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 I \rENETI Un popolo misterioso che vi abbraccia amichevole

Tomazic Ivan - I Veneti - Un Popolo Misterioso Che Vi Abbraccia Amichevolmente

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Chi sono i Veneti? Sembra facile rispondere: "sono gli abitanti del Veneto, gli eredi della gloriosa Repubblica di Venezia". ln realtà la domanda è più complessa poiché la presenza veneta è testimoniata storicamente non solo in Veneto, ma anche in varie altre parti d'Europa. Omero per primo nomina i Veneti nel poema epico dell'Iliade; durante l'assedio di Troia vennero infatti in aiuto alla città i Veneti della Paflagonia, regione Anatolica posta sulle rive del Mar Nero. Tale racconto fu ripreso dallo storico Tito Livio che descrisse, dopo la caduta di Troia, la migrazione dei Veneti sotto la guida di Antenore e verso le sponde dell'Alto Adriatico.

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I \rENETIUn popolo misterioso

che vi abbraccia amichevole

Statuetta di bronzo del V sec. a.CM useo Nazionale .Atesti no, Este

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lvan TomaZic

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ti del Veneto, gli eredi dellagloriosa Repubblica di Vene-zia". ln realtà la domanda èpiù complessa poiché la pre-senza veneta è testimoniatastoricamente non solo in Ve-neto, ma anche in varie altreparti d'Europa. Omero perprimo nomina i Veneti nelpoema epico dell'lliade; du-rante l'assedio di Troia ven-nero infatti in aiuto alla città i

Veneti della Paflagonia, regio-ne Anatolica posta sulle rive

del Mar Nero. Tale racconto fu ripreso dallo storico Tito Livioche descrisse, dopo la caduta di Troia, la migrazione dei Ve-

neti sotto la guida di Antenore e verso le sponde dell'AltoAdriatico.

Da dove viene e cosa significa il nome "Veneti"? Moltespiegazioni sono già state formulate. La maggior parte diesse pone f 'origine del nome nella sillaba ven o ventche tut-tavia, essendo comune a tante altre lingue, non aggiungenulla di nuovo. Un tempo certi Autori assimilavano i Venetiagli llliri e perfino lo storico Luigi Pareti confuse i due popolinella sua "Storia dell'Umanità" [edizione UNESCO] dichia-rando che le colonie venete in ltalia possedevano una lingualllirica. Eppure non ci sono testimonianze dell'esistenza diuna entità nazionale riferibile aglillliri, nè è nota una loro lin-gua specifica. Nel suo libro "Origini delle lingue d'Europa",lo studioso Mario Alinei suppone che gli llliri fossero proba-

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bilmente gruppi elitari di Slavi o di ltalici (o entrambi) alservizio di potentati balcanici. Così scrive: "Si puo accettarela conclusione che gli llliri non furono mai un popolo etnica-mente compatto, bensì formato da genti eterogenee /.../gruppi anche massicci di Slavi e/o ltalici, alleati, assoggettatio assoldati" [pa9.2201.

ll nome Veneti esiste in numerose variazioni. Oltre algreco Eneti / Enetoi (la lettera V è assente nella lingua greca)e al latino Veneti, troviamo nell'area germanica i nomi Wen-den e Winden a denominare gli Slavi. Nella "Tabula Peutin-

geriana" (una mappa delle strade romane) compare invece ilnome Venede.

A mio parere l'unica vera spiegazione del nome Venetisi trova nel termine SLOVO, che significa parola. ll termineSlovo, dal quale la nota enciclopedia Treccani fa derivare ilnome Slavi, possiede l'aggettivo sloven ed il sostantivo s/o-venet {plurale sloveneti = p6rlanti) in contrasto con il nomeNemec, che i popoli dell'Est usavano per le popolazioni ger-maniche e che significa muto, ovvero incapace di parlare la

stessa lingua. La lettera T con addolcimento diventa Z (Cl,esattamente come il latino Venetia diventa Venezia; cosìSloveneti diviene nella pronuncia Sloven(e)ci. Sia il grecoche il latino non hanno il gruppo di consonanti SL, sicchè laprima sillaba di Sloveneti scompare e cio che rimane è (slo)-

Veneti. Nel Medioevo, infatti, il nome autentico degli Sloveniera "Veneti". com'è storicamente documentato nella "Vita S.

Columbani" (anno 615), dove tra le lettere SL viene ad inse-rirsi la consonante C per motivi di pronuncia ed è scritto"Termini Venetiorum qui et Sclavi dicuntur" (la regione deiVeneti, i quali sono chiamati anche Slavi).

Secondo Mario Alinei, il nome Veneti può indicare Slavi oSloveni: "La forte presenza degli Slavi in ltalia nordorientalefin dalla remota antichità potrebbe anche spiegare il nomestesso deiVeneti" [Origini delle lingue d'Europa, pag.756].

Dal nome passiamo all'origine stessa dei Veneti. Per ca-pire meglio è necessario cercare di chiarire I'origine degliIndoeuropei. Venuti dall'Africa, i primi abitatori d'Europa pos-sedevano già una loro lingua e quando le popolazioni di-

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vennero stanziali, verso la fine del Paleolitico e soprattuttoall'inizio dell'agricoltura, iniziarono a formarsi i dialetti sfo-ciati poi nella varietà delle lingue. Gli archeologi propongo-no in merito ipotesi contrastanti. Ad esempio l'archeologaMaria Gimbutas sostiene che verso il quarto millennio a.C.genti nomadi delle steppe russe, provenienti dalle coste set-tentrionali del Mar Nero, avrebbero invaso l'Europa impo-nendo la loro lingua e la loro cultura, detla Kurgan (tumulo)dai tumuli che indicano la presenza di sepolture; da ciosarebbe derivata l'origine delle lingue indoeuropee. Un'altra

teoria, formulata dall'archeologo Colin Renfrew, nega taleinvasione dal Caucaso e spiega I'inizio del fenomeno indo-europeo con la venuta pacifica di agricoltori dal MedioOriente ed attraverso l'Anatolia (settimo millennio a.C.). Laloro lingua, che avrebbe sostituito quella dei primi abitatori,risulterebbe essere la nuova lingua indoeuropea, ramificata-si successivamente in varie lingue affini.

Tutte queste ipotesi vengono meno di fronte alla nuovateoria di Mario Alinei, per lungo tempo professore emeritodell'università di Utrecht ed oggi presidente della redazioneeuropea dell'Atlas linguarum Europae. In due corposi volu-mi, Alinei spiega la sua Teoria della continuità (TC), appog-giata da autorevoli studiosi quali I'archeologo belga MarcelOtte. Secondo Alinei non è necessario cercare una causa es-

terna per la formazione delle lingue indoeuropee: esse sa-rebbero sorte semplicemente dal substrato dei dialetti delPaleolitico. Ouesti linguaggi ancestrali non erano isolati,quindi è lecito supporre che periodicamente alcuni gruppiabbiano espanso il loro dominio su altri gruppi, lasciandotracce del proprio dialetto. Così presero forma lingue conelementi simili e diedero origine alle lingue indoeuropee.

Scrive Alinei nel suo libro "Origini delle lingue d'Europa"[pag.67-68]: "La frammentazione culturale e linguistica ditiporegionale/dialettale appare come la sola e autentica matriceetnolinguistica in cui affondano le radici delle nazioni euro-pee. ln altre parole: la preistoria europea sembra riflettersimolto di piu nelle regioni dialettalid'Europa che non nelle suenazioni e lingue nazionali. Ouesta osservazione conferma il

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ruolo primario dei dialetti nella preistoria come uniciveri relit-ti dei gruppi preistorici. Sono dunque i gruppi dialettali cherappresenta no la testi monia nza del la nostra preistoria ".

Alinei giunge ad un'importante conclusione: "ln questosenso i Romani non sarebbero piir quelli, che hanno portatola loro lingua in Dalmazia, nella Svizzera, in Sardegna e Cor-sica, in Francia e nella penisola iberica, ma soltanto quelliche avrebbero sovrapposto una o piu varianti latine su di unfondo linguistico, che era già affine al Latino fin dal Paleoliti-co, quindi assai prima della fondazione di Roma". Sulla base

di queste considerazioni, Mario Alinei suddivide l'Europa inquattro grandi aree etnolinguistiche: l'italica, che egli chia-ma italide, estesa dalla penisola iberica e lungo la Franciameridionale fino alle Alpi, poi a Sud ad includere la Dalma-zia; l'area celtica, terminante sulle rive dell'Atlantico; l'areagermanica, relativa al Nord-Ovest europeo e I'area slava, cheegli descrive come un triangolo esteso dai Balcani versol'Europa centrale. Così scrive: "Comincio con I'area slava persgomberare subito il terreno di una delle conseguenze piuassurde della cronologia tradizionale: l'arrivo addirittura inepoca storica degli Slavi, e in un'area sterminata come quel-la in cui oggi ci appaiono" [pag.183]. E' essenziale, pertanto,sottolineare l'assurdità della teoria della tarda venuta degliSlavi e quindi degli Sloveni.

Continua Alinei: "ll gruppo slavo si lascia caratterizzareda un altro aspetto fondamentale: l'omogeneità delle sue lin-gue e dei suoi dialetti, che è straordinaria non solo in assolu-to, ma anche rispetto alla vastità della loro estensione". Acoloro che credono al tardo arrivo degli Slavi, pone la se-guente domanda: "Dove sarebbero stati gli Slavi nei loroquattro Millenni di assenza, prima di ritornare ad abitarenella nostra era nei luoghi dove iloro antenati erano nati edespandersi poi in quasi metà dell'Europa?" fpag.184-1851.

ll territorio slavo, descritto da Alinei come un triangolo,da un lato inizia in Macedonia ed arrivafino in Polonia, attra-versando le Alpi; dall'altro lato parte dalla Bulgaria, percorreI'Ucraina e prosegue fino alla Russia centrale; la linea oriz-zontale segnala, invece, la continuità con i territori Baltici eUralici.

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La famosa storia mondiale "Helmolts Weltgeschichte",afferma che gli Slavi così come i Celti, gli ltalici ed i Germa-nici furono gli antichissimi abitanti europei di quelle stesseregioni ove ancor oggi sono stanziati llstituto bibliografico diLeipzig, 1907, volume 4, fascicolo 3201. Ancora aggiunge:"Ouelle stirpi che abitavano nelle antiche province romanedi Pannonia, Noricum, Raetia, Vindelicia venivano comune-mente denominate Slavi o Sloveni [Slawen oder Slowenenf.

Sorprendenti sono nel triangolo diAlinei quattro impor-tanti culture del tempo antico. La prima, nell'attuale Serbia,

è la cultura Vinca (V millennio a.C.), della quale il defunto Dr.Radivoje Peòió, professore di etruscologia a Milano, identi-fico tutte le lettere dell'alfabeto etrusco e venetico, descri-vendole poi nel suo libro "Vinòansko pismo". Piu a Nord ènota la cultura Vuóedol, che si estese fino al golfo diTrieste.Ancor piùr oltre, nella Slovacchia, siformò la cultura Unetice,che raggiunse l'area cecopolacca, dando poi luogo alla for-mazione dell'importantissima cultura di Lusazia (inizio ll mil-lennio a.C.) ed al suo interno, più tardi, alla nascita della cul-tura dei campi di urne.

Ouisiamo arrivati al nocciolo della questione, tanto chepossiamo dare una risposta chiara alla domanda posta alprincipio di questo scritto, ossia: "chisono iVeneti?"

La popolazione della cultura di Lusazia, estesa dal Bal-tico alle rive del Danubio, era slava:cadeva infattientro iltri-angolo descritto da Alinei. Lo conferma anche il piccolo re-siduo di popolazione Wendinella Lusazia attuale, al confinetra Germania e Polonia, la cui lingua è simile allo Sloveno edha in comune il numero duale, segno dell'antichità delle duelingue (tant'e che il duale figura anche nel Sanscrito).

E' logico supporre che anche i portatori della cultura deicampi di urne fossero di lingua slava, dato che la loro culturasi formo nell'ambito della cultura lusaziana.

L'inizio della cultura deicampi di urne (così chiamata perl'abitudine di seppellire le urne cinerarie in vasti campi ocimiteri), non esclude la possibilità dell'esistenza della cre-mazione in altre aree ancor prima. Fu tuttavia nella culturalusaziana che questa cerimonia funebre ricevette un signifi-

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cato religioso speciale, che possiamo cogliere nelle iscrizionivenetiche e che venne diffuso con ardore missionario dagliabitanti di questa regione.

Ouesta è la risposta corretta sull'identità e sull'originedei Veneti. ll loro nome era Sloveneti; pero dalla letteraturastorica, a partire da Omero, sono noti come Veneti (grecoEnetil. Che il nome Venetisia legato all'espansione della cul-tura dei campi di urne, risulta anche dalla constatazione delfilologo Giacomo Devoto; "La divulgazione del nome Veneticorrisponde al grande spazio, dove con maggiore o minore

intensità si estendevano icampi di urne". In altra sua affer-mazione: "La sola equivalenza storica soddisfacente del no-me etnico dei Veneti è quella di portatori dei campi d'urne"fOrigini indoeuropee, G. Devoto, pag.194].

Ovviamente l'espansione dei Veneti, insieme alla culturadei campi di urne, è avvenuta prima di tutto nelle regionislave, facilitata dalla presenza di una stessa base linguistica,cui i Veneti diedero l'impronta propria del loro dialetto; nederivò quella somiglianza tra le lingue slave che i linguistinon riescono a spiegare.

Una delle principali vie di espansione dei Veneti fu la co-siddetta via dell'ambra, che terminava nell'attuale Slovenia.Nell'area slovena la presenza veneta e attestata non solo danumerosi campi di urne, ma anche da varie iscrizioni ve-

netiche, da oggettidiscambio con il Baltico e dalla stessa lin-gua slovena. Infatti lo Sloveno si puo considerare come lalingua piir vicina al venetico, assieme alla lingua dei Wendidi Lusazia.

In Slovenia, il fatto più importante da ricordare fu il pas-saggio dei Veneti locali in ltalia, ove diedero inizio alla nuovacultura di Este, nota per le numerose iscrizioni venetiche(interpretabili solo con l'aiuto della lingua slovena).

Dal loro nuovo insediamento i Veneti portarono la cul-tura dei campi di urne verso il Nord-Ovest d'ltalia, dove conI'uso della scrittura venetica prese forma la cultura di Go-lasecca (nella Raetia)e la cultura Villanoviana (nelle immedi-ate vicinanze di Bologna); quest'ultima influenzò direttamen-te la Toscana e si trasformò nella famosa cultura Etrusca.Non a caso le urne biconiche caratteristiche della cultura Vil-

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lanoviana sono state rinvenute anche in Toscana. Insiemealla cultura dei campi di urne giunse in Toscana anche lascrittura venetica; le prime iscrizioni etrusche si possonoinfatti interpretare con l'aiuto della lingua slovena. Non piùt

le iscrizioni posteriori, benchè la scrittura continuasse adessere la stessa; cio significa che la lingua degli Etruschipotrebbe essersi mescolata con qualche altra lingua portatada nuovi immigrati.

Generalmente si ritiene che i Veneti abbiano ricevuto la

scrittura dagli Etruschi: in realtà è vero il contrario, come sipuò dedurre dalla stessa nascita della cultura etrusca. Oual-cuno si domanderà allora da dove abbiano acquisito la scrit-tura i Veneti; già è stato detto come il Dottor Peéiò abbia tro-vato nella cultura Vinòa tutte le lettere etrusche e venete (Vmillennio a.C.), quale risulta dal suo libro "Vinòansko pis-mo". E' pienamente plausibile che queste lettere si siano con-servate attraverso le culture Vuòedol e Unetice fino alla cul-tura di Lusazia e che i Veneti le abbiano portate con loro, fa-cendone tesoro nella cultura di Este. Altre valide alternativein merito all'origine della scrittura veneta non ci sono note. Difatto la lingua delle prime iscrizioni etrusche rivela chiaresomiglianze con la lingua slovena, e di conseguenza con lalingua veneta. Basti accennare ad alcuni esempi di parolepressochè uguali: etrusco veliak (slov. veljak, magnate), sfre-

vc (slov. strelec e in dialetto strevc, tiratore) e, su alcuni sar-cofaghi etruschi, la parola kamna (slov. kamen, pietra; geniti-vo kamna, di pietra - che significherebbe appunto sarcofago);infine il termine velcitanus, noto solo dalla trascrizione latinacon il significato di "mese di marzo", che in etrusco sarebbevelkidan (slov. velik dan, grande giorno - ad indicare iltempodi marzo, in cui la durata del giorno inizia a crescere).

I Veneti hanno esteso la loro influenza non solo in Etruria.ma anche in altre regioni d'Europa. Vale qui la menzione di unpaio di sedi. Famosa è la presenza dei Veneti in Bretagna, ovefurono sottomessi in modo cruento da Giulio Cesare. Fortu-natamente questi Veneti ci hanno lasciato non pochi ricordi, tracui le parecchie iscrizioni commentate nei libri di AntonioAmbroZiè. Ci rimangono inoltre alcuni termini tramandati nella

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lingua bretone odierna e nella toponomastica, e sul suolo bre-tone per due volte compare il nome Triglav (che e anche ilmonte più alto della Slovenia). Nelle cafte topografiche antichedella Bretagna il nome ha la forma latina Triglayus, mentrenelle cafte moderne presenta la forma francese Treglavou. Unquarto identico nome viene dai Veneti del Baltico, ove Triglav(che significa "tre teste") era la divinità regnante su cielo, terraed inferi. Chi mai, se non i Veneti, sarebbero stati in grado diportare tale nome fino in Bretagna?

Troviamo tracce venetiche perfino in India. Tra i moltinomi che potrebbero indicare sul luogo la presenza veneta èparticolarmente curioso quello della catena montuosa Vind-ya. Ancor piùr interesse suscita la lingua sanscrita, tuttora inuso nelle cerimonie induiste e ricca di somiglianze con loSloveno. Oui solo alcuni esempi delle molte parole simili:(bes) besafi = Slov. beZati, fuggire, (hod) hodati = Slov. hodi-ti, andare, (patl patati = Slov. padati, cadere, hima = Slov.zima, inverno, Himalayal , vaja = Slov. veja, ramo, patha =Slov. pot, strada. Da ricordare infine nelle due lingue l'ugua-le desinenza dei verbi ed il numero duale usato sia nel San-scrito che nelle attuali Slovenia e Lusazia.

Un aspetto peculiare dell'espansione dei Venetifu il lorocomportamento pacifico nell'awicinare gli altri popoli. Ben-

chè diffusi in molte regioni europee, iVeneti non ebbero mail'aspetto bellicoso di invasori o conquistatori; fermo restan-do la difesa del proprio territorio, come documentato dai nu-merosi elmi trovati in Slovenia e recanti iscrizioni venetiche.Dunque la presenza dei Veneti fu costantemente inoffensivae la loro missione culturale e religiosa. Ovunque rappresen-tarono un popolo elitario, anche in Veneto. Ouando ivi pre-valsero i Romani, rimase al popolo la sua lingua primitiva,che è in vigore ancor oggi, pur considerando le trasforma-zioni cui va incontro una lingua viva nel corso di migliaia dianni. Gruppi elitari furono anche i Celtidelle varie sedi euro-pee, tuttavia il fine loro era sottomettere gli altri popoli conlaforza per poi sfruttarli.

Un fatto eclatante da tenere in considerazione è la pre-senza degli Sloveni in ltalia due millenni prima della venutadei Veneti. Ouesta affermazione, che a molti potrebbe sem-brare assurda, viene spiegata da Mario Alinei nel libro "Leorigini delle lingue d'Europa" [pa9.744-759]. Non si trattaaltro che della storia della regione ladina.

I Ladini (il nome è recente) erano un popolo italide este-so dal Friuli fino al Grigioni svizzero. Ai primordi della met-allurgia, allorchè questa si stava espandendo da Oriente

attraverso i Balcani e verso l'Europa centrale, è testimonia-ta l'esistenza di un centro metallurgico in Slovenia, nel Barjedi Lubiana. I lavoratori del rame avevano bisogno del mine-rale, presente in abbondanza nelle Alpi, percio nel lll mil-lennio a.C. ifabbri sloveni sitrasferirono sempre in maggiornumero nelle zone alpine, dove inizio a prevalere la linguaslovena. Ne sono prova centinaia di toponimi in tutta l'ltaliadef Nord e nella Svizzera, e molti di questi nomi sonodescritti nel libro "l Veneti progenitori dell'uomo europeo"lvedi "Libri consigliati", in ultima paginal. Ecco un paio dinomi, a titolo di esempio. Nel punto di incontro tra i confinidi ftalia, Svizzera e Austria, roja è il nome di un paese e delvicino torrente, un termine sloveno che significa "strettoalveo". In Svizzera il nome dialettale del monte Cervino èhoru, corrispondente allo sloveno gora (monLagna). Lo stes-

so nome Cervino è di derivazione slovena in base al termineóer, che significa roccia; dunque il cervo non ha nulla a chefare con questa montagna. Dal Prof. Alinei giunge la dimo-strazione dell'origine slovena di due altritoponimi. Egli col-lega Gardena, anticamente Gradina, al termine slovenograd (castellol e gradifi (costruire). Poi dedica molto spazioalf a spiegazione di come il nome di Trieste (latino Tergestelsia derivato dallo Sloveno [pa9.756-757l.Tale ipotesi trovaconferma in un'iscrizione venetica relativa all'odierna cittàdi Oderzo, anticamente Oterg, che in Sloveno si traduce"luogo del mercato".

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Una speciale menzione merita il Friuli, dove, in base alletestimonianze storiche, la lingua slovena in certe zone pre-dominava ancora nel Medioevo. Alcuni vogliono spiegarequesto fenomeno con le ripetute invasioni degli Ungari (lapiù lunga e devastante nell'899), per cui il Friuli sarebbe ri-masto spopolato ed in seguito occupato dagli Sloveni. Cionon è dimostrato. Difatto Marcantonio Nicoletti (1536-1596),notaio a Cividale, nel libro "Costumi e leggi antiche dei For-lani sotto i Patriarchi" ci ha lasciato delle notizie precise rela-tivamente al tempo dei Patriarchi di Aquileia e riferisce

come nei villaggi la lingua slovena fosse più in uso delFriulano: "ll linguaggio slavo era assai piir usato nei villaggiche la favella furlana, allora incolta e di ingrato suono". Cen-to anni più tardi lo storico Giovanni Francesco de gli Oliviscrive nel suo libro "Historia della provincia di Friuli" (Udine1660): "ll linguaggio slavo nelle ville per l'ordinario si prati-cava, e l'idioma forogiuliense nelle città aveva l'uso". Anchenel compendio di storia friulana" di Monzano (Udine 1860) èriportato come lo sloveno fosse la lingua piùr parlata nelleregioni rurali e nel parlamento del Patriarcato di Aquileia(esistito dal 568 al 1751). Infine, lo storico Giacomo Baldis-sera pubblica nel 1933 un libro, La Pieve diTarcento, che ri-corda come nell'anno 1497 esistesse l'obbligo per vari paesidella zona diTarcento di avere un sacerdote sloveno. dal chesi deduce che la lingua del luogo fosse slovena.

Oui sorge spontanea una seria riflessione sull'opportu-nità di tutelare in Friuli i pari diritti degli Sloveni, che vivonoamichevolmente nella regione da cinquemila anni. Oualsiasiposizione di intolleranza verso la minoranza slovena appari-rebbe infatti per lo meno ridicola alla luce ditutto cio.

Dove si possono trovare oggi le tracce dei Veneti an-tichi? Forse in Veneto, dove figura ancora il loro nome? Inparte, dato che i Veneti attuali sono gli eredi della loroantichissima cultura. Sono forse gli Sloveni la continuazionedei Veneti antichi? Lo sono almeno per quanto riguarda laconservazione della loro lingua. Ouale preziosa eredità i Ve-neti antichi ci hanno lasciato tanto in Veneto che in Slovenianumerose iscrizioni, nelle quali scopriamo in fondo il signifi-cato spirituale della loro cultura, che con la cremazione in-

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tendeva la liberazione dal vincolo corooreo. al fine di acce-dere al godimento di una nuova vita dopo la morte.

ll nostro studio sarebbe incompleto, senza uno sguardoa queste iscrizioni.

Encomiabili sono gli sforzi dei venetologi italiani, chehanno esaminato ed interpretato con precisione scientificatutte le iscrizioni venetiche. Ricordiamo i lodevoli studi diGiambattista Pellegrini e AIdo Luigi Prosdociminei due volu-

mi de "La lingua venetica"; inoltre l'interessantissimo testo"l Veneti antichi" di Giulia Fogolarie Aldo Luìgi Prosdocimi.ll loro grande impegno per trovare il significato delle isc-rizioni non ha purtroppo portato ad una decifrazione definiti-va del venetico. Invece lo sloveno Matej Borha interpretatoin forma abbastanza convincente numerose iscrizioni conI'ausilio appunto della lingua slovena. Possiamo affermare,senza tema di obiezione, che la lingua venetica ha ben pocarelazione col latino o con qualsiasi altra lingua italica. For-niamo subito una prova. I venetologi colgono nel veneticoego il f.ermine latino che significa "io". In realtà il veneticoego si pronuncia jego, come proveremo più avanti, e cor-risponde allo sloveno njega col significato di "lui". ll veneti-co ego e rimasto nella lingua russa, ove lo stesso si pronun-cia jego. Per il pronome "io" i Veneti avevano la formula

mego, che perdura nel dialetto triestino e nella lingua vene-ta come "mi".

Prendiamo ora come modello tre iscrizioni. La prima dalMuseo di Este, un'altra da una roccia delle Alpi Carniche eduna terza dalla Slovenia. Una delle piu belle ed interessantiiscrizioni tra le molte rinvenute in Veneto è la tavoletta Es 25.detta tavoletta alfabetica (nonostante in realtà si tratti di unatavoletta grammaticale). Nella riproduzione in figura ci sonoa fianco le corrispondenti lettere latine. La lettura correttainizia da sinistra verso destra e continua poi da destra versosinistra. Nelle prime righe troviamo una serie di sole conso-nanti dalla non facile interpretazione, a meno che non si ri-corra all'accostamento con semplici parole del dialetto slo-veno. Lo Sloveno scritto oossiede molte oarole di sole con-

il

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sonanti e sempre in combinazione con la lettera R, che sup-plisce la vocale, appunto come in questa iscrizione.

Dunque queste parole, che risultano uguali alla parlata dia-lettale slovena, sono:

?RîN = participio del verbo pripeti, fissare con una fibbiaSRSN = participio del verbo sréati, rizzarsiZRZN = participio del verbo zrezati, tagliuzzareKRKN = participio del verbo krkniti, aprire la bocca, parlareTRTN = participio del verbo treti, pestare

DRDN = participio del verbo drdrati, camminare con fragoreMRMN = participio del verbo mrmrati, mormorareBRBN = particpio del verbo brbrati, borbottareGRGN = participio del verbo grgrati, gorgogliare

-

LPRPNP LéR$NS lznzruz LKRKNK L(Kw,

SnrHlrEr REtrlJAlMEGO DONASTO VOLTIJO MNO SIJ UVANT

2==:

=*u)

\ o Ncuo r r Nrur I v Nxuv r (n uln utA) --- r.

In questa prima parte dell'iscrizione si osserva quantosegue: 1) Nel manico c'è uno spazio vuoto, forse perchè alloscrittore non è venuta in mente qualche altra parola e tut-tavia per arrivare a dieci parole egli ripete KRKN. 2) Entro ilcerchio di esplicazione, in alto a sinistra, c'è la parola SARI-JUNS, probabilmente il nome dicoluiche porge la preghieraalla dea Reitia (vedi sotto).3) Ogni parola è preceduta dallalettera L, cui si lega (senza venire scritta) la mezza vocale E

(LE), un avverbio che rinforza il significato della parola chesegue, come nello Sloveno. 4) Dopo ogni parola c'è la ripe-

tizione della lettera che compare due volte nella parola pre-cedente, quasi un'eco della parola stessa. 5) Tutto fa intuireche si tratti di un esercizio di pronuncia.

All'interno di questa prima parte dell'iscrizione ci sono duerjghe con il testo:SAINATEI REITIJAJ MEGO DONASTO VOLTIJO MNO SIJUVANT SARIJUNS;Che potrebbe significare: "Alla splendida Reitia io porto(l'obolo) per l'anima ricordando sia scongiurata".

Significato delle singole parole:

Sajnatej= splendida. Sloveno arcaico éajnato sijajnat.Reitija = dea dei Veneti nella cultura di Este.mego = io, nel dialetto triestino e nella lingua veneta "mi".

donasto = porto. Nello Sloveno arcaico era la prima personadi donaéati (portare), anche donasto.voltijo = significa volontà e anche anima, dato che

quest'ultima si manifesta appunto con la volontà, inSloveno vol7'a.

rrt r'to = intenzione; Sloveno m nenje.sr./ :sia. Nello Sloveno sono rimaste solo alcune forme di

questo verbo, per esempio si (sei), sem (sono), ecc..Nello Sloveno arcaico troviamo Leg(e) sy = leieó (gia-cente). Così anche nell'iscrizione Es 52: "Log sij virem a

istna". Sloveno: " Leg(e) sil leieó vloZen v grmado". ltalia-no: "Giacente messo nel rogo".

uvant = scongiurato. Sloveno arcaico ventan, ventati (scon-giurare).

Sa rij u ns : norrìe proprio.

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O,uesta è la parte superiore dell'iscrizione, divisa dallaseconda parte da una linea formata dalla ripetizione di unsegno somigliante alla lettera O, con la differenza che questosegno è orizzontale invece che verticale come la lettera O.

Segue la seconda parte, molto piir semplice da capire.Sorprendono le conclusioni dei venetologi, che leggono erro-neamente queste righe come la parola AKEO ripetuta sedicivolte e la propongono a emblema delle iscrizioni venetichecon il significato di alfabeto. Essi leggono dal basso versol'alto le quattro righe in cui si ripetono sedici volte le stesse

lettere e trascurano la riga in basso, che in realtà fornisce ilsignificato alle altre.

Appare piùr logico leggere queste righe dall'alto in bas-so, compresa l'ultima riga, come fa Matej Bor. Abbiamo cosìsedici forme grammaticali del verbo (J)EKAT, che significapiangere.

E' necessario fare alcune importanti osservazioni:

1) il verbo jekat risulta scritto ekat, ma nel venetico la E ini-ziale si pronuncia JE, come già abbiamo visto nella parolaego.Tale pronuncia è ancora in uso in alcuni dialetti slo-veni e nella lingua friulana, dove per esempio emplà (riem-pire) si pronuncia jemplà. Anche nel Ladino la vocale E hapiu volte ilvalore diJE, come nel caso di "bello" che si pro-nuncia biel.

2) Ouindi ekaf corrisponde allo Sloveno arcaico jekat lSlo-veno moderno jokatl, che significa piangere.

3) L'angolo inferiore destro è danneggiato, percio per com-pletare prendiamo le lettere mancanti da un'altra tavolet-ta di contenuto simile.

4) Le sedici forme del verbo jekat, annotate in figura, cor-rispondono tutte alla lingua slovena, eccetto tre che nonsono piu in uso.

5) Se poi volessimo leggere il segno divisore proprio comeO, avremmo allora ojekat, che verrebbe a significare "rim-pia ngere".

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Segue la spiegazione della seconda parte dell'iscrizione Es

25 in base alla lingua slovena,leggendo le lettere E, K, A dal-I'alto in basso e con I'aggiunta delle diverse desinenze del-I'ultima riga:jekaji= i piangenti. (Nell'iscrizione Es 32 jekaje significa le

piangenti).jekah lantico aoristo, non esistente in sloveno.jekab / corrisponderebbe allo sloveno attuale jekaó, che sig-nifica "chi molto piange".jekad

= un insieme dipiangenti.

jekai = chi piange sempre.jekar = chi piange per professione, come nei funerali.jekaé= tu piangi.jekap - nell'attuale sloveno non esiste.jekan = rimpianto (passivo).jekam = io piango.jekat = piangere.jekal = pianto (participio).jekak luna forma descrittiva.jekaiti I indefinito iterativo.jekaj = piangi (imperativo).jekav = che piange (aggettivo).

Non è forse questa iscrizione una prova concreta dellarelazione

delvenetico

conla lingua Slovena? Se consideri-

amo le continue mutazioni della lingua viva e le difficoltàdell'interpretazione di uno scritto di oltre duemila anni fa,non puo che stupirci la somiglianza delle iscrizioni venetichecon la lingua slovena attuale.

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Abbiamo già accennato l'influsso della cultura Este suquella di Golasecca (retica) e sull'etrusca. che è dimostratoin modo speciale nelle iscrizioni retiche e nelle piu anticheetrusche. Oui ne diamo una prova.

I cacciatori della Raetia avevano I'uso di portare con sè,come amuleti, pezzi di corna con qualche iscrizione. Una diesse dice:

REITEMU JUSI NAGE

Che vorrebbe dire: Ouesto amuleto scaccia il serpente dalcacciatore.

REITEMU = al cacciatore, sloveno arcaico retiti = ferire,JUSI - spaventa, russo Tusif -- inquietare, spaventare,NAGE = serpente, sanscrito nagas -- serpente. La parolaslovena nag significa nudo, come appare un rettile.

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Una delle iscrizioni etrusche piu antiche è la stele diun'illustre guerriero di Vetulonia, sulla quale è scritto (divi-dendo lo scritto in parole):

AVLES BELUSKESAvleé Beluskeé

T USNUT (J) E

qui sepolto è

MINIMULmorì

PANALgovernò

Unel

HIRdebolezza

ASf inchè

VANIKE

paradiso allorchè (sarà)

UMI OBERSNA H SEdella mente si rassereni

AVLES BELUSKES = un nome, - 1= qui, sloveno fu,USNUT = sepolto, russo usnuf = coricato,E (pronunciato JE) = è, slov. ie,

PANAL = governò, polacco panovaó, pan = signore,

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AS = finchè, ceco aZ,

MINIMUL : deceduto, slov. preminul,U = in, slov. V (pronunciato U),VANI = paradiso, slov. arcaico van, sanscrito yana,KE = allorchè, slov. ko (dialettale ke),HIR = debolezza, slov. hirati= deperire,UMI = intelletto, slov. um,ABERSNA = rassereni, slov. arcaico obrsne,H SE = si, slov. naj se.

Prendiamo ora in osservazione una delle frasi incise sudi una roccia delle Alpi Carniche, scritta dai Veneti che viag-giavano verso il loro emporio di Gurina, nel Noricum. Lafrase può venire interpretata come il sospiro dello stancoviandante che invoca la protezione divina.

B|]G = Slov. Bog, Dio.OSA = Slov. obiel da obiti, fare laSO = Slov. to, questo o questa.VISAD = Slov. viéava, altitudine o

ronda, cioè visitare.

montagna.

BUG OSA SO VISAD, DIO VISITA AUESTA ALTITUDINE!

Da notare:1) La settima lettera da destra è di incertadecifrazione, ma probabilmente è una S. 2) L'ultima è una D,lettera che nel venetico puo indicare anche una T, dato che i

due suoni sono assai vicini. Tuttavia, letta in questo contestoè certamente una D.3) La parola viéadinizia con la lettera B,a motivo del noto betatismo dei Veneti.

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Laterza iscrizione è un saluto ed un augurio, con il qualeconcludiamo questo scritto. Viene da una situla (o vaso perbevande), trovata nelle maestose e misteriose grotte diSkocjan, presso Divaòa.

Sul vaso è incisa la frase:OSTIJAREJ, Slov. ostanijar (mlad)= rimani giovane.OSTI è l'imperativo dialettale dello sloveno ostati, rimanere.JAR è una parola arcaica slovena, che ancor oggi conserva il

significato di "primaverile, giovane, nuovo; quindisano". La

desinenza - e1 è antiquata, ma la si ritrova ancora in qualchedialetto.

OSTI JAREI. RIMANI GIOVANE

Concludendo: caro lettore, OSTI JAREJ !

Z*/ <_l_|2.--:_:-_

" //rzr41ya4@a4À

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