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Da tempo Musashi cercava

di congiungere, in una valida

dottrina, quello ch’egli sapeva

per istinto con quello che aveva

appreso per mezzo dell’intelletto.Lo stile delle due spade doveva

avere dunque questa duplice

natura: essere al tempo stesso

conscio e automatico come un

riflesso, completamente libero

dalle restrizioni inerenti all’azione

conscia.

Scrive Eiji Yoshikawa: “…Durante la bat-taglia contro la Scuola Yoshioka, ad Ichijoji,Musashi aveva istintivamente impugnato laspada lunga nella destra e lo spadino nellasinistra. Lo aveva fatto inconsciamente per proteggersi al massimo. In una lotta per la vita o la morte, egli si era comportato inmaniera non ortodossa”.

Dichiara Mario Vatrini: “...Io uso spesso que-sta tecnica con due pollici, ma la uso comestrategia specifica per determinate situazioni,non sempre; un pollice sul punto doloroso oalterato e l’altro pollice che va a cercare il punto che sblocca, lo trovo ancora affascinan-te, il fascino dell’effetto... all’epoca mi parenon ci fosse nessuna motivazione maturatache dovesse giustificare la funzionalità dellatecnica. Era qualcosa di nuovo e stupefacenteper quanto riguardava i cambiamenti sottoi pollici, e anche i cambiamenti notevolissimiche avvenivano negli uke. È una tecnicache secondo me ha davvero “miracolato” lacomprensione di molti praticanti... all’epoca loshiatsu era agli inizi, perciò, o funzionava be-ne, o la gente non veniva a farsi trattare…”.

In ambedue i casi l’uso autonomo ecoordinato delle due mani nasce, e nonpotrebbe essere diversamente, in unasituazione di uso “reale” della tecnica,cioè in una situazione di bisogno; di ri-schio della vita per la spada, di ricercadi effetto benefico per lo shiatsu. Nasceistintivamente, sulla spinta della situazionecontingente senza ricerca di spiegazionirazionali. Le codificazioni, la costruzioneformale vengono dopo.Tra il ’73 e il ’75: scrive ancora Vatrini:“…Yuji ha avuto l’intuizione di prendere il 

   i   q   u   a   d   e   r   n   i

    d   e    l    l   a

    t   e   c   n    i   c   a

lo stile delladoppia

pressioneZONA INFRASCAPOLARE

2 AB

2 AC 

coppie di collegamento tra i luoghi

della zona indicata

Tavola n° 1

Riprendiamo il discorso sulla doppia

pressione sulla base di quanto elabo-

rato nei QdT del n° 22 di Shiatsu Do.

di Claudio Parolin

B B

 A 

C C

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ella

tecnica

concetto dei punti distanti, di derivazione Iokaie di applicarlo esclusivamente ai pollici; Il bi-sogno di motivare… è un’aggiunta successivaper tentare di razionalizzare in qualche modoi risultati; in pratica e all’epoca non ce n’erabisogno”.E ancora: “…la partenza dello shiatsu aMilano è stata lo stile Namikoshi poi, siccomelo stile di Masunaga usa due zone distanti, Yujiaveva cominciato ad aprire, allargare i pollici,trasformando l’intervento su zone in uno supunti; io ho seguito l’esempio. È stata davverouna nuova comprensione, soprattutto perchél’allontanamento dei pollici e la pressione sudue punti o zone diverse serve per tonificare odisperdere, per spostare o chiamare… l’allon-tanamento dei pollici è iniziato così, come pas-saggio dal pensiero di Namikoshi a quello diMasunaga; non era però un modo di trattarestandardizzato, ma un modo di sbloccare, spo-stare, sciogliere per cambiare una situazione...Non si parlava di codificazione secondo kata,questa è una formalizzazione successiva.”Riassumendo:> nel vivo della pratica,

> a partire dal bisogno di produrre

efficacia

> seguendo i fenomeni sulla base

della risposta vitale incontrata, le

mani incontrano e seguono, me-

diante una loro ricerca autonoma,

quotidiane: il bisogno di dare sollievo aldisagio (che in genere si concretizzavain qualche forma di “dolore”) del “clien-te” e il bisogno di avere successo coni primi “clienti” per dare sollievo allefinanze dei primi professionisti. Nonè quindi una ricerca accademica o dilaboratorio, ma una esigenza concretache parte dalla vita reale del praticantedi quegli anni. Di conseguenza, a nessu-no viene in mente di codificare ricercae scoperte.

c. la tecnica prende forma gradualmente,come gradualmente procede la ricercadi “effetti speciali” e la scoperta di col-legamenti e risonanze. Prima i polliciseparandosi cercano lungo i percorsinoti (un pollice resta sul punto “notevo-le” e l’altro cerca a monte e a valle sulmeridiano), poi nella zona circostante(un pollice resta sul punto notevole el’altro esplora per cerchi concentricila zona attorno), poi si adeguano eutilizzano alla morfologia della zona inquestione (monti e valli creati da mu-scoli, sporgenze ossee, gonfiori, ecc.);poi le mani si allontanano alla ricerca

di collegamenti e risonanze lungo unarto, alle estremità del tronco fino allamassima estensione delle braccia delpraticante), poi...

d. all’utilizzo acritico dei meridiani si co-minciano a sostituire (o meglio integra-re, perché i percorsi energetici restanocomunque un terreno privilegiato di

iquadernid

ella

tecnica

L’uso autonomo e coordinatodelle due mani nasce

istintivamente, sulla spinta dellasituazione contingente senza

ricerca di spiegazioni razionali.Le codificazioni, la costruzione

formale vengono dopo.

la “risonanza” vitale tra due punti

e/o zone.

La tecnica di separare le mani è

una tua intuizione o sei stato in-

 fluenzato da Masunaga?

Sicuramente sono stato influenzato

da lui, però non ero contento né di

questo né di quello... Il problema

era che non ero contento. Quindi è

nato questo metodo.

  Non eri contento rispetto a cosa,

all’efficacia?

Rispetto alla natura: perché dovevo

fare così tanta fatica? Perché dove-

vo usare il mio corpo in modo così

innaturale?

Tratto da “Shiatsu Do 23”: intervista a

Yuji Yahiro.

Esaminiamo e approfondiamo gli elementidella precedente proposizione:a. praticando secondo gli stili esistenti

(Namikoshi e Masunaga) “succede” chei due elementi qualificanti dei due stilisi sovrappon-gono; si lavoracon i pollici(Namikosh i )ma si sepa-rano le mani(Masunaga); esuccede che siincontrano “ri-sonanze”, primacasualmente,all’interno deglischemi usuali(percorsi ener-getici), poi lacuriosità porta ad uscire dai tracciatiabituali e si scoprono risonanze ancheoperando in maniera non usuale (cer-cando intorno ai punti doloranti, vivaci,notevoli, alterati, ecc.; oppure zone vici-ne o lontane che rivelano insospettaticollegamenti, ecc.).

b. la pratica parte da esigenze concrete,

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ricerca e di scoperta) altri riferimentiche, nella ripetizione quotidiana e neisuccessi/insuccessi ripetuti e ripetitivi,vanno a costituire un embrione di nuo-vo modello operativo di riferimento.

e. la possibilità di ricercare senza schemifissi nasce e cresce con l’evoluzionedella percezione nei primi (e poi neisecondi e nei terzi…) operatori chevia via spostano la loro sicurezza dalloschema al “sentire”. È solo la percezionedella risposta vitale sul punto e sui puntipremuti che può condurre il praticantea lasciare i riferimenti noti e “sicuri” peruna relazione con la persona trattatache si basi sullo scambio di “sensazioni”.La grande fortuna dei praticanti che la-vorano in quegli anni con Yahiro senseiè che acquisiscono il gusto “del sentire”,dell’usare le mani in sintonia con uke,del “ giocare” con i fenomeni vitali, pres-sione dopo pressione.

f . la doppia pressione, richiedendo unaattenzione sdoppiata (ascoltare incontemporanea le sensazioni sui duepollici separati) ha generato nella “men-te” e nella percezione di quei praticanti(e quelli che oggi utilizzano la doppiapressione) effetti imprevedibili (scher-zando potrei dire devastanti) che han-no portato alla crescita di una nuovacultura di cui solo oggi cominciamo amisurare gli effetti profondi nel sociale(e nella politica) del nostro paese.

Una nuova idea

di figura professionale

In un recente incontro con esponenti di al-tri organismi di rappresentanza ho porta-to il discorso sulla immagine che ciascunoaveva del professionista shiatsu.È emerso che la figura di gran lunga preva-lente era quella del “  guaritore alternativo” enon del “manovale del pollice”; l’operatoreshiatsu, secondo i più, ripone la propriafiducia e trae la propria sicurezza preva-lentemente nelle cose che sa e non nellecose che sente.

Tu dicevi che sentivi che esistevano

dei percorsi diversi da quelli del-

l’agopuntura.

Avevo dei dubbi costanti, perché

sentivo delle cose diverse da quelle

insegnate.

L’energia scorre sempre per percorsi

o anche in maniera diversa?

Anche in maniera diversa.

 I percorsi sono dunque un espedien-

te per raffigurare l’energia?

La nostra raffigurazione dei me-

ridiani è un invito a entrare nel

mondo dei meridiani; poiché ogni

persona ha una condizione fisica

diversa, il percorso cambia per ogni

individuo.

Ci sono strade comuni, le macchine

quando non c’è traffico possono

passare ovunque, quando invece

c’è traffico devono cambiare per-

corso.

Però esistono delle strade.

I percorsi dell’energia non sono fissi

come larghezza e potenza. Hanno

un regolamento minimo, perché la

natura è uguale per tutti, ma non

sono così precisi. È come l’acqua

sul pianeta: ci sono grandi fiumi,

laghetti, mari, ma quando piove

tutti loro cambiano di misura.

Tratto da “Shiatsu Do 23”: intervista a

Yuji Yahiro.

Il “guaritore alternativo”

La figura dell’operatore shiatsu come“ guaritore alternativo” si basa sul modelloseguente: l’operatore fa la “diagnosi”, cioè:1. si pone in una posizione “esterna” alla

persona trattata, come fa qualsiasi altrooperatore del sanitario e/o dell’alterna-tivo (medico, agopuntore, omeopata,erborista, fisioterapista, ecc.)

2. analizza la persona raccogliendo le

informazioni “osservando, ascoltando,chiedendo e toccando” (i momenti clas-sici di qualsiasi diagnosi sia occidentaleche orientale).

3. inquadra i dati raccolti nel “suo” mo-dello interpretativo (o i suoi modelliinterpretativi se ne adotta più di uno) etrae delle conclusioni (o ipotesi se i da-ti non sono univoci o sufficientementeprobanti).

4. attiva e/o propone le iniziative “cu-rative” che il modello operativo (o imodelli operativi) proprio/i della suadisciplina per modificare la situazione eriportare la persona da una situazione

di patologia/alterazione/disagio a una si-tuazione di salute/equilibrio/benessere.

In realtà in tutto ciò c’è ben poco di al-ternativo; quando l’omeopata, l’erborista,l’operatore shiatsu adotta questa proce-dura si comporta esattamente come ilmedico allopatico, il chirurgo, il fisioterapi-sta; cambia solo il modello interpretativo(diagnosi cinese invece che italiana) e ilmodello operativo (aghi o erbe invece chebisturi e farmaci). Si tratta solo di vederecosa funziona meglio, e in genere la far-macopea moderna e gli attuali strumentidiagnostici stravincono (non è un caso cheanche in Cina, dall’inizio del secolo scorso,la medicina moderna abbia scalzato la me-dicina tradizionale; basti osservare comel’agopuntura sia per lo più ridotta oggia funzioni anestetiche e analgesiche sia inoccidente che in oriente o, nella miglioredelle ipotesi, sia comunque utilizzata all’in-terno di un quadro di patologie scientifi-

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tecnica

che). In questo quadro è chiara l’indispen-sabilità del modello codificato (la diagnosidell’addome e/o il percorso dei meridiani)e la subordinazione della percezione sog-gettiva dei soggetti in gioco (chiamiamolipersone) all’oggettività dello schema.È facile riconoscere l’operatore diquesto tipo, sia perché cerca e trovasicurezza nella “teoria/modelli/schemi ”sia perché opera le scelte attraverso ilragionamento; opera prevalentementeattraverso la dimensione razionale alpunto che si sforza di inquadrare ancheciò che razionale non è, le sensazioni, inun modello razionale (il punto è vuotoperché…, la causa del disturbo è…, ecc.)e non si fida delle sensazioni se il quadroche costruisce non soddisfa la sua dimen-sione razionale-conoscitiva.

Il “manovale del pollice”

Non è un caso che il termine manovale

abbia assunto nella nostra società unvalore dispregiativo; la supremazia dellaragione sull’istinto, della mente sul corpo,della teoria sulla pratica, dell’intelligenzasulla percezione, del costruito sul naturale,ecc. è il frutto di oltre due secoli di mec-canicismo scientifico. L’uomo, grazie al suocervello superiore, domina la natura e lapiega alle sue esigenze; la professione in-tellettuale è superiore all’attività manuale;la diagnosi è superiore all’intervento ope-rativo, al trattamento; quindi la diagnosi lafa solo il medico e la massima aspirazionedelle professioni sanitarie subordinate (fi-sioterapista, infermiere, ecc.) è di ottenereun ambito di autonomia diagnostica, quindila dignità di professionista intellettuale inquanto “superiore” (e i medici si oppon-gono perché vorrebbe dire perdere lasupremazia).In questo quadro anche l’operatoreshiatsu di tipo intellettuale “vuol fare ladiagnosi” per acquisire dignità e credibilità

 A 

B

CD

2 AB

2 AC 

2 AD

coppie di collegamento tra i luoghi

della zona indicata

Tavola n° 2

fig.1 fig. 2 fig. 3

Nelle 3 figure sotto, tecniche di doppia pressione con l’utilizzo dei due palmi.

Questo vuol dire cercare la profondità di un punto anche cercandola lungo un

 percorso?

Doppia pressione vuol dire cercare la natura: in alta montagna o in pianura

la pressione è diversa. Ho sempre cercato di far coincidere il mio lavoro con

la natura.

 Doppia pressione perché ogni punto ha bisogno di una pressione diversa?

Monti; mari: atmosfera diversa. La mia sensazione però era vaga.

Le mani allora devono lavorare da sole?

Sì, bisogna cercare la differenza di atmosfera: montagna, collina, lago o mare,

dove si trova la profondità?

Tratto da “Shiatsu Do 23”: intervista a Yuji Yahiro.

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(mimetizzandola furbamente con terminiquali “analisi energetica” o simili) e cerca ilproprio punto di forza e di sicurezza nelleteorie e nell’analisi razionale.La figura professionaledell’operatore shiatsu co-me “manovale del pollice”invece identifica la propriaforza e trae la propria sicu-rezza nella e dalla manuali-tà, nella propria capacità diusare le mani per entrarein relazione profonda, tra-mite la pressione, con lapersona trattata.Si fida della propria percezione comemezzo per entrare in comunicazione conla vitalità della persona con cui lavora enon sente il bisogno di inquadrare “per forza” le sue sensazioni in un modellocodificato. Non sceglie di analizzare dal-l’esterno la persona trattata e di decidererazionalmente quale trattamento operare,ma cerca di “entrare nel fenomeno uke” pergenerare un nuovo fenomeno che nasce

dal gioco di stimolo-risposta tra chi premee chi è premuto e diventa nuova vitalità;e cosa, se non questo fa “funzionare” loshiatsu?

Non si tratta di affermarel’importanza dell’igno-ranza, ma la supremaziadell’esperienza percettivasulla padronanza nozio-nistica; per esprimerebrutalmente il concetto,insomma, funziona di piùlo shiatsu di uno che “satutto ma non sente nulla” oquello di uno che “non ca-

pisce nulla ma ha le mani d’oro”? Gli utenti,l’esperienza insegna, lasciano il primo di-soccupato e fanno la fila dal secondo.

Il manovale del pollice è l’operatore chesi incontra con la vitalità di uke non inter-pretando razionalmente i segni e gestendodall’esterno il processo di guarigione mache, come riporta il Nei Ching Ling Shu(riferito all’agopuntore ma…) ... “la sua

mano si dirige da sola verso i ‘luoghi’ del corpo ove, nell’incrociarsi dei soffi, si radica-no gli Spiriti. Abile e sicura, questa mano èabbandonata all’ispirazione degli Spiriti chedimorano in lui”.Se interpretiamo “Spiriti” come l’espres-sione della Vita (in senso lato, ma anchenel senso più immediato della vitalità, larisposta vitale che sentiamo abitualmentesotto i nostri pollici) abbiamo che:a. la mano (o le mani) si dirige da sola,

abile e sicura, abbandonata all’ispirazio-ne…;

b. gli Spiriti che dimorano in lui (nel-l’operatore) ispira il movimento versoil luogo del corpo ove si radicano gliSpiriti (della persona trattata). La vita (ovitalità) di tori cerca e incontra la vita(vitalità) di uke;

c. ...nell’incrociarsi dei soffi… in un feno-meno dinamico in continua evoluzione.

La formula semplice, quasi uno slogan,che uso spesso per definire questo tipodi operatore shiatsu è “la mente è vuota, lemani vanno da sole... e le cose succedono”.

La formazionenello shiatsu ha ildifficile compitodi ristrutturare lanostra scala di

valori

fig. 4 fig. 5 fig. 6

Doppia pressione con l’utilizzo di avambraccio e palmo.

Doppia pressione con l’utilizzo di un pollice e un palmo.

fig. 7 fig. 8 fig. 9

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tecnica

Controllo razionale e/o percezione:

una questione di fiducia

Ovviamente ciascuno di noi usa nellapratica quotidiana sia la dimensione razio-nale (dovrebbe essere lobotomizzato perpoterlo evitare), sia le percezioni che gliarrivano attraverso le pressioni (dovrebbeessere monco per poterlo evitare).La discriminante nasce nell’affidamento,nella fiducia che l’operatore prevalente-mente ripone nell’una e nell’altra dimen-sione, ma a quale dimensione si appoggiaquando i sensi e la ragione entrano inconflitto?Un conflitto che negli ultimi 200 anni si èrisolto a favore della ragione; se il nostroocchio ci dice che la terra è piatta e latesta ci informa che invece è rotonda, sela nostra percezione ci comunica che laterra è ferma al centro del movimentodel sole e la dimensione razionale ci in-duce a pensare che è il contrario, a cosacrediamo?Tutta la nostra educazione è stata finaliz-zata a riporre fiducia nelle certezze razio-nali, a credere alla mente; anche nella pra-tica dello shiatsu cerchiamo di costruirecertezze razionali e, contro ogni evidenzaesperienziale, cerchiamo di controllarerazionalmente (faccio la diagnosi e scelgocosa fare) l’operatività delle nostre mani.La formazione nello shiatsu ha il difficile(ma entusiasmante compito) compito diristrutturare la nostra scala di valori; ilprocesso di formazione deve ricostruirela fiducia nei sensi e riportare al primo

posto, tra i fattori di guida delle sceltee sicurezza nell’operare, la fiducia nellepercezioni che i nostri pollici ci trasferi-scono.Solo l’operatore che “sente” (che harieducato la percezione tattile profon-da) e che si fida di quel che sente (silascia guidare dagli input scaturiti dallarisposta vitale di uke), può operare con-sapevolmente per generare l’incontrotra vita e vita checostituisce l’essenzadello shiatsu.In altre parole è il“manovale del pollice”che produce unarelazione shiatsuqualificata ed effica-ce; il “professionistaintellettuale” chepretende di control-lare razionalmente(tramite la diagnosi- che sia occidentale/materiale oorientale/energeticapoco cambia - e le scelte razionali con-seguenti) la relazione profonda con lavitalità di uke, in realtà ci riesce malgra-do la sua formazione; cioè la sua praticaassidua lo porta a sviluppare comunquela percezione della risposta vitale e co-munque a una relazione qualificata conla persona trattata, trascinandosi dietrola zavorra della “supremazia della raziona-lità” che lo ostacola perennemente nelsuo sforzo di comunicazione “da vita avita” con uke.

La doppia pressione

e il manovale del pollice

Il lavoro di ricerca del collegamentoche “fa passare il dolore”, della pressione“ giusta” cioè più efficace, del punto cherisponde alla pressione e dialoga con ilpollice nato negli anni ’70 nel “ gruppodi Yuji” e sviluppato da tutti i gruppi, le

associazioni, le scuoleche utilizzano la doppiapressione è sicuramen-te stata la fucina da cuiè nata la nuova culturadello shiatsu che haprodotto la diffusionedella nostra disciplinae la sua penetrazionein tutti i settori so-ciali, compreso quellosanitario.Il gusto di giocare conle sensazioni, l’emozio-ne di sentire il puntoche cambia, la sensazio-

ne della pressione su “a” che si trasmet-te in “b”, la passione della ricerca degliechi e delle risonanze, la gioia dell’evo-luzione mia e di uke che non obbediscealle mie priorità ma si svolge secondouna “intelligenza profonda” che trascendel’intelligenza dei soggetti coinvolti…Tutto questo ha prodotto da un la-to la doppia pressione, dall’altro unagenerazione di operatori abituati allaricerca e capaci di relazionarsi con “ciòche succede” (il fenomeno), non con

fig.10 fig.11 fig.12

Sopra, sequenza di immagini di doppia pressione con l’utilizzo di palmo e gomito.

È solo la percezione dellarisposta vitale sul punto e

sui punti premuti che può

condurre il praticante a

lasciare i riferimenti noti e“sicuri” per una relazione

con la persona trattata chesi basi sullo scambio di

“sensazioni”.

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“ciò che dovrebbe succedere” (la teoria).Una intera generazione di praticanti (laprima) si è accostata allo shiatsu perché“incontrava sensazioni indescrivibili con leparole” ma che “facevano stare bene”; lafamosa comunicazione non verbale cheliberava le percezioni soggettive e la re-lazione dalla gabbia stretta delle parole,dei concetti, dei ragionamenti, dell’ordinerazionale, ha ceduto negli anni seguential fascino della spiegazione scientificae/o della spiegazione mediante modellicodificati (dalla M.T.C. o da altre cultureorientali oppure occidentali alternative- bioenergetica, macrobiotica, ayurvedica,antroposofica, ecc.). E la gioia (e l’efficacia)del punto trovato, del cambiamento per-

cepito, della risonanza scoperta e coltivataha ceduto il campo al bisogno di sicurezzadell’operatore cercata nell’ordine dellateoria formalizzata e al bisogno di appari-re credibile, di rassicurare, l’establishment,le istituzioni, i media, gli operatori sanitari,gli stessi utenti benpensanti. La doppiapressione, al di là delle possibili codifi-cazioni di kata e di mappe, ci induce, ciporta, ci obbliga a riportare l’attenzionesulla risposta vitale di uke, a ricostruire lafiducia nella nostra percezione, a ritrovaresicurezza nel cosiddetto “tatto profondo”,la sensazione che la vitalità di uke tra-smette al nostro palmo, pollice, gomitonel portare le pressioni shiatsu. E ci ob-bliga a ridimensionare la credibilità delleteorie, la fiducia su un controllo razionalesu fenomeni e su processi che di razionalehanno ben poco, visto che “la vita è un mi-stero”; se il tao fosse conoscibile/spiegabilenon sarebbe il tao.

Cosa succede nella pratica

della doppia pressione

Ricorda Vatrini: non era però un mododi trattare standardizzato, ma un modo di

sbloccare, spostare, sciogliere per cambiareuna situazione… In pratica succede che nel lavoro su uke,incontrando un punto “alterato”, come sidiceva allora, un punto “rilevante”, un pun-to che risponde, vivace, il praticante nonsi accontentava di premerlo direttamentema, mantenendo un pollice sul puntoo zona identificato come importante,andava con l’altra mano a cercare col-legamenti, “risposte”, “risonanze” su altrezone/punti; prima cercando attorno (miricordo che si diceva che nelle vicinanzedi un pieno si poteva sempre trovare unvuoto e viceversa), o lungo i percorsi,o ancora cercando senza schemi fissi eincontrando le risposte, le risonanze inzone imprevedibili.Questo ha creato tre tipi di fenomeni:1. che le mani si sono trovate a portar

pressioni su due punti distinti in ma-niera autonoma, cioè cercando una in-dipendentemente dall’altra la rispostasul singolo punto, quindi la profondità,l’intensità giusta per creare la comuni-cazione con uke nel punto premuto;registrando anche il cambiamento eseguendolo, modificando la pressioneper restare costantemente in contattocon la risposta vitale.

2. che la ricerca della giusta pressione suidue singoli punti “autonomi” era peròfinalizzata alla ricerca del collegamentotra i due punti perché la pressione sulpunto x (“ giusta” in quanto adeguata araggiungere la risposta vitale sul puntox) era finalizzata a produrre un cam-biamento sul punto y. Anche il punto ydoveva essere premuto al “ giusto” livel-lo per poter coadiuvare al cambiamen-to e registrarlo. È molto più semplicefarlo che descriverlo (ovviamente adun adeguato livello evolutivo). Sem-plicemente quando il praticante haassimilato i principi di una pressionecorretta ed inizia a percepire le rispo-ste sui punti, trovato un punto note-vole (per una risposta particolarmentevivace o inerte, o comunque rilevanteo curiosa), lo mantiene in pressione e

POSIZIONE SEIZA

È la posizione di base, utilizzata come

posizione iniziale o posizione di riposo

(figg. a e b). Le gambe sono piegate,

parallele tra loro e appoggiate al suolo

lungo la linea ginocchio- stinco- dorso del 

piede-dita-unghie (fig. c). Cosce e glutei 

poggiano su polpacci e piedi. I talloni 

sono leggermente divaricati in modo da

accogliere e circondare i glutei (fig. d).

Le ginocchia possono essere chiuse (a

contatto l’una con l’altra - fig. e) o aperte

(fig. f); in genere, per ottenere una buona

stabilità, si adotta una posizione con

una apertura delle ginocchia uguale alla

larghezza del bacino o delle spalle.

La colonna vertebrale è distesa (allungata

senza forzature); la posizione è eretta, la

fronte alta e il mento chiuso (fig. b).

a

bc

d e f

fig.13

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tecnica

sulla necessità del punto y senza chele due pressioni interferiscano; in altreparole, tori deve portare il peso senzaabbandonarlo su uke, tipo “ercolinosempreinpiedi”, quel pupazzo di plasticagonfiata che, avendo i pallini di piomboalla base (baricentro basso), da qualsiasiposizione ritrova sempre il proprioassetto.

b. creare così la condizione per cui lospostamento di una mano o la variazio-ne della pressione su un punto non in-terferisca con l’altra pressione che nondeve perdere la propria ottimizzazione.In altre parole lo spostamento del pesoportato su una mano non deve riper-cuotersi sull’altra mano.

Tale caratteristica tecnica, un vero e pro-prio imperativo senza il quale non esistedoppia pressione, si ripercuote sulle po-sizioni: è impossibile portare una doppiapressione come descritta sopra in posi-zione che non sia samurai (un ginocchioappoggiato e un ginocchio sollevato). Omeglio, è impossibile portare una doppiapressione corretta se non in samurai a

meno che non si sia costruito un livelloevoluto di uso della pancia.Resta il fatto che qualsiasi forma o pra-tica che addestri alla doppia pressione“deve” utilizzare prevalentemente, senon solamente, la posizione samurai(detta anche dell’arciere).Solo dopo molta pratica e una notevo-le evoluzione personale, sarà possibileall’operatore in formazione utilizzare ladoppia pressione in altre posizioni.Nella doppia pressione si possono uti-lizzare le seguenti modalità rispetto aglistrumenti operativi:a. doppia pressione utilizzando i due palmi.

figg. 1, 2, 3 pag. 48b. doppia pressione utilizzando un palmo

e un pollice figg. 4, 5, 6 pag. 49c. doppia pressione utilizzando due pollici

figg. 14, 15, 16, 17, 18, 19 pag. 52 e 53d. doppia pressione utilizzando un palmo

e un avambraccio figg. 7, 8, 9 pag. 49e. doppia pressione utilizzando due avam-

bracci fig. 20 pag. 52f . doppia pressione utilizzando un palmo

e un gomito figg. 10, 11, 12, 13 pag. 50e 51

g. doppia pressione utilizzando due gomi-ti fig. 21 pag. 52.

Come risulta evidente dalle immagini nelletecniche a, b, c, la posizione privilegiatasarà “samurai” (vedi pag. 54); nelle tecniched, e, f, e g, la posizione “samurai” è pra-ticamente impossibile da adottare perchéle braccia piegate rendono indispensabileuna posizione più bassa e pertanto le po-sizioni adottate sono “seiza” (vedi pag. 51)

con l’altra mano cerca, premendo, unarisonanza.

3. essendo tutto ciò giocato su collega-menti reciproci: prima la mano destratrova un punto x curioso e cerca larisonanza trovandola in y; se il puntox si normalizza o comunque esauriscela sua capacità di cambiamento, possolasciare il punto x e, mantenendo la ma-no sinistra sul punto y trovato, spostarela mano destra alla ricerca di un nuovopunto z che risuoni con y e così di se-guito. In pratica salta la differenziazionetra mano madre e mano figlia perchénella ricerca ambedue le mani, a turnosvolgono la funzione di madre o di figlia,o meglio ancora, nella ricerca dei colle-gamenti la funzione stessa scompare.

Ovviamente muta profondamente ancheil modo di “portare il peso” in quanto lanecessità di gestire le due pressioni in ma-niera autonoma, impone una centraturadel peso che consenta al praticante di:a. portare il peso sulla mano destra cali-

brato alla necessità del punto x e por-tare sulla mano sinistra il peso calibrato

fig.14 fig.15 fig.16

Dalla figura 14 alla 19, tecniche di doppia pressione con l’utilizzo dei due pollici.

fig. 20 fig. 21

Doppia pressione due avambracci Doppia pressione due gomiti

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possibilità per il praticante ben addestratoed evoluto di giocare su collegamenti e ri-sonanze per potenziare l’effetto delle duepressioni combinate.Se il pollice destro coglie un punto cherisponde e il pollice sinistro va a cercare etrova un punto collegato (un collegamentoreale, cioè realmente percepito “qui e ora”,non secondo le mappe), valutato sulla basedella risonanza, eco, effetto che la manopercepisce, al semplice effetto direttodella risposta alla pressione sul punto sisomma l’effetto dello stimolo a distanza,della interazione che esiste tra tutti i puntidel corpo e che sono più o meno attivi“qui e ora”.Diventa un lavoro “tridimensionale”, chetrova e valorizza tutte le risonanze cheuke è in condizione di esprimere; un ap-passionante gioco di pressioni e risposteche rimbalzano e si concatenano in unasorta di reazione a catena, di coro a piùvoci, di balletto vitale che stimolato eassecondato da mani sapienti e capaci diascolto, valorizza a pieno le risorse vitalidella persona trattata.

La formazione alla

doppia pressione

Può sembrare una tecnica difficile e ineffetti richiede un impegno particolare; èimpossibile da imparare attraverso un pro-cesso razionale, è semplice da acquisireattraverso l’esperienza, la pratica ripetitiva,come del resto tutte le cose “difficilissime”che tutti imparano con facilità.

e “seiza puntato” (vedi pag. 53).Risulterà ovvio che nella ricerca delle riso-nanze si tenderà a usare prevalentementele tecniche di pollice, stante la maggiorsensibilità del polpastrello del pollice.

Le tecniche di pressionedei tre stili

Per maggior chiarezza riportiamo alcuneimmagini in cui palmo e pollici sono uti-lizzati in modo diverso, cioè senza doppiapressione nelle modalità tipiche dello stileNamikoshi e dello stile Masunaga.Con i pollici sovrapposti: figg. 22, 23, 24,25 a pag. 54.Con una mano che tiene e l’altra che pre-me: figg. 26, 27, 28, 29 a pag. 55.

Il 3° stile: “la doppia pressione”,

naturale, efficace, ovvia

“….se abbiamo 2 mani e sappiamo che ipunti premuti, se ben scelti, dialogano tra loro,è un irragionevole spreco di energie non utiliz- zare una tecnica di doppia pressione…” ancora da “Musashi”“Sotto un certo aspetto, era la cosa più sem-plice del mondo. Si nasce con due mani - ènaturale usarle entrambe.L’uso d’ambo le braccia in duello era la vianormale, la via umana: soltanto l’usanza, inve-terata nel corso dei secoli, aveva fatto sì checiò apparisse anormale.Il tamburino è conscio della destra, conscio

della sinistra, ma al contempo inconsapevoledi entrambe. Due bacchette, un unico suono.  Adesso, d’un tratto, quella scelta istintiva  gli apparve naturale, razionale, addiritturainevitabile.”

L’uso delle due mani che premono au-tonomamente, nelle modalità spiegatesopra, costituisce sicuramente la tecnicapiù efficace perché permette di cercare larisposta vitale in due punti (con i pollici e igomiti) o zone (con i palmi e gli avambrac-ci) adattando la pressione al bisogno e alcambiamento dei punti di contatto. E giàquesto costituisce un vantaggio rispettoalla pressione su un punto solo sia chenasca dalla sovrapposizione dei pollici, siadall’utilizzo dell’altra mano per tenere oper coprire.Ma la marcia in più decisiva nasce dalla

POSIZIONE SEIZA PUNTATO

Come la posizione "seiza" con i piedi puntati, cioè appoggiati a terra solo sulledita (flg. j); le dita sono piegate in avanti (appoggiano la parte carnosa e sonopiegate a 90° rispetto l'asse del piede,fig. k).

 j

k

fig.17 fig.18 fig.19

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iquadernid

ella

tecnica

POSIZIONE SAMURAI

È la posizione più usata nello shiatsu, stabilee dinamica, solida e attiva (figg. q, r e s).Consente una gestione evoluta del peso.Una gamba è piegata a 90° con il ginocchio e il piede appoggiato al suolo;l’asse ginocchio-anca-colonna-testa èverticale.

Il piede può essere appoggiato al suolocon la superficie dorso del piede-dita-unghie (posizione più rilassata come inseiza, fig. t), poggiare sulle dita piegate(posizione più vigile e dinamica, come inseiza puntato (fig. u).L'altra gamba è sollevata, con il piede cheappoggia sulla pianta, il ginocchio piegato

a 90° e la coscia parallela al suolo.Coscia della gamba sollevata e gambaappoggiata al suolo sono parallele.I punti d’appoggio (ginocchio e piede) sono su linee parallele più o menodiscoste (figg. v e w).In altre situazioni il piede appoggiato sullapianta e il ginocchio e le dita appoggiate

dell’altra gamba possono disegnare untriangolo (fig. x).Sono variazioni sul tema che consentonodi conferire alla posizione samurai condizioni di maggior stabilità o agilitàche la rendono adatta a gestire il peso inogni condizione di lavoro.La posizione base (ed è anche la piùusata) vede le due gambe allineate sudue direttrici parallele ad una distanzapari all’apertura del bacino o delle spalle(fig. y).

q

r

s

t

u

v w x y

automatismo, quando “facciamo bene senzapensare, a mente vuota”.Imparare a andare in bicicletta è, in teo-ria, una cosa difficilissima; per mantenerel’equilibrio è necessario ad ogni pedalatabilanciare la spinta inclinando con preci-sione millimetrica il mezzo in direzione

opposta e ad ogni curva è necessario chela forza centrifuga e la gravità creino unarisultante che vada a cadere esattamentenello spessore del copertone. Se voles-simo controllare razionalmente un giroin bicicletta ci abbatteremmo al suolo oci schianteremmo contro un palo dopo

Tutte le immagini riportate sono tratte

da tre videocassette che riproducono

fedelmente i 4 kata formativi.

fig. 22

fig. 23

fig. 24

fig. 25

Quando impariamo a camminare, ad anda-re in bicicletta, a nuotare, a guidare l’auto-mobile ricorriamo ad un metodo sempliceed efficace: provare, provare e provare... equando abbiamo acquisito le prime abilità,praticare, praticare, praticare... fino allacompleta padronanza segnata dal totale

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pochi metri. Eppure qualsiasi persona,bambino o adulto che sia, impara in pocheore a stare in equilibrio sul mezzo e conqualche centinaio di ore di pratica diventadisinvolto, istaura l’automatismo.Per questo la codificazione di un percorsoformativo per acquisire la tecnica più diffi-cile e più efficace non poteva che passareda una codificazione di kata progressivi.È il modo più semplice di acquisire abilitàe padronanza: provare ad eseguire untrattamento codificato (kata) e ripeterlofino all’automatismo costruendo un mododiverso di fare e di essere; sul nuovo livelloraggiunto un nuovo kata, strutturato ap-positamente, andrà a proporci una praticaidonea a costruire nuove abilità e nuovepadronanze, e così via.

Un kata può riuscire a contenere

un principio?

Se il kata viene dalla ricerca, se

è un vero kata, e non “moda”,

se è nato dal sudore, allora per

forza contiene un principio. Ma

pochi kata sono così. In nome

del metodo, a volte si creano dei

kata inutili. Per questo codificare

un kata è molto difficile: bisogna

sudare sangue.

Tratto da “Shiatsu Do 23”: intervista a

Yuji Yahiro.

La codificazione, essenziale e collaudata, dikata progressivi efficaci nel costruire, livel-lo per livello, la padronanza evoluta delladoppia pressione ha preso vita in questiultimi vent’anni ad opera dell’AccademiaItaliana Shiatsu Do.Si è trattato di un lavoro che ha coinvoltoun centinaio di istruttori e circa ventimilapraticanti e che ha prodotto, anno dopoanno, la formalizzazione di 4 kata progres-sivi (un quinto è in fase di prima codifica-zione dopo un lavoro di circa 5 anni).Sono:I kata: Hoko no Kata è preparatorio alladoppia pressione, finalizzato a costruireuna pressione semplice portata con il

peso e la perpendicolarità più elementare,quella secondo la linea di gravità.II kata:Tai ju no kata introduce alla doppiapressione, consolidando la pressione por-tata con il peso e utilizzando perpendico-larità più complesse con l’uso contempo-raneo di due palmi e/o due pollici.III kata: Ryo atsu no kata, kata della dop-pia pressione forma alla doppia pressionecon l’utilizzo prevalente dei pollici e dellaposizione samurai.IV kata: Hiji no kata, utilizza il gomito inposizioni basse, rafforzando la centraturasu tandem e costruendo la doppia pres-sione in seiza.Riportiamo alcune immagini che ripro-ducono alcuni momenti dei quattro kataformativi (vedi pag. 56, figure 30, 31,32).

Modelli e mappe

Abbiamo sopra affermato che lo stile delladoppia pressione è nato dalla rottura deglischemi imposti dagli stili esistenti negli an-ni ’70 e dal gusto di ricerca di sensazioni,risposte, risonanze che il libero movimen-to dei pollici e un adeguato sviluppo della

percezione ha generato.La libera ricerca ha presto riconosciutocome limitate e limitanti gli schemi basatisulla sequenza di punti di Namikoshi, esui meridiani di Masunaga (e del restosia Namikoshi che Masunaga sviluppandoil loro stile avevano sentito inadeguati ipreesistenti meridiani della M.T.C.).Non è una volontà di svalutare o disprez-zare i modelli preesistenti, per i quali nonpossiamo non ringraziare i ricercatori anti-chi e moderni che ce li hanno lasciati qualepreziosa eredità, ma ogni pratica originaletende inevitabilmente a costruire modellinuovi adeguati e coerenti alle caratteristi-che della pratica stessa.Se all’agopuntore interessano i punti incui infiggere l’ago, è chiaro che tenderà atracciare una linea retta tra punto e puntoperché quel tratto non interessa; diversa-mente usando i pollici (o i gomiti comefa Masunaga) lungo un percorso, il tragittodel percorso sarà importante in ogni trat-to e nascono meridiani senza zig-zag (co-me in agopuntura), ma fluenti e con curvedolci. Allo stesso modo, se Namikoshipreme solo sui punti a pollici sovrapposti,

fig. 26 fig. 27

fig. 28 fig. 29

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iquadernid

ella

tecnica

DEFINIZIONE

Modello culturaledi riferimento:

Modello operativo diriferimento:

 Tecnica di pressione:

Condizione delle zone trattate:

Modalità di pressione:

NamikoshiSTILE DI POLLICI SOVRAPPOSTI

modello strutturale-ortopedico scientificooccidentale

codificazione di una mappa basata sulladefinizione originale di una serie di puntianatomo-fisiologici (scelti, sembra,prevalentemente per la loro efficacia stantela corrispondenza con inserzioni muscolari,innervazioni, gangli linfatici, ecc.)

pressioni a pollici sovrapposti (pochepressioni a pollice unico)

corpo e arto in posizione naturale, rilassato

pressioni ripetute più volte sullo stessopunto prima di passare ad altro punto

il modello che gli serve è costituito da unasequenza di punti e il tracciato sottostantetende a scomparire.Una tecnica di ricerca che usa la doppiapressione nella ricerca di risonanze inpunti/zone distanti con le due mani tende-rà a costruire ed utilizzare mappe di zonemesse in relazione a coppie (o in alcuni casizone con relazioni più complesse, con dueo più zone alternative o incrociate, ecc.).Le mappe pubblicate sul n° 19 e di cuiriproduciamo qualche tavola (tavola 1 apag. 45 e tav. 2 a pag. 48), sono una primaelaborazione di schemi che nascono da unlavoro a due mani autonome.Pensiamo che lo sviluppo e la diffusionedello stile della doppia pressione darà, neltempo, vita a mappe e sequenze che, pren-

dendo origine da questo tipo di pratica, laalimenteranno fornendo ai praticanti unatraccia autorevole (autorevole perché svi-luppata dal lavoro e dalla ricerca di migliaiadi praticanti e sedimentata nei decenni)che potrà guidarli nei primi passi (anzi neisecondi, perché i primi saranno guidati daikata).Mi auguro che la pratica di questo stile,bello ed efficace, porti negli anni futuri nu-merosi praticanti a scoprire il gusto dellaricerca delle risposte e delle risonanze (èpiù divertente che giocare a flipper e creauna unione profonda con la vitalità del-l’altro) che uke ci trasmette se sappiamoascoltare e ci accostiamo con attenzione erispetto alla grandezza della vita che vibrasotto i nostri pollici. 9

fig. 30 fig. 31 fig. 32

Tornando alle pressioni, per analo-

 gia: nella doppia pressione si usano

le mani separate…

È il modo di vedere il corpo che fa

la differenza nello stile. Il pensiero

vitale del maestro Namikoshi era

centrato sullo tsubo. Masunaga in-

vece puntava sui meridiani. Questo

è il punto cruciale che determina la

differenza tra i due metodi: conside-

rare il punto d’entrata il punto vita-

le, o il meridiano. Secondo me sono

giuste entrambe le considerazioni.

Come dire che per me vanno bene

sia gli spaghetti che le lasagne.

Tratto da “Shiatsu Do 23”: intervista a

Yuji Yahiro.

MasunagaSTILE DELLA MANO MADRE E DELLA MANO FIGLIA

modello energetico orientale con mediazionifisiologico-anatomico moderne

codificazione di una mappa basata sullariscrittura originale di percorsi energetici

pressioni portate su un punto/zona con nocche,gomito o ginocchio mentre la mano madre“tiene” una zona del corpo o dell’arto trattato

corpo e arti in stiramento

pressioni portate una volta sola su ogni punto,ripetute lungo il percorso energetico

3° stileSTILE DELLA DOPPIA PRESSIONE

uso integrato di modelli diversi privilegian-do: M.T.C./Taoista/Complessità

codificazione di nuove mappe di zone epunti risonanti

pressioni “autonome” su 2 punti o zone conpalmi, pollici e gomiti nelle varie combi-nazioni

sia in posizioni naturali che in posizioni distiramento

pressioni contemporanee su due punti/zonedi durata variabile secondo il ritmo più effi-cace e la risposta vitale percepita


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