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U T O P I A L'Europa diventerà quello che in realtà è, cioè un piccolo promontorio del continente asiatico? (continua alle pagine 10 e 11) (a pagina 2) pag. 4 pag. 6 pagg. 789 (continua nell'ultima pagina)

Utopia Giugno 2012

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"Il cambiamento parte da qui"

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Page 1: Utopia Giugno 2012

U T O P I A“L'Europa diventerà quello che in realtà è, cioè un piccolo promontorio del continente asiatico?”

Giugno 201 2 Università di Catania

Pietro Figuera

(continua alle pagine 10 e 11)

Pietro Figuera

In principio, vi era l'europeismo. L'europeismo delle idee,

quello di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Jean Monnet.

Poi vi fu quello delle prime istituzioni concrete, di

Schuman, Adenauer e De Gasperi. Personaggi del calibro

di Kohl, Mitterrand e Delors hanno completato l'opera

unificatrice. A dispetto di ogni previsione, hanno costruito

le fondamenta di un'Europa libera, pacifica e solidale, per

la prima volta nella storia. Oggi queste fondamenta non

sono più solide come un tempo, sembrano vacillare. A

corroderle, l'egoismo degli Stati, ormai incapaci di una

visione collettiva degli interessi dell'Unione, e

l'euroscetticismo già dilagante dell'opinione pubblica,

conseguente all'impoverimento dovuto alla crisi. Ogni

giorno che passa le istituzioni comunitarie perdono

credibilità, e dunque legittimità, a causa di quegli Stati

che un tempo le avevano fortemente volute ma oggi, nel

momento di maggior difficoltà, le puntano il dito contro in

un affannosa quanto disperata ricerca di consenso

dell'opinione pubblica ormai disillusa. Così,

improvvisamente, le responsabilità e gli errori anche ben

individuabili degli Stati nazionali passano in secondo

piano, in favore di una visione più comoda, quella del

"mostro" europeo che sembra quasi aver creato l'attuale

crisi economica. Se c'è una responsabilità delle istituzioni

europee, è quella di aver sottovalutato l'odierno fenomeno

e quindi di non averne preventivato i rimedi: è

sconcertante lo spettacolo degli organi esautorati dagli

Stati e inevitabili spettatori del proprio declino, mentre gli

Stati, i veri attori della politica, si azzuffano in un

desolante incrocio di veti. L'Europa ha perso forse

definitivamente quel senso d'infallibilità e di superiorità

che nonostante tutto era riuscita a mantenere anche in

seguito al disfacimento degli imperi coloniali. Oggi, dopo

solo dieci anni di sperimentazione dell'euro, il più

ambizioso progetto monetario del secolo, l'Europa rischia

di scomparire dallo scenario globale, inghiottita dalle sue

stesse divisioni e inettitudini. Con la crisi che avanza,

l'euro non viene più ritenuto un argine sufficiente per la

sicurezza delle economie nazionali, soprattutto per quelle

in difficoltà.

Giorgia Musmeci

La crisi e i suicidi Tangentopoli 20

anni dopo

Speciale Festival di

Perugia

(a pagina 2)

pag. 4 pag. 6 pagg. 7­8­9

Le changement c'est

maintenant. Questo il leitmotiv

che ha accompagnato l'ascesa

del socialista Francois Hollande

all'eliseo, coronata con

l'insediamento alla presidenza

lo scorso 15 maggio; con la sua

aria da provinciale ed una

buona dose di umiltà, si

presenta come il presidente di

tutti, di una sola Francia, quella,

appunto, del Cambiamento.

Una nuova geografia politica.

E' questo il quadro italiano

dopo le elezioni

amministrative di maggio, che

hanno rivoluzionato i rapporti

di forza tra i maggiori partiti e

non solo. Le città chiave della

competizione sono state

Palermo, Genova e Parma, ma

le elezioni di Verona e

dell'Aquila non sono state

meno rilevanti.

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(continua nell'ultima pagina)

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Una nuova geografia politica. E' questo il quadro italiano

dopo le elezioni amministrative di maggio, che hanno

rivoluzionato i rapporti di forza tra i maggiori partiti e non

solo. Le città chiave della competizione sono state

Palermo, Genova e Parma, ma le elezioni di Verona e

dell'Aquila non sono state meno rilevanti. I Comuni al

voto sono stati 1 009, di cui 28 capoluogo di provincia. Le

prime elezioni sotto il governo tecnico di Monti sono state

considerate dai partiti come un test di valenza nazionale,

nonostante in realtà rispecchiassero di più le dinamiche

politiche locali. La scelta di farle acquisire un valore

politico si è rivelato un boomerang per molti partiti che

hanno subito cocenti sconfitte sul piano elettorale. A

Genova vi è stata la netta affermazione di Marco Doria ai

danni degli antagonisti Enrico Mussi e Paolo Putti,

rispettivamente candidati del Terzo Polo e del Movimento

5 Stelle. Doria, docente universitario, è il rappresentante di

una vasta e compatta coalizione di centrosinistra (scaturita

dall'esito delle primarie) che ha saputo imporsi in una città

tradizionalmente progressista. Più complessa la situazione

di Palermo. Le contestatissime primarie avevano assegnato

a Ferrandelli il compito di guidare il centrosinistra, ma

l'IdV ha rotto ogni accordo candidando, non senza

polemiche, il già tre volte sindaco Leoluca Orlando. La

mossa è stata accompagnata da polemiche anche interne al

partito di Di Pietro: in particolare Sonia Alfano,

europarlamentare e uno dei massimi esponenti siciliani

dell'Idv, ha accusato Orlando e il partito di scarsa

trasparenza e opportunismo. Sul fronte politico opposto, le

candidature di Costa (Pdl) e Aricò (Mpa e Fli) hanno

provato a intercettare i consensi di centrodestra. Ma la

gestione rovinosa dell'ex sindaco Cammarata, insieme

all'imprevista e ingombrante candidatura di Orlando, ha

sicuramente contribuito a creare una situazione inaspettata

nella quale i candidati del centrodestra si sono fermati al

primo turno, lasciando la competizione ad un ballottaggio

tutto a sinistra, tra Ferrandelli e Orlando. Facile poi è stata

l'affermazione di quest'ultimo al secondo turno, forte della

maggiore esperienza e conoscenza di Palermo, oltre che di

un'indubbia fiducia dei suoi abitanti.

Ma è stata Parma l'emblema mediatico delle elezioni

amministrative 2012. In una città commissariata, teatro di

corruzione politica ed enormi debiti, hanno prevalso le

forze che i cittadini hanno considerato "alternative"

rispetto al vecchio sistema. Il risultato, contrario ad ogni

aspettativa, ha visto la vittoria al ballottaggio di Federico

Pizzarotti, esponente del M5S di Grillo, nei confronti di

Vincenzo Bernazzoli, sostenuto da Pd, Sel e Idv. La

vittoria è stata subito vista come il simbolo

dell'affermazione dei grillini sullo scenario politico

nazionale, anche se è rimasta un caso abbastanza isolato

(sono stati in totale 3 i comuni conquistati dal M5S).

Se vogliamo essere onesti, a differenza di buona parte della

stampa e dei commentatori italiani, dobbiamo ammettere

che non è facile interpretare i risultati di questa tornata

elettorale. In primo luogo, perchè trattandosi di elezioni

amministrative hanno mostrato più l'evoluzione di

complesse situazioni locali, che l'evoluzione del quadro

politico nazionale (si prenda come esempio Palermo). In

secondo luogo, perchè hanno evidenziato la straordinaria

frammentazione politica di un Paese che sembra aver

chiuso i conti definitivamente con il bipolarismo. Infine,

perchè sono falsati da una vastissima componente di

astensionismo, ormai in crescita esponenziale in Italia. In

un contesto di crisi economica avanzata e con un governo

tecnico che dopo i primi mesi di successi raccoglie sempre

meno l'approvazione degli italiani, neanche i partiti politici

riescono più a captare il consenso dei cittadini anche a

causa dei continui scandali che coinvolgono i loro

esponenti.

Nel campo del tradizionale centrodestra, il primo elemento

che balza agli occhi è il fortissimo ridimensionamento (ma

in alcuni casi addirittura quasi sparizione) subìto dal Pdl,

fino a non molto tempo fa il più grande partito italiano. La

Lega Nord, stravolta dagli scandali che hanno colpito la

famiglia Bossi, si è attestata su livelli molto inferiori alle

Pietro Figuera

Pietro Figuera

Page 3: Utopia Giugno 2012

sue aspettative e solo grazie alla vittoria di Tosi a Verona

(favorita tra l'altro dal suo distacco dalla famiglia bossiana)

ha evitato la completa debacle. Nel campo del

centrosinistra, i rapporti di forza sono più difficili da

decifrare in quanto spesso dipendono dall'esito delle

primarie, che intrecciano le esperienze di candidati e partiti

di diversa natura. In generale, però, si riscontra un

rafforzamento della "foto di Vasto" grazie alle coalizioni

vincenti che a livello locale hanno scelto una simile

composizione. L'effetto probabilmente sarà solo

provvisorio, a causa del continuo inasprimento della

tensione che corre fra l'Idv e il Pd. Quest'ultimo in merito

alle elezioni di maggio ha cantato vittoria, e guardando i

numeri non avrebbe tutti i torti, dato che già al primo turno

ha conquistato ben 92 comuni superiori (sui 45 di partenza

e sui 167 complessivi - la maggioranza quindi) a dispetto

di ogni previsione. La tenuta del centrosinistra, però, non

deve ingannare sul reale consenso che incontra nel Paese:

in molti casi, la scelta del Pd sembra rappresentare un

estremo "voto di fiducia" per il quale molti italiani sono

disposti a spendere le proprie residue aspettative nei

confronti della politica. Appena oltre, il buio,

l'astensionismo, l'antipolitica, il grillismo e tutti gli altri

estremismi.

Mai come oggi la responsabilità di non deludere i propri

elettori è stata così gravosa e al tempo stesso essenziale.

Prima lo capiscono, i partiti, meglio sarà per tutti.

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Dopo i ballottaggi di fine Maggio la giostra delle elezioni

comunali 2012 si ferma anche in Sicilia, arriva il momento

dei bilanci e ci si rende conto che si tratta della più atipica

tornata elettorale che la nostra generazione ricordi. A

differenza del panorama nazionale, dove il Movimento 5

Stelle si è reso protagonista di un clamoroso exploit, in

Sicilia potrebbero essere ricordate come le elezioni delle

grandi sconfitte e delle piccole vittorie. Nettamente in calo

l’affluenza alle urne come prevedibile, ma c’è un dato da

valutare con attenzione: queste amministrative infatti hanno

rappresentato il più grande “esodo dai partiti” degli ultimi

anni. Le migliaia di persone in fuga dai grandi partiti però

hanno una destinazione non scontata, infatti i numerosi

cittadini allontanatisi dai partiti di centro destra non si sono

avvicinate, come molti si aspettavano, ai partiti di centro

sinistra. Questo enorme gruppo di elettori sfiduciati sembra

essersi messo in standby in attesa di un’alternativa da loro

ritenuta reale e concreta.

Nei tre comuni capoluogo di provincia la tendenza è stata

quella del voto all’usato sicuro. Palermo infatti si affida a

Leoluca Orlando dell’ Italia dei valori (eletto sindaco del

capoluogo siciliano per la quarta volta) che esce così

vincitore da una rocambolesca candidatura che ha portato

l’ intero panorama del centro sinistra palermitano ad una

netta rottura. Agrigento invece viene “conquistata” da

Marco Zambuto (figlio di Lillo Zambuto, già sindaco di

Agrigento) cresciuto tra le fila della Democrazia Cristiana,

sostenuto in passato dai Democratici di Sinistra e da

UDEUR, passato nel 2008 alla corte di Berlusconi nel Pdl e

approdato nel 2010 all’Udc in vista delle poi vittoriose

elezioni. Trapani resta l’unica tra le città dell’ isola in mano

al Pdl, dopo il ballottaggio viene infatti eletto l’ex Generale

dei carabinieri Vito Damiano già noto alle cronache per

l’ interpellanza parlamentare presentata dall’ex senatore a

vita Francesco Cossiga che denunciava sospetti contatti tra

gli apparati di intelligence e la magistratura.

Nei paesi più piccoli ci sono però anche rari casi di

coerenza come San Cataldo dove il sindaco Francesco

Raimondi è salito grazie al sostegno di tutti i partiti di

centro sinistra. Ovviamente non possono mancare

situazioni come quella di Lipari dove il neo eletto sindaco

Marco Giorgianni è stato sostenuto (al di fuori dalle

immancabili liste civiche) dal Pd, dall’Udc ed anche da Fli.

La maggioranza dei piccoli comuni si affida così alle liste

civiche, annusando in anticipo la cattiva volontà popolare

nell’accostarsi ad un partito e cavalcando di fatto un’idea di

politica fatta di “facce” e non di programmi.

La giostra delle elezioni comunali per quest’anno si è

fermata, ci tocca scendere, qualcuno non è proprio voluto

salire, qualcun altro ha fatto un giro distratto. Come al

solito ci lascia un po’ scombussolati e con l’ impressione

che questo “luna park” deve ancora migliorare molto.

Giovanni Timpanaro

Page 4: Utopia Giugno 2012

Cristopher Gaziano

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Il 2012 verrà probabilmente ricordato come l'anno

dell'impennata dei suicidi per motivi economici, della

disperazione in piena crisi mondiale e delle accuse al

Presidente del Consiglio Monti per questa escalation di

morte e rassegnazione. Lungi dal voler sminuire la gravità

della situazione, prima di accodarci alle migliaia di "tweet"

e "post" che gridano via web la loro indignazione abbiamo

tuttavia preferito controllare i dati Istat sui suicidi per

motivi economici degli ultimi anni.

Dall'inizio dell'anno fino ad oggi, in Italia, 38 persone tra

lavoratori e imprenditori hanno deciso di togliersi la vita

per colpa degli effetti negativi che la crisi ha avuto sulle

loro aziende o imprese. Numeri che devono far riflettere sul

potere che il denaro ha sulle nostre azioni e sulla nostra

psiche, ma che raccontano una verità totalmente diversa da

quella che ripetono i sostenitori de "l'anno dei suicidi".

Tra i 1 98 suicidi "economici" del 2009 ed i 1 87 del 2010

(con picchi positivi proprio a Maggio per di più), appare

evidente che finora l'ammontare annuale corrisponde a

meno di un quarto, una tesi che si oppone a gran voce a

quella citata poco più su. Così come si oppongono i numeri

che ci segnalano un tasso di suicidi raddoppiato in

Germania e Finlandia, dove la situazione economica è

decisamente più stabile, e leggermente superiore all'Italia in

Grecia, dove la crisi faceva presupporre un'ecatombe in

nome di quel dio minore e senza scrupoli che è il denaro.

Non è che la pericolosa, drammatica crisi in cui ci troviamo

ci spinge a lottare per uscirne con una forza del tutto nuova

rispetto agli anni più agiati? L'Istat, i cui dati sono

sicuramente attendibili, ci fa propendere con decisione

verso questa ipotesi.

Altri dati, molto più preoccupanti, riguardano il tasso di

suicidi nelle carceri italiane, che tuttavia non trovano alcun

riscontro nelle testate giornalistiche, cartacee o online non

importa. Ben 66, nel 2011 , sono stati i suicidi dietro le

sbarre, più di 12 detenuti ogni 10.000. Numeri spaventosi,

in rapporto agli anni passati, che ne contano decine di meno

(46 nel 2008, 56 nel 2009) e che ci mostrano l'impennata

progressiva di questa tragedia. Le morti in carcere sono

sicuramente meno di quelle legate a motivi economici, ma

bisogna anche ricordare che, in proporzione alla quantità di

individui, i suicidi nelle carceri sono tanti, troppi per essere

ignorati. Forse si tende a dimenticare che anche i detenuti,

nonostante i loro errori, sono esseri umani che cercano di

ottenere una riabilitazione per tornare a far parte della

società civile? O forse sono tutti troppo impegnati ad

ingigantire la crisi causando così una mitizzazione delle

vittime senza accorgersi di aumentare, così, la possibilità

che altri lavoratori in difficoltà scelgano di emularli? La

disperazione, purtroppo, è contagiosa e non deve passare il

messaggio che farla finita è l'unica opportunità di uscire da

questa crisi. Speriamo che la gente colga il messaggio e la

smetta con quest'allarmismo dannoso che spesso è più

subdolo e pericoloso del silenzio mediatico.

Fonte: EURES

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Manuela Celano

Accade qualcosa di terribile la mattina del 19 Maggio 2012.

Accade che a Brindisi, all’ ingresso di una scuola che porta

il nome di Francesca Morvillo Falcone, a pochi giorni dal

ventennale della strage di Capaci, una violenta esplosione

uccide la sedicenne Melissa Bassi e ferisce gravemente

diverse sue coetanee. Tra lo sconcerto e l’orrore generale si

succedono le prime ipotesi, e col passare delle ore, la

suggestione che sulle prime aveva fatto pensare ad un

attentato di matrice mafiosa perde quota per lasciare il

posto a considerazioni diverse. In un clima diffuso di

complottismo e di tensione sociale, si fa subito strada l’ idea

di un atto dimostrativo di matrice terroristica, come afferma

da subito anche Giovanna Montanaro, sociologa e

collaboratrice del Procuratore nazionale antimafia Pietro

Grasso, che a proposito dell’attentato spiega: “mi fa

pensare alla strategia della tensione. Quando questo Paese

sta per imboccare una via di cambiamento accade sempre

qualcosa, ce lo insegna non solo la storia della mafia, ma la

storia dell’ Italia, basta pensare a Piazza Fontana.” Ma

“perché - riflette ancora Montanaro - correre tutti i rischi

connessi a un’azione così scellerata e clamorosa? Penso che

a essere coinvolta non sia solo la mafia locale. Ci sono

nuovi fermenti, i risultati delle amministrative,

un’atmosfera di cambiamento, soprattutto da parte dei

giovani. É come se si volesse dire ‘state fermi’ . Leggo una

firma di mafia non solo locale e forse con altri ingredienti.

Non sarebbe la prima volta nella nostra storia”.

La cronaca degli eventi continua a correre veloce, già tra le

24 e le 48 ore dopo l’accaduto gli inquirenti ipotizzano il

gesto isolato di una persona sola, ipotesi che mentre

scriviamo continua ad essere accreditata pur non venendo

esclusa la possibilità di un atto terroristico e l’ idea che

l’ iniziativa di un singolo possa essere animata da una

volontà stragista, senza l’ intenzione di colpire una persona

specifica.

Inevitabilmente l’episodio di Brindisi contribuisce ad

accrescere un senso di insicurezza e incertezza diffuso, a

poche settimane dall’aggressione subita da Alberto Musy e

a pochi giorni dall’attentato contro Roberto Adinolfi cui,

ricordiamo, seguì la rivendicazione della Fai (Federazione

Anarchica Informale) nel cui comunicato si legge tra l’altro

“Siamo dei folli amanti della libertà e mai rinunceremo alla

rivoluzione, alla distruzione completa dello stato e delle

sue violenze”. E, nonostante l’ invito a “non fare

allarmismo” lanciato dal ministro Cancellieri, è evidente il

senso di profonda sfiducia nelle istituzioni, un malcontento

generalizzato e contagioso, un’attesa di risposte da parte

dei cittadini che va colta e gestita dalla politica cui, dopo

l’esito delle ultime elezioni amministrative che ha

certificato una astensionismo in crescita, ai ballottaggi ha

votato il 51 ,4% degli aventi diritto e, dato non trascurabile,

l’exploit del M5S, si pone un problema di credibilità che

non può più essere rimandato. Perché è necessario che lo

Stato venga visto come il bene da difendere e non come il

nemico da combattere.

Intanto durante la finale di Coppa Italia i tifosi hanno

fischiato l’ inno nazionale e forse anche questo è un triste

segno dei tempi.

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Vuoi scrivere per noi? Hai consigli, idee o suggerimenti? Vuoi segnalarci qualcosa?Scrivi alla nostra redazione! [email protected] perso un numero precedente? Leggilo in PDF nel nostro sito web!http://uduct.altervista.org/blog/Per qualsiasi richiesta o informazione, non esitare a [email protected] [email protected]

Page 6: Utopia Giugno 2012

Gianluca Scerri

«Chi entra in politica, deve avere le mani pulite», diceva nel

1980 il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, in un

discorso ai giovani.

Anche per chi non ha vissuto, per questioni anagrafiche, gli

eventi del 1 992, il collegamento con quei fatti disdicevoli pare

oggi più che mai chiaro: la sfiducia verso la politica; la crescita

dell’astensione; l’attacco ai partiti e ai finanziamenti pubblici in

un sistema in cui questi non erano riusciti a fungere da

contraccettivo alla corruzione; la nascita di movimenti

spontanei di cittadini; ma soprattutto, il ruolo della magistratura

già da allora messo in dubbio, ammonita di “interpretazione

strumentale delle leggi” e di “funzionamento ad orologeria

politica”, con formule non lontane da quelle che possiamo

tutt’oggi riscontrare in alcuni degli interventi di Camera e

Senato.

Per i più però, “Tangentopoli” diventava quasi una lotta di

civiltà, in un Paese dove i cittadini sono sempre stati abituati ad

interessarsi poco a quello che succedeva loro intorno, questa

risulta essere una breve parentesi di orgoglio, che distrugge

quasi del tutto il sistema dei partiti vigente, per lasciare agli

italiani la possibilità di scegliere se cascare ancora una volta nel

baratro della politica fatta di molti spot e pochi contenuti. Lo

testimonia la telefonata dell’allora Pm di Milano, Antonio Di

Pietro, subito dopo che un’inimmaginabile rete di tangenti era

venuta fuori dal vaso di pandora scoperchiato con l’arresto

dell’ ingegner Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista

Italiano con l'ambizione di diventare sindaco di Milano, colto

in flagrante mentre intascava l’ennesima bustarella: “Avvocato,

riferisca al suo cliente che l’acqua minerale è finita” (con

riferimento a conti messi sotto sequestro in Svizzera,

denominati “Levissima” e Fiuggi” – Ndr). Il 1 7 febbraio del

1992, con l’arresto di Mario Chiesa, cominciava il caos. Il pool

avrebbe indagato più di 3000 persone, ottenuto più di 500

condanne, ed agevolato la guardia di finanza nell’accertamento

di reati fiscali legati a Tangentopoli per un importo di più di

3000 miliardi di lire, fino al 1997. Ma soprattutto, il 1 7 febbraio

1992 ebbe inizio lo sfaldamento del sistema dei partiti

conosciuto sino ad allora: una completa classe politica

eliminata dai processi; i partiti legittimati sino ad allora sono

stati proclamati illegittimi, ma cosa più importante, quelli

considerati illegittimi sino ad allora, hanno preso legittimità e

vigore. Ma i risvolti delle ultime settimane, l’ inappropriato uso

dei rimborsi elettorali per questi partiti che sembravano essere

rimasti fuori dalla bufera del 1992, sono presi a pretesto da colo

i quali hanno da sempre sostenuto le tesi della “chirurgia” delle

indagini di “Tangentopoli”, che hanno rimosso i partiti di

governo, forse con la copertura politica di altri partiti. Sono la

dimostrazione, per i suddetti, che la corruzione è esistita sin da

allora, e per tutti i partiti, e che le indagini si sono fermate alla

metà che era di maggior interesse, per coloro che indirizzavano

le indagini in maniera politica. Fosse vero o meno, ai fatti però

la politica seppe dare la sua risposta “conservatrice”, come nel

migliore dei meccanismi di autoprotezione. Forse anche a

seguito dei fatti che portarono a 43 suicidi, tra politici,

imprenditori o dirigenti di azienda che tra 1992 e il 1 994

furono raggiunti da un avviso di garanzia o citati sui quotidiani,

il cosiddetto “Colpo di Spugna”, un decreto legge varato il 5

Marzo 1993 dal governo, e proposto dall’allora Ministro della

Giustizia, Giovanni Conso, tentava di depenalizzare il

finanziamento illecito ai partiti, in maniera retroattiva. Ma

com’è tipico di quanto l’ informazione riesce a sfiorare la

coscienza delle persone, l’opinione pubblica si sollevò,

contribuendo in maniera determinante al rifiuto, per la prima

volta nella storia della Repubblica Italiana, da parte dell’allora

Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro di firmare il

decreto-legge, ritenendolo incostituzionale, ma soprattutto alla

caduta dell’allora “Governo Amato”, che aveva intravisto nei

risultati del referendum sul sistema elettorale, proposto dal

democristiano Mario Segni, un segno tangibile della sfiducia

nei confronti della politica di allora, ma soprattutto, del suo

governo. Altro primato per la storia d’Italia: venne formato il

primo governo tecnico, con a capo il governatore della Banca

d'Italia Carlo Azeglio Ciampi. Gli avvenimenti si susseguono.

Il parlamento accoglie come “onorevoli” sia i magistrati che

indagavano, che gli imprenditori che erano indagati. Il processo

si sposta quindi dentro i luoghi sacri della Democrazia, ma

nulla ha di così onorevole: indagini sulla magistratura, strategia

della prescrizione, fino ad arrivare al 2001 . Le elezioni

politiche del 2001 segnano una nuova vittoria di Silvio

Berlusconi. L'esito era forse figlio della nuova considerazione

che gli elettori avevano di Mani pulite, a distanza di dieci anni:

i PM, non avevano poi tutte le ragioni. La tesi della

persecuzione e della demonizzazione (quella in maniera

preponderante veicolata attraverso i mezzi di comunicazione in

questo periodo), prese il sopravvento non solo sull’opinione

pubblica, ma anche sui partiti che fino ad allora si erano fregiati

di essere “duri e puri”. Persino la Lega Nord, che aveva potuto

dichiarare Roma, “ladrona”, e dai fatti del 1 992 aveva visto

impennarsi il proprio consenso elettorale, cominciava a non

riuscire a sostenere ancora una Magistratura tanto determinata,

denunciandone l’abuso di utilizzo. Parallelamente, Di Pietro ha

saputo rappresentare quella percentuale crescente di elettori

che, sospettosi dell’ integrità morale dei loro rappresentanti,

seppur facenti capo ai partiti di sinistra, hanno preferito stare

dalla parte di un ex Pm agguerrito, che non aveva avuto paura

di dire le cose come stavano.

Il resto è storia. Nel 1992, e per pochi anni, i cittadini italiani

hanno saputo dimostrare agli altri, che tenevano al proprio

Paese, ma hanno soprattutto saputo dimostrare a se stessi che la

responsabilità e l’ indignazione possono davvero cambiare le

cose. Dopodiché, lo scatto di orgoglio ha subito una battuta

d’arresto insormontabile. Il motivo rimane nascosto nella

coscienza dei cittadini italiani. Ma l’ inevitabile considerazione

di oggi è che ”Tutto cambia affinché nulla cambi”.

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Dal 25 al 29 apri le si è tenuta la sesta edizione del Festival

Internazionale del Giornal ismo a Perugia. La nostra

redazione non ha voluto perdere quest'appuntamento: una

delegazione si è recata sul posto per assistere ed

intervenire ai numerosi eventi previsti . Abbiamo scelto di

dedicare due pagine a un breve racconto di

quest'esperienza. Un resoconto più esauriente degli incontri

a cui abbiamo partecipato e dei momenti che abbiamo

vissuto, lo trovate nella nostra pagina facebook:

http: //www.facebook.com/pages/Utopia/1 32655536811 241

Con lo stesso entusiasmo di chi si approccia a un mondo

nuovo partiamo alla volta di Perugia, per il Festival

Internazionale del Giornalismo. Festival giunto alla

settima edizione e che vede la presenza di speakers,

blogger, giornalisti e semplici cittadini e studenti che si

interrogano sul problema dell’ informazione e sul suo

rapporto con la democrazia alla luce (soprattutto) dell’era

2.0 e sul ruolo sempre più determinante dei social

network. Giornate dense di eventi con ospiti di grande

calibro. Così, alternando i vari momenti del Festival con

rilassanti passeggiate serali attraverso una Perugia

altamente suggestiva, accompagnati dalla simpatia e dalla

cordialità delle compagne dell’UDU (Unione degli

Universitari), prendiamo coscienza di un’esperienza

galvanizzante e formativa al tempo stesso. Primo giorno.

Teatro Pavone gremito per il confronto tra due noti

anchorman: Bruno Vespa ed Enrico Mentana. Filo della

discussione è il parallelismo tra Tangentopoli e oggi: la

corruzione dilagante nel paese, la crisi (trasversale) dei

partiti, la “forza” esterna al sistema che critica tutto e tutti

(prima era la Lega e oggi è rappresentata dal “fenomeno

Grillo”). Altrettanto partecipata l’ iniziativa su “Calcio e

potere”. Gianfranco Turano (l’Espresso) e Giorgio Meletti

(il Fatto Quotidiano) descrivono un quadro, quello del

mondo del calcio, dove si incontrano e scontrano interessi

imprenditoriali, politici e finanziari che il più delle volte

si muovono nel campo dell’ illegalità e della corruzione

(Calciopoli e Scommessopoli testimoniano tutto ciò).

Non poteva mancare il dibattito su spread, banche, debiti

e crisi finanziaria che affligge l’Europa, e sul ruolo che i

media hanno nel veicolare tali questioni al pubblico.

L’evento, trasmesso in diretta televisiva Sky ha visto

come ospiti Lucio Caracciolo, direttore della prestigiosa

rivista Limes e Giulio Tremonti. E’ doveroso (per lo

meno) approfondire questa tematica dato che il benessere

dei cittadini europei dipende ormai dalle scelte operate in

sede comunitaria. Serata sicuramente toccante quella

dedicata al “Sud che resiste”. Il documentario

(R)Esistenza, diretto da Francesco Cavaliere, racconta

storie di resistenza civile nel quartiere Scampia.

Resistenza estenuante, faticosa, laddove dominano

disoccupazione, degrado sociale e crimine organizzato.

Applausi e commozione in sala quando interviene Don

Aniello Manganiello, il prete anticamorra, punto di

riferimento per centinaia e centinaia di bambini, di madri,

di uomini, simbolo del riscatto individuale contro la

delinquenza e oggi trasferito a Roma per volere delle

autorità ecclesiastiche… Uno sguardo anche al

giornalismo televisivo. Come cambia la tv nell’era 2.0?

Di questo si è discusso con Andrea Vianello, Corrado

Formigli, Gianluigi Paragone e Luisella Costamagna.

Bisogna prendere atto di una tv che sta diventando

sempre più social: twitta in diretta, lancia i sondaggi in

rete e dalla rete è commentata in diretta. Serata "con il

botto", infine, al Teatro Morlacchi: Michele Santoro

lancia la sua candidatura a Direttore Generale della Rai e

spara a zero sui partiti, sui “tecnici”, sulla lottizzazione

della Rai, sulla crisi sociale che investe un paese che

sembra non avere più la speranza di un futuro migliore.

Esprime, quindi, l’esigenza di una tv libera da ogni

condizionamento esterno, da ogni forma di censura e che

possa raccontare le istanze reali dei cittadini e intercettare

i mutamenti politici e sociali che avvengono oggi.

Rientriamo da questa esperienza con la voglia di

continuare ad addentrarci sempre più in quel mondo

intricato che è il giornalismo. Rientriamo con il sorriso

sulle labbra per aver respirato l’atmosfera del Festival e

per aver conosciuto una città, quella di Perugia, con le

sue stradine tortuose, le mura medievali e le colline

tondeggianti, che sembra essere a misura di studente e di

cittadino.

a cura di Filippo Biondi

Page 9: Utopia Giugno 2012

Giovedì 26 Aprile. Il secondo giorno del Festival

Internazionale del Giornalismo ospita un dibattito dal titolo

"Prodotto Interno Mafia". I relatori, tra cui Serena Danna,

giornalista del Corriere della Sera e Federico Varese,

docente di Criminologia presso l'Università di Oxford,

espongono in maniera lucida le loro analisi su come le

organizzazioni criminali si sono infiltrate nel business

globale sfruttando le nuove tecnologie, inserendosi nei

giochi d'azzardo online per riciclare soldi sporchi e fatturare

miliardi di euro l'anno.

Presente all'iniziativa anche Giovanni Tizian, giornalista

della Gazzetta di Modena, originario della Locride, e figlio

di Giuseppe Tizian, assassinato dalla 'ndrangheta. Oggi

Giovanni vive sotto scorta per le minacce mafiose ricevute a

seguito delle sue inchieste sulle infiltrazioni dei Casalesi (e

non solo) nei tessuti economici e nei mercati protetti

(laddove cioè, mancano concorrenza, merito e legalità) del

Nord. Egli ricorda come di recente siano stati sciolti per

infiltrazioni mafiose i Consigli Comunali di Ventimiglia

(Liguria) e Leinì (Piemonte), proprio a testimoniare questa

dimensione globale della criminalità.

A margine dell'iniziativa, incontriamo Giovanni Tizian e

realizziamo una breve intervista che qui riportiamo.

- Come valuta il proliferare di centri commerciali a Catania

(che addirittura si avvicina ad una grande metropoli come

quella di New York): è un fenomeno legato al riciclaggio dei

capitali mafiosi?

- Il caso della Tenutella è finito nelle carte giudiziarie

dell'Inchiesta Iblis, dove vi si sono incrociati interessi

mafiosi e politici. Adesso il "Centro Sicilia" è stato aperto,

sembra che la mafia si sia allontanata da quel progetto ma

l'ombra persiste. Fa gola qualsiasi progetto, multisala o pala

eolica che sia, che propone soldi. E quindi dove ci sono

soldi è chiaro che la mafia sia interessata.

- Se dovesse dare dei consigli ai giovani che intendono fare

inchieste al Sud, quali direttive darebbe per chi voglia

capire certi intrecci politico-mafiosi?

- Ad esempio bisogna vedere le relazioni tra imprenditoria e

soggetti legati ai clan, e quindi rileggersi le vecchie carte

giudiziarie dove spesso si trova il presente.

- Come pensa si evolverà l'inchiesta Iblis che svela gli

intrecci fra mafia, imprenditoria e politica nella provincia

Etnea e che vede come maggiore indagato il governatore

della Sicilia Lombardo?

- L'inchiesta è lì a ricordarci che c'è una politica che molte

volte non è talmente forte da stare lontana non solo dal

compromesso reale, ma neanche dal sospetto. E quando c'è

il sospetto, a rimetterci è sempre la collettività.

Dagli occhi di Giovanni leggiamo quella mancanza di

leggerezza e di serenità di chi è costretto a vivere sotto

scorta e a fare i conti con una criminalità spietata. Ma è

proprio l'amore per la verità, per la giustizia e per il bene

comune che dà a questi scrittori e giornalisti il coraggio di

non arrendersi perchè "non puoi servire il bene pubblico

senza servire la verità". . .

9

Page 10: Utopia Giugno 2012

Giorgia Musmeci

1 0

(continua dalla prima pagina)

Ed il cambiamento "Monsieur normale", come ama

definirsi egli stesso in risposta alle critiche per mancanza di

carisma, lo conosce davvero bene. Dalle influenze di

estrema destra del padre (militante nell'OAS, movimento

per la colonizzazione dell'Algeria) alla sinistra, durante gli

anni di studi e di militanza nei sindacati, dalle posizioni

radicali ed estreme del comunismo all'ala più moderata

socialista di Mitterrand che lo porteranno a ricoprire il

ruolo di segretario nazionale del partito per ben 11 anni.

Presente da anni nella scena politica - tutti lo ricorderanno

alla scorsa tornata elettorale al fianco della ex compagna ed

ex candidata Segolene Royal (madre dei suoi 4 figli) - il

suo cursus honorem non comprende tuttavia nessuna carica

istituzionale al governo. Se per alcuni questo può dar adito

a critiche per inesperienza per altri è solo sinonimo di

cambiamento, quel cambiamento che la nuova ventata della

sinistra francese sta tentando di instaurare. Duro colpo per

la Germania che vede ora sostituirsi al vecchio Asse franco

tedesco Merkel-Sarkozy una nuova Francia che alla parola

austerità sostituisce mobilità e spesa; alla parola finanza il

riequilibrio fiscale ed alla parola conservatorismo, aborto e

matrimoni omosesuali. Parole chiave della campagna sono

anche riduzione dell'energia nucleare; meno 30% dagli

stipendi parlamentari; ritiro delle truppe francesi

dall'Afghanistan; ISF (l'imposta di solidarietà sui patrimoni

che tanto ancora dovremo attendere in Italia) e la riforma

sul mondo del sapere. Per portare avanti il suo programma

quantomai ambizioso Hollande dovrà sicuramente sperare

in un rapido incremento del PIL e in un bilancio in

pareggio per non contrarre debiti esteri che facilmente

taglierebbero il filo di questo pericoloso aquilone.

Ma cosa separa un'ambiziosa impresa dalla sua riuscita? Lo

chiediamo a chi la Francia non la conosce attraverso i mass

media: tra le cittadine francesi di Marsiglia e Toulon

raccogliamo pareri ed aspettative.

- Sin dal primo momento Hollande ha identificato la

finanza come un nemico nazionale. Con una nuova

proposta di riduzione delle diseguaglianze fiscali (come

l'ISF e la tassa sui depositi all'estero) ed il credo

"maggiori spese per maggiori entrate", sta

rivoluzionando la posizione europea sull'austerity. Cosa

pensi possa cambiare nel Paese e nelle sue relazioni con

l'Europa, soprattutto con la Germania?

Caroline: Beh, le relazioni tra Francia e Germania sono

definitivamente destinate a cambiare perchè Angela Merkel

aveva dichiarato abbastanza recentemente di non essere

favorevole ad Hollande e che, come presidente, avrebbe

sostenuto Sarkozy. Ha anche rifiutato di incontrarlo nel

corso della campagna elettorale, che è veramente

maleducato a mio parere. Molte persone nell'Unione

Europea sono contrarie alle politiche di Hollande, perchè la

sua intenzione è di produrre molti costi, quando in Francia

si suppone di tagliarli. Sono fiduciosa ma penso possa

continuare a produrre tensioni.

Yasmine: Le relazioni tra Francia e Germania sono al

momento molto difficili dopo le critiche reciproche tra la

cancelliera Merkel ed il nostro neopresidente. Hollande, a

differenza della Merkel e di Sarkozy, è convinto che

l'austerità non è obbligatoria. Non sta realmente cambiando

la posizione europea in materia d'austerità, promossa

principalmente dalla Germania, con Spagna e Grecia

abbastanza restie. Analizzando il suo programma, inoltre,

risulta che voglia in realtà seguire le politiche finanziarie

europee e ridurre a 0 il deficit di bilancio entro il 2017; non

credo quindi che le sue politiche siano l'esatto opposto, ma

più la proposta di un'alternativa per combattere la crisi: la

crescita.

Brigitte: Le diverse crisi, sociali ed economiche, che

stanno sterilizzando la crescita e la capacità di pensare in

prospettiva, hanno tutte origini internazionali, figlie della

crisi mondiale generata dai mutui subprime nel 2008 e

diversi decenni prima dalle spese militari di 1 8 anni di

guerra in Vietnam. Questa situazione già instabile è stata

drasticamente indebolita dalle speculazioni feroci della

"bolla finanziaria" che assicura ed investe capitali

nettamente superiori rispetto al corrispondente numero di

merci e beni esistenti. Il risultato è l'accumulo dei debiti da

parte degli Stati che, non potendo sanarli direttamente

tramite la BCE, sono costretti a rivolgersi alle banche,

alimentando nuovamente il circolo vizioso delle

speculazioni. Con l'elezione di Hollande e la sua linea di

una politica collettiva, sicuramente la bilancia del potere

europeo subirà profondi mutamenti, specialmente dopo che

le elezioni in Grecia hanno ricordato quanto ancora la

democrazia abbia voce in capitolo.

Page 11: Utopia Giugno 2012

11

- Sì a matrimoni ed adozioni gay, aborto ed eutanasia.

Secondo te si sta realmente cominciando a scrivere un

nuovo capitolo sui diritti civili?

Gautier: Specialmente per un paese come il nostro, che ha

visto nascere i primi decreti sulla tutela dei diritti umani,

queste proposte dovrebbero essere già da tanto tempo dei

veri e propri impegni da portare avanti. Potrebbe essere

l'inizio di un nuovo capitolo anche se dipende dalle

condizioni dei vari progetti, la legalizzazione dell'eutanasia

è, ad esempio, finora prevista solo sotto determinate

condizioni. Penso che, se queste nuove leggi saranno

realmente attuate seguendo i bisogni della gente e non gli

interessi del governo, saranno un esempio da seguire per gli

altri paesi d'Europa.

Yasmine: La interpreterei più come un'evoluzione di

mentalità, un nuovo "ritorno ai diritti umani" in Francia

anche se si dovrebbero ancora rivedere le relazioni

internazionali con paesi come Siria ed Ucraina, il problema

della popolazione rom ed il modo in cui vengono trattati ed

espulsi gli immigrati clandestini.

- Con i nuovi "Contratti di generazione" ogni società

che assume nuovi giovani lavoratori ottiene delle

agevolazioni. Quali sono per un giovane le prospettive

di lavoro?

Caroline: Questo contratto di generazione non è solo

destinato ad assumere giovani; se l'impresa vuole

beneficiare degli aiuti deve mantenere un lavoratore

anziano (se non sbaglio tra i 55-60 anni) ed assumere un

giovane in supporto all'anziano. Non so se questo progetto

produrrà lavoro perchè, anche se le fabbriche potrebbero

essere interessate alle sovvenzioni, assumere secondo

questo modello potrebbe costare molto di più. Potrebbe allo

stesso modo incrementare, invece, l'assunzione di giovani

nelle fabbriche; sarebbe veramente buono dato che i giovani

sono la fascia generazionale più disoccupata del paese.

Yasmine: Lo scopo di questo progetto è di fornire un lavoro

a 500.000 giovani per 1 5 anni, non so se andrà realmente in

porto, se così fosse si otterrebbe un grande risultato perchè

la disoccupazione giovanile è una triste realtà in Francia.

Inoltre in questo progetto c'è l'idea di un passaggio verso il

basso di conoscenza tra i lavoratori esperti ed i giovani,

potrebbe essere riconosciuto da un certificato o da un

diploma. E' una buona idea, perchè è come un'altra

formazione che potrebbe essere utile sul mercato del

lavoro.

- Da chi, come Hollande, ha militato per anni all'interno

del sindacato studentesco dell'U.�.E.F. ci si aspetta una

vera e propria rivoluzione sul mondo dell'università e

delle scuole, pensi che la legge LRU sull'autonomia

universitaria e l'aumento del 25% delle borse di studio

possa essere un primo passo in tal senso?

Gautier: Non penso che in questo momento storico donare

più soldi agli studenti favorirebbe il loro apprendimento, si

sono già verificati moltissimi abusi negli ultimi anni da

parte di studenti non beneficiari. Credo invece che, per

agevolare realmente gli studenti, bisognerebbe abbassare le

tasse scolastiche, per renderle più accessibili, e migliorare i

servizi.

Yasmine: La volontà è quella di riformare profondamente la

legge LRU, già vigente. Con il decreto l'università acquista

maggiore autonomia ed il suo progetto consiste nel darle

maggiore denaro e maggiori competenze per farlo.

Ulteriore obiettivo è la creazione di aiuti finanziari e

materiali per gli studenti: 60.000 posti di lavoro per

l'educazione nazionale (tra cui 5000 nelle università),

sistema di tutor, tesi pagate con un contratto a termine ecc.

Hollande vuole infine rivedere il primo anno di università,

provvedimento utile in quanto molti studenti non possono

seguire il programma. Il mio auspicio è che con questa

riforma le università possano essere nuovamente giudicate

come "Grandes Ecoles".

- Quali sono le tue aspettative?

Caroline: Non mi aspetto che faccia miracoli, siamo in un

periodo di crisi e non sarà probabilmente in grado di ridurre

il deficit o di aumentare l'occupazione nel paese. Mi aspetto

che faccia tutto il possibile per aiutare le persone e che

abbia la statura etica di un presidente, non come Sarkozy.

Brigitte: Mi aspetto che tutti i miei figli possano trovare un

lavoro coerente con le loro aspettative.

(Si ringraziano Gautier Gentieu, Caroline Avier, Yasmine

Chiaruzzi e Brigitte Gentieu per aver contribuito alla

realizzazione di quest'intervista).

Page 12: Utopia Giugno 2012

Federica Meli

1 2

Sembrerebbe esserci solo sport, tanto sano sport dietro i

campionati europei di calcio 2012 che da parecchi giorni si

stanno disputando in Polonia e in Ucraina. Sembrerebbe

essere il solito tripudio di colori, festa e tanta giovialità tra

tifoserie e la solita, tanta sana voglia di giocare. Lo sport più

accarezzato, corteggiato e adulato dei nostri tempi presenta in

realtà strane dietrologie, minaccia l'abbattimento di illusorie

realtà che sembravano postulati; quindi se noi italiani siamo

già immunizzati quando si parla di scandali calcistici lo

stesso forse non vale quando si presenta l'agghiacciante

notizia di uno sterminio di massa di cani randagi, avvenuto

proprio tra le strade della dittatoriale Ucraina (quest'ultimo

aggettivo non lo butto lì per caso ma lo traggo dalle parole

del primo ministro tedesco Angela Merkel che il 9 maggio

parlò proprio di dittatura in riferimento all'Ucraina: “Oggi in

Germania e nell'Ue viviamo in pace e libertà. Purtroppo non

in tutta Europa, perché in Ucraina e in Bielorussia ancora

molte persone restano sotto la dittaura e la repressione”).

Parliamoci chiaro: il calcio è più contaminato di quanto si

possa pensare, con annessi problemi di carattere sociale e

culturale che non tardano mai ad arrivare. E nel caso

dell'Ucraina ce n'è parecchi da elencare.

La nazione est europea oltre a essere gravemente indietro

circa i lavori di preparazione agli Europei (a differenza della

più ricca Polonia della quale l'Ucraina soffre l'impari

confronto), con tante opere in ristrutturazione ancora

incomplete (per esempio, non sono ancora stati completati i

lavori nell’area attorno allo stadio olimpico di Kiev, dove si

giocherà la finale. Ma non sono i soli), si macchia del

gravissimo sterminio di massa di cani randagi che

imperversavano sulle strade e che ora, "miracolosamente",

sono scomparsi. Le autorità ucraine devono di certo aver

pensato che gli animali randagi tra le strade non avrebbero

fatto una buona pubblicità alla nazione, non avrebbero

rappresentato un valido biglietto da visita per tutti quei tifosi

e turisti che, con la scusa degli Europei, avrebbero conosciuto

le splendide località ucraine. Se la vicenda è balzata agli

onori delle cronache internazionali lo si deve anche alle

denunce di un fotografo italiano, Andrea Cisternino, che da

Como si è trasferito due anni e mezzo fa a Kiev e ora vive

nella capitale assieme alla moglie. È lo stesso Cisternino a

spiegare che però questo crudele sterminio va avanti da

vent'anni, ma dal 2010, con l'approssimarsi degli Europei, le

spedizioni sono cresciute a livello esponenziale: <<A Kiev

risultavano 12 mila randagi per le strade. Ora non se ne

vedono praticamente più>>. Non c'è dubbio che gli Europei

hanno gettato luce su una crudeltà disumana che, indisturbata,

si allargava minacciosamente a macchia d'olio da decenni; ma

non è la sola: a dare manforte allo scandalo canino si

aggiunge pure un caso politico e civile che ormai da mesi

l'Ucraina si trova ad affrontare. Il riferimento è all’ex primo

ministro Julia Timoshenko che, ormai dal 5 agosto 2011 , è in

stato di arresto per aver stipulato un contratto per la fornitura

di gas russo all'Ucraina, senza aver avuto il preventivo

consenso del governo. L'ex premier, condannata a 7 anni di

reclusione, vive in un degradante stato di detenzione (negli

ultimi mesi del 2011 è stata più volte ricoverata); il 24 aprile

ha iniziato lo sciopero della fame sostenendo anche di volersi

rivolgere alla Corte europea per i diritti umani. I sostenitori

dell'ex premier appoggiano con forza la possibilità del

complotto ordito dall’attuale presidente Viktor Janukovich

per eliminare la Timoshenko dalla scena politica e si sono più

volte dichiarati pronti a lottare per la loro paladina. Qualche

settimana prima dell'inizio degli Europei molti esponenti

politici delle nazioni appartenenti all'UE hanno paventato

l'eventualità della sospensione dell'evento calcistico.

In prima linea si pone la Germania con il ministro

dell’ambiente Norbert Röttgen il quale ha chiesto, già tempo

fa, ai politici di boicottare l’evento: "Bisogna evitare

assolutamente che il regime ucraino utilizzi il campionato per

migliorare la propria immagine". A dare spalla al ministro

ovviamente c'è la cancelliera Merkel che più volte ha parlato

di boicottamento del campionato europeo. Ma non poche

sono state le ondate di polemica che hanno accompagnato,

nei giorni immediatamente successivi, le dichiarazioni del

ministro tedesco. In Polonia la Gazeta Wyborcza titola “I

tedeschi giocano [la carta] Timoshenko”. Secondo il

quotidiano polacco i politici tedeschi, compreso il capo

dell’Spd Sigmar Gabriel, criticano ferocemente le autorità

ucraine per aumentare la loro popolarità in vista delle

elezioni legislative dell’anno prossimo. La Gazeta Wyborcza

continua: "I politici tedeschi non si preoccupano tanto delle

condizioni di salute di Timoshenko e della democrazia

ucraina, quanto piuttosto di guadagnare terreno prima del

rinnovamento del Bundestag".

Forse l'Ucraina non era pronta a una scia di polemiche di

questo tenore che toccava i punti più sensibili (socialmente,

ma soprattutto politicamente) del suo territorio; forse credeva

che bastasse un campionato patinato a festa per poter

indirizzare e deviare in percorsi più "frivoli" l'opinione

pubblica internazionale. Quel che è certo è che (forse parlo

da appassionata di calcio! ) gli Europei da poco iniziati hanno

avuto il merito di puntare i fari su una realtà, europea e che

quindi ci riguarda in prima persona, che difficilmente e

raramente occupa le prime pagine dell'informazione

internazionale.

Page 13: Utopia Giugno 2012

1 3

I connotati di una vera e propria mattanza sembrano profilarsi

dietro al recente scenario messicano. Dall’ inizio del 2012 si

conta l’assassinio di sei giornalisti. Regina Martinez è il

primo nome della triste sequela. Il cadavere della giornalista

del settimanale Proceso è stato rinvenuto il 29 aprile

all’ interno della propria abitazione nello stato di Veracruz.

Ancora più raccapricciante appare l’ immagine del

ritrovamento di quattro sacchi contenenti un pari numero di

corpi martoriati a nord del porto di Veracruz.

Dall’ identificazione di questi è emerso che si tratta di tre

giornalisti o per meglio dire fotoreporter del periodico

Dictamen, Guillermo Luna Varela, Gabriel Huge Cordova e

Esteban Rodrigue, e di una responsabile amministrativa dello

stesso periodico, Irasema Bacerra. I quattro cadaveri sono

stati rinvenuti il 3 maggio, giornata mondiale per la libertà di

stampa, in Messico dedicata anche alla commemorazione di

Regina Martinez. A poco più di dieci giorni di distanza risale

il ritrovamento della quinta vittima nello Stato di Morales: il

giornalista Renè Orta Salgado. Infine, l’ultimo ritrovamento è

datato al 19 maggio nello stato di Sonora, si tratta del

giornalista Marco Antonio Avila.

Risulta spontaneo il sorgere di una serie di interrogativi.

Innanzitutto, cosa lega questi rapimenti e la successiva

esecuzione? Qual è il motivo che spinge a commettere atti

tanto efferati? Cosa si teme che i giornalisti possano rivelare?

Perché dunque è necessario mettere a tacere la fonte primaria

di informazione?

La risposta che appare più plausibile è direttamente correlata

al traffico di stupefacenti, ripetute volte sotto il riflettore di

denuncia mediatico. Se i primi ritrovamenti non sono stati

accompagnati da rivendicazione alcuna, stessa cosa non può

dirsi per l’ultimo. Proprio il ritrovamento del 19 maggio è

stato accompagnato da un messaggio di rivendicazione

firmato Los Zetas. Si tratta di un’ organizzazione criminale

dedita principalmente al traffico internazionale di droga.

Aspra risulta la condanna e denuncia sia delle numerose

attività illecite facenti capo ai Los Zetas, sia allo stesso tempo

dei metodi cruenti con i quali si pone fine alla libertà di

stampa e di informazione. Certo è che l’attività informativa

svolta in questi termini risulta essere fastidiosa ed insidiosa a

tal punto da richiederne l’eliminazione fisica a tutti gli effetti.

Sebbene le iniziali cinque vittime non siano state rivendicate

da alcuna organizzazione, le si credono ad ogni modo legate

all’azione dei Los Zetas. Ad opera della stessa

organizzazione vengono registrati altri crimini come

l’esecuzione di massa di 49 cittadini messicani, di cui 43

uomini e 6 donne, a Monterrey, seguiti da un cospicuo

numero di messaggi minatori rivolti ai vari organi di

informazione. Tanto più acuta è la denuncia quanto più alta

ne consegue la repressione. Gli stessi dati dimostrano che il

Messico è il Paese in cui è maggiore il rischio conseguente

all’esercizio di questa professione.

Concludo citando il messaggio lanciato da Amnesty

International che conferma questi dati allo scopo di

sensibilizzare la tutela all’ informazione e ai promotori di essa

da parte dell’ente statale: «Questa nuova ondata di omicidi di

giornalisti dev’essere un campanello d’allarme per le autorità

messicane, che devono fare di più per proteggere chi rischia

la vita nello svolgimento della propria attività giornalistica».

Serena Grasso

In alto e a fianco, manifestazioni di protesta della società civi le messicana

Page 14: Utopia Giugno 2012

Fiamme. Con tutta la distruzione di cui l’uomo è capace si

apre la prima scena del film. Il sorriso della Gioconda

sembra prendersi gioco del protagonista, John Preston

(alias Christian Bale), mentre osserva bruciare il quadro

autentico dell’ormai dimenticato Leonardo da Vinci. XXI

secolo, Libria, capitale di un mondo sopravvissuto ad una

Terza Guerra Mondiale da cui l’umanità è uscita più che

mai mutata, nella convinzione che l’uomo avrebbe finito

per autodistruggersi se non si fosse posta fine alla causa

primordiale di così tanta violenza: l’odio. Al fine di

bandirlo, tuttavia, si è finiti di fatto per monopolizzarlo e

fu istituito il “reato d’emozione”: la manifestazione di

qualsiasi tipo di emozione, attraverso un’espressione del

viso, il possesso di un’opera d’arte o di un oggetto

appartenente al vecchio mondo, veniva punito con

l’arresto e la cremazione. Tale reato fu stabilito dal Padre,

leader dispotico a capo di un regime totalitario chiamato

Tetragrammaton. Il potere esecutivo e giudiziario era

attribuito ad un corpo speciale, il Cleric the Grammaton, a

metà tra la polizia segreta e un ordine monastico,

addestrato all’arte marziale della gun kata. E’ proprio di

questa organizzazione che fa parte Preston, il più bravo a

mostrare apatia, l’arma vincente del nuovo regime. Tutto

nell’Equilibrium ci ricorda qualcosa che abbiamo

l’ impressione di aver già visto o sentito da qualche parte.

Non occorre spaziare tanto nell’ immaginazione per

accostare simboli come la svastica alla caratteristica croce

nera in un cerchio bianco che campeggia sul fondo rosso

di una bandiera, per andare con la mente a Stalin quando ci

si rende conto che nessuno ha mai visto di persona il Padre

perché non è consentito avvicinarvisi e tuttavia il suo volto

campeggia sui maxischermi di cui la città è strapiena in

una continua e ossessionante propaganda che lo ergeva a

salvatore dell’umanità. Sembrano familiari inoltre scene

raffiguranti la massa dei cittadini in piedi come in una

parata militare, in un ordine quasi artificiale, perfettamente

inquadrati, vestiti tutti di divise grigie, in sintonia con

l’architettura imponente e minimal, dove tutto è studiato

per ispirare disciplina e omologazione. E a tornarci

familiare è anche il contrasto tra il minimal tanto predicato

e gli uffici sontuosi dei cleric di più alto rango. A farsi

beffa di un’organizzazione così perfetta, non poteva

mancare la Resistenza, formata da coloro che non

volevano rinunciare alle emozione, all’amore e alla libertà

di espressione. E’ questione di tempo, anche Preston si

sveglierà dal torpore e militerà per riscattare tutti coloro

che in passato hanno pagato a causa della sua cieca e

acritica fedeltà al Padre.

Girato nel 2002, scritto e diretto da Kurt Wimmer,

Equilibrium si ispira ai classici della letteratura distopica e

al cinema fantascientifico come Fahrenheit 451 , il mondo

nuovo e 1984. Le scene girate all’esterno sono ambientate

interamente all’Olympianstadion di Berlino, inaugurato

nel 1936 da Adolf Hitler per la XI Olimpiade, e all’EUR

(Esposizione Universale di Roma), il quartiere romano

edificato da Benito Mussolini. Al termine dei suoi 107

minuti, una frase riecheggiava ancora nella mia testa:

“Senza amore, il respiro è solo un orologio, che fa tic tac”.

Giulia Sottile

1 4

SSPPAAZZIIOO RREECCEENNSSIIOONNII

Page 15: Utopia Giugno 2012

Filippo M. R. Tusa

“Se sei un uomo ( o nel qual caso donna ) libero, allora sei

pronto a metterti in cammino”. Thoreau suggestivamente e

con leggera sapienza intuì e trasmise con queste semplici

parole il valore di elevazione spirituale e di ricerca di un

itinerario in un tipo di azione svolta con genuina

incoscienza. Ebbene, questa libertà così preziosa e ricercata

viene però minacciata e confligge quando contestualizziamo

un ambiente metropolitano, in cui, necessariamente, più

soggetti incontrano i loro cammini quotidiani. Nel nostro

comune marciare, la comunicazione e l’ incontro sono

costantemente ricercati, consapevolmente o meno. Non

occorre compiere particolari sforzi, siamo creature sociali.

Tutto comincia, freneticamente, con la vista. Rivolgiamo

uno sguardo ad una persona e carpiamo intimi segreti,

rubandoli. Rivolgiamo uno sguardo ad una persona e

stabiliamo un ponte, un primo contatto. Esattamente come

quando ci deliziamo con l’odore del vino prima di berlo,

stiamo mandando un messaggio: cervello preparati, mi sto

avvicinando a quella persona, ti fornisco una serie di

informazioni quindi mi raccomando, attivati. Succede con

l’amica, con il collega d’università, col fratello dell’amica,

con il docente universitario ma, ed è questo il caso, succede

anche a chi con quelle informazioni si prepara ad avvicinarsi

con intenzioni moleste. Un recente rapporto Istat del 2010,

Le Molestie Sessuali, ha indagato sul fenomeno nel biennio

2008-2009 e ha riportato un dato decisamente preoccupante,

particolarmente se lo si pondera con la precedente analisi,

sempre dell’ Istat però del 2005, Molestie e Violenze

Sessuali: mentre la percentuale di molestie in luoghi

familiari e provenienti da persone conosciute si è abbassata

notevolmente, la percentuale relativa alle molestie

perpetrate da estranei è cresciuta vertiginosamente dal 3,9%

al 61% negli ultimi 3 anni. Catania: così accade a Carla S.,

studentessa presso i Benedettini, che decide di profittare di

una piacevole giornata e sceglie una delle panchine che si

affaccia su Via Sant’Euplio della villa Bellini come

destinazione. Niente di diverso da quello che sempre fa. Si

siede sempre nella stesso posto e comincia il suo studio. Ad

un certo punto, una normale persona “Ciao, scusa se ti

disturbo ma notavo che sei una bella ragazza”. Approccio

usuale. Se voglio conoscere una ragazza, anch’io utilizzo

una battuta del genere. Scrivo normale perché parlando con

la ragazza in questione mi vien detto che “si avvicina questo

signore - senz'altro giovane, ma non un ragazzo -

dall'aspetto assolutamente ordinario, e nulla che possa

mettere in allerta una persona. Di fatti, non mi sono

minimamente allarmata.”. Viene usato un linguaggio

professionale, una presentazione impeccabile e convincente.

Un copione preparato, verificato e reso funzionante. Stessa

cosa mi viene raccontato, minuziosamente, da Giorgia G.,

sempre studentessa ma luogo diverso – attendeva il treno

presso la stazione centrale di Catania quando venne

avvicinata -, che aggiunge anche “mi ha detto che curavo

molto il mio aspetto, e che questo si capiva dalle mie mani,

perché aveva notato che facevo molta attenzione alle

unghia, allo smalto, e a questo genere di dettagli”.

Informazioni scambiate. A questo punto però, la trappola

scatta. Sempre Carla S. mi dice che “notava che portavo

scarpe eleganti ma basse, se ne complimentava perché

notava che le donne avessero la tendenza a portare i tacchi

alti anche di giorno, e poi mi domandava se anche io

portassi i tacchi alti anche di giorno; notava che avevo le

mani molto curate, e domandava se anche ai piedi io

riservassi la stessa cura; notava ancora le mie scarpe (un

paio di stivali a suola bassa) e mi domandava che tipo di

calze io accompagnassi a queste calzature”. Feticismo. È

proprio a questo punto che le versioni si accomunano.

L’estraneo, quindi, invita ad una prova di massaggio

plantare sul posto o in un fantomatico centro massaggi. Si

consuma la molestia. Ora però occorre muovere una viva

critica alle tante voci che impediscono chiarezza al riguardo

e riprendendo le parole di Carla S. “era più che

professionale, non mi stanco di dire che è importante,

altrimenti si fa presto a dire che la ragazza – la studentessa

molestata all’ intero dei Benedettiniche ha denunciato la

vicenda - che ci è cascata è una sprovveduta”. Tengo a

sottolinearlo perché i più critici avranno sentenziato

etichettando il fatto con un “consensualmente massaggiato”.

No, poniamo attenzione e discernimento. Non occorre

allarmarsi però, un dato più che positivo è emerso sempre

dall’analisi del 2010 sopra riportata: negli ultimi dieci anni,

la percentuale di molestie ( molestie verbali, molestie

fisiche, pedinamenti, esibizionismo e telefonate oscene ) è

in calo. Che fare quindi? Denunciare, informarci e divenire

in prima persona promotori di una cultura della libertà che

ci permetta di camminare senza domandarci sulla sicurezza.

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Page 16: Utopia Giugno 2012

Utopia - Stampato non periodico. Direttore: Pietro Figuera. Stampatore: UDU Catania. Redazione: Via Crociferi 40, Catania.

Stampato in giugno 201 2 presso la Copisteria "L'Arte Tipografica", del Gruppo Paglia (via Vittorio Emanuele 202, Catania).

UNA SERATA PER LAURA SALAFIAL’essere solidal i gl i uni verso gli altri è una delle

peculiarità che caratterizzano gli esseri umani. L’Unione

degli Universitari si è ancora una volta dimostrata vicina

e attiva nel sostenere la causa di una studentessa come

noi, tuttavia con la sfortuna di essersi trovata nel posto

sbagliato al momento sbagliato. Laura Salafia è una

giovane studentessa che nel tragico 1 lugl io 201 0 ha

visto la propria vita capovolgersi. È stata colpita da un

proietti le vagante di fronte al l ’ex monastero dei

Benedettini ed è rimasta paral izzata dal col lo in giù.

Dopo 1 6 mesi di terapia ad Imola, oggi Laura è tornata a

Catania, nel la città che ama. Numerose associazioni, tra

cui L’UdU, hanno sentito i l dovere e soprattutto hanno

avuto la volontà di dimostrare la propria vicinanza a

questa ragazza. È stata organizzata un’iniziativa,

articolata in due momenti, per raccogliere fondi

interamente destinati a Laura. Una prima conferenza,

“La musica oltre la musica: esperienze di ascolto tra

suoni interni e suoni esterni”, si è tenuta i l 1 6 maggio

201 2 al Coro di notte dell ’ex monastero. La

professoressa De Luca, la psicologa Antonina

Cacopardo, l ’arteterapeuta Angelisa Marroccia e lo

studente Erminio Alberti hanno trattato argomenti inerenti

la musica e la musicoterapia, coinvolgendo attivamente i

presenti con esperimenti interattivi . I l secondo momento

si è tenuto invece al Barbara Disco Lab. Durante la

serata si sono esibite 4 rock band, i Miqrà, i Runaway

from home, gl i Uaripat e i Maggie in the box, seguite da

un dj set rock. Tutto è stato accompagnato dalla diretta

di Radio Amore, presente, come del resto tutti gl i artisti ,

in modo gratuito. Ciò ha reso possibi le l ’ incasso di oltre

mil le euro, che a breve verrà versato sul conto della

ragazza. Tutti i giovani coinvolti hanno sostenuto e

promosso con grande energia questa raccolta fondi,

hanno dimostrato volontà e solidarietà attraverso

l’adesione massiccia. I l proposito che ci si pone, adesso,

è di mantenere aperto un dialogo tra associazioni così

proficuo per poter cooperare anche in futuro, sempre

animati dal la forza e dallo spirito di gruppo che hanno

dimostrato in questa prima occasione.

Valeria Narzisi

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(continua dalla prima pagina)

LA VIGNETTA (a cura di Melania Grasso)

Dopo la Grecia, anche l'Italia inizia a fare i conti con il

dibattito sul mantenimento della moneta unica. Può sembrare

surreale, a dieci anni dall'introduzione dell'euro e in uno dei

Paesi che più hanno dato al processo d'integrazione. Fin

dalla nascita della cooperazione europea, il nostro Paese si è

sempre mostrato sorprendentemente europeista.

Sorprendentemente perchè l'entusiasmo non è correlato ad

una maggiore partecipazione o conoscenza dei meccanismi

europei, anzi. Si tratta piuttosto di un atteggiamento culturale

di fondo, in un contesto di opinioni spesso precostituite

superficialmente e acriticamente. A questo atteggiamento se

n'è sempre contrapposto un altro, diametralmente opposto,

che bocciava la partecipazione alle istituzioni e alle politiche

europee. Anche questo, più che su critiche concrete, poggiava

su preconcetti difficili da sradicare. Con la nascita dell'euro

lo scenario è mutato. Le posizioni si sono radicalizzate, senza

peraltro razionalizzarsi. Oggi, con la crisi, sembrano

orientarsi fortemente verso l'euroscetticismo, fomentato da un

ricordo distorto del benessere economico dei tempi passati.

Uscire dall'euro, o addirittura uscire dall'Europa, non

equivale ad uscire dalla spirale della recessione. Equivale

semmai a fuggire dalle proprie responsabilità, sperando di

salvarci momentaneamente la pelle ma non potendo rifuggire

dalle conseguenze del nostro gesto, dettato dall'impulsività e

dalla comprensibile paura di sprofondare assieme agli altri.

Uscire dall'euro non sarebbe "soltanto" una catastrofe

economica e monetaria (immediata svalutazione e

conseguente aumento spropositato del debito, seguiti

dall'inevitabile crollo della spesa pubblica: licenziamenti di

impiegati pubblici e sparizione di welfare e servizi;

cancellazione dei risparmi privati e minimizzazione dei

consumi, crollo dell'industria, etc. ) . Uscire dall'euro vorrebbe

dire tornare indietro, chiudersi in un'economia autarchica e

aperta solo alle speculazioni estere, perdere di credibilità e di

peso internazionale, ma soprattutto gettare anni di sforzi di

integrazione e interrompere definitivamente il sogno europeo.