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Stress negoziazione- gestione conflitti

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TECNICHE DI NEGOZIAZIONE E MEDIAZIONE PER GESTIRE EFFICACEMENTE LO STRESS

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Le seguenti slides, a cura di Sandra Casagrande e Marta Restivo, sono il risultato di una raccolta di

informazioni, teorie, concetti e schemi derivanti da diversi testi e convegni:

- «Psicologia e salute», di Antonella Delle Fave e Marta Bassi

- «Hostage at the table», di George Kohlrieser

- Tavola rotonda sullo stress delle donne, del 12 maggio 2011

- Tavola rotonda «The best crisis negotiation is crisis prevention - conflict management resolution within

chaotic Reality» del 19 e 20 maggio 2011.

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PERCHE’ L’ATTENZIONE ALLO STRESS

Viviamo in un’epoca in cui è richiesto di:

- Vivere l’incertezza

- Utilizzare le informazioni in nostro possesso

- Decidere

- Ascoltare i segnali deboli

- Essere assertivi

- Portare a casa i risultati

DANNI:

In Germania: 11.000.000 di giornate di lavoro in meno a causa dello stress.

Negli USA: si è passati in pochi anni ad un aumento dell’utilizzo di antidepressivi del 700%.

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STRESS: risposta che si manifesta quando la persona è sottoposta a stressor, ossia a pressioni che richiedono

un cambiamento (Darley, Glucksberg, Kinchla, 1991). Esso rappresenta di per sé un processo di adattamento e

può assumere valenza sia positiva che negativa, a seconda delle sue conseguenze.

RISPOSTE ALLO STRESS: LA SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO

Secondo Selye (1956), si possono riconoscere tre fasi nella cosiddetta sindrome generale di adattamento (SGA).

Durante la prima, vi è una reazione di allarme: l’organismo inizia a mobilitare le proprie risorse fisiologiche per

difendersi dalle circostanze avverse attraverso una reazione del tipo “combatti o fuggi”.

Spesso però i fattori stressanti perdurano; l’organismo entra così nella fase della resistenza, in cui tenta di

adattarsi alla situazione, utilizzando le riserve energetiche a disposizione.

Si va incontro così all’ultima fase, quella dell’esaurimento, in cui l’organismo non possiede più risorse alle quali

attingere per difendersi e aumenta, di conseguenza, la sua vulnerabilità alle malattie.

Selye distingueva inoltre tra stress positivo (eustress) e negativo (distress). La condizione di eustress si verifica

quando le pressioni agenti sull’individuo rientrano nell’ambito della tollerabilità; in tale stato, il grado ottimale di

attivazione psicofisiologica consente la mobilitazione delle risorse del soggetto migliorandone le prestazioni, a

differenza della condizione di distress,in cui la persona , essendo sottoposta a condizioni di eccessiva o

insufficiente stimolazione, consegue una scarsa prestazione e incorre in un rischio per la salute.

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Un elevato livello di stress può essere causato da:

- Mancanza di informazioni- Mancanza di controllo- Incertezza- Conflitto

FONTI DI STRESS:

- Sistema personale- Capo- Colleghi- Clienti- Partner- Genitori- Figli, ecc…

EVENTI SENTINELLA AZIENDALI:

- Assenteismo- Infortuni- Eccessivo utilizzo del codice disciplinare- Ambiente- Orari di lavoro

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CONSEGUENZE DELLO STRESS

Una nota conseguenza dello stress prolungato sulla salute sono i disturbi cardiovascolari, in particolare

l’angina pectoris e l’infarto miocardico (Byrne, White e Butler, 1981; Kamarck e coll., 2005; Robert-

McComb, 2001).

Lo stress cronico inoltre deteriora la funzionalità del sistema immunitario (Kielcot-Glaser e Glaser, 1995;

Kilecot-Glaser e coll., 2002) e favorisce la predisposizione e la progressione di malattie infettive.

Lo stress agisce anche sul sistema gastrointestinale, come già dimostrato da Selye (1956): esso blocca

la secrezione degli enzimi digestivi, rallenta la motilità del tratto gastrointestinale e riduce il flusso

sanguigno allo stomaco.

Note conseguenze dello stress riguardano la comparsa di aggressività ed irritabilità.

Infine, elevati livelli di stress sono associati ad un aumento dell’incidenza di disturbi del sonno e di disturbi

mentali, in particolare la sindrome da stress post-traumatico (PTSD, Golden-Kreutz e coll., 2005; Yeager

e Roberts, 2005) e la depressione (Haley e coll., 2003; O’Connor, 2005; Satterfield, Folkman e Acree,

2002).

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LEGGE DI YERKES-DODSON: A diversi livelli di attivazione, corrispondono diversi livelli di vigilanza e

prestazione (cognitiva e comportamentale). Se il livello di attivazione è molto basso, l’individuo non è

sufficientemente reattivo e quindi il rendimento sarà scarso; man mano che l’arousal aumenta, la

prestazione migliora fino a raggiungere un livello ottimale. Ogni ulteriore aumento di attivazione, causa

un decadimento del rendimento; ciò accade perché la risposta fisiologica di stress è troppo intensa e

genera problemi sia a livello motorio che cognitivo.

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La scoperta dell’esistenza di differenze interindividuali tanto nei fattori quanto nelle reazioni di stress

ha portato i ricercatori a esplorare sia le componenti cognitive che le caratteristiche di personalità

associate all’insorgenza dello stress.

TEORIA COGNITIVO-TRANSAZIONALE: Lazarus (1966, 1991, 1998).

L’individuo, attraverso un processo di valutazione cognitiva, attribuisce agli eventi un significato in

relazione al proprio benessere e decide conseguentemente come reagire. Lo stress è definito come

una transazione tra la persona e l’ambiente, che l’individuo percepisce come estenuante o

superiore alle risorse personali e quindi pericolosa per il proprio benessere. In questo processo,

sono coinvolti due stadi di valutazione cognitiva.

Nella valutazione primaria, la persona giudica una determinata situazione, sia in base alla posta in

gioco che alla presenza di pericoli o minacce, interpretandola come una sfida, una minaccia, un

danno o una perdita.

Nella valutazione secondaria, la persona esegue un bilancio delle risorse di cui dispone per

affrontare il danno potenziale o il vantaggio calcolato nello stadio della valutazione primaria; qualora

concluda che la situazione è rischiosa e che non possiede le risorse adeguate per affrontarla, avrà

reazioni di stress e metterà in atto delle strategie di coping.

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Quali sono le possibili strategie di cui l’individuo dispone per gestire una situazione stressante? Il

modello formalizzato da Lazarus e Folkman ha identificato due macro-tipologie: quella centrata sul

problema e quella centrata sulle emozioni.

Attraverso il coping centrato sul problema, l’individuo mette a punto un piano d’azione volto a gestire ed

eventualmente risolvere il problema stesso, mobilitando in prima istanza risorse e abilità cognitive.

La seconda strategia, centrata sulle emozioni che la situazione elicita, include due possibili e ben distinti

processi: il contenimento/riduzione delle emozioni negative e l’evitamento (o rifiuto).

La strategia centrata sul problema è considerata la scelta apparentemente più pragmatica ed efficiente,

perché caratterizzata dall’attivo impegno dell’individuo ad affrontare direttamente la situazione mentre

quella centrata sulle emozioni poco efficace, in quanto non indirizzata alla ricerca di una soluzione del

problema, bensì alle sue dimensioni squisitamente psicologiche. È bene sottolineare che l’efficacia di

una strategia di coping non può essere determinata a priori ma deve essere valutata all’interno di uno

specifico contesto e in risposta ad una specifica situazione. Gli studi però convergono nel supportare

l’ipotesi che l’evitamento sia disadattivo in tutte le circostanze: attraverso questa scelta infatti, l’individuo

non si occupa né della soluzione del problema né della gestione attiva delle emozioni ad esso connesse.

Per tali ragioni è considerata una strategia passiva, priva di efficacia e spesso dannosa.

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Recentemente, Terry e Hynes (1998), hanno proposto una nuova e più articolata concettualizzazione

del coping; secondo le autrici, nelle strategie di coping centrato sul problema devono essere distinte

due diverse forme: il problem management (ricerca attiva di una soluzione) e il problem appraisal

(valutazione del problema).

Analogamente, il coping centrato sulle emozioni, si presenta sotto due diversi aspetti: avoidant-type e

approach-type; la strategia di evitamento, come precedentemente esposto, è disadattiva in tutte le

situazione, mentre quella di approccio o avvicinamento può facilitare l’adattamento attraverso

meccanismi psicofisici di risoluzione delle tensioni e di aumento della consapevolezza.

Stanton e colleghi (2000), hanno infine distinto in questa strategia di coping tre diverse componenti:

l’identificazione delle emozioni, che promuove la consapevolezza; l’elaborazione delle emozioni, che

permette di esplorarne il significato; l’espressione delle emozioni, sia individuale (ad esempio

attraverso la scrittura) che interpersonale.

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«Lo stress lavorativo è un particolare tipo di stress causato da stimoli che hanno origine nel contesto

lavorativo; in particolare possono definirsi come possibili cause di stress: i trasferimenti e le

riconversioni, il sovraccarico di lavoro, il conflitto e l’ambiguità di ruolo, l’inadeguatezza delle

opportunità di sviluppo della carriera, l’assenza di feedback e il mancato riconoscimento dei meriti. «La

persona in particolare sperimenta stress sia quando le richieste dell’organizzazione eccedono le sue

capacità, sia quando i suoi bisogni eccedono le opportunità di soddisfazione offerte

dall’organizzazione» (Caprara e Borgogni, 1988, p.13).

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GESTIONE DELLO STRESS: capacità di gestire con successo una minaccia percepita (reale o immaginata) al nostro benessere mentale, fisico, emotivo e spirituale.Serie di risposte fisiologiche e di adattamento.

Alto

Basso

Autonomia/Controllo

Carico di lavoroAlto

Livello stress basso? Proattività

Livello stress alto?

Livello di stress in

funzione delle aspettative

individuali

Schema tratto dal contributo della Dott.ssa Beatrice Bauer alla tavola rotonda sullo stress delle donne del 12 maggio

2011.

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La reazione di stress non solo varia da individuo a individuo ma anche da situazione in

situazione: è infatti possibile esperire una reazione di stress sia in situazioni in cui il

soggetto ha scarso controllo, sia in circostanze in cui il controllo del soggetto è

eccessivamente elevato.

Stessa cosa accade quando entra in gioco l’altra variabile correlata allo stress lavorativo, il

carico di lavoro: anche in questo caso, i soggetti possono esperire una reazione di stress

che può essere causata da carichi di lavoro sia eccessivamente elevati che dal contrario.

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«La propensione a sentirsi depressi

nell’arco della giornata dipende

direttamente e massicciamente dal

sonno della notte precedente».

D. Kalneman

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Un processo che permette di adattarsi bene nell’affrontare le difficoltà, imparando dalle esperienze

difficili e superando lo stress è rappresentato dalla resilienza. Essa fornisce l’abilità di concentrarsi su

un determinato obiettivo e, di conseguenza, la possibilità di raggiungerlo più facilmente.

L’Associazione Americana degli Psicologi (APA), suggerisce dieci passi per apprendere la capacità di

resilienza:

1. Creare connessioni. Costruire relazioni solide e positive è importante.

2. Evitare di vedere le situazioni di crisi come insormontabili. Non si può cambiare il fatto che gli

eventi stressanti accadano ma si può cambiare il proprio modo di interpretarli e di rispondervi.

3. Accettare che il cambiamento sia parte della vita. Accettare ciò che non può essere cambiato

aiuta a focalizzarsi su ciò su cui si può influire.

4. Muoversi verso i propri obiettivi. Sviluppare obiettivi realistici e fare di tutto per raggiungerli.

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5. Mettere in atto azioni decisive. Agire in situazioni avverse il più possibile ed il più velocemente

possibile.

6. Cercare opportunità per scoprire se stessi.

7. Costruire una visione positiva di se stessi. Acquisire confidenza con la propria capacità di risolvere

i problemi e di fidarsi del proprio istinto aiuterà a divenire resilienti.

8. Vedere le cose in prospettiva. Pensare al contesto più ampio e mantenere una prospettiva a lungo

termine.

9. Mantenere una prospettiva speranzosa. Focalizzarsi su ciò che si desidera e far si che la propria

mente sia libera da paure.

10. Prendersi cura di sé. Presta attenzione ai propri bisogni e sentimenti, divertirsi e rilassarsi.

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Uno strumento che consente di evitare lo stress causato dal contrasto con i colleghi è dato dalla

conoscenza e dal corretto utilizzo delle tecniche di gestione dei conflitti.

Evitare il conflitto è una delle vie comuni per divenirne ostaggi. Esso può essere visto come una sfida, un

problema da risolvere o un’opportunità e, in questo senso, come qualcosa di positivo.

Ognuno può imparare a vedere il conflitto in maniera positiva ma, per far ciò, deve:

- divenire consapevole della propria capacità di affrontarlo

- possedere una base sicura che fornisca supporto al cambiamento

- concentrarsi sui benefici del cambiamento e sull’importanza di non essere ostaggi (di se stessi, di una

situazione o degli altri) e di avere controllo di sé

- preparare un piano e metterlo in pratica costantemente, per far si che divenga un comportamento

automatico

- comprendere i benefici del cambiamento e celebrare il successo.

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Possedere questa visione positiva del conflitto ci permetterà di vederlo come un processo che va

gestito; un’efficace gestione del conflitto stimola la creatività e favorisce la crescita personale e

professionale. Imparare a parlare onestamente, ponendo le proprie differenze sul tavolo e interagendo

con mutuo rispetto e dignità porterà alla risoluzione dei conflitti, al cui cuore vi è l’abilità di negoziare

rispettosamente per giungere ad obiettivi e benefici comuni.

Se mal gestito il conflitto può portare a serie e costose conseguenze per le compagnie: violenza,

malattie, depressione e dipendenze possono essere dei problemi che, a lungo andare, giungono ad

affliggere la salute di individui e società.

Il conflitto può essere definito come la differenza che intercorre tra due o più persone o gruppi,

caratterizzata da tensione, emotività, disaccordo e polarizzazione; esso compare quando il legame è

rotto o completamente mancante o quando avviene un fallimento nella gestione della perdita (di una

persona o un oggetto); comprendere come le persone gestiscono le proprie perdite e le emozioni che

esse elicitano porterà a cogliere la soluzione del conflitto.

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Vi sono diverse possibili fonti di conflitto:

- Differenze di obiettivi

- Differenze di interessi

- Differenze di valori

- Differenze nella percezione del problema

- Differenze negli stili di comunicazione

- Differenze di potere, status o rivalità

- Insicurezza

- Resistenza al cambiamento

- Confusione di ruoli

- Ricerca dell’identità (manipolare gli altri per costruirsi un’identità e una maggiore stima di sé)

- Bisogni personali

- Comunicazione povera (o mancanza di comunicazione)

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Affrontare i conflitti significa prestare attenzione alle relazioni tanto quanto agli obiettivi. Vi sono un

numero di azioni che si possono praticare per mantenere intatte le proprie relazioni:

- Bilanciare ragione ed emozione.

- Comprendere l’altro. Per poter giungere ad un accordo che soddisfi ambo le parti.

- Comunicare efficacemente.

- Essere affidabili ed onesti.

- Persuadere invece di costringere. Più l’influenza che si apporta sarà orientata verso la

cooperazione piuttosto che verso la coercizione, più aumenterà la propria capacità di lavorare

con gli altri.

- Sentire una mutua accettazione. Più alto sarà il grado di accettazione, più chances si avranno per

lavorare sulle differenze da ambo le parti e per produrre risultati positivi.

La risoluzione di ogni conflitto consiste nella creazione e nel mantenimento di un legame: occorre

soltanto individuare un obiettivo comune. È’ necessario che una persona tra le due mostri

comprensione e voglia di risolvere il conflitto per influenzare l’altra a cambiare atteggiamento e a

muoversi verso un terreno condiviso.

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Vi sono quattro principi fondamentali per risolvere i conflitti con successo:

1. Non crearsi mai dei nemici. Occorre sempre trasformare i nemici in partner ed alleati e

comunicare favorendo il mutuo rispetto e la cooperazione.

2. La persona non è mai il problema. Bisogna separare la persona dal problema e focalizzarsi sulla

risoluzione delle complicazioni onde evitare di causare un inasprimento del conflitto.

3. Mantenere il desiderio sincero di aiutare le persone ad ottenere ciò di cui hanno bisogno. Si deve

mostrare interesse verso ciò che l’altro desidera, tanto quanto si desidera ottenere ciò che si

vuole. I manager devono mostrare un appropriato ed autentico interesse verso il benessere dei

propri collaboratori, se vogliono divenire dei leader efficaci.

4. Non essere mai dirottati dagli attacchi o dalle intense emozioni. Mantenere i propri pensieri chiari

e non perdere mai di vista l’obiettivo. Il segreto sta nell’abilità di stabilire e mantenere legami e nel

lavorare realmente per risolvere il problema, anche se costerà ore o giorni di lavoro, tenendo in

considerazione il peso di ogni frase, parola, pausa o trattativa.

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Il management di oggi deve incoraggiare la creazione ed il mantenimento di un clima di fiducia e di

apertura, all’interno del quale ognuno possa sentirsi libero di porre domande o di sollevare problemi,

senza aver timore delle conseguenze. Qualora questa tipologia di clima non venisse creata,

conseguenze certe diverrebbero la tensione ed altri comportamenti distruttivi. I leader devono

comprendere che il conflitto può essere fonte di creatività e potenziale di innovazione. I team

potranno raggiungere una performance più elevata se saranno in grado di mettere in atto conflitti

costruttivi, in un ambiente di cooperazione e fiducia, nel quale un’attitudine “win – win” diventa

l’obiettivo della gestione del conflitto.

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Cognitive Assesment

Individual

Environmental Health

Special support (team

building/dialogo/fiducia)

(Aumento di Adrenalina/Cortisolo)

Schema tratto dal contributo della Dott.ssa Beatrice Bauer alla tavola rotonda sullo stress delle donne del 12

maggio 2011

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Una metafora esplicativa dell’importanza di chiarire le incomprensioni è rappresentata dalla frase:

“mettere il pesce sul tavolo”. George Kohlrieser racconta che la suddetta metafora deriva da una sua

visita al mercato del pesce di Catania. Egli ricorda che, se si nasconde il pesce sotto al tavolo, col tempo

inizia a marcire e a sprigionare cattivi odori. Sfortunatamente, tanti individui lasciano che molti pesci –

conflitti e problematiche – marciscano sotto il proprio tavolo. Essi non affrontano i problemi, sperando

che svaniscano. Sfortunatamente, scegliere di lasciare il pesce sotto al tavolo non rappresenta una

buona soluzione, in quanto non solo non farà svanire il conflitto, ma causerà un inasprimento dell’odore.

Ciò che le persone dovrebbero fare, invece, è andare sotto al tavolo, prendere il pesce, metterlo sul

tavolo ed iniziare a pulirlo (affrontare il conflitto), per preparare una grande cena (trovare una soluzione).

Purtroppo è vero che quando si va sotto il tavolo c’è la possibilità di trovare squali o balene ma è

altrettanto vero che è importante essere consapevoli della misura del conflitto per poterlo gestire in

maniera adeguata. Mettere il pesce sul tavolo non significa essere aggressivi ed ostili ma in grado di

sollevare discussioni aperte, oneste e che conducano verso una risoluzione del problema. Un’altra

capacità sicuramente richiesta per affrontare efficacemente la gestione di un conflitto, è quella di cogliere

la modalità, il luogo ed il momento adatti a farlo. Se un’incomprensione non viene risolta, c’è infatti la

possibilità che possa portare a problemi maggiori. Trattare il conflitto come un problema condiviso e

lavorare insieme per trovare soluzioni adeguate permette non solo di essere più efficaci e di creare una

coesione maggiore con gli altri membri del gruppo, ma anche di non divenire ostaggi.

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Un ulteriore strumento che consente di prevenire lo stress causato da incomprensioni e/o

conflitti con altri individui è rappresentato dalle tecniche di negoziazione.

«The best crisis negotiation is crisis prevention»

Conflict management resolution within chaotic Reality.

Conflitto «Pugni chiusi»: perché viviamo in una realtà caotica – cambia tutto in pochissimo

tempo.

Delusione frustrazione «pugni chiusi».

La sfida più grande da affrontare per vivere la propria vita con efficacia e libertà decisionale

consiste nel riuscire a trattare con il proprio ego per divenire competenti delle dinamiche

relazionali e, di conseguenza, per essere in grado di gestire i conflitti e negoziare con

competenza: il mondo caotico nel quale viviamo, richiede lo sviluppo di competenze sempre

maggiori per personalizzare le dinamiche umane.

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CHIEDERE non solo rappresenta l’atteggiamento meno costoso ma anche quello che porta alla

soluzione del conflitto nella maggior parte dei casi.

POTERE DELLA RICHIESTA VERA: la richiesta, per essere tale, deve avere due possibilità di

risposta: SI

NO

Come si impara/insegna a chiedere?

«Pugno chiuso» L’individuo che utilizza questa strategia non è in grado di pensare con

efficacia, essendo ostaggio di un suo sentimento: rabbia, frustrazione, ecc… La situazione non

cambierà fino a quando non aprirà il pugno.

Prima attività/domanda: «C’è qualcosa che possiamo fare per te?»

Nel nostro mondo attuale si assiste ad un aumento del livello di sfiducia, sospetto, paura e ad

una diminuzione del livello di fiducia tra gli individui.

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«The ability to validate whatever said»: Professionalism

Diagnosis Conclusion

Action Reaction

Schema tratto dalla tavola rotonda «The best crisis negotiation is crisis prevention - Conflict management resolution within

chaotic Reality» del 19 e 20 maggio 2011.

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ESCALATION OF CONFLICT

Misunderstanding: errata percezione, causata da aspettative sbagliate

Frustrazione

Conflitto

Litigio

Crisi

Danno irreversibile della relazione

METAFORE DI GUERRA

Nella nostra vista noi «spariamo» parole e decisioni.

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La credibilità professionale si basa su relazioni integrate e sintetiche con il cliente.

- Il primo presupposto per l’efficacia della relazione professionale è rappresentato dalla conoscenza

e dalla diagnosi del proprio interlocutore (cliente).

- Prima attenzione: marketing interno. Per conoscenza e diagnosi in un’ottica di marketing interno, si

intende una differenziazione («segmentazione») dei clienti rispetto ai bisogni/attese/risorse degli

stessi.

Interlocutori diversi richiedono capacità di gestione della relazione diverse, con un’omogeneità di

approccio (metodo).

- Seconda attenzione: prepararsi adeguatamente agli incontri professionali, per minimizzare le

difficoltà che sicuramente emergeranno.

- Confini: obiettivi – tempi – caratteristiche del cliente.

- Struttura: accoglienza – presenza – congedo. È importante darsi un percorso logico-situazionale.

- Flessibilità nella presenza e attenzione alle modalità (movimenti, toni di voce).

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- La sintonia con l’interlocutore è un mezzo e non lo scopo della relazione professionale, il cui

obiettivo è quello di capire/condividere/sentirsi coinvolto dall’altro.

- Occorre inoltre mettere sempre le carte in tavola, in quanto nascondere il problema non

porterà alla risoluzione dello stesso, bensì ad un inasprimento del conflitto.

- Consapevolezza dell’ascolto attivo sia di sé stessi, che del cliente (decodificare ed

interpretare le comunicazioni di ritorno).

- Ascolto attivo: le tecniche

• Osservazione

• Domande, per attrarre e fidelizzare

• Riformulazioni, per fidelizzare

• Ricapitolazioni , per fidelizzare.

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IL POTERE DELLA NEGOZIAZIONE

La negoziazione è il processo grazie al quale le parti interessate risolvono le dispute, in accordo sulla

linea di condotta da seguire, contrattando per vantaggi individuali o collettivi e tentando di giungere a

risultati che possano soddisfare i mutui interessi. La negoziazione consiste nell’abilità di impegnarsi

in un dialogo che possa portare a risolvere i reali problemi in un conflitto. In altre parole, la

negoziazione è l’arte di dire “no” mantenendo un legame fino a quando l’accordo viene raggiunto.

Durante il processo di negoziazione, il dialogo crea un’atmosfera nella quale sono riconosciuti e

compresi i mutui interessi di ambo le parti e scoperte le soluzioni al conflitto. Per risolvere un conflitto

attraverso la negoziazione, le parti coinvolte devono essere in grado di esprimere cosa desiderano,

provano, sentono e pensano e ascoltare cosa provano, desiderano, sentono e pensano gli altri.

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I DIECI PASSI DEL PROCESSO DELLA NEGOZIAZIONE

I dieci passi caratterizzanti il processo di negoziazione sono i seguenti:

1. Creare un legame

2. Separare le persone dal problema

3. Identificare i propri bisogni, desideri e i interessi

4. Identificare i bisogni, i desideri e gli interessi delle altre parti coinvolte

5. Utilizzare un dialogo incentrato sul problema

6. Creare un proprio obiettivo e giungere ad obiettivi comuni

7. Trovare opzioni, generare proposte e fare concessioni

8. Negoziare per giungere a benefici comuni

9. Trovare un accordo

10. Terminare o continuare la relazione su una nota positiva.

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La negoziazione di successo richiede una strategia orientata verso l’obiettivo. A tal proposito, occorre

possedere le basi e le attitudini appropriate; esse concernono:

- Il mostrare rispetto per le altre parti

- Il possedere una mentalità “win-win”

- Lo sviluppare la pazienza e il tempismo

- L’evitare di combattere con l’avversario.

Un’attitudine di rispetto comporta il vedere e l’accettare l’altro come un essere umano unico e separato,

con un diritto di pensare e sentire indipendente dal nostro. La mancanza di rispetto viene si realizza

sotto forma di pregiudizi, attacchi personali, umiliazioni, depersonalizzazione e risentimento; essa

concerne anche il non rispetto di ruoli, limiti e territori e l’utilizzo di un linguaggio volto a ferire, attaccare

o sminuire.

La chiave per un’attitudine “win-win” consiste invece nel decidere di incontrare i bisogni di ambo le parti

piuttosto che nel focalizzarsi sul problema o nel forzare una soluzione. È importante pensare alla

negoziazione in termini di cosa si sta per guadagnare invece di pensare a cosa si sta perdendo.

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Possedere tempismo significa essere capaci di identificare il momento più opportuno per suggerire una

soluzione, giungere ad un punto chiave della negoziazione o presentare un elemento che porti ad un

avanzamento del processo. Il momento ottimale da individuare sarà quello in cui l’altra parte è più

recettiva e molto probabilmente più disposta ad accettare favorevolmente le nostre proposte.

Sviluppare la capacità di tempismo aiuterà a divenire un buon negoziatore perché consentirà di:

- Comunicare in maniera più efficace ed efficiente

- Terminare il processo di negoziazione in breve tempo

- Giungere ad una soluzione “win-win” più rapidamente.

Durante una negoziazione, occorre ignorare gli attacchi sottili che si percepiscono e mantenere i

commenti e l’attenzione focalizzati sul problema, altrimenti sarà facile divenire ostaggi dell’altra parte.

La chiave per negoziare efficacemente è quella di riportare sempre la conversazione sui problemi

fondamentali, evitando di divagare ed impegnandosi a rimanere obiettivi. È importante, inoltre, evitare di

rispondere agli attacchi che si subiscono: in tal modo si causerà una frustrazione dell’altra parte che non

riceverà reazioni.

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Altro aspetto fondamentale da sottolineare è l’importanza di iniziare a creare un legame con l’altro

prima di intraprendere il processo di negoziazione: più tempo si trascorrerà nella costruzione della

relazione prima di negoziare, più ci sarà la possibilità di giungere ad una negoziazione efficace e quindi

soddisfacente per ambo le parti.

Ury suggerisce cinque passi che faciliteranno il raggiungimento di un risultato positivo per ambo le parti

in un processo di negoziazione:

- «Non reagire alle provocazioni». Fare un passo indietro, calmarsi e pianificare con attenzione la

propria risposta. Non rispondere automaticamente, onde evitare di peggiorare la situazione.

- «Aggira gli ostacoli, non andargli incontro». Utilizzare l’ascolto attivo; essere d’accordo con l’altro se

possibile ma allo stesso tempo far valere ciò in cui si crede.

- «Chiedi alle persone: “Perché?” “Perché no?” o “Come può essere giusto?”. Cercare di far si che le

persone coinvolte nel conflitto evitino di prendere posizioni a priori, per giungere ad una negoziazione

regolata da norme.

- «Rendi al tuo avversario facilmente possibile l’essere d’accordo con te». Far si che l’offerta sia il più

attraente possibile.

- “Sii cortese”. Il rispetto funzionerà meglio dell’umiliazione.

Seguendo questi passi si giungerà ad avere il controllo sia di se stessi che della situazione,

assicurandosi di non essere mai presi in ostaggio durante il processo di negoziazione.

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APPLICA LA REGOLA DELLA RECIPROCITA’ E FAI CONCESSIONI

Se dai qualcosa in cambio, riceverai qualcosa indietro. La legge della reciprocità rappresenta il

fondamento della cooperazione e della collaborazione; essa rappresenta anche la base di tutti i

legami. Fare concessioni è una parte correlata al processo di creazione di un legame. Una tecnica per

facilitare il raggiungimento dell’obiettivo è quella di riconoscere che l’altro ha fatto una concessione e

di valorizzarlo per questo; non è importante che la concessione sia piccola, è ugualmente significativa,

in quanto dimostra la volontà di creare un legame. Una potente tecnica per gestire ogni tipologia di

disputa è quella di riconoscere i sentimenti ed i punti di vista degli altri facendo la prima concessione;

in tal modo ciò l’altra parte si sentirà considerata e rispettata e ci sarà la probabilità che per questa

ragione dimostri un atteggiamento meno ostile e più predisposto al dialogo.

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L’IMPATTO DELL’INFLUENZA E IL POTERE DELLA PERSUASIONE

Il modo migliore per avere il controllo della situazione è dato dall’apprendimento della capacità di essere

efficaci nell’influenzare e nel persuadere gli altri. Un potente strumento da utilizzare è la comprensione e

l’adeguata gestione delle duplici pressioni inerenti la punizione e la ricompensa e il legame tra dolore e

piacere. Un buon negoziatore sa come usare il potere della ricompensa e quello della punizione allo

stesso tempo. La combinazione di essere contemporaneamente una fonte di supporto (una base sicura)

ed una potenziale minaccia per l’altro consente al negoziatore di massimizzare la sua efficacia all’interno

di un contesto instabile come quello della negoziazione. L’effetto contrastante diviene un potente mezzo

per generare influenza. Il potere della ricompensa è sempre presente ma occorre utilizzarla con cautela: a

lungo andare perde di efficacia e si è costretti ad aumentarla per giungere ad un effetto.

La paura non è una buona fonte di motivazione per sostenere un’alta performance mentre l’eccitazione

motiva il mantenimento di una forza lavoro leale e fautrice di alte performances.

Ma cosa si intende per persuasione?

La persuasione consiste nell’abilità o nel potere di indurre qualcuno a mettere in atto un’azione o ad

abbracciare un punto di vista utilizzando argomenti e motivazioni efficaci.

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Robert Cialdini definisce la persuasione una “scienza di influenza” e cita sei principi che consentono di

negoziare più efficacemente.

- Autorità. Le persone sono più facilmente influenzate da chi viene da loro percepito come autorità

legittimata e con competenze elevate.

- Coerenza. Le persone generalmente agiscono in modo costante, regolare ed affidabile; uno dei loro

obiettivi è quello di prendere decisioni evitando di apparire deboli o indecise.

- Gradimento. Le persone gradiscono individui che mostrano un apprezzamento nei loro confronti.

Trovare interessi comuni e fornire elogi sono due modi per favorire il gradimento.

- Reciprocità. Se dai qualcosa a qualcuno, egli si sentirà in obbligo di ricambiare.

- Scarsità. Articoli ed opportunità vengono considerate più desiderabili quando divengono meno

disponibili. In negoziazione, l’utilizzo del tempo è molto prezioso e convincere l’altra parte che, per un

momento, si è disposti ad offrire una rara opportunità, può risultare molto utile.

- Prova sociale. Gli individui seguono la guida degli altri imitando il loro comportamento, soprattutto in

situazioni di incertezza o sconosciute.

Come abbiamo visto, l’abilità di negoziare e persuadere, unita alla capacità di resilienza e a quella di

risoluzione dei conflitti, può renderci in grado di gestire efficacemente lo stress e di intraprendere

relazioni professionali che porteranno con più facilità al raggiungimento di obiettivi.

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Bibliografia

- Antonella Delle fave, Marta Bassi, Psicologia e salute, UTET Università, 2007.

- George Kohlrieser, Hostage at the table, Jossey-Bass, 2006.

- Robert B. Cialdini, (2001, February). The science of persuasion. Scientific American.