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Transalpina, no 15, 2012, L’Unité italienne racontée, vol. I, p. 17-32

RISORGIMENTO, STORIOGRAFIA E DIBATTITO PUBBLICO :

LE RAGIONI DELLA RICERCA STORICA

Résumé : Dans le débat public suscité par les célébrations du cent-cinquantième anniversaire de l’Unité italienne, il est possible de mesurer les limites d’un exercice rhétorique qui a ignoré les avancées de la recherche qui pourtant, dans la dernière décennie, a trouvé une nouvelle vigueur. En effet, les travaux scientifiques, dans la lignée de la tradition historiographique, y ont introduit des réinterprétations significatives. Les mêmes dynamiques socioculturelles qui ont conduit, au cours des années qui ont précédé les célébrations, à une sorte d’oubli des événements du Risorgimento, ont permis, à l’approche des festivités, l’accueil de nouveau sujets de recherche historique dans la réflexion commune sur le processus d’unification de l’État national italien. Nous nous demandons si, dans ce nouveau dynamisme, le cadre historiographique qui était divisé en familles idéologiques et politiques a volé en éclats, et s’il est possible d’apercevoir dans les études historiques une approche « laïque » des événements du Risorgimento, capable d’éviter les conditionnements imposés par les différents courants idéologiques qui empêchaient toute ouverture du débat scientifique. Les avancées historiographiques accomplies sur la « question catholique » sont un bon exemple du possible dépassement du retard culturel qui a jusqu’à aujourd’hui caractérisé la façon dont elle a été traitée dans le débat public : en mettant l’accent sur les relations d’interdépendance qui marquent le jeu politique italien, les études scientifiques dans ce domaine ont attiré l’attention sur le XIXe siècle comme patrimoine fondamental pour comprendre l’identité d’une « Italie plurielle ». Plus généralement, comme les recherches récentes l’ont mis en lumière, les traits constitutifs du Risorgimento transmis aujourd’hui à l’Histoire apparaissent avec plus de clarté. Ils transmettent ainsi à l’opinion publique une image plus vivante du processus d’unification italienne : le Risorgimento comme lieu retrouvé, patrimoine collectif et héritage commun.

Riassunto : Nel dibattito pubblico per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia è possibile cogliere i limiti di un esercizio retorico che prescinda dagli avan-zamenti di una ricerca che proprio nell’ultimo decennio ha trovato rinnovato vigore in lavori scientifici che, ricollegandosi alla tradizione storiografica, hanno introdotto in essa significativi ripensamenti interpretativi. Le stesse dinamiche socio-culturali che hanno condotto negli anni precedenti le celebrazioni a una sorta di oblio sulle vicende risorgimentali, con l’approssimarsi delle celebrazioni sembrano offrire nuove

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chances all’accoglimento delle ragioni della ricerca storica nella riflessione comune sul processo di unificazione dello Stato nazionale. Ci s’interroga se, in tale dinamismo, si siano allentati i vincoli di una storiografia contraddistinta per famiglie « ideologico-politiche », e se possa emergere negli studi storici un approccio « laico » alle vicende risorgimentali, evitando i condizionamenti che le diverse matrici ideologiche oppongono all’aperto dibattito scientifico. Gli avanzamenti storiografici compiuti sulla « questione cattolica » esemplificano bene le possibilità di superare il ritardo culturale con il quale finora è stata affrontata nel dibattito pubblico : ponendo l’accento sulle relazioni d’interdipendenza evidenziate nel gioco politico italiano, gli studi scientifici in questo campo hanno richiamato l’attenzione sull’Ottocento come patrimonio fondamentale per comprendere l’identità di un’« Italia plurale ». Più in generale, alla luce della recente ricerca, gli stessi caratteri costitutivi di un Risorgimento infine consegnato alla storia si manifestano più chiaramente, consegnando all’opinione pubblica una vivida visione del processo risorgimentale come luogo ritrovato, patrimonio collettivo e comune héritage.

L’occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia ha suscitato e tenuto viva una discussione sul Risorgimento connesso all’uso pubblico della storia, animando movimenti d’opinione indirizzati su per-corsi spesso divergenti. Ancora una volta, come evidenziato nel 1993 durante un particolare tornante della storia italiana, il complesso rapporto tra il dibattito dell’opinione pubblica e la storiografia si è sviluppato in modo dialettico 1.

Resta da osservare, tuttavia, nell’attuale confronto sul Risorgimento, la ricorrente assenza di un’adeguata considerazione dell’avanzamento com-piuto dalla ricerca storica. Anche solo ripercorrendo qualche bibliografia della storia risorgimentale non è difficile cogliere l’insuperabile limite interno a una riflessione che prescinda dallo spostamento dei confini della conoscenza storica. Se si osservano, poi, alcuni campi d’indagine prescelti da studi innovativi, appare evidente il ritardo del dibattito della cultura storica che viene condotto « fuori dai luoghi deputati della ricerca scientifica in senso stretto » 2.

Si avvertono, in particolare, un disagio e un’insoddisfazione riconduci-bili, principalmente, al mancato riconoscimento di due distinti fenomeni: da un lato, l’esaurirsi della presa popolare della « mitologia » risorgimentale (pur restando elemento d’interesse le vicende risorgimentali) 3 ; dall’altro, il rinnovato vigore che, a partire dalla metà degli anni Novanta, è possibile rilevare nelle opere scientifiche sul Risorgimento, che a differenza di altri

1. Cf. L’uso pubblico della storia, N. Gallerano (dir.), Milano, Franco Angeli, 1995.2. N. Gallerano, « Storia e uso pubblico della storia », ibid., p. 17.3. Come segnalò, tra gli altri, E. Galli della Loggia, L’identità italiana, Bologna, Il Mulino,

1998, un volume ripubblicato fino al 2010.

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settori degli studi storici, si ricollegano proprio alla tradizione storiografica nell’introdurre in essa forti elementi di ripensamento 4.

Questi aspetti sono probabilmente ancora sottovalutati da una parte della classe dirigente nazionale, che, di fronte all’esigenza di interpretare la radicale trasformazione economica e socio-politica dei nostri tempi, sembra piuttosto condotta a riproporre paradigmi costruiti nei tempi della loro formazione culturale, restando distante dai percorsi della linfa culturale del nostro Paese anche quando mostra un qualche superficiale aggiornamento. Si potrebbe osservare che tale dinamismo in una certa misura riflette un fenomeno ricorrente in ogni campo scientifico ; il suo protrarsi, tuttavia, in relazione alla produzione storiografica, rivela una sclerosi culturale del dibattito pubblico per la comprensione del percorso compiuto verso l’unificazione del Paese in uno Stato nazionale. Si comprende, dunque, il particolare rilievo che assume a fronte di tale panorama la possibilità di un dibattito europeo sulla rappresentazione del Risorgimento, che impone un’ampia discussione sul complesso rapporto tra il dibattito dell’opinione pubblica e la storiografia, consentendo di richiamare le opportunità oggi offerte dall’accoglimento delle ragioni della ricerca scientifica 5.

Oblio e celebrazione

Infatti, le « ragioni » che avanza la storiografia del Risorgimento sembrano costituire una risorsa culturale importante proprio per il contesto sociale che ha caratterizzato l’ultimo ventennio. Mentre si ridimensionavano fino a sparire gli stessi insegnamenti di Storia del Risorgimento nelle università italiane, l’imporsi nella storiografia degli eventi del 1969 e del dibattito pubblico sulla Resistenza, prima, quelli del 1989 e della discussione sul significato storico della globalizzazione, poi, hanno confinato la « polemica » sulla storia risorgimentale ai margini degli interessi del vissuto di gran parte della popolazione italiana 6.

4. Per una visione d’insieme delle tendenze di fine secolo si veda l’aggiornamento della Bibliografia dell’Età del Risorgimento, 1970-2001, vol. II, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2003.

5. Segnaliamo l’importanza di un convegno che si è svolto il 15 giugno 2011 al Centro Italo-tedesco di Villa Vigoni, dedicato a « Das Risorgimento im europäischen Kontext : Politik, Kultur, Transfer », nel quale è stato possibile riprendere alcune considerazioni avviate ai « Cantieri della Storia » SISSCO svoltisi a Urbino nel 2001.

6. Una dinamica ben presente sullo sfondo della riflessione del LX congresso di storia del Risorgimento (Rieti, 18-21 ottobre 2000), i cui atti ora in Cento anni di storiografia sul Risorgimento, E. Capuzzo (dir.), Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2002.

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Si è anche osservato che, mentre le nuove generazioni si collocavano fuori del conflitto ideologico risorgimentale, il Risorgimento nei gruppi dirigenti italiani era diventato come un « non-luogo » :

Per quella che è ormai consuetudine indicare col nome di memoria collettiva, e in particolare (anche se spesso ci fa comodo scordarlo) nelle associazioni di idee o nelle emozioni dei meno anziani, un non-luogo è il Risorgimento. Lo è non solo perché la familiarità del « paesaggio » risorgimentale non riesce più a essere intesa come un passato almeno comune, se non effettivamente condiviso, e nemmeno perché rimanda all’eccezionalità di una italianità civile, continuamente contraddetta dagli svolgimenti successivi della società. È un non-luogo perché è diventato il crogiolo in cui si sono depositate e fuse le scorie delle false ragioni a favore della maestà dello Stato e quelle delle altrettanto false argomentazioni a favore del primato e dell’innocenza della società, da preservare fuori o addirittura contro lo Stato.

Nel non-luogo è possibile allora trasferire, per intero, il fallimento del processo di costruzione dello Stato. È possibile, simultaneamente e senza avvertire contraddizione alcuna, collocarvi la fragilità di una società che, perché potesse costruirsi come le altre società nazionali, aveva bisogno dell’opera di un vero Stato 7.

In tale contesto, si sono inseriti alcuni tentativi per far « rivivere » uno scontro ideologico sul Risorgimento, condotti da distinte e talora opposte fazioni, col contributo dei retori che hanno accompagnato « la ricerca febbrile di verità circoscritte che si spera riempiano il vuoto dell’agorà disertata », contribuendo alla rottura di processi che creano una comunità e all’affermazione di quelle che Bauman definiva come « tribù rudimentali » :

Dall’altra parte il rifiuto da parte dei retori dell’agorà di ieri di giudicare, di fare delle distinzioni, di scegliere tra alternative diverse: ogni scelta va bene, purché sia una scelta, e ogni ordine è buono purché sia uno dei tanti e non escluda gli altri. La tolleranza dei retori si nutre dell’intolleranza delle tribù. L’intolleranza delle tribù trae vigore dalla tolleranza dei retori 8.

In tale contesto, peraltro, Giuseppe Talamo, a lungo presidente dell’Isti-tuto per la storia del Risorgimento italiano, richiamava Renan per osservare come proprio una sorta di « amnesia collettiva » sembra offrire ogni tanto ai popoli l’opportunità di riappropriarsi di una propria identità. Negli

7. L. Ornaghi, V.E. Parsi, Lo sguardo corto. Critica della classe dirigente italiana, Roma – Bari, Laterza, 2001, p. 6-7.

8. Così Z. Bauman, Le sfide dell’etica, Milano, Feltrinelli, 1996, p. 147 e p. 242.

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orizzonti antropologici dell’attuale globalizzazione, la penetrazione dei risultati della ricerca storica nel vivo dei processi culturali e formativi della società contemporanea si intreccia con processi dinamici e di rinnovata coesione, proprio alla luce dei fenomeni che legano oblio, memoria e storia. È stato osservato, seguendo Paul Ricoeur che

storia e memoria sono due modalità molto diverse di relazione con il passato. La storia è il luogo della distanza temporale, in cui il passato si definisce nella sua alterità, come ciò che è assente, concluso, e può essere ricostruito solo attraverso tracce documentarie: il passato così inteso è esclusivamente oggetto di rappresentazioni (spiegazioni, ricostruzioni, ecc.). […] La storia separa, circoscrive segmenti temporali definiti e finiti, accaduti e passati, lontani: oggetti dell’analisi rigorosa di un osservatore esterno e distaccato, lo storico. […] La memoria connette: il passato rivissuto fa da trama per il presente, che a sua volta consente di rileggerlo 9.

Ora, proprio l’oblio sociale che ha preceduto l’approssimarsi delle celebrazioni può offrire nuove chances alle ragioni della ricerca storica rispetto alla reiterazione dei retori e all’approccio tribale :

in un presente diviso tra l’incertezza dell’avvenire e la confusione (o la nostalgia regressiva) del ricordo, l’oblio serve a conservare la possibilità del movimento: per non rinchiudersi nel passato e nelle sue certezze cancellando il presente; per non rinchiudersi nel presente assoluto dell’eterno ricomin-ciamento, che esclude i vincoli del passato e del futuro; per non proiettare il desiderio di realizzazione in uno spazio schizofrenico che fa la spola tra un futuro irrealizzabile e un passato nostalgicamente ricordato, negandone il valore del presente e cancellandone il significato. […] La connessione tra continuità, oblio e mutamento è forte. Così come quella della memoria con tutti questi aspetti. Una concezione dell’oblio come non-memoria è invece funzionale a sostenere la logica della frammentazione 10.

Due questioni di metodo

Se depurato dall’approccio retorico, il Risorgimento è consegnato infine a chi ne « riscrive la storia », accompagnando lo studio dei documenti con « le suggestioni dell’oggi », ciò avviene necessariamente « in modo diverso dalla

9. C. Giaccardi, M. Magatti, La globalizzazione non è un destino, Mutamenti strutturali ed esperienze soggettive nell’età contemporanea, Roma – Bari, Laterza, 2001, p. 68.

10. Ibid., p. 70.

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generazione precedente » 11. In effetti, alla luce di quanto finora considerato, le ragioni della ricerca scientifica condotta sulle vicende risorgimentali sembrano porre due quesiti sul metodo di ripercorrere la produzione storica degli ultimi decenni.

In primo luogo, sembra opportuno domandarsi se non possa defi-nitivamente abbandonarsi l’idea che la storiografia sul Risorgimento debba essere ricompresa nelle categorie che ancora alla fine del XX secolo contrassegnavano gli studi storici secondo una ripartizione per famiglie « ideologico-politiche » 12. Per avere una visione prospettica dell’« accentuata connotazione politico-ideologica » della storiografia sul Risorgimento e del suo culmine raggiunto negli anni Settanta, si possono rileggere le relazioni presentate al convegno della società degli storici italiani, tenutosi ad Arezzo nel giugno 1986 13. Una conferma dell’influsso negli studi condotti fino agli anni Novanta di una produzione storiografica « fortemente motivata sul piano ideologico » si riscontra anche all’interno degli specifici campi d’indagine: riguardo la presenza cattolica nell’Italia risorgimentale (un aspetto centrale del processo unitario sul quale merita fare qualche cenno esemplificativo) si potrebbe ripercorrere il Dizionario storico del movimento cattolico in Italia pubblicato nel 1981 e il suo Aggiornamento del 1997 14.

In effetti, se la storiografia della « fine dell’ideologia » ha significato uno spostamento metodologico verso un complesso e proficuo rapporto con le scienze sociali, fin dall’inizio si percepiva il rischio dei limiti che l’arricchimento di un « qualunque ampliamento conoscitivo sul piano dei processi apolitici » avrebbe comportato qualora non avesse fatto i conti con « le impasses interpretative esistenti ai livelli più tradizionali di indagine » 15. In realtà, nei gruppi dirigenti che hanno affrontato le cele-brazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità si è fatto ricorso spesso alle acquisizioni storiografiche-politiche precedenti alla crisi delle ideologie ; ciò è accaduto anche a causa della difficoltà a sistematizzare, attraverso paradigmi culturali inadeguati, le spinte di cantieri storiografici

11. Così Giuseppe Talamo introduce con le parole di Volpe e Croce la sua riflessione su « La storiografia sul Risorgimento tra le due guerre mondiali », in Cento anni di storiografia sul Risorgimento, p. 179.

12. F. Fonzi, « La storiografia sul Risorgimento nel secondo dopoguerra (1945-1965) », ibid., p. 217.

13. G. Pescosolido, « Il periodo 1870-1915 », in La storiografia italiana degli ultimi vent’anni, vol. III, Età contemporanea, L. De Rosa (dir.), Roma – Bari, Laterza, 1989, p. 35.

14. Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, F. Traniello, G. Campanini (dir.), Torino, Marietti, 1981, vol. I, tomi 1-2, e il successivo Aggiornamento 1980-1995, Torino, Marietti, 1997.

15. G. Pescosolido, « Il periodo 1870-1915 », p. 37.

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che spesso assumevano come un « manifesto » il ripudio di una sintesi politica. Insomma, non è raro assistere al tentativo di mettere vino nuovo nelle botti vecchie ; talora dimenticando che

scrivere storia non significa affatto limitarsi ad aggiungere l’uno dietro l’altro i nuovi eventi. I diari divengono sempre più lunghi; non così le ricostruzioni storiche. In queste vi è qualcosa che cambia anche nelle pagine anteriori – […] tralasciando episodi o figure divenuti irrilevanti per l’ulteriore sviluppo della trama 16.

In effetti, la ricerca che si è utilmente misurata con innovazioni meto-dologiche è stata quella che non ha trascurato lo scavo archivistico e l’inten-zionalità a conseguire, infine, una sintesi politica generale; un lavoro che, per esigenze di tempi e per critico interrogarsi, spesso procede lontano dalla ribalta pubblica, senza rinchiudersi peraltro in ambiti eruditi o elitari. Le ragioni della ricerca storica, che mantengono nella soggettività dello studioso la loro connessione con le visioni generali della realtà contemporanea, non implicano un posizionamento ideologico per condurre l’indagine a sciogliere alcuni degli snodi che rendono talora « confusa e ambigua » ancor oggi la narrazione della storia unitaria 17. Proprio una sorta di « liberazione » dalle pastoie delle correnti politiche, dunque, sembra spingere la recente storiografia a sollecitare un dibattito pubblico in cui riformulare proposte interpretative di ampio respiro 18.

Si affaccia, così, un secondo quesito, relativo alla possibilità che l’attuale ricerca esprima una sorta di « laicizzazione » della storia del Risorgimento, avviando una riflessione aperta sul proprio statuto scientifico e consentendo una diffusa acquisizione dei risultati conseguiti. Tale dibattito storiografico, del resto, ha i suoi prodromi nella discussione pubblica tra Ruggero Moscati e Rosario Romeo sui valori e sulla tradizione del Risorgimento nell’Italia della prima metà degli anni Sessanta; dimenticato nello scontro tra cor-renti politiche, quel confronto è stato ripreso alla fine del secolo scorso 19. Nell’attuale cultura sociale, certo, non è difficile percepire « la scomparsa

16. Così Arnold Esch in un acuto intervento del 1994 richiamato da A. Ciampani, « Nella storia delle relazioni internazionali emergono attori e dinamiche sociali », in Le storie e la memoria. In onore di Arnold Esch, R. Delle Donne, A. Zorzi (dir.), E-Book, Firenze, University Press, www.rm.unina.it/ebook/festesch.html [2002], p. 196.

17. F. Cammarano, Storia dell’Italia liberale, Bari, Laterza, 2011, p. 71.18. Lo osservava con parole efficaci già F. Fonzi in « La storiografia sul Risorgimento nel secondo

dopoguerra (1945-1965) », p. 226-227.19. L’importante profilo del dibattito è stato ricordato da Talamo nel 1985 e poi ripreso da

A. Capone, « Tradizione del Risorgimento e identità nazionale », in Cento anni di storiografia sul Risorgimento, p. 232-239.

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definitiva della tradizione liberale del Risorgimento nella presente realtà italiana » 20. Una sorta di approdo « laico » della storiografia risorgimentale dopo il tempo dell’oblio, tuttavia, appare in grado di superare opacità che le diverse matrici ideologiche opponevano al profittevole dibattito scientifico. Infine, le ragioni della ricerca riconducono all’analisi del dinamismo storico di un Risorgimento consegnato al « passato », come viva eredità collettiva, che richiede una comprensione sempre maggiore e una più articolata ricostruzione senza pretese di esclusività.

Così, se ancora nel 1993, discutendo del rapporto tra dibattito pub-blico e storiografia, poteva accadere di trascurare il nodo risorgimentale 21, l’inattualità della retorica del mito e l’autorevole iniziativa istituzionale di affidamento del Risorgimento alla ricerca scientifica hanno consentito di amplificare nell’immaginario collettivo la completa riapertura del Museo centrale del Risorgimento, che, reso accessibile dall’estate 2001, ormai accoglie centinaia di migliaia di visitatori. Si tratta di una pubblica testi-monianza del progressivo superamento di quelle « crescenti difficoltà ad articolare un linguaggio storiografico al passo coi tempi » che ancora nel 1999 si attribuivano alle « istituzioni storiche tradizionalmente legate alla valorizzazione di episodi e personaggi del Risorgimento nazionale » 22. Insomma, una positiva opportunità sembra offrirsi oggi per le ragioni di una ricerca che delinea una prospettiva « saggia e molto articolata della conclusione del Risorgimento » 23, mettendo in guardia dal « voler incasellare organicamente in una prefabbricata visione storiografica una situazione complessa, che sfugge a ogni tentativo di sistemazione schematica » 24.

Un profilo interpretativo : la « questione cattolica »Tra gli ambiti della storiografia nazionale che sembrano giovarsi dell’attuale congiuntura per aspirare a conseguire un maturo ripensamento interpreta-tivo si segnala il progredire degli studi concernenti la « questione cattolica ».

20. R. Moscati, « La tradizione del Risorgimento e la presente realtà italiana », Elsinore, I, 1, dicembre 1963, p. 57-63.

21. Nel citato volume curato da Gallerano, apparso nel 1995, riportante gli atti di un convegno del 1993, non figura alcun contributo direttamente rivolto alle questioni del Risorgimento.

22. Così osservava S. Soldani, « Il 1848, memoria d’Europa», in 1848, Scene da una rivoluzione europea, H.G. Haupt, S. Soldani (dir.), numero speciale di Passato e presente, 46, gennaio-aprile 1999, p. 15, pur riscontrando « la ripresa di studi sul Risorgimento a cui stiamo assistendo da qualche mese a questa parte ». Tra gli altri studi allora in corso vedi i contributi presentati nel numero speciale per il 150° anniversario della Repubblica romana del 1849, a cura di E. Capuzzo, della Rassegna Storica del Risorgimento, LXXXVI (1999).

23. A. Capone, « Tradizione del Risorgimento e identità nazionale », p. 235.24. R. Moscati, « Interpretazione del Risorgimento », in Risorgimento liberale, Catania, Bonanno,

1967, p. 17-18.

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Alla luce dei centocinquanta anni di storia d’Italia, certo è possibile apprez-zare il rilievo dell’incidenza della presenza dei cattolici nella vita pubblica dello Stato unitario in modo diverso da quanto accadeva nel centenario del 1961, e non solo per l’attuale situazione del dibattito pubblico, che segue decenni di governo della Democrazia cristiana e la successiva scomparsa di tale partito dalla scena politica.

Sul piano della ricostruzione storica, proprio dopo la metà degli anni Novanta, è venuta maturando una lettura critica della diffusa ipotesi di una radicale estraneità dei cattolici italiani all’unificazione nazionale (aggravata dall’astensionismo politico connesso alla « questione romana »), ritenuta uno dei tre vulnus (con la « questione meridionale » e la « questione sociale ») che avrebbero indebolito il giovane Stato. Non accontentava più l’eser-cizio di equilibrismi retorici tra « clericalismi » e « anticlericalismi », che enfatizzava i contrapposti motivi di un antirisorgimento cattolico e di un risorgimento anticattolico, proiettando elementi parziali a sostegno di aprioristiche interpretazioni. Nel dibattito pubblico l’ansia di visibilità delle contrapposte politiche identitarie si appoggiava sull’atteggiamento « insufficiente e sbagliato » che si concentrava « nell’inseguire affannosa-mente le odierne pratiche di riscrittura del passato, per smascherarle e disconoscerne gli esiti » 25.

La sempre maggiore conoscenza archivistica e l’arricchimento del qua-dro d’insieme sul piano economico-sociale, invece, alimentavano il disagio dei ricercatori di fronte alla riproposizione all’opinione pubblica di una sorta di insanabile frattura tra cattolici e Risorgimento come « una delle tare originarie che spiega la mancata costruzione nella penisola di una salda idea di nazione e correlativamente di un solido e moderno senso dello Stato » 26. La ricerca ha potuto introdurre, dunque, nuovi elementi per la compren-sione dei rapporti tra Chiesa e Stato 27, dei rapporti tra cattolici e liberali 28, della costituzione del mito politico dell’Italia laica dopo l’unificazione 29.

25. N. Gallerano, « Storia e uso pubblico della storia », p. 21.26. G. Formigoni, L’Italia dei cattolici. Fede e nazione dal Risorgimento alla Repubblica, Bologna,

Il Mulino, 1998, p. 8.27. C.M. Fiorentino, Chiesa e Stato a Roma negli anni della destra storica, 1870-1876 : il trasfe-

rimento della capitale e la soppressione delle Corporazioni religiose, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1996.

28. A. Ciampani, Cattolici e liberali durante la trasformazione dei partiti : la questione di Roma tra politica nazionale e progetti vaticani, 1876-1883, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2000.

29. G. Orsina, Anticlericalismo e democrazia. Storia del Partito radicale in Italia e a Roma, 1901-1914, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002 ; F. Conti, Massoneria e religioni civili. Cultura laica e liturgie politiche fra XVIII e XX secolo, Bologna, Il Mulino, 2009 ; M. Borutta, Antikatholizismus : Deutschland und Italien im Zeitalter der europäischen Kulturkämpfe, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht GmbH & Co, 2010.

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Non è certo questa la sede per una esauriente rassegna storiografica ; sia consentito, tuttavia, considerare quanto gli scenari della ricerca convergano sulle tematiche affrontate nell’odierna riflessione, sinteticamente introdotte dalla rappresentazione simbolica del « Quadro nazionale italiano » descritto dall’incisione Una partita a tresette in Paradiso (fig. 1) completa della seguente didascalia : Seguirono e raggiunsero, per vie diverse, la medesima stella : or si divertono da buoni amici 30. Naturalmente, questa stampa si offre a numerose valutazioni critiche ; nello stesso tempo, essa rinvia a un’altra incisione umoristica, « allusiva ai primi tentativi di conciliazione tra l’Italia e il Papato nel 1870-1871 », indicata come una « litografia dell’epoca » (fig. 2) 31.

In entrambe, i diversi protagonisti, come noto più volte in contra-sto, sono uniti dall’enfasi posta dall’avvertita esigenza che l’unificazione nazionale non avrebbe potuto conseguirsi senza una ricomposizione delle principali culture politiche presenti nell’Italia risorgimentale. In ogni caso, come sembra additare la figura di Pio IX (che sorridente prende l’amara medicina del mal di pancia o che accompagna sottobraccio col bastone il monarca preceduto da Garibaldi), il mondo cattolico non poteva essere considerato assente dal Risorgimento nazionale 32. Negli Stati preunitari il cattolicesimo italiano si rifletteva in gran parte nel moderatismo delle loro classi dirigenti, così come nella partecipazione del clero accanto ai fedeli che presero parte ai moti d’indipendenza 33. Per quanto riguarda lo Stato pontificio, come è noto, l’ipotesi federalista giocò un ruolo importante nel rendere pubblico il dibattito nazionale 34. Ancora un decennio dopo il crinale del 1849, peraltro, la via per l’unificazione nazionale, attraverso le dinamiche diplomatiche e militari avviate dal regno di Sardegna, sembrava

30. La stampa umoristica è conservata presso il Museo Centrale del Risorgimento al Vittoriano di Roma.

31. L’Italia nei Cento anni del secolo XIX (1801-1900), Giorno per giorno illustrata, vol. V (1871-1900), A. Comandini (ed.), continuata da A. Monti, Milano, Vallardi, 1930-1942, vol. 5, p. 5.

32. Cf. F. Traniello, Religione cattolica e Stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 2007.

33. Raffaele Romanelli, dopo aver ricordato le problematiche del Gioberti e lo snodo proble-matico di Pio IX, segnalava come « chi volesse tracciare la storia del pensiero costituzio-nalistico italiano anteriore al ’48 avrebbe ben pochi testi ai quali fare riferimento – penso a Giandomenico Romagnosi o a Pellegrino Rossi – e ancor meno se – con operazione che si rivelerebbe di valore assai dubbio – si volesse distinguere il pensiero liberale da quello cattolico da un lato e da quello democratico dall’altro » ; R. Romanelli, « Nazione e costituzione nell’opinione liberale italiana prima del ’48 », in 1848, Scene da una rivoluzione europea, p. 162.

34. Di recente, la Rassegna storica del Risorgimento ha proposto un intervento di M. Di Gian-francesco, su « Un papa federalista : Pio IX propone nel 1847 la lega doganale tra gli stati italiani », XCVI, 2009, IV, p. 483-508.

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Fig. 1 – Una partita a tresette in Paradiso © Istituto Mazziniano – Museo del Risorgimento

Fig. 2 – Litografia umoristica allusiva ai primi tentativi di conciliazione tra l’Italia e il Papato nel 1870-1871

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passare per la realizzazione di Stati macroregionali che prevedevano ancora una pur ridotta presenza dello Stato pontificio 35. Dopo l’impresa dei Mille, sottolinea Romeo, nella prospettiva cavouriana la frattura politica principale nella primavera 1861 appariva lo scontro ideologico con il garibaldinismo; un contesto nel quale vanno collocati i tentativi di negoziazione col Vaticano per Roma capitale e la formula « libera Chiesa in libero Stato » 36. Quanto poi, alla questione della partecipazione del voto politico dei cattolici, la fase critica del non expedit si concentra nel decennio successivo al 1867, in relazione alle leggi eversive dell’asse ecclesiastico, alla presa di Porta Pia ed alla successiva politica ecclesiastica del governo italiano; nel 1876, come ormai sappiamo, nella Curia romana si preparavano le condizioni per un superamento dell’astensione, e nell’avvio del pontificato di Leone XIII si discuteva sulla possibilità di un « partito » cattolico in Italia nel periodo di trasformazione dei partiti liberali 37. Quando nel 1887 la frattura crispina pose fine alla praticabilità di quel progetto, che aveva condotto i cattolici a governare Roma assieme ai liberali monarchico-costituzionali, seguì la « politicizzazione » del movimento sociale cattolico che toccò l’apice nel 1898 38. Dopo il giubileo di riconciliazione nazionale del 1900, tuttavia, era ormai evidente che « questione cattolica » aveva assunto caratteri di politica interna, mentre si delineava possibile un negoziato bilaterale sulla « questione romana » nell’Italia liberale 39.

Insomma, la ricostruzione dei lenti movimenti e delle rapide accelera-zioni del Risorgimento, sotto diverse e molteplici chiavi di lettura, fa emer-gere un processo in cui appare comunque « presente » il mondo cattolico italiano, il clero, il laicato e le sue classi dirigenti (come del resto rendeva evidente già la presentazione in parlamento del censimento nazionale del 1861). Le dinamiche d’interdipendenza recentemente evidenziate nel gioco politico nazionale, piuttosto che la statica rappresentazione ideologica,

35. Si giunge ad osservare che quando « il precipitare imprevisto degli eventi avrebbe sovrapposto al costituzionalismo sardo uno Stato italiano, solo allora il liberalismo avrebbe affrontato per la prima volta il tema della nazione e dello Stato nazionale. Non prima », ibid., p. 168.

36. R. Romeo, Cavour e il suo tempo 1854-1861, vol. III, Roma – Bari, Laterza, 1984, p. 824-825 e p. 882-919.

37. A. Ciampani, « Il dibattito sulle origini di un partito cattolico in Italia e l’Unione romana », Archivio della Società romana di storia patria, 134 (2011), p. 81-126.

38. A. Ciampani, « Municipio capitolino e governo nazionale da Pio IX a Umberto I », in Storia di Roma dall’antichità ad oggi. Roma Capitale, V. Vidotto (dir.), Roma – Bari, Laterza, 2002, p. 37- 72 ; C. Brice, « Rome capitale italienne et catholique ? », in Le pontificat de Léon XIII. Renaissances du Saint-Siège ?, P. Levillain, J.-M. Ticchi (dir.), Rome, École française de Rome, 2006, p. 77.

39. R. Pertici, Chiesa e Stato in Italia. Dalla Grande Guerra al nuovo Concordato (1914-1984). Dibattiti storici in Parlamento, Bologna, Il Mulino, 2009.

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implicate nel processo di nazionalizzazione, alimentano una storiografia che legge l’Ottocento risorgimentale come patrimonio fondamentale per comprendere l’identità di un’« Italia plurale ».

La storiografia di fronte ai caratteri costitutivi del Risorgimento : la comprensione di un processo storico

Il richiamo alle « vie diverse » percorse « per giungere alla stessa stella » conduce a riflettere, in conclusione, sulla complessità dei percorsi risor-gimentali. Le considerazioni sulle opportunità che si aprono alle ragioni della ricerca storica nel periodo seguente all’oblio si muovono, infatti, in tale direzione : « Se il passato si allontana sempre più dal nostro orizzonte, e come tradizione vivente o ricordo perde la sua presa […], noi possiamo ripensarlo come storia. Farlo riemergere dall’infinito della dimenticanza, ritesserne i fili, rispettarne insieme la molteplicità e l’alterità » 40. L’approdo interpretativo, così, si appunta nel rinvenire nel gioco dei convergenti o conflittuali rapporti tra i molteplici protagonisti che si muovono sui piani diversi un complessivo processo politico. Si ripropone, così, la problematica di una narrazione che non può prescindere dal dipanarsi cronologico delle vicende e che riconduce al nodo delle periodizzazioni e del loro significato 41. Nello stesso tempo, s’impone la questione sugli elementi costitutivi del processo risorgimentale. Rilevando l’incremento delle classi, delle élites e dei gruppi d’interessi che si inseriscono, con tempi e modalità diverse, nel mutamento socio-politico della società ottocentesca, si è condotti a riflettere su quanto contribuisca a fare del Risorgimento quel fenomeno peculiare che ha condotto all’indipendenza e unità nazionale nel lungo Ottocento.

In questo cammino storiografico si è proposta con forza la lettura sul Risorgimento come formazione discorsiva nazional-patriottica 42, che ha introdotto nel dibattito scientifico un proprio paradigma :

La nazione del Risorgimento nasce nel momento in cui viene costruita una formazione discorsiva che la nomina, la definisce, ed in tal modo la struttura come sistema simbolico. Un lavoro di invenzione – si è detto – o se si preferisce, di elaborazione creativa, attenta alle sensibilità dei potenziali interlocutori a cui era rivolta. Senza questo sforzo costruttivo, il movimento

40. M. Bretone, In difesa della storia, Roma – Bari, Laterza, 2000, p. 55.41. Si pensi, in particolare, al riaprirsi del dibattito sulle origini e sul termine ad quem della storia

risorgimentale, come recentemente in M. Belardinelli, Il Risorgimento e la realizzazione della comunità nazionale, Roma, Studium, 2011.

42. A.M. Banti, La nazione del Risorgimento : parentela, santità e onore alle origini dell’Italia unita, Torino, Einaudi, 2000.

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nazional-patriottico, nelle sue varie declinazioni, non avrebbe preso forma ; senza la determinazione di quei miti, di quei simboli, di quelle emozioni, non ci sarebbero stati obiettivi politici da perseguire in quella forma, ovvero con l’intento di costruire uno Stato per la nazione-Italia 43.

Si avverte in tale approccio l’intento di cogliere i tratti distintivi dell’espe-rienza risorgimentale. In breve tempo questa proposta si è misurata con l’esigenza di evidenziare i percorsi storico-politici della realizzazione dello Stato unitario. Su questo piano, contemporaneamente, si conducevano ricerche che, giovandosi anche di un approccio prosopografico consape-vole delle recenti metodologie, proponevano approdi di storia politica agli studi di storia sociale. Paradigmatico è il caso dell’indagine storica rivolta a comprendere l’adesione del patriziato toscano allo Stato unitario 44. È stato possibile evidenziare, infatti, come ancora alla fine del 1858 « i patrizi continuavano apparentemente a vedere in una federazione italiana, con una Toscana autonoma e costituzionale, l’unica soluzione adeguata della que-stione nazionale » ; nel moto toscano del 1859, tuttavia, i patrizi « riuscirono prestissimo a contenere l’influenza dei democratici, e ad assumere essi stessi, nel nome della ‘nazione’, il governo provvisorio » 45. La prospettiva di questi studi giunge, così, a sottolineare un dinamismo che consente di leggere la storia nel suo farsi niente affatto lineare : « I patrizi accettarono quindi uno ‘Stato unitario’, sotto la dinastia piemontese, solo nel momento in cui stavano cambiando i rapporti di forza della politica internazionale e incombeva, dopo la pace di Villafranca, il ritorno della dinastia asburgo-lorenese » 46.

Partendo dalla comune constatazione dell’articolata presenza di motivi e di movimenti politici e sociali nel processo risorgimentale, dunque, la storiografia si orienta verso proposte interpretative più articolate di quanto sia stato inizialmente immaginato. In ogni caso, oggi è possibile avere una visione del Risorgimento assai mossa e non cristallizzata in un paradigma generalista:

È fuor di dubbio che lo Stato nazionale italiano non può essere concepito come uno Stato ‘accidentale’, senza radici nazionali. Tale ipotesi non è soste-nibile neanche da chi crede che i rapporti di forza internazionali, favorevoli

43. A.M. Banti, R. Bizzocchi, « Introduzione », in Immagini della nazione nell’Italia del Risor-gimento, Roma, Carocci, 2002, p. 11.

44. T. Kroll, La rivolta del patriziato : il liberalismo della nobiltà della Toscana del Risorgimento, Firenze, L.S. Olschki, 2005.

45. T. Kroll, « Nobiltà e nazione nel Risorgimento : il caso toscano », in La ricerca tedesca sul Risorgimento italiano. Temi e prospettive, A. Ciampani, L. Klinkhammer (dir.), Rassegna storica del Risorgimento, LXXXVIII (2001), supplemento al fascicolo IV, p. 40-41.

46. Ibid.

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nel 1859, siano stati di fondamentale importanza per la sua nascita. Si rinunci, però, a una visione teleologica del Risorgimento e si eviti il pregiudizio dell’unità necessaria. Solo così sarà possibile cogliere e valutare adeguata-mente i diversi ‘movimenti risorgimentali’ che effettivamente hanno portato alla formazione dello Stato nazionale. E sembra plausibile considerare […] che il Risorgimento, oppure la formazione dello Stato nazionale italiano, sia dovuto alla coincidenza […] di diversi movimenti politici e sociali 47.

Si coglie in quest’ambito, del resto, l’interesse che può suscitare nel dibattito pubblico l’accesso ai molteplici approcci, spesso complementari, necessari a comprendere un Risorgimento consegnato alla storia. Questa accresciuta possibilità di dare ragione delle motivazioni culturali e politiche che si riflettevano nel contributo offerto, a diverso titolo e con distinti obiet-tivi, da coloro che del Risorgimento italiano furono comunque partecipi, può costituire un elemento di attrazione verso l’attuale produzione storio-grafica. Sembrano proprio le ragioni della ricerca, dunque, a consegnare all’opinione pubblica più dinamica una vivida visione del Risorgimento come luogo ritrovato, patrimonio collettivo e comune héritage.

Andrea CiampaniUniversità di Roma LUMSA

47. Ibid., p. 42.