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Theodore Gericault

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Marco Flavio GemelloIV°E2005/2006

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Théodore Géricault fu una figura fondamentale del Romanticismo francese. Nel corso di una carriera conclusasi precocemente, e in modo tragico, prese le distanze dalla tradizione sfidando i canoni del Salon e dell'Accademia. Il suo dipinto più famoso è La zattera della Medusa, opera che suscitò dissenso nei contemporanei per la modernità e per i forti toni politici. Era affascinato dai cavalli: il tema più ricorrente della sua opera, lo scontro fra l'uomo e il cavallo indomito, rappresenta il tentativo interiore di imbrigliare il proprio temperamento tumultuoso.

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Géricault, pur appartenendo a una famiglia facoltosa che gli consentiva di dipingere senza il bisogno di guadagnare, non ebbe un'esistenza facile. Si arruolò nell'esercito realista e fu costretto a nascondersi alle truppe napoleoniche; intraprese una contrastata relazione amorosa con una zia e subì una serie di incidenti a cavallo che accelerarono la sua morte prematura.Egli svolse le sue prime esperienze pittoriche nell’ambiente neoclassico francese che in quegli anni era influenzato dalle figure di David e Ingres. Dopo un periodo di soggiorno a Roma, dove ebbe modo di studiare le opere di Michelangelo e di Caravaggio, fece ritorno a Parigi, nel 1817, dove conobbe Delacroix.

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In quegli anni realizzò il suo quadro più famoso: «La zattera della Medusa», che fu esposto nel Salone d’Autunno del 1819 ricevendo aspre critiche.Negli anni successivi, il suo interesse per un naturalismo nudo e crudo lo portò a prediligere temi dal gusto macabro, quali le teste dei decapitati o i ritratti di pazzi e alienati mentali rinchiusi nei manicomi. Di carattere molto introverso, Gericault rappresenta già il prototipo del successivo artista romantico: amorale e asociale, disperato e maledetto, che alimenta il proprio genio di eccessi e trasgressioni. Il gusto per l’orrido e il rifiuto della bellezza dà immediatamente il senso della sua poetica: un’arte che non vuole essere facile e consolatoria ma che deve scuotere i sentimenti più profondi dell’animo umano, proponendogli immagini raccapriccianti. La sua vita si concluse nel 1824, a soli 33 anni. La sua eredità, in campo figurativo, fu presa soprattutto dall’amico Eugene Delacroix.

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Zattera della medusa Bozzetto della “Zattera della medusa”

Alienata monomane del giocoMonomane dell’invidia

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Tre trombettieri a cavallo Corazziere ferito che lascia il fuoco

Famiglia italianaTiro d’artiglieria

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Corsa dei cavalli barberi Cavallo fermato da schiavi

Paesaggio con acquedotto Ritratto di orientale

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Derby di Epsom Marina

Teste di giustiziati

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Il quadro di Gericault, la zattera della Medusa, prende spunto, nel suo soggetto, da un fatto di cronaca successo nel 1816: l’affondamento della nave francese Medusa. Gli occupanti della nave si rifugiarono su una zattera che rimase abbandonata alle onde del mare per diverse settimane. Gli sfortunati occupanti di quella zattera vissero una esperienza terribile che condusse alla morte la gran parte di loro. Solo una quindicina di uomini furono tratti in salvo da una nave di passaggio, dopo che su quella zattera era avvenuto di tutto, anche fenomeni di cannibalismo. L’episodio colpì molto l’immaginazione di Gericault che, immediatamente, si mise al lavoro per la realizzazione di questa che rimane la sua opera più famosa.

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Formalmente il quadro è costruito secondo il classico sviluppo piramidale. Nel quadro di Gericault le piramidi sono in realtà due ed esprimono due direzioni che si incrociano tra loro opponendosi. La prima piramide parte dall’uomo morto in basso a sinistra ed ha il vertice nell’uomo che, di spalle, sta agitando un panno. È la direzione umana cha va dalla disperazione, di coloro che sono morti, alla speranza di chi ha ancora la forza di agitarsi con la speranza di essere visto da qualcuno che vada a salvarli. La seconda piramide parte dalle onde del mare per giungere all’albero che sorregge la vela. Questa è la direzione del mare che spinge in direzione opposta rispetto alla direzione delle speranze umane. È proprio la tensione visibile tra queste due forze opposte a dare un primo tratto drammatico alla scena.

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1818-19 olio su tela; 491 x 716 - Parigi, Louvre

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Il bozzetto della Zattera è molto interessante e ci rivela molti indizi per comprendere l’evoluzione verso la stesura definitiva del quadro. Il motivo delle due diagonale contrapposte era già presente ma il progetto iniziale, come già detto, prevedeva una nave all’orizzonte verso la quale i naufraghi facevano segnali per farsi notare. Questa nave scompare nella versione finale, e, se si guarda attentamente il quadro definitivo, si nota che lì dove doveva apparire la nave vi è un’onda che si solleva sulla linea d’orizzonte. Probabile quindi che la scelta di non far apparire la nave sia stata presa proprio all’ultimo momento, quando essa era già stata abbozzata sulla tela definitiva e quell’onda all’orizzonte è servita proprio per cancellare la figura del vascello.

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In effetti il gruppo che si agita non ha motivo di compiere una simile azione se all’orizzonte non c’è nulla: ma qui sta l’effetto di suspense voluto da Gericault, per toglierci il lieto fine ed amplificare il senso di disperazione di chi sta naufragando in mare. Un altro elemento di differenza che si nota è la mancanza, nel bozzetto, dell’ultima figura sulla sinistra in basso, quella per la quale posò Delacroix. Ciò ci dà ulteriore conferma della introduzione di questa figura proprio per la precisa richiesta di Delacroix, il quale, entusiasta del progetto che andava realizzando l’amico, chiese di poter partecipare anche lui alla definizione del quadro.

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Nella sua breve carriera Géricault ha sperimentato temi e generi molto diversi fra loro. Uno dei soggetti al quale si è dedicato con attenzione, raggiungendo esiti pregnanti, è quello dell'espressione fisiognomica delle patologie e delle alterazioni psichiche della personalità. I suoi ritratti di alienati risentono delle scoperte di quegli anni a opera di psichiatri quali Pinel, Esquirol e Georget, impegnati nello studio della monomania che Géricault traduce con impareggiabile puntualità. La vecchia qui affetta dall'ossessione dell'invidia è colta con impietoso realismo; lo sguardo corrucciato di chi osserva qualcosa che produce quel sentimento che altera tutti i tratti del volto, al punto da venir soprannominata la "iena".

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1819-1822olio su tela; 72 x 58 Lione, Musée des Beaux-Arts

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Altra ricerca al limite dell’ossessivo fu quella che Gericault condusse sui pazzi. Questa è solo una delle diverse tele che l’artista dedicò ai malati di mente, in uno studio teso a ritrovare nella inespressività degli alienati le linee di confine tra l’umano e ciò che non è più tale.

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Géricault ebbe una vera e propria passione per i cavalli, sin dall'adolescenza, quando poteva esercitarsi a lungo in prodezze di equitazione. L'acquisto del primo cavallo nel 1808 coincise con la volontà di diventare un pittore di cavalli. Riuscì a entrare nello studio di Carle Vernet, pittore di genere, in quel periodo intento a dipingere scene di battaglie napoleoniche. Dopo un breve apprendistato con Guérin, allievo di David, Géricault s'iscrisse all'Ecole des Beaux-Arts nel 1812 e si dedicò allo studio dei grandi maestri del passato. Ma i suoi interessi erano sempre più rivolti alle immagini di cavalli, fanti, ussari e trombettieri a cavallo, come in questo caso, eseguite con una particolare attenzione al movimento e all'anatomia delle bestie e secondo forti contrasti cromatici e di luce, per esempio nel rosso acceso delle uniformi.

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1813-1814olio su tela; 60,4 x 49,6 Washington, National Gallery

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Presentato al Salon del 1814 questo quadro non ricevette il successo attribuito nel 1812 all'Ufficiale dei cavalleggeri della Guardia imperiale alla carica, con cui Géricault aveva esordito; al contrario il Corazziere fu molto criticato per le proporzioni, eccessivamente lunga quella del soldato, e soprattutto per la pennellata concitata, che rendeva l'opera troppo "non finita", quasi un bozzetto. Il soggetto della ritirata dopo la disfatta era con ogni probabilità riferito alla sconfitta subita dall'esercito napoleonico da parte dell'Inghilterra e degli altri paesi europei. Nel clima di Restaurazione era tornato in voga il linguaggio curato in tutte le sue parti di David e il pubblico non era pronto a recepire una stesura così poco rifinita come quella di Géricault.

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1814olio su tela ; 358 x 294 Parigi, Louvre

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In questa fase di grandi rivolgimenti politici e militari, la realtà prende il sopravvento e irrompe nell'arte, in particolare di Géricault, che ha così l'occasione di comporre grandi scene di battaglie e di azione con i suoi amati cavalli. Del resto lo stesso pittore aveva avuto il suo momento di entusiasmo politico, quando nel 1814 era entrato nel corpo dei moschettieri del re, ricostituito da Luigi XVIII, una vicenda che durò poco, ma che comunque ispirò notevoli composizioni di vita militare, tra cui questo Tiro d'artiglieria, che si caratterizza per il tocco rapido del pennello, quasi al ritmo della cavalcata, e per i punti violenti di luce, quali il fuoco dei cannoni o il riverbero del manto pezzato degli equini.

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1815olio su tela ; 88,8 x 143,6 Monaco, Neue Pinakothek

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Dopo aver tentato e fallito il concorso del Prix de Rome, la prestigiosa prova che permetteva al vincitore di recarsi a Roma, per svolgere il perfezionamento artistico come "pensionnaire" all'Accademia di Francia a Villa Medici, Géricault decise di partire per conto proprio alla volta dell'Italia. Doveva vivere anche lui l'esperienza del "grand tour", con cui gli artisti e i gentiluomini completavano la loro educazione estetica; a Roma subì un'impressione profonda al cospetto degli affreschi michelangioleschi della Sistina e delle opere di Raffaello, del Guercino, di Caravaggio. Tuttavia oltre al fascino dell'antico e dei maestri del passato, Géricault fu attratto dalla vita contemporanea, che tradusse nelle sue scene di contadini e gente umile, come questa, che nell'impostazione e negli atteggiamenti riprendono le composizioni classiche.

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1816-1817olio su cartone su tela; 21,9 x 29,3 Stoccarda, Staatsgalerie

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Una delle cose che più colpì Géricault a Roma fu la corsa dei cavalli barberi, organizzata a conclusione delle festività del carnevale; lungo la via del Corso, da Palazzo Venezia a piazza del Popolo, venivano lanciati i cavalli senza cavaliere, che alla fine venivano afferrati e rinchiusi dai palafrenieri. Al tema della gara, Géricault, amante della razza equina, dedicò diverse composizioni; questa coglie il momento della partenza, quando i cavalli eccitati sono tenuti a freno da possenti stallieri, che nelle loro proporzioni rievocano le immagini michelangiolesche. L'ambientazione concorre a definire uno spazio "antico", quello dei giochi dell'antica Roma, ai quali partecipava tutta la popolazione.

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1817olio su cartone su tela; 45 x 60 Parigi, Louvre

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In questa scena l'artista rappresenta il momento finale della corsa dei cavalli barberi, quando le bestie concludono la loro corsa in un recinto dove li attendono degli stallieri che li imbrigliano. Alla manifestazione, che segnava la fine delle feste di carnevale, Géricault assistette nel 1817 e ne trasse spunto per diversi studi e dipinti in cui poteva concentrarsi sul soggetto preferito dei cavalli. In questo caso l'immagine si lega ai modelli del passato, non solo nel tema degli schiavi abbigliati all'antica, ma nelle forme eroiche e statuarie del nudo a destra e del cavallo, che rievocano i fregi con le centauromachie.

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1817olio su cartone su tela; 48,5 x 60,5 Rouen, Musée des Beaux-Arts

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Il dipinto fa parte di un gruppo di tre opere, eseguite dopo il rientro dall'Italia alla fine del 1817. Si tratta di paesaggi colti in tre momenti diversi della giornata, Paesaggio italiano all'alba, Paesaggio con tomba romana (Mezzogiorno), questo Paesaggio con acquedotto (La sera), che rispondono maggiormente all'impostazione iconografica dei maestri del Seicento, quali i francesi Poussin, Claude Lorrain e Gaspar Dughet e gli italiani Carracci, piuttosto che a una osservazione diretta e realistica dei luoghi. La diversa incidenza della luce, dovuta alle ore del giorno, in questo caso rende ancora più lirica questa interpretazione ideale del paesaggio, nel quale si percepisce il vagheggiamento nostalgico per un mondo antico e perduto.

Continua…

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1818olio su tela; 252,5 x 222 New York, Metropolitan Museum

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Uno dei tanti motivi di attrazione di Géricault fu l'Oriente, il desiderio di conoscere luoghi lontani e sconosciuti e di vivere avventure fuori dall'ordinario e dagli schemi del mondo occidentale. Non poté realizzare questo sogno per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute, peggiorate notevolmente in seguito a due cadute da cavallo. Le uniche incursioni che fece nei mondi esotici furono attraverso il fedele servitore Mustafà, che conobbe con un gruppo di turchi, forse scampati a un naufragio, nel 1819. A questo periodo appartengono alcuni dipinti e diversi studi di teste di orientali, abbigliati con turbanti e casacche. Anche in questo caso l'osservazione del pittore si rivela penetrante e puntuale nei particolari delle orecchie sporgenti e degli occhi grandi e scuri.

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1819-1821olio su tela; 59 x 48 Besançon, Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie

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Non potendo andare in Oriente a causa della salute cagionevole, Géricault decide di compiere un viaggio a Londra, in compagnia dell'amico Charlet, dove giunge nel 1820. Nella capitale inglese espone La zattera della Medusa, che lo impone sulla scena londinese e favorisce un certo successo economico. Affitta un elegante appartamento nel quartiere di Mayfair da un mercante di cavalli, Adam Elmore. Saputo della passione per i cavalli di Géricault, Elmore gli commissiona un dipinto sul Derby di Epsom, al quale l'artista assiste nel 1821. Nonostante la fervida attività, questo quadro rappresenta l'opera più importante del periodo londinese, l'unico portato a termine, in cui i cavalli sono lanciati al massimo della corsa, al punto da staccarsi da terra. Questo carattere irreale, in qualche modo fantastico, dell'ambientazione e delle figure, ha reso questo quadro autonomo dalla restante produzione di Géricault.

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1821olio su tela ; 92 x 122,5 Parigi, Louvre

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Al tema del mare in tempesta, Géricault ha dedicato alcuni degli ultimi dipinti. Questa Marina, in cui il colore delle acque nero e livido contrasta con quello della roccia chiara, rivela il gusto romantico per la rappresentazione di una natura violenta e incombente, che sovrasta le forze dell'uomo, piccolo in primo piano. Traspare il senso metaforico della morte nel buio dei flutti che ingoiano la vita, così come in altre composizioni in cui vi sono naufraghi o annegati. Tale metafora è rafforzata dal carattere irreale e onirico dell'immagine, per cui il paesaggio non è reso in forma descrittiva, ma secondo macchie di luce e macchie scure, come un'evocazione del sogno.

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1823olio su tela ; 46 x 55,5 Collezione privata

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Questo esempio di gusto macabro, tra i più orridi presenti nella storia dell’arte, furono studi realizzati da Gericault per la realizzazione della zattera. La scelta di studiare frammenti anatomici, per le potenzialità espressive che se ne potevano trarre, ci rivelano alcuni aspetti precisi sulla psiche di Gericault, che di sicuro anticipa molti dei tratti più introversi e drammatici che ritroviamo nei successivi artisti romantici, e non solo pittori.

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Théodore Géricault - Vita e Opere

È stato presentato da

Marco Flavio Gemello

detto anche:

“Geme”

Si ringraziano i siti:

www.google.com

www.artcyclopedia.com

www.artchive.com

www.wga.hu

THE END.