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Tecnologia Farmaceutica Come si fa in modo che la sostanza attiva possa essere somministrata? Di ciò si occupa la tecnologia farmaceutica. Circa ¼ di molecole che vengono scoperte ad altissima attività farmacologica, non sono poi commercializzate perché non si trova una formulazione funzionale per queste sostanze. Forma farmaceutica, ci sono due definizioni: Categoria delle preparazioni formulate cui appartiene il prodotto; Presentazione del farmaco conseguente una trasformazione che lo rende idoneo a un certo tipo di somministrazione. Quindi nella prima definizione, entra il concetto di formulazione che, nella seconda definizione, in cui entra il concetto di trasformazione, e quindi un processo formulativo (di trasformazione) che rende il principio attivo idoneo alla somministrazione. Quindi sono tutte le sostanze e tutti quei processi che fanno sì che il principio attivo possa essere somministrato. La classificazione delle forme farmaceutiche è varia, e può essere fatta in base: Alla forma “fisica”: si possono avere forme farmaceutiche solide, liquide e semisolide. Unidose/multidose: unidose per le forme farmaceutiche che sono suddivise, all'atto della preparazione, nella singola unità posologica (compresse, supposte), quindi quando la suddivisione nell'unità posologica è fatta da chi produce la forma farmaceutica. Multidose quella in cui la suddivisione della singola unità posologica è fatta dal paziente (gocce, sciroppi, colliri). Via di somministrazione, che sono: 1) orale, 2) rettale, 3) parenterale, 4) topica, 5) polmonare, 6) nasale, 7) oculare. Un’altra suddivisione delle forme farmaceutiche è in base all'uso: l'uso sistemico e l'uso locale. Spesso ci si confonde: spesso s’intende per somministrazione sistemica quella che prevede che la forma farmaceutica arrivi all'interno dell'organismo mentre per somministrazione locale s’intende una forma farmaceutica che si applica all'esterno; non è sempre così perché in realtà quello che fa la differenza è se viene assorbito e quindi se viene trasportato dal torrente circolatorio si parla di uso sistemico. Nella forma farmaceutica, escludendo il principio attivo, ci sono degli eccipienti. Sono definiti come qualsiasi materiale contenuto nella forma farmaceutica finale che non sia il principio attivo. Gli eccipienti devono rientrare nella categoria di sostanze definite GRAS, generally recognized as safe, ovvero, sicure dal punto di vista farmaceutico e tossicologico. Inoltre, nella definizione di eccipiente, entra il fatto che queste sostanze devono essere inerti da tutti i punti di vista; devono essere inerti chimicamente, fisicamente, farmacologicamente e dal punto di vista tossicologico. Per ogni singolo eccipiente deve essere valutata e giustificata in sede di Autorizzazione all'immissione in commercio la funzione, e quindi deve essere giustificato perché l'eccipiente è stato aggiunto e deve essere dichiarata o validata la sua funzione nella forma farmaceutica. Nella definizione della Ph Eur: un qualsiasi componente, al di fuori del principio attivo, presente in

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farmaceutica

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Tecnologia Farmaceutica

Come si fa in modo che la sostanza attiva possa essere somministrata? Di ciò si occupa la

tecnologia farmaceutica. Circa ¼ di molecole che vengono scoperte ad altissima attività

farmacologica, non sono poi commercializzate perché non si trova una formulazione funzionale per

queste sostanze.

Forma farmaceutica, ci sono due definizioni:

Categoria delle preparazioni formulate cui appartiene il prodotto;

Presentazione del farmaco conseguente una trasformazione che lo rende idoneo a un certo

tipo di somministrazione.

Quindi nella prima definizione, entra il concetto di formulazione che, nella seconda definizione, in

cui entra il concetto di trasformazione, e quindi un processo formulativo (di trasformazione) che

rende il principio attivo idoneo alla somministrazione. Quindi sono tutte le sostanze e tutti quei

processi che fanno sì che il principio attivo possa essere somministrato. La classificazione delle

forme farmaceutiche è varia, e può essere fatta in base:

Alla forma “fisica”: si possono avere forme farmaceutiche solide, liquide e semisolide.

Unidose/multidose: unidose per le forme farmaceutiche che sono suddivise, all'atto della

preparazione, nella singola unità posologica (compresse, supposte), quindi quando la

suddivisione nell'unità posologica è fatta da chi produce la forma farmaceutica. Multidose

quella in cui la suddivisione della singola unità posologica è fatta dal paziente (gocce,

sciroppi, colliri).

Via di somministrazione, che sono: 1) orale, 2) rettale, 3) parenterale, 4) topica, 5)

polmonare, 6) nasale, 7) oculare.

Un’altra suddivisione delle forme farmaceutiche è in base all'uso: l'uso sistemico e l'uso locale.

Spesso ci si confonde: spesso s’intende per somministrazione sistemica quella che prevede che la

forma farmaceutica arrivi all'interno dell'organismo mentre per somministrazione locale s’intende

una forma farmaceutica che si applica all'esterno; non è sempre così perché in realtà quello che fa la

differenza è se viene assorbito e quindi se viene trasportato dal torrente circolatorio si parla di uso

sistemico.

Nella forma farmaceutica, escludendo il principio attivo, ci sono degli eccipienti. Sono definiti

come qualsiasi materiale contenuto nella forma farmaceutica finale che non sia il principio attivo.

Gli eccipienti devono rientrare nella categoria di sostanze definite GRAS, generally recognized as

safe, ovvero, sicure dal punto di vista farmaceutico e tossicologico. Inoltre, nella definizione di

eccipiente, entra il fatto che queste sostanze devono essere inerti da tutti i punti di vista; devono

essere inerti chimicamente, fisicamente, farmacologicamente e dal punto di vista tossicologico. Per

ogni singolo eccipiente deve essere valutata e giustificata in sede di Autorizzazione all'immissione

in commercio la funzione, e quindi deve essere giustificato perché l'eccipiente è stato aggiunto e

deve essere dichiarata o validata la sua funzione nella forma farmaceutica.

Nella definizione della Ph Eur: un qualsiasi componente, al di fuori del principio attivo, presente in

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una preparazione farmaceutica o utilizzata per la fabbricazione. Esiste un’istituzione internazionale

per il controllo e per la qualità degli eccipienti per uso farmaceutico che ha dato una sua

definizione. Nella definizione dell'IPEC(international Pharmaceutical Eccipients control) c'è una

classificazione degli eccipienti che devono essere inerti. La definizione secondo l'IPEC degli

eccipienti è: una qualsiasi sostanza,diversa dal principio attivo,adeguatamente valutata nella

sicurezza, che faccia parte di un sistema di azione del principio attivo, per una delle seguenti

ragioni:

1. Aiutare la lavorazione del sistema durante la preparazione;

2. Proteggere,supportare o aumentare la stabilità, la biodisponibilità e la patient compliance;

3. Aiutare l'identificazione del medicinale potenziare la sicurezza e l'efficacia del medicinale

durante lo stoccaggio e l'uso.

I primi eccipienti, utilizzati nelle preparazioni farmaceutiche, erano tutte sostanze alimentari e di

uso corrente, come il miele, il vino, l'uovo, le mele, etc. ovviamente si è passati dall'uso di queste

sostanze, poco standardizzate, all'uso di sostanze riconosciute come eccipienti farmaceutici. Questo

perché la composizione deve essere standardizzata come anche le caratteristiche chimico-fisiche.

Esiste, redatta e controllata dall'IPEC, una guida per la qualità degli eccipienti per uso farmaceutico

( good manufacting guide ok buik pharmaceutical excipient); in queste norme di buona

preparazione degli eccipienti sono state standardizzate le tecniche e i controlli, e vengono definite le

fonti degli eccipienti(che possono essere naturali o sintetici). Le industrie farmaceutiche speravano

di poter utilizzare o sostanze già utilizzate da altri (così si risparmiavano studi di inerzia e

tossicologia) o sostanze utilizzate nell'industria alimentare. Infatti si sono tantissime sostanze che

entrano nelle confezioni farmaceutiche che sono già in uso nei prodotti alimentari soprattutto del

mondo orientale.

Nella standardizzazione degli eccipienti deve essere validata la presenza di impurezze ( devono

essere identificate e/o analizzate) e possono essere:

Tossiche,che devono essere sempre controllate;

Funzionali,che devono essere accertate nella composizione della sostanza perché altrimenti

quella sostanza non riesce a esplicare la sua funzione di eccipiente(es. Cellulosa cristallina

ha una piccola frazione di emicellulosa che è fondamentale in quanto in assenza di questa

sostanza non si ha una modificazione della viscosità).

È difficile valutare la purezza e la stabilità degli eccipienti perché la maggior parte degli

eccipienti non sono specie chimiche pure, ma sono miscele di specie diverse. Per molti

eccipienti, la valutazione della stabilità non è fatta da un'analisi di tipo chimico ma è fatta da

un'analisi di tipo fisico. Ad esempio, la gelatina che è un eccipiente di derivazione animale,

e quindi non ha composizione chimica semplice, la sua stabilità nel tempo viene valutata

misurando una capacità fisica cioè il potere gelificante. Quindi si misura il tempo 0 di potere

gelificante e si misura, poi, dopo un anno e da questo si valuta se l'eccipiente è ancora

stabile oppure no. Questo è ovviamente valido per gli eccipienti di sintesi generalmente

hanno una composizione standard e quindi la stabilità viene fatta con altri metodi. Gli

eccipienti possono essere classificati in base al ruolo:

Costitutivo , la cui presenza è fondamentale per realizzare la forma farmaceutica; nella

quasi totalità delle forme farmaceutiche, gli eccipienti oscillano tra il 60 e l'80% della massa

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della forma farmaceutica. Servono quindi per ottenere una “massa lavorabile”;

Produttivo, che non sono fondamentali, in assoluto ma sono legati alla tecnica di

produzione. Servono quindi per facilitare i processi tecnologici di produzione;

biofarmaceutico, ovvero che sono in grado di modificare la biodisponibilità o piu' in

generale, il “destino” del principio attivo nell'organismo;

Conservazione, che servono per la stabilità;

presentazione , per la patient compliance(es associazione odore-aroma come per esempio

nello sciroppo all'aroma di arancio con colore blu).

Gli eccipienti devono essere inerti ma possono influenzare il rilascio della forma farmaceutica, e la

presenza di un eccipiente è il responsabile delle allergie e delle reazioni avverse al 70%, ai farmaci.

Tra gli eccipienti che sono sicuramente presenti in maggiori quantità nella forma farmaceutica, ci

sono quelli che hanno un ruolo costitutivo, ovvero quelli che consentono la lavorabilità del

principio attivo. Nell'ambito degli eccipienti con il ruolo costitutivo si trovano i DILUENTI. Questi

possono essere: solidi, liquidi e semisolidi( per le preparazioni ad uso dermatologico). Uno dei

diluenti piu' utilizzati,nonostante il problema legato alle intolleranze, è il lattosio. Le informazioni

sul lattosio dalla farmacopea europea.

Le principali sono:monografie:anidro,monoidrato (2 forme di lattosio); caratteristiche

specifiche:potere rotatorio specifico,perdita all'essiccamento,metalli pesanti. Forme farmaceutiche

solide:diluente(65-85%); In soluzione ( + saccarosio 1/3): confettura; Lattosio spray dried (SP) è un

tipo particolare di lattosio,che può essere usato per ottenere compresse con la tecnica della

compressione diretta e quindi è un eccipiente facilmente comprimibile. Quindi il lattosio che può

essere utilizzato nelle preparazioni di uso farmaceutico deve rispondere ai requisiti di farmacopea,

in farmacia non si può utilizzare qualsiasi lattosio, ma bisogna utilizzare il lattosio FU. Se non esiste

per quella sostanza la monografia sulla farmacopea italiana si fa rifermento alla monografia che fa

riferimento alla sostanza sulla farmacopea europea.

Nell'utilizzo del lattosio cosa bisogna che sia valutato: l'intolleranza da parte del paziente e le

incompatibilità di tipo chimico o fisico. Di tipo chimico possono essere: da condensazione con

ammine primarie; può dare prodotti con colorazione scura. Quindi non è solo un problema legato al

fatto che il principio attivo non è piu' attivo una volta che il lattosio si è condensato, ma è anche che

la forma farmaceutica ha una colorazione non corretta. Durante il riscaldamento per la

nebulizzazione per ottenere il lattosio spray dried o se nella lavorazione della forma farmaceutica

c'è una fase di riscaldamento, il lattosio può dare luogo alla 5-idrossimetil-2-furfale che ha sempre

un colore scuro.

Tra gli eccipienti con ruolo costitutivo, oltre ai diluenti ci sono gli assorbenti e gli adsorbenti: gli

assorbenti, che sono generalmente dei silicati, che sono aggiunti nelle preparazioni farmaceutiche

per assorbire l'eventuale umidità residua che ci può essere nel processo produttivo. Gli adsorbenti

sono delle sostanze, come per esempio il caolino o il talco, che hanno la caratteristica di avere

elevata capacità assorbente e questo serve, ad esempio, a formulare in forma solida dei principi

attivi liquidi. Quindi il principio attivo liquido viene fatto adsorbire sul solito e poi viene formulato

in una forma farmaceutica solida. Ciò che però bisogna stare attenti è di non alterare la

biodisponibilità del principio attivo,quindi che non influenzi il rilascio in vivo del principio attivo.

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Oltre a questi ci sono anche gli eccipienti con ruolo produttivo: sono una classe decisamente piu'

ampia e sono: i lubrificanti, i glicanti, i leganti, i elasticizzanti, i tensioattivi e i viscosizzanti. Quelli

più interessanti sono i lubrificanti e i glicanti: queste due classi fanno parte della classe

generalmente definita come lubrificanti. I glicanti agiscono sulle particelle delle polveri e quindi

aumentano la scorrevolezza di una polvere agendo sulla porosità; i lubrificanti aumentano la

scorrevolezza della polvere modificando o agendo sulle interazioni tra la polvere e le parti della

macchina che produce la forma farmaceutica.

Ci sono anche gli eccipienti con ruolo farmaceutico cioè quelli che influenzano il rilascio del

principio attivo della forma farmaceutica. In questo caso sono: i disgreganti, i polimeri e i bagnanti.

La classe preponderante è quella dei disgreganti o disaggreganti. Uno dei disgreganti più utilizzato

è l’amido, ma esistono anche dei polimeri particolari come la croscaramellosio il cui nome

commerciale è l'explotab, che porta proprio all'esplosione della compressa una volta che questa è

messa in contatto con l'acqua.

Da notare bene è che le forme farmaceutiche sono distinte in: convenzionali e in non

convenzionali. Le forma farmaceutica convenzionale non deve avere effetto sull'assorbimento del

principio attivo, quindi generalmente la forma farmaceutica convenzionale è realizzata per fare in

modo che il principio attivo sia rilasciato nella maggiore quantità e il più velocemente possibile.

Quindi nella forma farmaceutica convenzionale, la velocità di rilascio della forma farmaceutica è

molto maggiore rispetto alla velocità di assorbimento. Quando il principio attivo è formulato con la

forma farmaceutica convenzionale, lo stadio limitante della sua azione è l'assorbimento e non la

liberazione del principio attivo. La forma farmaceutica non convenzionale, invece, viene realizzata

per modulare il rilascio del principio attivo e la caratteristica è che la velocità di rilascio del

principio attivo è minore rispetto alla velocità di assorbimento, e quindi lo stadio limitante non è il

passaggio attraverso le membrane biologiche bensì la liberazione del principio attivo. Nelle forme

farmaceutiche convenzionali , il ruolo del disgregante è fondamentale. Uno dei disaggreganti più

utilizzato è l'amido; in farmacopea ci sono 4 monografie a seconda dell'azione dell'amido e non ha

un solo ruolo( come la maggior parte degli eccipienti); infatti funziona sia da diluente, che da

legante (pasta d'amido al 5-25%) e da disgregante(3-17%). Quindi indipendentemente dalla sua

composizione può funzionare da disgregante o da legante nella forma farmaceutica. Inoltre l'amido

può essere utilizzato anche come principio attivo:entra come principio attivo in numerose

preparazioni per uso cutaneo come assorbenti o come anti irritanti.

Un'altra classe degli eccipienti, presenti in quasi tutte le forme farmaceutiche industriali è la classe

degli stereati, in particolare lo stearato di magnesio (Ph. Eur) ha delle incompatibilità chimiche, che

vanno valutate; il problema degli stearati è che sono totalmente insolubili in acqua e quindi la loro

presenza è fondamentale per favorire lo scorrimento delle forme per uso farmaceutico nelle

macchine produttrici, ma bisogna valutare negli studi di pre-formulazione in maniera estremamente

accurata, la loro quantità perché possono influenzare in maniera drammatica la liberazione del

principio attivo, ovvero si potrebbero produrre delle compresso che non rilasciano il principio

attivo. Il loro ruolo è di lubrificanti.

Indipendentemente che le forme farmaceutiche siano solido o liquide, i conservanti avranno una

funzione diversa. Tra i conservanti ci sono:

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antiossidanti:metabisolfito, acido ascorbico;

chelanti: EDTA;

antimicrobici: parabeni, acido benzoico.

Il processo ossidativo nasce sostanzialmente con i doppi legami di O2, catalizzati dalla luce o da

alcuni metalli; per la conservazione di moltissime preparazioni è richiesto il vetro scuro; il risultato

del processo ossidativo sono altri prodotti. Sono catalizzati da alcuni ioni, per questo vengono

aggiunti degli agenti chelanti che non sono dei protettori, ovvero non inibiscono il processo

ossidativo, ma eliminando i metalli rallenta il processo ossidativo. Oppure , gli antiossidanti veri e

proprio sono delle sostanze che si ossidano e quindi impediscono l'ossidazione della forma

farmaceutica.

Ci sono degli eccipienti con il ruolo di presentazione e sono:

aromatizzanti

edulcoranti: aspartame, saccarosio,saccarina

coloranti: idrosolubili, ossidi di ferro

opacizzanti: biossido di titanio.

Per gli aromatizzanti e per i coloranti ci sono degli studi impegnativi; c'è infatti, un istituto in

Svizzera che studia questi( sono un team di psicologi,chimici) che studia l'effetto psicologico del

colore nelle forme farmaceutiche. Ci sono degli effetti dei coloranti impensabili, per esempio

nell'anti aritmico se è di colore delle tonalità del rosso potenzia l'effetto del principio attivo. Un'altro

problema dei coloranti è che molti di questi(come gli ossidi di ferro) sono insolubili in acqua e

quindi con gli stearati, la loro presenza nella forma farmaceutica deve essere valutata molto

accuratamente perché possono avere effetti sul rilascio del principio attivo.

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Polveri

Le polveri hanno diverse classificazioni: sono classificate come polveri delle forme allo stato solido

costituite da particelle che vanno dall'ordine del micron ai 100-4000 μm, ma in questo caso si parla

di aggregati, e quindi si passa da dimensioni non visibili ad occhio nudo a dimensioni visibili. Le

dimensioni delle particelle solide, che costituiscono una polvere, sono responsabili di quasi tutte le

caratteristiche delle polveri. Le dimensioni delle particelle influenzano l'area superficiale di una

polvere. Per area superficiale si intende la superficie della polvere/volume(viene anche chiamata

area superficiale specifica). Delle riduzioni, non caratteristiche, delle dimensioni (in questo caso

sono considerati dei gruppetti di polvere) o di lunghezza del lato portano a variazioni della

superficie specifica sostanziali. Se un cubetto, che ha 1 cm di lato, ha un'area specifica di 6

cm2/cm3, se riduciamo di 1μm si ha un incremento dell'area superficiale. L'area superficiale è

importante perché influenza numerose caratteristiche delle polveri in particolare la velocità di

dissoluzione, e quindi la capacità che la forma farmaceutica ha di liberare il principio attivo. Le

polveri sono preparate con:

un approccio di tipo meccanico(nella quasi totalità dei casi) con delle macchine dette

molini, in cui viene ridotta la dimensione delle particelle, in cui quindi si ha la riduzione di

materiale grossolano in particelle più piccole;

un approccio di tipo chimico-fisico(raramente perché la tecnica è costosa), generalmente si

utilizza per produrre delle polveri colloidali,cioè a dimensioni inferiori al micron.

Nell'approccio meccanico ci possono essere dei problemi sia per i principi attivi che per le polveri,

perché in un processo di riduzione meccanica si sviluppa sicuramente calore, e quindi bisogna

valutare la stabilità alle variazioni di calore del principio attivo e degli eccipienti e bisogna valutare

accuratamente l'energia che bisogna fornire al processo di macinazione; questo perché una parte di

energia servirà a ridurre le dimensioni delle particelle mentre una frazione sarà assorbita dal

sistema(dalla polvere e dalla macchina). Quindi vanno fatti degli studi di pre- formulazione in cui

deve essere valutata l'energia da fornire nel processo di macinazione, che deve essere l'energia

sufficiente alla riduzione delle dimensioni delle particelle ma non eccessiva per danneggiare, dal

punto di vista chimico-fisico, il principio attivo e gli eccipienti o addirittura l'apparecchiatura. Se ,

per esempio, bisogna macinare o trattare delle sostanze che sono fortemente ossidabili all'aria, nel

processo di macinazione ci potrebbe essere un'esplosione. Le macchine vengono scelta in base alla

tecnica, perché la tecnica che sfruttano influenza le dimensioni delle particelle. Quindi ci sono i

processi di:

frantumazione: è un processo grossolano, ed è la riduzione del materiale grezzo in pezzi

grossolani(mm);

macinazione: riduzione dimensionale dei pezzi grossolani in particelle più piccole

(centinaia/decine di μm)

micronizzazione: riduzione delle dimensioni di particelle o dimensioni inferiori a 10μm

fino a particelle colloidali( è la tecnica che si utilizza per produrre il lattosio spray dried,

molto costoso). Sostanzialmente il costo produttivo dipenda da numerosi fattori ma il

principale è l'energia assorbita, ovvero più energia ci vuole per realizzare il processo più il

processo è costoso.

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Per la macinazione vera e propria si usano i molini, che hanno caratteristiche costruttive diverse

perché sfruttano dei meccanismi di polverizzazione diversi. I principali molini sono:a martello, a

cilindri, a coltelli, colloidale, a compressione e a impatto. Per esempio,sui molini a coltello il

meccanismo è il meccanismo di taglio. A seconda del tipo di molino e quindi a seconda del

meccanismo di macinazione,si otterranno polveri di dimensioni diverse.

Quindi il meccanismo principale è la macinazione,che si esegue attraverso i molini i quali sfruttano

meccanismi di macinazione diversi e questo meccanismo influenza la dimensione della polvere. La

scelta del molino viene fatta da:

caratteristiche di materiali di partenza ( termolabilità, dimensioni, degradabilità e struttura

fisica);

dimensioni del prodotto che si vuole ottenere;

fattori economici, definiti dal costo del processo e dal tempo del processo; perché se un

processo assorbe meno energia ma dura 6 giorni,si tiene l'impianto per 6 giorni per produrre

la base di uno dei costituenti della formulazione;

facilità di pulizia dell'apparecchiatura (anch'esso un punto cruciale della produzione) perché

lavare l'impianto vuol dire fermarlo e quindi non produrre. C'è una ricerca enorme, da parte

dell'ingegneria chimica, in quelle che si chiamano le tecniche CIP, ovvero in clean in place,

realizzati,cioè, degli impianti che possono essere lavati senza smontare nulla,riducendo,

così, in maniera drastica i tempo in cui l'impianto è fermo.

Possibilità, quando è necessario, di operare in ambiente di sterilità;

versatilità dell'operazione, macinazione o a secco o a umido, differenza della velocità di

rotazione degli elementi macinanti.

La polvere per uso farmaceutico è la base di tutte le preparazioni successive oppure può essere la

forma farmaceutica finale, e quindi la caratterizzazione secondo farmacopea sarà diversa a seconda

che la polvere per uso farmaceutico sia intermedia o sia la forma farmaceutica finita. La prima

caratterizzazione che viene richiesta dalla farmacopea è l'analisi granulometrica della polvere,

cioè la classificazione delle polveri in base alle loro dimensioni. A seconda di quali siano le

dimensioni delle particelle delle polveri, si avranno delle tecniche di dimensionamento diverse, che

daranno informazioni diverse. Le polveri possono essere caratterizzate dal diametro medio, ovvero

la dimensione media delle particelle. Un'altra informazione è data dal diametro mediano,ovvero

che tiene conto anche della distribuzione dei valori(si dice che la mediana è il valore che divide a

unità la popolazione che tiene conto anche di quante volte il valore è ripetuto, e quindi non solo il

valore medio ma della distribuzione dei valori).

Il metodo della farmacopea prende il nome di metodo dei setacci o degli stacci: i setacci sono di

alluminio e sono caratterizzati da un numero che indica l'apertura della maglia in μm. I setacci, della

farmacopea ufficiale italiana, sono a maglia quadrata. I setacci sono costituiti da materiali adatti ed

hanno maglie quadrate, in cui non deve avvenire alcuna reazione tra il materiale del setacci e della

sostanza da setacciare: servono per determinare il grado di finezza della polvere che viene descritto

nelle singole monografie utilizzando il numero del setaccio che indica l'apertura della maglia in μm.

Come si esegue il saggio di farmacopea: questo saggio dà informazioni sia sulle dimensioni che

sulla distribuzione. Vengono impilati i setacci, secondo un valore decrescente di apertura della

maglia. Vengono posti, per esempio, 100 g di polvere sul primo setaccio. La pila di setacci viene

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sotto l'azione meccanica di un apparecchiatura che imprime degli scorrimenti. Dopo un certo

periodo di tempo, si pesa la quantità di polvere che si è fermata sui vari setacci. Per esempio, 80 g si

sono fermati sul setaccio 4000 e 20 g si sono fermati sul setaccio 3000. quindi 80 g della polvere

avranno un diametro medio di 4500, ovvero l'80% della polvere è certamente inferiore a 5000 ma

superiore a 4000(la farmacopea chiede il diametro medio), il 20% della polvere avrà un diametro

medio di 3500. Con questo saggio si hanno, come si è visto, sia informazioni sulle dimensioni che

sulla distribuzione; ciò perché, in farmacopea, la classificazione delle polveri non è fatta solo sulle

dimensioni ma è fatta anche sulla distribuzione delle dimensioni(che è

l'indice dell’omogeneità della polvere). Quindi le polveri sono

classificate in:

polvere grossolana: è una polvere che ha una dispersione delle

dimensioni tra 1400 μm e 355 μm, e quindi non è solo una polvere

grande, ma è molto disomogenea. La farmacopea, inoltre, guarda la %

della polvere che è passata attraverso i setacci->non meno del 95% in

massa della polvere attraverso il setaccio 1400 e non piu' del 40% in

massa della polvere attraverso il setaccio 355;

polvere moderatamente fine: non meno del 95% in massa della polvere passa attraverso il setaccio

355 e non piu' del 40% in massa della polvere attraverso il setaccio 180;

polvere fine: non meno del 95% in massa della polvere attraversa il setaccio 180 e non piu' del 40%

in massa della polvere attraversa il setaccio 125;

polvere molto fine: non meno del 95% in massa della polvere passa attraverso il setaccio 125 e non

piu' del 40% in massa della polvere passa attraverso il setaccio novanta.

Le polveri vengono classificate da dei numeri, vuol dire che la polvere ha un intervallo di

dimensioni, o da un solo numero, e vuol dire che la polvere è omogenea quando non meno del 97%

della polvere passa attraverso il setaccio di quel numero. Le dimensioni delle particelle influenzano

un'altra caratteristica importante, ovvero la porosità. La porosità delle polvere è un valore % che

esprime:

ε = volume dei pori/volume apparente x 100

e quindi esprime il rapporto tra il volume degli spazi vuoti e il volume occupato dalle particelle

delle polveri piu' gli spazi vuoti. La presenza o meno e l'entità degli spazi vuoti dipende

dall’impaccamento della polvere. Ci sono

due impaccamenti:

a) cubico, che ha una maggiore quantità

di spazi vuoti

b) romboedrico, in cui gli spazi vuoti

sono minori

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Le caratteristiche della polvere che definiscono la porosità sono due: a) volume apparente,che è il

volume che tiene conto del volume delle particelle piu' gli spazi vuoti, b) volume reale,cioè il

volume della polvere una volta che si sono eliminati gli spazi tra le particelle, quindi il volume

occupato solo dalle particelle. La porosità quindi diventerà:

La farmacopea chiama il volume apparente e il volume reale: a) volume apparente prima

dell'impaccamento;b) volume apparente dopo l'impaccamento. Come si esegue il saggio: si

pongono 100 g di polvere all'interno di un cilindro, si misura il volume a impaccamento, il cilindro

è posto su un motore che imprime dei colpi al cilindro( un numero di colpi sempre fissato dalla

farmacopea): i valori che si raccolgono da questo saggio è il volume apparente prima

dell'impaccamento, che la farmacopea indica con Vo, e il volume apparente dopo l'impaccamento,

caratterizzato da Vn, dove n è il n° di colpi che sono stati dati al cilindro, e la capacità di

impaccamento, ovvero quanto la polvere è impaccabile.

Dal volume apparente,dice la farmacopea, si può rilevare la densità apparente o Vo e la densità

apparente dopo impacchettamento: è fondamentale conoscere la porosità di una polvere perché

dipende dalla dimensione delle particelle e dell'impaccamento della polvere, ma anche perché la

porosità della polvere dipendono numerose altre caratteristiche tra cui la scorrevolezza di una

polvere, che è fondamentale perché la suddivisione nelle singole unità posologiche della massa, sia

nella produzione industriale ma anche nella preparazione galenica, è fatta a volume. Quindi anche

se le macchine lavorano con dei solidi, i dosatori sono dosatori di volume e quindi la polvere si

deve muovere sulla macchina simile ad un fluido( che non viene dosato a peso ma a volume).

Il saggio di scorrimento: i solidi suddivisi in farmacopea( le polveri e i granulati) devono essere in

grado di scorrere verticalmente perché tutte le suddivisioni sulle singole unità posologiche vengono

fatte a volume e non a peso. Quindi anche se le polveri sono solidi devono scorrere e comportarsi

come un fluido. Sulla farmacopea italiana viene riportato un solo saggio come ufficiale, per

determinare la velocità di scorrimento che misura in realtà un tempo di scorrimento. 100 g di

polvere vengono fatti passare dentro un imbuto in cui è stato tappato il fondo; si apre e si misura il

tempo necessario a che la polvere defluisca attraverso questo imbuto. L'imbuto non è casuale ma

deve avere delle dimensioni in mm dettate dalla farmacopea, così come gli angoli. Ciò per avere un

sistema di riferimento uguale per tutti.

Nelle versioni precedenti della farmacopea italiana ed è stato

inserito nuovamente nella farmacopea europea. C'è un altro

saggio per definire la scorrevolezza di una polvere che si indica

con il concetto di angolo di riposo. In cosa consiste: un piatto

circolare di raggio noto che viene posto su un sostegno. Su

questo piano circolare,viene fatta cadere attraverso un imbuto la

polvere;questa, cadendo sul piano circolare, formerà un cono. Il

saggio è considerato terminato ossia quando sarà il momento in

cui è possibile eseguire la misura, quando per aggiunte

successive di polvere, l'altezza del cono non varia più. Questo

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perché: la polvere che si aggiunge incomincia a cadere dai lati,che dal punto di vista fisico significa

che si è formato un equilibrio tra la forza peso e le forze di attrito e di tensione tra le particelle di

polvere,che sono quelle che mi interessa determinare(ovvero la capacità o meno delle particelle di

scorrere, quanto l'attrito influenza questa proprietà). Si misura l'angolo α che si definisce come

angolo di riposo e che dà una misura della scorrevolezza o meno della polvere.

In realtà non si misura l'α ma misuro la tag α.

si considera un valore di scorrevolezza ottimale di una polvere quando 35°< α <45°, perché polveri

poco scorrevoli sono un problema perché possono bloccare le macchine mentre polveri troppo

scorrevoli possono essere altrettanto un problema perché una polvere che scorre troppo rapidamente

viene difficilmente dosata dal sensore di volume, e quindi può dare problemi di dosaggio tanto

quanto una polvere poco scorrevole.

Le caratteristiche di una polvere che possono influenzare la scorrevolezza sono:

dimensione delle particelle; le polveri più sono piccole e più scorrono ma anche maggiore è

la loro uniformità e maggiore è la scorrevolezza;

forma delle particelle; più è regolare la forma, e quindi più assimilabile a una sfera,

maggiore sarà la scorrevolezza;

porosità: una polvere poco porosa ovvero con poco spazio vuoto tra le particelle scorre

meno rispetto a quella più porosa per un problema di ingombro fisico.

Un' altra caratteristica che viene misurata per le polveri, i cui saggi sono presenti in farmacopea, è la

misura della densità della polvere che viene fatta utilizzando un picnometro. Altra caratteristica

che viene misurata è la misura della superficie specifica della polvere. La superficie specifica è la

superficie su unità di volume ed è un parametro fondamentale per valutare la biodisponibilità di un

principio attivo perché è un parametro che influenza in maniera sostanziale la velocità di

dissoluzione delle forme farmaceutiche e quindi la capacità di liberare il principio attivo. Ci sono

moltissime tecniche per misurare la superficie specifica, ma c'è un concetto che le accomuna: sono

tutte tecniche che sfruttano l'adsorbimento (o di gas o di mercurio) di sostanze che hanno un volume

noto sulla superficie della polvere. Quindi si fa in modo che ci sia un adsorbimento

monomolecolare ( ad esempio di gas) sulla superficie della polvere e si misura quanto gas è stato

adsorbito; dato che è nota l'area che ogni molecola di gas occupa e quindi moltiplicando la

superficie occupata da una molecola per il numero di molecole che sono state adsorbite si misura la

Page 11: Tecnologia farmaceutica .1 30

superficie della polvere.

Le caratteristiche e i saggi visti sono quelli che la farmacopea chiede quando la polvere è

l'intermedio della lavorazione della forma farmaceutica. Però le polveri possono anche essere la

forma farmaceutica finita. Le polveri possono essere impiegate:

come polveri per uso orale;

come polveri per uso iniettabile;

come polveri per applicazione cutanea.

Sulla monografia delle polveri per uso orale, le polveri per uso orale sono preparazioni costituite

da particelle solide, non aggregate, asciutte e di vari gradi di finezza. Contengono una o più principi

attivi, con o senza eccipienti. Sono generalmente somministrate in acqua o altro liquido adatto.

Possono anche essere ingerite direttamente. Sono presentate come preparazioni a dose unica o

multidose. La farmacopea in questo caso, indica anche le caratteristiche del processo produttivo e

dà delle indicazioni sui saggi da eseguire sulla forma farmaceutica; cioè per dire che la forma

farmaceutica può essere autorizzata all'immissione in commercio deve rispondere ai saggi di

farmacopea.

Quando si hanno le polveri per applicazione cutanea si nota che la definizione è identica a quella

delle polveri per uso orale, ma aggiunge una caratteristica: se le polveri per applicazione cutanea

sono pensate per essere applicate sulle ferite e sulla cute lesa, il preparato deve essere STERILE. Le

polveri possono essere anche formulate per essere somministrate attraverso dei contenitori

pressurizzati.

Nell'ambito delle polveri per uso orale ci sono le polveri per gocce orali o per sciroppi. Quindi la

polvere può essere la forma farmaceutica finita oppure può essere venduta come polvere ma al

momento dell'assunzione l'utilizzatore deve ricostituire la vera forma farmaceutica: le gocce o lo

sciroppo. Per i problemi legati alle polveri, di fatto, raramente l'azienda farmaceutica le polveri

vengono utilizzate come forme farmaceutiche finite;oggi si aggiunge un passaggio che è quello

della granulazione. Da una miscela di polveri si ottengono i granulati. I granulati vengono fatti

sostanzialmente per ovviare a due problematiche fondamentali :innanzitutto alla regolarità delle

particelle della polvere, perché nella polvere sono polverizzate con i molini e quindi non c'è una

grande attenzione alla forma geometrica della particella di polvere. Con i granulati, invece, si

ottengono sempre delle particelle sferiche, e quindi il granulato è, a parità di composizione, più

scorrevole della polvere.

Esempio: si ha un principio attivo più il lattosio. Si miscelano insieme tutte le polveri; si attua la

misura della velocità di scorrimento e queste due componenti avranno due velocità di scorrimento

(che dipenderanno dalla granulometria di entrambi,dalla porosità di entrambi e dalla miscela).

Invece passando attraverso la formazione del granulato si miscela,preventivamente il lattosio e il

principio attivo e da questa miscela si prepara il granulato e si avranno dei granuli perfettamente

sferici che saranno composti, in maniera omogenea, da eccipiente e principio attivo. Questo anche

perché risolve il problema che si definisce di de miscelamento delle polveri: perché in un impianto

che fa mini compresse ora si mescolano tonnellate di eccipienti e tonnellate di principio attivo.

Dopo averli miscelati si metteranno nei silos da carico. Dipendentemente dal tempo in cui la

Page 12: Tecnologia farmaceutica .1 30

miscela è ferma;siccome le polveri che sono state miscelate non hanno la stessa densità, queste si

demiscelano, ovvero si depositano in fondo le polveri più pesanti. Quindi si correrebbe il rischio di

fare le prime compresse solo di principio attivo e tutte le restanti di eccipienti.

I metodi di granulazione sono sostanzialmente distinti:

1. granulazione a secco;

2. granulazione ad umido:

- granulazione per estrusione- sfendiziazione;

- granulazione a letto fluido

- granulazione per spray drying.

Il metodo della granulazione a secco, cioè che non prevede la

presenza di solventi, si realizza attraverso un processo di

supercompressione, cioè le polveri sono mescolate insieme e

vengono formate attraverso 2 nuclei e quindi vengono

supercompresse insieme e poi, questo nastro che viene fuori dal

granulatore a secco viene frantumato, setacciato e vengono poi

realizzate le compresse. È un processo che non richiede la presenza

di acqua sì la presenza di calore. I vantaggi sostanziali di questo processo sono: va bene per principi

attivi che possono subire idrolisi e per sostanze che sono termolabili ed inoltre costa poco. Ci sono

però molti svantaggi: innanzitutto il fatto che il granulato a secco ha comunque un elevato grado di

polverosità, cioè la possibilità “volare” porta a quello che vengono chiamate contaminazioni

crociate, cioè si possono mescolare all'interno dell'impianto produttivo e può essere rischiosa per il

personale, perché la polvere può essere malata. Inoltre ci sono dei tempi di pulizia molto lunghi.

Un altro problema è quello di distribuire in modo uniforme i coloranti.

Nella granulazione ad umido c'è un numero maggiore di fasi. L'agente legante viene sciolto o in

acqua o generalmente in una miscela di acqua ed etanolo (miscele sono alcoliche). Le polveri sono

impastate con la soluzione di agenti leganti e si ottiene una massa pastosa che viene forzata

attraverso un setaccio. I granuli ottenuti vengono seccati e vengono poi setacciati per ottenere delle

dimensioni omogenee di granulato; una tipica forma farmaceutica che si ferma a questa fase è la

citrosodina, che è un esempio di granulato non setacciato. La setacciatura finale è detta

calibrazione dei granuli.

Il problema fondamentale della granulazione ad umido è la scelta dell'agente legante e la sua

concentrazione. Che anche qui deve essere un compromesso tra una quantità sufficiente ad ottenere

un granulato che sia resistente ma che poi sia facilmente solubile o disgregabile. Deve essere un

buon agente legante ovvero che dia un prodotto resistente ma che deve essere in grado di liberare il

principio attivo in maniera efficace una volta che è stato assunto. Le soluzioni leganti sono o

soluzioni zuccherine (gelatina e amido) ma l'agente che viene utilizzato principalmente è il polivinil

pirrolidone (PVP).

Le tecniche di granulazione ad umido possono essere o in continuo o in fase discontinua, ovvero

che il processo produttivo può avvenire passaggio per passaggio e quindi la miscela di polveri viene

Page 13: Tecnologia farmaceutica .1 30

bagnata con la soluzione di agente legante e poi avviene l'essiccamento ed infine avviene la

setacciatura per uniformare i granulati. Sono delle tecniche che si chiamano granulatori a letto

fluido o flusso continuo in cui il processo viene fatto in continuo e quindi c'è una sola macchina

dove dalla miscela di polveri si arriva direttamente al granulato setacciato.

La definizione della Farmacopea dei Granulati: i granulati sono delle preparazioni solide costituite

da aggregati solidi, secchi, di particelle di polvere, sufficientemente resistenti a manipolazioni

energiche.

Lo stadio più complesso nell'operazione di granulazione ad umido è la scelta dell'agente legante e

della sua concentrazione, ciò torna nella definizione di farmacopea, perché deve essere resistente a

manipolazioni energiche (dal punto di vista meccanico) del granulato e quindi non si deve

ripolverizzare nel processo produttivo, ma a sua volta non deve essere eccessivamente resistente dal

non liberare il principio attivo. I granulati, secondo Farmacopea, sono destinati alla

somministrazione orale. Possono essere deglutiti tal quale,come per esempio i granulati

effervescenti, masticati oppure sciolti o dispersi in acqua o in altro liquido adatto prima di essere

somministrati(di questo tipo usiamo l'Aulin e l'Oki). I granulati possono essere a dose unica(Aulin)

o a multidose(citrosodina).

I saggi che prevede la farmacopea per i granulati sono saggi relativi al granulato come forma

farmaceutica finita unidose. Sarà obbligatorio il saggio di uniformità di massa e il saggio di

uniformità di contenuto. I granulati previsti in farmacopea sono distinti in:

- effervescenti

- rivestiti: ovvero che ogni singolo granulo che costituisce la forma farmaceutica finale

avrà un rivestimento di natura polimerica. In questo ambito si possono trovare i

granulati gastroresistenti, in cui ogni singolo granulo è ricoperto con un polimero che

gli conferisce delle caratteristiche gastroresistenti (non si sciolgono a pH acido ma a pH

intestinale); generalmente, questi polimeri, hanno dei residui bicarbonilici, con uno dei

residui carbossilici sono legati al polimero naturale e l'altro conferisce la sensibilità a pH

diversi. Uno dei più utilizzati è l'acetoftalato cellulosa. Quindi è la cellulosa

devitalizzata con l'acido ftalico(che è un derivato bicarbonilico) che ha un COOH che

esterifica con un OH della cellulosa e l'altro COOH libero.

Page 14: Tecnologia farmaceutica .1 30

Compresse

Il primo riferimento a delle forme farmaceutiche compresse, risalgono a dei trattati di medicina

araba del X sec. , in cui proprio le polveri erano poste in delle forme e venivano compresse a

martellate. Il processo produttivo della compressione, però, è abbastanza giovane; è alla fine del

1800 che compare, per la prima volta, in terapia, la parola compressa. Sempre verso la fino dell'800

compare la prima monografia (sulla farmacopea inglese) sulle compresse, che rimane l'unica fino al

1945. Da notare che i primi studi sull'influenza della formulazione sul principio sistematico sono

della fine degli anni '70. Le compresse sono delle preparazioni solide contenenti ciascuna una dose

unica di uno o più principi attivi e ottenuti usualmente per compressione di volumi uniformi di

particelle. La maggior parte delle compresse sono per somministrazione orale, in quanto ci sono

anche le compresse per uso rettale. Si possono distinguere varie categorie di compresse per uso

orale: compresse non rivestite,rivestite, effervescenti, solubili, dispersibili, orodispersibili,a rilascio

modificato, gastroresistenti e da utilizzare nella cavità buccale. Esistono due tipi di comprimitrici:

alternativa e rotativa.

In che cosa consiste il processo di compressione: (1) riempimento della camera di compressione

,che ha un dosatore a volume nella comprimitrice; ci sono due parti dette punzoni, uno superiore e

l'altro inferiore. Nella comprimitrice alternativa i due punzoni si muovono in maniera alternata; (2)

il punzone superiore è quello che comprime e quindi è quello che applica la forza di compressione

e (3) il punzone inferiore è quello che fa espellere la compressa. La forma della camera di

compressione, che si chiama anche matrice , determina la forma e la sezione trasversale della

compressa; i punzoni superiori ed inferiori , determinano la forma alla linea di separazione visibile

delle compresse e questo dipende dalle facce dei punzoni. La comprimitrice rotativa è fatta in modo

che i punzoni si muovano contemporaneamente, cioè scorre tra il punzone superiore e il punzone

inferiore un letto di polvere; ad altezza di questi rulli i punzoni vengono spinti inseme e quindi

l'operazione di compressione viene fatta in continuo(che non viene fatta in quella alternativa). Nelle

industrie, di fatto, ci sono solo le comprimitrici rotative, che arrivano a produrre fino a 1000000 di

compresse/ora; per la formulazione galenica invece, le poche farmacie che fanno le compresse

hanno comprimitrici alternative, in quanto più piccole e maneggevoli. Le compresse possono essere

ottenute per: compressione diretta o compressione dopo granulazione(la maggior parte).

La forza di compressione porta ad una deformazione plastica della particelle o ad una deformazione

elastica, ovvero dipendentemente dalla forza che si applica si può avere:

Page 15: Tecnologia farmaceutica .1 30

Quindi si ha (1) la polvere che inizialmente si trova nel suo stato di volume apparente (particelle +

spazi vuoti); iniziando ad applicare una forza di compressione si arriva alla (2) alla condizione di

volume reale, detto impaccamento denso, in cui si elimina l'aria tra le particelle. Continuando ad

applicare la forza si ottiene (3) la deformazione elastica: questo vuol dire che se in questo punto si

smette di applicare la forza di compressione , la polvere torna alla sua situazione di partenza.

Continuando ad applicare la forza si arriva (4) alla deformazione plastica, che è quella si che vuole

ovvero la formazione di una compressa e vuol dire che se in questo punto si smette di applicare la

forza di compressione la compressa rimane tale( la polvere rimane coesa). Continuando ad applicare

una forza eccessiva si ha la rottura della compressa(5). Quindi negli studi di questo tipo ovvero in

base alla polvere o al granulato che si deve comprimere dovranno essere fatti degli studi di forza di

compressione, per ogni singola miscela.

La compressione diretta è quella che si fa in farmacia ed è possibile quando la polvere ( o la

miscela di polveri di principio attivo e degli eccipienti) ha buona proprietà di scorrimento e di

comprimibilità; quindi la polvere deve essere scorrevole e deve essere possibile, applicando una

forza di compressione eccessiva, ottenere una compressa resistente. Come si prepara una compressa

per compressione diretta:

glicante

(2)

lubrificante

(3)

Principio Attivo

miscelazione

compressione

disgregante

(4)

diluenti

(1)

Si prende il principio attivo o i principi attivi e li si miscela, prima di tutto, con un diluente (1), che

sono gli eccipienti che rendono la massa lavorabile, e poi si aggiunge un glicante (2) e un

lubrificante (3), fanno parte della classe che generalmente si chiama dei lubrificanti ma la differenza

è che i glicanti influenzano la scorrevolezza vera e propria della polvere cioè agiscono sulle forze di

attrito e di frizione delle particelle della polvere e quindi modificano l'angolo di riposo. Un glicante

che viene usato anche in galenica è la silice colloidale ( il cui nome commerciale è aerosil) ed è

praticamente una polvere impalpabile che aumenta la scorrevolezza delle polveri. I lubrificanti,

propriamente detti, hanno la funzione di modificale le interazioni della polvere con le parti

meccaniche della comprimitrice e quindi evitare i fenomeni di pitching e stiching, che sono

rispettivamente la possibilità che la compressa resti attaccata al punzone superiore( se la polvere

non è sufficientemente scorrevole può rimanere adesa al punzone superiore e quindi quando risale

la compressa non si stacca), oppure può rimanere attaccata al punzone inferiore(cioè quando il

punzone superiore, dopo la compressione, risale per espellere la compressa ma questa non si

stacca). Quindi i glicanti agiscono sulla polvere, i lubrificanti agiscono sul processo di

Page 16: Tecnologia farmaceutica .1 30

compressione. A questa miscela dovrà essere aggiunto un disaggregante (4) che è un eccipiente con

ruolo biofarmaceutico perchè modifica o comunque influenza la disaggregazione della compressa e

quindi la liberazione del principio attivo.

I vantaggi della compressione diretta sono:

tempi minori: se la miscela è comprimibile e scorrevole.

No acqua e nessun contatto con i solventi.

No calore.

Non essendoci riscaldamento, è un processo energicamente meno costoso.

Gli svantaggi sono:

le polveri difficilmente sono facilmente comprimibili

demiscelamento polveri

costo elevato eccipienti, perchè gli eccipienti che possono essere utilizzati nella compressione

diretta sono estremamente costosi(si utilizza infatti il lattosio spray dried).

Generalmente le aziende, per la produzione delle compresse per la compressione diretta, in farmacia

vendono delle miscele di eccipienti di cui raramente interessa la composizione reale.

La compressione dopo granulazione ad umido è più complicata della compressione diretta( mi

basta miscelare le polveri evitando la loro demiscelazione e poi comprimere).

diluente Miscelazione Principio Attivo

Legante Granulazione H2O

Essiccamento

Setacciatura

Glicante 2° miscelazione Lubrificante

Disgregante

Compressione

Inizialmente verrà miscelato il principio attivo con il diluente; dopo di che, questa polvere, verrà

bagnata con la soluzione di agente legante ( H2O o miscele idroalcoliche) e avverrà il processo vero

e proprio di granulazione e ci sarà poi la fase di essiccamento. Successiva alla fase di essiccamento

c'è la setacciatura, ovvero rendere omogenee le dimensioni del granulato. Sul granulato, essiccato e

setacciato, avverrà la seconda miscelazione e quindi saranno aggiunti il glicante, il lubrificante e

l'agente disaggregante, dopo la seconda setacciatura avverrà la compressione.

La disaggregazione e la disgregazione sono due processi diversi: la disaggregazione è la fase

iniziale della rottura della compressa mentre la disgregazione avviene dopo, ovvero dalla rottura

Page 17: Tecnologia farmaceutica .1 30

grossolana(disaggregazione) si ha la rottura in frammenti più piccoli(disgregazione). L'eccipiente è

sempre lo stesso(amido, cellulosa, derivati o zuccheri), che influenza in realtà il processo dalla

compressa al principio attivo solubile; è sempre chiamato disaggregante ma influenza tutti e due

questi processi.

Il processo di spray drying è quello che consente di ottenere delle polveri finemente suddivise, e

quindi con delle dimensioni ridotte e estremamente omogenee, oppure consente di ottenere da

principi attivi liquidi una formulazione solida. La miscela, o il principio attivo, viene disciolta, e

quindi si trova sotto forma di soluzione; sull'impianto c'è un atomizzatore che spruzza, dall'alto, la

miscela( e che viene quindi nebulizzata, ed entra nella camera(sotto forma di goccioline finissime)).

Queste goccioline vengono investite, generalmente dal basso, da una corrente di aria calda:quindi,

le micro goccioline vengono immediatamente essiccate dalla corrente di aria calda. L'aria calda, non

solo essicca, ma mantiene in movimento, e quindi rende il processo ancora più rapido. Una volta

che le particelle sono diventate solide, chiaramente pesano di più e quindi scendono verso il basso e

vengono portate nel ciclone, dove sono setacciate in maniera raffinata, per forza centrifuga: in base

alle dimensioni verranno separate all'interno del ciclone. Alla fine della setacciatura verrà raccolto il

prodotto.

E' un processo molto costoso e visto le temperature elevate che si raggiungono nella camere(180°-

200°C) è ovvio che questo è un processo che non si può utilizzare per principi attivi termolabili.

Una volta appurato come si ottengono le compresse e quali sono i problemi produttivi delle

compresse, quali sono i saggi che la farmacopea chiede per le compresse; sono dei saggi che vanno

eseguiti obbligatoriamente dalle aziende prima di poter licenziare il tutto. Viene prodotto così un

lotto di compresse, che deve rispondere a tutti i saggi della farmacopea, e solo dopo che l'ufficio di

controllo di qualità ha dato il permesso, in azienda si “licenzia” il lotto, ovvero si mette in vendita

quel lotto.

Saggio dell’uniformità di massa, obbligatorio per tutte le forme farmaceutiche solide a dose unica.

Il saggio si esegue su 20 unità, nel caso delle compresse sono 20 compresse,che vengono pesate

singolarmente, su questi 20 pesi si calcola il peso medio delle compresse. Il saggio dice: non più di

due di tali masse individuali, ovvero dei singoli pesi, possono presentare uno scarto rispetto alla

media superiore allo scarto percentuale ammesso e nessuna unità può presentare uno scarto

maggiore del doppio di tale scarto percentuale ammesso.

Page 18: Tecnologia farmaceutica .1 30

Nella tabella è riportata la deviazione percentuale

della massa media. Cioè i pesi singoli delle 20 unità

devono essere confrontate al peso medio, più o meno

con lo scarto percentuale ammesso. Lo scarto

percentuale ammesso o deviazione percentuale,

come si vede dalla tabella, varia a seconda della

forma farmaceutica(dato che è obbligatorio per le

forme farmaceutiche solide) e quindi si hanno dei

valori di deviazione percentuale(che si indica con K)

diversi. All'interno della stessa forma farmaceutica K

varia al variare del peso medio. Come varia: minore

è il peso maggiore è la deviazione percentuale

ammessa.

Es: peso medio 80 mg; il valore di K=10; ovvero

intorno a questo peso medio la deviazione

percentuale ammessa è +/- 10%. quindi si avrà un

intervallo di 80+/- 8; la farmacopea dice che non più

di 2 unità possono essere fuori da questo intervallo,

cioè si possono discostare di 1 valore di deviazione percentuale ammessa dal peso medio, e nessuna

delle 20 unità si deve discostare dal peso medio di 2 deviazioni percentuali cioè dall'intervallo 80+/-

16. Il secondo intervallo è più ampio e quindi 18 compresse devono rientrare nell'intervallo 72-88, e

2 possono uscire ma non oltre i 16; devono essere rispettati entrambi questi criteri e quindi anche

se tutte e 20 rientrano in 80+/-16 ma 17 rientrano nel primo limite comunque il lotto non può essere

validato. È ovvio che se tutte e 20 le compresse rientrano nel primo intervallo, rientreranno anche

nel secondo.

K diminuisce all'aumento del peso medio. Per esempio se il peso medio è 250 mg, K = 5 → 250+/-

12,5, questo perchè, in questo modo, l'intervallo intorno al peso medio è più o meno lo stesso.

Il saggio di uniformità di contenuto è ' il saggio in cui viene dosato il principio attivo(il saggio di

uniformità di massa è quello che dà per l'appunto l'uniformità di massa). Il saggio di uniformità di

contenuto si esegue solo quando il principio attivo è inferiore al 2% in peso dell'intera forma

farmaceutica o a 2 mg. In tutti gli altri casi, cioè quando il principio attivo è in quantità superiore al

2 % o a 2 mg, l'uniformità di contenuto è ottemperata dall'uniformità di massa;quindi se si sono

fatte delle compresse omogenee in peso certamente queste saranno omogenee nel contenuto. Il

criterio di fabbricazione sarà sempre un range ammesso percentuale intorno al contenuto dichiarato

del principio attivo. Ci sono saggi diversi(saggio A,B,C) in cui ciò che cambia è la tecnica analitica

per i principi attivi. È importante vedere che il range intorno al contenuto medio ammesso deve

essere compreso tra i 85 e il 115%; quindi se il contenuto nominale, in mg, è X, l'uniformità di

contenuto si considera ottemperata se quello che si trova analiticamente si trova nell'intervallo 85%

< X < 115%. Questa è la base di buona parte del dibattito sugli equivalenti, perchè il range è

abbastanza ampio del dichiarato e su questo si basa quello che i produttori di generici cercano come

l'ammissibilità nelle prove di rilascio, ovvero fanno un po' di confusione. In questo saggio si dice

che la quantità nominale deve essere +/- 15%; allora i produttori, sulle prove di dissoluzione, dicono

che c'è l'oscillazione del +/- 15% perchè lo dice la farmacopea; ma la farmacopea non parla del

Page 19: Tecnologia farmaceutica .1 30

rilascio del principio attivo ma ciò che c'è realmente.

Il Saggio della friabilità è un saggio obbligatorio per le compresse non rivestite. Esiste un

apparecchio, il friabilometro, costituito da un tamburo di plexiglas che viene posto verticalmente

su una macchina. All'interno di questo tamburo c'è un braccio, e questo tamburo viene fatto ruotare

dalla macchina. Nella rotazione del tamburo, le compresse sono sollevate e poi ricadono. Con

questo saggio si misura la resistenza meccanica superficiale delle compresse. Il saggio,

generalmente si esegua una volta sola.

Il numero di compresse da utilizzare nel

saggio, anche in questo caso, dipende dal

peso delle compresse. Per compresse di

massa unitaria fino a 0,75 g è di 20

compresse, per compresse maggiori di

0,75 g sono 10. Si pongono le compresse

all'interno del friabilometro, prima di porle

all'interno si pesano, si esegue il saggio, si

spolverano le compresse alla fine del

saggio e si ripesano. Quindi si valuta se c'è

una perdita di peso e quindi una scarsa

resistenza superficiale delle compresse. È

ovvio che questo saggio non si esegue per

le compresse rivestite perchè hanno un

rivestimento e dovrebbero essere

resistenti.

Il saggio della rottura delle compresse è quello proprio in cui si misura la resistenza meccanica

alla rottura della compressa. Prima in farmacopea erano descritti degli apparecchi, ma nelle XII non

c'è un apparecchio specifico per determinare la rottura. La farmacopea dice solo che si misura come

forza necessaria a rompere le compresse. Uno degli apparecchi che può essere usato( i risultati

devono essere espressi in N) è l'apparecchio di monsanto

si pone la compressa lungo la sezione longitudinale e girando la vite si calcola la forza necessaria

alla frantumazione. L'apparecchio di Monsanto è calibrato in Kg.

Saggio di disaggregazione delle compresse e delle capsule: Un cestello, di plexiglas o di vetro,

che contiene 6 cilindri di vetro la cui base, di questo cilindro, è una rete di acciaio, è agganciato ad

un motore che fa muovere il cestello dal basso verso l'alto. Il cestello viene immerso in una

soluzione di H2O e serve a misurare il tempo necessario a che le forme farmaceutiche solide siano

disaggregate

Page 20: Tecnologia farmaceutica .1 30

la compressa si considera disaggregata quando sulla rete metallica sul fondo non c'è nessun

frammento oppure ci sono dei frammenti ma che sono completamente bagnati dall'acqua; la

farmacopea dice che non deve resistere nessun nucleo non bagnato. Il saggio si esegue su 6

compresse: la farmacopea dice che la compressa si considera disaggregata quando non rimane

nessun residuo oppure c'è un residuo costituito da una massa molle. Ci sono dei saggi diversi per le

compresse e le capsule, per quelle grandi, e per le supposte e per gli ovuli; questi saggi sono

obbligatori per tutte le forme farmaceutiche solide unidose.

Fattori che influenzano la velocità di disaggregazione di una forma farmaceutica. L'influenza

delle caratteristiche della compressa e dell'ambiente sulla velocità di disaggregazione si misurano

con profondità di ingresso del solvente all'interno della compressa. La velocità di disaggregazione

sarà:

dove L è la velocità di disaggregazione, r è il raggio dei pori della compressa, γ cos θ è la

bagnabilità ( la tensione superficiale per il coseno dell'angolo di contatto, ed è la capacità di un

solido di essere bagnato da un liquido ed è quindi una caratteristica del soluto). Η è la viscosità

del liquido(con cui la compressa entra in contatto) e t è il tempo. Questa relazione vale per le

compresse non rivestite. Un parametro che può avere un effetto sul raggio dei pori è la grandezza

delle particelle ma soprattutto la forza di compressione, ed è per questo che bisogna valutarla con

attenzione perchè bisogna arrivare alla deformazione plastica e non alla rottura, ma bisogna anche

fare in modo che la compressa sia disaggregabile. Infatti, il meccanismo di azione principale dei

disaggreganti è quello di creare dei canali all'interno della compressa;cioè generalmente sono

delle sostanze immediatamente solubili in H2O che a contatto con il fluido si dissolvono

rapidamente e aumentano r sia come dimensione che come numero. Un altro meccanismo di azione

Page 21: Tecnologia farmaceutica .1 30

dei disaggreganti, di quelli che vengono chiamati super disaggreganti, è la caratteristica che

hanno alcuni polimeri di assorbire l'H2O rapidamente e di rigonfiarsi. I fenomeno si chiama

swelling, e in questo caso le compresse meccanicamente esplodono( explotab, o sodio

caramellosio).

Il saggio della velocità di dissoluzione è un saggio non obbligatorio, ma per le forme

farmaceutiche non convenzionali sì perchè serve per dimostrare che abbiamo un effetto in quanto

forma farmaceutica nella liberazione del principio attivo. Il macchinario che si utilizza è costituito

da 1 contenitore, nel quale viene posto il liquido che viene utilizzato come solvente, e da un

agitatore meccanico, che può essere a cestello rotante, ovvero un cestello di acciaio inossidabile che

è legato direttamente al motore che imprime la rotazione, o a paletta(che invece agita il solvente). In

questo caso la forma farmaceutica è posta nel cestello e ruota in maniera solidale con il motore; nel

caso dell'agitatore a paletta la forma farmaceutica è posta nel contenitore dove c'è il liquido ed il

movimento è imposto al liquido. Le palette sono generalmente di teflon o di acciaio inossidabile. Il

saggio di dissoluzione si esegue a 37° C. Nel caso della determinazione della velocità di

dissoluzione con questi dissolutori, la forma farmaceutica viene messa nel fluido(generalmente 1 L)

si impone una certa velocità di rotazione, a intermedi di tempo predefiniti si fanno dei prelievi,si

misura la concentrazione di principio attivo e, indipendentemente dal volume che si preleva, si

aggiunge solvente nuovo. Quello che si calcola è un incremento della quantità di principio attivo

che si sta analizzando nel tempo,che si chiama quantità cumulativa, che dovrà tenere conto delle

singole diluizioni, perchè ad ogni prelievo si aggiunge solvente nuovo. Si aggiunge solvente nuovo

per fare in modo che comunque il volume sia costante, perchè sennò si avrebbe una concentrazione

crescente che può essere legata al fatto che il volume sia diminuito.

Il saggio si fa su 6 compresse ma valutate singolarmente, in cui poi il profilo di rilascio si fa

facendo la media. Nel caso del cestello rotante, se si dice che è stata applicata una velocità di

rotazione che si misura in giramento o RPM, si è sicuri che la forma farmaceutica ruota a quella

velocità. Nel caso del dissolutore a paletta il movimento che ha la la forma farmaceutica non è

controllato ,perchè la paletta imprime il movimento al solvente e il movimento del solvente trascina

la forma farmaceutica che potrebbe trovarsi nella parte bassa( e quindi è agitata più velocemente)

oppure potrebbe spostarsi nella parte più alta e quindi imprime una velocità di rotazione minore. Se

però la forma farmaceutica ha una composizione particolare, il cestello si può otturare(come per es.

polimeri che rigonfiano) e quindi il principio attivo è intrappolato nel cestello. Lo stesso problema

si può avere utilizzando delle compresse di natura polimerica, con il dissolutore a paletta, e bisogna

essere certi che la forma farmaceutica non aderisca al recipiente, per cui in questo casi si imprime la

velocità la velocità di rotazione ma la forma farmaceutica non si muove. Mettere appunto il saggio

di dissoluzione funzionale non è facile, perchè bisogna scegliere il dissolutore, il solvente(che

solitamente sono tamponi a pH 1-2, ed alcuni utilizzano il fluido gastrico intestinale simulato), la

velocità di rotazione, il modello di dissolutore, i tempi di prelievo e i volumi dei prelievi. Per

simulare le condizioni in vivo è stata introdotta, nella XII edizione della farmacopea, una nuova

apparecchiatura: il dissolutore a flusso continuo. Perchè in questi dissolutori, non cambiando se

non di pochi ml il volume nel tempo, non si simulano le condizioni in vivo; la compressa nello

stomaco viene in contatto in continuo con liquido gastrico diverso. Quindi è previsto un

apparecchio a flusso continuo in cui c'è una camera di dissoluzione in cui viene messa una

compressa(o capsula) che è termostatata, viene inviato in questa in continuo, solvente riscaldato a

37°C e si raccolgono poi dei campioni che vengono analizzati. Questi saggi non sono obbligatori

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per tutte le forme farmaceutiche solida ma sono consigliati per le forme farmaceutiche a rilascio

continuo.

Page 23: Tecnologia farmaceutica .1 30

Compresse

Le compresse sono preparazioni solide contenenti ciascuna una dose unica di uno o più principi

attivi e ottenute usualmente per compressione di volumi uniformi di particelle. Si possono

distinguere varie categorie di compresse per uso orale:

compresse non rivestite(con dei saggi obbligatori);

compresse rivestite

compresse effervescenti;

compresse disperdibili ed orodisperdibili;

compresse a rilascio modificato;

compresse gastroresistenti;

compresse da utilizzare nella cavità buccale.

Queste compresse devono avere una sufficiente resistenza meccanica, che tiene conto di due fattori:

la resistenza meccanica superficiale(i) che si misura con il saggio della friabilità, e la resistenza alla

rottura. Se le compresse sono realizzate e dispensate come compresse divisibili( quelle con il

“taglio” al centro), la farmacopea dice che, le aziende devono dimostrare che in ciascuna delle unità

in cui è divisibile la compressa ci sia uniformità di contenuto. I saggi obbligatori sono l'uniformità

di massa, l'uniformità di contenuto se il principio attivo è inferiore a 2 mg o al 2% della massa

totale, altrimenti l'uniformità di massa garantisce anche l'uniformità di contenuto.

Le compresse non rivestite possono essere:

1. a strato singolo

2. a multistrato

quindi si avrà una compressa in cui una miscela di polveri, nella maggior parte dei casi di

granulato,oppure nelle compresse multistrato si ottengono per compressione successiva e possono

gli strati essere paralleli o concentrici. Le compresse multistrato, indipendentemente dal disegno,

sono ottenute per compressioni successive di miscele diverse.

Le compresse multistrato vengono fatte o per avere il rilascio modificato o si può avere, nelle

compresse a multistrato quelle concentriche,concentrazioni diverse dello stesso principio attivo. Per

esempio la parte iniziale libera più rapidamente,etc, ma questo è soprattutto per le compresse a

rilascio modificato ovvero per forme farmaceutiche non convenzionali in cui la forma farmaceutica

controlla l'assorbimento. In genere viene fatta quando c'è una incompatibilità chimico-fisica dei

principi attivi; se la formulazione, quindi, contiene più principi attivi che presentano tra loro

incompatibilità chimico-fisica, vengono granulate separatamente e poi vengono compresse le

miscele diverse.

Il saggio, oltre quelli obbligatori, obbligatorio per queste compresse è il saggio della

Page 24: Tecnologia farmaceutica .1 30

disaggregazione: si fa in H2O R( secondo farmacopea ovvero inclusa, con delle caratteristiche, nei

reattivi della farmacopea). Anche per le compresse rivestite è obbligatorio questo saggio, ma ciò che

cambia è il tempo, ovvero una compressa non rivestita è conforme alle caratteristiche di farmacopea

se disaggrega in H2O in 15 minuti, viceversa, le compresse rivestite, se hanno un rivestimento di

tipo zuccherino si chiamano confetti, come quelli per uso alimentare in quanto la tecnica è stata

importata dall'industria dolciaria, devono disaggregare in 60 minuti, mentre le compresse rivestite

con film devono disaggregare in 30 minuti.

Le compresse rivestite sono compresse ricoperte con uno o più strati di miscele di varie sostanze;

la rivestitura si fa senza compliance del paziente, perchè generalmente servono per coprire l'odore

sgradevole e il colore sgradevole. La confettura è un processo complesso, perchè per esempio

richiede che la soluzione sia di una composizione giusta e bisogna ottenere una confettatura che non

influenzi troppo la disaggregazione della compressa; fino a 5-6 anni fa la confettatura veniva fatta a

mano ovvero c'erano degli artigiani, importati dall'industria dolciaria, e operavano bagnando le

compresse, in cui stavano in un grande contenitore di rame e venivano fatte girare, con la soluzione

zuccherina fino alla consistenza voluta. La confettura in genere viene fatta per aiutare la

deglutabilità; infatti in genere i confetti sono per quelle compresse per uso pediatrico o geriatrico, o

per qualche patologia in cui il paziente ha difficoltà a deglutire(perchè sempre perfettamente liscio).

Il saggio di disaggregazione non si attua sulle compresse effervescenti.

Il tipo di rivestimento divide le compresse in:

compresse con rivestimento zuccherino(confetti) costituito un gran parte da saccarosio(che

può costituire fino la metà del peso totale)

compresse con rivestimento filmogeno, il film molto sottile è costituito da polimeri, questo

rivestimento può essere anche applicato a secco(non come il confetto,in cui la compressa e

bagnata della sostanza zuccherina), anche se ci sono delle compresse che vengono bagnate

con la soluzione polimerica.

Compresse a doppio strato o con rivestimento a secco.

Le compresse effervescenti sono compresse non rivestite contenenti generalmente sostanze acide e

carbonati o bicarbonati che reagiscono rapidamente in presenza di H2O sviluppando anidride

carbonica. Sono destinate ad essere disciolte o disperse in acqua prima della somministrazione.

Differiscono dalla compresse solubili in quanto devono essere sciolte in acqua prima della

somministrazione, mentre le compresse effervescenti hanno l'aggiunta che una volta sciolte in acqua

devono sviluppare rapidamente CO2. Il saggio di disaggragazione non si esegue sulle compresse

effervescenti ma si pone la compressa in un recipiente con acqua a una temperatura diversa da

quella corporea(37°C) e deve sviluppare numerose bolle di gas in 6 minuti, quindi il saggio di

disaggregazione è obbligatorio ma è diverso da quello delle altre compresse. Dalla reazione

dell'acido debole con il bicarbonato si sviluppa l'anidride carbonica.

3NaHCO3 + H3C6H2O7 → 3H2O + 3CO2 + Na3C6H2O7

252 g 192 g 54 g 132 g 258 g

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da notare la quantità in grammi degli eccipienti utilizzati: le compresse effervescenti sono molto più

grandi di quelle normali, perchè per sviluppare 3 moli di CO2 si ha bisogno di quasi 3 etti di

eccipienti.

Le compresse disperdibili sono compresse non rivestite o rivestite con film destinate ad essere

disperse in acqua prima della somministrazione. La differenza con le compresse solubili è che la

compressa solubile dà luogo ad una soluzione, non necessariamente trasparente, mentre la

compressa disperdibile dà luogo ad una dispersione omogenea. I saggi che si fanno sulle compresse

disperdibili sono: 1) saggio della disaggregazione e 2) finezza della dispersione; quindi non solo

viene valutato il tempo in cui(a temperatura ambiente) disaggrega ma viene anche misurata la

dimensione della dispersione, che deve avere una dispersione tale da passare attraverso un setaccio

di 710 μm.

Le compresse oro disperdibili sono le compresse non rivestite destinate ad essere poste nella

bocca dove si disperdono rapidamente prima di essere inghiottite; sono quelle definite fast. Una

caratteristica formulativa particolare è che sono formulate con il mannitolo , perchè questo quando

si scioglie assorbe calore e quindi lascia un senso di freschezza perchè la dissoluzione è un processo

che libera calore.

Le compresse gastroresistenti sono le compresse a rilascio ritardato preparate per resistere al

fluido gastrico e rilasciare il o i loro principi attivi nel fluido intestinale. Sono preparate rivestendo

le compresse con una sostanza gastroresistente. Queste compresse devono resistere 2 ore in HCl 0,1

M e poi devono disaggregare in 1 ora in un tampone a pH= 6,8.

Sempre nell'ambito delle forme farmaceutiche solide per uso orale ci sono le gomme da masticare

medicate: sono preparazioni solide a dose unica con una base costituita essenzialmente da gomma,

destinate ad essere masticate ma non inghiottite. Sono per esempio il travelgum. Dopo dissoluzione

o dispersione dei principi attivi nella saliva, le gomme da masticare sono destinate:

al trattamento locale di affezioni della cavità buccale

all'azione sistemica dopo assorbimento attraverso la mucosa buccale o attraverso il tratto

gastro intestinale.

La compressa:

La compressa viene quindi prima (1) deaggregata, poi (2) disaggregata in particelle fini, poi avviene

il (3) processo di dissoluzione ed infine (5) l'assorbimento. Il principio attivo viene assorbito solo

dopo essere stato solubilizzato. È stato già visto quali sono i fattori che influenzano la

disaggregazione. I fattori che influenzano la dissoluzione di un solido: esistono molti modelli

matematici per descrivere il processo di dissoluzione di un solido. Si considera una sola teoria che è

quella che descrive la quasi totalità dei processi di dissoluzione.

Page 26: Tecnologia farmaceutica .1 30

La teoria del film lega la velocità della dissoluzione ai processi di diffusione, e quindi lega la

velocità di dissoluzione alla legge di Fick, che regola i processi diffusivi. Se si considera una

particella solida, questa entra in contatto con il solvente; la teoria del film dice che intorno alla

compressa di forma uno strato, detto strato idrodinamico diffusionale, in cui la concentrazione del

solido è pari alla sua solubilità.

Il solido incomincia a dissolversi nel solvente

e la porzione iniziale del solido disciolto

rimane a formare un film; quindi in questo

film che si crea intorno alla particella di

solido si ha una concentrazione di solido pari

a cs. Si avrà un volume di solvente in cui c'è

poco solido, in cui si avrà una concentrazione(ct), ovvero che dipende dal

tempo al quale si misura la concentrazione. Questa teoria richiama la teoria di

Fick perché in questo modello il processo di dissoluzione è considerato

costituito da due stadi: (1) passaggio solido nel film e (2) diffusione del solido

disciolto verso solvente puro.

In questo modello, il primo stadio è considerato lo stadio veloce mentre lo stadio lento è la

diffusione attraverso lo strato idrodinamico diffusionale e quindi sarà quello che influenza la

velocità di dissoluzione. La velocità di dissoluzione, che si misura come variazione della quantità

del solido che si trova in soluzione in funzione del tempo

dove A è la superficie specifica del solido(e quindi al grado di finezza dopo la disaggregazione), D è

il coefficiente di diffusione(attraverso le strato idrodinamico diffusionale), (cs - ct) è il gradiente di

concentrazione(tra lo strato idrodinamico diffusionale e la massa del solvente), h è lo spessore dello

strato idrodinamico diffusionale e V è il volume. Il gradiente di concentrazione tiene conto del

percorso che la molecola fa:

la differenza tra cs e ct al punto (1) è diverso dal punto (2) in quanto

dipende del percorso.

Per aumentare la velocità di dissoluzione di una forma farmaceutica in vitro si aumenta la superficie

specifica(evitando che la polvere eccessivamente fissa, non è facilmente lavorabile fino quindi al

limite della lavorabilità), h(aumentando la velocità di agitazione, in quanto gli agitatori sono

sottoposti ad agitazione si diminuisce h, perchè agitando lo strato idrodinamico diffusionale intorno

al solido si assottiglia); una delle tecniche, infatti, che si utilizza per discriminare il meccanismo di

dissoluzione è fare dei test al dissolutore variando la velocità di rotazione. Se la velocità di

dissoluzione aumenta all'aumentare della velocità di rotazione è plausibile che il meccanismo

coinvolto sia un meccanismo di questo tipo cioè legato a dei fenomeni diffusivi; se aumentando la

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velocità di rotazione la velocità di dissoluzione rimane uguale si deve utilizzare un altro modello

matematico per valutare il processo di dissoluzione.

In vivo la situazione è molto più semplice, perchè ci sono delle situazioni sink cioè il solido viene in

contatto in continuo con il fluido gastrointestinale fresco quindi cs è sempre molto maggiore con ct.

quindi la variazione di concentrazione sarà legata al tempo attraverso una costante nel quale

rientrano dei parametri che sono costitutivi della forma farmaceutica. Questi grafici rappresentano

come gli eccipienti e i processi formulativi possono influenzare in maniere determinante la velocità

di dissoluzione e quindi la sua biodisponibilità.

In questo grafico è riportato il profilo di dissoluzione(riportato

come % disciolto in funzione del tempo) del fenobarbital,

formulato in polvere(1), in granuli(2) e in compresse(3).

Inspiegabilmente si vede che il fenobarbital in compresse si

scioglie più velocemente della polvere, quindi la polvere è già

disaggregata e quindi ha un processo in meno così come i

granuli, ma ciò nonostante, facendo il profilo di dissoluzione si

nota che le compresse si sciolgono più velocemente. Ciò

perchè nella compressione sono stati aggiunti degli eccipienti

che hanno favorito, ad esempio, la bagnabilità della polvere; prima di essere disciolto, il principio

attivo deve essere bagnato dal solvente e quindi se si aumenta la capacità della polvere di essere

bagnata si aumenta anche la velocità di dissoluzione. In genere, questa potrebbe essere

un'indicazione che comunque la granulazione è stata eseguita correttamente, perchè la presenza di

agente legante non ha ridotto, rispetto alla polvere (perchè la parte finale delle curve si

sovrappongono), la velocità di dissoluzione e che quindi la sua scelta e la sua concentrazione è

ottimale.

questo(1) invece è un grafico che fa vedere l'effetto del colorante; i coloranti hanno un effetto

sostanziale, soprattutto quelli insolubili in acqua come gli ossidi di ferro, nella biodisponibilità del

principio attivo. In questo caso viene studiata la velocità di dissoluzione della lipoflavina in

compresse rivestite con idrossipropil metil cellulosa. In questi due casi la velocità di dissoluzione è

stata eseguita sui succhi gastrici simulati: questo(*) è il profilo di dissoluzione in succo gastrico

simulato, mentre l'altro prifilo di rilascio è stato eseguito in fluido intestinale simulato. Nel fluido

Page 28: Tecnologia farmaceutica .1 30

gastrico simulato e nel fluido intestinale simulato non cambia solo il pH ma sono aggiunte delle

proteine e avvolte, nel fluido intestinale simulato, anche i sali biliari. In questo caso, la presenza di

colorante, nel succo gastrico simulato, rallenta in maniera sostanziale il profilo di dissoluzione

mentre i due profili si avvicinano e sono perfettamente sovrapponibili nel fluido intestinale

simulato. Questo è proprio legato al fatto che nel fluido intestinale simulato sono presenti i sali

biliari, che sono delle sostanze che formano micelle , e quindi in questo caso la presenza del

colorante che rallenta in maniera sostanziale il profilo di dissoluzione della vitamina(liposolubile) è

contrastata dal fatto che la presenza di sali biliari favorisce il processo di dissoluzione attraverso la

solubilizzazione micellare del colorante. Quindi è ovvio che in un saggio normale di

dissoluzione,eseguito in H2O o in un tampone non sarebbe possibile discriminare l'effetto del

colorante sul profilo della velocità di dissoluzione.

La solubilità, fino ad ora è sempre stata espressa come una concentrazione e quindi con dei valori

numerici(g/l, n/l o % p/v); in realtà, la farmacopea, esprime la solubilità delle sostanze utilizzando

una modalità completamente diversa. Infatti, divide le sostanze con delle indicazioni di solubilità

che vanno da solubilissimo a praticamente insolubile, dando la quantità in ml di H2O che solubilizza

1g di sostanza. Per esempio, solubilissimo meno di 1 vuol dire che 1g della sostanza si solubilizza

in 1ml di H2O(tra i 15-25°C ovvero a temperatura ambiente). Praticamente insolubile vuol dire che

1g di sostanza si scioglie in 10 l di H2O; quindi rispetto all'indicazione numerica in cui si esprime la

solubilità, la modalità della farmacopea di valutare la solubilità è completamente diversa. Wagner,

nel 1970, ideò uno schema per valutare gli stadi che portavano dalla forma farmaceutica solida al

farmaco in soluzione, che è la condizione necessaria perchè avvenga l'assorbimento del farmaco.

Forma farmaceutica solida → disintegrazione → granuli + aggregati → deaggregazione → polveri

fini

dalla forma farmaceutica solida inizia il processo di disintegrazione che porta a granuli e aggregati,

la deaggregazione, poi, porta alle particelle fini. Il processo di dissoluzione maggiore(ovvero in %

maggiore) avviene a carico ovviamente delle particelle fini anche se inizia un moderato processo di

dissoluzione anche nella forma farmaceutica solida. Qualche anno dopo, nel 1982, Cartensen

elabora uno schema più complesso e aggiunge, agli stadi che erano stati ipotizzati da Wagner, degli

stadi che precedono il processo di disaggregazione della forma farmaceutica solida. Inserisce un

tempo di lagging , necessario a che la forma farmaceutica sia bagnata dal solvente(in vivo dal

fluido biologico) per poi iniziare il processo di

disintegrazione.

Se si pone a grafico l'andamento del processo

considerato da Cartensen, si ottiene il tipico

diagramma ad S, che caratterizza il profilo di

dissoluzione delle forme farmacutiche solide.

La forma del grafico è ad S perchè: nella fase

iniziale (1) si avrà un tempo di lagging iniziale

in cui non c'è interazione tra la forma

farmaceutica e il fluido biologico; quindi la

forma farmaceutica dovrà essere bagnata dal

Page 29: Tecnologia farmaceutica .1 30

fluido biologico, il quale dovrà entrare all'interno della forma farmaceutica e solo a questo punto

inizierà il processo di disintegrazione(2) e il processo di disaggregazione(3). Nella fase centrale

della curva(4) si ha la fase di dissoluzione e andando avanti nel tempo non si arriva alla

dissoluzione totale perchè si genera uno stadio, secondo Cartensen, di occlusione. Si arriva così ad

uno stadio in cui il solido non solubilizza più e quindi la quantità disciolta rimane costante(5). Da

notare che la parte centrale del grafico è una retta; questo per i parametri che influenzano la velocità

di dissoluzione

In questi tre diagrammi A,B,C, si nota che tutti hanno la fase di

occlusione. L'andamento ad S è tipico del processo di

disintegrazione- dissoluzione: nel grafico A c'è solo il processo di

dissoluzione e quindi la compressa è a disaggregazione

immediata. Nelle curve B e C, il profilo di dissoluzione e quindi il

passaggio in soluzione del farmaco è influenzato dalla parte

iniziale. In queste forme farmaceutiche, quello che cambia è la

fase di disaggregazione; quindi la B rappresenta una forma

farmaceutiche in cui la disaggregazione è rapida mentre la C è

una forma farmaceutica poco bagnabile ( perchè il tempo di

lagging è lungo) e che ha una velocità di disaggregazione lenta.

Costruire questi grafici,utilizzando lo schema di Cartensen consente di evidenziare quale è lo stadio

limitante del processo di dissoluzione e quindi, indipendentemente da quello che si vuole ottenere

dalla forma farmaceutica, si modifica la formulazione. Da notare, che non è detto che una velocità

di disaggregazione elevata corrisponde a una velocità di dissoluzione elevata. Esistono una serie

infinità di modelli matematici che mettono in relazione, per le diverse formulazioni, la velocità di

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disintegrazione con la velocità di dissoluzione, perchè non è certo che una forma farmaceutica che

disaggreghi rapidamente, rilasci poi rapidamente il principio attivo. Questi sono degli esempi che si

fanno negli studi di preformulazione, che sono assolutamente precedenti anche alla prima fare

della sperimentazione clinica, che si fanno per valutare l'effetto degli eccipienti sulla liberazione del

principio attivo.

In questo grafico sono riportati i profili di dissoluzione

dell'acido salicilico, formulato in compresse come forma

farmaceutica solida unidose, e si valuta l'effetto dell'amido sulla

dissoluzione. Aumentando la quantità di agente

disaggregante(dal 5% al 20%) si ha una velocità di dissoluzione

maggiore. Quindi per l'acido salicilico in questa composizione,

aumentando la quantità di disaggregante si rende più veloce la

dissoluzione del principio attivo.

Questa una situazione diversa, perchè sono prese in considerazione preparazioni diverse. Sono

compresse il cui principio attivo è il diazepan. Gli eccipienti che sono considerati: fosfato di calcio

idrato(utilizzato con diluente, presente in

93%, ovvero l'aggiunta che crea la

massa), poi sono considerati due

disaggreganti diversi, il glicolato di

amido e l'amido di patata ed è poi

aggiunto il magnesio stereato(con

lubrificante propriamente detto perchè gli

stereati sono quelli che, nel caso delle

compresse, evitano i fenomeni di

adesione ai punzoni). In questa

formulazione viene valutato, non solo

l'effetto dei due disaggreganti diversi ma

viene valutato anche il tempo di miscelamento con il lubrificante. Questo perchè gli stereati sono

indispensabili per formare le compresse ma, essendo delle sostanze totalmente insolubili in H2O, la

loro presenza disturba in maniere sostanziale la dissoluzione di principio attivo; quindi un

parametro che deve essere valutato in maniera estremamente precisa è il tempo di miscelamento con

gli stereati perchè stando sulla superficie della forma farmaceutica , impediscono la fase

iniziale(ovvero la bagnabilità) e quindi tutti i passaggi successivi saranno modificati in maniera

sostanziale.

Quindi ci saranno le due curve relative ai diversi tempi di mescolamento; per esempio nella

formulazioni di diazepan formulate con l'amido di patata, il tempo di mescolameto con gli stereati

influenza in maniera sostanziale la velocità di dissoluzione, cioè aumentando da 2 minuti a 30

minuti il tempo di miscelamento, la velocità di dissoluzione si riduce in maniera sostanziale.

Questo, viceversa, non si verifica per le formulazioni che hanno come disaggregante il glicolato di

amido. Quindi l'andamento delle due curve, quelle dell'amido di patata, è legato ai due diversi tempi

di mescolamento: 30 minuti e 2minuti il tempo di mescolamento con il lubrificante(stereato di

Magnesio). Se si utilizza come disaggregante l'amido di patata, il tempo di mescolamento con il

lubrificante influenza in maniera sostanziale, cioè se si passa da 2 minuti a 30 minuti la velocità di