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Carbone Petrolio Metano etroina 1 Unità didattica ___________________ L’energia dai combustibili fossili Obiettivi: 1. Osservazione e analisi della realtà tecnologica. a. Saper descrivere il funzionamento della struttura Derrick per l’estrazione del petrolio. b. Saper indicare l’impatto ambientale delle varie fonti energetiche. 2. Conoscenze tecniche e tecnologiche a. Sape elencare nel giusto ordine i prodotti che si ottengono dalla distillazione del petrolio b. Saper distinguere i carboni con più alto potere calorifico da quelli con basso potere calorifico. c. Saper elencare alcuni Paesi dai quali importiamo gas metano e saper descrivere le lavorazioni che su di esso vengono svolte. d. Saper descrivere la produzione e l’uso di biogas e saper elencare le materie prime utilizzate. e. Saper descrivere la fusione e la fissione nucleare. f. Saper indicare l’isotopo dell’uranio che è radioattivo e quindi utilizzabile nelle centrali nucleari a fissione. 3. Comprensione ed uso di linguaggi specifici a. Saper costruire l’istogramma, aerogramma circolare e quadrato, il diagramma cartesiano.

Unità didattica L’energia dai combustibili fossilienergia dai... · L’energia dai combustibili fossili Obiettivi: ... Combustione e inquinamento I processi di combustione, ed

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Carbone Petrolio Metano

etroina 1

Unità didattica ___________________

L’energia dai combustibili fossili

Obiettivi:

1. Osservazione e analisi della realtà tecnologica. a. Saper descrivere il funzionamento della struttura Derrick per l’estrazione del

petrolio. b. Saper indicare l’impatto ambientale delle varie fonti energetiche.

2. Conoscenze tecniche e tecnologiche

a. Sape elencare nel giusto ordine i prodotti che si ottengono dalla distillazione del petrolio

b. Saper distinguere i carboni con più alto potere calorifico da quelli con basso potere calorifico.

c. Saper elencare alcuni Paesi dai quali importiamo gas metano e saper descrivere le lavorazioni che su di esso vengono svolte.

d. Saper descrivere la produzione e l’uso di biogas e saper elencare le materie prime utilizzate.

e. Saper descrivere la fusione e la fissione nucleare. f. Saper indicare l’isotopo dell’uranio che è radioattivo e quindi utilizzabile nelle

centrali nucleari a fissione. 3. Comprensione ed uso di linguaggi specifici

a. Saper costruire l’istogramma, aerogramma circolare e quadrato, il diagramma cartesiano.

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Sotto il nome di combustibili comprendiamo tutte quelle sostanze (solide, liquide, gassose) che si combinano con l’ossigeno, in una reazione chimica (detta combustione), nel corso della quale l’energia racchiusa nei legami chimici si trasforma in calore (energia termica), che viene liberato. Combustibili fossili

Sono quelle sostanze estratte dal sottosuolo – che possono trovarsi anche a grandissime profondità – le quali, a contatto con l’ossigeno dell’aria, sono in grado di bruciare, sviluppando calore e luce.

I combustibili possono essere naturali o artificiali (sintetici o derivati da quelli naturali a seguito di processi di lavorazione), come è riportato nello schema che segue:

La combustione è una reazione di ossido-riduzione che permette al carbonio e all’idrogeno contenuto nei combustibili di combinarsi con l’ossigeno (comburente) per produrre CO2 e H2O e soprattutto calore (energia termica), che è il prodotto economicamente principale di queste reazioni. Come vedremo più avanti, il calore rilasciato dalla combustione viene direttamente utilizzato in apposite centrali per produrre energia elettrica. Esperimento sulla combustione Prendi una piccola bacinella graduata, trasparente, contenete acqua. Metti all’interno una candela accesa (combustibile) e ricopri con un bicchiere capovolto. La fiamma arderà finché sarà consumato tutto l’ossigeno (comburente). Una volta spenta la candela potrai osservare che il livello dell’acqua nel bicchiere è salito, segno che l’ossigeno si è consumato. La caratteristica comune dei combustibili è quella di contenere i due elementi combustibili fondamentali:

- idrogeno ( H ), che, bruciando, libera acqua; - carbonio ( C ) che può bruciare con due tipi di combustione:

COMBUSTIBILI FOSSILI

SOLIDI LIQUIDI GASSOSI

NATURALI

LEGNA da

ardere

CARBONI

FOSSILI

Torba

Lignite

Litantrace

Antracite

ARTIFICIALI

Coke di

carbone

Carbone

Di legna

Agglomerati

di carbone

NATURALI

Petrolio greggio

� Benzine

� Gasolio

� Cherosene

� Oli

combustibili

SINTETICI

benzine

oli sintetici

carburanti

alternativi

NATURALI

metano

gas di petrolio

rarefatti

DERIVATI

Gas di

distillazione

del petrolio

Gas di città e

di cokeria

Acetilene

Idrogeno

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o combustione completa ( C+HO2 = CHO2 ) liberando anidride carbonica;

o combustione incompleta ( C + CHO2 = 2CO ) liberando ossido di carbonio.

Un combustibile, oltre a contenere idrogeno e carbonio, deve avere determinati requisiti per essere impiegato vantaggiosamente, tra i quali:

1) bruciare agevolmente, cioè né troppo facilmente, né con troppa difficoltà;

2) sviluppare una buona quantità di calore; 3) non liberare prodotti nocivi all’uomo, come l’ossido di carbonio (che è

tossico). Quanto più alta è la quantità di calore sviluppata dal combustibile durante la combustione, tanto più alto è il suo valore economico, naturalmente a parità di peso. La quantità di calore sprigionata durante la combustione può essere misurata sperimentalmente e prende il nome di potere calorifico: i combustibili sono tanto migliori quanto maggiore è la percentuale di carbonio in essi contenuta e quanto maggiore è il loro potere calorifico. Il potere calorifico La quantità di calore che si sviluppa bruciando 1 kg di un combustibile viene chiamata potere calorifico di quel combustibile. Il potere calorifico si misura in grandi calorie per chilogrammo (kcal/kg) se il combustibile è solido, e in grandi calorie per metrocubo (kcal/m3) se il combustibile è gassoso. Naturalmente maggiore è la quantità di calore che si sviluppa durante la combustione di una massa di combustibile, maggiore è il valore economico del combustibile stesso.

Potere calorifico dei principali combustibili MEDIO Combustibile Potere calorifico Combustibile Potere calorifico Legno 3.500 kcal/kg Coke metallurgico 7.100 kcal/kg Torba 3.000 kcal/kg Benzina 10.500 kcal/kg Lignite 5.500 kcal/kg Gasolio 10.700 kcal/kg Litantrace 7.000 kcal/kg Nafta 10.500 kcal/kg Antracite 8.500 kcal/kg Gas liquido 11.000 kcal/kg Carbone di legna 7.000 kcal/kg Petrolio greggio 11.000 kcal/m3 Gas d’acqua 2.200 kcal/m3 Gas d’aria 950 kcal/m3 Gas misto 1.200 kcal/m3 Metano 8.700 kcal/m3 Esercizio. Completa la frase inserendo i termini sotto riportati. * combustibili * carbonio * fossili * petrolio * metano * Il potere calorifico dei carboni __________ aumenta con la percentuale di __________; il loro uso come combustibile è diminuito con i vantaggi offerti dai _______________ liquidi (____________) e gassosi (__________). Ma oggi sono rivalutati presso i Paesi produttori, data la crisi petrolifera e le riserve tuttora abbondanti. Tratto da “Conoscere l’ambiente” ENI Scuola.

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Combustione e inquinamento I processi di combustione, ed in particolare di carbone e dei derivati del petrolio, producono gas tossici e particelle incombuste che contribuiscono a creare i fumi dello smog. I principali gas tossici, responsabili di sensibili alterazioni dell’equilibrio atmosferico, sono quelli riportati in tabella: Nome Formula Descrizione Fonte di emissione Monossido di Carbonio

CO E’ un gas incolore e inodore che impedisce all’organismo di rinnovare l’ossigeno con la respirazione e può provocare, quindi, la morte per asfissia. Particolarmente minacciata è la salute dei bambini, perché il monossido di carbonio, più pesante dell’aria si concentra al suolo.

Autoveicoli

Biossido di Carbonio o Anidride Carbonica

CO2 Non è tossico ed è utilizzato dalle piante che con la fotosintesi clorofilliana lo trasformano in glucosio e ossigeno. La sua concentrazione è aumentata nell’ultimo secolo, contribuendo a determinare il fenomeno dell’effetto serra. Infatti la coltre di anidride carbonica si comporta come un filtro che permette il passaggio delle radiazioni solari in arrivo sulla Terra, mentre trattiene le radiazioni infrarosse della luce che viene riflessa dalla superficie terrestre verso lo spazio. Tale fenomeno potrebbe portare ad un mutamento del clima del pianeta con il conseguente scioglimento dei ghiacciai e la riduzione delle calotte polari.

Autoveicoli, centrali termoelettriche, incendi delle foreste

Biossido di Azoto

NO2 Nonostante il limite massimo sia fissato a 200 gr/cm3, nelle grandi città questa soglia viene spesso superata nelle ore di maggior traffico.

Autoveicoli, centrali termoelettriche

Anidride solforosa e anidride solforica

SO2

SO3

Il limite massimo consentito di 80 gr/cm3 è già un valore elevato eppure talvolta viene superato in alcune città italiane ed europee. Queste sostanze sono responsabili del fenomeno delle piogge acide, infatti, reagendo con il vapore acqueo dell’atmosfera formano acido solforico e acido nitrico. La ricaduta di tali composti può avvenire anche a notevoli distanze dal luogo in cui sono avvenuti i processi di combustione: la vegetazione viene danneggiata in modo irreparabile, i monumenti e gli edifici si sgretolano ed i metalli vengono corrosi.

Centrali termoelettriche, industri, autoveicoli diesel

Approfondimenti:(CFC clorofluorocarburi, anidride solforosa, anidride carbonica) Individua gli agenti inquinanti ritenuti i principali responsabili dei fenomeni: � Effetto serra; � Buco dell’ozono; � Piogge acide. Indica come i fenomeni precedenti si manifestano e come si combattono.

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I problemi ambientai i legati al combustibili fossili La ricerca e la trasformazione delle fonti di energia e la lavorazione dei prodotti energetici sono assolutamente necessarie per alimentare la nostra civiltà tecnologica, ma costituiscono notevoli fonti di inquinamento. Spesso, inoltre, le installazioni destinate allo sfruttamento dell'energia provocano dissesti nell'ambiente naturale in cui vengono collocate. Questo è uno dei maggiori problemi che l'uomo di oggi deve affrontare. Non dimentichiamo che, attualmente, circa l'80% dell'energia prodotta è ottenuta bruciando combustibili fossili: in particolare, petrolio e carbone. Vediamo ora alcuni problemi ambientali causati dall'approvvigionamento di questi due combustibili. Problemi di approvvigionamento dei combustibili L’Italia non produce carbone in quantità sufficiente per i propri fabbisogni, ed è perciò costretta a comprarlo da Paesi esteri (soprattutto dalla Polonia). Il carbone importato arriva nei luoghi di utilizzo prevalentemente per via mare.

Le ferrovie italiane, infatti, non sono adeguatamente attrezzate per il trasporto dei carichi pesanti; perciò il carbone proveniente dall'Europa deve arrivare a Marsiglia e da qui proseguire via mare per giungere ai luoghi di consumo in Italia, circumnavigando spesso l'intera penisola. I bassi fondali dei nostri mari, però, impediscono sovente l'attracco delle navi carbonaie. Esse devono quindi trasbordare il carbone, opportunamente sminuzzato, in navi piccole che lo scaricano nei nostri porti. Tutte queste operazioni di scarico e carico del carbone provocano inevitabilmente un impatto negativo con l'ambiente, che viene investito dalle polveri inquinanti. Se l'estrazione del petrolio avviene in località non desertiche, un incidente ad un pozzo può provocare danni enormi al terreno circostante e alla vegetazione che vi cresce.

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Il trasporto del greggio, poi, richiede l'impiego di petroliere che ne contengono oltre 100.000 tonnellate ciascuna; il rischio maggiore è quello di un evento catastrofico, costituito dalla dispersione nel mare di quantità enormi di idrocarburi, nocivi per animali e piante. Altri pericoli per il mare derivano dal fatto che molti giacimenti petroliferi si trovano in zone sottomarine. Nella foto si vede un'enorme chiazza di petrolio dispersa in mare per un incidente accaduto a un pozzo sottomarino nel Golfo del Messico.

Anche lo stoccaggio del greggio comporta pericoli per l'ambiente: per esempio, una centrale termoelettrica che utilizza olio combustibile è dotata di un deposito contenente oltre 100.000 tonnellate di greggio. Un incendio in tale deposito genererebbe gravissimi problemi all'ambiente circostante (pensa solo al fumo). L’inquinamento dell'atmosfera Oggi il carbone usato nelle centrali termoelettriche è meno inquinante di una volta, perché trattato con tecniche di desolforazione che eliminano le particelle di zolfo. Gli attuali trattamenti abbattono le sostanze inquinanti (biossido di zolfo e di carbonio) al 98 %, mentre il 2 % viene immesso nell'atmosfera. Sembra una percentuale bassa; però, sui milioni di tonnellate di carbone bruciato, il 2 % costituisce una quantità rilevante. Ed infatti la produzione di energia elettrica concorre all'inquinamento atmosferico per il 30% del totale. Per attenuare l'impatto dei fumi si costruiscono camini molto alti (fino a 250metri), in modo che i fumi possano disperdersi nelle parti più alte dell'atmosfera; ciò però, pur attenuando l'inquinamento locale, determina un inquinamento a più vasto raggio, originando, per esempio, piogge acide che danneggiano i boschi e le foreste. Le conifere sembrano essere le più sensibili a questo fenomeno.

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La combustione dei derivati del petrolio dà luogo, in misura diversa a seconda del combustibile utilizzato (benzina, gasolio), a varie sostanze nocive: tra queste, il monossido di carbonio, il biossido di zolfo, il biossido di azoto. Per ridurre le percentuali di tali sostanze liberate nell'atmosfera, vengono applicate varie tecniche: per esempio, nelle centrali termoelettriche che utilizzano olio combustibile sono presenti impianti dotati di filtri e di altri dispositivi che eliminano la maggior parte delle sostanze nocive; negli autoveicoli, questa funzione viene svolta dalla marmitta catalitica. Tuttavia, come avviene per il carbone, passano pur sempre nell'atmosfera, benché in basse percentuali sul totale prodotto, grandi quantità di sostanze nocive.

Emissioni a Porto Marghera (VE)

Le emissioni annue di CO2 ammontano a circa 6,3 miliardi di tonnellate.

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L’inquinamento termico Tutti i sistemi di produzione di energia che bruciano combustibili producono calore di scarto, che viene scaricato nell'aria, con i gas caldi di scarico; nell'acqua del ciclo di raffreddamento degli impianti e che poi è riversata (anche se tiepida) nei fiumi, nei laghi e nel mare, con effetti indesiderati sull'equilibrio della vita negli ecosistemi. Oltre all'inquinamento termico locale, il calore scaricato nell'ambiente da ciminiere, tubi di scappamento, impianti di raffreddamento, unito a gas inquinanti, porta a un aumento dell'effetto serra, con conseguente aumento della temperatura media del pianeta.

Tutti i principali problemi ambientali effetto serra, buco nell'ozono, piogge acide, deforestazione, estinzione di specie animali e vegetali (biodiversità), inquinamento e molte malattie della specie umana dipendono dal modo di produrre energivoro e dai nostri consumi.

Molti studiosi affermano che se questo aumento della temperatura dovesse continuare, potrebbe provocare modificazioni del clima, con gravi conseguenze per la vita dell'uomo.

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Combustibili naturali solidi I combustibili solidi naturali più diffusi sono la legna da ardere e i diversi generi di carboni fossili. Attualmente il loro uso industriale è notevolmente diminuito a causa del largo impiego dei combustibili solidi artificiali e degli idrocarburi, economicamente più convenienti. - Legna da ardere: è il più antico combustibile usato dall’uomo. La quantità

varia a seconda degli alberi da cui proviene e dall’umidità contenuta. E’ composta prevalentemente di cellulosa (40-60%), di lignina e di acqua, associate a sostanze minerali che si ritrovano nelle ceneri sotto forma di CaCO3 e K2CO3. Commercialmente i legni vengono classificati in duri e dolci a seconda del loro peso specifico e della compattezza del materiale.

Commercialmente i legni vengono classificati in duri e dolci a seconda del loro peso specifico e della compattezza del materiale: se la legna da ardere proviene da legni teneri, la fiamma è più lunga e il potere calorifico è minore, mentre se proviene da legni duri e compatti, la fiamma è più corta e il potere calorifico è maggiore. Dati gli alti costi, dovuti essenzialmente alla mano d’opera e al trasporto e il basso potere calorifico, questo combustibile è poco usato in ambito industriale. Il carbone è una particolare roccia sedimentaria di colore bruno o nero, formata da due gruppi di sostanze: - materiale organico, cioè carbonio con piccole parti di idrogeno e ossigeno,

che con la combustione fornisce calore (energia termica) e anidride carbonica;

- materiale inorganico cioè argille, sali di zolfo, che con la loro combustione danno origine alle ceneri e alle sostanze inquinanti.

Come si è formato? Questo combustibile deriva dalla carbonizzazione di intere foreste (carbogenesi), iniziata molti milioni di anni fa ed ha richiesto tre fasi principali: - crescita di grandi e fitte foreste in presenza di un clima umido; - sprofondamento lento del terreno e copertura degli alberi da parte delle

acque e dei fanghi portati dai fiumi; successivamente si trasformano in roccia che comprime la massa vegetale;

- carbonizzazione dovuta ai batteri che in milioni di anni hanno divorato l’idrogeno e l’ossigeno del legno ed alla fine resta il carbonio con piccole quantità di altri elementi.

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I carboni fossili sono di origine vegetale e derivano da grandi distese di foreste (A) che, centinaia di milioni di anni fa, sono sprofondate e sono state ricoperte dalle acque e, poi, sepolte sotto una spessa coltre di argilla ed altri materiali (B). La lenta e graduale decomposizione di queste enormi quantità di legname, avvenuta in assenza di aria, in presenza di batteri anaerobi e sotto l’azione di grandi pressioni ed alte temperature (C), ha generato un processo di trasformazione chiamato carbonizzazione (D).

I tessuti vegetali, che sono costituiti prevalentemente di cellulosa, idrogeno e ossigeno, durante il processo di carbonificazione hanno perso gradualmente l’idrogeno e l’ossigeno. Al termine della trasformazione è rimasto solo il carbonio. I grandi sconvolgimenti geologici che causarono l’inizio di questi grandi fenomeni di trasformazione avvennero in diverse ere, quindi i carboni fossili che estraiamo hanno età diverse e sono di vario tipo a seconda della durata del processo di trasformazione subito. I tipi di carbone. La qualità del carbone dipende dal grado di carbonizzazione che ha subito la massa vegetale, cioè dalla sua età: i carboni più antichi sono molto ricchi di carbonio e quindi hanno un maggiore potere calorifico. Tra tutti i combustibili fossili, il carbone è quello sfruttato da tempo. Già molto prima dell’invenzione della macchina a vapore, la Gran Bretagna ne usava abbondantemente ed era giunta ad esportarlo. E’ anche il più diffuso:nonostante che i suoi giacimenti siano sfruttati da secoli, si stima che le riserve naturali del nostri pianeta possano soddisfare le richieste ancora per duecento anni. Suo è il merito di aver consentito la Rivoluzione Industriale, fornendo l’energia termica necessaria al motore a vapore. Durante quel periodo (tra l’inizio e la fine del XIX secolo), il consumo mondiale del carbone passò da 20 milioni a 700 milioni di tonnellate annue. Il carbone ha però nella sua natura solida un elemento fortemente negativo: innanzitutto non è adatto ai motori a combustione interna, bisognosi di combustibili fluidi d miscelare con l’aria nella camera di scoppio; secondariamente, presenta maggiori difficoltà di trasporto rispetto al petrolio.

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Quest’ultimo, infatti, può essere trasferito su grandi distanze semplicemente per mezzo di un tubo (oleodotto), mentre il carbone va materialmente caricato e scaricato su treni, navi, ecc. A queste difficoltà si aggiunge il notevole potere inquinante dei fumi prodotti da questo combustibile.

Convogli per la movimentazione del carbone

Tutto ciò ha portato in questi ultimi decenni a preferirgli il petrolio, sicuramente più pratico ed efficiente. Attualmente il consumo di carboni è nuovamente in ascesa, sia per l’eccessivo costo del petrolio greggio sia perché le nuove tecnologie garantiscono maggiore sicurezza durante la fase di movimentazione del carbone, cioè di approvvigionamento e trasporto, durante la fase del suo stoccaggio, cioè di deposito e di immagazzinamento, ed infine, permettono la combustione senza troppi residui nocivi e lo smaltimento delle scorie prodotte nella combustione. I vari tipi di carbone si distinguono in base al periodo geologico in cui è iniziato il loro processo di carbonizzazione. Dalla vegetazione marcescente si formò per prima la torba, successivamente l’innalzamento del livello del mare ne causò lo sprofondamento sotto masse enormi di sedimenti marini. Man mano che questi cicli si ripetevano, le torbe di più antica formazione sprofondavano e sempre più compresse indurivano, procedendo nel loro processo di carbonizzazione. I carboni più antichi risalgono all’Era Mesozoica, circa 350 milioni di anni fa, i più recenti all’Era Quaternaria, meno di 10 milioni di anni fa.

- Torba: Non è un vero carbon fossile, infatti contiene una percentuale di carbonio pari a circa il 60%, perché deriva da piante erbacee lacustri che hanno subito una trasformazione limitata. Ha un aspetto spugnoso o addirittura filamentoso, fibroso ed un colore nerastro. Si trova in giacimenti superficiali (pochi metri di profondità) e in terreni acquitrinosi detti torbiere (giacimenti importanti si trovano in Islanda, Olanda, Germania - Baviera, Russia e Finlandia) dove viene estratta con una daga (macchina da scavo).

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Contiene molta acqua (fino al 70-90%) e viene pertanto essiccata e compressa in mattonelle. Ha un alto contenuto di ceneri e non è un buon combustibile, viene pertanto impiegata soprattutto in agricoltura come concime e come correttivo dei terreni per arricchirlo di humus, come isolante termo-acustico e, grazie al suo elevato potere assorbente e deodorante, come lettiera per il bestiame.

- Lignite: ve ne sono molte varietà, con proprietà diverse. Conserva

ancora tracce della struttura fibrosa del legno originario. E’ un carbone abbastanza giovane detto anche brown coal (carbone marrone) e, a differenza della torba che proviene dalla carbonizzazione di erbe palustri, deriva da masse di alberi d’alto fusto di più remota formazione e che hanno subito trasformazioni più profonde rispetto alla torba. Secondo i giacimenti ed il gradi di carbonizzazione vengono distinti diversi tipi di lignite: � lignite torbosa (friabile e stratificata); � lignite picea (nera, lucida, a frattura concoide); � lignite xiloide (che porta ancora visibile la struttura del legno).

La lignite appena estratta contiene il 40% di umidità, che dopo l’essiccamento, si riduce al 15-20%. Può essere utilizzata direttamente o in forma di mattonelle ottenute per semplice compressione, senza aggiunta di agglomeranti, in quanto contiene sostanze resinose che, per riscaldamento rammolliscono e per compressione cementano le particelle carboniose. Per distillazione fornisce il semi-coke e altri prodotti, liquidi e gassosi. Questo carbone, che contiene una percentuale di carbonio pari a circa il 75%, non è un buon combustibile e poiché non conviene affrontare le spese di trasporto, viene utilizzato sul posto per alimentare centrali termoelettriche o come materia prima per alcune industrie chimiche. Giacimenti importanti si trovano in Russia, Germania, Inghilterra e Romania. In Italia se ne trovano piccole quantità in Toscana, Umbria, Sardegna, Lucania e Calabria. - Litantrace: è il carbon fossile che trova maggiore utilizzazione

nell’industria. E’ di colore scuro opaco o poco lucente, magro o grasso, di formazione più antica della lignite e più recente dell’antracite: la sua formazione risale al periodo carbonifero, cioè a circa 300 milioni di anni fa. Contiene una percentuale di carbonio pari a circa il 93% e una percentuale di zolfo molto bassa e talvolta nulla. Alcuni litantrace polverizzati hanno la proprietà di rammollirsi al di sopra dei 350°C in assenza di aria e quindi di agglomerarsi, con cementazione più o meno marcata dei granuli carboniosi: questa proprietà si dice potere agglomerante: Si chiama litantrace magro o secco quello che ha un potere agglomerante scarso o nullo, mentre viene chiamato litantrace grasso quello dotato di notevole potere agglomerante e sul potere agglomerante del litantrace si basa il processo di cokerizzazione. I litantrace si dividono, in base alla percentuale di sostanze volatili che sviluppano: a fiamma corta o a fiamma lunga.

Per la sua composizione, che permette gli usi più svariati, e per la vastità dei giacimenti, è il più importante dei carboni fossili.

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Dal litantrace riscaldato ad elevate temperature (1000°C) in assenza di aria, si ricava il coke metallurgico. Quest’ultimo, separato dalle sostanze gassose e disposto strati con il minerale di ferro, viene utilizzato negli altiforni per la produzione di acciaio. Dunque il litantrace è utilizzato per ottenere gas di città, coke metallurgico, coke domestico e sostanze volatili. distillazione a 1000°C

lavaggio con H2O raffreddamento eliminazione di HNC

distillazione Dalle sostanze volatili si ottengono per condensazione il catrame di carbon fossile che, per ulteriore distillazione, dà idrocarburi aromatici e loro derivati tra cui il benzene, la toluene, la piridina e i fenoli. L’ammoniaca, l’acido cianidrico e i vari prodotti azotati e solforati contenuti in minima quantità nelle sostanze volatili vengono allontanati durante la distillazione. - Antracite: è il più antico dei carboni fossili e rappresenta il prodotto di un

avanzatissimo stadio di carbonizzazione dei vegetali. Ha un aspetto metallico, nero, lucente e compatto e che brucia con fiamma corta e lentamente, non fuma e non lascia alcun residuo durante la combustione. Contiene una altissima percentuale di carbonio (circa il 95%) e conseguentemente bassi tenori di ceneri e di sostanze volatili. Per il suo notevole potere calorifico è uno tra i migliori combustibili a fiamma corta.

Ideale per il riscaldamento, non trova grandi applicazioni industriali perché si preferisce il meno costoso litantrace. Si trova in terreni geologicamente molto antichi (Era primaria) ed è abbondante in varie località della Francia, della Svizzera, della Russia e negli USA. In Italia piccoli giacimenti si trovano in Val d’Aosta, in Piemonte (provincia di Cuneo) e nelle Alpi Liguri, in Sardegna.

Litantrace grasso

coke Sostanze volatili

ammoniaca

catrame

Gas di città

Benzene, toluene,

piridina e fenoli

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Approfondimento Informazioni aggiuntive sui vari tipi di carbone TORBA: è il carbone di età più recente, derivato dalla carbonizzazione di piante acquatiche o palustri (sfagni, piperacee, graminacee,ecc); si rinviene in aggregati spugnosi o stratificati, bruno-nerastri, nelle torbiere, che sono sedi di antiche paludi; dopo essere stata essiccata si utilizza in mattonelle. LIGNITE: costituisce uno spazio più avanzato di carbonizzazione dei vegetali; può presentarsi in vari aspetti: a tessitura legnosa e colore scuro (lignite xiloide); nera, compatta, con lucentezza resinosa (lignite picea); formata da residui vegetali cementati da una pasta scura (lignite morbosa). LITANTRACE: nero, compatto, lucente; viene usato, oltre che per il riscaldamento, per produrre coke (combustibile solido artificiale), catrame, gas illuminante, ecc.; ridotto in polvere viene utilizzato per fabbricare agglomerati o mattonelle, impiegati come combustibile per macchine e turbine a vapore. ANTRACITE: si presenta in masse nere lucenti, con fratture angolose o concoidi; è il carbone con il più alto potere calorifico; è impiegato soprattutto come combustibile; brucia con fiamma cortissima, con scarsa cenere e senza fumo.

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APPROFONDIMENTO : Problemi di inquinamento Sistemi di abbattimento e contenimento delle polveri Sono impiegati sia nella fase di emissione dal camino delle polveri prodotte dalla combustione, sia nella fase della movimentazione e di stoccaggio del carbone. Nel primo caso si fa uso di particolari apparecchiature, i precipitatori elettrostatici, che hanno una capacità di abbattimento delle polveri in uscita pari al 99,7%. Nel secondo caso, per evitare il formarsi di polveri, si umidifica il carbone nei punti di trasferimento e di stoccaggio. Inoltre, i depositi di carbone, che non devono superare i 10 metri di altezza, si proteggono dal vento con due sistemi: l’irrorazione con acqua e la costruzione di argini, alti almeno 15 metri, coperti da filari di alberi ad alto fusto. Smaltimento delle ceneri Le ceneri prodotte dalla combustione del carbone, invece di rappresentare un rifiuto solido da eliminare, possono essere riutilizzate per usi industriali:

• nella fabbricazione del cemento; • nella realizzazione del sottofondo dei rivestimenti stradali; • in edilizia, per ottenere laterizi, pannelli di isolamento, calcestruzzi leggeri.

Nel settore agricolo, poi, possono essere utilizzate come fertilizzanti. Esistono inoltre interessanti sperimentazioni per diminuire la produzione di sostanze inquinanti durante la combustione del minerale. Con l’applicazione di queste nuove tecnologie il carbone potrebbe affiancarsi, oggi, agli altri combustibili fossili, consentendone uno sfruttamento più equilibrato, e contribuendo ad una diversificazione delle fonti energetiche.

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Esercizio. Realizza un istogramma che rappresenti la percentuale di carbonio presente nei vari carboni (torba, lignite, litantrace e antracite) Contenuto di carbonio (%)

Tipo di carbone

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Risoluzione:

% Carbonio Torba 60 Lignite 75 Litantrace 93 Antracite 95

Percentuale di carbonio presente nei vari carboni

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Torba Lignite Litantrace Antracite

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Combustibili artificiali solidi I legni e i carboni trattati fisicamente o chimicamente, in modo da trasformare la loro costituzione, oppure trattati meccanicamente in modo da modificare la loro forma, vengono denominati combustibili artificiali. Tra essi c’è il carbone di legna ottenuto per trattamento chimico-fisico dei legni, il carbone coke ottenuto per trattamento fisico dei carboni fossili e infine gli agglomerati di carbone ottenuti per trattamento meccanico dei carboni fossili. - Carbone di legna: può essere ottenuto con l’antico metodo della

carbonaia, direttamente nel posto di raccolta, accatastando rami e tondelli di legna che vengono coperti da uno strato sottile di terra bruciati in carenza di ossigeno; oppure con il moderno metodo della distillazione, in apposite storte metalliche. Il carbone ottenuto con il metodo moderno è di qualità inferiore rispetto a quello ottenuto nelle carbonaie, ma permette di ottenere tutti i prodotti secondari della distillazione, quali acido acetico, alcol metilico, naftalina, fenoli, ecc.

Viene utilizzato come combustibile per usi domestici (carbonella) e per la metallurgia del ferro, grazie al suo basso contenuto di zolfo, ma anche, grazie al suo elevato potere assorbente, come disinfettante e decolorante (polvere di carbone). - Coke: si ottiene come residuo della distillazione a secco dei litantrace nelle

cokerie, ed è un carbone amorfo, duro, spugnoso, cioè quella parte di carbone che non volatilizza per effetto del riscaldamento. Brucia senza fumi intensi. A seconda del tipo di carbone che si distilla, della temperatura e della durata del riscaldamento, si può ottenere: il coke da gas e il coke metallurgico.

Il coke da gas, che si ricava dalla distillazione dei litantrace grassi a lunga fiamma, è nero e poco pesante e si impiega quasi esclusivamente per usi domestici. Il coke metallurgico, ricavato dalla distillazione dei litantrace grassi a corta fiamma, è di colore grigio ferro, pesante e compattissimo ed è costituito da carbonio quasi puro, duro, che brucia con maggiore difficoltà. Viene usato nelle fonderie e nelle industrie siderurgiche come riducente. - Agglomerati: L’estrazione dalla miniera dei carboni fossili e le successive

operazioni di frantumazione, cernita, lavaggio, ecc. conducono alla formazione di notevoli quantità di polveri, di detriti e di carboni facilmente sgretolabili. Essi difficilmente trovano impiego come tali ma vengono utilizzati per la fabbricazione degli agglomerati. Gli agglomerati sono ottenuti comprimendo tali residui a caldo negli appositi stampi mediante l’impiego di appositi leganti come il catrame e la pece. Le forme che assumono questi agglomerati sono quelle di mattonelle, ovuli o cubi per il vantaggio che questa forma presenta nel trasporto e stivaggio nelle navi. I migliori sono quelli di litantrace agglomerati con pece. Sono usati come combustibili per locomotive e navi.

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Effettua una ricerca sugli impieghi nel carbone ieri e sugli impieghi del carbone oggi. L’estrazione del carbone ed i problemi sociali connessi sono stati trattati in molti romanzi: ad esempio, Germinal di Emile Zola (1885).

I procedimenti di estrazione e di lavorazione A partire dal XVI secolo, in particolare in Inghilterra, per risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico degli impianti siderurgici, si comincia a sostituire il carbone di legna con quello fossile. Le prime miniere di carbone erano pozzi verticali, profondi circa 10 metri. Il carbone veniva tagliato e portato in superficie all’interno di cesti. Man mano che i pozzi diventavano più profondi e si scavavano gallerie laterali sempre più lunghe, aumentava la possibilità di frane,allagamenti, esplosioni causate dalla presenza di gas metano. Oggi i giacimenti di carbone sono ampiamente diffusi in tutto il mondo e Cina, ex URSS e USA sono i maggiori produttori a livello mondiale. Il ciclo del carbone comprende la coltivazione mineraria, il trasporto e la distribuzione, la combustione diretta o la conversione in prodotti vari, liquidi e gassosi. I giacimenti si trovano più comunemente in profondità, ma possono anche affiorare al livello del suolo. Il loro sfruttamento si può effettuare in due diversi modi: coltivazione a cielo aperto: l’estrazione viene effettuata in aree in cui il giacimento di carbone è molto vasto, si trova vicino alla superficie ed il carbone è facilmente rimovibile. La crosta rocciosa viene sbancata e con attrezzature speciali si rompe il carbone separandone grandi quantità in maniera rapida ed economica.

Questo sistema è dannoso dal punto di vista ambientale in quanto si crea un grosso scavo nel terreno e si solleva molta polvere nera che viene sparsa dai venti per decine di chilometri. Esaurita la miniera, la società mineraria deve provvedere a sistemare lo scavo, ristabilendo le condizioni iniziali. Miniera a cielo aperto

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coltivazione sotterranea: in questo caso vengono utilizzati diversi tipi di accesso alle vie sotterranee: pozzi verticali (che permettono l’accesso alle gallerie e che sono attrezzati con impianti di sollevamento) e gallerie inclinate o gallerie orizzontali (a diverse profondità e quindi disposte a livelli diversi, seguendo i filoni carboniferi) in quanto la profondità delle miniere può superare i 1.000 metri. In questo caso l’unico cambiamento nel paesaggio sono le montagne di rocce sterili che si formano in prossimità dei pozzi, invece sono alti i rischi per i minatori e per ridurre tali rischi si adottano numerose norme di sicurezza: le gallerie potrebbero franare e quindi vanno puntellate con centinature metalliche; l’acqua delle falde potrebbe allagare le gallerie e quindi viene sollevata in superficie con pompe; l’aria può circolare per tiraggio naturale, ma se le gallerie sono molto profonde si devono usare sistemi di aria forzata; il gas metano o grisou è spesso presente in sacche e potrebbe invadere le gallerie quando si abbatte una parete; per evitare le esplosioni si usano macchine ad aria compressa che non producono scintille. La salute del minatore è comunque esposta ad alti pericoli: le polveri respirate possono provocare la silicosi; il rumore delle perforatrici causa disturbi all’udito; l’aria sottoterra è calda e presenta molta umidità.

Impianti di sollevamento (1): sollevano, mediante cavi e motori, i montacarichi. Pozzi (2): sono gli accessi alla miniera, in cui si entra attraverso i montacarichi. Montacarichi (3): a bordo di essi scendono o salgono i minatori, le attrezzature e i materiali. Gallerie (4): sono scavate a vari livelli nel sotto suolo e consentono di raggiungere le varie zone del giacimento; sono rinforzate da armature in legno, in metallo o in muratura. Vagoncini (5): su rotaie, trasportano il carbone. Nastro trasportatore (6): dai vagoncini il carbone viene scaricato sul nastro e trasportato in superficie. Impianto di ventilazione (7): consente il ricambio dell'aria nelle gallerie. Pompa idrovora (8): aspira l'acqua dal fondo dei pozzi. Macchina tagliatrice (9): si muove avanti e indietro lungo la galleria, staccando il carbone dalle pareti. Macchina perforatrice (10): scava nuove gallerie affinché la tagliatrice possa accedere a nuove vene di carbone.

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Minatori (11): sono addetti al controllo delle macchine. Le miniere più moderne sono altamente automatizzate e i controlli vengono eseguiti da computer. Impianti di lavorazione e di stoccaggio (12).

Determinazione del valore commerciale dei combustibili fossili CAMPIONATURA DETERMINAZIONE DELL’UMIDITA’ DETERMINAZIONE DELLE CENERI DETERMINAZIONE DELLE SOSTANZE VOLATILI E DEL COKE Procuratevi pezzi di carbone ed osservateli con attenzione, servendovi di una lente di ingrandimento. Rompete qualche pezzo ed osservate le superfici di rottura. Si potrà scorgere l’impronta di qualche minuscola pianta fossilizzata, una di quelle che hanno dato origine al carbone. Inoltre potrete notare che si spezzano in modo diverso: alcuni tipi sono più duri e resistenti, altri più teneri e friabili. A che cosa attribuibile ciò? I vari tipi di carbone contengono diverse impurità (zolfo, minerali metallici) che determinano la differente consistenza.

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Esercizio. Realizza un aerogramma circolare che rappresenta la quantità di prodotti derivati dalla distillazione di 1 tonnellata di litantrace, tenendo conto dei dati riportati in tabella. Derivati Quantità [kg] Percentuale Coke 743 74,3% Gas 192 19,2% Catrame 53 5,3% Carburante 7 0,7% Ammoniaca 3 0,3% Carbone scorta 2 0,2% Riporta ora con il goniometro le ampiezze degli angoli ottenuti:

Prerequisiti: Realizza una ricerca sugli idrocarburi, distinguendo gli idrocarburi saturi (paraffine, nafteni) da quelli non saturi (alcheni, dieni e alchini) e da quelli aromatici (benzene, etil-benzene). In particolare analizza la loro struttura e quindi il tipo di legami carbonio-carbonio presenti nelle loro molecole.

• Quali sono i componenti del carbone? • A quale epoca risale la formazione dei carboni fossili? Quali fenomeni fisici l’hanno resa

possibile? • Perché i carboni di origine più antica sono i più pregiati? • Quali tecnologie possono diminuire gli effetti inquinanti del carbone?

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Risoluzione dell’esercizio:

Derivati dalla distillazione di 1 tonnellata di litantrace

Coke

Gas

Catrame

Carburante

Ammoniaca

Carbone scorta

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Esercizio. Cancella il termine che non ha nulla a che fare con gli altri * carbone * metano * acqua * petrolio* * carbonio * uranio * idrogeno * ossigeno * Esercizio. Se dovessi scegliere una materia prima da usare come fonte di energia per far funzionare un altoforno per la produzione di acciaio, preferiresti il carbone coke oppure la lignite? Perché? Esercizio. I problemi di inquinamento legati all’uso del carbone e le loro soluzioni. Abbattimento delle polveri dal camino

Produzione di materiali per uso industriale ed agricolo

Smaltimento delle ceneri Costruzione di argini con alberi e irrorazione con acqua

Abbattimento delle polveri di stoccaggio e di movimentazione

Installazione di precipitatori elettrostatici.

Esercizio. Completa la frase con i termini più opportuni. La torba che si ritrova in zone ____________ dette ____________, contiene una alta percentuale di __________ e si può utilizzare solo dopo un processo di _______________. distillazione. Dal litantrace si ricava con ____________ ad elevate temperature in ___________ di aria, il coke _________________. Esercizio. Riordina, inserendo la lettera esatta (A, B, C, D) nel riquadro, le vignette che illustrano le fasi di formazione del giacimento di carbone.

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Esercizio. Abbina i termini alla relativa definizione. Potere calorifico È l’immagazzinamento ed il

deposito di un materiale Biomassa È la trasformazione di un

materiale in carbone Stoccaggio È lo scarto di origine agricola o

industriale Carbonizzazione È la quantità di calore prodotto

durante la combustione Esercizio. Scegli l’affermazione esatta. Per movimentazione del carbone si intende: lo spostamento del minerale dalla miniera ai luoghi di utilizzo

La lenta trasformazione del minerale, dovuta a movimenti della crosta terrestre

L’uso del minerale come forza motrice per azionare macchine

Esercizio. Vero o Falso L’antracite contiene una alta percentuale di acqua

V F

Il carbon fossile si è formato dalla cellulosa delle piante

V F

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Combustibili naturali liquidi I combustibili liquidi, rispetto ai solidi, presentano notevoli vantaggi. Essi infatti lasciano solo quantità trascurabili di ceneri e presentano una maggiore regolarità nella combustione. Tra i combustibili liquidi hanno preponderante importanza il petrolio e i suoi derivati. - Petrolio greggio: Il suo nome deriva dalle due parole latine petra=pietra e

olium=olio cioè è un olio di pietra - dal termine usato dall’umanista e scienziato tedesco Agricola nella sua opera De Natura Fossilium del 1546.

APPROFONDIMENTO: Microstoria del petrolio Il petrolio era noto fin dall’antichità più remota grazie al fatto che in talune zone esso affiorava spontaneamente in superficie: gli Egizi ricavavano da esso la pece in cui immergevano le bende per fasciare le mummie; in Mesopotamia lo si utilizzava per impermeabilizzare le imbarcazioni; i Romani lo usavano per lubrificare le ruote dei carri; gli Indiani usavano il petrolio per curare malattie e ferite; i Cinesi e i Persiani lo usano per scopi bellici; presso molte popolazioni inoltre veniva usato come mezzo di illuminazione. Ma fu negli ultimi decenni del XIX secolo che il petrolio divenne una fondamentale fonte di energia, perché permise di risolvere il problema della propulsione dei veicoli su strada (più tardi anche gli aerei), poiché la macchina a vapore alimentata a carbone era troppo pesante ed ingombrante per automobili e motocicli. L’invenzione di motori a combustione interna, agili e leggeri, alimentati da derivati del petrolio, permise di risolvere il problema. Lo sfruttamento intensivo dei giacimenti petroliferi cominciò negli Stati Uniti nel 1859, quando, per la prima volta, fu trivellato un pozzo che ne rivelò la presenza anche nel sottosuolo. All’inizio fu utilizzato per il riscaldamento e l’illuminazione, oltre che per ottenere bitume e lubrificanti. Il successivo impiego nei motori richiese la nascita di una grande industria di trasformazione, poiché il petrolio non può essere usato nei motori così come si trova. A partire alla fine del XIX secolo, agli impieghi suddetti si aggiunse l’uso del petrolio come combustibile nelle centrali termoelettriche. Si innescava quella che oggi possiamo chiamare la Seconda Rivoluzione Industriale. Si tratta di uno sfruttamento ancora oggi in pieno svolgimento. Il petrolio è una miscela di idrocarburi (perché composto da due soli elementi: il carbonio e l’idrogeno) saturi e non saturi nei tre strati di aggregazione: solido, liquido e gassoso, che si trova generalmente dispersa entro masse rocciose porose e che contiene quantità di zolfo, azoto e ossigeno. E’ derivato dalla decomposizione di sostanze organiche formate da resti di organismi, accumulatisi in un ambiente per lo più marino e che costituivano nel loro insieme il plancton marino, insieme a fini sedimenti minerali, ad opera di batteri anaerobi (che operano in assenza di ossigeno). A temperatura ambiente, il petrolio si presenta come una miscela liquida infiammabile, densa e viscosa, oleosa, di colore scuro, che varia dal nero al rosso bruno a seconda della provenienza,con riflessi azzurri. Il petrolio può manifestarsi spontaneamente in superficie, ma in generale viene estratto dal sottosuolo tramite pozzi ottenuti mediante trivellazioni del suolo o del fondo marino. Più leggero dell’acqua sulla quale galleggia, si trova nei piccoli spazi che esistono tra le rocce sedimentarie. Quindi possiamo immaginare un giacimento di petrolio come una spugna lunga alcuni chilometri e larga centinaia di metri, tutta impregnata di petrolio. La sua composizione media è 80% Carbonio, 10% Idrogeno, 3% Ossigeno, 4% Zolfo e 3% di Azoto.

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In particolare la combustione di questi ultimi elementi è la causa dell’inquinamento dell’atmosfera.

Esercizio. Con i dati relativi alla composizione media del petrolio, costruisci un aerogramma quadrato:

Secondo le teorie più recenti, il petrolio si sarebbe formato nel corso di centinaia di milioni di anni per trasformazione chimica di alghe, plancton, animali e vegetali marini che si sono depositati sul fondo di acque salmastre come paludi, lagune, golfi e mari interni insieme con finissimi sedimenti minerali, come argille e sabbie formando il sapropel, una specie di “fango putrefatto”. L’instaurarsi di un ambiente privo di ossigeno (riducente), dovuto alla scarsa circolazione di acqua nei sedimenti argillosi, ha permesso a batteri anaerobi di sottrarre ossigeno e azoto alle sostanze organiche, arricchendole di carbonio e idrogeno. Successive modifiche, causate dall’aumento della pressione e della temperatura, causate dalle trasformazioni geologiche della Terra, hanno compattato e spinto il tutto a profondità maggiori. La pressione ed il calore del sottosuolo, in assenza di ossigeno, hanno favorito le reazioni chimiche da cui si originano idrocarburi liquidi e/o gassosi che hanno portato alla formazione del petrolio. Gradualmente, per effetto del peso dei sedimenti via via depositatisi, la crescente pressione ha determinato la solidificazione dei fanghi argillosi formando una roccia a grana fine: la “roccia madre petroligena”. In seguito, le rocce madri, sottoposte a elevate pressioni causate da movimenti tellurici, sono state praticamente distillate, per cui gli idrocarburi liquidi e solidi che si

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erano formati sono filtrati attraverso le fessure e le rocce permeabili circostanti e la risalita termina allorché gli idrocarburi hanno trovato uno sbarramento naturale rappresentato da rocce impermeabili in alto (ad esempio argille) e da vene d’acqua in basso: quelle che i geologi chiamano trappole petrolifere. A questo punto gli idrocarburi si sono accumulati nelle rocce porose (rocce magazzino) occupando tutte le cavità circostanti, secondo una precisa stratificazione la cui conoscenza è fondamentale nella prospezione dei giacimenti petroliferi. I magazzini e le trappole costituiscono i giacimenti petroliferi, che possono contenere idrocarburi solidi come i bitumi, idrocarburi liquidi come il petrolio e/o idrocarburi gassosi come il metano, sempre insieme all’acqua salmastra.

Attraverso strati di rocce permeabili, il petrolio si sposta dalle rocce magazzino fino a raggiungere o la superficie o strati impermeabili in cui resta intrappolato.

La ricerca del petrolio I giacimenti di petrolio sono dislocati un po’ dappertutto nel mondo, ma l’obiettivo è sempre quello di individuarne i più ricchi. La ricerca dei giacimenti petroliferi si effettua mediante diversi metodi che richiedono competenze diversificate come la geologia, la chimica e la sismologia: l’indagine geologica della superficie; il prelievo di campioni (il cosiddetto metodo del carotaggio); l’aerofotogrammetria, che consente di rilevare con rapidità i caratteri geologici e strutturali del territorio. Per conoscere invece la successione degli strati in profondità per alcuni chilometri, ci si serve di vari metodi geofisici quali la prospezione magnetica e sismica. La localizzazione del giacimento è la prima operazione, seguita dalla determinazione della sua profondità e della sua estensione. Per la localizzazione nel sottosuolo della presenza di un giacimento, si scelgono territori ricchi di rocce sedimentarie, escludendo i territori con rocce vulcaniche o granitiche, e le fotografie aeree danno le prime indicazioni sulle caratteristiche geologiche del territorio.

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Altre preziose informazioni vengono fornite dall’analisi del terreno: con l’aiuto di sonde si prelevano, a diverse profondità, campioni di roccia cilindrica, detti “carote”.

Dopo queste indagini preliminari, si utilizzano diversi sistemi di ricerca per individuare in modo più preciso la presenza di una trappola. Si possono, ad esempio, rilevare e studiare le variazioni della densità e del campo magnetico del terreno. Ciò consente di avere a disposizione dati significativi sulle caratteristiche del sottosuolo. Un altro metodo di indagine del sottosuolo, con lo scopo di individuare quelle zone in cui è alta la probabilità di individuare un giacimento, è quello di effettuare l’analisi sismologia del terreno: l’analisi viene fatta provocando artificialmente onde sismiche nel sottosuolo, molto simili a quelle originate dai terremoti, facendo esplodere delle cariche e registrando i tempi impiegati dagli strati rocciosi a riflettere le onde con l’ausilio di strumenti chiamati geofoni. L’interpretazione dei dati raccolti permette la ricostruzione della struttura stratigrafica del terreno, in modo da delineare l’andamento dei vari strati rocciosi profondi e l’individuazione di ipotetici giacimenti. Per verificare la presenza del giacimento e permettere la successiva estrazione del petrolio è necessario scavare pozzi nel terreno e perforare la roccia che lo racchiude. L’estrazione del petrolio Solo dopo che i risultati delle ricerche sono stati esaminati a fondo, si decide di procedere all’esecuzione di pozzi di prova, si stabilisce la loro collocazione ed ha inizio la trivellazione di pozzi profondi anche qualche migliaio di chilometri, che raggiungono e superano gli strati di rocce impermeabili. Il primo pozzo petrolifero venne scavato da Edwin L. Drake in Pennsylvania, nell’agosto del 1859; da allora sono state eseguite milioni di trivellazioni, la maggior parte delle quali si trovano sulla terraferma, ma sono ormai numerose anche le piattaforme marine, collocate in zone un cui la profondità dl mare è limitata a 100–200 metri. Per la trivellazione del pozzo si usa una sonda, costituita da una colonna di aste di acciaio cave alla cui estremità inferiore è avvitato un utensile da taglio, che può essere uno scalpello se il terreno da perforare è tenero, oppure rulli

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dentati conici i cui denti, se le rocce sono molto dure, sono costituiti da diamanti industriali o da carburo di tungsteno. Man mano che la perforazione prosegue, si aggiungono verticalmente altre aste, lunghe circa 9 metri, collegate fra loro con speciali manicotti. La batteria di aste è messa in rotazione da una piattaforma rotante a 100-250 giri al minuto collocata alla base della torre di perforazione “Derrick” (tipica torre a traliccio sopra il pozzo) ed azionata da potenti motori diesel, che forniscono l’energia meccanica necessaria. Al centro della torre gira la tavola rotante (sistema Rotary) che somiglia ad un tombino di fognatura di grandi dimensioni: Quest’ultima presenta al centro un’apertura quadrata di circa 30 cm di lato, in cui passa verticalmente una grossa asta di acciaio cava, anch’essa a sezione quadrata. Quando la tavola rotante è messa in movimento dai motori diesel, anche questa asta, detta Kelly, gira. Durante la trivellazione, un apposito fango di circolazione viene pompato all’interno delle aste cave, che scende fino allo scalpello e fuoriesce attraverso fori praticati nello scalpello, il fango poi risale in superficie nella intercapedine tra aste e pareti del pozzo fino ad un bacino superficiale dove viene filtrato e rimesso in circolo da una pompa di ciclo ininterrotto. Il fango di circolazione serve sia a raffreddare e lubrificare le punte dello scalpello sia a portare in superficie i frammenti di roccia e i detriti delle perforazioni, sia a consolidare le pareti del pozzo. La sagoma alta della torre è di notevole altezza per consentire il sollevamento di tre aste alla volta ogniqualvolta sia necessario sostituire lo scalpello, che si logora in breve tempo. Utilizzando la descrizione, osserva lo schema dei macchinari per la perforazione del suolo e descrivi ogni singola parte.

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MACCHINARI PER LA PERFORAZIONE DEL SUOLO

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ANALISI DEI MACCHINARI PER LA PERFORAZIONE DEL SUOLO

PARTI FUNZIONE

Struttura Derrick

Motori diesel

Tavola rotante

Asta di acciaio

Scalpello

Fango di circolazione

Scoperta la falda petrolifera, cioè scoperto il giacimento, le aste e la sonda vengono estratti dal pozzo ed i pozzi vengono rivestiti con tubi alla cui estremità viene raccordato un sistema di condotte e valvole detto “albero di natale”, che regolano il flusso del petrolio greggio che esce dal pozzo. Finché la pressione all’interno del giacimento è maggiore di quella atmosferica, il petrolio sale spontaneamente, ma lo sfruttamento fa calare la pressione e, quando questa diventa inferiore rispetto alla pressione atmosferica, per portarlo in superficie, occorre adoperare delle pompe aspiranti. Le ricerche petrolifere effettuate in mare aperto hanno dimostrato la presenza di giacimenti sotto il fondo marino, ma la realizzazione di impianti per il loro sfruttamento è tecnologicamente complessa e costosa. Se il fondale è basso, si costruiscono piattaforme solidamente ancorate al fondo, sostenute da piloni in ferro, e la perforazione avviene come in terraferma; se la profondità del fondale è invece elevata, si costruiscono piattaforme galleggianti e rimorchiabili (jack up) o semisommergibili che, pur essendo ancorate, possono compiere

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ampi spostamenti. In questo secondo caso le tecniche di perforazione sono particolarmente complesse.

Il petrolio estratto dal giacimento si chiama greggio ed è una sostanza molto densa ed oleosa, poco infiammabile, che non può essere usata direttamente. Il processo che permette l’uso di questa sostanza si chiama raffinazione. Quali sostanze hanno dato origine al petrolio? Quali rocce permettono l’accumulo del petrolio? Che cos’è un giacimento petrolifero? Quali operazioni servono per la ricerca e l’estrazione del petrolio?

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Esercizio. Nella frase che segue c’è un errore. Trascrivila correttamente. Le trappole sono giacimenti di petrolio sovrastati da rocce impermeabili. Esercizio. Realizza gli abbinamenti corretti. L’origine del petrolio

Si attua con la torre di perforazione

La localizzazione del giacimento

Avviene nelle rocce magazzino

La formazione del giacimento

Avviene nelle rocce madri

L’estrazione del petrolio

Si attua con il metodo sismico

Esercizio. Completa la frase Il petrolio è una miscela di ___________, uniti a piccole quantità di ________ __,

____________ e ________________.

Esercizio. Scegli l’affermazione corretta Il barile del petrolio viene usato per Far decantare il petrolio

Misurare il volume del petrolio

Calcolare il potere calorico del petrolio

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Il trasporto del petrolio Dopo l’estrazione, il petrolio viene separato dal gas, dai detriti e dall’acqua salata, con cui è miscelato nei giacimenti e viene trasportato mediante lunghissime tubazioni (oleodotti o pipeline, in inglese) nei centri di stoccaggio o di decantazione, dove viene immagazzinato in grandi serbatoi cilindrici o sferici e da qui, o con oleodotti o via mare con grandi navi petroliere, viene trasportato ai luoghi di raffinazione (raffinerie).

APPROFONDIMENTO: Le compagnie petrolifere La ricerca e l’estrazione del petrolio sono operazioni molto costose, che richiedono impianti e tecnologie avanzate. La prima serie di ricerche si sviluppò negli Stati Uniti, ad opera di grandi compagnie petrolifere che possedevano attrezzature e capitali. Successivamente le compagnie ottennero concessioni da parte di altri Paesi produttori, in cambio di una percentuale sul greggio estratto. Da qui nacque la fortuna delle società petrolifere multinazionali. Le principali furono sette, soprannominate le “sette sorelle”: Exxon, Texano, Mobil, Chevron e Gulf (di origine americana), Shell e BP (di origine europea). Nel 1960, cinque paesi produttori (Venezuela, Iraq, Iran, Kuwait e Arabia Saudita) diedero vita all’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries). Questa organizzazione, che in seguito si è estesa ad altri Paesi, si proponeva di stabilire un accordo sulla quantità di petrolio da esportare e sul prezzo del barile (il barile è un’unità di volume corrispondente a 159 litri). La crisi energetica del 1973 portò ad un consistente aumento del prezzo del petrolio, che da 4$ al barile salì oltre i 10$, con punte di 44$. Ciò ha reso economicamente possibile lo sfruttamento di nuovi bacini, come quelli, per esempio, del Mare del Nord, da cui in precedenza sarebbe stato troppo costoso estrarre questo idrocarburo. Dagli anni ’70, la quantità di petrolio sul mercato è dunque aumentata e, come per ogni merce, questo ha portato a riassestare il suo prezzo verso il basso. Anche in questo caso gli effetti non hanno tardato a farsi sentire. Due sono state le conseguenze più rilevanti: da una parte la crisi dei Paesi dell’OPEC la cui economia è fondamentalmente basata su questo prodotto, dall’altra la fusione dei tradizionali colossi della produzione. Infatti, per contenere le spese di produzione ed avere ancora un buon margine di guadagno, le grandi compagnie multinazionali si sono fuse tra loro: Exxon con Mobil, BP con Amoco, Shell con Royal Dutch, Total con Fina.

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Trasporto del greggio: Tecniche e problemi Il petrolio, una volta estratto dal giacimento, viene immesso in un sistema di tubazioni chiamato oleodotto (pipeline) per poter essere trasportato alle raffinerie o ai porti di imbarco. L’oleodotto è costituito da tubi in acciaio saldati, il cui diametro può giungere fino a 90 centimetri. Essi per lo più vengono interrati e possono coprire anche lunghe distanze. Stazioni di pompaggio spingono il petrolio che scorre all’interno dei tubi. La realizzazione di un oleodotto richiede uno studio approfondito del terreno in cui va collocato, per stabilire il percorso più agevole da far seguire alle tubature, e una continua manutenzione per prevenire guasti o riparare eventuali perdite. Giunto ai porti di imbarco il greggio viene caricato su petroliere o navi cisterna che, in seguito, lo trasporteranno alle raffinerie.

Nella seconda metà degli anni ’60 vennero costruite gigantesche navi, che potevano trasportare, in una sola volta, quantità di petrolio anche superiori alle 500.000 tonnellate. La tecnologia che ha permesso simili progressi ha reso però più gravi, sul piano ecologico, le conseguenze di possibili incidenti. Si ricorda, tra gli incidenti più gravi, quello che ha coinvolto la petroliera Exxon Valdez, che la notte del 24 marzo 1989 ha urtato contro uno scoglio sottomarino. Dalla stiva danneggiata uscirono 40 milioni di litri di greggio che, disperdendosi in mare, contaminarono una superficie di circa 3.000 km2, lungo le coste dell’Alaska. Da allora sono state migliorate le tecniche necessarie a contenere ed eliminare le chiazze di petrolio riversate in mare a causa di avarie delle petroliere, ma si è ancora ben lontani da una soluzione definitiva del problema. Il ripetersi di incidenti, con gravi conseguenze sul piano ecologico, ne è la triste dimostrazione.

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Esercizio. Il cartogramma da realizzare illustra l’utilizzo del petrolio nei Paesi europei, che sono tra i maggiori consumatori di petrolio. Come si può osservare i maggiori settori di impiego sono il riscaldamento, i trasporti e la produzione di energia. Il contenimento dei consumi petroliferi deve quindi cominciare da qui! Utilizzo del greggio in Europa Percentuale Prodotti chimici 3% Riscaldamento 35% Produzione materie plastiche 4% Trasporti 29% Energia 22% Altro 7% Totale 100%

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La raffineria E’ un impianto di grandi dimensioni, diviso in tre blocchi distinti: cisterne per lo stoccaggio del greggio, cisterne per il prodotto finito e torri per le diverse lavorazioni. Queste tre parti sono tra loro collegate mediante tubi che permettono una lavorazione a ciclo continuo.

Una raffineria di petrolio

La distillazione frazionata del petrolio Il petrolio greggio, essendo una miscela di idrocarburi, non è utilizzabile nella sua forma greggia, appena estratto dai giacimenti, ma deve essere sottoposto ad un processo di raffinazione, che consiste nella sua trasformazione in un certo numero di derivati di cui forse il più noto è la benzina. Per ottenere i diversi prodotti derivati dal petrolio, si procede inizialmente alla distillazione frazionata per separarne tagli (o frazioni) da destinare a vari usi: la distillazione è un processo che comporta la vaporizzazione e la condensazione del petrolio greggio. Segue poi la distillazione dei residui e quindi il processo di cracking ed il processo di reforming. La torre di distillazione La distillazione del petrolio viene effettuata in speciali colonne chiamate colonne di frazionamento (colonne di topping), alte fino ad 80metri, dopo averlo preriscaldato ed in parte vaporizzato a 350-400°C in speciali forni a serpentina chiamati pipe-still. Nella colonna di topping la temperatura è molto alta alla base e diminuisce via via che ci sia avvicina alla cima e il petrolio, attraversando la colonna dal basso verso l’alto, incontra una serie di ripiani, detti piatti, di acciaio sulla cui superficie avvengono scambi termici che portano le frazioni più volatili a separarsi da quelle meno volatili. Ogni piatto è mantenuto ad una specifica temperatura, che è sempre più bassa man mano che si risale la colonna. Ogni piatto contiene molti fori, muniti di

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camino e di campanella. I vapori, quando toccano la campanella che corrisponde alla temperatura della propria condensazione, diventano liquidi. In questo modo, inserendo speciali condotti a diverse altezze nella colonna, possono essere grossolanamente raccolte varie frazioni bollenti a differenti intervalli di temperatura, dalle quali con particolari processi di distillazione, si ottengono nuove frazioni più selezionate in punto di ebollizione e quindi meglio utilizzabili nei vari settori. Alle temperature più elevate (quindi nella parte bassa della colonna di topping) si condensano gli idrocarburi più pesanti: il gasolio e il cherosene. Più in alto, a minori temperature di condensazione, si ottengono nafta, benzine leggere e gas. Per poter aumentare la quantità di prodotti di più largo uso, come la benzina, si praticano ulteriori trattamenti sui distillati pesanti. Infatti, utilizzando forti pressioni ed alte temperature, si spezzano le molecole degli idrocarburi pesanti, ottenendo frazioni più leggere. Questo procedimento prende il nome di cracking (to crack= spezzare).

Le tre colonne laterali nelle quali avvengono le distillazioni si chiamano colonne di stripping. Queste colonne sono poste in serie e la frazione volatile uscente dall’ultima viene riconvogliata nella colonna di topping. Dalle tre colonne di stripping si isolano, partendo dal basso verso l’alto, rispettivamente:

� gli oli lubrificanti e gli oli combustibili, con punto di ebollizione,tra i 250°C e i 300°C;

� il cherosene e il gasolio, le frazioni medie, con punto di ebollizione tra i 180°C e i 260°C;

� gli olii leggeri, di prima distillazione, con punto di ebollizione tra i 160°C e i 180°C.

Dalla testa della colonna di topping, si ottengono vapori che, opportunamente condensati, danno una ulteriore frazione liquida che bolle a circa 100°C

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(benzine leggere) ed una frazione gassosa che, opportunamente trattata, dà luogo ai cosiddetti gas di petrolio liquefatti (GPL). Il residuo solido ottenuto in fondo alla colonna di topping viene convogliato, dopo preriscaldamento in pipe-still, all’interno di una successiva colonna di distillazione, che però funziona a pressione ridotta (colonna di vacuum) per evitare eventuali decomposizioni termiche a causa dell’eccessiva temperatura di ebollizione che il prodotto trattato ha a pressione normale e a temperature inferiori rispetto a quelle precedenti. Dall’alto di quest’ultima colonna si ottiene una frazione costituita dagli oli medi (300°C), mentre per ulteriori stripping si ottengono rispettivamente gli oli pesanti (330°C) e gli oli lubrificanti. Il residuo della colonna di vacuum, avente punto di ebollizione di oltre 360°C, costituisce una frazione di alto valore commerciale nel campo delle vernici (vernici bituminose), della produzione di asfalti stradali, di conglomerati (conglomerati bituminosi) e così via. Realizza lo schema di raffinazione del petrolio greggio, seguendo le indicazioni sopra riportate. Le quantità delle singole frazioni ottenute con la distillazione primaria differiscono in modo sensibile secondo la natura del greggio utilizzato, ma in genere il rapporto quantitativo tra esse non corrisponde alle richieste del mercato: quasi tutti i greggi sono infatti relativamente poveri di prodotti leggerei, più pregiati e richiesti. A riequilibrare tale rapporto si provvede con trattamenti di conversione, cioè operazioni che mirano a modificare le caratteristiche fisico-chimiche delle frazioni di scarso valore commerciale e di difficile utilizzazione, le quali

Colonna di

topping

Colonna

di

stripping

Colonna di

vacuum

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vengono trasformate in prodotti più leggeri e pregiati, per lo più benzine “ad alto numero di ottano”. cracking: poiché gli idrocarburi ad alto punto di ebollizione hanno valore commerciale relativamente minore delle benzine e dei gas combustibili, è stato messo a punto un processo termo-chimico che permette la scissione (rottura) delle lunghe catene degli idrocarburi ad alto peso molecolare (oli medi e pesanti) per ottenere molecole più semplici (basso peso molecolare), dando luogo sia ad oli leggeri sia ad idrocarburi gassosi. In questo modo non solo viene raddoppiata la resa in benzina, che è il prodotto più richiesto tra i derivati dal petrolio, ma si ottengono anche altri sottoprodotti di lavorazione di notevole interesse commerciale. Il processo consiste nel sottoporre gli oli pesanti e medi ad elevate temperature: in questo modo ha luogo una scissione, o cracking termico (dall’inglese to crack=rompere), che a partire da lunghe catene idrocarburiche genera molecole più piccole e quindi di più basso punto di ebollizione. Se si opera a temperature più basse, ma in presenza di opportuni catalizzatori (composti chimici che facilitano la rottura delle molecole pesanti), il processo è detto allora cracking catalitico. Questo è il processo che si usa maggiormente per ottenere benzine pregiate. reforming: Il reforming è un processo associato al cracking che, mediante l’uso di speciali catalizzatori al platino polverizzato, misto a silice ed alluminio, e portando ad alta temperatura e sotto pressione, la frazione da convertire, permette di ottenere da catene lineari, catene a struttura ramificata la cui presenza è importante per le benzine, poiché alza quella che ne è una delle più importanti caratteristiche: il numero di ottano. alchilazione: In questo processo vengono fuse insieme frazioni leggere di idrocarburi saturi e non saturi, ottenendo molecole più complesse e ramificate caratterizzate da un levato potere antidetonante. L’alchilazione si realizza riscaldando i gas ad alta pressione ed in presenza di catalizzatori come l’acido fluoridrico o l’acido solforico.

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Combustibili artificiali liquidi - Benzine: sono miscele di idrocarburi da 6 a 12 atomi di carbonio, liquidi e

leggeri utilizzati come carburanti nei motori a combustione interna o “motori a scoppio”, come solventi e come combustibile. L’intervallo di distillazione delle benzine è, come si è già detto, tra i 50°C e i 230°C. Hanno un odore caratteristico, un colore giallognolo ed un aspetto limpido. Sono molto volatili e fortemente esplosive.

Si conoscono diversi tipi di benzine, ottenute: o dalla distillazione frazionata del petrolio; o dalla miscela di idrocarburi, che si formano nel cracking, di oli minerali

pesanti e di bitume; o da prodotti derivati dalla rettificazione del catrame di lignite; o per via sintetica.

Una proprietà molto importante collegata con la composizione chimica di una benzina è la sua volatilità. Nei cilindri dei motori a scoppio infatti è necessario che si formi una quantità sufficiente di vapore tale da dare, in miscela con aria, una combustione con il dovuto rendimento Un’altra caratteristica importante è il potere antidetonante delle benzine, cioè la possibilità di essere compresse nei motori a scoppio senza esplodere spontaneamente; tale potere varia con il variare della percentuale di ottano (idrocarburo liquido presente come componente naturale del petrolio). Il numero di ottani, che indica tale proprietà, per le benzine “normali” deve essere non inferiore a 79 (per motivi fiscali e per evitare frodi, queste benzine vengono colorate in giallo con particolari sostanze in esse solubili), per le benzine “super” non inferiore a 90 e per le benzine “avio” da 80 a 130 (per distinguerle dalle normali vengono colorate in rosso). Esistono dei composti che, aggiunti in piccole quantità alla benzina, ne innalzano il numero di ottano e tra questi posso ricordare il piombo tetraetile Pb (C2H5)4, che però è un componente altamente tossico ed inquinante, nonché nocivo per i motori. Con sistemi più raffinati e costosi è possibile produrre benzine ad elevato numero di ottano, che contengono una minima quantità di piombo o ne sono addirittura sprovviste del tutto. In alternativa al piombo può essere aggiunto alcol etilico alla benzina nella misura del 5% ottenendo il necessario potere antidetonante. Poiché l’alcol etilico è un composto che deriva dalla fermentazione e distillazione dei prodotti agricoli, una benzina così trattata viene anche chiamata benzina verde il cui uso ha il doppio vantaggio di diminuire l’inquinamento da piombo e di incrementare la produzione in agricoltura. Purtroppo, gli ultimi studi hanno dimostrato che la cosiddetta benzina ecologica riversi nell’ambiente il benzene, una sostanza nociva alla salute umana.

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Lettura "Marmitta catalitica"

Il maggior responsabile dell’inquinamento atmosferico nelle città è l’automobile; il 70%

dipende dai suoi gas di scarico. Si può privare l’uomo del 2000 di un mezzo di trasporto che

ormai fa parte integrante della sua vita? Certamente no, ma si dovranno comunque trovare dei

rimedi per salvaguardare l’ambiente da un inquietante degrado.

La marmitta catalitica è senza dubbio uno degli strumenti più validi per prevenire

l’inquinamento atmosferico. In alcuni Paesi il suo uso sta diventando obbligatorio soprattutto

per le autovetture di cilindrata superiore ai 2000 centimetri cubi (cc). Essa viene realizzata

ponendo all’interno del tubo di scarico dei gas combusti, un reattore che serve a trasformare

almeno parzialmente l’ossido di carbonio (CO) in anidride carbonica ed acqua e gli ossidi di

azoto (Nox) in azoto e acqua. Il problema più difficile da superare è stato quello di mettere a

punto un sistema che fungesse contemporaneamente da ossidante e da riducente.

Ciò è stato realizzato ponendo su un monolito ceramico bucherellato uno strato di allumina

molto pura sul quale sono stati fatti depositare metalli attivi come palladio, platino e rodio.

Attraverso complessi meccanismi di catalisi eterogenea i gas di scarico, costretti ad attraversare

il monolito ceramico, vengono purificati dai loro componenti più dannosi prima di essere

scaricati nell’atmosfera. Condizione indispensabile perché questo meccanismo abbia una durata

ragionevole nel tempo è che la benzina sia esente da piombo: esso infatti disattiverebbe l’azione

catalitica dei metalli annullandone l’effetto (avvelenamento da catalizzatori). - Cherosene: è ottenuto dalla distillazione frazionata del petrolio: punto di

ebollizione tra 150° e 250°C. Si ottiene dopo le gasolina e prima degli oli. E’ un liquido di colore giallo pallido, con leggera fluorescenza verdastra.

Viene utilizzato, dopo opportuno trattamento, come carburante nei motori a reazione (nelle turbine), nell’agromeccanica e come combustibile per uso domestico. - Gasolio: è una frazione della distillazione degli oli minerali grezzi o degli

impianti di piroscissione, che viene prodotta dopo il petrolio e prima degli oli lubrificanti.

E’ usato principalmente come carburante per motori diesel, per automezzi pesanti ed è detto impropriamente nafta. Brucia senza sviluppare fumo e fuliggine, perciò è ideale come combustibile per riscaldamento domestico. - Nafta: termine generico utilizzato per indicare gli oli minerali combustibili. Oggi è comunemente usato per indicare un olio pesante, con fluidità variabile. Una volta trovava largo impiego come combustibile per riscaldamento, mentre oggi è vietato il suo utilizzo dalla legge antismog, ma viene ampiamente usato come combustibile per motori diesel ed impianti speciali.

- Lubrificanti: Con questo termine si indicano tutte quelle sostanze che, per

la loro elevata forza di adesione formano sulle superfici un velo tale da

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diminuire l’attrito tra le parti in contatto ed in movimento, diminuendo così l’usura delle strutture e lo spreco di energia motrice. Le caratteristiche principali di un buon lubrificante sono la sua elevata viscosità, l’assenza di acidità, la stabilità al calore ed un punto alto di infiammabilità. Inoltre, i lubrificanti devono avere un basso punto di congelamento, soprattutto quando vengono impiegati in Paesi a climi particolarmente rigidi.

I lubrificanti a più largo impiego sono quelli derivati dal residuo primario del petrolio greggio. Controllo delle caratteristiche chimico-fisiche dei combustibili liquidi VISCOSITA’ (viscosimetro di Engler) DENSITA’ DISTILLAZIONE FRAZIONATA (distillatore di Engler e il numero di distillazione ND) PUNTO DI INFIAMMABILITA’ (apparecchio di Abel-Pensky per combustibili leggeri e apparecchio di Martens-Pensky per oli pesanti e lubrificanti) PUNTO DI ACCENSIONE.

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Esercizio. Realizza un aerogramma circolare che rappresenta la quantità di prodotti derivati dalla distillazione di 1 tonnellata di petrolio greggio, tenendo conto dei dati riportati in tabella. Derivati Quantità [kg] Percentuale Olio combustibile 450 45% Gasolio 200 20% Benzina 110 11% Prodotti per l’industria chimica 75 7,5% Solventi per usi chimici 65 6,5% Petrolio 35 3,5% GPL e metano 25 2,5% Bitume per asfalti 20 2% Cheroseni 15 1,5% Oli lubrificanti 5 0,5% Totale 1.000 100% Riporta ora con il goniometro le ampiezze degli angoli ottenuti:

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I derivati del greggio

Olio combustibile

Gasolio

Benzina

Prodotti perl’industria chimica

Solventi per usichimiciPetrolio

GPL e metano

Bitume per asfalti

Cheroseni

Oli lubrificanti

APPROFONDIMENTO: La benzina senza piombo Nelle grandi città sono stati raggiunti livelli di inquinamento da traffico sempre più elevati, a causa delle emissioni prodotte dai carburanti. Ciò ha fatto sorgere la necessità di sostituire alcuni componenti dei carburanti, usati per aumentare il rendimento del motore. Infatti, per ridurre il fenomeno della detonazione, che causa logoramento e scarsa resa del motore, si usano benzine ad alto numero di ottano, numero corrispondente alla capacità antidetonante, che si ottengono con l’aggiunta di composti di piombo. Oggi, per evitare che questo prodotto tossico inquini l’aria, si preferisce un altro additivo, l’MTBE, sigla di un componente sintetico della “benzina verde”. Questo tipo di carburante, insieme all’uso di marmitte catalitiche, dotate cioè di filtri per abbattere gli inquinanti immessi nell’atmosfera con i gas di scarico, dovrebbe consentire un miglioramento della qualità dell’aria. Tuttavia è emerso di recente un altro problema collegato alla cosiddetta “benzina ecologica”: questa infatti riverserebbe nell’atmosfera il benzene, una sostanza molto pericolosa per la salute umana. Riepilogo Come viene trasportato il petrolio greggio dal giacimento al porto di imbarco? Che cosa sono, a cosa servono e quali problemi di tipo ambientale possono creare le petroliere? Quali sono i prodotti derivati dalla distillazione del petrolio? Che cos’è la benzina ecologica?

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APPROFONDIMENTO: Il consorzio obbligatorio degli olii usati L’utilizzo degli olii lubrificanti, derivati dalla distillazione del petrolio, ha creato un ulteriore problema ambientale. Infatti gli olii esausti, cioè già utilizzati, scaricati nelle fognature o direttamente nel terreno, causano l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere. Se, invece, sono eliminati bruciandoli, sviluppano gas e fumi cancerogeni. Per affrontare questo problema in Italia è stato istituito il Consorzio obbligatorio degli olii usati, con il compito di raccogliere e riutilizzare, dopo la decantazione (cioè la separazione delle varie sostanze) ed il lavaggio, gli olii esausti. Essi infatti vengono riutilizzati per l’80% come olio grasso (lubrificanti pesanti) e per il 20% come normale olio combustibile.

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Esercizio. Nella frase che segue c’è un errore. Trascrivila correttamente. L’aggiunta di composti di paraffina alla benzina riduce il fenomeno della detonazione e, quindi, il logoramento del motore, ma produce l’emissione di prodotti inquinanti Esercizio. Realizza gli abbinamenti corretti. Il trasporto del greggio

Si attua con la distillazione

La raffinazione del petrolio

Si attua con l’ebollizione e la condensazione dei vapori

La distillazione del petrolio

Avviene attraverso l’oleodotto

Esercizio. Completa la frase La distillazione è un procedimento utilizzato per separare un _________ dalle sostanze in esso

disciolte, che si attua mediante l’____________ e la successiva ________________ dei

vapori.

Esercizio. Scegli l’affermazione corretta Il petrolio si definisce greggio quando Contiene acqua salmastra

Scorre negli oleodotti

Deve essere ancora raffinato

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Combustibili naturali gassosi Il gas naturale è costituito da una miscela di idrocarburi gassosi, in cui predomina (per oltre il 90%) il metano, etano, propano e butano. Il metano si può trovare nei giacimenti associato al petrolio, poiché entrambi hanno la stessa origine. Esso ha assunto importanza come combustibile solo recentemente, con lo sviluppo di una tecnologia che ha risolto i problemi legati al trasporto e allo stoccaggio di questo gas. Il metano, come il petrolio, deriva dalla decomposizione di microrganismi animali e vegetali, depositatisi in zone acquitrinose e ricoperti di sabbia e limo. Sopra tale miscuglio oleoso, si è venuta a formare lentamente una sacca di un composto più leggero e pulito, un gas trasparente formato da due soli elementi: carbonio e idrogeno. Nel corso di millenni il gas leggero ha continuato a salire, infiltrandosi tra le rocce, fino a raggiungere la superficie terrestre.

Giacimento di metano

I combustibili gassosi presentano notevoli vantaggi rispetto a quelli liquidi: essi infatti oltre ad avere un elevato rendimento calorifico, non lasciano scorie di combustione e ciò diminuisce il pericolo di inquinamento ed aumenta la durata media degli impianti. Trasporto e distribuzione Il metano può essere trasportato allo stato gassoso trasportati, da un continente ad un altro, mediante gasdotti oppure allo stato liquido mediante navi metaniere. I gasdotti sono grosse tubature in acciaio speciale, resistente alla pressione del gas, del diametro anche superiore al metro. Per essere coibentate e rese impermeabili, tali tubature sono rivestite di juta e catrame. La liquefazione del gas è un processo complicato che consente, però di sfruttare giacimenti molto lontani dai luoghi di consumo, senza utilizzare lunghe e costose tubature. Attualmente il 78% del commercio avviene con gasdotti e il 22% con navi metaniere. Il gas, prima di essere convogliato nella rete di distribuzione per il consumo, viene immagazzinato in grandi serbatoi o in bacini sotterranei. Qui la pressione

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viene ridotta a valori bassi e si addiziona il gas con una particolare sostanza odorizzante, che permette di avvertire eventuali fughe: esso infatti è un gas inodore e incolore, non velenoso, ma irrespirabile. Quindi il metano viene immesso nelle tubazioni cittadine, fino ad arrivare, attraverso opportune ramificazioni ai singoli edifici e, quindi, direttamente all’utente, eliminando così la necessità di installare un serbatoio. Ciò consente all’utente di pagare solo la quantità di combustibile consumata, per mezzo della lettura del contatore. Esercizio. Rappresenta con un aerogramma le due diverse modalità di trasporto dl metano, ricavando i dati in percentuale dal testo. - Metano: idrocarburo gassoso (CH4) fu scoperto dallo scienziato italiano

Alessandro Volta intorno al 1800 e chiamato originariamente gas delle paludi. Rappresenta il primo termine della serie idrocarburica delle paraffine. E’ un gas incolore e inodore, più leggero dell’aria, non velenoso ma irrespirabile, poco solubile in acqua, E’ presente nei giacimenti di carbon fossile, dove combinandosi con l’aria, forma il grisou, una miscela altamente esplosiva. Viene estratto con il petrolio da giacimenti analoghi.

Il metano estratto in Italia (esistono notevoli giacimenti nella Pianura Padana, in Abruzzo e in Sicilia) è particolarmente puro (98%) e non richiede trattamenti prima della distribuzione. Dunque non è un prodotto di trasformazione!

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Giacimenti di gas naturale e di petrolio in Italia

Viene utilizzato come combustibile da riscaldamento (addizionato al gas di città) e trova impiego come materia prima nell’industria petrolchimica (per produrre ammoniaca, da cui si ottengono fertilizzanti e per produrre metanolo, da cui si produce la plastica) e come carburante per autotrazione (infatti il suo Numero di Ottano è superiore a 100). Il consumo di metano per uso domestico è in continuo aumento, essendo parecchi i centri urbani che stanno procedendo alla metanizzazione della loro rete di distribuzione. L’Italia utilizzando sempre più questa fonte di energia, da un decennio a questa parte ne è diventata uno dei maggiori importatori, mentre prima riusciva, con i suoi giacimenti, a far fronte al fabbisogno nazionale. Nel 1981 è stato inaugurato il metanodotto che, attraverso 3.000 km, collega l’Italia all’Algeria. Il progetto GALSI (10 miliardi di metri cubi di metano l’anno) prevede un gasdotto di collegamento tra l’Algeria e la Sardegna con prolungamento all’Italia. Avrà come punto probabile di arrivo la Toscana. Il consorzio GALSI è composto da da 7 azionisti: 36% Sonatrac (compagnia petrolifera di Stato algerina), socio di maggioranza relativa, 18% Edison (Italia), 13,5% Enel produzione (Italia), 13,5% Wintershall (Germania), 9% Hera (Italia), 5% Sfirz (Italia- regione Sardegna) e 5% Progemisa (Italia, regione Sardegna).

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Il progetto GALSI. Un gasdotto che secondo gli esperti diventerà un’alternativa al passaggio dal canale di Sicilia attraverso il Transmed dell’Eni, attualmente l’unico “corridoio” di transito nel Mediterraneo, sul quale viaggiano 25 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno.

I gas di petrolio liquefatti, indicati commercialmente con la sigla GPL (gas di petrolio liquefatto), sono costituiti da una miscela di propano e butano, distribuiti in bombole sotto pressione allo stato liquido, soprattutto nelle località che sono prive di altri gas combustibili. - Propano: (C3H8) idrocarburo gassoso della serie alifatica; inodore, non

tossico, brucia con fiamma luminosa. E’ abbondante nei gas naturali e in quelli di cracking del petrolio. Per deidrogenazione del petrolio si ottiene il propilene, da cui si ricavano idrocarburi molto ramificati, utilizzati per aumentare il numero di ottani delle benzine.

- Butano: (C4H10) idrocarburo saturo di cui sono noti due isomeri: il butano normale e l’isobutano, ottenuti entrambi per distillazione frazionata del petrolio grezzo. E’ un gas incolore, insolubile in acqua.

Il propano e il butano si usano per cucinare e riscaldare, ma vengono anche utilizzati come carburante per i mezzi di trasporto. Da essi inoltre si ricavano altre sostanze chimiche utilizzate, ad esempio, per la produzione della plastica.

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Combustibili artificiali gassosi Sono sostanzialmente i gas di gasogeno. Il gasogeno è un impianto utilizzato nelle industrie e nei grossi centri urbani dove si fa avvenire una combustione parziale del carbon coke arroventato a circa 1.000°C in presenza di aria e in difetto o/e di vapore d’acqua. In tal modo si possono ottenere tre tipi di gas: � il gas d’aria (che si ottiene per combustione in difetto di aria secondo la

reazione 2C + O2 + 4N2 2CO + 4N2 e il gas risultante contiene i 2/3 di azoto e quindi ha un potere calorifico basso)

� il gas d’acqua (che si ottiene iniettando una corrente di vapore d’acqua sul coke rovente secondo la reazione C + HO2 CO + H2 – 30Kcal, che ha un alto potere calorifico ma ha un basso rendimento perché la combustione si interrompe in modo intermittente)

� il gas misto (viene detto anche gas povero e si ottiene iniettando una miscela di aria e di vapore d’acqua sul coke rovente secondo una reazione che è la risultante delle due reazioni precedenti. La miscela d’aria- vapore deve essere dosata al fine di poter mantenere acceso sempre l’impianto ottenendo così un ciclo continuo)

- Gas illuminante o gas di città: è chiamato così perché venne impiegato

per l’illuminazione pubblica a Londra nel 1813 e a Milano nel 1832. E’ un gas incolore, di odore caratteristico che brucia bene.

Si ottiene dalla distillazione del litantrace e risulta composto da idrogeno, idrocarburi, ossido di carbonio e altri gas ed il residuo è il carbon coke, utilizzato negli altiforni per la fusione del minerale di ferro. Questo gas è stato in gran parte sostituito dal GPL negli anni 50 e 60 e, negli anni 70, dal metano, perché tossico, a causa della presenza di ossido di carbonio, e perché capace di fornire solo la metà delle calorie del metano. Lo si può trovare utilizzato per uso domestico in combinazione con i gas naturali (metano, butano e propano) perché la miscela ne aumenta il potere calorifico portandolo fino a circa 3.500-4.000 Kcal/m3.

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Esercizio. Ogni giorno una famiglia di tre persone usa, per i servizi igienici (vasca da bagno, doccia, lavabo,..) circa 500 litri di acqua calda a 40°C. Supponendo che l’acqua abbia una temperatura iniziale di 18°C, calcola quante sono le kilocalorie sviluppate e quanti metri cubi di metano occorrono per scaldare quella quantità di acqua (il potere calorifico del metano è 9.000 [kcal/m3]) Il rapporto litro/dm3 è: 1 litro=1 dm3

Il rapporto grammo/cm3 è: 1 grammo=1 cm3 , dunque 1.000gr=1kg= 1 dm3

Dalle relazioni precedenti risulta che 500 litri sono pari a 500 dm3 e quindi pari a 500 kg La kilocaloria è la quantità di calore necessaria per elevare di 1°C la temperatura di 1kg di acqua. Nel nostro caso dobbiamo elevare di 14°C (da 18°C a 40°C) la temperatura di 500 kg di ’acqua: 1kcal 1°C 1kg 14Kcal 14°C 1kg 500 * 14 Kcal 14°C 500Kg Quindi occorre sviluppare 500*14=7.000 kcal per scaldare di 14°C i 500 litri di acqua. Conoscendo il potere calorifico del metano, si calcolano i metri cubi di metano occorrenti: 7.000 [Kcal] : 9.000 [Kcal] = x : 1 [m3] e dunque: x= 7/9 [m3] = 0,77 [m3] APPROFONDIMENTO: Riserve di metano e produzioni La distribuzione geografica delle riserve di gas naturale è poco omogenea, dato che l’Europa Orientale ed il Medio Oriente detengono quasi il 68% delle riserve mondiali. La produzione di questo gas è aumentata progressivamente, nel corso degli anni, raggiungendo nel 1989 il valore di 2014 miliardi di metri cubi. L’ex Unione Sovietica è la maggiore produttrice mondiale (37% della produzione totale), seguita dagli USA (30% circa della produzione totale). La tecnica usata per lòa ricerca e la perforazione delle riserve è sostanzialmente uguale a quella già vista per il petrolio. Il metano in Italia In Italia, circa il 40% di gas naturale è oggi utilizzato per soddisfare la domanda derivante dagli usi domestici e dal terziario ed il 30% per rispondere alle richieste dell’industria. Il resto è impiegato nelle centrali termoelettriche o per usi non energetici. Il metano arriva in Italia dall’ex Unione Sovietica con un metanodotto che parte dal confine tra Austria e Repubblica Slovacca e, dopo un percorso di circa 700 chilometri, giunge alle porte di Cremona. Un altro metanodotto, lungo circa 800 chilometri, proviene dall’Olanda e supera le Alpi a 2.400 metri di altitudine. Altri rifornimenti vengono dall’Algeria: qui un metanodotto, il Transmed, lungo 2.500 chilometri, attraversa il Mar Mediterraneo con tubi posati a circa 600 metri di profondità. Poi c’è il metano italiano, della Pianura Padana, della Costiera Adriatica, della Sicilia e dei pozzi marini dell’Adriatico e dello Jonio. Non è molto e viene estratto con parsimonia, perché, per ora, è più conveniente comprarlo dai Paesi che ne producono grandi quantità. L’ENI: Ente Nazionale Idrocarburi In Italia, è stato creato nel 1953, un organismo, l’ENI a cui è stato affidato il compito di “promuovere ed attuare iniziative di interesse nazionale nel campo degli idrocarburi e dei vapori naturali”. L’ENI, secondo il concetto di Enrico Mattei, che ha legato il suo nome alla nascita e allo sviluppo dell’ente, è nato come ente economico a servizio della comunità nazionale. Nel dopoguerra, infatti, Mattei ha sviluppato importanti attività imprenditoriali per rendere meno pesante la dipendenza dell’Italia dalle compagnie petrolifere private internazionali. La ricerca da lui promossa, anche su territorio nazionale, ha permesso la scoperta del primo importante giacimento metanifero nella Pianura Padana.

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Riepilogo Come si è formato il metano? A quale altro combustibile si trova associato? Attraverso quali strutture il metano viene distribuito dai luoghi di produzione a quelli di consumo? Quali trattamenti deve subire il metano per essere utilizzato? Quali Paesi sono i principali fornitori di metano dell’Italia? Esercizio. Nella frase che segue ci sono errori. Trascrivila correttamente. L’Italia possiede ingenti riserve di metano. Per questo è del tutto autosufficiente e non acquista gas naturale da nessun Paese straniero Esercizio. Realizza gli abbinamenti corretti. La distribuzione del metano

Avviene nei serbatoi

Il trasporto

Avviene nelle tubazioni cittadine

Il deposito

Avviene attraverso i metanodotti

Esercizio. Completa la frase Il metano, come il _________ deriva dalla decomposizione di microrganismi ____________ e

________________ , depositatisi in __________________ acquitrinose e ricoperti di sabbia e

di limo.

Esercizio. Scegli l’affermazione corretta Il metano è un combustibile pulito perchè Brucia producendo scarsa quantità di calore

Brucia senza produrre odori molesti

Brucia producendo molto calore e nessun tipo di scoria