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1 Gianpiero Lo Bello WIE EIN NATURLAUT Un contributo di analisi storica e strumentale sulle composizioni di GUSTAV MAHLER Conservatorio Statale di Musica “Niccolò Paganini” – Genova Corso di Storia ed Estetica della Musica I – Docente Prof. Roberto IOVINO Biennio di II Livello – Anno Accademico 2004/2005

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Un contributo di analisi storica e strumentale sulle composizioni di Gustav Mahler

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Gianpiero Lo Bello

WIE EIN NATURLAUT

Un contributo di analisi storica e strumentale

sulle composizioni di

GUSTAV MAHLER

Conservatorio Statale di Musica “Niccolò Paganini” – Genova Corso di Storia ed Estetica della Musica I – Docente Prof. Roberto IOVINO

Biennio di II Livello – Anno Accademico 2004/2005

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INDICE

VORSPIEL TARDO – ROMANTICO MA NON TROPPO 2

ERSTE ABTHEILUNG VALUTAZIONI STILISTICHE GENERALI 8

ZWEITE ABTHEILUNG MAHLER E LA SEZIONE DELLE TROMBE 11

DREITE ABTHEILUNG CONSIDERAZIONI GENERALI CONCLUSIVE SULLA SEZIONE DEGLI OTTONI 15

BIBLIOGRAFIA 17 APPENDICE I – TAVOLA SINOTTICA DELLE INDICAZIONI IN PARTITURA PER LA SEZIONE DELLE TROMBE NELLE SINFONIE E IN ALCUNI LIEDER

APPENDICE II – UNA CURIOSITA’…

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VORSPIEL

TARDO – ROMANTICO MA NON TROPPO

Esaminare la musica di Gustav Mahler non è facile, o quanto meno non lo sembra al primo impatto.

Affermazione ovvia, ma motivata. Infatti, la monumentalità delle strutture, il gigantismo dell’orchestrazione, la complessità degli sviluppi di temi all’apparenza banali – solo per citare tre aspetti, quelli più evidenti – hanno fatto in modo che molte persone (musicisti, melomani, semplici appassionati, ma anche critici competenti), in epoche diverse, formulassero un giudizio affrettato e poco obiettivo sulle composizioni del Grande Boemo.

Tra queste persone poco avvedute e scarsamente lungimiranti c’era anche il sottoscritto.

Per tanto, troppo tempo, ho dovuto imperdonabilmente fare i conti con i pregiudizi legati ai tanti clichè ed alle effimere etichette che Mahler si è visto appiccicare addosso di controvoglia, sia in vita che (specialmente) dopo la sua morte; fra tutte, spicca la definizione di tardo – romantico.

Sarebbe fin troppo ovvio dire che un tale appellativo provenga da una discendenza storica ed evolutiva dai tre compositori tedeschi che i primi biografi di Mahler (Guido Adler, Richard Spechi e Paul Stefan) evidenziano come suoi fondamentali ispiratori: Johann Sebastian Bach, Ludwig Van Beethoven e Richard Wagner.

Nel suo libro Le Sinfonie di Mahler (edito da Biblioteca Marsilio, Padova nel 1998), Paolo Petazzi fuga ogni dubbio in proposito già dalle prime righe:

Prolissità, monumentalità eclettica degna degli edifici del Ring a

Vienna, incoerenza stilistica, mescolanza, abuso di vocaboli stereotipati, “banali”, sono le critiche che Mahler si sentì rivolgere per gran parte della sua attività, cui peraltro non mancarono sostenitori illustri e successi. […] per qualche decennio le storie della musica poterono liquidare Mahler in poche righe come “tardoromantico”, un aggettivo perfettamente insensato se riferito a compositori come Mahler e Strauss, che al momento del loro simultaneo affacciarsi sulla

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scena musicale, nel 1889, rappresentarono agli occhi dei contemporanei la musica nuova1.

Quirino Principe, nel suo esaustivo saggio, suggerisce che quella

specie di “albero genealogico” teutonico, a cui si accennava poc’anzi, appare, ad un’analisi approfondita, come

[…]una linea ereditaria quanto meno oscura. […] vedremo che

Beethoven, Bach, Mahler e Wagner non sono le quattro cuspidi di un duomo, ma quattro vertici di un possibile perimetro. Rendiamo giustizia all’opera paziente di Spechi, Stefan e Adler, se ne seguiamo l’intenzione primaria e dichiarata: collocare Mahler in quel territorio, entro quel perimetro.2

Se si considera che Spechi e Stefan scrissero le loro biografie

quando Mahler era ancora in vita, cioè rispettivamente nel 1905 e nel 1910, e Adler nei cinque anni immediatamente successivi alla sua morte (dall’’11 al ’16), si può ben comprendere che gli equivoci sul musicista boemo iniziarono molto presto.

Secondo la cronologia suggerita dallo stesso Principe, alla fase biografica seguì quella prettamente analitica, con i saggi di Ernst Otto Nodnagel, Erein Ratz, Egon Wellesz, ma soprattutto Paul Bekker. Questi, in particolare, identifica tre gruppi di musicisti legati alla produzione sinfonica mahleriana.

Un primo gruppo, formato dai cosiddetti “romantici medio – tedeschi” Mendelssohn, Schumann, Brahms e da tutti quelli che scrivevano “alla loro maniera”, è da Bekker screditato in quanto

[…]l’immagine dell’opera sinfonica come opera monumentale

è da essi rimpicciolita, raggentilita, interiorizzata verso un intimismo non propriamente sinfonico.3

Il secondo gruppo, capeggiato da Franz Liszt e comprendente i

musicisti a programma, sono invece tacciati di eccessiva enfatizzazione, ai limiti del parossismo didascalico.

Nella querelle filosofica tra questi due gruppi, a detta di Bekker, nel corso dell’Ottocento nacque e si affermò un terzo, quello dei

1 Op cit., p.IX 2 Quirino Principe, “Mahler – La musica tra Eros e Thanatos” – Tascabili Bompiani, Milano 2003, pp. 22 e segg. 3 Quirino Principe, op.cit., p.25

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sinfonisti austriaci, nel quale Schubert è il caposcuola e Bruckner l’esponente più portentoso. Qui, l’eredità beethoveniana è raccolta da un punto di vista intensivo, secondo il quale umanità, natura, etica e razionalità sono gli ideali centrali.

I saggi agiografici costituiscono la terza fase: opere che

sembrano scritte da discepoli di un nuovo Messia, più che da narratori ravveduti e coscienti, pertanto poco attendibili.

Vanno poi citati i testi che affiancano una visione panoramica

ed analitica della musica di Mahler ad una sua biografia introduttiva; in questo caso, le “accuse” di Principe sono di neutralità, sommarietà ed eccessiva visione umanistica.

Infine, sono poi stati scritti libri che fondono biografia e letture dell’opera, come quelli di Kurt Blaukopf e Marc Vignal: dignitosi esempi di materiale sintetico e più o meno esaustivo, sebbene non privo di lacune inevitabili.

Come si può notare, ad una complessità innata della musica di

Gustav Mahler corrisponde una complessità forse superiore delle fonti alle quali attingere per poter effettuare un ascolto critico e motivato.

Già, l’ascolto… finora si è parlato solo di libri, senza fare il benchè minimo accenno alle impressioni uditive che una sinfonia di Mahler è in grado di suscitare, e con grande forza e potenza.

Da questo punto di vista, può essere utile tracciare alcune linee della mia storia personale, e del mio approccio a Mahler.

Mi trovo oggi a scrivere di e su Mahler per scelta, poiché

l’argomento che mi appresto a trattare – le metodologie di scrittura della sezione delle Trombe nelle sue composizioni – mi sembrava un territorio piuttosto interessante dal punto di vista estetico ed analitico, e poco “battuto”, quantomeno nei testi che ho avuto modo di consultare, i quali, giustamente, hanno altri argomenti (forse più profondi, forse no) da analizzare.

Come detto in precedenza, anch’io sono rimasto invischiato nella ragnatela di pregiudizi che da sempre hanno condizionato la vita e l’eredità artistica del Boemo. Oggi, all’alba dei trent’anni e dopo le esperienze musicali accumulate, non provo vergogna nell’affermare che ho ascoltato per la prima volta il Primo Movimento della Quinta Sinfonia quasi esclusivamente per la curiosità di capire se i passi delle Trombe fossero realmente quei babau dipinti dai miei

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colleghi trombettisti, nel momento in cui mi sono avvicinato ad un repertorio nettamente diverso da quello che avevo suonato fino ad allora; sto parlando di circa sei anni fa, mentre preparavo l’Esame di Diploma: dopo aver sempre e soltanto suonato nella banda della mia città e in una big band che scimmiottava Glenn Miller e Count Basie, mi avvicinavo allo strumento con un occhio un po’ più critico, entrando a piccoli passi in un mondo in cui tutto sembrava di marmo.

Quegli squilli, così laceranti e drammatici, che preludono ad una Marcia Funebre che possiede forti connotati stilistici ed emotivi propri della musica popolare boema, si presentano in tutta la loro tragica bellezza con problematiche di duplice e ben distinta natura: una estrinseca ed una intrinseca.

Lo strato superficiale (estrinseco) è rappresentato dalle difficoltà tecniche: le note scritte vanno suonate, e vanno suonate nel migliore

dei modi, per rispetto di colui che ha messo quelle note sulla carta.

A maggior ragione, proprio in virtù di questa forma di rispetto, va considerata la difficoltà intrinseca di quel passo, come di tutti gli altri passi orchestrali che qualunque trombettista si trova ad affrontare nella sua carriera, difficoltà che dà origine a svariate domande; le prime due (forse le più importanti) che mi vengono in mente sono: perché il compositore ha scritto quelle note? Che cosa voleva esprimere, con quelle note?

Purtroppo, però, sembra che quest’ultimo aspetto venga imperdonabilmente troppo spesso

dimenticato, negli ultimi tempi. Alle audizioni e ai concorsi per i posti nelle orchestre, Mahler è

tra i compositori più gettonati, per quanto riguarda i passi d’orchestra, e i nomignoli si sprecano: “la Quinta”, “la Terza”, “la Settima”, e via di questo passo, quasi come se quei diminutivi – vezzeggiativi aiutassero a sdrammatizzare la tensione dell’attesa di entrare a sostenere la propria prova.

Ma perché fermarsi allo strato superficiale delle cose? Perché non affrontare quei passi con una coscienza (storica, musicale, filologica ed estetica) che permetta, con tutta probabilità, di suonarli

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meglio e con meno fatica, o più semplicemente di ascoltarli in maniera diversa, forse più critica?

Questo lavoro si propone come umile punto di partenza per il processo di acquisizione di questa coscienza, che potrà essere utile sia ai trombettisti che a coloro che si vorranno avvicinare alla musica di Mahler attraverso una chiave di lettura piuttosto particolare, ma che riveste un’enorme importanza nella sua stessa economia.

Nulla mi vieta, però, di farlo in futuro.

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ERSTE ABTHEILUNG

VALUTAZIONI STILISTICHE GENERALI

Innanzitutto, si può dire, senz’ombra di dubbio, che il

compositore boemo, durante la composizione, predilige le sorprese laceranti all’omogeneità stilistica. Già a partire dalle sue prime opere (vale a dire i Lieder che precedono la Prima Sinfonia: Das Klagende Lied ed il ciclo intitolato Lieder eines Fahrenden Gesellen, e la revisione dell’opera Die Drei Pintos, lasciata incompleta da Carl Maria Von Weber), questo aspetto è palese: le atmosfere cambiano sempre repentinamente, e come in una sorta di viaggio virtuale, folle e lucido allo stesso tempo, è possibile passare da un paesaggio ad un altro nel giro di pochissime battute, e nello stesso breve lasso di tempo può capitare che grandi masse sonore lasciano il posto a situazioni cameristiche raffinate ed intimistiche e viceversa. Anche i mezzi tecnici utilizzati concorrono ad ottenere ciò, a cominciare – per esempio – dalle modulazioni ai toni lontani4: d’altronde – e mi scuso se cito una frase inflazionata, tratta da una lettera del giugno 1895 – per Mahler

“[…] sinfonia significa costruire un mondo con tutti i mezzi tecnici

a disposizione” Se a questo stato mentale di base aggiungiamo la sua propria

consapevolezza di vivere in un’epoca di crisi umana, sociale e culturale, e che questa crisi riguardava anche l’ambiente musicale europeo, il quale attraversava un periodo di svolta, quantomeno di involuzione, o per meglio dire un’epoca in cui tutte le certezze precedenti hanno perso i loro caratteri di dogmaticità, si può facilmente comprendere che Mahler, con le proprie origini geografiche e sociali, gli studi fatti, gli ambienti frequentati e le persone incontrate e conosciute, probabilmente non avrebbe potuto scrivere diversamente da come ha fatto.

Lungi da me il voler fare della facile retorica, sia ben chiaro. 4 Non è un caso che Schönberg, il compositore che, durante il secondo decennio del ‘900, diede una decisa spinta innovatrice al corso della storia della musica, dedicò il suo Manuale di Armonia alla memoria di Gustav Mahler: il debito culturale ed artistico verso quest’ultimo è notevole e determinante, specialmente dal punto di vista della rottura delle regole dell’armonia classica.

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Tra l’altro, questo modo di comporre così variegato e diversificato ha l’effetto, spiccatamente drammatico, di rendere con grande forza due importanti aspetti della sua filosofia (di vita, ancor prima che musicale): il contrasto tra amore e morte e la descrizione della natura. La compenetrazione di queste due tematiche, unita alla vastissima gamma di mezzi tecnici utilizzabili, ha reso possibile la dilatazione delle strutture classiche, come la sinfonia ed il Lied, al quale peraltro Mahler tanto si ispira: quello che un episodio musicale afferma prima viene smentito dalla sua perfetta negazione dopo, per cui il compositore necessita di tempo e spazio (acusticamente parlando) per poter spiegare che, secondo una visione che oggi definiremmo taoistica, affermazione e negazione sono le due facce della stessa medaglia.

Come l’amore, massima espressione di vitalità, e la morte. La spazialità mahleriana sposa molto bene anche con la

seconda tematica, la descrizione della natura. Le partiture rimandano molto frequentemente – per non dire sempre – ad atmosfere en plein air, sia da un punto di vista generale che nello specifico: non va dimenticato che il primo intervallo che si ode, nel Primo Movimento della Prima Sinfonia, è una quarta discendente, solo per fare un esempio. Purtroppo, però, questa descrittività oggi tanto apprezzata ha fatto, in tempi non sospetti, la fortuna e la sfortuna (sebbene temporanea) del compositore boemo: essa, infatti, se da una parte gli ha aperto le enormi possibilità estetiche che sto umilmente lodando, stilistiche e strumentali, dall’altra ne ha determinato l’oblio, attraverso le facili ed assurde etichette di “didascalico”, “tardo – romantico”, “musicista a programma” e quant’altro.

Per concludere questo breve excursus sulle tematiche generali

che imperversano nelle composizioni di Mahler, va sottolineato un costante e cospicuo processo di apporti sonori di tipo etnomusicologico, nell’ambito della creazione musicale del compositore boemo.

L’uso di temi, motivi e musiche popolari della sua terra d’origine

risulta cruciale, benché questo utilizzo non assuma i connotati di requisito fondamentale ed estremo (come ad esempio avviene con Charles Ives, il quale ha in comune con Mahler la multidirezionalità stilistica), o quelli di recupero filologico, proteso alla riappropriazione nazionalistica, operato da Bela Bartòk; questa centralità è forte nelle

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Sinfonie (dove talvolta assume, per la verità, connotati ironici), ma diventa potentissima – ed in modo palese - nei Lieder.

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ZWEITE ABTHEILUNG

MAHLER E LA SEZIONE DELLE TROMBE

Dal punto di vista strettamente tecnico – musicale, Gustav

Mahler ereditò dai compositori tedeschi la maestria nell’orchestrazione e nella strumentazione dei temi col relativo accompagnamento. Da questa angolazione, non ha molto senso parlare di scrittura contrappuntistica, bensì di monodia accompagnata: i motivi popolari richiamati nelle Sinfonie e i Lied sono musicati secondo questa pratica, e tutta l’orchestra si muove, ora a piccoli passi, ora con estrema forza e violenza, in funzione della melodia principale.

Anche la sezione delle Trombe non si esime da quanto appena esposto, e a tal proposito vanno fatte alcune precisazioni di carattere prettamente strumentale.

In primis, Mahler scrive quasi sempre per strumenti tagliati in tonalità di Fa, molto più raramente per trombe in Si bemolle; si può presupporre che tale scelta sia dettata da esigenze tecniche e acustiche.

La Prima Sinfonia ha visto la luce nel 1888, cioè a quasi ottant’anni anni di distanza dall’introduzione della macchina nel Corno da parte di Stoelzel e Bluhmel5: questa innovazione, come è noto, ampliò a dismisura le possibilità musicali, espressive e di impiego, delle Trombe, le quali fino ad allora trovavano spazio soltanto nei ripieni orchestrali, sovente all’unisono con i Timpani. L’applicazione delle valvole rese infatti possibile, nel giro di pochi anni, l’assegnazione di parti tematiche prima inimmaginabili, dato che con gli strumenti naturali si potevano ottenere soltanto i suoni armonici appartenenti alla tonalità in cui erano tagliati.

Ad onor del vero, va detto innanzitutto che, già durante l’epoca barocca, la Tromba era stata utilizzata tematicamente (seguendo una discendenza musicale in linea retta con le acrobazie virtuosistiche del cornetto rinascimentale), ma questo utilizzo era limitato a contesti cameristici: l’ingrandimento degli organici – a cavallo tra la fine del Seicento ed i primi decenni dell’Ottocento – 5 Heinrich Stoelzel e Friedrich Bluhmel sono i due cornisti ai quali vennero riconosciuti i diritti del brevetto per l’utilizzo del nuovo strumento, un Waldhorn (corno avente il canneggio di curvatura ad ampio raggio) al quale erano applicate due valvole a tenuta d’aria. L’invenzione risale al 1813, mentre il brevetto è del 1818.

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coincise con l’”impigrimento” dei compositori nella scrittura per le Trombe; inoltre, dopo l’ondata di euforia iniziale susseguente al loro brevetto, l’utilizzo degli strumenti a macchina trovò, nel corso degli anni, numerosi detrattori: Hector Berlioz, nel suo Trattato di Strumentazione6 ed Alessandro Cardoni, ne Le promiscuità estetiche della Tromba e del Cornetto7, ad esempio, parlano di involgarimento del suono e di limitazione dell’estensione, rispetto alla purezza ed alle possibilità di registro della Tromba naturale.

Ulteriore precisazione necessaria: come indicato da Anthony Baines nel suo saggio Gli Ottoni8,

«[…] le taglie specificate su una partitura orchestrale sono poco

indicative dello strumento effettivamente usate»9. Ad ogni buon conto, alla fine dell’Ottocento, Mahler usò gli

ottoni più acuti in una maniera a prima vista “accademica”, ma funzionale. Prendendo spunto da decenni di radicata prassi strumentale, compositiva e di orchestrazione, egli è consapevole che lo strumento più diffuso tra gli esecutori, almeno in ambito orchestrale, è quello tagliato in Si bemolle a macchina, a partire almeno dagli anni Cinquanta del XIX secolo, dopo decenni di dominio degli strumenti in Fa, sempre con ritorti. Si trattava di strumenti a cilindri rotanti, e non a pistoni ad azione verticale, aventi la canna d’imboccatura piuttosto corta che entrava direttamente nel corpo macchina: questi strumenti, definiti oggi, con un po’ di nostalgia, “trombe tedesche”, univano l’ampia estensione legata alla taglia bassa, quindi alla maggior lunghezza del tubo (177 centimetri per la Tromba in Fa contro i 131 di quella in Si bemolle) alle ampie possibilità tecniche dei cilindri; inoltre, il loro caratteristico suono, per l’appunto, “tedesco”, era assicurato da un corretto

6 Ed. italiana: BMG Ricordi, Milano 1998 (E.R. 2921) 7 G. Ricordi & C., Milano 1914 8 Edizioni E.D.T., Torino 1991. 9 Op. cit., p.213.

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dimensionamento del canneggio (conico, con sezioni comprese tra 10,3 e 10,7 millimetri e conicità distribuita su una lunghezza di tubo relativamente limitata, accorgimento che favoriva l’agilità negli attacchi e nel fraseggio) e della campana.

Il passaggio di consegne tra gli strumenti in Fa e quelli in Si bemolle (e in Do) fu, ovviamente, graduale. Per diversi anni, si continuarono ad usare Trombe con i ritorti intercambiabili, come lasciano presupporre alcune partiture; ad esempio, la Prima Sinfonia in Do minore di Johannes Brahms (1876) reca le seguenti indicazioni:

I MOVIMENTO TROMBA IN DO II MOVIMENTO TROMBA IN MI III MOVIMENTO TROMBA IN SI III MOVIMENTO TROMBA IN DO

Ciononostante, qualche avveduto “nostalgico” continuò ad

usare la Tromba in Fa, e i risultati furono esaltanti: ascoltare il passo assegnato da Wagner a questo strumento nel preludio del Parsifal, per credere.

Notando che, nelle sue partiture, anche Mahler scrive per

strumenti in Fa ma anche, sebbene più raramente, in Si bemolle e Do, è ipotizzabile che intendesse “diplomaticamente” guardare al nuovo che avanzava senza perdere di vista la tradizione esecutiva. Nella Prima Sinfonia, ad esempio, scrive tutto in Fa, eccetto alcune parti della Terza Tromba, e nella Terza Sinfonia si osserva che il famoso “solo del corno da postiglione” del Terzo Movimento, che richiama le atmosfere del ciclo di Lied del Knaben Wunderhorn, è assegnato ad un “Flügelhorn in B”, letteralmente un flicorno soprano in Si bemolle. Per fare maggior chiarezza, in Appendice è riportato un elenco completo dell’assegnazione delle parti alle Trombe nelle Nove Sinfonie e in alcuni cicli di Lieder. Si tenga presente che, in numerosi punti, la I Tromba ha dei passi “a solo”, che molto spesso Mahler prescrive degli “unisono”, a due, tre e anche a quattro parti e che, a partire dalla Quinta Sinfonia, le Trombe sono scritte a coppie ed in tonalità diverse (I e II in Fa, III e IV in Si bemolle, o viceversa).

Come si nota dalle numerose ed eterogenee prescrizioni, la

sezione delle Trombe – e, per estensione, l’orchestra nella sua totalità – non si esime dai dettami filosofici e creativi di multidirezionalità stilistica descritti nel precedente capitolo. Da un punto di vista più

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strettamente strumentale, si può affermare che Mahler avesse in mente un certo tipo di suono, e che abbia tentato in tutti i modi di metterlo sulla carta nella maniera più fedele possibile; in tal senso, con tutta probabilità, le innovazioni tecnologiche apportate agli strumenti d’ottone durante tutto il XIX secolo diedero al musicista boemo un significativo e decisivo aiuto al raggiungimento del suo scopo musicale ed artistico, e a quanto pare proprio le Trombe in Fa ed in Si Bemolle, con le ritorte, sembravano essere i mezzi più indicato, in questo percorso che, come anticipato, doveva avere una doppia valenza di tradizione ed innovazione.

La tradizione. Il canneggio lungo della Tromba in Fa assicurava al registro

acuto preziosi requisiti di agilità e sicurezza, e le due valvole applicate vicino al bocchino (e non già dopo una prima curva del cannello d’imboccatura, come avviene negli strumenti moderni, diretti discendenti delle cornette dei brevetti franco – statunitensi di metà XIX secolo) davano un doppio vantaggio: la precisione negli attacchi ed una sonorità che manteneva la brillantezza tipica degli strumenti senza valvole.

L’innovazione. Lo strumento in Si bemolle, in linea assolutamente teorica, si

allontanava dalla consueta prassi esecutiva; inspiegabilmente, però, un numero sempre crescente di musicisti d’orchestra iniziò ad utilizzarla, nel modello a cilindri prima e in quello a pistoni verticali dopo: proprio questo modello si imporrà con l’andare del tempo, con alcune modifiche che riguardavano l’allargamento della sezione del canneggio, in modo tale che il suono mantenesse la medesima sonorità del modello a cilindri senza che il suono si rompesse e l’esecutore si sfiancasse. In un’epoca di incertezza e di sperimentazione strumentale, quindi, è lecito supporre che Mahler andasse salomonicamente incontro alle esigenze di coloro che avrebbero suonato le sue partiture senza peraltro dimenticare le sue.

Da un punto di vista più strettamente sonoro, si può infine

ipotizzare che lo strumento in Si bemolle, viste le modalità del suo impiego, venisse prescritto dal compositore boemo in quei momenti in cui desiderasse un spostamento del centro di attrazione tonale verso il basso: non va infatti dimenticato che, per la Tromba in Si bemolle, il registro medio ha una corposità che quella in Fa non ha, visto che gli

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armonici di quella zona di tessitura, più distanti tra loro, sono decisamente più sicuri e “facili” da ottenere.

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DREITE ABTHEILUNG

CONSIDERAZIONI GENERALI CONCLUSIVE SULLA SEZIONE DEGLI OTTONI

A conclusione di questo modesto contributo monografico,

fornire qualche indicazione di carattere assolutamente generale sull’uso specifico della sezione degli ottoni nelle musiche di Gustav Mahler sembra un atto quasi dovuto.

Affermazione apparentemente banale all’inizio, affermazione

apparentemente banale in conclusione. Per Trombe, Tromboni e Corni, suonare Mahler è DIFFICILE, e a questa difficoltà concorrono diversi fattori.

Innanzitutto, la tessitura. Le classi di strumenti suonano parti che molto spesso sono scritte ai limiti dell’estensione, e in questo il musicista boemo fu un geniale innovatore ed un accorto ma audace sperimentatore: le sonorità che aveva in mente erano del tutto inusuali, rispetto ai predecessori (ad egli più o meno correlati), i quali, fino ad allora, si erano sostanzialmente mantenuti nelle “direttive” dei trattati di strumentazione. Inoltre, anche coloro che vennero dopo Mahler difficilmente si spinsero in “regioni acustiche” così lontane dalla norma. Se proprio si vogliono trovare dei paralleli (in termini strumentali, non certo stilistici ed espressivi), si devono citare due illustri tedeschi, i quali però si dedicarono principalmente al teatro musicale: Richard Wagner e Richard Strauss.

Della sonorità ricercata si può dire, senza addentrarsi in gineprai musicologici e/o filosofici, che a Mahler interessasse la pienezza e la corposità in tutta la gamma dinamica, dai “più che pianissimo” ai “più che fortissimo” ed in tutti i registri degli strumenti d’ottone: la ragione può essere ricercata nel fatto che, con tutta probabilità, cercasse la materia sonora adatta a riempire i grandi spazi naturali che si aprivano durante la fase di composizione.

In termini di volontà espressiva, infine, nell’uso degli ottoni nei suoi lavori, è palpabile l’amarezza musicale mahleriana: l’equilibrio dell’epoca classica, dove tutto si muove con grande linearità e scorrevolezza, viene qui frantumata, e le lacerazioni a cui si

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accennava nei capitoli precedenti sono proprio il “sentimento della fine”, una costante, anzi, un elemento costitutivo dell’estetica mahleriana.

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BIBLIOGRAFIA

Oltre alle partiture delle Sinfonie e dei Lieder, reperibili in dignitosissima edizione economica da studio nel Catalogo della Dover Publications, le quali hanno costituito la principale fonte bibliografica di questo lavoro, sono stati consultati anche i testi qui sotto riportati.

ANTHONY BAINES, “GLI OTTONI”, EDIZIONE ITALIANA A CURA DI E.D.T., TORINO 1991.

ROBERTO IOVINO, “MUSICA E MUSICISTI NELLA STORIA DALLE

ORIGINI AI GIORNI NOSTRI”, FRATELLI FRILLI EDITORI, GENOVA, 2002. PAOLO PETAZZI, “LE SINFONIE DI MAHLER”, BIBLIOTECA MARSILIO,

PADOVA 1998. QUIRINO PRINCIPE, “MAHLER – LA MUSICA TRA EROS E

THANATOS”, TASCABILI BOMPIANI, MILANO 2003.

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APPENDICE I – TAVOLA SINOTTICA DELLE INDICAZIONI DI PARTITURA PER LA SEZIONE DELLE TROMBE NELLE SINFONIE E IN ALCUNI LIEDER

SINFONIA N°1 IN RE MAGGIORE (“TITAN”) – 1888 4 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA ANNOTAZIONI: LA TERZA TROMBA SUONA IN SI BEMOLLE NELLE MISURE DA 23 A 27 DEL I MOVIMENTO;

PRESCRITTO IL RADDOPPIO DELLA I PARTE NEI “FORTISSIMO” DEL IV MOVIMENTO.

SINFONIA N°2 IN DO MINORE (“RISURREZIONE”) – 1894 4 TROMBE IN FA, 4 O 6 TROMBE FUORI DAL PALCO IN FA. ANNOTAZIONI: RADDOPPIO DELLA PRIMA PARTE NEI “FORTISSIMO” DEL I MOVIMENTO; LE TROMBE

FUORI PALCO SUONANO SOLO NEL V MOVIMENTO, V E VI SI UNISCONO ALLE QUATTRO TROMBE IN ORCHESTRA.

SINFONIA N°3 IN RE MINORE – 1896 4 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA, FLÜGELHORN (IN ALCUNE EDIZIONI,

È INDICATO COME POSTHORN) IN SI BEMOLLE IN LONTANANZA. ANNOTAZIONI: IL FLÜGELHORN SUONA SOLO NEL III MOVIMENTO; LA IV TROMBA TACE NEL V

MOVIMENTO.

SINFONIA N°4 IN SOL MAGGIORE 3 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA ANNOTAZIONI: LA SEZIONE TACE FINO A MISURA 150 DEL I MOVIMENTO, LA III TROMBA SUONA SOLO

LE MISURE 155 E 156 DEL I MOVIMENTO; III MOVIMENTO: 3 TROMBE IN FA.

SINFONIA N°5 IN DO DIESIS MINORE – 1902 4 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA. ANNOTAZIONI: • LA IV TROMBA TACE NEL II MOVIMENTO/III PARTE; • LE TROMBE TACCIONO NEL IV MOVIMENTO/III PARTE, E MUTANO DA FA A SI BEMOLLE NEL V

MOVIMENTO/III PARTE (MISURE: 329; DA 368 A 371; DA 455 A 464 – SOLO III TROMBA – ; DA 471 A 478 – III E IV TROMBA – );

• DA MISURA 491 A 537 (PAUSE INCLUSE), PRIMA E SECONDA SUONANO IN FA, MENTRE TERZA E QUARTA SUONANO IN SI BEMOLLE: QUESTA DIVISIONE VIENE RIPROPOSTA ANCHE DA 564 A 580, POI MUTA IN FA PER TUTTE FINO ALLA FINE DELLA SINFONIA.

SINFONIA N°6 IN LA MINORE – 1903/1905 6 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA. ANNOTAZIONI: LA PARTITURA RIPORTA NUMERI QUADRETTATI CHE IDENTIFICANO GRUPPI DI MISURE,

COME SE MAHLER AVESSE INTESO SCRIVERE A BLOCCHI; LE PRESCRIZIONI DI TONALITÀ RISULTANO DIVERSIFICATE DA NUMERO A NUMERO, CON INCROCI SIMILI A QUELLI DELLA PARTE FINALE DELLA V SINFONIA. TUTTE E SEI LE TROMBE SONO PREVISTE SOLO NEL IV (ED ULTIMO) MOVIMENTO, ANCHE IN QUESTO CASO SPESSO INCROCIATE.

SINFONIA N°7 – 1905 3 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA ANNOTAZIONI: LA III TROMBA TACE NEL IV MOVIMENTO. SINFONIA N°8 (DEI MILLE) – 1906 4 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA ANNOTAZIONI: SONO PREVISTE 4 PARTI “IN LONTANANZA”, IN AGGIUNTA ALLE 4 INIZIALI, NEI NUMERI

91 E 92 DELLLA I PARTE E NEI NUMERI 218, 219 E 220 DELLA II PARTE SINFONIA N°9 IN RE MAGGIORE – 1908/1909 3 TROMBE IN FA ANNOTAZIONI: UN BREVE PASSO PER 2 TROMBE IN SI BEMOLLE ALL’INIZIO DEL III MOVIMENTO; LA III

TROMBA TACE NEL IV MOVIMENTO. LIEDER EINES FAHRENDEN GESELLEN – 1883/85

Page 21: WIE EIN NATURLAUT

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2 TROMBE IN FA. KINDERTOTENLIEDER – 1901/1905 NON SONO PREVISTE TROMBE. DES KNABEN WUNDERHORN – 1892/1899

1. DER SCHILDWACHE NACHTLIED – 2 TROMBE IN FA 2. VERLORNE MÜH’ – NO TROMBE 3. TROST IM UNGLÜCK – 2 TROMBE IN FA 4. WER HAT DIESE LIEDEL ERDACHT – TACET 5. DAS IRDISCHE LEBEN – 1 TROMBA IN FA 6. REVELGE – 3 TROMBE IN SI BEMOLLE /FA 7. DES ANTONIUS VON PADUA FISCHPREDIKT - NO TROMBE 8. RHEIN LEGENDCHEN - NO TROMBE 9. LIED DES VERFOLGTEN IM TURM – 2 TROMBE IN FA 10. WO DIE SCHÖNEN TROMPETEN BLASEN – 2 TROMBE IN FA 11. LOB DES HOHEN VERSTANDES – 1 TROMBA IN SI BEMOLLE/FA 12. DER TAMBOOR’S G’SELL – NO TROMBE

DAS LIED VON ERDE – 1908/1911 1. DAS TRINKLIED VON JAMMER VON ERDE – 3 TROMBE IN FA 2. DER EINSAME IN HERBST – NO TROMBE 3. VON DER JUGEND – 1 TROMBA IN SI BEMOLLE 4. VON DER SCHÖNHEIT – 2 TROMBE IN SI BEMOLLE/FA 5. DER TRUNKENE IM FRÜHLING – 1 TROMBA IN SI BEMOLLE/FA 6. DER ABSCHEIDT – NO TROMBE

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APPENDICE II – UNA CURIOSITA’…

COMPOSIZIONE NUMERI DI

BATTUTE

SINFONIA N°1 IN RE MAGGIORE ("TITAN")

I MOVIMENTO 450

II MOVIMENTO 358

III MOVIMENTO 168

IV MOVIMENTO 731

SINFONIA N°2 IN DO MINORE ("RESURREZIONE)

I MOVIMENTO 445

II MOVIMENTO 299

III MOVIMENTO 581

IV MOVIMENTO 764

SINFONIA N°3 IN RE MINORE

I MOVIMENTO 869

II MOVIMENTO 279

III MOVIMENTO 591

IV MOVIMENTO 137

V MOVIMENTO 118

VI MOVIMENTO 331

SINFONIA N°4 IN SOL MAGGIORE

I MOVIMENTO 349

II MOVIMENTO 364

III MOVIMENTO 354

IV MOVIMENTO 184

SINFONIA N°5 IN DO# MINORE

I MOVIMENTO 415

II MOVIMENTO 576

III MOVIMENTO 820

IV MOVIMENTO 103

V MOVIMENTO 781

SINFONIA N°6 IN LA MINORE

I MOVIMENTO 476

II MOVIMENTO 437

III MOVIMENTO 200

IV MOVIMENTO 818

SINFONIA N°7

I MOVIMENTO 547

II MOVIMENTO 343

III MOVIMENTO 504

Page 23: WIE EIN NATURLAUT

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IV MOVIMENTO 390

V MOVIMENTO 530

SINFONIA N°8

i PARTE 576

II PARTE 1512

SINFONIA N°9

I MOVIMENTO 454

II MOVIMENTO 621

III MOVIMENTO 667

IV MOVIMENTO 185

DES KNABEN WUNDERHORN

1. Der Schildwache Nachtlied 107

2. Verlorne Müh’ 112

3. Trost im Unglück 102

4. Wer Hat Diese Liedel Erdacht 97

5. Das Irdische Leben 136

6. Revelge 171

7. Des Antonius Von Padua Fischpredikt 137

8. Rhein Legendchen 120

9. Lied des Verfolgten im Turm 110

10. Wo die Schönen Trompeten Blasen 192

11. Lob des Hohen Verstandes 129

12. Der Tamboor’s G’sell 171

DAS LIED VON ERDE

1. Das Trinklied von Jammer von Erde 405

2. Der Einsame in Herbst 154

3. Von der Jugend 118

4. Von der Schönheit 144

5. Der Trunkene im Frühling 89

6. Der Abscheidt 572