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UN RIPENSAMENTO DELL’ORDINE DI ESAME DEI RICORSI PRINCIPALE ED INCIDENTALE, NELLA NECESSARIA E POSSIBILE LETTURA CONGIUNTA DEI PROFILI TECNICO- PROCESSUALE ED ASSIOLOGICO (NOTA A CONS. STATO, AD. PLEN., 7 APRILE 2011 N. 4). 1. La decisione in sintesi. Con la sentenza n. 4, decisa il 21 marzo 2011 e pubblicata il 7 aprile 2011, l’ Adunanza Plenaria torna sulla questione dell’ordine dell’esame del ricorso incidentale (o dei ricorsi incidentali) e di quello principale, in materia di impugnazione dell’aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, allorquando il ricorrente principale contesti la legittimità dell’aggiudicazione, (anche) in ragione dell’illegittimità dell’ammissione dell’impresa aggiudicataria e di tutte le altre concorrenti, e ciascun controinteressato, mediante ricorso incidentale, lamenti, per contro, l’invalidità dell’ammissione del ricorrente principale e di tutti gli altri concorrenti. Il supremo consesso amministrativo, innanzitutto, ribadisce, probabilmente in via definitiva 1 , l’indirizzo già espresso 2 , in ordine alla 1 Visto l’esaurimento dell’efficacia della previgente disciplina di cui all’art. 23 bis della l. TAR, la cui trasfusione nel codice del processo amministrativo ha costituito occasione legislativa per la risoluzione della questione sul termine di proposizione di motivi aggiunti: per il rito abbreviato “generale”, infatti, il dimezzamento dei termini processuali non riguarda, per il primo grado, la proposizione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti (art. 119, c. 2, c.p.a.); mentre, per il rito speciale degli appalti, i termini de quibus sono tutti sottoposti al dimezzamento (art. 120, c. 5), tranne il termine per la proposizione del ricorso incidentale, non riportato fra le eccezioni all’applicazione dell’art. 119 anche nel contenzioso in materia di appalti pubblici di cui al comma 3 dell’art. 120 c.p.a., con conseguente applicazione del termine ordinario di sessanta giorni. Tale asimmetria è stata rilevata dalla dottrina, la quale ha messo in luce anche l’illegittimità costituzionale di questa differenza nei termini di proposizione dei gravami principale ed incidentale, in ragione della lesione del principio del contraddittorio e della “parità delle armi” (art. 111, c. 2, Cost.). Sul punto, G. CORSO, Il rito abbreviato, relazione tenuta al Convegno Il contenzioso sui contratti pubblici un anno dopo il recepimento della direttiva ricorsi, svolto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi “Magna Graecia” di Catanzaro il 29 e 30 aprile 2011; nonché F. FIGORILLIM. D’ORSOGNA, in F. G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2011., p. 326, nota 137. 1

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UN RIPENSAMENTO DELL’ORDINE DI ESAME DEI RICORSI

PRINCIPALE ED INCIDENTALE, NELLA NECESSARIA E

POSSIBILE LETTURA CONGIUNTA DEI PROFILI TECNICO-

PROCESSUALE ED ASSIOLOGICO (NOTA A CONS. STATO, AD.

PLEN., 7 APRILE 2011 N. 4).

1. La decisione in sintesi.

Con la sentenza n. 4, decisa il 21 marzo 2011 e pubblicata il 7 aprile

2011, l’ Adunanza Plenaria torna sulla questione dell’ordine dell’esame del

ricorso incidentale (o dei ricorsi incidentali) e di quello principale, in

materia di impugnazione dell’aggiudicazione di appalti pubblici di lavori,

servizi e forniture, allorquando il ricorrente principale contesti la legittimità

dell’aggiudicazione, (anche) in ragione dell’illegittimità dell’ammissione

dell’impresa aggiudicataria e di tutte le altre concorrenti, e ciascun

controinteressato, mediante ricorso incidentale, lamenti, per contro,

l’invalidità dell’ammissione del ricorrente principale e di tutti gli altri

concorrenti.

Il supremo consesso amministrativo, innanzitutto, ribadisce,

probabilmente in via definitiva1, l’indirizzo già espresso2, in ordine alla

                                                            1  Visto  l’esaurimento  dell’efficacia  della  previgente  disciplina  di  cui  all’art.  23  bis  della  l.  TAR,  la  cui trasfusione nel codice del processo amministrativo ha costituito occasione  legislativa per  la risoluzione della questione sul termine di proposizione di motivi aggiunti: per il rito abbreviato “generale”, infatti, il dimezzamento  dei  termini  processuali  non  riguarda,  per  il  primo  grado,  la  proposizione  del  ricorso introduttivo,  del  ricorso  incidentale  e  dei motivi  aggiunti  (art.  119,  c.  2,  c.p.a.); mentre,  per  il  rito speciale degli appalti, i termini de quibus sono tutti sottoposti al dimezzamento (art. 120, c. 5), tranne il termine  per  la  proposizione  del  ricorso  incidentale,  non  riportato  fra  le  eccezioni  all’applicazione dell’art. 119 anche nel contenzioso  in materia di appalti pubblici di cui al comma 3 dell’art. 120 c.p.a., con conseguente applicazione del termine ordinario di sessanta giorni. Tale asimmetria è stata rilevata dalla  dottrina,  la  quale  ha messo  in  luce  anche  l’illegittimità  costituzionale  di  questa  differenza  nei termini di proposizione dei gravami principale ed  incidentale,  in ragione della  lesione del principio del contraddittorio e della “parità delle armi” (art. 111, c. 2, Cost.). Sul punto, G. CORSO,  Il rito abbreviato, relazione  tenuta  al  Convegno  Il  contenzioso  sui  contratti  pubblici  un  anno  dopo  il  recepimento  della direttiva ricorsi, svolto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi “Magna Graecia” di Catanzaro  il 29 e 30 aprile 2011; nonché F. FIGORILLI‐ M. D’ORSOGNA,  in F. G. SCOCA  (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2011., p. 326, nota 137. 

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non sottoposizione del termine di proposizione dei motivi aggiunti al

“dimezzamento” dei termini, nel rito di cui all’art. 23 bis della legge 6

dicembre 1971 n. 1034 (legge TAR), applicabile ratione temporis alla

controversia in esame.

Quanto alla questione sull’ordine di trattazione dei ricorsi, principale ed

incidentale, l’unica affrontata fra quelle sollevate dall’ordinanza di

rimessione3, il collegio afferma che il ricorso incidentale, nell’ipotesi

precedentemente delineata, debba essere esaminato prima del ricorso

principale e che l’accoglimento del primo comporta l’inammissibilità del

secondo.

L’argomentazione che conduce a tale conclusione muove dalla

constatazione per la quale l’attuale disciplina del ricorso incidentale (art. 42

c.p.a.) sembra aver indebolito ulteriormente le ragioni degli assertori

dell’accessorietà del ricorso incidentale, rispetto al previgente art. 37 del

R.D. 26 giugno1924 n. 1054 (T.U.C.D.S.), richiamato, per i giudizi di

primo grado, dall’art. 22 della legge TAR.

L’ordine di trattazione delle questioni introdotte in giudizio, che non è

nella disponibilità delle parti, perciò, e non soffre di limitazioni di tipo

formale, derivanti dalle modalità con le quali esse devono essere proposte,

deve informarsi ad un criterio sostanziale e funzionale, con riguardo,

                                                                                                                                                                              2 Da Cons. Stato, Ad. plen., 15 aprile 2010 n. 1,  in Urb. e app., 2010, p. 745,  laddove si afferma che  il termine per  la proposizione dei motivi aggiunti nel rito di cui all’art. 23 bis  l. TAR è di sessanta giorni, parimenti  a  quello  di  proposizione  del  ricorso  introduttivo,  poiché  la  ratio  della  sottrazione  alla dimidiazione dei termini è da individuarsi nella garanzia del diritto di difesa (art. 24 Cost.), rintracciabile anche per la proposizione dei motivi aggiunti. 3 Cons. Stato,  sez. VI, ord. 18 gennaio 2011 n. 351,  in www.giustizia‐amministrativa.it, aveva  rilevato anche  le  questioni  in  ordine  a:  l’ambito  dell’onere  di  impugnazione  immediata  del  bando;  la legittimazione  ad  impugnare  questo  atto;  i  limiti  di  ammissibilità  di  un’a.t.i.  e  di  un  consorzio “sovrabbondanti”  rispetto  ai  limiti minimi  indicati  nel  bando;  la modificabilità  “per  riduzione”  della compagine organizzativa delle a.t.i. e dei consorzi, in corso di gara; la necessità che le imprese di settore che  impugnino  gli  atti  di  una  procedura  di  gara  senza  bando  alla  quale  non  abbiano  partecipato, dimostrino il possesso dei requisiti di ammissione alla gara. 

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appunto, alla funzione dei rilievi delle parti, indipendentemente dal fatto

che siano stati sollevati mediante memoria o con ricorso incidentale.

L’esame delle questioni, poi, in base all’art. 76, comma 4, c.p.a. va

condotto alla stregua dell’art. 276, secondo comma, c.p.c., il quale prevede

che “il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le

questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e, quindi, il

merito della causa”, regola ritenuta di pacifica applicazione al processo

amministrativo anche prima del d. lgs. 2 luglio 2010 n. 104 che ha adottato

il codice del processo amministrativo.

Il ricorso incidentale che mira all’annullamento dell’ammissione del

ricorrente principale4 attiene, funzionalmente, alla contestazione della

legittimazione ad agire del ricorrente, cioè introduce in giudizio la

questione della titolarità di un interesse giuridicamente tutelato in capo a

questa parte. E, poiché le questioni attinenti i presupposti e le condizioni

dell’azione sono pregiudiziali rispetto all’esame nel merito del ricorso

principale, il ricorso incidentale deve essere esaminato per primo.

La fondatezza del ricorso incidentale, poi, implica la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso principale, dato che l’interesse “strumentale”

alla ripetizione della gara5, configurabile in capo al ricorrente principale

che, pur illegittimamente ammesso ad offrire, lamenti l’illegittimità

dell’aggiudicazione, per la mancata esclusione dell’aggiudicatario, non

costituisce interesse giuridicamente tutelabile e, quindi, il ricorrente risulta

sfornito di legittimazione attiva6.

                                                            4 Da ora in poi, il riferimento all’assetto delle parti, dei reciproci poteri e dei loro interessi sarà operato in  relazione  all’ipotesi  in  cui  le  imprese  partecipanti  alla  gara  siano  soltanto  due,  per  semplificare  i passaggi logici. Ciononostante, il ragionamento può essere esteso a tutte le fattispecie in cui ogni parte contesti  la  legittimità  dell’ammissione  di  tutte  le  altre  imprese  concorrenti,  indipendentemente  dal numero di esse, come rilevato anche dalla sentenza in questione. 5 Come definito da Cons. Stato, Ad. plen. 10 novembre 2008 n. 11, in Urb. e app., 2009, p. 41. 6  Si  tratta  della  tesi  sostenuta  da  R.  VILLATA,  Riflessioni  in  tema  di  ricorso  incidentale  nel  giudizio amministrativo di primo grado (con particolare riguardo alle impugnative delle gare contrattuali), in Dir. 

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Una volta accertato, infatti, che il ricorrente non risulta più partecipante

alla gara, in ragione dell’annullamento del provvedimento di ammissione in

accoglimento del ricorso incidentale, “la posizione legittimante attribuita al

solo concorrente ammesso illegittimamente alla gara si connetterebbe ad

una mera circostanza di fatto, incentrata, oltre tutto, sulla errata valutazione

compiuta dalla stazione appaltante nel corso della gara”7.

L’interesse alla ripetizione della gara, poi, non assurge a situazione

legittimante, poiché manca, a questo interesse, la necessaria e specifica

copertura normativa, la quale soltanto giustifica l’ampliamento della

legittimazione attiva, riconosciuta in altre ipotesi, in ragione della

“promozione” di tali interessi a situazioni giuridiche soggettive.

Unico temperamento di carattere generale al principio stabilito,

derivante da ragioni di “economia processuale”8, risulta essere, infine,

quello di manifesta infondatezza, inammissibilità, improcedibilità o

(dovrebbe aggiungersi) irricevibilità del ricorso principale, il cui più

agevole rigetto, senza esaminare il ricorso incidentale, comporta la previa

trattazione del ricorso principale. A tale eccezione si affiancano ipotesi,

come quella in cui il ricorrente abbia censurato la legittimità del bando,

proponendo una questione che ha carattere di pregiudizialità rispetto a

quella sollevata, con finalità c.d. “escludente”, dal ricorrente incidentale. In

questi casi, però, trovano comunque applicazione il principio funzionale ed

il canone della pregiudizialità, discrimini per l’individuazione dell’ordine

di trattazione delle questioni, indipendentemente dal mezzo processuale

                                                                                                                                                                              proc. amm., 2009, sintetizzata dallo stesso A. a p. 333,  in seguito a Cons. Stato, Ad. plen., n. 11/2008, cit.. 7 Così la sentenza che si commenta, al punto 46 della motivazione. 8 Già considerate, in combinazione con il principio di logicità e di parità delle parti, sintomo di un modo di argomentare “eccessivamente discrezionale e svincolato da qualsiasi controllo”,  imputabile a Cons. Stato, Ad. plen. 10 novembre 2008 n. 11,  in Urb. e app., 2009, p. 41, come affermato da G. TROPEA, La plenaria  prende  posizione  sui  rapporti  fra  ricorso  principale  e  incidentale  (nelle  gare  con  due  soli concorrenti). Ma non convince, in Dir. proc. amm., 2009, p. 221. 

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con cui sono state introdotte, e, quindi, se può parlarsi di eccezioni, esse lo

sono solo rispetto all’ordine di esame dei ricorsi individuato nella

fattispecie, esemplificativa, in cui non vi sono impugnazioni di atti diversi

dall’aggiudicazione e dalle ammissioni di tutti i concorrenti, ma non

rispetto al principio che ha condotto alla conclusione contenuta nel

principio di diritto9.

2. Analisi critica della decisione: il punto di vista tecnico-processuale.

Nella pronuncia che si commenta vi sono due assiomi: l’affievolimento

del carattere dell’accessorietà del ricorso incidentale nell’attuale disciplina

e la distinzione fra interesse a ricorrere10 e legittimazione ad agire11.

                                                            9 Nel senso che anche queste  ipotesi,  invece, costituiscano eccezione alla statuizione  in commento, G. PELLEGRINO,  La  Plenaria  e  le  “tentazioni”  dell’incidentale  (Nota  ad  A.P.  n.  4  del  2011),  in www.giustamm.it, 4/2011, par. 1. 10  Consistente  nel  vantaggio  o  nell’utilità,  anche  solo  morale,  che  il  ricorrente  ritrarrebbe dall’accoglimento dell’azione proposta, come definito, ormai senza oscillazioni di rilievo, dalla dottrina: E.  PICOZZA,  Processo  amministrativo  (normativa),  in  Enc.  dir., Milano,  XXXVI,  1987,  p.  474;  R.  VILLATA, Interesse ad agire, II) diritto processuale amministrativo, in Enc. giur., XVII, Roma, 1989, p. 3; R. FERRARA, Interesse e legittimazione al ricorso (ricorso giurisdizionale amministrativo), in Dig. Disc. Pubbl., Torino, 1993, p. 472; A. M. SANDULLI, Il ricorso innanzi al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, p. 223;  ID., Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1984, p. 1309; V. CAIANELLO, Manuale di diritto processuale  amministrativo,  Torino,  1988,  p.  448;  G.  LANDI‐  G.  POTENZA,  Manuale  di  diritto amministrativo, Milano, 1987, p. 641; P. VIRGA, La tutela giurisdizionale della pubblica amministrazione, Milano, 1982, p. 241; E. MORONE, Sulla distinzione fra interesse a ricorrere e interesse oggetto del ricorso, in  Giur.  it.,  1964,  III,  c.  113;  S.  CASSARINO,  Le  situazioni  giuridiche  e  l’oggetto  della  giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, p. 335 afferma, però,  l’irrilevanza dell’elemento della  lesione; M. NIGRO, Giustizia  amministrativa,  Bologna,  1983,  p.  140,  ove  il  discorso  è  condotto  per  differentiam  rispetto all’interesse legittimo; G. B. VERBARI, Principi di diritto processuale amministrativo, Milano, 1995, p. 221; C.E.  GALLO,  Manuale  di  giustizia  amministrativa,  Torino,  2001,  p.  71;  A.  TRAVI,  Lezioni  di  giustizia amministrativa, Torino, 2008, p. 202; G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2010, p. 498; V. CERULLI  IRELLI, Lineamenti di diritto amministrativo, Torino, 2008, p. 536; E. FOLLIERI,  I presupposti e  le condizioni dell’azione, in F. G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2011, p. 282. Anche in giurisprudenza  tale  definizione  ha  trovato  pacifica  condivisione:  ex multis,  Cons.  Stato, Ad.  plen.,  27 maggio 1957 n.9,  in Foro amm., 1957,  I,  IV, p. 79; Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 1965 n. 546,  in Rass. Cons. Stato, 1965,  I, p. 958; Cons. Stato, sez. V, 22 aprile 1977 n. 377,  in Foro amm., 1977,  I, p. 813; Cons. Stato, sez. V, 19 maggio 1978 n. 594, in Cons. Stato, 1978, I, p. 877. Per le trattazioni monografiche sul tema, B. SPAMPINATO, L’interesse a ricorrere nel processo amministrativo, Milano, 2004 e L. R. PERFETTI, Diritto di azione ed interesse ad agire nel processo amministrativo, Padova, 2004. Sul pensiero di questi autori, oltre che, in genere, sull’interesse a ricorrere, R. VILLATA, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel  giudizio  amministrativo,  cit.,  pp.  308  e  ss.;  nonché  G.  TROPEA,  Il  ricorso  incidentale  nel  processo amministrativo, Napoli, 2007, pp. 455 e ss.. Diverso,  invece,  il  discorso  in  ordine  ai  caratteri  dell’interesse  a  ricorrere,  giurisprudenzialmente delineato: l’interesse a ricorrere deve essere, secondo orientamento consolidato, personale, diretto ed 

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Partendo dalla seconda affermazione, della cui fondatezza non si

dubita, ritengo che vi siano delle “crepe strutturali” nella ricostruzione

operata dall’Adunanza plenaria, in relazione all’ordine di trattazione dei

ricorsi.

In primo luogo, va constatato che il ricorso incidentale è strumento

processuale, di cui sono titolari, ex art. 42, comma 1, c.p.a., il resistente ed

il controinteressato, idoneo ad ampliare il thema decidendum, tanto da

dover essere assoggettato alle formalità di notificazione e contenutistiche

del ricorso introduttivo e da poter cagionare l’individuazione di un diverso

giudice competente a decidere la causa (art.42, commi 2e 4, c.p.a. 12). A

maggior ragione allorquando esso, come nel caso che qui interessa, ha ad

oggetto un atto diverso e presupposto da quello impugnato dal ricorrente

principale, si deve predicarne la portata innovativa e modificativa, rispetto

all’oggetto del processo13.

                                                                                                                                                                              attuale. Sul punto, cfr. i richiami operati da R. VILLATA, Interesse, cit., pp. 4 e s. e, per la giurisprudenza, S. CASSARINO,  Il  processo  amministrativo  nella  legislazione  e  nella  giurisprudenza.  Tomo  I.  I  presupposti, Milano, 1984, pp. 607 e ss.. 11 Ossia, nella definizione tradizionale, la titolarità di una situazione giuridica soggettiva o di un interesse meritevole di tutela, secondo l’ordinamento giuridico. In questo senso, E. PICOZZA, Processo, cit., p. 473; R. VILLATA,  Legittimazione  processuale,  II) diritto  processuale  amministrativo,  in  Enc. dir., Roma,  XVIII, 1990, p. 2; ID., Ricorso incidentale nel giudizio amministrativo, cit., pp. 306 e ss.; R. FERRARA, Interesse e legittimazione, cit., p. 471; A. M. SANDULLI,  Il giudizio, cit., p. 210 e ss.; V. CAIANELLO, op. cit., p. 480, A. GLEIJESES, Profili sostanziali del processo amministrativo, Napoli, 1962, p. 111; C. E. GALLO, op. cit., p. 68; V. DOMENICHELLI, Le parti del processo,  in S. CASSESE  (diretto da), Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo speciale, Tomo IV, Milano, 2000, p. 3276; A. TRAVI, op. cit., p. 206; P. VIRGA, op. cit., p.114; G. B. VERBARI, op. cit., p. 218; G. CORSO, Manuale, cit., pp. 497 e s.; V. CERULLI  IRELLI, op.  loc. ult. cit.; E. FOLLIERI, op. cit., p. 280. 12  Art.  42,  comma  2,  c.p.a.:  “il  ricorso  incidentale,  notificato  ai  sensi  dell’art.  41  alle  controparti personalmente o, se costituite, ai sensi dell’art. 170 del codice di procedura civile, ha i contenuti di cui all’art. 40 ed è depositato nei termini e secondo  le modalità previste dall’art. 45”. Al comma 4, poi,  la medesima disposizione prevede: “la cognizione del ricorso incidentale è attribuita al giudice competente per  quello  principale,  salvo  che  la  domanda  introdotta  con  il  ricorso  incidentale  sia  devoluta  alla competenza del Tribunale amministrativo  regionale del  Lazio,  sede di Roma, ovvero alla  competenza funzionale di un tribunale amministrativo regionale, ai sensi dell’articolo 14; in tal caso la competenza a conoscere  dell’intero  giudizio  spetta  al  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma, ovvero  al  tribunale  amministrativo  regionale  avente  competenza  funzionale  ai  sensi  dell’articolo  14” (corsivo aggiunto). Sul  ricorso  incidentale nel  codice del processo amministrativo, G. CORSO, Manuale, cit., pp. 516 e s.; nonché F. FIGORILLI‐ M. D’ORSOGNA, op. cit.., pp. 324 e ss.. 13 Che nella giurisdizione di  legittimità  innanzi al giudice amministrativo è costituito dalla questione di legittimità dell’atto impugnato, nei termini definiti dal ricorrente. Concordano in ciò, almeno dal punto 

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Ebbene, per tale diversa domanda, incidentalmente proposta in un

giudizio esperito da un’altra figura soggettiva, deve parimenti predicarsi la

distinzione fra interesse e legittimazione a ricorrere. L’interesse a ricorrere

“sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale” (art. 42,

comma 1, c.p.a.), ossia è intimamente connesso con la proposizione del

ricorso principale e con la posizione processuale assunta in giudizio dal

ricorrente incidentale, ma solo perché la lesione della situazione giuridica

soggettiva del controinteressato assume il carattere della potenzialità

concreta, tale da superare il limite dell’attualità, solo in ragione della

proposizione del ricorso principale. La legittimazione a ricorrere

incidentalmente deve, invece, essere valutata nel campo del rapporto

sostanziale, ricercando la titolarità, in capo al ricorrente incidentale, di una

situazione giuridica soggettiva legittimante all’impugnazione dell’atto già

oggetto del giudizio, per differenti motivi, o di un atto differente14.

Ai fini della legittimazione a proporre una nuova domanda, anche se

incidentalmente o riconvenzionalmente in un giudizio già pendente, non

basta la titolarità della posizione di resistente o di controinteressato nel

processo instaurato; tale posizione nel rapporto processuale è irrilevante

anche ad affermare la legittimazione passiva delle parti convenute,

                                                                                                                                                                              di vista terminologico, A. ROMANO, La pregiudizialità nel processo amministrativo, Milano, 1958, p. 291, e F. BENVENUTI, L’istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953, p. 57. 14 Illuminanti, a tal proposito, le parole di W. CATALLOZZI, Ricorso incidentale, I) giudizio amministrativo, in Enc. giur., Roma, XXVII, 1991, p. 2: “L’azione incidentale di impugnazione è concessa a tutela di posizioni (di  interesse  legittimo)  distinte  e  contrapposte  rispetto  alle  posizioni  fatte  valere  con  l’azione principale”, sebbene sembri più opportuno parlare di situazioni giuridiche e non di posizioni giuridiche, in relazione ad interessi legittimi. Anche G. TROPEA, Il ricorso incidentale, cit., pp. 491 e ss., sembrerebbe essere  orientato  nella  stessa  direzione,  allorquando  afferma,  in  relazione  alla  legittimazione  dei controinteressati, che, al fine della proposizione del ricorso incidentale, non è necessario che essi siano controinteressati  in  senso processuale, destinatari,  cioè, della notificazione del  ricorso principale, ma devono  essere  tali  in  senso  sostanziale. Ciononostante,  il discorso non  è  condotto  con una  specifica distinzione fra interesse e legittimazione a ricorrere incidentalmente e, quindi, tale conclusione appare sotto‐traccia. 

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dovendosi fare riferimento, pure in questo caso, alla “veste sostanziale”

della figura soggettiva15.

In altre parole, se per produrre memorie, contenenti eccezioni e mere

difese, è sufficiente la legittimazione a contraddire, derivante dalla

posizione di convenuto nel rapporto processuale, per proporre una nuova

domanda, sia essa costituita da ricorso incidentale o da domanda

riconvenzionale, è necessaria una legittimazione ad agire di stampo

sostanziale.

Se, per ipotesi, il soggetto al quale è stato notificato il ricorso principale

quale controinteressato, è in realtà un terzo che non è coinvolto nella

controversia sollevata, egli potrebbe certamente difendersi, cioè

“contraddire”, costituendosi e depositando memorie; ma non potrebbe

produrre ricorso incidentale o domanda riconvenzionale, essendo sfornito

della necessaria legittimazione alla domanda da proporre “incidentalmente”

nel giudizio esperito da altri, in quanto terzo estraneo al rapporto

sostanziale che il ricorrente/attore deduce in giudizio.

Ne deriva, perciò, che anche il ricorrente incidentale deve essere fornito

di una situazione legittimante a proporre tale ricorso.

Sebbene sia necessario ricostruire in termini funzionali il ricorso

incidentale, nel rintracciare la disciplina ad esso applicabile, non può

trascurarsi il dato che tale atto processuale consiste, comunque, in

                                                            15 Va,  infatti, rilevato che “il convenuto per  il solo fatto di essere stato chiamato  in giudizio ha certo  il diritto di difendersi: si tratta della legittimazione a contraddire, da non confondersi con l’aspetto passivo della legittimazione ad agire”, come affermato da R. VILLATA, Legittimazione, cit., p. 2. In tal senso, nella dottrina processualista, C. MANDRIOLI, Artt. 75‐89,  in E. ALLORIO  (diretto da), Commentario al cod. proc. civ.,  II, Torino, 1973, p. 926; A. PROTO PISANI, Artt. 99‐111,  ivi, p. 1081; E. ALLORIO, Diatriba breve  sulla legittimazione  ad  agire,  in  L’ordinamento  giuridico  nel  prisma  dell’accertamento  giudiziale, Milano, 1957, p. 213; E. T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 1957, p. 44; contra G. TOMEI, Legittimazione ad agire, in Enc. dir., Milano, XIV, 1974, pp. 73 e ss.. 

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un’impugnazione16, per la quale sarà necessaria una legittimazione

sostanziale, non coincidente con quella a contraddire.

Nell’ipotesi di cui si discute, in particolare, la domanda che

l’aggiudicatario propone a mezzo del ricorso incidentale è una pronuncia di

annullamento, rivolta avverso un atto del procedimento di aggiudicazione

(l’ammissione dell’impresa ricorrente)17. Sebbene sia funzionalmente volta

a “bloccare” il ricorso principale, tale domanda eccita l’annullamento

giurisdizionale di un atto, con effetto costitutivo ex tunc, in mancanza del

quale effetto il ricorrente rimane titolare di una situazione legittimante.

Non può, quindi, ritenersi che il controinteressato debba ritenersi, solo

perché tale, legittimato a proporre una domanda di annullamento, seppure

essa abbia come fine l’inammissibilità del ricorso principale per difetto di

legittimazione. Tale finalità, infatti, assume rilievo esclusivamente dal

punto di vista dell’interesse a ricorrere incidentalmente. E, poiché, come

afferma anche l’Adunanza plenaria in questa sentenza, interesse e

legittimazione a ricorrere devono essere tenuti distinti, l’utilità ritraibile

dall’accoglimento del ricorso incidentale non può confondersi con la

titolarità di una situazione giuridica soggettiva sostanziale che legittima alla

proposizione di tale gravame.

                                                            16 A. ROMANO TASSONE,  Il ricorso  incidentale e gli strumenti di difesa nel processo amministrativo,  in Dir. proc. amm., 2009, p. 596, afferma  che non è possibile  ricostruire  la disciplina del  ricorso  incidentale “sulla sola base della considerazione del tipo di affermazione difensiva che esso introduce, ma concorre a  questa  ricostruzione  […]  anche  la  circostanza  che  quest’ultima  debba  essere  introdotta  in  giudizio appunto attraverso una  impugnazione”, nonostante egli pervenga alla considerazione per  la quale “la disciplina di base del ricorso incidentale non può essere tratta dalla semplice considerazione del mezzo in quanto tale, ma va desunta dal tipo di domanda difensiva che per suo tramite viene prospettata al giudice” (p. 604).  In altre parole, poiché si tratta di una “difesa attiva” (nella definizione di F. LUBRANO, L’impugnazione incidentale nel giudizio amministrativo, in Rass. dir. pubbl., 1964, p. 772, ripresa, tra gli altri,  da  P.  STELLA  RICHTER,  L’inoppugnabilità, Milano,  1970,  p.  225),  non  si  può  tralasciare  il  profilo attinente all’impugnazione, nell’individuazione della disciplina di questo mezzo processuale ibrido. 17  Questo  profilo  è  evidenziato  da  S.  BACCARINI,  L’impugnazione  incidentale  del  provvedimento amministrativo fra tradizione ed innovazione, in Dir. proc. amm., 1991, p. 653: “il ricorrente incidentale, in  verità,  mira  all’annullamento  dell’atto  impugnato  dal  ricorrente  principale  per  motivi  diversi  da quest’ultimo o di un capo diverso del medesimo atto e/o di un atto presupposto”. 

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Affermare, poi, che il controinteressato possa esperire un ricorso

incidentale, contenente una domanda di annullamento di un provvedimento

amministrativo, anche in assenza di una legittimazione a ricorrere di

stampo sostanziale, implicherebbe sottrarre questo genere di domanda alla

necessaria connessione di tale azione con una situazione giuridica

soggettiva sostanziale e, quindi, far riemergere profili di giurisdizione di

diritto obiettivo18.

Nel caso del controinteressato aggiudicatario, tale situazione

legittimante sorge dalla combinazione di due atti amministrativi:

l’aggiudicazione e l’ammissione alla gara, la prima impugnata dal

ricorrente principale (anche) per illegittimità della seconda.

L’eventuale annullamento, con effetti ex tunc, dell’aggiudicazione in

ragione dell’illegittima ammissione dell’aggiudicatario comporterebbe

l’eliminazione della situazione legittimante in capo al controinteressato al

fine della proposizione del ricorso incidentale, poiché, in quel momento,

egli perde la qualifica non solo di aggiudicatario, ma anche di partecipante

alla gara.

Si verificherebbe, in altre parole, la stessa evenienza che l’Adunanza

plenaria descrive in relazione al caso inverso di precedente esame del

ricorso incidentale: anche per il ricorrente incidentale la legittimazione “si

connetterebbe ad una mera circostanza di fatto, incentrata, oltre tutto, sulla

errata valutazione compiuta dalla stazione appaltante nel corso della

gara”19. E tale errata valutazione consisterebbe nell’illegittima ammissione

della ditta, risultata, poi, aggiudicataria.

                                                            18 Tale profilo della legittimazione ad agire è messo efficacemente in luce da G. CORSO, Manuale, cit., p. 498:  “la  legittimazione  ad  agire  è  espressione  del  principio  individualistico  che  regge  il  processo amministrativo come il processo civile. Il processo serve alla tutela di una situazione giuridica personale, non per l’esercizio di un controllo diffuso sull’azione dell’amministrazione”. 19 Cons. Stato, Ad plen, n. 4/2011, cit., punto 46 della motivazione. 

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Dal punto di vista “funzionale”, necessario per la ricostruzione

dell’ordine di esame delle questioni introdotte in giudizio, il ricorso

principale, seppure proposto precedentemente, si atteggia allo stesso modo

del ricorso incidentale: l’eventuale previo accoglimento dell’uno comporta

il difetto di legittimazione alla proposizione dell’altro. Il ricorso principale,

cioè, si atteggia, rispetto al ricorso incidentale, alla stessa maniera, in

un’interpretazione funzionale dell’utilità ritraibile, all’interno del processo

e nel campo sostanziale, dalla proposizione della domanda.

L’eventuale dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale

conduce, infatti, ad un’utilità immediata (processuale), poiché il ricorrente

principale non dovrà affannarsi a contestare nel merito il ricorso

incidentale; dall’altro, garantisce un risultato sostanziale che è quello della

intangibilità della sua ammissione che potrebbe comportargli l’affidamento

dell’appalto.

Pertanto, se la legittimazione “attiene alla conformità all’ordinamento

giuridico del rapporto tra il concorrente e l’amministrazione

aggiudicatrice”20, non si vede per quale ragione non si debba verificare alla

stregue di tale criterio anche la legittimazione a proporre l’impugnazione

incidentale.

Ragionando in termini di rapporto di pregiudizialità, quindi, le

questioni sulla legittimità dell’ammissione, reciprocamente sollevate dai

concorrenti, sono, per l’appunto, reciprocamente pregiudiziali. Il nesso di

pregiudizialità, in questo caso, è biunivoco, a doppio senso. E pretendere di

risolvere il nodo dell’esame dei ricorsi in termini di pregiudizialità non può

portare ad una soluzione priva di incertezze (e quindi condivisibile), poiché

influenzata esclusivamente dal punto di partenza della trattazione delle                                                             20 Come reca il principio di diritto affermato dall’Adunanza plenaria, nella parafrasi di G. PALLIGGIANO, La semplice partecipazione di fatto alla gara non legittima l’impugnazione del suo esito, in Guida al diritto, n. 19 del 7 maggio 2011, p. 90. 

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questioni: se si esamina prima il ricorso incidentale, risulterà carente di

legittimazione il ricorrente principale; viceversa, risulterà carente di tale

legittimazione attiva (ossia a proporre il ricorso incidentale, ma non di

legittimazione passiva) il ricorrente incidentale.

Né, poi, la precedenza dell’esame del ricorso incidentale è imposta da

alcuna disposizione specifica, potendosi, semmai, affermare il contrario, in

relazione all’accessorietà di tale ricorso, atteso che la disciplina attuale non

sembra affatto attenuare tale caratteristica. Anzi, potrebbe anche affermarsi

che l’accessorietà del ricorso incidentale sia stata accentuata dal legislatore

del 2010, poiché l’art. 42 c.p.a. afferma espressamente la subordinazione

dell’interesse al ricorso incidentale alla proposizione del ricorso principale,

fonte del suddetto rapporto di accessorietà.

Infatti, nella vigenza dell’art. 37 TUCDS, richiamato sul punto dall’art.

22 della legge TAR, l’unico “sintomo” dell’accessorietà in parola era

ravvisabile nell’ultimo comma dell’art. 37 cit., laddove si disponeva che “il

ricorso incidentale non è efficace, se venga prodotto dopo che siasi

rinunciato al ricorso principale, o se questo venga dichiarato inammissibile,

per essere stato proposto fuori termine”.

Non v’è dubbio che l’art. 42, comma 1, c.p.a., nel prevedere che “le

parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui

interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a

mezzo di ricorso incidentale”, comporti le conseguenze precedentemente

individuate dall’art. 37, ult. comma., TUCDS. È diverso, però, l’approccio

normativo: la previgente disciplina individuava, in modo quasi casistico, le

eventualità in cui potesse considerarsi “inefficace” il ricorso incidentale,

correndo, probabilmente, il rischio di omettere qualche ipotesi; la

previsione attuale, invece, pone la causa, ossia la dipendenza dell’interesse

a ricorrere incidentalmente, da cui trarre le conseguenze in caso di

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infondatezza, irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità “autonoma”

del ricorso principale, cioè la sua improcedibilità per sopravvenuta carenza

di interesse, dovuta al “venir meno” del ricorso principale.

Ad ulteriore conferma del fatto che il codice del processo

amministrativo ha accresciuto l’accessorietà del ricorso incidentale, si può

ricordare che parte della dottrina, in commento all’art. 37 del TUCDS, ha

rilevato la limitazione dell’accessorietà in parola alle sole due ipotesi

riportate dalla norma21.

La preferenza per l’esame preventivo del ricorso incidentale sembra,

allora, un ingiustificato favore per il controinteressato.

                                                            21  E.  CAPACCIOLI,  In  tema  di  ricorso  incidentale  nel  processo  amministrativo,  in Giur.  compl.  Cass.  civ., 1951,  II,  1018.  Per  una  diffusa  esposizione  del  pensiero  di  questo  Autore  e  per  ulteriori  indicazioni bibliografiche, cfr. G. TROPEA, Il ricorso incidentale, cit., pp. 81 e ss.. Differente, invece, la tesi di A. PIRAS, Interesse  legittimo  e  giudizio  amministrativo,  Milano,  1962,  pp.  204  e  ss.,  per  il  quale  tutte  le impugnazioni  successive  alla  prima  vanno  proposte  con  ricorso  incidentale,  pur  con  la  necessità  di distinguere due ipotesi: a) la proposizione delle domande “incidentali” dopo la scadenza del termine per ricorrere in via principale; b) la proposizione dell’impugnazione “incidentale” entro tale termine. Con la necessità che, nella seconda  ipotesi, si elimini qualunque forma di accessorietà del ricorso  incidentale, trattandosi,  nella  sostanza,  di  un’impugnazione  principale  introdotta  con  le  forme,  giuridicamente necessarie, del ricorso incidentale. Sulla prospettiva di questo A., si richiama di nuovo G. TROPEA, op. ult. cit., pp. 88 e ss.. Cfr. anche R. VILLATA, Riflessioni in tema di ricorso incidentale, cit., pp. 286 e ss.. Il  problema  della  qualificazione  dell’accessorietà  del  ricorso  incidentale,  nel  pensiero  di  CAPACCIOLI  e PIRAS,  atteneva  all’impugnazione  proposta  dai  cointeressati,  come  rilevato  da  R. MARRAMA,  Rinuncia all’impugnazione ed acquiescenza al provvedimento amministrativo, Padova, 1987 (rist.), p. 64. A fronte del  codice  del  processo  amministrativo,  però,  la  questione  appare  superata. Da  un  lato,  il  potere  di proposizione del  ricorso  incidentale  viene  limitato al  resistente ed ai  controinteressati, anche  se non citati  in  giudizio  (art. 42,  comma 1,  c.p.a.:  “Le parti  resistenti e  i  controinteressati possono proporre domande  il  cui  interesse  sorge  in  dipendenza  della  domanda  proposta  in  via  principale,  a mezzo  di ricorso incidentale”); per altro verso, l’impugnazione, per diversi profili, dello stesso provvedimento da parte dei cointeressati,  intenzionati all’esperimento della domanda nel medesimo processo, attraverso intervento ad adiuvandum, viene condizionata al mancato decorso del termine d’impugnazione (art. 28, comma 2,  c.p.a.:  “Chiunque non  sia parte del giudizio e non  sia decaduto dall’esercizio delle  relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado del processo”) o, se proposta con ricorso autonomo, può essere fatta “confluire” nel giudizio instaurato, attraverso lo strumento della riunione  per  connessione  (art.  70  c.p.a.).  In  ultimo,  la  domanda  di  annullamento  proposta  dal cointeressato  non  può  dirsi  caratterizzata  da  un  interesse  a  ricorrere  sorto  “in  dipendenza  della domanda  proposta  in  via  principale”  (art.  42  c.p.a.),  dato  che,  al  più,  l’interesse  a  ricorrere  dei cointeressati  può  considerarsi  connesso  alla  domanda  del  ricorrente,  in  ragione  della  connessione presente fra le situazioni legittimanti dei questi due soggetti. I cointeressati, pertanto, possono proporre l’impugnazione del provvedimento già gravato o con intervento ad adiuvandum o con ricorso autonomo ed in via principale, da riunire a quello già proposto, ma solo se ancora nei termini di cui all’art. 29 c.p.a.. 

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3. Segue: il punto di vista assiologico.

A ben vedere, la preferenza per il controinteressato, il quale viene ad

avere una posizione privilegiata per il solo fatto che è risultato

aggiudicatario (anche se della legittimità dell’aggiudicazione si dubita),

essendo stato “scelto” dall’amministrazione, quasi “unto” dalla stazione

appaltante22 e, per ciò solo, parte processuale favorita, assume un

significato ulteriore, in relazione all’interesse pubblico che, attraverso

questo orientamento, si tutela in via mediata.

Infatti, la conservazione dell’assetto individuato dalla stazione

appaltante, favorito dal previo esame del ricorso incidentale e dalla

ricostruzione dell’ordine della trattazione delle questioni in maniera

funzionale e secondo il canone della pregiudizialità, comporta che

l’interesse pubblico cui si orienta il sindacato giurisdizionale e, quindi,

l’azione amministrativa, sia solo quello dell’esecuzione dell’appalto.

Tale conclusione è avvalorata da quella che la sentenza in commento

avverte come unica deroga all’ordine di trattazione delle questioni secondo

i canoni indicati, ovvero la manifesta infondatezza, irricevibilità,

inammissibilità ed improcedibilità del ricorso principale. Infatti, tale

rigetto, per ragioni di merito o processuali, sembra essere una via più breve,

rispetto all’esame ed all’accoglimento del ricorso incidentale, per il

raggiungimento dello scopo della più rapida esecuzione dell’appalto,

conservando l’aggiudicazione intervenuta e la scelta dell’amministrazione.

La disciplina comunitaria, però, ed il suo recepimento da parte del

legislatore nazionale, tanto in materia di regolazione dei procedimenti di

aggiudicazione, in punto sostanziale, quanto nell’ambito della risoluzione

pre-contenziosa o contenziosa delle controversie sorte in materia di

                                                            22 G. PELLEGRINO, La Plenaria, cit., par.4.2.2, rileva, in questo atteggiamento un’applicazione del principio in pari causa turpitudinis melior est condicio possidentis. 

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contratti pubblici di appalto di lavori, servizi e forniture, hanno individuato

altri interessi pubblici, di rilevanza primaria nel procedimento

amministrativo e nel processo che non possono essere pretermessi nella

ricostruzione giuridica della questione che si affronta23.

In particolare, la concorrenza ha assunto, con una parabola iniziata

negli anni Settanta e culminata (per il momento) nella ricezione delle

direttive nn. 17 e 18 del 2004 nel codice dei contratti pubblici24, della c.d.

direttiva ricorsi (n. 66 del 2007) recepita con il d. lgs. n. 53 del 20 marzo

2010 e nel codice del processo amministrativo (ove è stata trasfusa, con

modifiche, la sola disciplina processuale del codice dei contratti pubblici),

il rango di interesse pubblico e di principio generale in materia di appalti

pubblici di lavori, servizi e forniture25.

Questa elevazione dell’interesse alla concorrenza si rinviene, in primo

luogo, nell’art. 2, primo comma, del codice dei contratti pubblici, rubricato

“Principi”: “l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi

e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle

prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia,

tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di

libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza,

proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel

presente codice”.

                                                            23 A. ROMANO TASSONE, Il ricorso incidentale, cit., p. 587, ricorda, infatti, che “le costruzioni giuridiche […] non  debbono  obbedire  soltanto  ad  esigenze  di  coerenza  logica,  ma  debbono  anche  rivelarsi praticamente adeguate: esse, cioè, debbono aderire il più possibile al complesso di valori che si esprime nel  fenomeno  regolato,  fenomeno  che  il  diritto  non  sempre  può  integralmente  e  liberamente conformare”. 24 D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, più volte modificato. 25 Pongono in evidenza tale profilo: M. D’ALBERTI, Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici,  in  Dir.  amm.,  2008,  p.  297  e  s.;  F.  G.  SCOCA,  Annullamento  dell’aggiudicazione  e  sorte  del contratto,  in Foro amm. TAR, 2007, p. 801; E. FOLLIERI,  I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120‐124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm.,  2010,  pp.  1068  e  s.;  M.  NUNZIATA,  I  nuovi  poteri  del  giudice  amministrativo  in  tema  di annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto, in Foro amm. CDS, p. 2703. 

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E l’indicazione di principio si riflette, innanzitutto, nella disciplina di

numerosi istituti sostanziali del procedimento di “evidenza pubblica”26. Si

pensi, senza alcuna pretesa di completezza, alla possibilità di aggregazione

delle imprese in RTI (art. 37 del cod. contr. pubbl.), volto ad ampliare le

potenzialità partecipative e, quindi, la pletora dei concorrenti e la

concorrenza; all’avvalimento (art. 49 dello stesso codice), che consente la

partecipazione di un’impresa sfornita dei requisiti per prendere parte alla

gara, avvalendosi dei requisiti di un’impresa ausiliaria; le limitazioni

imposte alle stazioni appaltanti nel dialogo competitivo27 (art. 58, commi 7,

8 e 18)28.

Dal punto di vista della normativa nella fase pre-contenziosa e

contenziosa, l’interesse alla concorrenza sembra, invece, assumere un

valore preponderante, rispetto a quello dell’esecuzione del contratto:

sebbene il rito in materia di appalti pubblici sia connotato da una notevole

accelerazione, volto alla rapida soluzione delle controversie, ossia alla

garanzia dell’efficacia dell’azione amministrativa e, cioè, all’esecuzione

del contratto, la disciplina processuale denota una preferenza per la tutela

dell’interesse alla libera concorrenza.

La più evidente indicazione per la preferenza dell’interesse alla

concorrenza, rispetto a quello dell’esecuzione del contratto, si ha nella

previsione del potere di “dichiarare” l’inefficacia del contratto nelle ipotesi

di cui agli artt. 121 e 122 c.p.a.: in caso di annullamento

dell’aggiudicazione definitiva, il giudice, a seconda della gravità delle                                                             26  La  libera  concorrenza,  secondo  il  Consiglio  di  Stato,  gioca  “un  ruolo preponderante”  in  ordine  “al nucleo  principale”  degli  istituti  disciplinati  dal  codice  dei  contratti  pubblici:  cfr.  Cons.  Stato,  Sezione consultiva per gli atti normativi, Adunanza 6 febbraio 2006, parere sullo schema del codice dei contratti pubblici.  Ribadisce  il  concetto  anche  la  Commissione  speciale  dello  stesso  Consiglio  di  Stato  del  25 gennaio 2010 sullo schema di decreto legislativo, divenuto, poi, d. lgs. n. 53/2010. Entrambi i pareri sono in www.giustizia‐amministrativa.it. 27 In proposito, M. CLARICH, Il dialogo competitivo come forma di collaborazione tra pubblico e privato, in AA. VV., Il dialogo competitivo ed i possibili riflessi sul partenariato pubblico‐privato, Roma, 2006. 28 Le esemplificazioni sono riportate da M. D’ALIBERTI, op. ult. cit., pp. 307 e ss.. 

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violazioni riscontrate, dichiara inefficace del tutto o in parte il contratto29,

ove medio tempore concluso, nonostante l’obbligo di stand still e l’effetto

sospensivo della conclusione del contratto derivante dalla proposizione del

ricorso30, ulteriori “sintomi” della prefata preferenza.

E le deroghe all’inefficacia del contratto in caso di annullamento

dell’aggiudicazione, di cui al comma 2 dell’art. 121 c.p.a., fanno emergere

nuovamente il carattere preminente della libera concorrenza, rispetto

all’interesse all’esecuzione dell’appalto. Queste eccezioni, infatti, indicate

genericamente come rispondenti al “rispetto di esigenze imperative

connesse ad un interesse generale”, vengono precisate e delimitate dai

periodi successivi del secondo comma dell’art. 121, di modo che vi

rientrino, seppure con elencazione passibile di estensione (per l’inciso “fra

l’altro”), “quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da

ritenere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati

solo dall’esecutore attuale”, ma non le esigenze derivanti da interessi

economici se non “in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del

contratto conduce a conseguenze sproporzionate”.

In ogni caso, a questa deroga alla primazia dell’interesse alla libera

concorrenza, si deve rimediare attraverso l’imposizione delle sanzioni

                                                            29 Cfr. M. LIPARI, L’annullamento dell’aggiudicazione e gli effetti sul contratto: poteri del giudice, in www. federalismi.it; nonché, R. DE NICTOLIS, Il recepimento della direttiva ricorsi nel codice appalti e nel nuovo codice del processo amministrativo, in www.giustizia‐amministrativa.it, pp.79 e ss., ed E. FOLLIERI, I poteri del giudice, cit., pp. 1077 e ss.. 30 R. DE NICTOLIS, op. ult. cit., pp. 82 e s., si pone  il problema dell’attualità della questione  in ordine alla sorte del contratto in caso di annullamento dell’aggiudicazione, visti gli obblighi in questione, ed afferma che, pur essendo notevolmente  ridimensionato,  il  rischio  che  il  contratto  venga  concluso nonostante queste cautele rimane, dato che il legislatore italiano ha previsto tutte le possibili eccezioni all’obbligo di stand  still  consentite  dal  diritto  comunitario,  la  possibilità  di  esecuzione  d’urgenza  (“che  costituisce aggiramento  dello  stand  still”)  e  la  limitazione  dell’effetto  sospensivo  del  ricorso  giurisdizionale  alla pronuncia  cautelare  di  primo  grado,  o  fino  al  dispositivo  della  sentenza  di  primo  grado  (le  quali potrebbero  avere  contenuto  di  rigetto  e,  quindi,  consentire  la  stipulazione).  Bisogna,  inoltre,  tenere conto  anche  dell’evento  patologico  della  stipulazione  del  contratto  “in  spregio  allo  stand  still  e all’effetto sospensivo, pur non ricorrendo i presupposti delle deroghe legali”. 

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alternative a carico della stazione appaltante (artt. 121, comma 4 e 123

c.p.a.).

Ne deriva, allora, che l’impostazione dell’Adunanza plenaria, da un

punto di vista tecnico processuale, non sembra essere accompagnata da

quella solidità che dimostra in prima lettura e, sotto il profilo dell’analisi

assiologica, trascura quella che sembra essere una gerarchia di interessi (e

valori) imposta dalla normativa comunitaria e nazionale, sovvertendola, in

modo da rendere superiore l’interesse pubblico e dell’amministrazione

all’esecuzione dell’appalto, rispetto all’interesse parimenti pubblico, ma di

cui sono portatori le imprese concorrenti, alla libera e giusta concorrenza31.

A ciò si aggiunga che la tutela della concorrenza è un limite anche per

il legislatore europeo, in base ai trattati comunitari, per quello nazionale,

tanto a livello statale, per i medesimi trattati e per la normativa comunitaria

derivata (entrambi vincolanti, se non altro, in base agli artt. 11 e 117, primo

comma, Cost.), quanto a livello regionale, ove il vincolo si rafforza per la

previsione della legislazione esclusiva in materia di tutela della

concorrenza (art. 117, comma secondo, lett. e)32. Non si vede come tale

interesse possa essere ignorato dalla giurisprudenza33, soprattutto

                                                            31 F. G. SCOCA, Annullamento dell’aggiudicazione, cit., p. 801, nota, nel criticare  l’indirizzo che  intedeva rimettere all’azione di annullamento dell’amministrazione la caducazione del contratto per intervenuto annullamento  (giurisdizionale  o meno)  dell’aggiudicazione  definitiva,  che  nel  clima  attuale,  in  cui  si riscontra  un  “procedimento  amministrativo  volto  alla  cura  di  interessi  generali,  quali  la  tutela  della concorrenza,  la parità di trattamento dei possibili contraenti privati,  la non discriminazione e così via”, “non è più possibile seguire la tesi tradizionale, che faceva perno, e tutelava esclusivamente l’interesse dell’amministrazione”. 32 In dottrina, sul punto, G. CORSO, La tutela della concorrenza come limite della potestà legislativa (delle Regioni  e  dello  Stato),  in Dir.  pubbl.,  2002,  p.  981  e M.  D’ALBERTI,  La  tutela  della  concorrenza  in  un sistema a più livelli, in Dir. amm., 2004, p. 705. Sul vincolo per il legislatore regionale in tale materia, cfr. Corte cost., sent. 23 novembre 2007 n. 401, in www.giurcost.org, su cui, fra gli altri, R. DE NICTOLIS, Corte costituzionale n. 401/2007 in pillole, in www.giustizia‐amministrativa.it.  33 E. FOLLIERI, La prospettiva amministrativistica sugli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, in Foro amm. TAR, 2004, p. 2764, già rilevava, prima del codice dei contratti pubblici e del codice del processo amministrativo, che “il sindacato del giudice non può orientarsi a considerare prevalente l’interesse che fa capo alla p.a. perché non è l’unico interesse tutelato come pubblico, ma deve tenere in debito conto anche gli interessi delle imprese partecipanti che, se non possono dirsi poziori, certamente sono su di un piano di equilibrio con gli interessi della p.a.”. 

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allorquando tracci una via per risolvere questioni in assenza di disciplina

positiva espressa34.

4. Ricadute assiologiche della rivalutazione dell’accessorietà del

ricorso incidentale

La soluzione da adottare, allora, deve tener conto di entrambe le

prospettive, quella tecnico-processuale e quella assiologica, nel rispetto,

comunque dei dati normativi che possono rintracciarsi anche nel codice del

processo amministrativo.

In particolare, potrebbe porsi l’accento sull’accessorietà del ricorso

incidentale, tutt’altro che esclusa, come si è notato, dal codice del processo

amministrativo.

Infatti, il vaglio preventivo del ricorso principale potrebbe condurre al

perseguimento dell’interesse alla concorrenza, senza stravolgere affatto il

sistema processuale.

Il giudice amministrativo, cioè, dovrebbe verificare la fondatezza del

ricorso principale, con riguardo all’illegittimità dell’ammissione

dell’aggiudicatario, e, ove la riscontri, pur senza pronunciarsi ancora

sull’accoglimento del ricorso principale (che precluderebbe l’esame del

ricorso incidentale per il difetto di legittimazione a ricorrere

incidentalmente), procedere all’esame del ricorso incidentale,

eventualmente accogliendoli entrambi.

In tal modo, se la censura del ricorrente principale in ordine

all’ammissione dell’aggiudicatario si riveli infondata, il giudice potrà ben

esaminare il ricorso incidentale, munito di sostrato legittimante, e, in caso

di accoglimento di quest’ultimo, dichiarare l’inammissibilità del ricorso

principale per difetto di legittimazione.                                                             34 Come nota la stessa sentenza in commento, al punto 33 della motivazione. 

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Qualora, invece, dovesse verificare la fondatezza del solo ricorso

principale, dovrebbe annullare l’aggiudicazione, perché l’aggiudicatario

non è stato legittimamente ammesso alla gara, e procedere

all’aggiudicazione al concorrente secondo classificato, della cui

ammissione ha verificato la legittimità.

Nel caso di accoglimento di entrambi i ricorsi, il giudice dovrebbe

annullare l’aggiudicazione sic et simpliciter, rimettendo alla stazione

appaltante la determinazione in ordine alla rinnovazione della gara.

Tale ultima ipotesi potrebbe sembrare un passepartout alla tutela di un

interesse di mero fatto, ossia quello alla ripetizione della gara. In verità, in

ragione della ricostruzione che si è fatta della graduazione degli interessi

nella normativa costituzionale, ordinaria e comunitaria, è quantomeno

ragionevole il dubbio sulla consistenza che si può intestare all’interesse alla

ripetizione della gara.

La promozione degli interessi a situazioni giuridiche soggettive o, se si

preferisce, ad interessi giuridicamente meritevoli di tutela può ben derivare

dall’impianto, dallo spirito, dalla ratio di una disciplina di così ampio

respiro e, quindi, condurre ad un ampliamento del novero delle situazioni

legittimanti35.

L’ordinamento, specie quello comunitario e specie in materia di appalti

pubblici, fa leva sugli interessi individuali al fine di perseguire gli interessi

pubblici. E tale fenomeno si accentua in presenza di interessi, qualificati

pubblici, di cui sono portatori figure soggettive private.

L’interesse alla rinnovazione della gara, cioè, può essere qualificato

come interesse strumentale, laddove tale strumentalità va intesa, però, volta

al perseguimento della tutela della libera concorrenza.                                                             35 M. D’ALBERTI, Interesse pubblico e concorrenza, cit., p. 310, afferma che “la logica della concorrenza […] porta con sé un aumento degli strumenti di garanzia a disposizione delle imprese interessate al mercato libero”, inducendo ad una rilettura della normativa vigente in senso ampliativo di tali strumenti. 

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L’interesse alla ripetizione della gara, poi, non è privo nemmeno di

tutela diretta e specifica: l’art. 122 c.p.a, infatti, prevede che il giudice

possa, nei casi di violazioni “non gravi”, valutare se (e la misura) in cui

dichiarare l’inefficacia del contratto, qualora sia stata proposta la domanda

di subentro nel contratto ed al fine di garantire al ricorrente (se possibile)

l’aggiudicazione della gara, solo “nei casi in cui il vizio

dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara”.

L’interesse alla rinnovazione della gara, cioè, trova espressa tutela nel

codice del processo amministrativo, in funzione dell’interesse pubblico alla

concorrenza, laddove la situazione giuridica soggettiva “primaria” del

ricorrente non può trovarla.

Ed il caso che si esamina è un’evidente ipotesi in cui, nonostante il

ricorrente abbia chiesto il subentro nel contratto, il vizio riscontrato

nell’aggiudicazione, derivante dall’illegittima ammissione di tutti i

concorrenti, comporta la rinnovazione della gara: sicché, in base al

suddetto art. 122 c.p.a., questo interesse “strumentale” (alla tutela della

concorrenza) viene considerato dal legislatore meritevole di tutela.

Non sembra, infine, applicabile alla fattispecie in esame (annullamento

dell’aggiudicazione per illegittima ammissione di tutti i concorrenti) la

disciplina delle gare andate deserte36.

L’applicazione di tale disciplina, infatti, è un effetto (giuridico) del

provvedimento con cui la stazione appaltante accerta l’assenza di domande

di partecipazione da parte di soggetti muniti dei necessari requisiti. È

evidentemente diversa la situazione in cui è accertata l’illegittimità di tutte

le ammissioni ad offrire; altrimenti si dovrebbe immaginare un potere di

                                                            36  Come  sostenuto  da  R.  VILLATA,  Riflessioni  in  tema  di  ricorso  incidentale,  cit.,  p.  330, ma  già  ID., L’adunanza plenaria interviene sui rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale, in Dir. proc. amm., 2008, pp. 1186 e ss., specialmente p. 1188, riportato anche da G. TROPEA, La Plenaria prende posizione sui rapporti fra ricorso principale e ricorso incidentale, cit., pp. 204 e s.. 

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riforma dell’aggiudicazione in capo al giudice amministrativo e, quindi, la

giurisdizione di merito in materia di affidamento di appalti pubblici di

lavori, servizi e forniture. La sentenza di annullamento dell’aggiudicazione,

cioè, non può sostituire, al fine della produzione dell’effetto giuridico in

questione, un provvedimento amministrativo, per di più diverso da quello

annullato.

5.Conclusioni

Sembra, allora, necessario un ripensamento dell’ordine della trattazione

delle questioni, nel senso evidenziato, in punto strettamente tecnico ed

assiologico.

A tale ripensamento, però, è necessario pervenire attraverso una nuova

pronuncia dell’Adunanza plenaria, almeno per quanto riguarda l’eventuale

volontà di discostarsene in capo alle sezioni semplici del Consiglio di

Stato, dato l’attuale tenore dell’art. 99, comma 3, c.p.a.37.

Una rimeditazione di questo orientamento è, infatti, necessaria per

evitare che il procedimento di “evidenza pubblica” per l’aggiudicazione di

appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, in un parziale ritorno al

passato, finisca con il prevedere l’adempimento di formalità “le quali sono

in genere stabilite nell’interesse dell’amministrazione e il cui difetto quindi

non può essere opposto dal privato”38, in spregio dell’interesse pubblico

alla libera e corretta concorrenza e, perciò, profondamente in conflitto con

                                                            37 Art. 99, comma 3, c.p.a.:“Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall’adunanza plenaria, rimette a quest’ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso”. Si noti,  innanzitutto,  l’assenza di un rimedio processuale per  l’eventuale violazione di tale norma, ossia  l’assenza di una “sanzione” per  la mancata osservanza di un precetto.  Il che renderebbe tale disposizione priva di un’effettività stringente, se non gravasse, in capo ad ogni Consigliere di Stato, componente  il  collegio  “ribelle”,  la possibilità di un  richiamo da parte del Presidente. Di  certo, però, manca  qualsiasi  rimedio  per  le  parti. Dall’altro,  per  i  giudici  di  primo  grado  permane  il  solo  effetto “persuasivo” delle pronunce dell’Adunanza plenaria. 38 S. ROMANO, Diritto amministrativo, Milano, 1901, p. 533. 

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la ratio e l’impianto dei principi della disciplina comunitaria e nazionale, di

livello costituzionale ed ordinario.

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