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La semiotica di Algirdas Julien Greimas 1. La vita e le opere di Greimas Greimas nasce nel 1917 a Tula, in Russia, da genitori lituani. Si laurea in lettere a Grenoble nel 1939, si trasferisce definitivamente in Francia nel 1944 e nel 1948 ottiene la libera docenza alla Sorbona. Dal 1949 al 1958 è lettore presso la facoltà di lettere dell’università di Alessandria d’Egitto; poi, fino al 1962, è professore di lingua e di grammatica francesi presso le università di Ankara e di Istanbul, in Turchia. Il suo primo campo d’interesse è la lessicologia, presto abbandonata in favore della semantica. Lo studio della semantica porta alla redazione del libro Semantica strutturale [1966]. Il progetto di descrivere la semantica delle lingue naturali, tuttavia, rivela presto limiti insormontabili; per questa ragione Greimas passa gradualmente alla messa a punto di una teoria semiotica di più ampio respiro, e a partire dalla fine degli anni Sessanta lavora al progetto che porterà all’elaborazione della cosiddetta “semiotica generativa”: nel 1970 pubblica Del senso (saggi di semiotica); nel 1983 pubblica Del senso 2, e nel frattempo, nel 1979, pubblica insieme a Joseph Courtés il Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, dal quale risulta evidente il tentativo di costruire una teoria semiotica sulla base di un insieme di concetti interdefiniti. Intorno all’opera di Greimas nasce una vera e propria scuola semiotica (École de Paris), ma va anche ricordato che la figura di Greimas è al centro di una sorta di costellazione di autori che in varia misura hanno contribuito alla messa a punto della teoria. Per citarne alcuni: Saussure, Hjelmslev, Benveniste, Tesnière, Brøndal, Martinet, Merleau-Ponty, Dumézil, Lévi- Strauss, Propp, Jakobson, Barthes, ecc. 2. La semantica strutturale Le condizioni per una semantica scientifica Nel libro Semantica strutturale del 1966 Greimas intende fondare e sviluppare una metodologia per descrivere il piano del contenuto dei sistemi significanti. Si tratta di un lavoro estremamente importante che costituirà la base per lo sviluppo di una teoria semiotica strutturale e generativa. La semantica si propone di descrivere le significazioni di una lingua naturale qualsiasi considerata come un insieme significante. Di qui anche i limiti di questo studio: ogni ricerca relativa alle significazioni di una lingua naturale resta “imprigionata” infatti in quel quadro linguistico, le descrizioni potendosi effettuare solo attraverso gli strumenti (le parole) della lingua stessa. La logica ha permesso di superare in parte questa difficoltà attraverso la teoria della gerarchia dei linguaggi; si distinguono pertanto due livelli diversi: la lingua-oggetto, che costituisce l’oggetto del nostro studio, e il metalinguaggio , in cui si collocano gli strumenti linguistici della ricerca semantica. Riprendendo una distinzione proposta da Hjelmslev, Greimas sostiene che il metalinguaggio della teoria deve essere “scientifico”; il metalinguaggio non scientifico è “naturale” come la lingua oggetto che deve descrivere: il metalinguaggio della critica pittorica, per esempio, è non scientifico perché si presenta come un sottoinsieme già presente e integrato nell’insieme

Traini Stefano - La Semiotica Di Greimas

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A book about Greimas and his semiotic

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La semiotica di Algirdas Julien Greimas

1. La vita e le opere di Greimas

Greimas nasce nel 1917 a Tula, in Russia, da genitori lituani. Si laurea in lettere a Grenoble nel1939, si trasferisce definitivamente in Francia nel 1944 e nel 1948 ottiene la libera docenza allaSorbona. Dal 1949 al 1958 è lettore presso la facoltà di lettere dell’università di Alessandriad’Egitto; poi, fino al 1962, è professore di lingua e di grammatica francesi presso le università diAnkara e di Istanbul, in Turchia. Il suo primo campo d’interesse è la lessicologia, prestoabbandonata in favore della semantica. Lo studio della semantica porta alla redazione del libroSemantica strutturale [1966]. Il progetto di descrivere la semantica delle lingue naturali, tuttavia,rivela presto limiti insormontabili; per questa ragione Greimas passa gradualmente alla messa apunto di una teoria semiotica di più ampio respiro, e a partire dalla fine degli anni Sessanta lavora alprogetto che porterà all’elaborazione della cosiddetta “semiotica generativa”: nel 1970 pubblica Delsenso (saggi di semiotica); nel 1983 pubblica Del senso 2, e nel frattempo, nel 1979, pubblicainsieme a Joseph Courtés il Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, dal quale risultaevidente il tentativo di costruire una teoria semiotica sulla base di un insieme di concettiinterdefiniti. Intorno all’opera di Greimas nasce una vera e propria scuola semiotica (École deParis), ma va anche ricordato che la figura di Greimas è al centro di una sorta di costellazione diautori che in varia misura hanno contribuito alla messa a punto della teoria. Per citarne alcuni:Saussure, Hjelmslev, Benveniste, Tesnière, Brøndal, Martinet, Merleau-Ponty, Dumézil, Lévi-Strauss, Propp, Jakobson, Barthes, ecc.

2. La semantica strutturale

Le condizioni per una semantica scientificaNel libro Semantica strutturale del 1966 Greimas intende fondare e sviluppare una metodologia

per descrivere il piano del contenuto dei sistemi significanti. Si tratta di un lavoro estremamenteimportante che costituirà la base per lo sviluppo di una teoria semiotica strutturale e generativa. Lasemantica si propone di descrivere le significazioni di una lingua naturale qualsiasi consideratacome un insieme significante. Di qui anche i limiti di questo studio: ogni ricerca relativa allesignificazioni di una lingua naturale resta “imprigionata” infatti in quel quadro linguistico, ledescrizioni potendosi effettuare solo attraverso gli strumenti (le parole) della lingua stessa. Lalogica ha permesso di superare in parte questa difficoltà attraverso la teoria della gerarchia deilinguaggi; si distinguono pertanto due livelli diversi: la lingua-oggetto, che costituisce l’oggetto delnostro studio, e il metalinguaggio, in cui si collocano gli strumenti linguistici della ricercasemantica. Riprendendo una distinzione proposta da Hjelmslev, Greimas sostiene che ilmetalinguaggio della teoria deve essere “scientifico”; il metalinguaggio non scientifico è “naturale”come la lingua oggetto che deve descrivere: il metalinguaggio della critica pittorica, per esempio, ènon scientifico perché si presenta come un sottoinsieme già presente e integrato nell’insieme

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significante della lingua oggetto; il metalinguaggio scientifico, invece, è costruito, nel senso chetutti i termini che lo compongono costituiscono un corpus coerente di definizioni. Nondimeno peressere diventato tale, il metalinguaggio scientifico deve essere stato esaminato a un livellogerarchico superiore: questo terzo livello è costituito da un meta-metalinguaggio, o linguaggiometodologico, destinato a definire i concetti descrittivi e a verificarne la coesione interna. Infine alquarto livello si colloca il linguaggio epistemologico, che verifica la solidità e l’adeguazione dellivello metodologico, nonché le procedure di descrizione e di scoperta. Pertanto la semanticascientifica è possibile solo se, per analizzare una lingua-oggetto, si tiene conto contemporaneamentedi tre linguaggi posti a tre livelli differenti: il metalinguaggio descrittivo, il linguaggiometodologico, il linguaggio epistemologico.

Il semaStabilita l’esigenza di un metalinguaggio descrittivo, Greimas postula un parallelismo tra i modi

di organizzazione del piano dell’espressione del linguaggio e i modi di organizzazione del piano delcontenuto. Per quanto riguarda il piano dell’espressione, la fonologia aveva definito il fonema comeclasse di suoni che possono scambiarsi l’un l’altro senza che ciò produca cambiamenti disignificato: per esempio in italiano possiamo sostituire [r] (vibrante apicale) con [R] (vibranteuvulare, la cosiddetta “erre moscia”) in tutti i contesti in cui appaiono, senza che questo producacambiamenti del significato. Questo significa che [r] ed [R] sono riconducibili a una stessa classe disuoni, cioè al fonema /r/. I fonemi sono entità astratte, nel senso che indicano classi di suoni; nessunparlante emette dei fonemi, ma emette delle realizzazioni concrete (dette varianti o allofoni) delfonema, cioè appunto [r] oppure [R].1 I fonemi si possono identificare mediante la prova dicommutazione, per esempio commutando in italiano [r] ed [R] ci si accorge che sono variantiappartenenti a uno stesso fonema (/r/); commutando in italiano [f] e [v] ci si accorge che i due suonidevono essere ricondotti a due fonemi differenti: infatti essi sono alla base della variazione disignificato di due parole come fetta e vetta, o come fino e vino. Se in una parola sostituiamo unsuono con un altro e otteniamo un cambiamento di significato, allora i due suoni sono riconducibilia due fonemi diversi. Tuttavia analizzando alcune coppie di parole – e questo è valido in ogni lingua– ci si accorge che le differenze non dipendono dai fonemi presi globalmente, ma da entità sub-fonemiche più piccole. Per esempio se prendiamo la coppia minima seguente:

/kara/ cara – /gara/ gara

e analizziamo i due fonemi che ne determinano la distinzione, cioè /k/ e /g/, avremo unasituazione di questo tipo:

/k/ /g/[occlusivo] [occlusivo][velare] [velare][sordo] [sonoro]2

1 Seguendo le convenzioni fonologiche, trascriviamo i fonemi tra barre oblique e gli allofoni, cioè i suoni, tra parentesiquadre.2 Il tratto occlusivo riguarda il modo di articolazione della consonante e indica che il tipo di chiusura che viene oppostoal passaggio dell’aria è totale (altri esempi: [p], [t]). Il tratto velare indica il punto di articolazione, cioè il luogo deltratto fonatorio in cui la chiusura viene operata: in questo caso il dorso della lingua batte contro il cosiddetto palatomolle. I tratti sordo/sonoro dipendono dalla posizione delle corde vocali al passaggio dell’aria: se la posizione è aperta el’aria passa attraverso la glottide, la consonante è sorda (per es. [k]); se la posizione è chiusa e le corde vocali entrano invibrazione, allora la consonante è sonora (per es. [g]).

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Dal che risulta evidente che i fonemi sono composti da pacchetti di tratti, e che la distinzione tra/k/ e /g/ è dovuta solamente a un tratto, il [sordo] opposto al [sonoro]. Questi tratti prendono il nomedi tratti distintivi. Pertanto i fonemi possono essere analizzati come pacchetti di tratti distintivi, ofemi,3 che sono inferiori al fonema e che si devono combinare tra loro affinché un fonema si possarealizzare. È importante sottolineare che i tratti distintivi sono ricostruiti dalla teoria, sono categoriedel metalinguaggio teorico, e quindi sono unità di immanenza non manifestabili in quanto tali. Perdescrivere il piano del contenuto dei linguaggi, Greimas segue il metodo fonologico: se la fonologiaha postulato i femi come tratti minimali del piano dell’espressione, la semantica postula i semi cometratti minimali del piano del contenuto

I semi, o figure semiche, sono dunque gli elementi minimali della significazione: non hannonulla di sostanziale e si definiscono solo in relazione ad altri semi; essi servono ad analizzare ilsenso che si realizza nella manifestazione e la loro natura è unicamente teorica e metalinguistica.Avendo i semi una natura esclusivamente relazionale, il loro valore si determina sempre all’internodi una categoria semantica, una categoria di natura teorica con la quale il metalinguaggio tenta didescrivere un’articolazione di senso ponendo in relazione due semi tra loro contrari. Esempio: percomprendere la differenza di senso tra i due termini-oggetto donna/uomo si può tentare unadescrizione in termini semici come segue:

uomo donna“umano” “umano”“adulto” “adulto”“maschile” “femminile”

Dal che risulta che la differenza di significato è determinata dalla categoria semantica dellasessualità, che articola i due semi tra loro contrari “maschile” e “femminile”. Pertanto sul piano delcontenuto l’opposizione donna/uomo può essere descritta a partire dalla seguente categoriasemantica:

sessualità

“femminile” vs “maschile”4

Il lessema (nel suo stato virtuale)Il lessema, che possiamo intendere come voce di dizionario, può essere pensato come un insieme

di semi: per esempio il lessema alto può essere descritto attraverso i semi “spazialità”,“dimensionalità”, “verticalità”; il lessema lungo può essere costituito dai semi “spazialità”,“dimensionalità”, “orizzontalità”, “prospettività”; il lessema largo dai semi “spazialità”,“dimensionalità”, “orizzontalità”, “lateralità”:

3 Nella terminologia adottata da B. Pottier.4 È importante sottolineare che le denominazioni dei semi (“femminilità”, “mascolinità”. “verticalità”, “orizzontalità”,ecc.) non vanno intese come parole del linguaggio naturale: si tratta infatti di denominazioni metalinguistiche adottatenell’analisi.

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SEMI

LESSEMI

spazialità dimensionalità verticalità orizzontalità prospettività lateralità

altobasso

lungocorto

largostretto

++

++

++

++

++

++

++

––

––

––

++

++

––

++

––

––

––

++

vastospesso

++

––

Figura 1: da Greimas [1966: 58]

Da questo quadro emerge che ogni lessema è caratterizzato dalla presenza di un certo numero disemi e dall’assenza di altri semi. I semi presenti compongono un certo lessema colto nel suo statovirtuale, considerato cioè come voce lessicale che, prima di essere inserita in una frase, contiene insé numerosi significati potenziali. Come vedremo tra poco sarà solo il suo inserimento in uncontesto discorsivo a consentire il riconoscimento di un percorso di senso specifico (lessemarealizzato).

Il sememaA questo punto secondo Greimas è necessario fare un passo avanti per capire meglio

l’organizzazione semica del lessema. Per fare questo, l’autore prova ad analizzare il lessema testa, etrova che in un certo numero di occorrenze (cioè in un certo numero di frasi in cui compare illessema) i semi sono i seguenti:

a) il guppo di semi “estremità” + “superiorità” + “verticalità” caratterizza il lessema testa nelleseguenti occorrenze:

la testa di un paloessere alla testa della dittaavere debiti fin sopra alla testa

b) il gruppo di semi “estremità” + “anteriorità” + “orizzontalità” + “continuità” caratterizza illessema testa nelle seguenti occorrenze:

testa di una travestazione di testa

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c) il guppo di semi “estremità” + “anteriorità” + “orizzontalità” + “discontinuità” caratterizzail lessema testa nelle seguenti occorrenze:

vettura di testatesta di corteoprendere la testa

Questo inventario mette in evidenza due semi comuni: quello di “estremità” e quello di“superatività” (che comprende “superiorità” e “anteriorità”), e questi semi comuni, definiti seminucleari, vanno a costituire il nucleo semico del lessema testa (lo indichiamo con Ns). Gli altri semisono definiti da Greimas semi contestuali, nel senso che si attivano a seconda del contesto dellafrase. A seguire Greimas esamina un altro inventario di occorrenze in cui il lessema testa indica una“parte del corpo” (rompersi la testa, mettersi in testa una cosa, ecc.). Questo secondo inventariomette in evidenza un nucleo semico basato sul sema “sferoidità” indipendente rispetto al nucleosemico rilevato nel primo inventario. Tuttavia una lettura più attenta degli occorrimenti del secondoinventario mostra come in tutti i casi il primo nucleo semico (“estremità”+”superatività”) siasempre implicito: del resto anche quando indica una “parte del corpo” il lessema testa ha sempre ecomunque le caratteristiche di “estremità superativa”. Pertanto il nucleo semico del primoinventario è comune anche al secondo. Il nucleo semico del lessema testa si manifesta quindi comeuna figura nucleare, i cui semi contraggono tra loro una relazione gerarchica di presupposizione:

Ns = S1 (estremità) → S2 (superatività)

Il nucleo semico è un minimo semico permanente, una invariante. Ma se il nucleo semicodescrive l’insieme invariante dei semi, le variazioni di senso – come abbiamo iniziato a vedere –possono provenire solo dal contesto, cioè dall’enunciato. Per cui al nucleo semico si aggiungerannoi sèmi contestuali, che produrranno particolari effetti di senso. I semi contestuali sono chiamaticlassemi (Cs) perché definiscono classi di contesti associati a uno stesso effetto di senso. I classemideterminano pertanto le accezioni particolari di un termine e dipendono dall’inserimento dellessema nella catena sintagmatica dell’enunciato. L’effetto di senso complessivo si definiscesemema e risulta dalla combinazione di Ns (nucleo semico) e di Cs (classemi):

semema Sm = Ns + Cs

Se questa è la rappresentazione schematica del semema, le analisi hanno però messo in luce unastruttura più complessa. Infatti anziché analizzare separatamente ogni lessema, è opportunoconsiderare una sequenza del discorso (Sq) intesa come incontro di due sememi. Nella sequenza «ilcane abbaia» il semema abbaia può essere descritto come la combinazione di un nucleo semico che,pur senza un’analisi accurata, possiamo indicare come «una specie di grido», e del sema contestuale“animale” contenuto nel contesto cane; e del resto il semema cane, manifestandosi, seleziona ilsema contestuale “animale” contenuto nel contesto abbaia, escludendo altri semi contestuali comeper esempio “oggetto” (che sarebbe stato selezionato nel caso in cui si fosse parlato, per esempio, diuna “parte del fucile”). Quindi cane contestualizza abbaia e abbaia contestualizza cane, in unasequenza che può essere descritta in questo modo:

Sq (A) = Ns2 cane + Cs1 (“animale”) + Ns1 abbaia («specie di grido») + Cs1 (“animale”)

Rispetto alla sequenza «il commissario abbaia», avremmo invece una descrizione di questo tipo:

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Sq (B) = Ns3 commissario + Cs2 (“umano”) + Ns1 abbaia («specie di grido») + Cs2 (“umano”)

Dal che risulta evidente che una data sequenza contestuale, pur comportando due figure semiche,comprende un solo sema contestuale, tanto che le sequenze sopra descritte potrebbero essereriformulate nel modo seguente:

Sq (A) = (Ns2 + Ns1) Cs1Sq (B) = (Ns3 + Ns1) Cs2

Per riassumere: il semema è il prodotto della combinazione di almeno un sema nucleare e dialmeno un sema contestuale, e trae dagli elementi del sintagma le specificazioni necessarie alla suasignificazione: per definirlo, infatti, è necessaria la presenza di un contesto formato da almeno duesememi legati fra loro da almeno un classema.5

Il lessema (realizzato)Ora possiamo delineare in modo più preciso le due possibili rappresentazioni del lessema. Infatti

se prima abbiamo considerato il lessema nel suo stato virtuale, ora possiamo riconsiderarlo nella suarealizzazione. Nel suo stato virtuale il lessema può essere concepito come una voce dizionariale,che racchiude in sé un insieme di possibili percorsi discorsivi. Ma il lessema si realizzanecessariamente all’interno di un contesto discorsivo, dove il suo nucleo semico, inserendosi in unenunciato, raccoglie quei classemi che gli consentono di costituirsi in semema, attivando in talmodo dei percorsi di senso (accezioni particolari). Per esempio il lessema tavola può esseredescritto nel suo stato virtuale come un insieme di possibili percorsi di senso: ma sarà solo la suarealizzazione in un contesto discorsivo, in quanto semema che si concatena ad altri sememi, adefinirne l’accezione particolare (da cucina, da pranzo, della legge, da stiro, da surf), quando cioèsarà possibile associare al suo nucleo semico permanente i classemi che provengono dal contestod’uso. Del resto solo una lettura contestuale permette (quasi sempre) di disambiguare gli enunciati,cioè di scegliere un percorso di senso eliminando le ambiguità interpretative. Il lessema va dunquepensato come un modello virtuale della significazione che si realizza sotto forma di sememi.Possiamo dire che il lessema sta al semema come una entrata dizionariale (lemma) sta alla parolainserita nel contesto di una frase.6

Livello immanente e livello della manifestazioneI semi nucleari, i classemi e i sememi appartengono al livello immanente. Essi si pongono

anteriormente alla realizzazione dell’atto linguistico (semiosi). In un saggio del 1972 Greimasrenderà più chiara la distinzione tra livello della manifestazione e livello di immanenza indicando larealizzazione come piano della manifestazione, e suddividendo il livello immanente in duesottolivelli, un livello profondo e un livello di superficie:

5 In questa fase Greimas ritiene che i classemi si oppongano tipologicamente ai semi nucleari. Greimas pensa che i seminucleari siano figurativi e che provengano dal «livello semiologico» del linguaggio: si tratta del livello cosiddettoesterocettivo, che si costituisce attraverso la percezione che l’uomo ha dell’universo che lo circonda. È per la suadimensione esterocettiva che il nucleo semico viene denominato anche figura nucleare. I classemi sono invece astratti eprovengono dal «livello semantico» del linguaggio: si tratta del livello interocettivo, che riguarda l’organizzazionecategoriale e concettuale del mondo. I classemi sono infatti “animato”/“inanimato”, “umano”/“animale”, ecc. Se in unalingua i nuclei semici sono in numero assai elevato, l’inventario dei classemi è più limitato poiché si tratta di unità dinatura molto generale.6 Courtés [1976: 52].

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livelloprofondo: fèmi

Piano dell’espressione

livello disuperficie: fonemi sillabe

fonemi realizzatiPiano della manifestazione

lessemi

livello di enunciatisuperficie: sememi semantici

Piano del contenuto

livelloprofondo: sèmi

Figura 2: Greimas [1972: 138]

Da questo schema emerge con chiarezza che nel piano della manifestazione si realizza l’unionedi fonemi realizzati e lessemi realizzati (semiosi), e che il piano immanente dell’espressione èsuddiviso in un livello profondo (tratti distintivi o femi) e in un livello di superficie (fonemi esillabe), così come il piano immanente del contenuto è anch’esso suddiviso in un livello profondo(semi) e in un livello di superficie (sememi). La distinzione fondamentale è dunque quella tramanifestazione intesa come realizzazione e immanenza intesa come costruzione metalinguisticadell’analisi secondo livelli di pertinenza.

Nello schema seguente si parte dalla manifestazione dell’enunciato linguistico /Mario haraggiunto la testa del corteo/: dal punto di vista dell’espressione questo enunciato appare come unasequenza di fonemi realizzati che vanno a costituire dei formanti, cioè delle parti del pianodell’espressione a cui corrispondono delle unità del piano del contenuto (per es. il formante /testa/);sul piano del contenuto abbiamo i lessemi realizzati, cioè le unità di contenuto che si congiungonocon i formanti (per es. il lessema «testa»). Consideriamo quindi il formante espressivo /testa/: nellivello immanente del piano dell’espressione esso è costituito da quattro fonemi (/t/, /ε/, /s/, /a/),ciascuno dei quali descrivibile con l’impiego di tre femi; nel livello immanente del piano delcontenuto consideriamo il lessema «testa» indicando i suoi semi nucleari e la sua trasformazione insemema all’interno della sequenza «testa del corteo»:

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livello [occlusiva] [medio-bassa] [fricativa] [bassa] profondo: fèmi [dentale] [palatale] [alveolare] [centrale] [sorda] [non-arrotondata] [sorda] [non-arrotond.] E

livello di superficie: fonemi /t/ /ε/ /s/ /a/

fonemi realizzati /Mario ha raggiunto la testa del corteo/Manifestazione

lessemi «Mario ha raggiunto la testa del corteo»

livello di superficie: sememi Sm testa = Ns (“estremità”+“superatività”) + Cs (“umano”)

Sm corteo = Ns (“…”) + Cs (“umano”) C

Livello profondo: semi “estremità”, “superatività”

Figura 3

Una “rivoluzione mentale”Diceva Bloomfield che il senso esiste senza che per questo si possa dirne qualcosa di sensato.

Infatti, se la materialità del significante garantisce una descrizione scientifica, il piano delsignificato sfugge a un approccio positivo. Secondo Greimas per legittimare uno studio scientificodel senso è stata necessaria una “rivoluzione mentale” che ha sostituito alle certezze di unadescrizione dei fatti materiali del linguaggio l’idea che la linguistica sia solo una costruzioneteorica, che cerca di rendere conto di fenomeni altrimenti insondabili [Greimas e Courtés 1979:293]. La semantica diventa così un linguaggio costruito, capace di parlare del linguaggio-oggetto.Nella prospettiva di Greimas il linguaggio della semantica non deve però essere una sempliceparafrasi in lingua naturale: deve essere piuttosto un metalinguaggio scientifico, con terminiinterdefiniti e controllati dal punto di vista metodologico ed epistemologico. Non solo: ilmetalinguaggio non è costruito a-priori ma è desunto dall’analisi dei testi, come nel caso dellessema testa, dal cui esame si traggono le categorie metalinguistiche di sema, sema nucleare, semacontestuale, semema.

La semantica strutturale che si delinea muove dunque dall’ipotesi che tra i due piani dellinguaggio vi sia parallelismo, e che quindi agli scarti differenziali del significante debbanocorrispondere scarti differenziali del significato (i tratti distintivi della significazione). Si tratta dellagrande ambizione degli anni Sessanta, che presto diventa però grande illusione, come hariconosciuto lo stesso Greimas in diverse occasioni.7 Infatti se sul piano dell’espressione è possibilereperire un numero limitato di elementi minimali, risulta molto più difficile ottenere lo stessorisultato sul piano del contenuto. Inoltre, pensando di descrivere in modo esaustivo il piano delcontenuto delle lingue naturali la linguistica si stava impegnando, senza rendersene conto, “nel

7 Cfr. Greimas e Courtés [1979: 294]; Greimas [1986].

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progetto straordinario di una descrizione completa dell’insieme delle culture, progetto che ha ledimensioni stesse dell’umanità.” [ibid.: 94]

Eppure la semantica strutturale costituisce senza dubbio una tappa decisiva, non solo perchéavvia una nuova riflessione sulla teoria della significazione, ma anche perché apre la strada allasemiotica. I limiti posti dalla nuova semantica, infatti, spingeranno Greimas a elaborare un progettosemiotico di più ampia portata, e sempre di ispirazione saussuriana-hjelmsleviana. Il punto dipartenza, per l’appunto, è questo studio di semantica strutturale in cui Greimas ipotizza quel livelloimmanente che deve essere costruito dall’analisi attraverso un metalinguaggio scientifico.

3. Semiotica: il percorso generativo del senso

Nella seconda fase della riflessione semiotica greimasiana si delinea un progetto teorico di vastaportata, il cui esito complessivo va sotto il nome di Percorso Generativo. Sono sostanzialmente duei presupposti di questo passaggio. In primo luogo il superamento del segno e la scelta del testo comeunità di analisi. Come abbiamo già visto, praticando l’analisi semica Greimas si rende conto che perdefinire il semema è necessario entrare nella dimensione contestuale del discorso. Sono infatti iclassemi, che nascono dal contesto di una frase, a modificare la significazione dei lessemi. Lasignificazione lessicale si manifesta, pertanto, solo come significazione contestuale. In questo modola semantica strutturale comincia a superare l’ambito della parola, che non può da sola costituirel’unità all’interno della quale rilevare il senso. Greimas individua così un percorso che senzasoluzione di continuità va dall’analisi semantica all’analisi del testo, ponendo proprio il testo inprimo piano.8 Il testo, di qualunque dimensione e composto di qualsiasi sostanza di manifestazione,diventa il luogo di disambiguazione, sia pur parziale, delle significazioni: “Dal punto di vista dellasignificazione, dunque, è il globale a determinare il locale e il generale che determina il particolare,non il contrario.” [Bertrand 2000: 109]. Pertanto per descrivere il piano del contenuto occorrepassare dai segni (termini isolati) ai testi, cioè a oggetti di taglio superiore. Il passaggio èdeterminante perché con Saussure si era parlato solo di segni linguistici, con Hjelmslev si eracominciato a ragionare sulle frasi, ma ora si passa, appunto, a considerare ampie porzioni testuali.Questo slittamento peraltro rende conto della prospettiva specificamente semiotica di questoapproccio: la nozione di testo, molto più della nozione di segno, aiuta a passare da una semanticadel linguaggio naturale a una semantica dei linguaggi. Non dobbiamo più ricercare il significato diuna parola, o di una forma, o di una nota, ma cerchiamo di descrivere il significato di un racconto,di un quadro (preso nel suo insieme), di una partitura, di una conversazione. In questo modo sidecide di andare oltre il segno e ci si colloca nella dimensione testuale.

In secondo luogo si supera l’idea che il piano del contenuto possa essere descritto a partire da uninventario limitato di tratti minimali (semi). Come abbiamo visto, in Semantica strutturale l’idea diGreimas è quella di lavorare sul piano del contenuto così come si era già lavorato, con successo, sulpiano dell’espressione. Tuttavia i limiti di questo progetto appaiono subito evidenti: per quantoalcuni semi si presentino come effettivamente fondamentali, risulta impossibile trovare inventarilimitati di semi per descrivere la semantica del linguaggio naturale. Lo stesso Greimas, comeabbiamo visto, in seguito ha definito questo progetto come “la grande illusione degli anni Sessanta”,quando si riteneva possibile effettuare un’analisi esaustiva del piano del contenuto delle linguenaturali attraverso un campione limitato di tratti generali, nel tentativo di dare una descrizionecompleta dell’insieme delle culture.9 Se non è possibile costruire tassonomie di tratti minimi sul

8 Cfr. Bertrand [2000: 108].9 Greimas e Courtés [1979: 294].

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piano del contenuto, Greimas pensa di battere un’altra strada tentando di individuare delle strutturesoggiacenti ai testi che accomunino tutti gli universi semantici.

La struttura soggiacente ai testi è pensata da Greimas come un sistema semantico organizzatoper livelli di profondità, con un meccanismo di generatività che permette agli elementi più profondie più semplici di generare elementi più superficiali e più complessi secondo regole di conversione.In questi termini la teoria greimasiana è definibile come una teoria della generazione del senso: allivello più profondo si situano elementi di tipo logico-semantico che si convertono in pianisemantico-sintattici più superficiali, per poi trasformarsi, attraverso i meccanismi dell’enunciazione,negli elementi discorsivi: il tutto in vista della manifestazione. La conversione designa dunquel’insieme di procedure che rendono conto del passaggio da una unità del livello profondo a unaunità del livello di superficie: il nuovo livello più superficiale mantiene lo stesso contenuto delprecedente, ma nello stesso tempo apporta un “arricchimento” o un “aumento” del senso. Ogniconversione quindi deve essere considerata contemporaneamente come un’equivalenza e come unsurplus di significazione.10 Il quadro del Percorso Generativo è riassunto schematicamente in questatabella, che visualizza le sue componenti e le sue sotto-componenti:

Figura 4: il Percorso Generativo

Dice Greimas a proposito dell’ottica generativa:11 si può prendere un tavolo e dire che si tratta diun asse con quattro piedi e con certe funzioni; oppure lo si può descrivere considerandoloall’interno del sistema generale del mobilio; oppure si può dire come è stato costruito. Quest’ultimoè l’atteggiamento generativo, che consiste nell’esplicitare come una cosa è stata formata, come èstata costruita. È un approccio empirico che si concentra sul ‘come’. L’idea di Greimas è che ci sidebba concentrare sul come vengono costruiti i testi ipotizzando un percorso generativo che partadal semplice e che arrivi a poco a poco al più complesso.

Se l’entità che ci si pone di fronte è un testo realizzato (un oggetto materiale), cioè il livello dellamanifestazione, l’oggetto di studio della semiotica, secondo Greimas, deve essere il livelloimmanente al testo. Il Percorso Generativo, situandosi nel livello immanente, costituisce una sortadi “tronco strutturale autonomo”, dove il senso è organizzato anteriormente alla propriamanifestazione. Occuparsi del livello immanente, secondo Greimas, significa porre l’attenzione suisistemi soggiacenti che permettono ai segni di significare

10 Cfr. Greimas e Courtés [1979: voce “Conversione”].11 Greimas [1987c: 175-176].

Strutture discorsive

Sintassi discorsiva Attorializzazione Spazializzazione Temporalizzazione

Semantica discorsiva

Tematizzazione Figurativizzazione

Livellodi superficie

Sintassi narrativa di superficie Semantica narrativa Strutturesemio-

narrative Livelloprofondo

Sintassi fondamentale Semantica fondamentale

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3.1. Strutture semio-narrative: il livello profondo

3.1.1. La semantica fondamentale

Nel livello profondo delle strutture semio-narrative si colloca la struttura elementare dellasignificazione nella forma del quadrato semiotico. Il quadrato è uno strumento descrittivo con ilquale si prova ad articolare un microuniverso semantico mettendo in luce una serie di relazionidifferenziali. Il quadrato è concepito come lo sviluppo logico di una categoria semica binaria.Partiamo per esempio dai termini “maschile” (S1) e “femminile”(S2) che costituiscono l’assesemantico della categoria sessualità: ciascuno dei due termini, che si pongono in relazione dicontrarietà, può proiettare un nuovo termine quale proprio contraddittorio; pertanto il sema“maschile” (S1) può proiettare il suo contraddittorio “non maschile” (non-S1) , e il sema“femminile”(S2) può proiettare il suo contraddittorio “non femminile” (non-S2).

sessualità “maschile” S “femminile”

S1 S2

non-S2 non-S1 “non-femminile” non-S “non-maschile”

non-sessualità

relazione fra contrari (assi); relazione fra contraddittori (schemi); relazione di complementarità (deissi);

Figura 5

Dal punto di vista formale il quadrato si presenta come una rete astratta di relazioni. I termini“maschile” e “femminile”, cioè S1 e S2, contraggono una relazione di contrarietà. I due terminidifferiscono – si oppongono – ma sulla base di una somiglianza, di alcuni tratti comuni espressidalla categoria gerarchicamente superiore (sessualità). Parallelamente, la relazione tra “non-maschile” e “non-femminile”, cioè tra non-S1 e non-S2, è detta di sub-contrarietà. La categoriasemantica che sussume i termini contrari, sessualità (S) nel nostro esempio, è definita terminecomplesso. La categoria semantica che sussume i termini sub-contrari, non-sessualità (non-S) nelnostro esempio, è definita termine neutro.

Fra i termini “maschile” e “non-maschile” (S1 e non-S1) e fra i termini “femminile” e “non-femminile” (S2 e non-S2) si stabilisce una relazione di contraddittorietà. Le relazioni fracontraddittori prendono il nome di schemi.

Il rapporto fra “non-femminile” (non-S2) e “maschile” (S1), così come quello tra “non-maschile”(non-S1) e “femminile” (S2), è una relazione di complementarità. Questa relazione indica

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l’implicazione logica di S1 da parte di non-S2, e di S2 da parte di non-S1. In altri termini, non-S2implica S1, cioè “non-femminile” implica “maschile”; e non-S1 implica S2, cioè “non-maschile”implica “femminile”. Le relazioni fra termini complementari prendono il nome di deissi poiché iltermine contraddittorio “indica” come una freccia il termine contrario a quello che contraddice.12

Si configura in questo modo il quadrato semiotico, cioè la rappresentazione visiva dellearticolazioni logiche di una categoria semantica. Il quadrato si presenta quindi come la strutturacostitutiva di un microuniverso di significazione. Ad esempio, per quanto riguarda l’universosemantico dei valori individuali si può ipotizzare che l’asse semantico vita/morte ne costituiscaun’articolazione fondamentale, e che lo sviluppo logico di questa categoria vada a delineare ilseguente quadrato:

vita morte

non-morte non-vita

Figura 6

Per quanto riguarda l’universo dei valori sociali si può invece ipotizzare che l’asse semanticonatura/cultura costituisca un’opposizione fondamentale da sviluppare anch’essa nella forma delquadrato semiotico. La semplicità del quadrato e la sua astrazione non devono peraltro essere intesecome un impoverimento del senso manifestato perché il quadrato non rappresenta il contenuto di untesto: si tratta di una rappresentazione visiva della forma semiotica più profonda che può essereapplicata a un testo intero o a diverse porzioni testuali.13 Descrivendo di fatto sistemi di valori(morali, logici, estetici), il quadrato semiotico può essere considerato una assiologia.

Nel saggio “Interazioni delle costrizioni semiotiche”14 del 1968 Greimas utilizza lo schema delquadrato per descrivere i valori profondi, di natura antropologica, di un’organizzazione sociale. Lacategoria di partenza è quella delle ingiunzioni:

12 La direzione della deissi è stata invertita da alcuni autori (cfr. Petitot 1979): dal punto di vista logico sembra infattipiù corretto che sia “maschile” (S1) a implicare “non-femminile” (non-S2). La freccia dal basso verso l’alto può essereintesa, come vedremo a proposito della sintassi fondamentale, come un’operazione di affermazione: dall’insieme dielementi indistinti che si trovano nel grande insieme del contraddittorio (“non-maschile”) emerge un solo elemento(“femminile”).13 Marsciani e Zinna [1991: 47].14 Cfr. Greimas [1968a].

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ingiunzioni prescrizioni interdizioni

non-interdizioni non-prescrizioni non-ingiunzioni

Figura 7: da Greimas [1968a: 149]

Il quadrato delle ingiunzioni può essere investito dal punto di vista del contenuto considerando lerelazioni sessuali di un gruppo umano dal punto di vista semiotico. Partendo dall’opposizioneCultura vs Natura, dove la Cultura racchiude le relazioni permesse mentre la Natura racchiude lerelazioni che una società esclude, i termini del quadrato semiotico diventano i seguenti:

Relazioni permesse Relazioni escluse (Cultura) (Natura)

Relazioni matrimoniali Relazioni “anormali” (prescritte) (interdette)

Relazioni “normali” Relazioni non matrimoniali (non interdette) (non prescritte)

Figura 8: da Greimas [1968a: 151]

Come si può vedere, il quadrato organizza un universo concettuale e l’organizzazione dipendedalle codificazioni sociali. Greimas fa notare ad esempio che la società tradizionale franceseprescrive gli amori coniugali, mentre interdice l’incesto o l’omosessualità; giudica “normale”,quindi non interdetto, l’adulterio dell’uomo, mentre valuta come non prescritto l’adulterio delladonna. Si tratta quindi di un modello sociale delle relazioni sessuali. Questo schema può diventarepiù complesso se lo consideriamo in relazione al modello economico delle relazioni sessuali, o inrelazione al modello dei valori individuali: per esempio vi possono essere valori vantaggiosi perl’individuo ma dannosi per la società e sul piano economico. L’ipotesi di Greimas è che lemanifestazioni – siano esse parole o matrimoni – dipendono dall’interazione di diversi sistemisemiotici, i quali consentono delle scelte e ne interdicono altre. Un produttore di oggetti semioticiqualsiasi si muove all’interno di una episteme (l’insieme dei sistemi semiotici in causa, un grande

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sistema assiologico sociale) nella quale interagiscono valori individuali e valori sociali, ed egli nonpotrà che procedere a delle scelte limitate. Secondo Greimas l’universo è un universo di valori e ilsoggetto ha certe possibilità di scegliere tra essi. Ci sono valori economici, valori morali, valoriestetici verso cui noi soggetti tendiamo senza posa elaborando volta per volta soluzioni diverse. Isoggetti vivono immersi in questi universi di valori cercando ciascuno la propria uscita dallabirinto.15

Nell’elaborazione del quadrato semiotico come articolazione profonda della semantica, Greimasprende ispirazione da alcuni studi di Lévi-Strauss [1958]. Da una prospettiva strutturale che sicaratterizza per la ricerca di costanti, Lévi-Strauss analizza alcuni miti e trova che essi siriproducono con gli stessi caratteri nelle diverse regioni del mondo. In particolare Lévi-Strauss sisofferma sui miti tebani (nello specifico su quello di Edipo), e ipotizza che tali racconti mettano inrelazione due diverse concezioni dell’origine dell’uomo, che evidentemente coesistevano a queltempo presso i greci: secondo la prima concezione gli esseri umani spuntarono dalla terra (originectonia); in base alla seconda concezione nacquero da progenitori umani. Rileggendo alla luce diquesta coesistenza alcuni miti, Lévi-Strauss costruisce uno schema in cui prova a mettere incorrelazione un serie sintagmatica con una paradigmatica:

Cadmo cerca sua sorellaEuropa, rapita da Zeus

Cadmo uccide il drago

Gli Sparti si sterminanovicendevolmente

Labdaco (padre di Laio) =«zoppo»

Edipo uccide suo padreLaio

Laio (padre di E- dipo) =«sbilenco»

Edipo immola la sfinge

Edipo = «piede gonfio»

Edipo sposa Giocasta, suamadre

Eteocle uccide suo fratelloPolinice

Antigone seppellisce Poli-nice, suo fratello, violan-do il divieto

Figura 9: da Lévi-Strauss [1958: 240]

La serie sintagmatica manifesta le sequenze dei miti, mentre la serie paradigmatica raggruppanelle stesse colonne verticali avvenimenti analoghi. Nella prima colonna i miti tebani presentanocasi in cui i rapporti familiari vengono “sopravvalutati” (Edipo sposa sua madre Giocasta, Antigonesfida la morte e seppellisce suo fratello Polinice); nella seconda colonna ci sono invece i casi in cui irapporti di parentela vengono “sottovalutati” (Edipo uccide suo padre, Eteocle uccide suo fratello,ecc.). Secondo Lévi-Strauss questi miti affermerebbero e negherebbero l’origine parentaledell’uomo.

15 Greimas [1987c: 178].

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La terza colonna riguarda i mostri e la loro distruzione (Edipo annienta la Sfinge, Cadmo uccideil drago): simbolicamente vi si potrebbe leggere la negazione dell’origine dell’uomo dalla terra. Madalla quarta colonna si evince che una serie di personaggi mitici si caratterizzano per la loro zoppia,e questo confermerebbe l’origine ctonia dell’uomo, indicando la condizione imperfetta dell’uomoemerso dalla terra. Dice Lévi-Strauss: “Quale significato finisce dunque con l’avere il mito di Edipocosì interpretato «all’americana»? Esso esprimerebbe l’impossibilità, in cui si trova una società cheprofessa di credere all’autoctonia dell’uomo […], di passare da questa teoria al riconoscimento delfatto che ciascuno di noi è realmente nato dall’unione di un uomo e di una donna. La difficoltà èinsuperabile.” [ibid.: 242] Ne consegue che il mito non risolve la contraddizione che si genera dalledue concezioni sull’origine dell’uomo, ma le fa convivere mettendo in un rapporto di analogia duecontraddizioni: “la sopravvalutazione della parentela di sangue sta alla sottovalutazione diquest’ultima, come lo sforzo di sfuggire all’autoctonia sta all’impossibilità di riuscirci.” [ibidem]Secondo Greimas l’analisi di Lévi-Strauss sfocia in un modello acronico elementare a partire dalquale i miti possono essere generati. Questo modello può essere definito come “la messa incorrelazione di termini contraddittori accoppiati” [Greimas 1969: 173]:

Origine ctonia Progenitori umani ____________ ______________

Non origine ctonia Non progenitori umani

L’ipotesi di Lévi-Strauss è che i miti si basino su contraddizioni soggiacenti e che le narrazionimitiche servirebbero proprio a “sanare” queste contraddizioni. In altri termini, sono proprio questecontraddizioni a generare le narrazioni, i personaggi, le azioni, i drammi. Insomma, se la logicaesclude le contraddizioni, l’antropologia e la semiotica sostengono che i contrari possono coesistere,e che anzi proprio questa coesistenza sarebbe alla base delle narrazioni. Greimas riprende questaidea delle polarità soggiacenti e pensa di svilupparla nell’articolazione logica del quadrato, che va aporsi al livello più profondo della semantica.

3.1.2. La sintassi fondamentale

Il modello rappresentato dal quadrato è semantico (semantica fondamentale), in quanto strutturauna categoria semantica e rende conto dell’articolazione del senso all’interno di un micro-universodi significato (da questo punto di vista è dunque una descrizione tassonomica); ma è anche unmodello sintattico (sintassi fondamentale) in quanto consente operazioni:16 la sintassi infatti operadelle trasformazioni in base alle quali un contenuto è affermato e un altro è negato. Così se da unlato abbiamo una sorta di tassonomia semica (visione statica del quadrato), dall’altro abbiamo leoperazioni che si possono effettuare su queste posizioni virtuali (visione dinamica del quadrato): laprima operazione è l’operazione di negazione, che si effettuata sul termine primitivo S1 (o S2) e chegenera il suo contraddittorio non-S1 (o non-S2); la seconda operazione è quella di asserzione:effettuata sui termini contraddittori (non-S1, non-S2), essa può far apparire i due termini primitivi(S1 e S2); una volta negato S1 e ottenuto così il contraddittorio non-S1, si potrà asserire S2attraverso un’operazione che fa emergere da tutto ciò che non è S1 quel particolare e determinato«non-S1» che è S2. Analogamente, una volta negato S2 e ottenuto così non-S2, si potrà tornare

16 Greimas specifica che si tratta di operazioni logiche che non prevedono ancora un soggetto antropomorfo.

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tramite l’operazione di asserzione all’S1 di partenza. Le operazioni della sintassi fondamentale sonodunque orientate, delineano dei percorsi e disegnano le condizioni embrionali della narratività.

Riprendiamo, per riepilogare, il seguente quadrato semiotico elaborato da Floch:

«Uomo» «Ermafrodita» «Donna» sessualità

“maschile “ “femminile”

“non-femminile” “non-maschile” non-sessualità «Angelo»

Figura 10: Floch [1985: 51] con integrazioni di Marsciani e Zinna [1991: 49]

Il quadrato parte dall’opposizione maschile/femminile, che costituisce una categoria semica.Ciascuno dei due termini presuppone l’altro, contraendo con l’altro una relazione di contrarietà; maciascuno dei due termini può, attraverso un’operazione di negazione, proiettare il proprio terminecontraddittorio: per esempio negando il tratto “maschile” si proietta il tratto contraddittorio “non-maschile”. Infine con un’operazione di asserzione dal “non-maschile” emerge l’altro terminecontrario (“femminile”). Il percorso sintattico può riprendere, poi, con la negazione di “femminile”che consente di proiettare “non-femminile”, e con l’asserzione che fa riemergere il termine dipartenza “maschile”. Questo esempio, scrive Floch, rende conto dell’organizzazione relazionaledella categoria della sessualità; vi possiamo posizionare anche alcuni sememi che possonomanifestare questi singoli semi: per esempio «uomo» può manifestare il sema “maschile”, «donna»può manifestare il sema “femminile”; «ermafrodita», riunendo in sé i termini contrari “maschile” e“femminile”, è un lessema che può manifestare il termine complesso sessualità, mentre «angelo»,riunendo in sé i termini “non-maschile” e “non-femminile”, è un lessema che può manifestare iltermine neutro non-sessualità.

3.2. Strutture semio-narrative: la grammatica narrativa di superficie

3.2.1. L’influenza di Propp

Il primo meccanismo di conversione, quello che rende conto del passaggio dal livello profondoal livello di superficie delle strutture semionarrative, consiste nel passaggio dall’astrazione delquadrato a una narratività che assume forme e modalità umane (narratività antropomorfizzata).Pertanto le relazioni logico-semantiche del quadrato e le possibili operazioni sintattiche diaffermazione/negazione di valori si traducono ora in azioni e volizioni di soggetti. I valori virtualidel quadrato vengono investiti in oggetti (oggetti di valore) che possono trovarsi in congiunzione o

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in disgiunzione con i soggetti: di qui le dinamiche narrative per rendere conto di questetrasformazioni. La narratività è dunque la sequenza ordinata di situazioni e di azioni: è la versione“umanizzata” di quello che era ipotizzabile a livello astratto con il quadrato. Mentre lì c’erano solodelle articolazioni semiche, ora quelle articolazioni diventano valori, intervengono dei soggetti chevogliono fare delle cose, trasformare delle situazioni, ecc.

È, questo, un presupposto fondamentale della teoria di Greimas: il senso può essere colto soloattraverso la sua narrativizzazione. Le differenze del quadrato a livello superficiale si trasformanoin confronto/scontro fra soggetti che sono alla ricerca dei medesimi oggetti. La narratività èconcepita come un universale del piano del contenuto dei linguaggi e diventa il principioorganizzatore di qualsiasi tipo di discorso, dai discorsi figurativi (cioè narrativi in senso stretto), aidiscorsi scientifici o filosofici. Così dalle differenze valoriali del quadrato si passa al confronto-scontro tra soggetti e oggetti con un progressivo incremento di senso. Per questa ragione Greimasprova a elaborare una grammatica narrativa, e per fare questo prende ispirazione da VladimirPropp (1895-1970), folklorista russo con posizioni assai vicine a quelle della scuola formalista ilquale aveva prodotto un importante lavoro di analisi della fiaba di magia.

La Morfologia della fiaba di Propp viene pubblicata in russo a Leningrado nel 1928, e tradotta ininglese nel 1958. Si tratta di un testo fondamentale per gli studi di narratologia. Se fino a quel puntogli studi folklorici erano stati dominati da un approccio storico che ricercava fonti, filiazioni,corrispondenze e genealogie delle fiabe, Propp si propone di studiare l’oggetto “fiaba” in se stesso,attraverso l’analisi della sua morfologia, cioè della sua forma. Comparando un corpus di uncentinaio di fiabe di magia slave (quelle contrassegnate con i numeri da 50 a 151 della raccolta diAfanas’ev), Propp si propone di trovare le regolarità e le variazioni formali: il suo scopo è quello diindividuare le parti componenti della favola e le loro relazioni reciproche e col tutto.

Nella sua indagine Propp trova che le unità costitutive della fiaba sono le funzioni deipersonaggi, cioè le loro azioni: infatti nelle favole cambiano i nomi dei personaggi, cambiano i loroattributi – cioè le caratteristiche esteriori –, ma non le loro azioni, cioè le funzioni. Le funzioni sonoquindi grandezze costanti della fiaba, i nomi e gli attributi dei personaggi sono grandezze variabili:“Per l’analisi della favola è quindi importante che cosa fanno i personaggi e non chi fa e come fa,problemi, questi ultimi, di carattere accessorio.” [Propp 1928: 26] Il numero delle funzioni checompaiono nella favola di magia è limitato e Propp ne identifica trentuno: le prime sette designanofunzioni preparatorie; con la funzione successiva, la mancanza, ha inizio l’azione narrativa vera epropria. Ecco in sintesi le funzioni elaborate da Propp.

I. Allontanamento. Uno dei membri della famiglia si allontana dalla casa: a volte si allontanano igenitori, a volte i figli.

II. Divieto. All’eroe è imposto un divieto; esempi: «In questo ripostiglio non dovrai guardare»;«Custodisci il fratellino, non uscire dal cortile».

III. Infrazione. Il divieto è infranto: le infrazioni corrispondono alle forme di divieto e a questopunto entra in scena l’antagonista, il cui ruolo è quello di turbare la pace della famiglia;l’antagonista può essere il drago, il diavolo, i banditi, la strega, la matrigna, ecc.

IV. Investigazione. L’antagonista tenta una ricognizione: l’investigazione di solito ha lo scopo discoprire dove si trovino i fanciulli, o gli oggetti preziosi, ecc.

V. Delazione. L’antagonista riceve informazioni sulla sua vittima: l’antagonista può riceveredirettamente risposta alla sua domanda, per esempio lo scalpello risponde all’orso: «Portami nelcortile e buttami in terra; dove mi infilerò tu scava».

VI. Tranello. L’antagonista tenta di ingannare la vittima per impadronirsi di lei o dei suoi averi:prima di tutto l’antagonista muta aspetto, si trasforma; poi tenta di ingannare la vittima attraverso lapersuasione, o impiegando mezzi magici, o ricorrendo all’inganno e alla violenza.

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VII. Connivenza. La vittima cade nell’inganno e con ciò favorisce involontariamente il nemico:in vari modi l’eroe si fa convincere dall’antagonista.

VIII. Danneggiamento. L’antagonista arreca danno o menomazione a uno dei membri dellafamiglia: è una funzione molto importante perché segna il passaggio dalla fase preparatoria dellafavola all’azione narrativa vera e propria. L’antagonista rapisce qualcuno, o estorce il mezzomagico, o saccheggia e devasta il raccolto, o compie una rapina, o arreca una mutilazione, oprovoca una scomparsa, ecc.

VIIIa. Mancanza. A uno dei membri della famiglia manca qualcosa o viene il desiderio diqualcosa: è un’alternativa alla funzione del danneggiamento; può mancare una fidanzata, o unmezzo magico, o oggetti particolari. In ogni caso le funzioni del danneggiamento o della mancanzanon possono mancare in nessuna favola del corpus studiato da Propp.

IX. Mediazione. La sciagura o mancanza è resa nota ed entra in gioco l’eroe, al quale ci sirivolge con una preghiera o con un ordine, e poi lo si manda o lo si lascia andare. L’eroe può esseredi due tipi: Ivan che parte alla ricerca della fanciulla rapita è un eroe cercatore; se la favola seguesolo le peregrinazioni della fanciulla rapita, allora sarà lei l’eroe vittima.

X. Inizio della reazione. Il cercatore acconsente o si decide a reagire. Naturalmente questafunzione è presente solo nelle favole in cui è presente un eroe cercatore e manca se sono presentieroi vittime.

XI. Partenza. L’eroe abbandona la casa. Le quattro funzioni di mancanza/danneggiamento,mediazione, reazione e partenza costituiscono l’esordio della favola. A questo punto si sviluppa lavicenda vera e propria.

XII. Prima funzione del donatore. L’eroe incontra un «donatore» ben disposto o reticente, subitopronto all’aiuto o dapprima ostile, e questi lo mette alla prova in vari modi. Alcuni esempi in cui ildonatore mette alla prova l’eroe: la baba-jaga assegna lavori domestici alla fanciulla; i bogatyri delbosco propongono all’eroe di servire tre anni; il drago sfida a sollevare un pesante masso.

XIII. Reazione dell’eroe. L’eroe reagisce all’operato del futuro donatore in modo positivo onegativo.

XIV. Conseguimento del mezzo magico. Il mezzo magico perviene in possesso dell’eroe. I mezzimagici possono essere animali, oggetti, poteri particolari, e possono essere trasmessi direttamente,oppure venduti e acquistati ecc.

XV. Trasferimento nello spazio tra due reami. Di solito l’oggetto delle ricerche si trova in unaltro reame, che può essere situato molto lontano in linea orizzontale o a grande altezza o profonditàin senso verticale. Quindi l’eroe si trasferisce, è portato o condotto sul luogo in cui si trova l’oggettodelle sue ricerche: vola attraverso l’aria, viaggia per via di terra o d’acqua, si serve di mezzi dicomunicazione ecc.

XVI. Lotta. L’eroe e l’antagonista ingaggiano direttamente la lotta: essi si battono in campoaperto, o entrano in competizione, o giocano a carte.

XVII. Marchiatura. All’eroe è impresso un marchio: può subire una ferita durante ilcombattimento, oppure la figlia del re gli fa un piccolo segno sulla guancia con il coltello, ecc.

XVIII. Vittoria. L’antagonista è vinto.XIX. Rimozione della sciagura o della mancanza. Con la funzione di rimozione della sciagura o

della mancanza iniziale la narrazione raggiunge l’acme. L’eroe recupera la figlia del re, o l’anello, ocomunque l’oggetto della sua ricerca.

XX. Ritorno. L’eroe ritorna.XXI. Persecuzione. L’eroe è sottoposto a persecuzione e i persecutori possono prendere le forme

di animali diversi, di oggetti allettanti, ecc.XXII. Salvataggio. L’eroe si salva dalla persecuzione fuggendo, o trasformandosi, o

nascondendosi. Con la sconfitta del persecutore moltissime favole hanno termine, ma in alcuni casi

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la favola costringe l’eroe a sopportare una nuova sciagura. All’eroe viene ritolto quello che haconquistato e così ricomincia tutto da capo, con una serie di funzioni che portano l’eroe aricomporre il danneggiamento. A partire da questo momento compaiono nuove funzioni.

XXIII. Arrivo in incognito. L’eroe arriva in incognito a casa o in un altro paese.XXIV. Pretese infondate. Entra in scena il falso eroe: se l’eroe arriva a casa, i fratelli si

spacciano per i conquistatori della preda; se invece arriva in un altro regno e serve il re come cuocoo come stalliere, il generale si spaccia per vincitore del drago.

XXV. Compito difficile. All’eroe è proposto un compito difficile, e questo è uno degli elementiprediletti della favola. Può trattarsi di una prova del cibo, di una prova del fuoco, di un indovinello,di una scelta, di una prova di forza o di destrezza, ecc.

XXVI. Adempimento. Il compito è eseguito.XXVII. Identificazione. L’eroe è riconosciuto per aver eseguito il compito difficile o per via di

un segno particolare che lo contraddistingue, una marchio (ferita) o un oggetto a lui donato(anellino, panno).

XXVIII. Smascheramento. Il falso eore o l’antagonista è smascherato: questa funzione è in granparte collegata alla precedente.

XXIX. Trasfigurazione. L’eroe assume nuove sembianze.XXX. Punizione. L’antagonista è punito, ucciso, scacciato, costretto al suicidio. Alcune volte

l’antagonista viene perdonato.XXXI. Nozze. L’eroe si sposa e sale al trono.Propp constata che le funzioni sono in numero assai limitato, che entro questi limiti si sviluppa la

vicenda di tutte le favole del suo corpus, e che le funzioni sono orientate, concatenate cioè da unanecessità logica in virtù della quale ognuna deriva dall’antecedente. Questo schema rappresenta perle favole, secondo Propp, un’unità di misura, nel senso che le favole possono essere commisurateallo schema e che su questa base si possono stabilire i rapporti che intercorrono tra esse. Lasuccessione delle funzioni è sempre identica, tuttavia ogni fiaba attualizza soltanto un numerolimitato di funzioni, senza che l’ordine di successione ne risulti modificato. Le fiabe differiscono traloro proprio perché selezionano alcune funzioni tra quelle disponibili.

A questo punto Propp prova a esaminare come le funzioni si distribuiscono secondo ipersonaggi, che fino a questo punto erano stati espunti dall’analisi. Egli nota che alcune funzionipossono essere riunite in sfere determinate, che corrispondono nel complesso agli esecutori erappresentano quindi sfere d’azione. Propp ne individua sette: 1) sfera d’azione dell’antagonista, 2)sfera d’azione del donatore, 3) sfera d’azione dell’aiutante, 4) sfera d’azione del personaggiocercato, 5) sfera d’azione del mandante, 6) sfera d’azione dell’eroe, 7) sfera d’azione del falso eroe.

Greimas ha voluto quindi individuare nel lavoro di Propp un modello – perfezionabile – chepoteva servire come punto di partenza per la comprensione dei principi di organizzazione di tutti idiscorsi narrativi. Gli strumenti della narratologia proppiana diventano così le basi per lacostruzione del livello semio-narrativo del Percorso Generativo (cfr. Figura 4). Nello specifico le“sfere d’azione” dei personaggi danno vita al modello attanziale, mentre le funzioni narrativevengono ritradotte nella teoria degli enunciati narrativi.

3.2.2. Gli attanti narrativi

Attraverso una riduzione delle “sfere d’azione” del modello proppiano, Greimas arriva adelineare gli attanti narrativi, che vanno a costituire la base della grammatica narrativa disuperficie. Gli attanti sono ruoli sintattici della narratività di carattere formale, e quindi astratti eprivi di investimenti semantici. Il concetto di attante comprende non soltanto gli esseri umani ma

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anche gli animali, gli oggetti o i concetti. Nella teoria di Greimas gli attanti sono sei, organizzati intre categorie: 1) Soggetto/Oggetto, 2) Adiuvante/Opponente, 3) Destinante/Destinatario.

1) Soggetto e Oggetto costituiscono il nucleo del modello attanziale. Tra i due attanti si pone unarelazione basata sul desiderio, e quindi sulla ricerca. L’Oggetto non è considerato dal punto di vistadella sua essenza, ma in quanto luogo di investimento di valori. Quando una persona vuoleun’automobile, scrive Greimas,17 forse non vuole tanto un oggetto quanto un mezzo di spostamentorapido, o un po’ di prestigio sociale, o un senso intimo di potenza. L’oggetto automobile diventaallora un pretesto, un luogo in cui si riuniscono e si fissano determinati valori. Poiché la narrativitàsi basa sulla relazione tra i due attanti Soggetto/Oggetto, il valore investito nell’Oggetto desideratodiventa di colpo il valore del Soggetto. Il Soggetto infatti incontra il valore nella ricercadell’Oggetto e la sua stessa esistenza dipende dalla sua relazione con il valore. Lo schema sintatticoelementare guida il Soggetto alla ricerca dei valori investiti in un Oggetto: pertanto Soggetti eOggetti si interdefiniscono reciprocamente e acquistano esistenza semiotica solo in funzione diquesta relazione.

2) Di solito l’impresa del Soggetto è contornata da circostanze favorevoli e/o sfavorevoli: intermini attanziali queste si traducono in Adiuvanti (animati o inanimati) e Opponenti (anch’essianimati o inanimati: cioè persone che ostacolano l’azione, oppure ostacoli ambientali,meteorologici, ecc.).

3) La terza coppia di attanti è costituita da Destinante e Destinatario. Ci sono due modi diconcepire questa coppia attanziale. Nel primo modo un Destinante deve trasferire un Oggetto a unDestinatario e un Soggetto si incarica di realizzare questo trasferimento. Greimas [1966] fa alcuniesempi. Nella ricerca del Graal il Soggetto è l’Eroe e l’Oggetto è il Graal, il Destinante è Dio e ilDestinatario è l’Umanità. Quindi ci sarebbe un Oggetto, il Graal, che deve essere trasferito dalDestinante-Dio al Destinatario-Umanità, e il Soggetto-Eroe si incaricherebbe di realizzare questotrasferimento. Se consideriamo il desiderio di conoscenza per un dotto filosofo dell’età classica, ilFilosofo è il Soggetto e il Mondo da conoscere è l’Oggetto: ma il Mondo si pone anche comeoggetto della comunicazione tra il Destinante, cioè Dio, e il Destinatario, cioè l’Umanità. In altritermini: Dio deve consegnare all’Umanità la conoscenza del Mondo e il Filosofo è incaricato diraggiungere questo obiettivo, con lo Spirito che svolge il ruolo di Adiuvante e la Materia quello diOpponente. Nell’ideologia marxista, invece, l’Uomo può essere considerato il Soggetto e la Societàsenza classi l’Oggetto che si colloca tra la Storia in quanto Destinante e l’umanità in quantoDestinatario. In altri termini: la Storia deve consegnare all’Umanità una Società senza classi, el’Uomo è incaricato di perseguire questo obiettivo, con il Proletariato che svolge il ruolo diAdiuvante e la Borghesia quello di Opponente.

Il secondo modo caratterizza le fiabe analizzate da Propp, dove un Destinante chiede a unDestinatario di riparare al danneggiamento subito all’inizio e il Destinatario, che in genere coincidecon il Soggetto-eroe, deve svolgere il compito che gli è stato assegnato. I due attanti Destinatario eSoggetto-eroe sono quindi in sincretismo, vengono cioè investiti in un unico personaggio. Ingenere, quindi, all’inizio di un racconto un Destinante stipula un contratto con un Destinatario-soggetto, per esempio gli trasmette il mandato a compiere una certa azione. Il Destinante, pertanto,è colui che desidera lo svolgimento di una certa azione, e alla fine è colui che ne certifica ilsuccesso o l’insuccesso con la sanzione. Prendiamo l’esempio di un testo in cui si descrive lacampagna elettorale di un politico. L’uomo politico è il Soggetto che deve ottenere determinatirisultati che indichiamo genericamente come il benessere della collettività (Oggetto). I cittadini-elettori costituiscono certamente il Destinante più importante per l’uomo politico, in grado distipulare un contratto che regoli l’attività del Soggetto per l’intero mandato elettorale. Durante

17 Greimas [1973a: 19].

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l’impresa il Soggetto-politico potrà avere degli Adiuvanti (la stampa, la congiuntura economica, gliintellettuali, ecc.), o degli Opponenti (critiche autorevoli, attacchi personali, ecc.). Alla fine delmandato il Destinante sanziona il politico sulla base del suo operato. Va detto peraltro che sonofrequenti le narrazioni in cui anche Destinante e Destinatario sono in sincretismo, essendo investitiin un unico attore (l’attante in tal caso stipula un contratto con se stesso).

Accanto al Soggetto c’è sempre un Anti-Soggetto, che fa riferimento a un anti-Destinante e chesvolge un percorso narrativo opposto a quello del Soggetto pur mirando allo stesso Oggetto divalore. Si sviluppa così uno schema narrativo elementare fondato su una struttura polemicacomplementare, in un certo senso, a quella struttura contrattuale che avvia qualsiasi narrazione: ilcontratto e il conflitto sono in fondo le due dimensioni all’interno delle quali si muovono le formecomunicative umane, e il discorso narrativo mette in scena queste forme, fatte di tensioni e di ritorniall’equilibrio.

In Semantica strutturale Greimas descrive in questo modo il modello attanziale:

Destinante → Oggetto → Destinatario ↑ Adiuvante → Soggetto ← Opponente

Figura 11: Greimas [1966: 246]

Si tratta di un modello semplice nel quale coesistono due assi: l’asse della comunicazione el’asse della ricerca. L’asse della comunicazione prevede che un attante-Destinante trasmetta unattante-Oggetto (con dei valori) a un attante-Destinatario. L’asse della ricerca riassume il modellodelle fiabe analizzate da Propp: un Destinante chiede a un Destinatario di acquisire un Oggetto; ilDestinatario diventa di solito il Soggetto che effettua questa ricerca, nella quale può esseresostenuto dagli Adiuvanti e contrastato dagli Opponenti.

3.2.3. Gli enunciati narrativi

Commentando Propp,18 Greimas fa notare come nella Morfologia della fiaba vengono equiparatefunzioni che indicano una forma di attività, come la “partenza dell’eroe”, e funzioni che designanopiuttosto uno stato, come la “mancanza”. In questo modo sembra che le funzioni indichino lesequenze del racconto piuttosto che i tipi di attività che caratterizzano l’ossatura narrativa del testo.Per dare una maggiore precisione al linguaggio descrittivo, Greimas traduce la funzione proppiananella forma canonica di un enunciato narrativo composto da un predicato – o funzione (F), nelsenso logico di relazione – e da un certo numero di attanti:

EN = F (A1; A2; …)

Greimas considera la sintassi del testo come una successione di enunciati elementari. Glienunciati elementari possono essere di due tipi:

enunciati binari: EN = Funzione (A1; A2)

18 Greimas [1976c[.

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enunciati ternari: EN = Funzione (A1; A2; A3)

Negli enunciati binari la funzione svolta dal predicato è quella di creare una relazione tra unattante che compie l’azione (Soggetto) e un attante che la sopporta (Oggetto):

Funzione (S; O)

Negli enunciati ternari il predicato svolge invece una funzione di trasferimento o dicomunicazione: un primo attante (il Destinante D1) trasferisce o comunica un secondo attante(l’Oggetto O) a un terzo attante (il Destinatario D2). Si tratta di quella funzione ditrasferimento/comunicazione che abbiamo già cominciato a vedere nel modello attanziale e su cuitorneremo:

Funzione (D1; O; D2)

Greimas prevede due tipologie di enunciati binari: gli enunciati di stato e gli enunciati del fare.Gli enunciati di stato stabiliscono una relazione di giunzione tra un attante Soggetto e un attante

Oggetto. Le possibilità sono quindi le seguenti:

S ∩ O il Soggetto è congiunto con l’OggettoS ∪ O il Soggetto è disgiunto dall’Oggetto

È bene ribadire che l’oggetto di cui si sta parlando può essere concreto (per esempio unpersonaggio ricco sarà in congiunzione col suo denaro: S1∩Oricchezza, ma anche astratto: unpersonaggio infelice può essere descritto come disgiunto dalla felicità che, per esempio, aveva inprecedenza: S2∪Ofelicità.

La narrazione, secondo Greimas, non è altro che una trasformazione di stati: si passa da stati dicongiunzione a stati di disgiunzione e viceversa. La trasformazione opera infatti sulla relazione digiunzione tra Soggetto e Oggetto. Greimas introduce così gli enunciati del fare, dove un Soggettotende a provocare la congiunzione o la disgiunzione di un Soggetto (che può essere se stesso o unaltro) rispetto a un Oggetto. Ecco le due possibilità, con la funzione di trasformazione indicata dallafreccia:

S1 → (S2∩O) trasformazione congiuntiva (realizzazione)S1 → (S2∪O) trasformazione disgiuntiva (virtualizzazione)

dove:S1 = soggetto del fareS2 = soggetto di stato

La trasformazione congiuntiva può manifestarsi nell’appropriazione, se il soggetto del farecoincide con il soggetto di stato (è il caso in cui un Soggetto si appropria di un Oggetto), onell’attribuzione, se il soggetto del fare è diverso dal soggetto di stato (è il caso in cui un Soggettoattribuisce – per esempio dona – un Oggetto a un altro Soggetto). La trasformazione disgiuntiva puòmanifestarsi nella rinuncia, se il soggetto del fare coincide con il soggetto di stato (è il caso in cui

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un Soggetto rinuncia a un Oggetto), o nella spoliazione, se il soggetto del fare è diverso dal soggettodi stato (è il caso in cui un Soggetto priva dell’Oggetto un altro Soggetto).19

L’operazione sintattica della grammatica fondamentale corrisponde al fare sintattico dellagrammatica di superficie. Un fare implica un soggetto umano o almeno antropomorfizzato (lamatita scrive bene). Pertanto vi possono essere enunciati di stato congiuntivi o disgiuntivi, eenunciati del fare che consentono trasformazioni. Greimas definisce in via provvisoria la narrativitàcome “una o molteplici trasformazioni i cui risultati sono giunzioni, ovvero congiunzioni odisgiunzioni dei soggetti con gli oggetti.” [Greimas 1973a: 25] Possiamo considerare la narratività –aggiunge Greimas – come irruzione del discontinuo nella permanenza discorsiva di una vita: lanarratività disarticola questa continuità in stati discreti tra i quali situa delle trasformazioni. In altritermini, degli enunciati del fare modificano enunciati di stato.

Marsciani e Zinna [1991] ipotizzano che nel Conte di Montecristo di Dumas la fase in cui ilConte è prigioniero nella fortezza di If possa essere descritta da un enunciato di stato (EN1) cheesprime una relazione di congiunzione (∩) tra l’attante Soggetto (il Conte di Montecristo) el’attante Oggetto (attante astratto: prigioniero). In seguito alla fuga dal castello, ci si troverà difronte a un nuovo enunciato di stato (EN3) che esprime questa volta una relazione di disgiunzione(∪) tra l’attante Soggetto (il Conte di Montecristo) e l’attante Oggetto (prigioniero). Tra i dueenunciati di stato si pone un enunciato di trasformazione (EN2) che permette il passaggio dallo statocongiuntivo allo stato disgiuntivo:

EN1 EN2 EN3 (S1∩O1) → (S1∪O1)

Nella fase successiva alla fuga il Conte di Montecristo si trova alla ricerca di un tesoro e questafase, secondo Marsciani e Zinna, si può rappresentare con un enunciato di stato che mostri ladisgiunzione tra l’attante Soggetto e l’Oggetto-tesoro (O2):

EN4: (S∪O2)

Il ritrovamento del tesoro può essere rappresentato da un enunciato di stato che esprima lacongiunzione del Soggetto con l’Oggetto-tesoro (EN6), ma ancora una volta tra i due enunciati distato occorre ipotizzare un enunciato di trasformazione EN5 che descriva il passaggio tra i due stati:

EN4 EN5 EN6 (S1∪O2) → (S1∩O2)

Da questo esempio risulta forse più chiaro come la narrazione sia in definitiva unatrasformazione di stati, dove la trasformazione non è altro che il passaggio da uno stato dicongiunzione a uno stato di disgiunzione e viceversa. La sintassi narrativa può quindi essererappresentata come una successione sintagmatica di enunciati.

Se gli enunciati a struttura binaria possono esprimere sia stati di giunzione che trasformazioni,gli enunciati a struttura ternaria possono esprimere solo trasformazioni e prendono la forma deglienunciati traslativi:20

ET: (D1→O→D2)

19 Greimas [1973a: 33-35].20 Greimas [1969].

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Questa struttura ternaria è comune a verbi come «dare», «ricevere», «spedire», «comunicare»,«scambiare». Una configurazione sintattica semplice è quella che prevede due soggetti orientativerso un solo oggetto. La situazione prevede un soggetto disgiunto da un oggetto econtemporaneamente un altro soggetto congiunto con il medesimo oggetto: [(S1∪Ov); (S2∩Ov)].Se ci concentriamo sui soggetti coinvolti nella trasformazione, si può considerare questa proceduraun atto di comunicazione: infatti un soggetto del fare S3 sarà incaricato del fare trasformativo.Greimas21 specifica che la comunicazione verbale è un caso specifico della comunicazione intesanel senso più esteso: si tratta infatti di un far sapere, cioè di un fare che produce il passaggio di unoggetto di sapere. La struttura dello scambio prevede invece la presenza di due oggetti: l’oggetto alquale uno dei soggetti rinuncia e un altro oggetto che lo stesso soggetto desidera ardentemente. Loscambio può essere virtuale (se il soggetto resta in qualche misura “attirato” dall’oggetto che perde)o realizzato (se si annulla del tutto la relazione del soggetto con l’oggetto che perde). Nellacomunicazione partecipativa, infine, si attribuisce un oggetto senza una rinuncia concomitante. Peresempio nella comunicazione verbale un soggetto trasmette il sapere a un altro soggetto senzaprivarsene. Analogamente la regina d’Inghilterra – ricorda Greimas22 – può delegare tutti i poteriagli organi costituiti senza per questo cessare di essere la sovrana con tutti i suoi poteri.

3.2.4. La sintassi modale e lo schema narrativo canonico

Fin qui Greimas si preoccupa di ampliare e approfondire gli schemi narratologici messi a puntosoprattutto da Propp (e da Lévi-Strauss), e lo fa all’interno di un paradigma decisamente anti-psicologico: il concetto di attante si sostituisce del tutto a quello di personaggio e viene concepitocome un puro fare, a prescindere dai suoi caratteri tipologici, psicologici, passionali. Eppure, sichiede Greimas,23 perché alcuni soggetti sono più capaci di altri nella ricerca degli oggetti di valore?Perché sono più “competenti”, hanno cioè delle capacità o delle abilità maggiori. Analogamente,che cosa spinge i soggetti a ricercare degli oggetti? Il fatto che i valori investiti negli oggetti sianodesiderabili. Vi è quindi un carico modale che va a sovradeterminare sia il soggetto del fare,costituendo la sua competenza modale, sia l’oggetto, costituendo la sua esistenza modale (che siripercuote sul soggetto di stato). In altri termini: il sistema canonico degli enunciati può essereapplicato a testi che si basano su azioni ben chiare, dove siano reperibili stati di congiunzione e didisgiunzione; ma cosa dire di quei testi complessi in cui al centro dell’attenzione non vi sono leazioni dei personaggi ma, per esempio, conflitti interiori, riflessioni, stati cognitivi? Per dirla in altritermini: una grammatica narrativa pensata come successione di enunciati di stato e del fare puòservire a capire meglio l’articolazione di una fiaba ma potrebbe poco di fronte all’Ulisse di Joyce oalla Ricerca del tempo perduto di Proust. Ma anche nel caso di testi non letterari (conversazioni,comizi, ecc.), appare evidente che l’interesse non può essere circoscritto alle azioni e alletrasformazioni narrative, essendo fondamentale ciò che fa agire e trasformare le situazioni, e cioè ladimensione cognitiva degli attanti.

Secondo Greimas tale dimensione può cominciare a essere descritta attraverso le modalità. Dalpunto di vista sintattico un predicato si definisce modale quando modifica un secondo predicatoprecedendolo posizionalmente nella catena sintagmatica della frase, come nel caso di «Eva vuoleprendere la mela», dove “volere” funge da predicato modale che modifica il predicato “prendere”.

21 Greimas [1973a: 33].22 Greimas [1973a: 41].23 Nell’Introduzione a Greimas [1983].

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Se l’enunciato del fare prevede una trasformazione, e dunque una performanza, ricorrendo ai verbimodali delle lingue naturali possiamo descrivere questa situazione con la struttura modale del far-essere (l’esempio discorsivo potrebbe essere “prendere una mela”24). Tuttavia abbiamo detto che ciinteressa ciò che fa realizzare la performanza, lo stato cognitivo che consente l’azione, e cioè lacompetenza. Ricorrendo alle modalità delle lingue naturali possiamo descrivere la competenza conla struttura modale dell’essere del fare (l’esempio discorsivo potrebbe essere “voler prendere unamela” o “dover prendere una mela”). La competenza è insomma quel modo di essere che ciconsente di eseguire un atto. La performanza presuppone la competenza, e le due strutture modali,insieme, costituiscono quello che Greimas definisce atto pragmatico: se Eva prende la mela(performanza) è perché Eva voleva prendere la mela (competenza presupposta dall’atto).

Se la performanza è il “fare che modalizza l’essere”, e la competenza è “l’essere che modalizzail fare”, restano da registrare due combinazioni possibili: “il fare che modalizza il fare”, e “l’essereche modalizza l’essere”. Il “fare che modalizza il fare” è una forma di manipolazione: il serpente fain modo che Eva prenda il frutto dell’albero (l’esempio discorsivo potrebbe essere “far prendereuna mela”). Si tratta dunque di un fare persuasivo, va però precisato che il soggetto modalizzatoredeve comunque modificare la competenza del soggetto modalizzato affinché si disponga a eseguirela performanza: di conseguenza anche il fare del soggetto modalizzatore, in definitiva, è un far-essere. L’“essere che modalizza l’essere” è una forma di sanzione: è il momento in cui Eva,ascoltando le parole del serpente, crede che l’oggetto sia investito di potere (“credere nel poteredella mela”); oppure può essere inteso come il momento in cui si giudica un certo atto. Ecco unarappresentazione sintagmatica delle quattro strutture modali, che prende il nome di schemanarrativo canonico:

MANIPOLAZIONE SANZIONE far-fare essere dell’essere performanza cognitiva di S2 competenza cognitiva di S2

COMPETENZA di S1 PERFORMANZA di S1 essere del fare far-essere

atto pragmatico

Figura 12: Schema narrativo canonico – Greimas [1976d: 73]25

In questi termini l’atto pragmatico è l’insieme di una competenza e di una performanza e risultacollocato in un quadro contrattuale all’interno del quale la manipolazione e la sanzionecostituiscono due momenti essenziali. Nel momento della manipolazione un Destinante (S2) fa sìche un soggetto (S1) faccia un’azione. La manipolazione si caratterizza quindi come un’azionedell’uomo su altri uomini, con lo scopo di far eseguire loro un programma: si tratta in sostanza diuna comunicazione (destinata a far-sapere) in cui il destinante-manipolatore spinge il destinatario-manipolato ad accettare il contratto proposto attraverso la tentazione (quando viene proposto unoggetto di valore positivo), o l’intimidazione (quando viene proposto un oggetto negativo), o laprovocazione (“Tu sei incapace di…), o la seduzione (con un giudizio positivo). Nel momento dellasanzione il Destinante giudica l’atto compiuto da S1. Destinante e Destinatario devono in buona

24 Alcuni esempi che seguono sono ripresi da Marsciani e Zinna [1991].25 Lo schema riporta le integrazioni di Magli e Pozzato [1983: XIII].

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sostanza stipulare un contratto definendo obblighi e ricompense. Il contratto può anche essereinterpretato come una forma di scambio poiché un Destinante propone qualcosa a un Destinatario incambio di qualcosa. Tuttavia un esame attento delle dinamiche contrattuali mostra come questoscambio sia di natura essenzialmente cognitiva poiché le due parti devono accordarsi sul valoredell’oggetto che riceveranno in contropartita. Si tratta quindi di stabilire un contratto fiduciarioattraverso un fare persuasivo e un fare interpretativo dei due soggetti.

Greimas ritiene importante soffermarsi sulla competenza: in effetti l’essere, lo stato dellacompetenza, è un’istanza potenziale, un luogo di tensione tra un punto di partenza e un punto in cuil’essere e il fare si realizzano. Questo stato di tensione può essere descritto con articolazioni piùsottili sotto forma di sovradeterminazioni modali. Greimas propone un inventario disurmodalizzazioni della competenza, cioè una lista di quattro modalità: /volere/, /dovere/, /potere/,/sapere/. La competenza può essere pensata pertanto come una catena orientata di modalità:

dovere o volere → sapere → potere

Un soggetto, sulla base di un contratto con un Destinante-manipolatore, deve o vuole farequalcosa, e per questa ragione acquisisce una competenza, il saper fare, cui deve seguirel’acquisizione di un poter fare (per esempio un permesso). Infine la performanza, cioè il far-essere,realizza l’azione. Con la strumentazione modale possiamo quindi rendere conto dei conflittiinteriori dei soggetti: all’interno di uno stesso attore possono coesistere in maniera polemica unnon-dover-fare e un voler-fare, dando luogo a una lotta che si sviluppa interamente nelladimensione cognitiva. Dal che risulta evidente come con la teoria delle modalità il metalinguaggiosemiotico aumenti considerevolmente le proprie potenzialità descrittive.

Come si può notare, dall’organizzazione canonica degli enunciati narrativi alla sintassi modale ilpanorama cambia sensibilmente: da una semplice circolazione di oggetti si passa alla descrizionedei carichi modali: due soggetti che desiderano un oggetto avranno competenze modali ineguali, el’oggetto di valore ricercato avrà a sua volta le proprie attribuzioni modali. In Propp soggetti eoggetti erano fortemente iconizzati e costituivano la sola dimensione pragmatica del racconto. Orac’è un cambiamento qualitativo nella descrizione: abbiamo competizioni e interazioni cognitive trasoggetti dotati di competenze modali diverse che intendono appropriarsi di oggetti modalizzati. Lasintassi narrativa di superficie diventa così una sintassi modale che rende conto della dimensionecognitiva.

3.2.5. I Programmi Narrativi

Viene definito programma narrativo (abbreviato in PN) l’unità elementare della sintassinarrativa di superficie, costituita da un enunciato del fare che regge un enunciato di stato; iprogrammi narrativi indicano sintatticamente gli scopi e le azioni dei soggetti e possono essereespressi come enunciati di traformazione congiuntiva o disgiuntiva:

PN = F[S1→(S2∩Ov)]PN = F[S1→(S2∪Ov)]

Il programma narrativo è pertanto da intendere come un cambiamento di stato effettuato da unsoggetto (S1) qualunque su un soggetto (S2) qualunque. Questo assetto sintattico semplice puòtalvolta essere complessificato: un PN semplice si trasforma in PN complesso quando esige larealizzazione preventiva di un altro PN: è il caso della scimmia che per raggiungere la banana deve

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anzitutto cercare un bastone.26 Il PN generale è detto PN di base (raggiungere la banana), mentre iPN presupposti e necessari sono detti PN d’uso (cercare un bastone, ecc.) e il loro numero dipendedalla complessità del compito da eseguire. I PN d’uso, che servono a produrre l’effetto di senso di“difficoltà” o di “carattere estremo” del compito, possono essere realizzati sia dal soggetto stesso,sia da un altro soggetto delegato dal primo: in quest’ultimo caso si parla di PN annesso.

3.3. Strutture discorsive

Le strutture semio-narrative, secondo Greimas, costituiscono quella competenza semioticagenerale presupposta da qualunque produzione discorsiva. In questo senso esse ritraducono in unquadro semiotico più articolato il concetto di langue di Saussure o di sistema di Hjelmslev. Ognienunciatore che si accinga a produrre un discorso si trova dunque questa base semio-culturale chegli preesiste e che egli ha il compito di attivare. Il passaggio dal livello delle strutture semio-narrative al livello delle strutture discorsive è denominato convocazione proprio perché chi vuoleprodurre un discorso convoca una serie di conoscenze e capacità che gli sono offerte da questirepertori narrativi che sono postulati come universali. Nelle strutture discorsive si effettua quindi lamessa-in-discorso delle strutture narrative: i ruoli più o meno astratti delle strutture semio-narrativevengono trasformati in una narratività meno astratta, con attori ben definiti che sono collocati in unquadro temporale e spaziale dove si inscrivono i programmi narrativi che provengono dalle strutturesoggiacenti. In altri termini, comincia la vera e propria messa-in-scena, in un’ottica narrativapienamente umana.

Per descrivere tecnicamente il passaggio dalla competenza semio-narrativa alle strutturediscorsive è necessario prevedere, secondo Greimas, un soggetto enunciatore, cioè un’istanzaindividuale che prenda in carico la competenza socio-culturale ancora virtuale e la attualizzi sottoforma di discorso. Viene introdotta così l’enunciazione, cioè una istanza di mediazione attraverso laquale le virtualità della lingua vengono messe in enunciato-discorso.

Il soggetto enunciatore può essere definito sulla base dei tre parametri “io-qui-ora”. Al momentodell’atto di linguaggio l’istanza dell’enunciazione proietta fuori di sé, attraverso una operazione cheprende il nome di débrayage (letteralmente “disinnesco”), un non-io disgiunto dal soggettodell’enunciazione (débrayage attanziale), un non-ora distinto dal tempo dell’enunciazione(débrayage temporale), e un non-qui che si oppone al luogo dell’enunciazione (débrayagespaziale). Si costituiscono, così, gli elementi della sintassi discorsiva, legata a quelle strategie dienunciazione che a seguire vedremo nel dettaglio. Parallelamente il soggetto enunciatore convoca lecompetenze e i valori del proprio universo culturale e li trasforma in temi e figure nel quadro dellasemantica discorsiva:

26 Greimas e Courtés [1979: 257].

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enunciatore io qui ora

Istanza dell’Enunciazione

Strutture semio-narrative

Figura 13

3.3.1. La sintassi discorsiva e la teoria dell’enunciazione

Débrayage attanzialeIl débrayage attanziale ha la funzione di proiettare nel discorso la categoria del non-io. Quando

nell’enunciato compaiono i pronomi personali «io» e «tu» – come nei discorsi «in prima persona» –il débrayage si definisce enunciazionale e si parlerà di enunciazione enunciata (o riportata). Inquesto caso l’enunciato crea l’illusione di trovarsi a contatto diretto con l’istanza dell’enunciazioneintesa come contesto reale dell’attività linguistica. Tuttavia nessun «io» incontrato nel discorso puòessere considerato come soggetto enunciatore propriamente detto, e nessun «tu» può essereconsiderato soggetto enunciatario: si tratterà più precisamente di simulacri del soggettodell’enunciazione, cioè del modo in cui il soggetto dell’enunciazione viene riportato e costruitoall’interno dell’enunciato-discorso. Quando nell’enunciato vengono proiettati soggetti altri (è il casodei racconti in terza persona in cui compare il pronome “egli”) il débrayage si definisce enunciativoe si parlerà di enunciato enunciato (o oggettivato): l’enunciato prodotto assume infatti una formaoggettivata, nel senso che si coglie bene la distanza rispetto alle strutture dell’enunciazione.L’enunciazione resta pertanto una struttura virtuale e presupposta di cui l’enunciato mantienetraccia attraverso una serie di elementi detti marche dell’enunciazione; le diverse strategieenunciazionali possono produrre dal canto loro effetti di senso particolari, effetti direferenzializzazione attraverso i débrayage enunciazionali, effetti di oggettivazione attraverso idébrayage enunciativi: “Ci possono essere casi in cui il soggetto dell’enunciazione viene segnalatoesplicitamente (con un pronome di prima persona nella lingua, con un movimento di macchina alcinema, con la rappresentazione del pittore in una tela etc.), oppure casi in cui, viceversa, ognitraccia della produzione enunciativa viene nascosta (con l’‘egli’ linguistico, le figure di profilo inpittura, la mancanza di intrusioni d’autore in letteratura etc.), di modo che l’enunciato appare privodi ogni riferimento a chi lo ha prodotto e, dunque, interamente proiettato verso la ‘realtà’ che tendea rappresentare. Per Greimas, insomma, l’enunciazione è sempre presente nell’enunciato anchequando non è percepibile, dato che l’assenza della sua esplicitazione – segnalando, ad es. neldiscorso storico, la volontà di costruire forme di ‘oggettività’ – appare ancora più significativa dellasua presenza.” [Fabbri e Marrone 2001: 12].

All’interno dello stesso enunciato si può assistere poi a una moltiplicazione di livelli attraverso idébrayage interni (di secondo o di terzo grado): questo accade, per esempio, quando in un dialogouno degli interlocutori compie un débrayage costruendo a sua volta un racconto all’interno delquale si installa un secondo dialogo. Come fanno notare Greimas e Courtés [1979: 70], “ognidébrayage interno produce un effetto di referenzializzazione: un discorso di secondo grado,

Enunciato-discorso non-io débrayage attanziale non-qui débrayage spaziale non-ora débrayage temporale

Semantica discorsiva

Tematizzazione Figurativizzazione

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installato all’interno del racconto, dà l’impressione che questo racconto costituisca la «situazionereale» del dialogo e, inversamente, un racconto, sviluppato a partire da un dialogo inscritto neldiscorso, referenzializza questo dialogo”.

Nel quadro della discorsivizzazione, l’attorializzazione indica le procedure attraverso le quali siistituiscono gli attori del discorso. Rispetto alla categoria letteraria di personaggio, l’attore consenteuna maggiore generalizzazione: possono essere attori, per esempio, sia un tappeto volante sia unasocietà commerciale. L’attore può essere individuale (Paolo) o collettivo (la folla), figurativo(antropomorfo o zoomorfo) o non figurativo (il destino). Un attante può essere manifestato neldiscorso da molti attori e un solo attore può essere il sincretismo di molti attanti:

1): 2): 3): A1 A1 A2 A3 A1

a1 a1 a1 a2 a3

Figura 14: Greimas [1973b: 45]

Tra l’attante e l’attore ci può essere un rapporto univoco (caso 1: l’attante del Destinante vienepersonificato dal re); oppure un attore può rappresentare un sincretismo di più attanti (caso 2: il reparte egli stesso per recuperare la principessa); oppure ancora una posizione attanziale può esserericoperta da più attori (caso 3: tre eroi vanno alla ricerca della principessa scomparsa).

Débrayage spazialeIl débrayage spaziale ha la funzione di proiettare nel discorso la categoria del non-qui. Il

débrayage spaziale produce lo spazio «oggettivo» dell’enunciato che si può indicare come spaziodell’altrove, rispetto al quale lo spazio dell’enunciazione rimane uno spazio virtuale e presupposto.Anche in questo caso possiamo avere casi di enunciazione enunciata proiettando nel discorso un«qui» che produce un simulacro dello spazio di enunciazione. Nel tentativo di dotarsi di categorietopologiche che possano servire per descrivere la spazialità dell’enunciato Greimas e Courtés[1979: 71] propongono una categoria tridimensionale che preveda gli assi della orizzontalità, dellaverticalità e della prospettività, da integrare eventualmente con altre categorie relative ai volumi(del tipo inglobante/inglobato) o alle superfici (del tipo circondante/circondato).

Nel quadro della discorsivizzazione le procedure con le quali l’enunciato-discorso viene dotatodi un’organizzazione spaziale autonoma prendono il nome di spazializzazione. Rientra in questeprocedure la localizzazione spaziale, che permette di situare spazialmente, gli uni in rapporto aglialtri, gli attanti e i programmi narrativi. Secondo Greimas la localizzazione spaziale deve scegliersidapprima uno spazio di riferimento – uno spazio zero – a partire dal quale gli altri spazi parzialipossono essere disposti: lo spazio di riferimento viene definito spazio topico, e gli spazi adiacenti(quelli di “dietro” e “davanti”) eterotopici. Lo spazio topico viene sottoarticolato in: spazio utopico,luogo delle performanze (dove si svolgono le azioni, dove il Soggetto si congiunge con l’Oggettodesiderato), e spazi paratopici, luoghi in cui si acquisiscono le competenze (dove il Soggetto siprepara a svolgere l’azione, acquisisce delle abilità, delle capacità, ottiene dei permessi, ecc.). Inseguito alla localizzazione spaziale, si può organizzare la concatenazione sintagmatica degli spaziparziali: si tratta della programmazione spaziale, con la quale si mettono in correlazione icomportamenti programmati dei soggetti (dei loro programmi narrativi) con gli spazi che essi usano(per esempio: cucina + sala da pranzo; camera + bagno + w.c., ecc.).

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Débrayage temporaleIl débrayage temporale ha la funzione di proiettare nel discorso la categoria del non-ora. Il

débrayage temporale produce un tempo del discorso che si può indicare come un allora, autonomorispetto al tempo dell’enunciazione (ora). Anche in questo caso possiamo avere l’enunciazioneenunciata, proiettando nel discorso un «ora» che produce un simulacro dell’istanza di enunciazione.Nel quadro della discorsivizzazione le procedure con le quali si dota l’enunciato-discorso diun’organizzazione temporale autonoma prendono il nome di temporalizzazione. Rientra in questeprocedure la localizzazione temporale, attraverso la quale si organizzano le successioni temporali esi collocano temporalmente, gli uni in rapporto agli altri, i diversi programmi narrativi del discorso.Il débrayage istituisce nel discorso due posizioni temporali zero: il tempo di allora (o tempoenunciativo), e il tempo di ora (o tempo dell’enunciazione). Ecco la categoria topologica chediventa sistema di riferimento per le diverse articolazioni temporali:

concomitanza / non-concomitanza

anteriorità / posteriorità

Il tempo di allora si identifica con la realizzazione del programma narrativo di base e può essereconsiderato come il «presente del racconto». È a partire da questa posizione che la narrazione cheprecede si presenta come una anteriorità, mentre i racconti profetici o premonitori si collocanonella posteriorità. Attraverso la programmazione temporale si dispongono i programmi narrativi inun asse delle consecuzioni secondo la categoria di anteriorità/posteriorità. Oltre a questo, laprogrammazione temporale implica una misura del tempo in durate: tutti i programmi narrativid’uso sono valutati in quanto processi durativi e la procedura di periodizzazione dei programminarrativi d’uso viene vista in funzione della realizzazione del programma narrativo di base. Laprogrammazione temporale tiene conto anche della possibilità di programmare in concomitanza dueo più programmi narrativi, per esempio attraverso la procedura di inclusione, che permette dicollocare in una durata più lunga una durata più corta. Un PN può entrare in uno stato di “attesa”, dinon-fare, che permette di eseguire un PN2; oppure si può installare un soggetto delegato (peresempio un aiuto cuoco) che esegue simultaneamente un PN2. Infine la temporalità, ricordanoGreimas e Courtés [1979], può essere aspettualizzata: l’incoatività coglie l’azione nel suo momentoiniziale, la duratività coglie l’azione nel suo dispiegarsi, la terminatività coglie l’azione nel suomomento finale.

EmbrayageSe il débrayage è la proiezione da parte dell’istanza dell’enunciazione di attori, tempi e spazi nel

discorso, in un movimento che va dall’enunciazione all’enunciato, si può dare anche il caso di unmovimento inverso, che simula il ritorno dall’enunciato all’enunciazione: si tratta dell’embrayage,che designa appunto l’effetto di ritorno all’enunciazione. Si ha embrayage quando si produce uneffetto di identificazione tra il soggetto dell’enunciato e il soggetto dell’enunciazione. Può essere ilcaso in cui un narratore – dopo essersi eclissato – alla fine di un racconto riemerge per rivolgersi ailettori; oppure può essere il caso in cui un personaggio alla fine del film guarda nella camerariportando lo spettatore nel contesto dell’enunciazione (finzione) filmica. Pertanto ogni embrayagepresuppone un’operazione di débrayage che lo precede logicamente poiché l’enunciato devecomunque essere stato prodotto attraverso un débrayage affinché vi si possano riconoscere queglielementi che consentono di parlare di un ritorno all’istanza di enunciazione. Questi elementipossono essere i pronomi «io» e «tu» o altre locuzioni che designano l’enunciatore o l’enunciatario,«qui» e «ora» e altre locuzioni che designano il luogo e il tempo dell’enunciazione.

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Il ritorno all’istanza dell’enunciazione – evidentemente – non può che risultare illusorio e varicondotto nel quadro degli effetti di senso che si possono realizzare attraverso le strategieenunciazionali. Il ritorno alla fonte dell’enunciazione è infatti impossibile e il soggettodell’enunciazione è inaccessibile. L’embrayage è di fatto un ritorno a un simulacro, e mai allaoriginaria istanza dell’enunciazione.

Caratteri della teoria dell’enunciazioneCome ricordano Greimas e Courtés nel Dizionario, si deve a Emile Benveniste la prima

formulazione dell’enunciazione come istanza della “messa in discorso” della langue saussuriana: trala langue concepita come sistema sociale e virtuale, e la parole, ora ridefinita come discorso (cioèlinguaggio messo in atto), Benveniste prevede delle strutture di mediazione in virtù delle quali ilsistema sociale della langue può essere preso in carico dai singoli individui senza che la lingua sidisperda in un’infinità di segni particolari. Secondo Benveniste la conversione della lingua (sociale,virtuale, assente) in discorso (individuale, concreto, presente), avviene attraverso l’impiego di segnilinguistici particolari come i pronomi personali “io” e “tu” o i deittici “qui” e “ora”; questi segninon costituiscono classi di riferimento, nel senso che non c’è un oggetto definibile dal punto di vistadizionariale come io o come qui: è l’impiego di questi segni in concrete situazioni di discorso astabilire che io si riferisce a una certa persona che sta parlando in una situazione di discorso, e chequi indica un luogo appena evocato in una particolare situazione di discorso. Io significa“l’individuo che enuncia la presente situazione di discorso contenente la situazione linguistica io”, etu significa “l’individuo al quale ci si riferisce allocutivamente nell’attuale situazione di discorsocontenente la situazione linguistica tu.” Mentre il segno albero ha una classe di riferimento (glioggetti che rispondono a una definizione del tipo “pianta con fusto eretto e legnoso che nella partesuperiore si ramifica…”), io, tu, qui e ora sono “segni vuoti” messi a disposizione dalla lingua e chegli individui utilizzano per fondare la comunicazione intersoggettiva. Il linguaggio ha creato “uninsieme di segni «vuoti», non referenziali in rapporto alla «realtà», sempre disponibili, e chediventano «pieni» non appena un parlante li assume in ogni situazione del suo discorso. […] Il lorocompito è di fornire lo strumento di una conversione, che possiamo chiamare la conversione dellinguaggio in discorso.” [Benveniste 1966: 304-305] Se ciascun parlante fosse identificabile soloattraverso il nome proprio, avremmo tante lingue quanti sono gli individui: invece ciascuno di noipuò collocarsi nel discorso usando questi segni unici ma mobili (io, qui, ecc.) che si aggancianosolo alla situazione del proprio discorso. Insomma il linguaggio è organizzato in modo tale dapermettere a ciascun individuo di appropriarsi dell’intera lingua designandosi come io. In questo ipronomi personali costituiscono il primo punto d’appoggio, ma i deittici, i dimostrativi, gli avverbi,gli aggettivi ecc. contribuiscono alla realizzazione di questa conversione organizzando le relazionispaziali e temporali attorno al soggetto.

Secondo Benveniste è nel linguaggio, e precisamente nella conversione della lingua in discorso,che l’uomo si costituisce come soggetto: “poiché solo il linguaggio fonda nella realtà che è quelladell’essere, il concetto di «ego».” [ibid.: 312] In questi termini la soggettività è la capacità di unindividuo di porsi come soggetto attraverso il linguaggio, e si può definire solo per contrasto, nelsenso che io posso usare io solo rivolgendomi a qualcuno che sarà tu ; e io diverrò t unell’allocuzione di chi si designerà con io. La soggettività emerge nella polarità delle persone enella realtà dialettica che ingloba l’«io» e l’«altro», l’individuo e la società. All’idea banale dellinguaggio come strumento di comunicazione, Benveniste sostituisce dunque l’ipotesi forte secondola quale il linguaggio detta la definizione stessa di uomo: il linguaggio è nella natura dell’uomo efonda la soggettività.

Per quanto riguarda la teoria dell’enunciazione greimasiana è opportuno sottolineare trecaratteristiche essenziali:

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(i) Con la teoria dell’enunciazione il soggetto rientra nella teoria semiotica. Come ha ricordatoBertrand [2000], mentre negli anni Settanta l’enunciazione diventava nozione cardine della ricercalinguistica, la semiotica faceva fatica a inglobarla nella sua teoria perché “vedeva nell’enunciazionee nella sua ‘situazione’ il meccanismo con cui l’universo extralinguistico poteva legittimamenteirrompere nell’oggetto-linguaggio, entità immanente costruita dal teorico con tanta fatica.” [ibid.:54] La semiotica guardava con sospetto all’intervento di un “soggetto parlante sovrano” perché apartire dalla sua prospettiva testualista temeva un ritorno a quella soggettività psicologica criticatacon decisione dallo strutturalismo. Su questa linea, in Semantica strutturale la descrizione delsignificato è condotta facendo astrazione dall’attività del soggetto parlante. In semiotical’enunciazione viene riconosciuta dapprima come istanza logicamente presupposta dall’enunciato, ea seguire essa diventa fondamentale per spiegare la mediazione fra il sistema sociale della lingua el’uso che di essa fa una singola persona nel momento in cui entra in relazione con qualcun altro. Lestrutture semio-narrative sono costituite essenzialmente da categorie formali e grammaticali, ma ilpassaggio al livello discorsivo implica il riconoscimento di unità di contenuto che richiedono ilriferimento a un soggetto dell’enunciazione.27 Del resto il soggetto dell’enunciazione si costruiscesolo negativamente, poiché l’approccio semiotico ha a che fare con tutto ciò che il soggetto non è,con tutto ciò che lo presuppone, cioè con l’enunciato.

(ii) La teoria dell’enunciazione ha avuto il pregio di mettere in evidenza come nei testi appaianosolo i simulacri dei due poli della comunicazione: da un lato l’enunciatore empirico (in carne-e-ossa) proietta un simulacro di sé nell’enunciatore del discorso (narratore), dall’altro l’enunciatarioempirico è anch’esso rappresentato nel discorso da un suo simulacro (narratario). La semioticagreimasiana si oppone fermamente a quel paradigma positivista caratterizzato dalla concezione“rappresentazionalista” del linguaggio, secondo la quale il linguaggio ha la funzione fondamentaledi descrivere “stati di cose”. La pragmatica americana, secondo Greimas, si ascrive sostanzialmentein questo paradigma. Ecco quanto scrive Greimas: “Mentre in Europa, e in particolare in Francia, illinguaggio è considerato comunemente come uno schermo menzognero che nasconde una realtà euna verità soggiacenti, e quindi come una manifestazione di superficie che lascia traspariresignificazioni latenti più profonde, negli Stati Uniti, al contrario, il discorso è ritenuto adeguato allecose e in grado di esprimerle in modo innocente.” [Greimas 1984b: 106] La tradizione europea vedenel linguaggio, piuttosto, “un tessuto di menzogne e uno strumento di manipolazione sociale.”28

Indagando le strategie discorsive, la semiotica ha cominciato a mostrare le caratteristiche di discorsispecifici come ad esempio quello scientifico, che adottando precise strategie enunciative(costruzione di un referente interno, uso particolare delle immagini, ecc.) riesce a far sembrareoggettivo ciò che invece è costruito discorsivamente.29

(iii) Il soggetto dell’enunciazione non è concepito come una fonte dotata di un’esistenza propria,anteriore al débrayage. Non bisogna cioè pensare che vi sia un soggetto dotato di una sua esistenzae di una sua identità che proietta dei suoi simulacri negli enunciati. Al contrario, si ritiene che siaproprio l’operazione del débrayage a rendere possibili tanto il soggetto dell’enunciazione quanto ildiscorso-enunciato. Il soggetto si crea, cioè, nel momento stesso in cui effettua un débrayage. Ildébrayage va visto quindi come una sorta di scissione che crea simultaneamente da un lato gliattori, i tempi e gli spazi dell’enunciato, dall’altro il soggetto, il luogo e il tempo dell’enunciazione.Come ha sottolineato Bertrand [2000: 61], la teoria dell’enunciazione pone il primato delleoperazioni sui termini coinvolti nel processo. Il soggetto dell’enunciazione “reale”, che occupa loscenario intersoggettivo della comunicazione, è un’istanza in costruzione, sempre parziale, 27 Marsciani e Zinna [1991].28 A.J. Greimas, “Observations épistémologiques”, in Actes sémiotiques, Documents, 50, Paris, EHESS e CNRS, 1983;trad. it. in Greimas 1995, p. 227.29 Sulla semiotica del discorso scientifico cfr. Greimas [1976a], Fabbri e Latour [1977], Fabbri [1998], Bastide [2001].

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incompleta e in via di trasformazione, che si può cogliere solo a partire dai frammenti dei discorsiche realizza. [ibid.: 56]

3.3.2. La semantica discorsiva: tematizzazione e figurativizzazione

Se da un punto di vista sintattico la discorsivizzazione delle strutture semio-narrative può esseredefinita come un insieme di procedure di attorializzazione, di temporalizzazione e dispazializzazione, dal punto di vista semantico i valori delle strutture semio-narrative vengonoinvestiti nel discorso a diversi livelli. Riprendiamo, per illustrare il livello della semanticadiscorsiva, un esempio di Greimas e Courtés [1979: 295]. Supponiamo che nel livello delle strutturesemio-narrative vi sia un attante Soggetto che ricerca la libertà; questo equivale a dire che c’è unattante Oggetto investito del valore “libertà” che è posto come disgiunto dal Soggetto, per il quale ilvalore “libertà” diventa l’obiettivo del proprio programma narrativo. Ora, il valore “libertà” puòessere tematizzato a livello discorsivo come un percorso di “evasione”: la tematizzazione è dunqueuna procedura di conversione semantica che permette di formulare diversamente uno stesso valore,anche se in maniera sempre astratta. Ulteriori investimenti semantici possono invece figurativizzarequesto stesso valore rendendolo meno astratto: per esempio attraverso la descrizione di un imbarcoverso mari lontani: “Si dirà dunque che un percorso narrativo dato può essere convertito, almomento della discorsivizzazione, sia in un percorso tematico, sia, con una tappa ulteriore, in unpercorso figurativo, e si distingueranno così – tenendo conto delle due procedure di tematizzazionee di figurativizzazione – due grandi classi di discorso: i discorsi non figurativi (o astratti) e quellifigurativi.” [ibidem]

Nel discorso assistiamo quindi alla disseminazione di temi, cioè di stereotipi specifici, e difigure, cioè forme concrete della nostra esperienza percettiva. Ecco la spiegazione di Floch [1985:55], sempre a partire dal valore “libertà”: “Facciamo l’esempio di un percorso generativoparticolare, definito dalla ricerca, da parte del soggetto, di un oggetto di valore come la ‘libertà’.Investito nel discorso e, in particolare, spazializzato, il percorso di liberazione diverrà una‘evasione’. Da quel momento il tema diventa già meno astratto; ma lo stesso percorso potràdiventare apertamente figurativo con l’apparizione di ‘grate segate’, di ‘cavalcate’, di ‘imbarchi’, oancora di ‘lampade meravigliose’ e di ‘tappeti volanti’. Immettere nel discorso è, quindi, anche, perinvestimenti semantici sempre più complessi e particolari, fare di un percorso narrativo, astratto, unpercorso tematico poi un percorso figurativo.” Analogamente, il tema dello «sperpero»30 può averevari percorsi figurativi: 1. la vita debosciata, con la rappresentazione di festini; 2. la dilapidazioneper il gioco, con la rappresentazione di roulette, case da gioco, ecc.; 3. la dilapidazione per amore,con la rappresentazione di regali, capricci, ecc.; 4. l’acquisito di droga, ecc.

Proviamo a fare un esempio a partire da una lettera ipotetica come la seguente:

Caro amico, ti scrivo questo soggetto da Marsiglia, dove ho trovato ispirazione per una storiad’avventure e di vendette.La storia comincia il 24 febbraio 1815. Edmondo Dantès, marinaio di Marsiglia, sta per esserenominato capitano del Pharaon e sta per sposare la bella catalana Mercedes. Ma Fernando, spasimantedi Mercedes, e Danglars, compagno di bordo di Edmondo, denunciano Dantès quale agentebonapartista. Il giudice Villefort fa rinchiudere Dantès nel Castello d’If. Qui Dantès rimane perquattordici anni e conosce l’abate Faria, ritenuto da tutti un folle perché dichiara di avere un tesoronascosto. Faria muore, Dantès riesce a fuggire mettendosi nel sacco del cadavere dell’abate eliberandosi una volta in mare. Seguendo le indicazioni dell’abate Faria troverà il tesoro nell’isola di

30 L’esempio è discusso in Pozzato [2001: 71].

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Montecristo e diventerà il ricco e potente Conte di Montecristo. La vendetta avviene a Parigi, dove ilConte di Montecristo ritrova Fernando (conte di Morcerf) e sua moglie Mercedes, il ricco banchiereDanglars e Villefort. Montecristo costringe al suicidio Morcerf, fa impazzire Villefort, e infineperdona Danglars dopo avergli fatto patire sofferenze atroci.Io sono sicuro che questa storia potrà interessare, ma non so come reagirà il pubblico di fronte allavendetta spietata di Montecristo, che in fondo si sostituisce alla Provvidenza. Vorrei sapere che cosane pensi tu, che hai una così elevata sensibilità etica.

Quello che abbiamo di fronte è un testo manifestato (la sostanza di manifestazione è la scrittura), ma perla nostra descrizione ci concentreremo sul livello immanente del discorso. Il primo débrayage è nelle primedue righe: chi scrive installa un simulacro dell’enunciatore (“io”) e un simulacro dell’enunciatario (“tu”).Abbiamo visto che tecnicamente si definisce débrayage enunciazionale.

Nel secondo paragrafo abbiamo un débrayage enunciativo, perché vengono proiettati soggetti altririspetto a quello dell’enunciazione e si costruisce in tal modo un discorso oggettivato, in terza persona: ilsoggetto enunciatore proietta nel discorso degli attori (non-io), con antroponimi come “Edmondo Dantès”,“Fernando”, “Mercedes”, ecc.; degli spazi (non-qui), con toponimi come “Marsiglia” e “l’isola diMontecristo”; dei tempi (non-ora), con crononimi come “24 febbraio 1815”. Il valore profondo libertàdiventa nel discorso il tema dell’evasione, che viene mostrato figurativamente con l’immagine di Dantès chesi mette nel sacco destinato all’abate Faria per realizzare la fuga.

Nel terzo paragrafo del testo abbiamo un embrayage: chi scrive produce un effetto di ritorno all’istanza dienunciazione intervenendo in prima persona (io), riferendosi a un pubblico, chiamando in causa il suointerlocutore (tu). L’embrayage – che presuppone sempre un débrayage – produce, evidentemente, un effettodi realtà, ma sappiamo che non si tratta certo di un ritorno all’istanza dell’enunciazione “reale”: l’io del testonon coincide ovviamente con l’autore in carne-e-ossa, così come il tu non è altro che un simulacro deldestinatario.

3.4. La semiotica delle passioni

Alla fine degli anni Settanta per il suo seminario di “Sémantique générale” presso l’École desHautes Études en Sciences Sociales di Parigi Greimas sceglie il tema delle passioni. A lungo lasemiotica aveva escluso programmaticamente ogni prospettiva psicologizzante, considerando gliattanti come puri agenti, senza caratteri e temperamenti particolari. Questa “mossa” era stataperaltro decisiva per definire la specificità dell’approccio semiotico. Gradualmente Greimas sirende conto però che questa esclusione è stata un’arbitraria limitazione metodologica: le azioninarrative dipendono infatti in larga misura dalla passionalità, cioè dall’essere dei soggetti, e unateoria semiotica deve rendere conto anche di questo livello. Del resto se si considerano leinterazioni umane, appare chiaro come il fattore passionale agisce a monte della comprensione: nonc’è mera comprensione, ma aggiustamento patemico, il fidarsi e il diffidare, la lealtà o la slealtà,ecc. La passione “si rivela così presupposto, ingrediente, effetto ineliminabile di ‘razionali’comportamenti strategici.” [Fabbri e Sbisà 1985: 239] Al di là di qualunque approccio psicologico,la semiotica colloca la problematica delle passioni all’interno di una teoria generale dellasignificazione e studia i sentimenti e le passioni rappresentate nel discorso.

Secondo Greimas lo stato passionale di un soggetto ha radici profonde e trova origine nel livelloprofondo del Percorso Generativo. Sappiamo che a questo livello si colloca il quadrato semiotico,che è la rappresentazione tassonomica di una categoria semantica e dispone in una forma logica deivalori puramente descrittivi. Ebbene a questo livello agisce una categoria timica (dal greco thymós,che significa “cuore, affetto”), una “categoria primitiva” detta anche propriocettiva poiché aiuta adescrivere il modo in cui ogni essere vivente sente se stesso e reagisce a ciò che lo circonda.Attraverso i suoi termini contrari, che sono “euforia” vs “disforia”, la categoria timica si proietta sulquadrato (e quindi lo sovradetermina) e assiologizza i suoi valori, connotandoli positivamente

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(come attraenti) o negativamente (come repulsivi). In altri termini: sovradeterminando unmicrouniverso semantico organizzato in forma di quadrato semiotico, la categoria timica connotacome euforica una deissi del quadrato semiotico e come disforica la deissi opposta, e quindiprovoca la valorizzazione positiva e/o negativa (assiologizzazione) di ciascuno dei termini dellastruttura elementare della significazione.31 Si può dire quindi che l’applicazione del “timico” al“descrittivo” trasforma le tassonomie in assiologie. [Greimas 1979: 89] La categoria timica, con isuoi termini “euforia” e “disforia”, cerca quindi di descrivere il modo in cui ogni essere vivente sidispone nei confronti di ciò che lo circonda dando luogo a un complesso sistema di attrazioni e direpulsioni.

Come esempio si immagini un diario personale in cui un autore anziano e sfiduciato manifestatutta la sua stanchezza per la vita. È malato, depresso, non ha più energie. Gli anni migliori sonopassati e non ha più voglia di ricordarli. Attende la morte, che per lui significherebbe la fine dellesofferenze. Anzi decide di andarle incontro smettendo di mangiare e lasciandosi andare a una lentaconsunzione. Volendo descrivere il percorso generativo del senso di questo testo, nel livelloprofondo metteremmo senz’altro la categoria “vita” vs “morte”, il cui sviluppo logico darebbe luogoal quadrato semiotico visibile nella Figura 15. Ma l’atteggiamento del nostro autore dipende dallaproiezione della categoria timica su quel quadrato, in virtù della quale la deissi della vita vieneinvestita in modo disforico, mentre la deissi della morte in modo euforico. “Vita” e “morte” sonodue termini semici descrittivi che in virtù della proiezione della categoria timica diventano valoriassiologici, con la “vita” valorizzata in modo negativo e la “morte” valorizzata in modo positivo.

Categoria timica Disforia Euforia Investimento assiologico Investimento assiologico negativo positivo vita morte

Deissi valorizzata Deissi valorizzata negativamente positivamente

non-morte non-vita

Figura 15

Gli investimenti assiologici determinano le pulsioni profonde e sono quindi alla base degli effettipassionali. Come ricordano Marsciani e Pezzini [1996: XXXIII], le assiologie determinate dallacategoria timica delineano i campi di valori che caratterizzano il livello semio-narrativo disuperficie (grammatica narrativa), dove le attrazioni e le repulsioni si traducono in azioni, lotte,scambi, desideri, competizioni tra soggetti e oggetti. Infine a livello discorsivo l’investimentotimico del livello profondo prende corpo in configurazioni e ruoli patemici, per cui gli attorisaranno felici, allegri, collerici, nostalgici, ecc. Ma è importante sottolineare come in questaprospettiva la dimensione patemica diventi la componente fondamentale di ogni tipo di discorso, nelsenso che precede logicamente la costituzione dei discorsi.

31 Cfr. Greimas e Courtés [1979: voce “Timica (categoria)”].

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Dal momento che la narratività si organizza sulla base di uno schema narrativo canonico,Fontanille [1993] pensa a un percorso canonico delle passioni costituito da cinque fasi.

La costituzione, dice Fontanille, è la fase nella quale il soggetto “emerge” all’interno deldiscorso, nel senso che “è messo nella condizione di conoscere una passione”. Il soggetto è dunquericettivo rispetto a eventuali sollecitazioni passionali. Le analisi dei testi convergono nel rilevare, inquesta fase, particolari modulazioni ritmiche e quantitative del soggetto: agitazione, rallentamento eimbarazzo sono esempi tipici di temporalità ritmica sospesa, neutralizzata rispetto a eventi chepotrebbero verificarsi ma che per il momento non avvengono. E lo stile tensivo che caratterizzaquesta fase resta di solito invariata nelle fasi successive del percorso passionale.

La disposizione, secondo Fontanille, è la fase in cui un soggetto acquisisce le determinazioni perprovare una passione specifica. Mentre prima eravamo nella fase della predisposizione generica allepassioni, ora le passioni cominciano a determinarsi: per esempio il soggetto, tramite il sospetto,comincia a determinare la sua gelosia.

La patemizzazione è la fase trasformatrice, è il momento in cui il soggetto capisce il suoturbamento ed è in grado di identificarlo come passione. In pratica il soggetto può dare un nome alsuo stato sulla base delle codificazioni passionali della propria cultura. In questo senso lapatemizzazione è anche una spiegazione retroattiva degli stati precedenti.

L’emozione, sottolinea Fontanille, ci riconduce all’individuo e al suo corpo: “Se infatti lacostituzione, con la sua temporalità musicale e ritmica e le sue proprietà tensive, concernevaessenzialmente la componente propriocettiva, la disposizione e la patemizzazione lasciavano inapparenza in pace il corpo del soggetto; ecco allora che con l’emozione quest’ultimo ricompare:sussulto, trasposto, fremito, tremore, convulsione, sobbalzo, turbamento e così via – tutte questepassioni manifestano, grazie a una reazione somatica vissuta dal soggetto e osservabile dall’esterno,la conseguenza timica della trasformazione passionale e più in particolare il carattere sopportabile oinsopportabile, atteso o inatteso di tale conseguenza per il corpo del soggetto.” [Fontanille 1993:259]

La moralizzazione conclude il percorso passionale: il soggetto valuta le fasi del percorsopassionale sia sulla base della cultura nella quale è inserito sia a titolo personale, in quanto eglistesso è implicato nella scena passionale. È il momento in cui si valuta se si è stati troppo irruenti,troppo impulsivi, troppo vanitosi, troppo generosi, ecc. È essenziale, ricorda Fontanille, che ci siauna regolamentazione individuale e sociale degli stili tensivi, delle competenze e dellemanifestazioni passionali.

3.5. Caratteri metodologici ed epistemologici della semiotica di Greimas

La semiotica di Greimas e dell’École de Paris è essenzialmente una metodologia d’analisi, equindi più vicina alle esigenze descrittive della lingustica (Saussure, Hjelmslev), da cui peraltro inlarga misura deriva, che alle forme speculative della filosofia del linguaggio. L’interesse di Greimasè rivolto a grandezze manifeste di qualunque tipo che ci si propone di conoscere e di descrivere: unpaesaggio, due persone che passeggiano, un racconto, un testo audiovisivo, un quadro, una strutturaarchitettonica, una jam session, ecc. Queste “porzioni di realtà” devono essere concepite comeinsiemi significanti e diventano i testi da descrivere e da conoscere. Il fatto che si parli di “porzionidi realtà” è indicativo: non ci si occupa infatti solo delle lingue “naturali”, ma anche dei contestiextralinguistici e quindi del mondo “naturale”.

Il primo passo del semiologo consiste nell’ipotizzare che la “porzione di realtà” sulla quale si èconcentrata l’attenzione possieda un’organizzazione, un’articolazione interna autonoma. Greimaspensa infatti che il testo sia provvisto di almeno due piani di articolazione – espressione e contenuto

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–, e sia dotato di un duplice modo di esistenza, paradigmatico e sintagmatico (e dunque pensabilecome sistema o come processo).32 Greimas tuttavia non si occupa del piano dell’espressione – giàmolto studiato dalla linguistica comparativa – e concentra la sua attenzione sul piano del contenuto,pensando di descriverlo secondo il suo modo di produzione: qui si innesta quella forma generativache ricostruisce la produzione come un movimento che va dal più semplice al più complesso, dalpiù astratto al più concreto. Nelle strutture semio-narrative Greimas pone la narratività comeprincipio dell’organizzazione di ogni discorso. Nel livello più concreto delle strutture discorsiveGreimas colloca invece la messa-in-scena delle strutture narrative più profonde. Ma va ribadito cheGreimas e l’École de Paris lavorano solo sul piano del contenuto sviluppando di fatto unasemantica generativa,33 mentre lo stesso lavoro descrittivo per il piano dell’espressione resta ancorain larga misura da fare. Lo schema seguente rende conto dello stato attuale della ricerca semiotica,con il livello immanente del piano del contenuto descritto in forma generativa:

E

EspressioneManifestazione del testo

Contenuto

C

Figura 16

La teoria greimasiana, di tipo generativo, costruisce pertanto il proprio oggetto di analisi e nesimula il percorso che, di livello in livello, porta alla sua costruzione: “In altre parole, il senso nonviene colto nella manifestazione caotica dei segni in superficie, ma in base alla ricostruzioneipotetica del suo percorso che, partendo da un livello profondo, da una base logico-semantica, siconverte in piani più superficiali fino all’incontro con i sistemi dell’espressione.” [Magli e Pozzato

32 Greimas e Courtés [1979: 306].33 Marsciani e Zinna [1991: 34].

Strutturediscorsive

Sintassi discorsiva Attorializzazione Spazializzazione Temporalizzazione

Semantica discorsiva

Tematizzazione Figurativizzazione

Livellodi superficie

Sintassi narrativa di superficie Semantica narrativa Strutturesemio-

narrative Livelloprofondo

Sintassi fondamentale Semantica fondamentale

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1984: II] Il Percorso Generativo è pertanto un modello teorico della significazione che dispone levarie categorie secondo un’organizzazione controllata in livelli di pertinenza, ciascuno dotato diun’organizzazione autonoma ma tutti coordinati da una logica di presupposizione, per cui un livellopiù superficiale rappresenta un incremento di significazione rispetto ai livelli più profondi e astratti.Così se da un lato la teoria deve fornire un quadro correlato e definito di strumenti di indagine,dall’altro deve preservare l’autonomia dei vari livelli (strutture semio-narrative, strutture discorsive)per ordinare in modo coerente le diverse problematiche della significazione. Ne consegue che nelleanalisi è fondamentale applicare il principio di pertinenza, precisando il livello (o i livelli) in cui cisi intende situare. A maggior ragione se si fanno analisi comparative è importante mantenere unlivello comune di indagine confrontando i testi di un corpus sulla base di una medesima area dipertinenza. Il principio di pertinenza può sembrare restrittivo e riduttivo rispetto ai materiali ricchi earticolati sottomessi all’analisi, ma bisogna ricordare che un oggetto si studia necessariamente daun’angolazione particolare e scegliendo una certa prospettiva: un fiore verrà studiato in modo deltutto diverso se l’analista sarà un fioraio, uno studioso di botanica o un esperto di regali romantici.

Infine, a proposito della prospettiva generativa con la quale si intende impostare l’analisisemiotica occorre evitare un equivoco: il percorso generativo intende descrivere un oggettosignificante secondo il suo modo di produzione e non secondo la “storia” della sua produzione. Inaltri termini, il percorso generativo non ripercorre le fasi attraverso le quali un enunciatorecostruisce un testo, ma rappresenta la ricostruzione del senso così come viene effettuata a posterioridall’analista. La generazione del senso, ricostruita analiticamente quando il testo è già statoprodotto, non va dunque confusa con la genesi del testo, cioè con le fasi cronologiche che sono statenecessarie per concepirlo e per realizzarlo.34

34 Cfr. Floch [1985: 48].

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