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Intervista con
John Dewey
Dalla retorica classica al e-text…
…lo strumento IDEAM
Corso “Social media Strategies 2015”
Università degli Studi di Firenze
Progettista: Tutor:
Stella Rita Emmanuele Prof. Gianluca Simonetta
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Conoscenze e nuove tecnologie
Intervista con John Dewey
L’importanza delle Information Communication Technologies (ICT) in ambito
pedagogico-didattico, per facilitare il processo di insegnamento-apprendimento degli
studenti di ogni ordine e grado scolastico ed accademico, sia normodotati che non, sia
BES (Bisogni Educativi Speciali) che DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento).
Topics: comunicazione generativa, Gianluca Simonetta, John Dewey, Luca Toschi, social media, social media strategies 2015.
Photo credit: Arno Rafaesl Minkkinen_FOSTERS POND, 2000; 50x60 cm_Stampa b/n ai sali d'argento
2/11 Stella Rita Emmanuele
DOMANDA – Social media Strategies 2015:
Professor Dewey, ci aiuti ad esplicitare i concetti chiave del Suo pensiero; ben
strutturati nell’opera da Lei redatta “Il mio credo pedagogico”, al fine di
ricollegarli al focus della nostra intervista: l’uso delle ICT in ambito didattico…
Innanzitutto cosa intende Lei per educazione?
RISPOSTA – John Dewey:
Inizio con una breve premessa: L’interpretazione dei concetti trattati nell’opera da Lei
citata che racchiude il lungo lavoro da me condotto, si rifanno ad un pragmatismo
strumentalistico, con chiari riferimenti all’evoluzionismo che hanno portato alla
fondazione (insieme ad altri colleghi) della Scuola di Chicago; da qui ha preso avvio
il movimento dell’educazione progressiva che ha influenzato sia le politiche educative,
sia le istituzioni formative in chiave assolutamente democratica, da ciò siamo giunti ad
una grande svolta, “Attivismo”.
Per rispondere alla Sua domanda…
Io credo che – ogni educazione deriva dalla partecipazione dell’individuo alla
coscienza sociale della specie. Questo processo s’inizia inconsapevolmente quasi dalla
nascita e plasma continuamente le facoltà dell’individuo, formando i suoi abiti,
esercitando le sue idee e destando i suoi sentimenti e le sue emozioni. Mediante questa
educazione inconsapevole l’individuo giunge gradualmente a condividere le risorse
intellettuali e morali che l’umanità è riuscita ad accumulare.
In analisi il processo educativo ha due aspetti, l’uno psicologico e l’altro sociologico,
e nessuno dei due può venire subordinato all’altro o trascurato senza che ne conseguano
cattivi risultati. Di questi due aspetti quello psicologico è basilare. Gli istinti e le skills
del fanciullo forniscono il materiale e danno l’avvio a tutta l’educazione. Se gli sforzi
dell’educatore non si riallacciano a qualche attività che il discente compie di sua
propria iniziativa indipendentemente dall’educatore stesso, essa si riduce a una mera
pressione dall’esterno.
D’altra parte si insiste che la definizione sociale dell’educazione come “adattamento”
alla civiltà ne fa un processo forzato ed esterno e conduce a subordinare la libertà
dell’individuo ad una situazione sociale e politica presupposta. Ciascuna di queste
obiezioni è vera quando viene affacciata contro uno dei due aspetti isolato dall’altro.
Riassumendo, io credo che l’individuo che deve essere educato è un individuo sociale
e che la società è un’unione organica di individui. Se eliminiamo il fattore sociale dal
fanciullo si resta solo con un’astrazione; se eliminiamo il fattore individuale dalla
società, si resta solo con una massa inerte e senza vita. Perciò l’educazione deve
iniziarsi con una penetrazione psicologica delle capacità del fanciullo, dei suoi interessi
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e delle sue abitudini per esser tradotte nei loro equivalenti sociali e mostrare la loro
capacità, come organi di servizio sociale.
-Social media Strategies 2015:
Professor Dewey, quindi se la Pedagogia è stata da sempre considerata un’attività
teorica, parte minima della filosofia, dell’etica e addirittura della teologia come se
non potesse mai slegarsi da queste! Dalle sue parole si evince tutt’altro, qualcosa
di nuovo…
– John Dewey:
Assolutamente sì! L’evoluzione e la progressiva sperimentazione hanno concretizzato
tale definizione: “Pedagogia come scienza autonoma” che collabora con le altre
discipline (guai se così non fosse!), come allo stesso modo tutti gli operatori di un
setting formativo lavorano in équipe multidisciplinare; di certo la pedagogia non è parte
minima della filosofia ect… ma è parte costitutiva, come le altre scienze, di un unico
Sapere.
– Social media Strategies 2015:
Professor Dewey, proiettiamoci adesso verso un tema importante per la nostra
intervista ossia, la scuola e le agenzie di formazione. Le Sue posizioni teoriche e
pratiche pongono l’esperienza concreta dell’uomo come base fondamentale della
cultura e della conoscenza; tale conoscenza è frutto della “transazione” fra
soggetto ed oggetto che costituiscono la relazione stessa.
A tal proposito cos’è per Lei la scuola e quindi le varie agenzie formative?
– John Dewey:
Io credo che – la scuola è prima di tutto un’istituzione sociale. Essendo l’educazione
un processo sociale, la scuola è essenza di vita e di comunità in cui sono concentrati
tutti i mezzi che serviranno più efficacemente a rendere lo studente partecipe dei beni
ereditati dalla specie ed a far uso delle sue skills per finalità sociali; l’educazione è,
perciò, un processo di vita.
La scuola, come istituzione, deve semplificare la vita sociale esistente perché è così
complessa che il fanciullo non può venirvi portato a contatto senza confusione o
distrazione. Esso o è sopraffatto dalla molteplicità di attività che hanno luogo, sì che
smarrisce la sua capacità di reagire ordinatamente, oppure è stimolato da queste varie
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attività in modo tale che le sue facoltà vengono attivate prematuramente ed esso o
diventa indebitamente specializzato oppure si disintegra.
Intesa come vita sociale semplificata, la vita di scuola deve svolgersi gradualmente
dalla vita domestica, dalla quale riprendere e continuare le attività che già sono
familiari al fanciullo e riprodurle in modo che esso possa, a poco a poco, apprenderne
il significato e fare la sua parte in rapporto ad esse. Questa è sia una necessità
psicologica perché è il solo modo di assicurare la continuità dello sviluppo del
fanciullo, sia una necessità sociale perché la famiglia è l’agenzia di socializzazione
primaria nella quale il bambino è allevato ed in rapporto alla quale esso ha ricevuto la
sua educazione morale. Spetta alla scuola approfondire ed estendere il suo senso dei
valori.
– Social media Strategies 2015:
L’educazione, secondo il Suo punto di vista deve essere incentrata su forme di
attività pratica?
– John Dewey:
Non solo su forme di attività pratica, ma anche sociale e culturale che consentano alla
scuola e alle altre istituzioni di riprodurre in modo amplificato ed ordinato, quella
ricchezza ed immediatezza di esperienze proficue al cambiamento, al progresso; qui
riprendo il concetto di “transazione” poiché è scontato, addirittura necessario,
nell’incontro fra soggetto ed ambiente, natura e cultura, fatti e valori, filosofia e
scienza.
– Social media Strategies 2015:
Si deduce che rispetto a tali situazioni, lo strumento principale di cui il soggetto
dispone è la ragione come attività di ricerca data dall’esperienza…o erro?
– John Dewey:
Non si sbaglia, anzi ha colto in pieno il mio pensiero, voglio solo precisare che in
riferimento allo strumento di cui il soggetto dispone in situazioni pratiche ed
esperienziali, sostituisco al termine ragione quello di “attività intelligente” poiché
rende meglio il significato della sua funzione nel contesto formativo.
Io credo che – la materia dell’educazione dev’essere concepita come una ricostruzione
continua dell’esperienza; che il processo e il fine dell’educazione sono una sola ed
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identica cosa. Qualsiasi fine esterno ad essa equivale a privare il processo educativo di
gran parte del suo significato e tende a indurci a fare assegnamento su stimoli falsi ed
esterni nei nostri rapporti con lo studente.
Spesse volte, nella pratica del programma scolastico/accademico noi violiamo la natura
del discente e rendiamo difficili i migliori risultati morali gettandolo bruscamente in
una quantità di studi altamente specializzati. Invece, dobbiamo essere consapevoli e
diffondere l’idea che il vero centro di correlazione tra le discipline non è la scienza, né
la letteratura, né la storia o la geografia, ma sono le attività sociali del fanciullo stesso.
– Social media Strategies 2015:
Il nesso indissolubile che congiunge l’educazione all’esperienza è oggetto di studio
della Pedagogia che Lei definisce, in tempi ormai evoluti e consapevoli, come
“scienza autonoma”, quindi Professore ne consegue che la metodologia adottata è
scientifica...?
– John Dewey:
Certo, la metodologia adottata è scientifica, se la pedagogia è una scienza non può non
disporre di un metodo scientifico anzi, Le dirò di più, la natura del metodo è riducibile
alla questione dell’ordine dello sviluppo delle facoltà e degli interessi del fanciullo.
Io credo che – siano d’importanza suprema la consapevolezza che il lato attivo precorre
quello passivo; che l’espressione viene prima dell’impressione consapevole; che i
movimenti precedono le sensazioni consapevoli; anche le idee (i processi intellettivi e
mentali) derivano dall’azione e vengono trasmesse in vista di un migliore controllo
della stessa.
Solo mediante l’osservazione continua e sollecita degli interessi (segni e sintomi dello
sviluppo di capacità = sorgente) del giovane studente è dato all’educatore di penetrare
nella sua vita, di scorgere la disposizione e la materia su cui egli potrebbe operare più
prontamente e con miglior esito. L’interesse è sempre il segno di qualche potere celato,
la cosa importante è scoprirlo sotto la superficie.
In ogni contesto socio-culturale, un ambiente d'apprendimento è così un luogo in cui
gli studenti possono lavorare insieme ed aiutarsi a vicenda per imparare ad usare una
molteplicità di strumenti e risorse informative, nel comune perseguimento di obiettivi
d'apprendimento e di attività di problem solving.
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– Social media Strategies 2015:
Professore, come definirebbe oggi la scuola e le agenzie di formazione in
correlazione al progresso sociale e dunque alla società?
– John Dewey:
“Comunità di pratica educante” caratterizzata da una didattica efficace perché rivolta
a tutti gli studenti, ognuno di loro con bisogni e specifiche esigenze. Ecco perché la
scuola deve essere per tutti! La formazione di qualità dona allo studente un’eccellente
educazione di tipo esperienziale, garante di libertà nell’osservazione e nel giudizio
critico, ma non tutte le esperienze sono di qualità; essa è educativa se vivrà
fecondamente e creativamente in quelle che seguiranno.
Io credo che – l’educazione è il metodo fondamentale del progresso e dell’azione
sociale. Essa è individuale perché riconosce la formazione di un certo carattere come
la sola vera base del giusto vivere. È sociale perché riconosce che questo giusto
carattere non deve essere formato soltanto mediante precetti, esempi o esortazioni
individuali, ma piuttosto mediante l’influenza di una certa forma di vita istituzionale o
di comunità sull’individuo, e che l’organismo sociale mediante la scuola può dar luogo
a dei risultati morali.
– Social media Strategies 2015:
Nel corso XXI secolo la ricerca pedagogica ha prodotto numerose riflessioni sui
processi di apprendimento, nell’ottica di definire nuovi modelli di acquisizione di
conoscenza. Alcune di queste sono applicabili con maggiore successo all’utilizzo
delle nuove tecnologie nella didattica. Professore, ci aiuti ad analizzare
quest’ultimo tema della nostra intervista ossia, il ruolo delle ICT in ambito
pedagogico-didattico. Cosa ne pensa e quali sono, secondo Lei, gli aspetti positivi
e le difficoltà?
– John Dewey:
Dalle risposte precedenti si può dedurre che sono pienamente favorevole all’utilizzo
delle ICT in ambito pedagogico-didattico, altrimenti la mia teoria sull’apprendimento
per scoperta, che considera il contenuto da apprendere non dato a priori ma reso
significativo dallo studente, inserito nella struttura cognitiva personale e stratificato su
un sostrato di conoscenze precedenti, sarebbe futile! Questa teoria sposta l’attenzione
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sul processo piuttosto che sui contenuti, attiva le intelligenze di cui il bambino è più
dotato, rende la comprensione del processo e del risultato più profonda.
È chiaro come la gestione e l’organizzazione delle attività con supporti tecnologici
incida anche sull’approccio culturale all’insegnamento e all’apprendimento. La
metodologia didattica più efficace è indubbiamente elastica e pronta alla progettazione
congiunta con gli allievi, il che implica da parte dell’insegnante alcune attenzioni
specifiche al contesto.
In primo luogo, è necessario ripensare la classe in termini di comunità pratica educante,
prescindendo da una visione individualista che intende i soggetti come “risorse” del
contesto ed incoraggiando modalità di lavoro che prevedano supporto reciproco ed
effettiva co-progettazione.
In secondo luogo, l’inserimento delle tecnologie nella didattica impone una
rivisitazione dei linguaggi, in quanto esse non sono solo un aiuto esteriore, ma anche
trasformazioni interiori della coscienza. Infatti, le nuove tecnologie sollecitano abilità
metalinguistiche e metacognitive rispetto alla lettura e alla composizione partecipata
di testi scritti, prodotti multimediali, infografica; in un’ottica di negoziazione di
significati simbolici cui ogni alunno apporta attivamente il proprio contributo.
È evidente dal ragionamento sin qui condotto che le possibili difficoltà sono date dai
processi di rinnovamento ai quali alla scuola è richiesto di rispondere innanzitutto, con
un’analisi dei bisogni e uno studio approfondito della situazione di partenza. Bisogna
considerare l’introduzione della tecnologia un fattore di destabilizzazione per la scuola
che presenta una forte resistenza al cambiamento. La reazione dell’istituzione
scolastica è spesso quella di trincerarsi dietro autorità e disciplina, di ancorarsi a
modelli che poggiano sulla valorizzazione della scrittura e sulla mediazione orale del
docente, oppure di assumere un atteggiamento di impotenza, giustificato da mancanza
di tempo e onerosità dei programmi. Questo si spiega con diverse motivazioni, dal
timore di non avere competenze sufficienti, alla difficoltà di scardinare pratiche
didattiche consolidate, al non riscontro di una vera necessità.
Per quanto concerne gli aspetti positivi, il metodo didattico è in continua ricerca e
condivisione con la comunità dei docenti e degli allievi. Infatti, nella progettazione di
un intervento di implementazione di ICT in contesto scolastico è di fondamentale
importanza tenere conto del potenziale interesse nei confronti del progetto da parte dei
destinatari cui è rivolto, in quanto l’interesse è sintomo di un bisogno e il primo
motore della motivazione.
La tecnologia deve poter offrire una decisiva opportunità di riconfigurare
l’organizzazione esistente, in direzione di un cambiamento delle pratiche.
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– Social media Strategies 2015:
Professore Dewey, richiamando alla fase memoria della retorica classica che funge
da supporto al fine di “tenere a portata di mano la cosa giusta al momento giusto”,
condividendola con i membri di una comunità e collaboratori, come possiamo
riassumere questa intensa intervista?
– John Dewey:
Grazie alle key-words che riassumono l’intero processo di innovazione della scuola:
efficacia, flessibilità, sensibilità al contesto, responsabilità e l’ultima parola chiave
è tempo. Si tratta infatti di processi che non si risolvono nell’ambito di una
sperimentazione annuale, ma che – debitamente avviati secondo una progettazione
strutturata – ottengono risultati effettivi solo nel lungo termine.
– Social media Strategies 2015:
Vogliamo chiudere questa intervista con un consiglio bibliografico per i nostri
lettori?
– John Dewey:
Con immenso piacere, consiglio il mio volumetto Esperienza e Educazione redatto sul
modello delle “scuole nuove” ove l’esperienza è il banco di prova di ogni teoria
pedagogica e, allo stesso tempo, è ciò che permette di educare ogni uomo alla
responsabilità, alla partecipazione ad una società democratica fondata sull’integrazione
e non sull’esclusione.
Vi ringrazio e buona lettura!
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Riferimenti bibliografici
Dewey J., Esperienza e educazione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014; (edizione originale Experience and Education, Kappa
Delta Pi, International Honor Society in Education, 1938).
Riflessioni sul modello IDEAM
Un modello operativo per la sceneggiatura di un e-text realizzato all'interno del
Communication Strategies Lab dell'Università degli Studi di Firenze, nato nel contesto
delle ricerche sul Digital Writing. IDEAM è stato infatti concepito come un
“dispositivo/strumento” in grado di attivare un percorso di graduale avvicinamento al
prodotto finito (l'elaborato finale) in un movimento di “traduzione” dell'idea in un
oggetto concreto.
Quello che segue è il resoconto della mia esperienza come studentessa del corso
“Social media Strategies 2015”.
*** *** ***
10/11 Stella Rita Emmanuele
L'elaborato prodotto è il risultato di un accurato studio delle opere scritte solo ed
esclusivamente da J. Dewey al fine di analizzarle per formulare delle possibili domande
e conseguenti risposte su una questione attuale: l’uso delle Information
Communication Technologies (ICT) in ambito pedagogico-didattico, per facilitare il
processo di insegnamento-apprendimento degli studenti di ogni ordine e grado
scolastico ed accademico.
Il flusso di lavoro previsto dal modello IDEAM è stato modellato sui principi della
Retorica Antica, le cui cinque parti (inventio, dispositio, elocutio, actio e memoria)
vengono evocate dall'acronimo i.d.e.a.m. Tale modello individua delle funzioni, isola
dei momenti, propone delle operazioni e fornisce degli strumenti, semplici,
personalizzabili e orientati alla creazione di contenuti. La scelta di insistere su quanto
di meno hi‐tech si potesse dare (strategie operative che risalgono all'antichità) è stata
dettata dalla volontà di svincolarsi dalla presunta “dipendenza tecnologica” del
processo creativo attivato dai nuovi media e dalle ICT.
Apocalittici? Tutt'altro... La tecnologia di cui gli sperimentatori avevano premura di
far emergere le potenzialità era la tecnologia “mentale” sottesa ad ogni processo
creativo (brainware vs software/hardware), perché la tecnologia della scrittura, per
poco hi‐tech che sia (word processor o lapis, non importa), resta assolutamente
formidabile: le letterature di tutti i tempi stanno lì a dimostrarlo…1
La sperimentazione è avvenuta in un lavoro molto intenso, duraturo, ragionato ma
piacevole e imprescindibile, di tutoraggio a distanza e in presenza con il Prof. G.
Simonetta, utilizzando anche gli strumenti di comunicazione offerti dalla piattaforma
di e‐learning adottata dal Communication Strategies Lab (forum di discussione,
cartelle di condivisione di file, messaggistica in sincrono).
Sin dall’inizio non ho riscontrato difficoltà alcuna nella comprensione delle cinque fasi,
(non per presunzione, ma per l’accessibilità e versatilità che il modello offre a chiunque
ci accinga ad utilizzarlo) e nell’inserimento dei contenuti nelle varie griglie/tabelle,
anzi l’aspetto che mi ha maggiormente coinvolta e sorpresa è stata la capacità, di tale
strumento, di far emergere da me contenuti e pensieri che senza l’input offertomi non
avrei mai scritto, così di getto, per poi rivederli e organizzarli. Dal momento in cui il
Prof. Simonetta mi ha invitata a non seguire ciascuna fase step by step bensì lavorarla
a mio modo, l’elaborato ha seguito un processo più fluido. Dato che la fase Inventio mi
ha permesso di “buttare giù” tutte le idee, le domande, i quesiti che mi sono posta
1 Simonetta G. www.comunicazionegenerativa.org/ideam
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intorno al tema: cosa penserebbe oggi J. Dewey dell’utilizzo delle ICT in ambito
didattico-pedagogico per facilitare il processo di insegnamento-apprendimento; quella
Dispositio di ordinare queste idee, domande, quesiti secondo uno schema di titoli e
sottotitoli (a tal proposito ho realizzato e usufruito di una legenda tipografica). Ho
deciso di ri-organizzare lo strumento in itinere creando una fusione tra le due
successive fasi Elocutio e Actio. La prima prevede la redazione delle singole parti
precedentemente individuate e ordinate, mentre la seconda funge da assemblaggio, in
cui si assiste alla generazione effettiva del testo elaborato.
L’unica critica è nella fase ultima Memoria poiché la continua rivisitazione dei
concetti, per me, è in itinere in quanto segue un andamento circolare.