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MATEMATICA E DIDATTICA DELLA MATEMATICA CORSO DI LAUREA

IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA – III ANNO a.a. 2013-2014

Docente: Ana Millán Gasca

Materiale didattico VII

TEMA 5 L'AULA DI MATEMATICA NELLA SCUOLA PRIMARIA Consultare per questo tema i materiali didattici online di Pensare in matematica http://online.universita.zanichelli.it/israel/materiali-didattici/ 5. 1 La matematica nella scuola primaria La matematica nella scuola primaria http://online.universita.zanichelli.it/israel/materiali-didattici/ Lafforgue, Il calcolo nella scuola primaria, http://www.mat.uniroma3.it/users/primaria/Lafforgue_Calcolo scuola primaria.pdf Israel, Contenuti e prassi della matematica nella scuola primaria http://www.mat.uniroma3.it/users/primaria/MATEMATICA_primaria.pdf 5.2 Idee per guidare la didattica della matematica per la scuola primaria e dell'infanzia 1) Idee sulla matematica elementare (il paesaggio della matematica elementare): centralità della geometria e l'intuizione del continuo (Thom), rapporto fra aritmetica e geometria, rapporto fra geometria solida e piana, visione della misura, relazione di intimità con i numeri, assiomi di Peano, assiomi di Hilbert ..., Thom, Esiste la matematica moderna? http://online.universita.zanichelli.it/israel/materiali-didattici/ Israel, "Delegificare" la matematica insegnata nelle scuole http://online.universita.zanichelli.it/israel/materiali-didattici/ 2) Idee didattiche: Conversazione matematica, rete di nessi concettuali (Lafforgue), lavorare per problemi, oralità e scrittura, diverse modalità di lavoro (individuale, piccolo gruppo, gruppo classe), passaggio dal concreto all'astratto e viceversa, varietà degli esempi, gioco, precocità 3) Il ruolo dell'insegnante: entusiasmo, ruolo di guida, comunicazione, ricerca degli esempi e dei problemi, spiegazione, ritmo della classe (si veda anche Matematici cinesi e statunitensi a confronto http://online.universita.zanichelli.it/israel/materiali-didattici/ 5.3 La storia nell'insegnamento della matematica http://php.math.unifi.it/convegnostoria/materiali/MillanGasca.pdf Un catalogo degli esempi sviluppati nei temi I a III: origini della geometria, origini dei simboli numerici dei Sumeri, sistemi di numerazione in diverse epoche e culture, le origini del nostro sistema di

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numerazione, gli antichi sistemi di unità di misura, le origini del sistema metrico decimale, antichi problemi medievali ... 5. 4 I sussidiari I sussidiari di matematica della scuola primaria, dalla storia alla scuola di oggi http://online.universita.zanichelli.it/israel/materiali-didattici/

Scheda  di  analisi  di  un  sussidiario    Abbia  cura  della  presentazione  e  di  scrivere  in  modo  compiuto  il  suo  pensiero.    A.  ASPETTI  GENERALI    1.  Dati  generali  

Titolo  Classe  Autore/autori  Casa  editrice  Luogo  di  pubblicazione  Anno  di  pubblicazione  Numero  di  pagine  Altre  indicazioni:  è  un  sussidiario  che  contiene  altre  materie?  

 2.  Blocchi  trattati  con  indicazione  delle  percentuali  sul  numero  totale  di  pagine  

 Numeri  e  operazioni  Geometria  Misura  Probabilità  e  Statistica    (identifichi  i  blocchi  indipendentemente  dalla  terminologia  usata  nel  sussidiario)    altro:  Logica,  Prerequisiti,  Per  ricominciare,  Economia  etc.)  

 3.  Formuli  un  primo  giudizio  sulla  presentazione:    –  illustrazioni  e  uso  del  colore  –  composizione  della  singola  pagina  –  tono  nel  quale  il  libro  si  rivolge  al  bambino  –  leggibilità  –  esercizi,  problemi,  verifiche  –  enigmi  e  indovinelli,  furbate  (club  o  rivista  di  matematica)      B.  ANALISI  DEI  SINGOLI  BLOCCHI    Per  ognuno  dei  quattro  o  cinque  blocchi  proceda  seguendo  i  punti  qui  sotto  indicati    1.  Argomenti  trattati    Elenchi  gli  argomenti,  completando  eventualmente  l’elenco  compilato  a  lezione.  Di  nuovo  qui  calcoli  le  percentuali  riguardanti  il  numero  di  pagine  per  ogni  argomento,  oppure  fornisca  i  dati  assoluti.    Segnali  eventualmente  mancanze  osservate.      2.  Formuli  un  primo  giudizio  sulle  scelte  nella  sequenza  degli  argomenti  nel  blocco    3.  Analisi  delle  singole  pagine/schede    Segnali  pagine/schede  che  le  sembrano  particolarmente  ben  concepite.  Segnali  pagine/schede  che  secondo  lei  hanno  un’impostazione  sbagliata.  

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L’insegnamento della matematica nella scuola elementare introduce i bambini a due tradizioni culturali, distinte eppure con una lunga storia di influssi reciproci: da una parte, la matematica pratica o calcolo utile, le cui origini risalgono all’alba della civiltà, e, dall’altra, la matematica vera e propria, una tradizione dotta le cui origini si collocano nella cultura greca antica. Ci occupiamo qui dei problemi della tradizione pratica e sul concetto di problema nel pensiero greco; e rifletteremo sul ruolo della risoluzione di problemi nella matematica e nel suo insegnamento. 5.5 Ampliare il sistema dei numeri della matematica nella scuola primaria Pensare in matematica, § 3.8 (lo zero e i numeri negativi), § 5. 1 e 5.2 (razionali) 5. 6 Moltiplicazione e divisione Pensare in matematica, § 4.4 5. 7 Risolvere problemi La tradizione pratica

Le tradizioni della matematica pratica del passato presentano alcuni tratti distintivi che si ritrovano da oriente a occidente e attraverso il tempo, e che sono alla base dell’istruzione sul “far di conto” (operazioni e risoluzione di problemi) che è tuttora una parte dell’insegnamento della matematica nella scuola primaria.

«Raccolte di problemi appartengono alla tradizione matematica di ogni tempo e ogni luogo. I più

antichi testi matematici oggi noti, il Papiro Rhind e le tavolette babilonesi, hanno questa struttura. Per molto tempo la forma più consueta di trasmissione della cultura matematica fu proprio quella

della collezione di problemi. La trasformazione, avvenuta nella Grecia classica, della matematica da scienza della risoluzione di problemi a scienza della dimostrazione ipotetico-deduttiva, cambiò non solo i contenuti, ma anche la forma dell’esposizione. Tuttavia accanto alla matematica “dotta” continuò ad evolversi una matematica “popolare” o “pratica”, la cui principale forma di espressione rimase la raccolta di problemi, spesso raggruppati per similarità di metodi risolutivi.» (Raffaela Franci, “Introduzione” al testo Problemi per rendere acuta la mente dei giovani (Propositiones ad acuendos juvenes, fine del VIII secolo) di Alcuino di York) Dati, svolgimento e soluzione

I problemi matematici delle tavolette d’argilla mesopotamiche e dei papiri egizi presentano dal punto di vista formale una struttura testuale del tutto simile a quella dei problemi scolastici della matematica elementare moderna:

– enunciato (che comprende i dati, la condizione, e il quesito posto); – svolgimento o processo di risoluzione, spesso sotto forma di istruzioni allo scriba; – e soluzione.

ESEMPIO 7.1 Un problema su un campo rettangolare in una tavoletta seleucide (III sec. a.C.) Identifichi nel testo del problema trascritto nel libro All’inizio fu lo scriba (pp. 12-13) l’enunciato, lo svolgimento e la soluzione. Quale è lo stile nel presentare lo svolgimento?

Grandezze proporzionali:i problemi del tre

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ESEMPIO 7.4 La straordinaria fioritura delle città stato sumere della pianura della Mesopotamia, con la loro articolata struttura urbana, le molte attività artigianali e la rete di scambi commerciali con paesi anche molto lontani fu possibile grazie a una complicata rete di conduzione delle acque che rese possibile lo sviluppo della agricoltura.

Lo scavo dei canali è una delle attività edilizie più antiche. Un tipico compito della matematica pratica, allora è il seguente. Si deve scavare un canale la cui sezione è un trapezio e le cui dimensioni sono note; è noto pure quanto un uomo può scavare in una giornata di lavoro; come anche la paga di un operaio e quella di un caposquadra in una giornata di lavoro (ad esempio, una certa quantità di orzo e di birra; e più avanti una certa quantità di denaro). Ora, il calcolo del volume di terra da scavare si ottiene a partire dalle dimensioni del canale con alcune operazioni; per gli altri calcoli, necessari per prendere una decisione ponderata sul numero di operai da fare lavorare collegata al tempo di realizzazione dell’opera, vi è in gioco la proporzionalità fra certe variabili

numero di operai⎯ → ⎯ quantità di terra scavata (in unità di volume)numero di giornate di lavoro⎯ → ⎯ quantità di orzo e birra (in unità di misura di capacità)

Tali calcoli e decisioni erano responsabilità degli scribi, in Mesopotamia ed Egitto, di capomastri o

ingegneri, in epoche più recenti. Ma scavare la terra con la forza umana, e tutt’al più con piccoli dispositivi come carriole, ponteggi, rampe, scale e carrucole è stato un compito al centro di molti calcoli nel corso del tempo: si pensi che i primi studi matematici per ottimizzare l’organizzazione del lavoro in un cantiere, condotti alla fine del Settecento da alcuni ingegneri-scienziati francesi, riguardarono proprio il trasporto di terra e materiali nelle opere di fortificazione militare!

ESERCIZIO 7.1 Provi a porre un problema di enunciato pratico che possa essere risolto con un ragionamento di proporzionalità. Riguardi nel suo manuale di matematica della scuola media le pagine sulla proporzionalità numerica

I problemi di matematica pratica che si risolvono scrivendo una proporzione numerica e

risolvendola sono noti tradizionalmente come “problemi del tre” (perché si calcola un termine della proporzione quando siano noti gli altri tre)

a⎯ → ⎯ bc⎯ → ⎯ x

a : c = b : x

Molti dei problemi classici dei manuali scolastici si risolvono con l’ausilio di un ragionamento di

proporzionalità: vi sono due grandezze (direttamente) proporzionali, ossia, il loro rapporto è costante (costante di proporzionalità). In altri termini, quando la prima grandezza aumenta (del doppio, del triplo, e così via), la seconda aumenta allo stesso modo (del doppio, del triplo, e così via); e quando la prima diminuisce (della metà, di un terzo, e così via), la seconda diminuisce allo stesso modo. Vi sono ragionamenti di proporzionalità in problemi come quelli di ripartizione, di calcolo di percentuali, di interesse o di sconto.

Altri problemi si risolvono individuando una relazione di proporzionalità inversa tra due variabili, quella ciòe nella quale il rapporto fra due valori qualsivoglia della prima grandezza è uguale all’inverso del rapporto tra i corrispondenti valori della seconda.

ESERCIZIO 7.2. Per scaricare un camion in un’ora si richiede il lavoro di quattro operai. Quanti operai dobbiamo coinvolgere se dobbiamo scaricarlo in mezz’ora? E in venti minuti?

Provi a risolvere il problema prima senza l’aiuto dell’algebra! (si veda oltre)

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Nella scuola elementare semplici problemi di proporzionalità diretta e inversa possono essere risolti con l’aiuto di tabelle e grafici e cercando la costante di proporzionalità, ossia usando il metodo di riduzione all’unità. Problemi matematici e algebra

Nella scuola primaria si introduce ai bambini alle tecniche elementari di risoluzione dei problemi, basate sull’uso delle quattro operazioni (una o più operazioni concatenate) e semplici ragionamenti di proporzionalità, e quindi a una tradizione che ha un origine molto antica.

Nella scuola secondaria di primo grado si introducono le tecniche algebriche per la risoluzione dei problemi. Esse risalgono al IX secolo, sono state create nel mondo islamico e perfezionate, con l’introduzione della notazione simbolica (lettere per le incognite e simboli per le operazioni) nell’Europa dell’inizio dell’età moderna (si veda All’inizio fu lo scriba, cap. 4).

Individuare le incognite e associare ad ognuna di esse una lettera (spesso x, y, z) è guardare il problema dal punto di vista dell’algebra. Una volta individuate le incognite, l’enunciato del problema esprime una o più condizioni relative a tale incognite: tradurre il problema in equazioni è scrivere tale condizioni sotto forma di una o più uguaglianze usando le lettere e i numeri coinvolti nel problema, oltre ai simboli delle operazioni e al simbolo =. L’algebra classica si occupa proprio della risoluzione delle equazioni e dei sistemi di equazioni con una o più incognite.

L’algebra è quindi una branca della matematica che fu creata per risolvere i problemi della matematica pratica. Il fondatore dell’algebra fu Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi (conosciuto anche dal nome latinizzato, Algorismi, origine della parola “algoritmo”), un matematico e astronomo molto importante di Bagdad all’epoca del califfo al-Ma’mun (813-833). Questo matematico di origini persiane, che scriveva in arabo (la lingua colta nei paesi dell’Islam), aveva una profonda conoscenza della matematica greca, ma si occupò anche di matematica pratica. Egli scrisse dapprima un libro per illustrare la scrittura dei numeri con il sistema di numerazione posizionale alla maniera indiana e i relativi algoritmi. Poi si occupò della risoluzione di problemi pratici, tentando di superare la tradizione basata sulle istruzioni applicate a singoli casi particolari e impostando il problema da un punto di vista generale: individuare l’incognita e tradurre la condizione del problema in un’equazione. Egli espose questo nuovo punto di vista in un libro dedicato a ciò che egli stesso descrisse come la “scienza delle riduzioni e delle comparazioni”, in arabo ilm al-giabr za l-muqabala, che impiega un termine, giabr, usato dapprima nella terminologia medico-chirurgica (si veda il riquadro “L’algebra di al-Hwarizimi”, All’inizio fu lo scriba, cap. 4, pp. 50-51). All’inizio del libro al-Hwarizmi scrisse:

«Ho scritto, nel campo del calcolo con il giabr, un trattato che comprende le più fini e le più nobili

operazioni di calcolo di cui gli uomini hanno bisogno per la ripartizione delle eredità e delle donazioni, per le spartizioni e i giudizi, per le transazioni commerciali e per tutte le operazioni che hanno fra di loro, relative all’agrimensura, alla ripartizione dell’acqua dei fiumi, all’architettura e altre cose.» In termini algebrici, se x e y sono le due grandezze direttamente proporzionali (misurate secondo

una certa unità di misura), si ha:

xy

= k

e il numero k è la costante di proporzionalità. Negli anni Sessanta e Settanta l’importanza assegnata allo studio dell’algebra è aumentata, con una preferenza però per gli aspetti più astratti dell’algebra, come ad esempio lo studio dei polinomi e delle operazione fra di loro o lo studio dei sistemi di equazioni. Di conseguenza, i problemi “tradizionali” sono stati lasciati un po’ da parte, sia nella risoluzione aritmetica ad esempio usando la regola del tre, sia usando l’algebra. Negli ultimi anni si è registrata una tendenza a tornare alla risoluzione dei problemi, per un insieme di motivi: per il loro valore formativo nel “dare un senso” ai concetti matematici; per il loro valore generale nella formazione delle abilità euristiche (ossia per la ricerca di una verità o della risposta a un quesito, anche per tentativi, in contrasto con la dimostrazione di una verità); e, infine, per il loro potenziale valore pratico nella formazione di base di un cittadino.

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Il problema come chiave della ricerca nella matematica greca La parola «problema» è usata oggi in molti contesti (non solo in matematica) e con molti

significati. Nell’uso comune, spesso fa riferimento a un ostacolo, a una difficoltà. Alcune volte, ad esempio nelle scienze sociali, viene attribuita ad essa un significato estremamente generale: si dice che ogni attività umana è un risolvere problemi, identificando così “problema” con “compito” o “attività” da svolgere e identificando il “risolvere problemi” con le decisioni che un essere umano prende e le operazioni che esegue per svolgere tale compito o attività. In tempi recenti, le scienze cognitive hanno rivolto molta attenzione ai processi mentali che sono coinvolti nella soluzione di problemi matematici e no.

Torniamo però alle origini, all’etimologia di questa parola, per capire meglio il suo significato nell’ambito nel quale è stata usata originariamente, ossia in matematica. Problema è una parola di origine greca, che deriva da un verbo greco che significa “mettere avanti, proporre”. Un problema è una questione proposta, un quesito di cui si richiede la soluzione, partendo di solito da elementi noti. La matematica greca si è sviluppata accumulando idee, concetti e metodi volti a risolvere problemi come il seguente, che risale a Ippocrate di Chio, un autore del V secolo a.C.:

È possibile trovare o costruire un quadrato di area uguale alla seguente figura a forma di lunula?

Negli Elementi di Euclide si chiamano problemi tutte quelle proposizioni o quesiti che richiedono di determinare o costruire punti o figure geometriche che soddisfino condizioni specificate: sono i problemi di costruzione o di determinazione. Per esempio:

Costruire un triangolo equilatero su una retta finita data (Libro I, prop. 1) Porre in un punto dato una retta uguale a una retta data (Libro I, prop. 2) Dividere in due parti un angolo rettilineo dato (Libro I, prop. 9) Dividere in due parti una retta finita data (Libro I, prop. 10) Tracciare una linea retta perpendicolare a una retta infinita data da un punto che non sia in essa (Libro I, prop. 12) Costruire un quadrato uguale a una figura rettilinea data (Libro II, prop. 14)

Tutti i problemi che si trovano negli Elementi di Euclide sono risolubili con riga e compasso, ossia

richiedono soltanto il tracciamento e la mutua intersezione di rette e circonferenze. Anche questi problemi della geometria classica si possono esprimere con il linguaggio dell’algebra: ad esempio, i problemi della geometria piana si esprimono con il linguaggio dell’algebra associando ad ogni punto del piano una coppia di coordinate cartesiane (x,y). Quindi la condizione di un problema risolubile con riga e compasso si può esprimere attraverso un’equazione algebrica di secondo grado.

Nell’idea greca di problema di costruzione si trova un’eco dei quesiti della matematica pratica di tipo geometrico (tracciato o disegno di punti, rette e figure, equivalenza di figure ossia uguaglianza di aree), ma il punto di vista si trasforma radicalmente. Nel tipo di quesiti considerati dai geometri greci scompare l’aspetto pratico o utile. Diventano invece essenziali due altri aspetti. In primo luogo, viene esaltato l’aspetto di “sfida alla ragione” della domanda posta:

– la domanda e la condizione richiedono uno sforzo (sforzo di comprensione del

problema);

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– il quesito non appare immediatamente raggiungibile, non si piega a uno sguardo superficiale e richiede ulteriore riflessione, il quesito appare alle volte come carattere paradossale (esigenza di elaborare un piano, una strategia di risoluzione).

In secondo luogo, viene esaltato l’aspetto stesso di domanda interlocutoria, di comunicazione: un

problema è tale perché viene posto o proposto, a sé stessi o agli altri, e di conseguenza rappresenta un invito ad esplorare, a ricercare una possibile risposta. Le matematiche sono ciò che si impara e ciò che si insegna, proprio attraverso i problemi.

Dall’epoca greca fino al giorno di oggi, la matematica si è sviluppata attraverso alcuni grandi quesiti o problemi. Non a caso David Hilbert, un leader della matematica tedesca e internazionale del suo tempo, in una famosa conferenza tenuta a Parigi nel 1900 rivolgendosi al I Congresso Internazionale dei Matematici, presentò un elenco di 23 problemi aperti della matematica, che rappresentavano a suo giudizio la prova evidente della vitalità e delle prospettive di sviluppo della disciplina.

L’importanza dei problemi nella matematica teorica potrebbe sembrare in contraddizione con l’immagine della matematica come un corpus di conoscenze solido e sicuro, quasi immutabile. Ecco cosa scrive al riguardo un famoso matematico, George Polya:

«Sì, la matematica ha due volti: è la scienza severa di Euclide e qualche cosa d’altro. Nell’assetto

euclideo essa ci appare una scienza sistematica, deduttiva; ma nella pratica si rivela una scienza sperimentale, induttiva. Questi due aspetti sono nati insieme alla stessa matematica».

Avvicinarsi alla matematica implica quindi assimilare la disciplina del suo linguaggio preciso e

dell’esigenza di rigore, ma anche gustare in prima persona l’esperienza di porsi di fronte a un problema, di un quesito proposto, la cui soluzione sembra all’apparenza difficile da raggiungere, e adoperarsi al meglio alla ricerca della soluzione. Per questo motivo, storicamente nell’insegnamento della matematica è stato lasciato ampio spazio ai problemi geometrici. Anche se i tentativi di modernizzare l’insegnamento della matematica negli anni Sessanta e Settanta del Novecento portarono ad accantonare un po’ la geometria e a concentrarsi sull’algebra, oggi vi è una tendenza a ritornare alla ricchezza e il valore formativo dei problemi geometrici.

I problemi nell’insegnamento della matematica nella scuola primaria

I problemi sono presenti da sempre nei sussidiari della scuola primaria. Ma di che tipo di problemi si tratta? La forma testuale e il contesto pratico al quale fanno riferimento ci permettono di capire chiaramente che si tratta della traccia che la tradizione della matematica pratica e l’addestramento al far di conto ha lasciato nei libri della scuola primaria moderna. I problemi scolastici parlano di distanze, di perimetri, di aree, di pagamenti, di miscele o di ripartizione; essi presentano un enunciato con dati e una domanda rivolta all’alunno, come negli antichi problemi degli scribi. Ovviamente, per i bambini di oggi saper risolvere questi problemi non ha alcuna utilità pratica, perché il loro avviamento al lavoro è ancora molto lontano. Essi servono tutt’al più a chiarire alcuni aspetti della vita quotidiana come le unità di misura o la moneta.

Tuttavia, è importante che nel lavoro matematico nella scuola primaria vi sia spazio anche per il problema nel senso più teorico che abbiamo descritto come caratteristico della concezione matematica greca: il problema come questione posta, la cui soluzione ci appare dapprima difficile o irraggiungibile, e che quindi ci invita alla ricerca, alla formulazione di una strategia per “misurarsi” con la sfida. Infatti, è il problema, la questione aperta, la “provocazione” rappresentata da una sfida intellettuale non immediatamente raggiungibile ciò che interessa il bambino e che rende la matematica attraente e fonte di soddisfazione intellettuale. Tali questioni, tali problemi, si presentano anche in molte altre discipline e in ogni attività, ma senza dubbio la matematica offre un esempio accessibile già ai bambini più piccoli. Abbiamo visto nel corso che i primi passi del bambino nella matematica sono contrassegnati dalla conoscenza della sequenza dei numeri naturali e dal contare; su queste basi ogni ulteriore esperienza numerica avrà senso per il bambino se essa è collegata a un problema: se vi sono due mattoncini nella scatola e ne aggiungiamo un altro,

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quanti ve ne sono? Se tre mamme sono in attesa del campanello davanti a scuola e arrivano altre due, quante mamme sono adesso in attesa?

Vi sono già in questi semplici quesiti tutte le componenti del problema: il bambino si sente sollecitato, anche se si tratta di situazioni familiari: deve capire bene la domanda, i dati, la condizione espressa dal piccolo racconto (i mattoncini e la scatola, … l’ingresso della scuola, le mamme …); deve mettere in gioco le sue incipienti conoscenze sui numeri per trovare la soluzione (un pezzo della sequenza dei numeri, il successore, il successore del successore, l’addizione). Ma pensiamo a un bambino della scuola primaria. Egli si confronta su quest’immagine sul suo libro:

ESEMPIO 7.3 Osserva la segnaletica e calcola. 1. A quale distanza da Saldaña si trova Loranca? 2. Quanti kilometri vi sono fra Loranca e Estebanvela? (Dal Libro Deja huella, Classe quarta, Anaya, Madrid, 2005) Il bambino è sollecitato dall’immagine, anche se ha già visto dalla macchina molte volte segnali di

questo genere e ha sentito i genitori parlarne cercando una strada. Egli deve capire bene la domanda scritta sotto l’immagine, deve capire anche i dati e la condizione nell’immagine e vedere se tutto l’insieme “ha senso”: avrà bisogno di un disegno schematico, di una notazione. Poi deve escogitare un piano e mettere in gioco le sue conoscenze ben più solide sui numeri (addizione, sottrazione di numeri naturali). Infine, deve rivedere la soluzione che ha trovato, capire se è ragionevole oppure se ha sbagliato qualche conto, mettendo in gioco le sue conoscenze sulla distanza, sulle unità di misura, sul confronto additivo fra i numeri naturali e altre conoscenze non matematiche (destra-sinistra, spazio geografico): il secondo numero deve essere maggiore del primo trovato; il secondo numero non può essere del ordine delle centinaia di kilometri. L’immagine, le parole, il problema, hanno messo in moto la mente del bambino.

Un problema è come un sasso gettato nello stagno: esso muove le acque, introduce il dinamismo dove prima vi era quiete. Ovviamente ogni “provocazione” ha i suoi rischi. Non vi è dubbio che il problema suscita sia la curiosità e il desiderio di misurarsi con una sfida, sia la diffidenza, la vertigine di fronte al vuoto (la soluzione sembra irraggiungibile) e la paura di sbagliare o di fallire. Infatti, è l’insegnante la persona che deve essere in grado di scegliere i problemi, deve saper proporre i problemi, orientare la discussione e insegnare a sviluppare un metodo di lavoro di fronte ai problemi.

ESEMPIO 7.4 (Libro di testo Salta a la vista, Anaya,1° anno) Un aereo trasporta 86 passeggeri. Sono scesi 45 passeggeri. Quanti passeggeri sono ancora nell’aereo? ESEMPIO 7.5 Un contadino ha raccolto 13.700 kg di mele e 6.825 di pere. Quante scatole servono se dispone la frutta in scatole di 25 kg? ESEMPIO 7.6 Abbiamo pagato con una carta da 40 euro 12 menu da McDonalds? Quanto costa ogni menu? Quale è il resto? ESEMPIO 7.7 In un giardino rettangolare di 25 m di larghezza e 16 di lunghezza si vuole piantare erba nella metà della superficie, fiori in un quarto e piante aromatiche nel resto. Che superficie occupa ogni coltivazione? ESEMPIO 7.8 Vogliamo mettere 24 fiori in vasi con lo stesso numero di fiori. Quante possibilità abbiamo? ESEMPIO 7.9 Una città ha 238.700 abitanti, la quinta parte ha una bicicletta. Quanti abitanti non hanno la bicicletta? ESEMPIO 7.10 Un commerciante compra 100 paia di pantofole a 32 euro il paio. Vende le prime 80 paia a 45 euro, e il resto a 40 euro. Quale è stato il guadagno ottenuto? ESEMPIO 7.11 La superficie di un triangolo misura 126 cm2 e l’altezza è 4/7 della base. Determina la base e l’altezza del triangolo.

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ESEMPIO 7.12 Si hanno 14 soldati in fila: la distanza tra un soldato e l’altro è 3 m. Quale è la distanza dal primo all’ultimo? ESEMPIO 7.13 Un bambino ha 8 anni, e la sorellina la metà dei suoi. Quanti avrà lei quando lui ne avrà 10? ESEMPIO 7.14 In un cortile vi sono galline e conigli. In tutto 40 teste e 100 gambe. Quante galline e quanti conigli? ESEMPIO 7.15 Trovare tutti i numeri che si possono rappresentare in un abaco di tre posizioni usando due gettoni. ESEMPIO 7.16 «Ho comprato due fazzoletti e due paia di calzini con trecento ottanta yen. L’altro giorno avevo comprato due fazzoletti e cinque paia di calzini con settecento dieci yen? Quanto vale un fazzoletto e un paio di calzini» (tratto da Yoko Ogawa, La formula preferita del professore (2003)) La risoluzione dei problemi secondo Polya

In un famoso libro pubblicato da George Polya (1887-1985) nel 1945 intitolato How to solve it (tradotto in italiano con il titolo Come risolvere i problemi di matematica. Logica ed euristica nel metodo matematico, Feltrinelli, 1° ed. italiana 1967), questo matematico nato a Budapest ed emigrato nel seguito negli Stati Uniti ripropose con forza il ruolo dei problemi nella formazione intellettuale dei giovani. Il libro si apre con le seguenti parole (p. 7):

«Un’idea geniale risolve spesso un grande problema, ma nella risoluzione di tutti i problemi

interviene un pizzico di genialità. Può trattarsi di un problema modesto; tuttavia, se esso stuzzica la nostra curiosità ed eccita le nostre facoltà mentali e, soprattutto, se si riesce a risolverlo da soli, si scoprirà l’ansia della ricerca e la gioia della scoperta. Simile esperienze, fatte a tempo opportuno, possono rappresentare un vero e proprio esercizio dello spirito e lasciare un’impronta nell’animo e nel carattere per tutta la vita.»

Questo saggio, diventato molto famoso, raccoglie in modo molto efficace i principi di una lunga

tradizione di risoluzione dei problemi matematici, che però raramente era stata esposta in forma scritta, poiché essa apparteneva alla tradizione orale dell’insegnamento della matematica. Attraverso molti esempi, Polya provò a fornire una descrizione del modo di procedere tipico della risoluzione dei problemi matematici, ossia dei ragionamenti euristici, intendendo “ogni argomentazioni che non pretenda di essere né definitiva né rigorosa, ma si presenti semplicemente come provvisoria e plausibile, con il solo scopo di scoprire la risoluzione di un determinato problema” (p. 120). Il libro si apre con uno schema di risoluzione dei problemi diviso in quattro fasi: capire il problema; elaborare un piano; attuare il piano; verificare. Per ogni fase vi sono diverse domande da porsi o suggerimenti di azione. Questo piano è rivolto all’alunno, ed è illustrato attraverso molti esempi. Inoltre, prendendo spunto dagli stessi esempi, l’autore si rivolge all’insegnante, esortandolo a non ridurre le ore di matematica a semplici esecuzioni di calcoli, e sottolineando l’importanza di

– scegliere i problemi adeguati alle conoscenze degli alunni e in grado di sollevare il loro

interesse – proporre i problemi scegliendo i tempi e il modo, all’interno delle ore di matematica – e intervenire discretamente attraverso le sue domande (ispirandosi alle domande proposte da

Polya per corredare il suo schema di risoluzione), coadiuvandolo nella risoluzione. Anche se gli esempi considerati da Polya riguardano i problemi della scuola secondaria, il suo

schema di risoluzione è valido anche nella scuola primaria. Anzi, possiamo riconoscere in un enunciato un problema genuino e non un esercizio di calcolo nella misura in cui esso sollecita nell’alunno l’applicazione dello schema di risoluzione di Polya. Proponiamo una versione abbreviata e adattata alla scuola primaria dello schema di Polya (si veda Come risolvere i problemi di matematica, pp. 11-13)

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LE QUATTRO FASI NELLA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI (ADATTAMENTO DELLO SCHEMA DI RISOLUZIONE DI GEORGE POLYA)

Prima fase: Capire il problema (Understanding the problem) Cosa si deve trovare? Quali sono i dati? Alcune volte bisogna reperire i dati in immagini o tabelle. Quali sono le condizioni? Sapresti porre il problema con le tue parole? È possibile soddisfare le condizioni? Prova a dare una stima del risultato Disegna una figura. Prepara uno schema o diagramma. Introduci una notazione appropriata. Seconda fase: Elaborare un piano (Devising a plan) Esiste un problema analogo al tuo e già risolto in precedenza? Puoi formulare il problema in un modo diverso? Puoi risolvere un problema più semplice connesso con questo? Puoi risolvere una parte del problema? Puoi suddividere il problema in parti, preparando alcune domande intermedie? Riflette alle operazioni che risolvono alcune delle domande intermedie. Hai usato tutti i dati? Terza fase: Mettere in pratica il piano (Carrying out the plan) Procedi con pazienza e precisione: il piano fornisce un abbozzo generale; ci si deve

convincere che i dettagli rientrano necessariamente in tale traccia, in modo tale che non resti nessun punto oscuro dove possa celarsi qualche errore.

Sei capace di spiegare il tuo piano e come lo hai attuato? Elenca tutte le soluzioni possibili Quarta fase: Verificare (Looking back) Puoi pensare a un piano alternativo? Se ottieni una soluzione diversa forse vi è qualche

errore nel piano, oppure nell’esecuzione del piano. Puoi confrontare il tuo piano con quello di altri colleghi? Valuta il risultato: se non è verosimile forse hai fatto qualche errore.

ESERCIZIO Prepari una presentazione in classe dei problemi degli esempi 7.4 a 7.16, prendendo in considerazione i diversi piani o approcci possibili e le conoscenze matematiche implicate. Consideri anche problemi simili da sottoporre agli studenti per indicare possibili vie di soluzione. Consideri problemi analoghi ai quali si può applicare una strategia già usata.

Ecco l’esortazione di Polya agli insegnanti (p. 24):

«Risolvere i problemi è una questione di abilità vera e propria come, permettetemi i paragone, il nuotare. Qualunque abilità pratica può essere acquisita con l’imitazione e l’esercizio. Sforzandosi di imparare a nuotare, si imitano i gesti e gli sgambettii di coloro che riescono a stare a galla nell’acqua e, a poco a poco, si impara a nuotare… nuotando. Per imparare a risolvere problemi, è necessario

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osservare ed imitare come vi riescono altre persone e infine si riesce a risolvere i problemi … risolvendoli.

L’insegnante che voglia rendere i suoi alunni più abili a risolvere quesiti di matematica deve scegliere esercizi convenienti e saper risvegliare nei loro animi l’interesse per questo genere di problemi, procurando loro numerosissime occasioni di cimentarsi sia per imitazione sia in tentativi originali. Se vuole esercitare gli studenti a quelle operazioni mentali che corrispondono alle domande ed ai suggerimenti del nostro schema, l’insegnante non deve fare altro che proporre loro sia quelle che questi ogni qualvolta ciò si riveli utile e spontaneo. Inoltre, quando egli risolve un problema in classe, è opportuno che finga un poco, mostrandosi quasi incerto, e che si rivolga a voce alta le stesse domande a cui ricorre in altri momenti per aiutare i ragazzi. Grazie a questi accorgimenti, gli allievi comprenderanno l’uso corretto di tali domande e suggerimenti; così verranno a possedere qualcosa di ancora più importante della stessa conoscenza di una qualunque particolare verità matematica.»

I problemi di matematica in classe

Non ogni possibile quesito rappresenta un problema. Un aspetto da tenere molto presente è il seguente: una volta risolto un problema, vi è un intero gruppo di quesiti analoghi che “non sono più un problema”, nel senso che non pongono alcuna sfida, ma scatta un automatismo: il problema si riduce a un esercizio. Per esempio, le questioni che si risolvono con un’addizione costituiscono un problema per i bambini che compiono i loro primi passi nel mondo dei numeri, ma immediatamente dopo diventano “un esercizio con il più”. Lo schema di risoluzione di Polya può anche essere usato per imparare a riconoscere ciò che costituisce un problema genuino, interessante e adatto a un gruppo classe a seconda delle loro conoscenze: un problema è una sfida, non appare immediatamente raggiungibile, richiede la riflessione sul quesito e lo sviluppo di un piano, di una strategia.

Tuttavia, non è possibile offrire criteri generali su ciò che è un problema, tanto meno su quando un problema è interessante o corrispondente alle conoscenze di una classe: la scelta è responsabilità del professore. Ad esempio, rivedendo anche gli esempi 7.4 a 7.16 possiamo notare che un testo scarno non indica per forza un falso problema. Vi sono alcuni problemi “normalizzati”, stereotipati, nel senso che ritornano nei sussidiari di generazione in generazioni, con ritocchi dovuti ad esempio al valore della moneta che cambia, e che potrebbero sembrare anch’essi esercizi camuffati. Ma è l’insegnante, con la sua conoscenza dei concetti della matematica e la sua esperienza dei problemi di matematica che deve giudicare caso per caso.

Si potrebbe anche essere tentati di credere che il carattere elementare delle conoscenze matematiche della scuola primaria non permette di proporre altro che falsi problemi o esercizi camuffati. Infatti, molti dei problemi che abbiamo proposto negli esempi 7.4 a 7.16 si risolvono in una o due operazioni, oppure risultano banali se si adoperano gli strumenti dell’algebra. Bisogna guardare invece alla scuola primaria come uno spazio di libertà nel quale si esplorano problemi estremamente semplici con strumenti semplici, procedendo per tentativi, mettendo all’opera i primi tentativi di schematizzare la situazione con un disegno, un diagramma, una notazione con lettere e nel quale si impara a discutere i problemi, iniziando dalla comprensione dell’enunciato, dalla difesa di una certa strategia, alla critica del risultato e all’eventuale modifica della strategia per evitare l’errore. Questo lavoro permetterà di apprezzare il valore del linguaggio algebrico nella scuola media inferiore, mantenendo nel contempo la mente aperta a problemi più complessi o che richiedono altre tecniche di risoluzione.

ESERCIZIO Trovi i problemi fra quelli degli esempi 7. 4 a 7.16 suscettibili di una risoluzione con gli

strumenti dell’algebra. È essenziale quindi proporre agli alunni veri e propri problemi. Alle volte è possibile identificare

dei problemi nelle attività stesse che i bambini svolgono: bisogna ripartire le pizzette, oppure organizzare i turni, o mettersi in fila per due, oppure pagare un contributo per pagare l’autobus per andare in gita. Altre volte i problemi possono partire da un articolo di giornale letto dall’insegnante mentre sta arrivando a scuola. Ma anche i problemi scolastici dei sussidiari, i problemi “tradizionali”

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forniscono molti buoni esempi (tutti gli esemi 7.4 a 7.16, e molti problemi proposti nelle lezioni di questo corso provengono da buoni manuali scolastici).

Ricordiamo per concludere le conseguenze negative di un atteggiamento rinunciatario nei confronti dell’attività di risoluzione dei problemi. Il continuo proporre e riproporre “falsi problemi” o “esercizi camuffati” può essere motivato, alle volte, dalla paura di far sperimentare ai bambini la paura, la “vertigine” di un problema vero. Vediamo alcuni tipiche idee e comportamenti dei bambini che sono proprio l’eco di questa paura, quando l’insegnante non ha lavorato su di essa, facendola diventare uno stimolo:

– esiste un unico modo di risolvere un problema – ci vuole solo qualche minuto per risolvere un problema – ogni problema si risolve con una operazione (o forse due) – la chiave del successo nella risoluzione dei problemi sta in una parola chiave che appare

nella domanda, che è l’ultima frase.

La paura del problema si manifesta anche sotto altre vesti:

– la convinzione che ci vuole un’idea immediata e geniale (quindi fuori della portata dello studente) e l’esclusione a priori dei tentativi

– la rimozione di un fase molto importante nella risoluzione dei problemi, ossia la valutazione del risultato, eventualmente la verifica del risultato, che permette anche di riconsiderare il problema prima di riuscire a risolverlo: spesso gli studenti si nascondono sotto la frase: “non avevo tempo a disposizione per controllare”.

I problemi con i bambini prima della scuola dell’obbligo Pensare in matematica, § 13.e Esercizio Formulare i compiti proposti a Richard come problemi, individui i concetti matematici coinvolti e confronti la descrizione di Hughes con lo schema di soluzione di Polya. Consideri in particolare la condizione posta dall’ultimo problema formulato da Hughes (suggerimento: È possibile soddisfare le condizioni?) Tradizione e innovazione didattica nella matematica scolastica: il problema delle patate

I problemi “tradizionali” sono stati per un lungo periodo negli anni Settanta e Ottanta, considerati un retaggio del passato da superare, e da sostituire con aspetti della matematica moderna, come gli insiemi oppure l’algebra. Abbiamo anche accennato al fatto che anche i problemi della geometria, considerati classicamente come la preparazione alla matematica colta, sono stati in quegli stessi anni considerati un retaggio da superare, un’“anticaglia”: si faceva spesso l’esempio dei tanti problemi riguardanti i triangoli e i loro punti e rette notevoli (baricentro, altezza, e così via), che bisognava sostituire con questioni più moderne. Queste esigenze di innovazione erano molto legate alle profonde trasformazioni sperimentate dalla matematica, sia nei contenuti che nei metodi, nella prima metà del Novecento, le quali si erano ormai “cristallizzate” e imponevano un'esigenza di rinnovamento anche ai diversi livelli dell'insegnamento. In quegli anni si fece sentire l'influsso del modo di porsi davanti alla matematica caratteristico del gruppo di matematici francesi “Bourbaki”, nonché dei risultati delle ricerche e dei volumi pubblicati da questo gruppo. La famosa esclamazione di uno di essi, Jean Dieudonné, “abbasso Euclide!”, riflette lo spirito del rinnovamento auspicato.

Anche la risoluzione dei problemi, che formava parte tradizionalmente della matematica scolastica, sembrava destinata a scomparire oppure a subire una profonda trasformazione. Tuttavia, nella scuola la matematica moderna o “insiemistica” provocò enormi difficoltà per gli studenti e polemiche e discussioni fra genitori, educatori e teorici. Quindi, a partire dagli anni Novanta si tornò a

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difendere i problemi tradizionali e a rivalutare la geometria elementare e i suoi problemi. A questo punto, però, dei problemi tradizionali sono stati sottolineati due aspetti:

– il primo è il valore pratico dei problemi, non già nelle attività tecniche e pratiche, ma nella vita

quotidiana del cittadino. Secondo i difensori di questo punto di vista, i problemi danno un senso all’insegnamento della matematica nella scuola dell’obbligo il cui scopo è soltanto quello di fornire gli strumenti necessari al futuro cittadino, per leggere i giornali, per capire i meccanismi elettorali, per valutare l’interesse e le spese del conto in banca, per pagare le tasse, per interpretare una cartina, per giocare consapevolmente la schedina e così via. Questa è la matematica del cittadino, la matematica delle percentuali (un tipico gruppo dei problemi di proporzionalità) dei cui limiti ci siamo occupati nella lezione 2. Nel corso di questa lezione abbiamo visto che il ruolo dei problemi nell’insegnamento della matematica va ben oltre il loro aspetto utilitario.

– il loro valore “cognitivo” dei problemi, ossia il suo ruolo per sviluppare presunte abilità

cognitive pure (le competenze), le quali sarebbe il nucleo dell’educazione, la quale deve girare attorno alle competenze e non attorno alle delimitazioni tradizionali delle discipline. Secondo questo punto di vista, si risolvono problemi di matematica non per assimilare i concetti basilari della matematica, come numero, frazione, divisione, retta, intersezione e così via, ma per sviluppare le competenze che ruotano attorno al cosiddetto “problem solving”. La matematica, quindi, non è una delle discipline che contribuiscono alla formazione della mente, ma si deve dissolvere in formazione della mente, insieme alle altre discipline.

Queste oscillazioni nella visione dell’insegnamento della matematica, e soprattutto i rischi che la

distorsione della tradizione e della perdita del buon senso comportano per la qualità dell’istruzione, sono ben illustrate, in chiave di humour, da una vecchia storia, che è circolata anche in Francia nel passato, e che è stata rispolverata fra gli insegnanti spagnoli, e anche ripresa dal giornale «ABC» nel suo ABC de la educación (“El problema de las patatas”, ABC, martedì 31/10/95, p. 77). Con questa storiella concludiamo la lezione: essa presenta varie “formulazioni” di uno stesso problema matematico elementare negli anni 1965-75, che corrispondono alle varie sollecitazioni di cui abbiamo parlato, alcune interne alla matematica (l’introduzione del linguaggio matematico “moderno”) e altre culturali, derivate anche dall’influsso delle tendenze nella pedagogia e nelle scienze umane (la tendenza a sostituire il vecchio insegnamento selettivo con quello comprensivo, allungando la scolarizzazione obbligatoria, e la conseguente trasformazione della matematica scolastica in matematica del cittadino) le conoscenze acquisite possano essere utilizzate effettivamente nelle circostanze reali della vita dello studente — e politiche.

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Nel 1960 Un contadino vende un sacco di patate per 1000 pesetas. Le sue spese di produzione ammontano ai 4/5 del prezzo di vendita. Qual'è il suo guadagno? Nel 1970, insegnamento “tradizionale” Un contadino vende un sacco di patate per 1000 pesetas. Le sue spese di produzione ammontano ai 4/5 del prezzo di vendita, e cioè a 800 pesetas. Qual'è il suo guadagno? Nel 1970, insegnamento “moderno” (LGE) Un contadino scambia un insieme P di patate contro un insieme M di monete. La cardinalità dell'insieme M è uguale a 1000 pesetas, e ogni elemento PM vale una peseta. Disegna 1000 grossi punti che rappresentino gli elementi dell'insieme M. L'insieme F delle spese di produzione è formato da 200 grossi punti in meno di quello dell'insieme M. Rappresenta l'insieme F come sottoinsieme dell'insieme M e rispondi alla questione seguente: Qual'è la cardinalità dell'insieme B dei benefici? Disegnare B in colore rosso. Nel 1980, insegnamento “rinnovato” Un contadino vende un sacco di patate per 1000 pesetas. Le sue spese di produzione ammontano a 800 pesetas e il suo guadagno è di 200 pesetas. Sottolinea la parola «patata» e discutine con il tuo compagno. Tentativi sperimentali della riforma Un borghese di campagna, capitalista senza spirito di solidarietà, si è arricchito con 200 pesetas nel vendere speculando un sacco di patate. Analizza il testo e di seguito dì quel che pensi di questo abuso antidemocratico. Nel 1990, insegnamento riformato (LOGSE) Dopo l'ingresso della Spagna nel Mercato Comune Europeo, gli agricoltori non possono fissare liberamente il prezzo di vendita delle patate. Supponendo che vogliano vendere un sacco di patate per 1000 pesetas, fai un sondaggio per determinare il volume della domanda potenziale di patate nel nostro paese e l'opinione sulla qualità delle nostre patate in rapporto a quelle importate da altri paesi, e come tutto il processo di vendita sarebbe soggetto ad alterazioni se i sindacati convocassero uno sciopero generale. Completa questa ricerca analizzando gli elementi del problema, mettendo in rapporto gli elementi fra di loro e cercando il principio del rapporto fra questi elementi. Per finire, fai un quadro di doppio ingresso, indicando in orizzontale, in alto, i nomi dei gruppi citati, e, sotto, in verticale, diversi modi di cucinare le patate. Nota: LGE significa Legge generale di educazione: si tratta di una riforma della scuola risalente all’anno 1970, ancora in epoca franchista, che impose un rinnovamento di tipo insiemistico molto astratto (questi eccessi sono stati per lo più addolciti dalla pratica e dal buon senso degli insegnanti). Nel 1990 fu promulgata dal governo socialista una nuova legge generale di educazione (LOGSE), la prima dell'epoca democratica, concentrata sull’idea della matematica del cittadino.

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Nei due semestri del corso abbiamo esaminato molti problemi elementari. Questa è la traccia di analisi che abbiamo seguita.

I problemi elementari: analisi didattica e dei concetti matematici sottostanti a) Si tratta di un problema aritmetico? Si tratta di un problema geometrico? Si tratta di un problema di

combinatorica? Altro? È utile fare uno schizzo o disegno schematico? Il disegno (diagramma o rappresentazione geometrica) può essere utile anche se si tratta di un problema aritmetico?

b) Per ogni problema, identifichi che tipi di numeri sono adoperati: naturali, interi negativi, razionali? Se

sono usati dei numeri razionali, indichi se si usano sotto forma di frazione o con espressione decimale. c) Nelle possibili strategie del problema, è possibile considerare un campo numerico più ampio o più

ristretto: spieghi il motivo. d) I numeri indicano risultati di conteggi oppure di misurazioni di grandezze? Quali sono le grandezze

misurate? Quali sono le unità di misura adoperate? e) È presente l’idea di proporzionalità? Quali sono le grandezze fra cui si trova questo tipo di dipendenza

funzionale? Costruisca una tabella di valori proporzionali. f) Confronti la risoluzione dei problemi con l’aiuto dell’algebra (equazioni di primo e secondo grado e

sistemi di equazioni) e senza algebra (per tentativi, attraverso tabelle di proporzionalità e per riduzione all’unità).

g) Esamini esaustivamente i possibili piani o strategie che possono essere concepiti dai bambini? Simuli le

strategie, mettendo in evidenza i punti critici, i possibili errori. h) Consideri il confronto tra strategie diverse in una discussione di classe. i) Consideri il problema della verifica: può sfruttare il problema per spiegare al bambino come verificare

attraverso l’uso di strategie alternative? j) In che senso la questione proposta costituisce un problema vero e proprio?

Bibliografia: All’inizio fu lo scriba, cap. 1, cap. 2, cap. 4; G. Polya, How to solve it (versione italiana: Come risolvere i problemi di matematica, Milano, Feltrinelli, 1967).


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