy 1,65 2,19 0,80

Tabella B.12 - Valori ottenuti mediante interpolazione lineare

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura B.13 - Definizione della rotazione di corda [9]

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APPENDICE B 285

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il

calcolo di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐

(1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

)

Z = 0,0017905 m3 Fye = 355000 KN/m² lc = 4 m E = 210000000 KN/m² => θy = 0,005

Ic = 0,0002419 m4 P = 2093,168 KN

Pye = 5070,11 KN

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lc = Lunghezza della colonna;

Ic = Momento di inerzia della colonna;

E = Modulo di elasticità;

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione primari secondari

a b C IO LS CP LS CP

0,0069 0,0107 0,2 0,0012 0,0047 0,0066 - - Tabella B.13 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera presso/tenso-flessionale:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Mpl (KNm) 440,38

θy (-) 0,00490 Tabella B.14 - Fattori di scala (SF)

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APPENDICE B 286

Punto M / Mpl θ / θy

A 0 0

B 1 0

C 1,04 1,42

D 0,2 1,42

E 0,2 2,17 Tabella B.15 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

Grafico B.9 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

Punto M (KNm) θ (-)

A 0,0 0,0000

B 440,4 0,0000

C 459,1 0,0069

D 88,1 0,0069

E 88,1 0,0107 Tabella B.16 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Punto M (KNm) θ (-)

IO 443,7 0,0012

LS 452,9 0,0047

CP 458,2 0,0066 Tabella B.17 - Coordinate dei Criteri di Accettazione

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 0,5 1 1,5 2 2,5

M /

Mp

l

θ / θy

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Legame Momento-Rotazione (adimens.)

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APPENDICE B 287

Grafico B.10 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

0,000 0,002 0,004 0,006 0,008 0,010 0,012

M (

KN

m)

θ (-)

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Legame Momento-Rotazione

IO

LS

CP

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APPENDICE B 288

CURVA 2

P = -841,453 KN => P/PCL = 0,2009 => 0,2 < 0,2009 < 0,5

Figura B.14 - Tabella 5-6 [9]

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APPENDICE B 289

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione

HE300B. Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità

richieste dalle FEMA:

bf = 300 mm

bf = 11,811 in

tf = 19 mm

tf = 0,748 in

hw = 262 mm => hw = 10,315 in

tw = 11 mm

tw = 0,4331 in

fy = 355000 KN/m²

Fye = 51,488 Kip/in²

Adesso vediamo quale è il nostro caso:

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

= 7,89 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

= 23,82

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

>52

√𝐹𝑦𝑒

= 7,25 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

<260

√𝐹𝑦𝑒

= 36,23 → non siamo nel caso "a"

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

<65

√𝐹𝑦𝑒

= 9,06 𝑜 ℎ𝑤

𝑡𝑤

<400

√𝐹𝑦𝑒

= 55,74 → non siamo nel caso "b"

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso

“c” evidenziati in figura, ottenuti tramite interpolazione lineare tra i valori del caso “a” e

“b” per entrambe le snellezze della flangia (primo termine) e dell’anima (secondo termine),

e dovrebbe essere usato il valore risultante più basso:

Figura B.15 - Particolare della Tabella 5-6 [9]

_3: Plastic rotation = 11 (1-1,7 P/PCL) θy = 7,24 θy

_4: Plastic rotation = 17 (1-1,7 P/PCL) θy = 11,19 θy

_5: Plastic rotation = 8 (1-1,7 P/PCL) θy = 5,27 θy

_6: Plastic rotation = 14 (1-1,7 P/PCL) θy = 9,22 θy

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APPENDICE B 290

Adesso interpoliamo sia per la snellezza delle ali che per quella dell’anima e poi prendiamo

il valore minore per ciascun parametro di modellazione e criterio di accettazione:

snellezza ali

Caso a Caso c Caso b

a / θy 7,24 5,01 1,00 b / θy 11,19 7,73 1,50 LS / θy 5,27 3,56 0,50

Caso c

CP / θy 7,24 4,94 0,80

a / θy 5,01

=> b / θy 7,73

snellezza anima

LS / θy 3,56

Caso a Caso c Caso b

CP / θy 4,94

a / θy 7,24 11,21 1,00

b / θy 11,19 17,36 1,50

LS / θy 5,27 8,30 0,50 CP / θy 7,24 11,34 0,80

Tabella B.18 – Valori ottenuti mediante interpolazione lineare

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura B.16 - Definizione della rotazione di corda [9]

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APPENDICE B 291

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il

calcolo di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐

(1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

)

Z = 0,0017905 m3 Fye = 355000 KN/m² lc = 4 m E = 210000000 KN/m² => θy = 0,007

Ic = 0,0002419 m4 P = 841,453 KN

Pye = 5070,11 KN

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lc = Lunghezza della colonna;

Ic = Momento di inerzia della colonna;

E = Modulo di elasticità;

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione primari secondari

a b C IO LS CP LS CP

0,0349 0,0538 0,2 0,0017 0,0248 0,0344 - - Tabella B.19 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera presso/tenso-flessionale:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Mpl (KNm) 625,551

θy (-) 0,007 Tabella B.20 - Fattori di scala (SF)

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APPENDICE B 292

Punto M / Mpl θ / θy

A 0 0

B 1 0

C 1,15 5,01

D 0,2 5,01

E 0,2 7,73 Tabella B.21 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

Grafico B.11 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

Punto M (KNm) θ (-)

A 0,0 0,0000

B 625,6 0,0000

C 719,6 0,0349

D 125,1 0,0349

E 125,1 0,0538 Tabella B.22 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Punto M (KNm) θ (-)

IO 630,2 0,0017

LS 692,4 0,0248

CP 718,2 0,0344 Tabella B.23 - Coordinate dei Criteri di Accettazione

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

1,4

0 2 4 6 8 10

M /

Mp

l

θ / θy

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Legame Momento-Rotazione (adimens.)

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APPENDICE B 293

Grafico B.12 – Legame MOMENTO-ROTAZIONE

0

100

200

300

400

500

600

700

800

0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06

M (

KN

m)

θ (-)

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Legame Momento-Rotazione

IO

LS

CP

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APPENDICE B 294

CURVA 3

P = -837,267 KN => P/PCL = 0,1999 < 0,2

Figura B.17 - Tabella 5-6 [9]

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APPENDICE B 295

Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione

HE300B. Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità

richieste dalle FEMA:

bf = 300 mm

bf = 11,811 in

tf = 19 mm

tf = 0,748 in

hw = 262 mm => hw = 10,315 in

tw = 11 mm

tw = 0,4331 in

d = 300 mm

d = 11,811 in

fy = 355000 KN/m²

Fye = 51,488 Kip/in²

Adesso vediamo quale è il nostro caso:

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

= 7,89 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

= 23,82

𝑏𝑓

2𝑡𝑓

>52

√𝐹𝑦𝑒

= 7,25 𝑒 ℎ𝑤

𝑡𝑤

<300

√𝐹𝑦𝑒

= 41,81 → non siamo nel caso "a"

𝑑𝑏𝑓

2𝑡𝑓

= 93,24

𝑑𝑏𝑓

2𝑡𝑓

>65

√𝐹𝑦𝑒

= 9,06 𝑜 ℎ𝑤

𝑡𝑤

<460

√𝐹𝑦𝑒

= 64,11 → siamo nel caso "b"

I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso

“b” evidenziati in figura:

Figura B.18 - Particolare della Tabella 5-6 [9]

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APPENDICE B 296

Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del

paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.

Figura B.19 - Definizione della rotazione di corda [9]

Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il

calcolo di θy è possibile usare questa equazione:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐

(1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

)

Z = 0,0017905 m3 Fye = 355000 KN/m² lc = 4 m E = 210000000 KN/m² => θy = 0,007

Ic = 0,0002419 m4 P = 837,267 KN

Pye = 5070,11 KN

Dove:

Z = Modulo della sezione plastica;

Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;

lc = Lunghezza della colonna;

Ic = Momento di inerzia della colonna;

E = Modulo di elasticità;

Page 343: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE B 297

P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non

lineare;

Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;

Ag = Area lorda della sezione orizzontale.

Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:

Criteri di accettazione

Parametri di modellazione primari secondari

a b c IO LS CP LS CP

0,02786 0,0418 0,2 0,0017 0,0139 0,0209 0,0209 0,0279 Tabella B.24 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]

Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della

cerniera presso/tenso-flessionale:

𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒

Mpl (KNm) 626,17

θy (-) 0,007 Tabella B.25 - Fattori di scala (SF)

Punto M / Mpl θ / θy

A 0 0

B 1 0

C 1,12 4

D 0,2 4

E 0,2 6 Tabella B.26 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

Grafico B.13 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 2 4 6

M /

Mp

l

θ / θy

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Legame Momento-Rotazione…

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APPENDICE B 298

Punto M (KNm) θ (-)

A 0,0 0,0000

B 626,2 0,0000

C 701,3 0,0279

D 125,2 0,0279

E 125,2 0,0418 Tabella B.27 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Punto M (KNm) θ (-)

IO 630,9 0,0017

LS 663,7 0,0139

CP 682,5 0,0209 Tabella B.28 - Coordinate dei Criteri di Accettazione

Grafico B.14 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE

Confrontiamo le tre curve dimensionalizzate:

Grafico B.15 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE delle 3 curve

0

100

200

300

400

500

600

700

800

0,00 0,01 0,02 0,03 0,04

M (

KN

m)

θ (-)

Legame MOMENTO-ROTAZIONE

LegameMomento-RotazioneIO

LS

0

100

200

300

400

500

600

700

800

0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06

M (

KN

m)

θ (-)

CURVA 1

CURVA 2

CURVA 3

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APPENDICE B 299

La cerniera a presso/tenso-flessione così definita è stata inserita nel programma di calcolo

SAP2000:

Figura B.20 - Tipo di cerniera

Figura B.21 - Interazione P-M3

Page 346: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE B 300

Figura B.22 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 1)

Figura B.23 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 2)

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APPENDICE B 301

Figura B.24 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 3)

Figura B.25 - Definizione della curva di interazione P-M3

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APPENDICE B 302

Il SAP2000 sembra fissare una fattore di scala uguale per le tre curve anche se soggette a

diversi sforzi normali, mentre in realtà gli effetti di tali sforzi sulla rotazione θy vengono

considerati direttamente nei valori delle tabelle descriventi il legame della cerniera.

La formula completa per la rotazione a snervamento data dalle FEMA-356 è la seguente:

𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐

6 𝐸 𝐼𝑐

(1 −𝑃

𝑃𝑦𝑒

)

Il SAP2000 invece la scompone così:

1. Inserisce in figura 20 una rotazione a snervamento calcolata come se l’elemento

fosse una trave

θy(SAP) =Z Fye lc

6 E Ic

2. Calcola il fattore che tiene conto degli effetti prodotti dallo sforzo normale e lo

moltiplica per tutti i valori della tabella del legame Momento-Rotazione

(1 −P

Pye

)

Ad esempio considerando il caso della curva 3 abbiamo:

θy(SAP) =Z Fye lc

6 E Ic

= 0,00834

(1 −P

Pye

) = 0,83486

Inseguito al prodotto di questo fattore per le rotazioni adimensionalizzate corrispondenti al

caso “b” per P/PCL < 0,2 si ottiene il medesimo legame Momento-Rotazione calcolato dal

SAP come in figura 23.

Punto M / Mpl θ / θy

A 0 0

B 1 0

C 1,12 3,3394

D 0,2 3,3394

E 0,2 5,0092 Tabella B.29 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)

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APPENDICE B 303

B.2.3 - Analisi PUSHOVER

Si passa ora a mostrare l’analisi di pushover al fine di ottenere la curva di capacità della

struttura analizzata e visualizzare così quali sono i meccanismi di collasso che la

contraddistinguono.

L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:

Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo push-v ,di analisi non lineare a

Load control per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio, il

carico permanente e quello accidentale.

Figura B.26 - Analisi non lineare push-v.

Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato push , che avrà come base

di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale

appositamente definito. Questo caso sarà a displacement control.

Figura B.27 - Analisi non lineare push.

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_________________________________________________________________________

APPENDICE B 304

Per la struttura in esame si considera solo lo stato limite di collasso (SLC) e sono scelte due

distribuzioni di carico invarianti:

1. una distribuzione proporzionale alle masse;

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖

𝑀𝑡𝑜𝑡

2. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo

modo di vibrare.

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

Dove 𝜑𝑖 sono gli spostamenti modali normalizzati rispetto al massimo spostamento

modale.

La seconda distribuzione è possibile secondo le NTC-08 solo se il modo di vibrare

fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al

75%, i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi modale della struttura ci

confortano:

TABLE: Modal Participating Mass Ratios

OutputCase StepType StepNum Period UX UY UZ

Text Text Unitless Sec Unitless Unitless Unitless

MODAL Mode 1 0,647434 0,76617 0 0

MODAL Mode 2 0,15173 0,18111 0 0

MODAL Mode 3 0,066792 0,05272 0 0 Tabella B.30 - Valori di partecipazione di massa ottenuti con SAP2000

Questo tipo di distribuzioni (invarianti) conduce a valutazioni della risposta della struttura

approssimate sebbene tale approssimazione sia ancora buona per strutture basse o medio

alte in cui gli effetti dei modi alti sono probabilmente minimi e la plasticizzazione ben

distribuita in altezza.

Le distribuzioni di forze sono:

PIANO MASSA [KNs2/m] Mi / Mtot F [KN]

3 3,06 0,30 30,37

2 3,51 0,35 34,82

1 3,51 0,35 34,82

tot 10,08 1 100 Tabella B.31 - Distribuzione proporzionale alle masse

PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]

3 3,06 0,429282 1 3,06 0,52 51,88

2 3,51 0,259406 0,60 2,12 0,36 35,94

1 3,51 0,087985 0,20 0,72 0,12 12,19

tot 10,08 5,90 1 100 Tabella B.32 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

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APPENDICE B 305

Grafico B.16 - Distribuzione delle Forze

B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico B.17 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura una

interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello spettro di

risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

0

4

8

12

0 10 20 30 40 50 60

H [

m]

F [KN]

Proporzionale alle masse

Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del modo divibrare principale

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APPENDICE B 306

Grafico B.18 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico B.19 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-

0.70T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗

bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari

ad 1.

0

2

4

6

8

10

12

0 10 20 30 40 50

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

0

50

100

150

200

250

300

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5

Tb [

KN

]

dc [m]

F_UNIF (MDOF)

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APPENDICE B 307

T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]

245,3 147,176 0,1917 767,564 208,500 208,377 2,1608

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

229,249 0,2987 2,1608 10,08 0,720

Tabella B.33 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

Grafico B.20 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* ≥ TC

T* = 0,720 s

Se (T*) = 6,827 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 22,738 m / s2

Figura B.28 - Calcolo della domanda [27]

0

50

100

150

200

250

300

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

Tb [

KN

]

dc [m]

F_UNIF (SDOF)

F_UNIF bilineare(SDOF)

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APPENDICE B 308

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico B.21 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance

Point:

Grafico B.22 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,720 6,827 8,967

Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:

P.P.

S (T*) [m/s2] d*max [cm]

6,827 8,967 Tabella B.34 - Performance Point per il sistema a un SDOF

0

5

10

15

20

25

0 50 100 150 200 250

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

C. di capacità

P.P.

d*max

0

2

4

6

8

10

12

0 10 20 30 40 50

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 355: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE B 309

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

8,9673 1 8,9673

Verifica

du [cm] =>

dmax<du

216,08 OK

q* =>

q*<3

0,3 OK

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico B.23 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

79,48 0,08967 Tabella B.35 - Performance Point per il sistema a MDOF

0

50

100

150

200

250

300

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5

Tb [

KN

]

dc [m]

F_UNIF (MDOF)

P.P.

dmax

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APPENDICE B 310

B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del primo modo di vibrare

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico B.24 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura

una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello

spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei

valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico B.25 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali

uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a

(2π/T)2].

0

2

4

6

8

10

12

0 10 20 30 40 50

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

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APPENDICE B 311

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico B.26 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗

bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione modale Γ così definito:

𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖

∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2

dove Φ rappresenta il vettore deformata del primo modo.

PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ

3 3,06 0,4293 1 3,06 3,06 1,314

2 3,51 0,2594 0,60 2,12 1,28

1 3,51 0,0880 0,20 0,72 0,15

Tot 10,08 5,90 4,49 Tabella B.36 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale

0

50

100

150

200

250

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5

Tb [

KN

]

dc [m]

F_1°modo (MDOF)

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APPENDICE B 312

Grafico B.27 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale

T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]

152,928 91,757 0,1775 516,876 129,989 129,839 1,6690

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

143,250 0,2771 1,6690 5,90 0,6714

Tabella B.37 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

Grafico B.28 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* ≥ TC

T* = 0,671 s

Se (T*) = 7,322 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 24,270 m / s2

0

50

100

150

200

250

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5

Tb [

KN

]

dc [m]

F_1°modo (MDOF)

F_1°modo (SDOF)

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0

Tb [

KN

]

dc [m]

F_1°modo (SDOF)

F_1°modo bilineare (SDOF)

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APPENDICE B 313

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico B.29 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance

Point:

Grafico B.30 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,671 7,322 8,361

Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:

P.P.

S (T*) [m/s2] d*max [cm]

7,322 8,361 Tabella B.38 - Performance Point per il sistema a un SDOF

0

5

10

15

20

25

30

0 50 100 150 200

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

C. di capacità

P.P.

0

2

4

6

8

10

12

0 10 20 30 40 50

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico (SLC)

TB (SLC)

TC (SLC)

TD (SLC)

C. di capacità

P.P.

d*max

Page 360: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE B 314

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

8,3611319 1,314255 10,988659

Verifica

du [cm] =>

dmax<du

219,35 OK

q* =>

q*<3

0,3 OK

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico B.31 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

73,693 0,1099 Tabella B.39 - Performance Point per il sistema a un MDOF

A questo punto dobbiamo considerare come spostamento massimo, ovvero il Performance

Point della struttura (P.P.), quello maggiore tra il caso 1 e il caso 2:

dmax (CASO 1) = 8,967 cm

dmax (P.P.) = 10,99 cm

dmax (CASO 2) = 10,99 cm

0

50

100

150

200

250

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5

Tb [

KN

]

dc [m]

F_1°modo (MDOF)

P.P.

dmax

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_________________________________________________________________________

APPENDICE B 315

B.3 - BIBLIOGRAFIA

[9] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of

buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),

November 2000.

[19] Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (2008), “Bozza di Istruzioni per l’applicazione

delle Norme tecniche per le Costruzioni”, aggiornamento al 07/03/2008.

[26] P. Fajfar (2000), “A nonlinear analysis method for performance-based seismic design”,

Earthquake Spectra, 16(3): 573-592.

[27] E. Del Monte (2010), “L’analisi statica non lineare secondo il D.M. 14/01/2008”,

Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Firenze, Firenze,

26/04/2010.

Page 362: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE C 316

APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA [20]

C.1 - INTRODUZIONE

L’analisi modale pushover di Chopra e Goel (2001) consiste essenzialmente nell’eseguire

tante analisi statiche non lineari quanti sono i modi di vibrare significativi, ognuna con una

distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo considerato. Per

ogni modo si ha:

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖

successivamente si determina la risposta globale combinando i singoli effetti ottenuti da

ciascuna analisi tramite la combinazione SRSS:

𝑑 = (∑ 𝑑𝑖2

𝑁

𝑖=1

)

1/2

C.2 - MODELLO TELAIO IRREGOLARE IN ALTEZZA

Studiamo un telaio 2D così composto:

Figura C.1 - Telaio 2D

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonne 1°, 2° e 3° piano HE300B 4 S355

Colonne 4°, 5°, 6° e 7° piano HE300B 3 S355

Travi IPE200 4 S355 Tabella C.1 - Elementi costituenti il telaio 2D

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APPENDICE C 317

C.2.1 - Materiale

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali

delle proprietà dell’acciaio:

modulo elastico E = 210.000 N/mm²

modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²

coefficiente di Poisson ν = 0,3

coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1

(per temperature fino a 100 °C)

densità ρ = 7850 kg/m3

Il tipo di acciaio utilizzato nel telaio preso in esame è riportato in tabella:

ACCIAIO ftk (N/mm2) fyk(N/mm2) γmo fyd(N/mm2) Es(N/mm2)

S355 510 355 1,05 338,1 210000 Tabella C.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm

L’acciaio utilizzato per il telaio è S355 al quale è stato dato un legame elasto-plastico ed è

stato così definito:

deformazione di snervamento εy =0,169%

deformazione ultima εu =5%

Grafico C.1 - Curva tensione-deformazione acciaio S355

-600000

-400000

-200000

0

200000

400000

600000

-0,25 -0,15 -0,05 0,05 0,15 0,25σ[K

N/m

2 ]

ε [-]

LEGAME COSTITUTIVO

Legame σ-ε

Bilineare

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APPENDICE C 318

C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356

La definizione dei legami delle cerniere plastiche a presso/tenso-flessione per le colonne e a

flessione per le travi sono state definite con la stessa procedura utilizzata in “APPENDICE

B”.

C.2.3 - Analisi PUSHOVER

Si passa ora a mostrare l’analisi di pushover al fine di ottenere la curva di capacità della

struttura analizzata e visualizzare così quali sono i meccanismi di collasso che la

contraddistinguono.

L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:

Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo push-v ,di analisi non lineare a

Load control per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio, il

carico permanente e quello variabile.

Figura C.2 - Analisi non lineare PUSH-V.

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APPENDICE C 319

Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato push , che avrà come base

di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale

appositamente definito. Questo caso sarà a displacement control.

Figura C.3 - Analisi non lineare PUSH-1modo.

Per la struttura in esame è stato necessario considerare gli effetti dei modi di vibrare

superiori. Il tipo di analisi utilizzata per risolvere questo problema è la MPA (Analisi

Modale Pushover, Chopra e Goel [2001]), che consiste nel condurre tante analisi Pushover

quanti sono i modi di vibrare significativi utilizzando profili delle forze laterali diversi, che

rappresentino la risposta della struttura relativa a quel modo.

Le diverse curve di capacità così ottenute vengono trasformate in quelle dei sistemi SDOF

equivalenti e successivamente idealizzate rendendole bilineari. Vengono quindi valutate

separatamente le richieste in termini di deformazioni spettanti ad ognuno dei sistemi SDOF

ed infine combinate con il metodo SRSS.

Si considera solo lo stato limite di collasso (SLC) e sono state scelte quattro distribuzioni di

carico invarianti:

1. una distribuzione proporzionale alle masse;

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖

𝑀𝑡𝑜𝑡

2. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo

modo di vibrare.

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APPENDICE C 320

3. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo

modo di vibrare.

4. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo

modo di vibrare.

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖∙𝜑𝑖

∑ 𝑀𝑖∙𝜑𝑖𝑖

Dove 𝜑𝑖 sono gli spostamenti modali normalizzati rispetto al massimo spostamento

modale.

Secondo le NTC-08 è possibile utilizzare una distribuzione proporzionale al prodotto delle

masse per la deformata del modo fondamentale di vibrare solo se nella direzione considerata

ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%, mentre i valori di partecipazione di

massa ottenuti con l’analisi modale della struttura in esame sono:

TABLE: Modal Participating Mass Ratios

OutputCase StepType StepNum Period UX

Text Text Unitless Sec Unitless

MODAL Mode 1 1,309 0,60

MODAL Mode 2 0,417 0,24

MODAL Mode 3 0,216 0,08 Tabella C.3 - Valori di partecipazione di massa ottenuti con SAP2000

Le distribuzioni di forze sono:

PIANO MASSA [KNs2/m] Mi / Mtot F [KN]

7 3,38 0,08 8,00

6 4,04 0,10 9,56

5 4,04 0,10 9,56

4 4,04 0,10 9,56

3 4,26 0,10 10,08

2 10,80 0,26 25,56

1 11,70 0,28 27,69

tot 42,26 1,00 100,00 Tabella C.4 - Distribuzione proporzionale alle masse

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 321

Grafico C.2 - Distribuzione delle Forze

PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]

7 3,38 0,2953 1,000 3,38 0,20 17,71

6 4,04 0,2626 0,889 3,59 0,21 18,82

5 4,04 0,2223 0,753 3,04 0,18 15,94

4 4,04 0,1745 0,591 2,39 0,14 12,51

3 4,26 0,1224 0,414 1,77 0,10 9,25

2 10,8 0,0580 0,196 2,12 0,12 11,12

1 11,7 0,0183 0,062 0,73 0,04 3,80

tot 42,26

17,02 1,00 89,14 Tabella C.5 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare

PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]

7 3,38 0,2520 1,000 3,38 -0,27 -23,94

6 4,04 0,1154 0,458 1,85 -0,15 -13,10

5 4,04 -0,0282 -0,112 -0,45 0,04 3,20

4 4,04 -0,1478 -0,587 -2,37 0,19 16,78

3 4,26 -0,2115 -0,839 -3,58 0,28 25,32

2 10,8 -0,1883 -0,747 -8,07 0,63 57,15

1 11,7 -0,0753 -0,299 -3,50 0,27 24,77

tot 42,26

-12,73 1,00 90,19 Tabella C.6 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo modo di vibrare

0

3

6

9

12

15

18

21

24

0 10 20 30

H [

m]

F [KN]

Proporzionale alle masse

Page 368: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

APPENDICE C 322

PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]

7 3,38 0,25347 1,000 3,38 0,47 13,65

6 4,04 -0,00939 -0,037 -0,15 -0,02 -0,60

5 4,04 -0,20072 -0,792 -3,20 -0,45 -12,92

4 4,04 -0,21741 -0,858 -3,47 -0,48 -14,00

3 4,26 -0,06445 -0,254 -1,08 -0,15 -4,38

2 10,8 0,16304 0,643 6,95 0,97 28,06

1 11,7 0,1029 0,406 4,75 0,66 19,19

tot 42,26

7,18 1,00 29,01 Tabella C.7 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo modo di vibrare

Grafico C.3 - Distribuzione delle Forze

0

3

6

9

12

15

18

21

24

-30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70

H [

m]

F [KN]

Proporzionale al prodotto dellemasse per la deformata del 1°modo di vibrare

Proporzionale al prodotto dellemasse per la deformata del 2°modo di vibrare

Proporzionale al prodotto dellemasse per la deformata del 3°modo di vibrare

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 323

C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico C.4 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura

una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello

spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei

valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico C.5 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 324

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico C.6 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗

bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari

ad 1.

T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]

416,2 249,707 0,4932 506,264 353,752 353,359 5,123

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

382,984 0,7565 5,123 42,26 1,815 Tabella C.8 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

0,0 2,0 4,0 6,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 325

Grafico C.7 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* ≥ TC

T* = 1,815 s

Se (T*) = 2,708 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 9,063 m / s2

Figura C.4 - Calcolo della domanda [27]

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

0,0 2,0 4,0 6,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (SDOF)

Curva bilineare (SDOF)

Page 372: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 326

Grafico C.8 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance

Point:

Grafico C.9 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,815 2,708 22,606

Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:

P.P.

S (T*) [m/s2] d*max [cm]

2,708 22,606 Tabella C.9 - Performance Point per il sistema a un SDOF

0

2

4

6

8

10

12

0 100 200 300 400 500 600

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

C.di Capacità

P.P.

Page 373: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 327

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

22,6058377 1 22,605838

Verifica

du [cm] =>

dmax<du

512,30 OK

q* =>

q*<3

0,3 OK

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico C.10 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

156,10 0,2261 Tabella C.10 - Performance Point per il sistema a MDOF

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

0,0 2,0 4,0 6,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

P.P.

dmax

Page 374: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 328

C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del primo modo di vibrare

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico C.11 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura

una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello

spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei

valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico C.12 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

Page 375: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 329

I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali

uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a

(2π/T)2].

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico C.13 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗

bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione modale Γ così definito:

𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖

∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2

dove Φ rappresenta il vettore deformata del primo modo.

0

50

100

150

200

250

300

0,0 1,0 2,0 3,0 4,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

Page 376: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 330

PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ

7 3,38 0,2953 1,000 3,38 3,38 1,483

6 4,04 0,2626 0,889 3,59 3,20

5 4,04 0,2223 0,753 3,04 2,29

4 4,04 0,1745 0,591 2,39 1,41

3 4,26 0,1224 0,414 1,77 0,73

2 10,8 0,0580 0,196 2,12 0,42

1 11,7 0,0183 0,062 0,73 0,04

tot 42,26

17,02 11,47 Tabella C.11 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale

Grafico C.14 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale

T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]

171,368 102,821 0,4792 214,547 145,663 146,615 2,696

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

157,609 0,7346 2,6964 17,02 1,769 Tabella C.12 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

0

50

100

150

200

250

300

0,0 1,0 2,0 3,0 4,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

Curva di capacità (SDOF)

Page 377: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 331

Grafico C.15 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* ≥ TC

T* = 1,769 s

Se (T*) = 2,778 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 9,263 m / s2

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico C.16 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (SDOF)

Curva bilineare (SDOF)

0

2

4

6

8

10

12

0 50 100 150 200 250 300

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

C.di Capacità

Page 378: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 332

Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance

Point:

Grafico C.17 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

1,769 2,778 22,035

Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:

P.P.

S (T*) [m/s2] d*max [cm]

2,778 22,035 Tabella C.13 - Performance Point per il sistema a un SDOF

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

22,035 1,483 32,685

Verifica

du [cm] =>

dmax<du

399,97 OK

q* =>

q*<3

0,3 OK

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

C.di Capacità

P.P.

Page 379: Tesi Specialistica - Andrea Demin

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile

_________________________________________________________________________

APPENDICE C 333

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico C18 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

113,77 0,3269 Tabella C.14 - Performance Point per il sistema a un MDOF

C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del secondo modo di vibrare

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico C.19 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento

0

50

100

150

200

250

300

0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

P.P.

Page 380: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 334

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura

una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello

spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei

valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico C.20 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali

uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a

(2π/T)2].

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico C.21 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

0

100

200

300

400

500

600

700

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

Page 381: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 335

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗

bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione modale Γ così definito:

𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖

∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2

dove Φ rappresenta il vettore deformata del secondo modo.

PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ

7 3,38 0,2520 1,000 3,38 3,38 0,809

6 4,04 0,1154 0,458 1,85 0,85

5 4,04 -0,0282 -0,112 -0,45 0,05

4 4,04 -0,1478 -0,587 -2,37 1,39

3 4,26 -0,2115 -0,839 -3,58 3,00

2 10,8 -0,1883 -0,747 -8,07 6,03

1 11,7 -0,0753 -0,299 -3,50 1,05

tot 42,26

-12,73 15,74 Tabella C.15 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale

Grafico C.22 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale

0

100

200

300

400

500

600

700

800

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

Curva di capacità (SDOF)

Page 382: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 336

T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]

714,589 428,753 0,4604 931,244 607,400 599,514 2,738

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

661,024 0,7098 2,7378 12,73 0,735 Tabella C.16 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

Grafico C.23 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* ≥ TC

T* = 0,735 s

Se (T*) = 6,691 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 38,848 m / s2

Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico C.24 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

0

100

200

300

400

500

600

700

800

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (SDOF)

Curva bilineare (SDOF)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

0 50 100 150 200 250 300

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

C.di Capacità

Page 383: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 337

Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance

Point:

Grafico C.25 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,735 6,691 9,149

Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:

P.P.

S (T*) [m/s2] d*max [cm]

6,691 9,149 Tabella C.17 - Performance Point per il sistema a un SDOF

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

9,149 0,809 7,401

Verifica

du [cm] =>

dmax<du

221,47 OK

q* =>

q*<3

0,17 OK

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

C.di Capacità

P.P.

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 338

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico C.26 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

203,2521 0,0740 Tabella C.18 - Performance Point per il sistema a un MDOF

C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata

del terzo modo di vibrare

1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce

l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.

Grafico C.27 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento

0

100

200

300

400

500

600

700

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

P.P.

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 339

2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura

una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello

spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei

valori delle ordinate.

𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇

2𝜋)

2

Grafico C.28 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)

I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali

uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a

(2π/T)2].

3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi

laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si

mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli

spostamenti di piano {Ф}.

Grafico C.29 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

0

100

200

300

400

500

600

700

0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

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APPENDICE C 340

4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare

equivalente.

a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70

T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗

bu

d∗0,60

b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.

Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di

partecipazione modale Γ così definito:

𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖

∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2

dove Φ rappresenta il vettore deformata del secondo modo.

PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ

7 3,38 0,253474 1,000 3,38 3,38 0,461

6 4,04 -0,009394 -0,037 -0,15 0,01

5 4,04 -0,200726 -0,792 -3,20 2,53

4 4,04 -0,217411 -0,858 -3,47 2,97

3 4,26 -0,064456 -0,254 -1,08 0,28

2 10,8 0,163041 0,643 6,95 4,47

1 11,7 0,10293 0,406 4,75 1,93

tot 42,26

7,18 15,56 Tabella C.19 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale

Grafico C.30 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

Curva di capacità (SDOF)

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APPENDICE C 341

T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)

[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]

1388,150 832,890 0,3109 2678,778 1179,928 1154,542 2,184

F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]

1275,781 0,4763 2,1836 7,18 0,325 Tabella C.20 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.

Grafico C.31 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente

5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:

TC = 0,532 s => T* < TC

T* = 0,325 s

Se (T*) = 9,233 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*

F*y / m* = 74,976 m / s2

Figura C.5 - Calcolo della domanda [27]

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (SDOF)

Curva bilineare (SDOF)

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APPENDICE C 342

Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

Grafico C.32 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance

Point:

Grafico C.33 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF

T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]

0,325 9,233 2,475

0

10

20

30

40

50

60

70

80

0 50 100 150 200 250

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

C.di Capacità

0

2

4

6

8

10

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40

S [m

/s2

]

SD [cm]

Sp. Elastico

TB

TC

TD

C.di Capacità

P.P.

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APPENDICE C 343

Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:

P.P.

S (T*) [m/s2] d*max [cm]

9,233 2,475 Tabella C.21 - Performance Point per il sistema a un SDOF

6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:

d*max [cm] Г dmax [cm]

2,475 0,461 1,142

Verifica

du [cm] =>

dmax<du

100,74 OK

q* =>

q*<3

0,12 OK

7. Valutazione della prestazione (capacità).

Grafico C.34 - Curva di Capacità e Performance Point

Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:

P.P.

Tb [KN] dmax [m]

70,11 0,0114 Tabella C.22 - Performance Point per il sistema a un MDOF

0

100

200

300

400

500

600

700

0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2

Tb [

KN

]

dc [m]

Curva di capacità (MDOF)

P.P.

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APPENDICE C 344

C.2.3.5 – Combinazione dei risultati e confronti

Una volta determinate separatamente le richieste in termini di deformazioni spettanti alla

struttura per i casi 2-3-4 le abbiamo combinate con il metodo SRSS.

1° modo 2° modo 3° modo SRSS

dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]

32,685 7,401 1,142 33,532 Tabella C.23 - Valori dei Perfomance Points

Come riscontrato in tabella, per la struttura in esame, l’aver considerato i primi tre modi di

vibrare ha dato un contributo tale da incrementare il P.P. del 3% circa.

A questo punto dobbiamo considerare come spostamento massimo, ovvero il “Performance

Point” della struttura (P.P.), quello maggiore tra il caso 1 e quello scaturito dalla

combinazione SRSS dei casi 2-3-4:

dmax (CASO 1) = 22,606 cm

dmax (P.P.) = 33,532 cm

dmax (SRSS) = 33,532 cm

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_________________________________________________________________________

APPENDICE C 345

C.3 - BIBLIOGRAFIA

[20] Chopra A.K., Goel R.K., (2001): “A modal pushover analysis procedure for estimating

seismic demands for buildings”, Earthquake Engineering Research Center, University of

California, Berkeley, 31 August 2001.

[27] E. Del Monte (2010), “L’analisi statica non lineare secondo il D.M. 14/01/2008”,

Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Firenze, Firenze,

26/04/2010.

Page 392: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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_________________________________________________________________________

APPENDICE D 346

APPENDICE D: TELAIO A NODI SEMI-RIGIDI

D.1 - MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO

Per modellare le zone pannello viene utilizzato il “modello non lineare con zone pannello”

descritto nella FEMA-355F, in particolare è stato utilizzato il modello Scissor.

Figura D.1 - Modello Scissor [4]

Le proprietà del modello Scissor sono determinate da quelle trovate per il modello

Krawinkler.

Le proprietà delle molle nel modello Krawinkler sono facilmente calcolate in termini di

proprietà fisiche.

Figura D.2 - Definizione della zona pannello [4]

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APPENDICE D 347

Il momento nella molla è uguale al taglio del pannello per l'altezza del pannello e la

rotazione è uguale alla deformazione di taglio nel pannello diviso l'altezza del pannello.

Quindi:

𝑀𝑦,𝐾 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = (0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡) ∙ 𝑑𝑏

𝜃𝑦,𝐾 =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏

𝐺 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡∙ (

1

𝑑𝑏

) =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏

𝐺 ∙ ∇𝑃

= 0,55 ∙𝐹𝑦

𝐺

dove:

db = profondità della trave

dc = profondità della colonna

t = spessore della zona pannello

G = modulo di taglio

Fy = tensione di snervamento

∇𝑃= 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏 = volume del pannello

Una volta determinati il momento e la rotazione di snervamento del pannello è possibile

determinare la rigidezza iniziale della molla rotazionale:

𝐾𝑦,𝐾 =𝑀𝑦,𝐾

𝜃𝑦,𝐾

Dal modello Krawinkler si passa a quello Scissor tramite i termini α e β che rappresentano

rispettivamente i rapporti tra l'effettiva profondità della colonna sulla lunghezza della

campata, e l'effettiva profondità della trave sull'altezza della colonna.

Figura D.3 - Tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave [5]

Page 394: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE D 348

𝑀𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)

𝐾𝑦,𝑆 =𝐾𝑦,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)2

Per la rigidezza post-snervamento si utilizza una rigidezza pari a 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆 con 𝛿 = 0,06.

D.2 - TELAIO 2D

Studiamo un telaio così composto:

Figura D.4 - Telaio 2D

Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale

Colonna HE320A 3 S275

Trave IPE400 5 S275 Tabella D.1 - Elementi costituenti il telaio 2D

D.2.1 - Materiale

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali

delle proprietà dell’acciaio:

modulo elastico E = 210.000 N/mm²

modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²

coefficiente di Poisson ν = 0,3

coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1

(per temperature fino a 100 °C)

densità ρ = 7850 kg/m3

Page 395: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE D 349

Il tipo di acciaio utilizzato nella trave presa in esame è riportato in tabella D.2:

ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)

S275 430 275 1,05 261,9 210000

Tabella D.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm

All’acciaio utilizzato è stato dato un legame elasto-plastico così definito sul SAP2000:

deformazione di snervamento εy =0,131%

deformazione ultima εu =20%

Figura D.5 - Curva tensione-deformazione acciaio S275

D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356

La definizione dei legami delle cerniere plastiche a presso-flessione per le colonne e a

flessione per le travi sono state definite con la stessa procedura utilizzata in “APPENDICE

B”.

D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi

Per il telaio in esame le campate delle travi sono le stesse su entrambi i lati della colonna, ed

è utilizzata per la colonna una singola sezione su tutta l'altezza. Le travi sono saldate alla

flangia della colonna.

Il nodo, nel quale si intersecano la colonna HE320A e le travi IPE 400, è definito dai

seguenti calcoli.

Modello Krawinkler

Rotazione di snervamento:

𝜃𝑦,𝐾 = 0,55 ∙𝐹𝑦

𝐺= 0,00197

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APPENDICE D 350

Momento di snervamento:

𝑀𝑦,𝐾 = (0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡) ∙ 𝑑𝑏 = 168,79 𝐾𝑁𝑚

Rigidezza iniziale della molla rotazionale per l’asse maggiore a flessione:

𝐾𝑦,𝐾 =𝑀𝑦,𝐾

𝜃𝑦,𝐾

= 85868,42 𝐾𝑁𝑚

Modello Scissor

Momento di snervamento:

𝑀𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)= 209,77 𝐾𝑁𝑚

Rigidezza iniziale della molla rotazionale per l’asse maggiore a flessione:

𝐾𝑦,𝑆 =𝐾𝑦,𝐾

(1 − 𝛼 − 𝛽)2= 132617,7 𝐾𝑁𝑚

Rigidezza di incrudimento:

𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 = 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆 = 7957,06 𝐾𝑁𝑚

Rotazione di snervamento:

𝜃𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝑆

𝐾𝑦,𝑆

= 0,00158

Rotazione ultima:

𝜃𝑢,𝑆 = 4𝜃𝑦,𝑆 = 0,00633

Momento ultimo:

𝑀𝑢,𝑆 = 𝑀𝑦,𝑆 + 𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 ∙ (𝜃𝑢,𝑆 − 𝜃𝑦,𝑆) = 247,53 𝐾𝑁𝑚

dove:

db = 0,4 m

dc = 0,31 m

t = 0,009 m

L = 5 m

H = 3 m

G = 80769231 KN/m2

Fy = 275000 KN/m2

α = 0,062

β = 0,133

δ = 0,06

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APPENDICE D 351

Definizione del legame Momento-Rotazione:

θ (-) M (KNm)

0 0

0,00158 209,77

0,00633 247,53 Tabella D.3 - Legame Momento-Rotazione

Grafico D.1 - Legame Momento-Rotazione

Nel SAP2000 è stato così definito:

Figura D.6 - Assegnazione zona pannello

0

50

100

150

200

250

300

0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007

M [

KN

m]

θ [-]

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APPENDICE D 352

Figura D.7 - Proprietà del Link

Figura D.8 - Proprietà direzionale del Link

D.2.4 - Analisi PUSHOVER

L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:

Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo PUSH-V ,di analisi non lineare a

Load control per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio.

Page 399: Tesi Specialistica - Andrea Demin

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APPENDICE D 353

Figura D.9 - Analisi non lineare PUSH-V.

Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato PUSH-OVER, che avrà

come base di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale

appositamente definito. Questo caso sarà a displacement control.

Figura D.10 - Analisi non lineare PUSH-OVER.

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APPENDICE D 354

Per la struttura in esame è stata scelta come distribuzione di carico invariante:

una distribuzione proporzionale alle masse:

𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖

𝑀𝑡𝑜𝑡

La distribuzione di forze è:

PIANO MASSA [KNs2/m] Mi / Mtot F [KN]

3 1,050 0,264 26,36

2 1,468 0,368 36,82

1 1,468 0,368 36,82

tot 3,986 1,00 100,00 Tabella D.4 - Distribuzione proporzionale alle masse

Grafico D.2 - Distribuzione delle Forze

Quello definito fin qui vale per tutti i modelli:

1. Telaio con nodi trave-colonna rigidi;

2. Telaio con nodi trave-colonna a cerniera;

3. Telaio con nodi trave-colonna semi-rigidi inserendo una zona pannello modellata con

“Proprietà dell’elemento Plastico di tipo cinematico”.

0

3

6

9

0,00 10,00 20,00 30,00 40,00

Hp

ian

o [

m]

F [KN]

Distribuzioneproporzionalealle masse(UNIFORME)

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APPENDICE D 355

D.2.4.1 – Confronti dei tre modelli

Figura D.9 - Curve di capacità dei tre modelli

L’adozione del modello di telaio a nodi semi-rigidi provoca una distribuzione delle azioni

interne compresa tra quelle associate al modello di telaio pendolare e di telaio a nodi rigidi.

Dall’andamento delle curve di capacità si intuisce che è molto importante caratterizzare con

sufficiente accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché da essi dipende l’intero stato di

sollecitazione del sistema. Difatti, a seconda del tipo di giunto, varia non soltanto la risposta

strutturale in termini di spostamenti, ma anche quella in termini di sollecitazioni, nonché la

rigidezza alla traslazione dei telai.

L’analisi di push-over consente di individuare la risposta non-lineare della struttura al

crescere delle azioni laterali e seguire la successione e l’evoluzione della plasticizzazione

nei vari componenti. Di seguito vengono mostrate le figure che rappresentano lo stato di

plasticizzazione dei tre modelli ad uno spostamento del punto di controllo (nodo dell’ultimo

piano) pari a dc = 1m.

Figura D.10 - Stato di plasticizzazione per dc=1m del modello a nodi rigidi

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Tagl

io a

lla b

ase

[K

N]

Spostamento ultimo piano [m]

NODI RIGIDI

NODI SEMI-RIGIDI

NODI CON CERNIERE

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APPENDICE D 356

Figura D.11 - Stato di plasticizzazione per dc=1m del modello a nodi semi-rigidi

Figura D.12 - Stato di plasticizzazione per dc=1m del modello a nodi cerniere

Mentre i modelli a nodi rigidi e a nodi semi rigidi danno risultati simili, quello del modello a

cerniere si comporta in modo totalmente differente in quanto si plasticizzano solo le colonne

alla base, questo è dovuto al fatto che le travi e le colonne non si trasmettono momenti.

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APPENDICE D 357

Confrontando le curve di capacità dei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi si nota come

cambia la deformabilità ultima della struttura, assunta pari allo spostamento in

corrispondenza della forza massima.

Figura D.13 - Curve di capacità dei modelli a nodi rigidi e semi-rigidi

In particolare si mostra il profilo degli spostamenti di piano adimensionalizzati e quello dei

drift di interpiano.

Figura D.14 - Spostamenti di piano adimensionalizzati dei modelli a nodi rigidi e semi-rigidi

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Tb [

KN

]

Spostamento ultimo piano [m]

NODI RIGIDI

NODI SEMI-RIGIDI

0

1

2

3

0 2 4 6 8 10 12

Pia

no

U / Htot [%]

NODI RIGIDI

NODI SEMI-RIGIDI

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APPENDICE D 358

Figura D.15 - Drift di interpiano dei modelli a nodi rigidi e semi-rigidi

Dai profili si evince come la deformabilità del telaio a nodi semi-rigidi aumenti rispetto a

quello del telaio a nodi rigidi, questo in effetti è quello che ci si aspettava avendo modellato

i nodi con una rigidezza finita.

0

1

2

3

0 5 10 15

Pia

no

Drift [%]

NODI RIGIDI

NODI SEMI-RIGIDI

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_________________________________________________________________________

APPENDICE D 359

D.3 - BIBLIOGRAFIA

[4] FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of

Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F,

Washington D.C., Semptember 2000.

[5] Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc.,

U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting

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CONCLUSIONI 360

CONCLUSIONI

Le analisi, eseguite nel corso del lavoro svolto in questa tesi, hanno permesso di trarre

alcune conclusioni in merito all’influenza che ha la modellazione del nodo sul

comportamento sismico di strutture in acciaio quando si cimentano in campo plastico.

E’ stata effettuata un’analisi non lineare statica di un ospedale in acciaio con modellazione

delle zone pannello implementata nel software di calcolo agli elementi finiti SAP2000®, si

sono poi confrontati i vari risultati ottenuti con quelli trovati per il modello a nodi rigidi.

Dalle analisi svolte si osserva che:

la curva forza-spostamento, la quale descrive la risposta globale dell’edificio, è

funzione del punto di applicazione della risultante delle forze applicate e della

distribuzione delle rigidezze in altezza. Alla distribuzione uniforme corrisponde il

punto di applicazione più basso, quindi investe maggiormente la parte più rigida della

struttura che risponde con una maggiore resistenza e un minore spostamento allo

stato limite di collasso (SLC). La risultante della distribuzione proporzionale al

prodotto delle masse per la deformata del I modo principale è applicata in un punto

più alto rispetto a quella della distribuzione uniforme, quindi investe maggiormente

la parte meno rigida della struttura che presenta di contro minore resistenza e

maggiore spostamento allo SLC. La struttura risulta avere un comportamento più

rigido nel caso di distribuzione uniforme.

la deformabilità dei pannelli riduce la rigidezza laterale del telaio e quindi aumenta

gli spostamenti quando la struttura è sollecitata da forze orizzontali. L’incremento di

tali spostamenti aumenta la sensibilità della struttura agli effetti del secondo ordine,

per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello nella modellazione.

In particolare confrontando i due modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si è

osservato che:

o il tratto lineare e pseudo-lineare delle curve non subiscono variazioni

significative;

o il tratto di softening della curva del modello a nodi semi-rigidi possiede una

pendenza minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale della

struttura.

i risultati, espressi in termini di spostamento di piano e drift di interpiano sia per un

terremoto di piccola intensità (Stato Limite di Operatività) che per un terremoto di

grande intensità (allo Stato Limite di Collasso), ci consentono di dire che:

o per un terremoto di modesta intensità (allo SLO) la MPA ((Modal Pushover

Analysis, Chopra e Goel [2001]), risulta più cautelativa e anche più accurata

visto che il cimento della struttura in campo plastico è limitato;

o per un terremoto di grande intensità (allo SLC) l’analisi con distribuzione

uniforme risulta più cautelativa ai piani inferiori ed è finalizzata a tenere in

conto il profondo modificarsi delle caratteristiche della struttura in presenza di

diffuse deformazioni plastiche.

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CONCLUSIONI 361

al crescere del comportamento non lineare della struttura corrisponde un aumento

in termini di spostamenti di piano e di drift di interpiano, e per l’analisi con

distribuzione uniforme tale aumento è enfatizzato ai piani inferiori della struttura.

le due modellazioni (nodi rigidi e nodi semi-rigidi), quando la struttura è soggetta a

terremoti di modesta intensità, portano a profili di spostamenti di piano e drift di

interpiano simili. In questo caso la modellazione della struttura a nodi semi-rigidi non

porta a dei cambiamenti importanti visto che la struttura ha un comportamento

ancora pseudo-lineare.

Per un terremoto di grande intensità la rigidezza laterale della struttura dipende anche

dalla rigidezza della zona pannello in quanto le deformazioni plastiche diventano

preponderanti. Le due modellazioni, in questo caso, portano a drift di interpiano

differenti, infatti in corrispondenza del 4° piano si ha un incremento del 13% del drift

trovato con il modello a nodi rigidi; ciò si giustifica con un meccanismo di piano

debole al medesimo piano.

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