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TEMI ECONOMICI DELLA SARDEGNA ASSETTI PROPRIETARI E SVILUPPO ECONOMICO IL CASO DEL BANCO DI SARDEGNA Antonio Sassu QUADERNI DI LAVORO CUEC 2007/02

Sassu A. - Il Caso Del Banco Di Sardegna

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Economia bancaria

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T E M I E C O N O M I C I D E L L A S A R D E G N A

ASSETTI PROPRIETARI E SVILUPPO ECONOMICO IL CASO DEL BANCO DI SARDEGNA

Antonio Sassu

QUADERNI DI LAVORO

CUEC

2 0 0 7 / 0 2

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C E N T R O R I C E R C H E E C O N O M I C H E N O R D S U D

( C R E N O S ) U N I V E R S I T À D I C A G L I A R I U N I V E R S I T À D I S A S S A R I

I l C R E N o S è u n c e n t r o d i r i c e r c a i s t i t u i t o n e l 1 9 9 3 c h e f a c a p o a l l e U n i v e r s i t à d i C a g l i a r i e S a s s a r i e d è a t t u a l m e n t e d i r e t t o d a R a f f a e l e P a c i . I l C R E N o S s i p r o p o n e d i c o n t r i b u i r e a m i g l i o r a r e l e c o n o s c e n z e s u l d i v a r i o e c o n o m i c o t r a a r e e i n t e g r a t e e d i f o r n i r e u t i l i i n d i c a z i o n i d i i n t e r v e n t o . P a r t i c o l a r e a t t e n z i o n e è d e d i c a t a a l r u o l o s v o l t o d a l l e i s t i t u z i o n i , d a l p r o g r e s s o t e c n o l o g i c o e d a l l a d i f f u s i o n e d e l l ’ i n n o v a z i o n e n e l p r o c e s s o d i c o n v e r g e n z a o d i v e r g e n z a t r a a r e e e c o n o m i c h e . I l C R E N o S s i p r o p o n e i n o l t r e d i s t u d i a r e l a c o m p a t i b i l i t à f r a t a l i p r o c e s s i e l a s a l v a g u a r d i a d e l l e r i s o r s e a m b i e n t a l i , s i a g l o b a l i s i a l o c a l i . P e r s v o l g e r e l a s u a a t t i v i t à d i r i c e r c a , i l C R E N o S c o l l a b o r a c o n c e n t r i d i r i c e r c a e u n i v e r s i t à n a z i o n a l i e d i n t e r n a z i o n a l i ; è a t t i v o n e l l ’ o r g a n i z z a r e c o n f e r e n z e a d a l t o c o n t e n u t o s c i e n t i f i c o , s e m i n a r i e a l t r e a t t i v i t à d i n a t u r a f o r m a t i v a ; t i e n e a g g i o r n a t e u n a s e r i e d i b a n c h e d a t i e h a u n a s u a c o l l a n a d i p u b b l i c a z i o n i . w w w . c r e n o s . i t i n f o @ c r e n o s . i t

C R E N O S – C A G L I A R I V I A S A N G I O R G I O 1 2 , I - 0 9 1 0 0 C A G L I A R I , I T A L I A

T E L . + 3 9 - 0 7 0 - 6 7 5 6 4 0 6 ; F A X + 3 9 - 0 7 0 - 6 7 5 6 4 0 2

C R E N O S - S A S S A R I V I A T O R R E T O N D A 3 4 , I - 0 7 1 0 0 S A S S A R I , I T A L I A

T E L . + 3 9 - 0 7 9 - 2 0 1 7 3 0 1 ; F A X + 3 9 - 0 7 9 - 2 0 1 7 3 1 2 T i t o l o : A S S E T T I P R O P R I E T A R I E S V I L U P P O E C O N O M I C O I L C A S O D E L B A N C O D I S A R D E G N A I S B N : 9 7 8 - 8 8 - 8 4 6 7 - 4 3 3 - 3 P r i m a E d i z i o n e : D i c e m b r e 2 0 0 7 © CUEC 2007 V i a I s M i r r i o n i s , 1 0 9 1 2 3 C a g l i a r i T e l . / F a x 0 7 0 2 9 1 2 0 1 w w w . c u e c . i t

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ASSETTI PROPRIETARI E SVILUPPO ECONOMICO

IL CASO DEL BANCO DI SARDEGNA

Antonio Sassu

Università degli Studi di Cagliari

Dicembre 2007 [email protected]

Abstract Analogamente a quanto avvenuto recentemente nel sistema bancario meridiona-le, anche il Banco di Sardegna, unico gruppo bancario della regione, è stato ac-quistato nel 2001 da una banca del nord. Quale è stata la performance del Banco di Sardegna dopo l’acquisizione? In particolare, quale è stato il contributo allo sviluppo economico regionale? Il lavoro tenta di rispondere a queste domande, ponendo in evidenza la strategia seguita nel territorio, dove il Banco ha svolto da sempre un ruolo di riferimento. Keywords: Assetti proprietari, Sistema bancario, Sviluppo economico, Banco di Sardegna

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1. Introduzione∗ La proprietà del sistema bancario meridionale è profondamente cam-biata nell’ultimo quindicennio. Oggi gli assetti proprietari di tutte le più grandi banche e di una parte delle piccole banche locali del mez-zogiorno sono di istituti di credito del nord. Ciò ha determinato varie conseguenze oggetto di discussioni e di interpretazioni non sempre coincidenti.

Anche la Sardegna ha seguito la sorte del meridione d’Italia e at-tualmente il sistema bancario regionale appartiene a gruppi del nord. Questo è avvenuto nel tempo, ma prevalentemente nel marzo del 2001, quando il Banco di Sardegna è passato sotto il controllo di una banca settentrionale. A distanza di sei anni è possibile fare qualche considerazione sul nuovo corso, benché il periodo sia ancora breve.

Obiettivo del lavoro è esaminare il caso del Banco di Sardegna dal 2001 fino al 2006. È un caso di studio interessante perchè il Banco di Sardegna, unico gruppo bancario locale, ha avuto un ruolo di riferi-mento nell’economia dell’isola. Pertanto è possibile vedere come il nuovo assetto proprietario ha influito sulla performance aziendale e sullo sviluppo economico regionale. In particolare, c’è stato un cam-biamento e soprattutto un contributo a favore dell’economia regiona-le? E in che direzione? Sono le domande principali che ci poniamo.

L’articolo si divide in sei parti. Nel secondo paragrafo si esamina-no brevemente le conseguenze che si sono verificate a seguito delle recenti trasformazioni del sistema bancario nazionale e meridionale. Nel terzo e quarto paragrafo si vedrà cosa è successo al Banco di Sardegna con l’esame dell’evoluzione di alcune variabili fondamenta-li, in particolare con lo studio dell’efficienza e della redditività. Nel quinto paragrafo si esaminerà la politica degli impieghi e della raccol-ta. Nel sesto paragrafo si tenterà di dare una spiegazione a quanto è avvenuto e si elaborerà un modello teorico interpretativo. Da ultimo, nel settimo paragrafo, si trarranno alcune conclusioni.

∗ Ringrazio i professori Luigi Guiso e Piero Alessandrini per gli utili

commenti ad una precedente stesura e Sergio Loi per l’assistenza tecnica. La responsabilità del lavoro, ovviamente, è solo mia.

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2. Le trasformazioni avvenute nel sistema bancario nazionale Per capire quanto è avvenuto nel nostro sistema bancario è sufficien-te, oltre che rimandare alla letteratura corrente (Panetta, 2004; Bon-gini-Ferri, 2005), dare uno sguardo alla seguente tavola

Tabella 1

Struttura del sistema bancario nazionale Anno Banche Sportelli

1994 965 23.000 2006 793 32.338

Fonte: Banca d’Italia

Dal punto di vista dei numeri la trasformazione è radicale soprat-tutto per quanto riguarda gli sportelli che sono stati liberalizzati. Maggiore, però, è il cambiamento avvenuto nel meridione d’Italia in cui è mutata in larga parte la proprietà delle principali banche appar-tenenti ora a gruppi bancari del nord1.

Tabella 2

Struttura del sistema bancario meridionale (Banche con sede legale)

Anno Banche Sportelli

1996 264 5.578 2006 149 7.017

Fonte: Banca d’Italia In generale i risultati sull’efficienza2, prendendo come indicatori il

cost/income ratio, la percentuale delle sofferenze e, in qualche misura, il Roe, sono positivi. Ciò si verifica per tutto il settore bancario italiano

1 Oltre ai tre istituti bancari conosciuti Banco di Napoli, Banco di Sicilia

e Banco di Sardegna, ci riferiamo alle principali Casse di Risparmio, come la Cassa di Risparmio della Puglia, la Cassa di Risparmio di Calabria e la Sicil-cassa.

2 Diversi sono i concetti di efficienza che possono essere adottati (Luc-chetti, Papi, Zazzaro, 2001). Noi ci limitiamo semplicemente ad alcune va-riabili forse non perfette dal punto di vista scientifico, ma che possono esse-re subito comprese.

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e, in modo particolare, per il meridione. Più controverso è il contri-buto dato allo sviluppo economico delle regioni meridionali dalle banche del nord che hanno acquisito la proprietà o il controllo di banche del sud. Le posizioni assunte dagli studiosi sono spesso non coincidenti. Si può dire certamente che, nonostante sia diminuito il numero delle banche, la concorrenza è aumentata. Infatti nel settore bancario la concorrenza avviene attraverso gli sportelli (Banca d’Italia, 2005), e questi sono cresciuti, sul piano nazionale, del 40,6% nel periodo 1994-2006. Nel mezzogiorno, seppure non siano aumen-tati come al nord, c’è stato un incremento del 25,8% in dodici anni. Così, all’ampliarsi dei mercati e all’aumentare degli sportelli nel terri-torio meridionale, il gap fra i tassi attivi di interesse del nord e del sud, che generalmente si aggirava intorno ad oltre il 2%, si è forte-mente ristretto fino a scendere oggi a quasi l’1% (Banca d’Italia, 2005). La redditività e la stabilità delle imprese acquisite sono cresciu-te. La cultura finanziaria della popolazione è cambiata. È vero che è aumentato il prezzo delle commissioni, e ciò ne influenza il peso per-centuale nell’attività della banca, ma l’offerta bancaria è diventata più varia e articolata, per cui pure i risparmiatori hanno avuto maggiore possibilità di scelta. Non c’è da stupirsi, quindi, che l’incidenza del margine di interesse sul margine di intermediazione si sia ridotta a dimostrazione che le commissioni sui vari prodotti sono diventate più importanti.

Altri punti sono più controversi e le posizioni sono spesso con-traddittorie. Ci sono coloro che ritengono che il sistema bancario meridionale sia notevolmente cresciuto in efficienza e dinamismo soprattutto per il comportamento delle imprese bancarie del nord (Mattesini, Messori, 2004), non escludendo comunque la permanenza di vari problemi; quelli che, al contrario, pensano ad un depaupera-mento dell’economia meridionale soprattutto per la diminuzione dei crediti erogati alle imprese e la cancellazione di alcune competenze professionali (Giannola, 2002; Busetta, 2007); coloro che vedono a-spetti positivi (per esempio, la maggiore efficienza, misurata come si diceva sopra), e aspetti negativi, soprattutto per quanto riguarda gli interessi dell’economia meridionale (Alessandrini, 2001; Alessandrini, Zazzaro, 1999; Alessandrini, Papi, Zazzaro, 2003; Alessandrini, Cro-ci, Zazzaro, 2005). Per nessuno degli studiosi, comunque, le trasfor-mazioni avvenute hanno risolto il problema del sistema economico e produttivo del meridione.

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Vediamo cosa è successo nel caso del Banco di Sardegna. Esso è importante perché, nel 2001, quando è stato acquistato da una banca del nord, aveva un ruolo importante nell’economia sarda, non solo per il numero di sportelli dislocati in tutta l’isola, ma anche per quan-to riguarda gli impieghi e la raccolta. Era, in molte aree, il monopoli-sta del settore che ha sempre accompagnato lo sviluppo economico dell’isola e veniva considerato come una istituzione pubblica. L’acquisto del Banco di Sardegna ad opera di esterni ha comportato la scomparsa dell’unico gruppo bancario locale esistente in Sardegna e oggi, ad esclusione di due piccolissime banche, con 6 sportelli, tutto il sistema bancario regionale ha una gestione extraisolana. La deisti-tuzionalizzazione, prima, e la gestione esterna del Banco di Sardegna, poi, rappresentano un fatto che ha ripercussioni sull’economia regio-nale (Busetta, 2007).

In che misura la trasformazione ha influito sulla performance a-ziendale e sullo sviluppo economico regionale? Vediamo alcuni indi-catori che ci permettono di avere una prima idea.

3. Alcuni indicatori del Banco di Sardegna L’efficienza e la solidità Un indicatore dell’efficienza e, allo stesso tempo, della solidità della banca è dato dalla percentuale delle sofferenze. Dell’efficienza, per-ché ciò rappresenterebbe una più attenta valutazione del merito di credito, della solidità perché starebbe a indicare che la banca è in gra-do, tenuto presente le perdite nell’attività di erogazione del credito, di far fronte immediatamente a tutti gli impegni. Nel periodo esaminato il rapporto sofferenze/impieghi è andato continuamente diminuendo nel tempo, tranne che nell’ultimo anno, e ciò starebbe a significare un miglioramento delle condizioni di efficienza della banca. Tuttavia, ciò potrebbe essere il risultato di una più selettiva strategia di concessio-ne dei crediti per cui le sofferenze sono diminuite. La tendenza alla diminuzione si è registrata in tutta l’Italia perché è cambiata la politi-ca del credito, perché è mutata la cultura economica e finanziaria con l’esigenza generalizzata di un risanamento. D’altra parte il gap fra le sofferenze del nord e quelle del sud è rimasto pressoché costante per cui alcuni studi econometrici hanno concluso che le sofferenze non dipenderebbero dalle differenze economico-ambientali, semmai dalla formazione professionale delle banche, e, quindi, dalla diversa valu-tazione del merito di credito delle banche meridionali (Giordano, Lopes, 2006). Non si vuole entrare nel merito del problema, però,

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qualunque sia l’interpretazione più corretta si può dire che è migliora-ta la condizione economica della banca.

Figura 1

Sofferenze lorde e nette. Banco di Sardegna. Anni 2000-2006

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

16,0

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

%

sofferenze lorde sofferenze nette

Fonte: Elaborazioni su dati Banco di Sardegna

Un confronto con le sofferenze dell’intero sistema bancario re-gionale (compreso, quindi, il Banco di Sardegna), ci può dare spunti per una ulteriore riflessione. Se diamo uno sguardo a ciò che è suc-cesso presso le altre banche della regione, ci rendiamo conto che es-se, dopo il 2004 appaiono più virtuose del Banco di Sardegna. I dati non sono facilmente paragonabili perché in quell’anno c’è stata una grande operazione di cartolarizzazione da parte di una banca sarda, ma ciò non si può dire per gli anni successivi. Nel 2005-06 il Banco di Sardegna ha sofferenze di gran lunga superiori al sistema e in asce-sa rispetto al suo stesso comportamento degli anni precedenti. Non abbiamo i dati relativi ai comportamenti delle diverse branche degli istituti bancari limitatamente alla Sardegna ma, considerato il peso del Banco nell’economia regionale, si può dire che essi hanno risultati decisamente migliori negli ultimi due anni e comunque con tendenza decrescente.

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Tabella 3

Sofferenze lorde del Banco di Sardegna e del sistema bancario regionale Anno Banco di Sardegna Sistema regionale

2000 13,9 14,6 2001 11,7 13,6 2002 10,6 12,4 2003 10,4 11,9 2004 10,3 11,0 2005 9,3 7,2 2006 10,4 6,8

Fonte: Banco di Sardegna e Banca d’Italia La tavola 3 è molto significativa in quanto evidenzia il diverso

comportamento del Banco e del sistema bancario regionale nel con-cedere i crediti. Questo conferma che il Banco di Sardegna non ha una valutazione del merito di credito più efficiente rispetto alle altre banche e che la diminuzione delle sofferenze descritta è il risultato della politica più selettiva. Anzi, la nuova gestione potrebbe avere a-vuto, paradossalmente, una incidenza sul sistema bancario regionale più elevata rispetto al passato.

Se, per ipotesi non tanto remota dalla realtà, il Banco di Sardegna prima dell’acquisizione seguiva la tendenza del mercato regionale (cioè, al variare delle sofferenze regionali variavano nello stesso senso anche le sofferenze del Banco), ora il suo comportamento divergen-te avrebbe una influenza negativa sulla media complessiva del siste-ma bancario. Per rendere le cose più chiare prendiamo la tavola 4 dove è stato calcolato quello che viene chiamato il dif-in-dif.

Tabella 4

Sofferenze lorde del Banco di Sardegna e del sistema bancario regionale. Differenze.

Anno Banco di Sardegna Sistema regionale Dif

2001 11,7 13,6 -1,9 2006 10,4 6,8 3,6 Dif -1,3 -6,8 5,5 (dif-in-dif)

Fonte: Banco di Sardegna e Banca d’Italia

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Ciò che si ottiene è l’effetto della nuova gestione del Banco di Sardegna. In questo caso, secondo questa tesi, il Banco, con il suo comportamento, avrebbe fatto aumentare le sofferenze medie del 5,5%, pertanto, con risultati peggiori da parte del sistema bancario regionale. Comunque, in ultima analisi, si deve dire che la diminuzio-ne delle sofferenze ha determinato una notevole solidità della banca, che è ora patrimonialmente attrezzata a stare bene sul mercato. Il rapporto fra costi operativi e margine di intermediazione (il così det-to cost/income ratio) è fortemente aumentato (Fig.2). A seguito del decremento del numero dei dipendenti, tenuto presente l’incidenza del costo del lavoro sul costo totale, esso dovrebbe essere diminuito. Ciò non si è verificato. Evidentemente i costi sono cresciuti più dei ricavi. Su questi avremo modo di soffermarci più a lungo. Per il mo-mento, se il cost/income ratio è sinonimo di efficienza, possiamo di-re che al Banco di Sardegna questa è diminuita. Peraltro, questi risul-tati sono in linea con quelli ottenuti spesso dalla letteratura estera (Ravenscraft, Scherer, 1987) e da quella italiana (Benfratello, 1999) riferiti, in gran parte, al settore industriale. Per quanto riguarda l’esperienza del sistema bancario, i risultati americani (Berger, Dem-setz, Strahan, 1999) e italiani (Focarelli, Panetta, Salleo, 2002) pongo-no in evidenza l’assenza di effetti sulla struttura operativa dei costi. Questa era superiore a quella delle altre banche, prima, rimane supe-riore anche dopo: non c’è una influenza in tal senso.

Figura 2

Cost/income ratio

50

55

60

65

70

75

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

%

BANCO Banche regionali Banche medie

Fonte: Elaborazioni su dati della matrice dei conti

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Così il cost/income ratio è sempre più alto di quello delle banche medie e regionali, nella cui categoria rientra il Banco di Sardegna, ma queste registrano una tenuta sostanziale nell’intero periodo e una leggera diminuzione nel caso delle banche medie. Il Banco, invece, subisce un rincaro del costo del lavoro non sufficientemente com-pensato dai ricavi. Ne consegue un balzo verso l’alto del valore del rapporto, che ha avuto il suo apice nel 2004-05 (Fig.2).

Da questo punto di vista, conformemente ai risultati illustrati, il nuovo assetto proprietario e la nuova gestione del Banco non hanno determinato una maggiore efficienza. L’obiettivo fondamentale della banca acquirente è la conquista di nuove quote di mercato (Berger et al., 1999) e la ristrutturazione del portafogli degli impieghi (Focarelli, Panetta, Salleo, 2002; Sapienza, 2002; Alessandrini, Calcagnini, Zaz-zaro, 2006), che, nel caso esaminato, è stato conseguito. Certamente sul valore del rapporto ha influito il fatto che nel 2004 c’è stata la “migrazione” della piattaforma tecnologica verso il sistema informa-tico della capogruppo che ha comportato dei costi, ma in generale possiamo dire che non si è verificata una maggiore efficienza in tutto il periodo esaminato. Il rapporto cost/income non ha accennato a scendere al di sotto della linea delle altre banche e ancora nel 2006 era molto alto, seppure tendente a decrescere, come, peraltro, nella generalità dei casi.

Occupazione e produttività L’occupazione è fortemente diminuita. In sei anni si è passati da 2.996 a 2.641 unità lavorative e la tendenza è in costante discesa. Non deve destare meraviglia, pertanto, che la produttività sia aumen-tata. Con la diminuzione del numero dei dipendenti, l’attività viene ripartita fra un numero più ristretto di unità lavorative3, perciò deve esserci un incremento della produttività. Ma ciò non vuol dire che sono migliorate le tecniche produttive e le caratteristiche di organiz-zazione del lavoro. La tavola 5 riporta la produzione, in termini di fondi intermediati, il numero dei dipendenti e la produttività per il periodo 2000-2006. L’aumento della produttività è dipeso essenzial-mente dalla riduzione dell’occupazione che ha influito sull’attività più degli altri fattori come, per esempio, la dotazione delle attrezzature e il miglioramento dell’organizzazione, la crescita della dimensione del

3 E’ il metodo operativo più semplice con cui la produttività viene calco-

lata in banca.

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mercato. Più precisamente, si è proceduto a stimare prima la produt-tività effettiva nel 2006 a prezzi costanti (base 1995= 100), poi a cal-colare la produttività tenendo immutata l’occupazione del 2000. Si è ottenuto così l’effetto della diminuzione dell’occupazione e della va-riazione degli altri fattori. Il risultato finale è che l’aumento della pro-duttività è da attribuire nella percentuale del 76,34 % alla riduzione dell’occupazione e del 23,66 % agli altri fattori.

Tabella 5

Produzione e produttività a prezzi costanti. Banco di Sardegna. Milioni di euro

Anno Produzione a prezzi

Costanti 1995 Produttivita a prezzi

Costanti Dipendenti

2000 8579,09 2,86 2996 2001 9281,84 3,16 2935 2002 9446,87 3,28 2878 2003 9841,92 3,49 2824 2004 9521,10 3,45 2760 2005 9141,87 3,33 2743 2006 8952,12 3,39 2641

Fonte: Elaborazioni su dati Istat e Banco di Sardegna D’altra parte, se diamo uno sguardo alla figura 3, ci rendiamo conto che abbiamo peggiorato la nostra situazione rispetto ai più diretti concorrenti.

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Figura 3

Fondi Intermediati su numero di dipendenti

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

6,0

6,5

7,0

7,5

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

milio

ni d

i eur

o

BANCO Banche regionali Banche medie (mediana)

Fonte: Matrice dei conti

La produttività, sempre misurata in termini di fondi intermediati, è inferiore per tutto il periodo a quella delle banche regionali e di pari dimensione. Non solo, la figura 3 ci mostra che la crescita del Banco di Sardegna è più lenta. Le banche medie registrano dal 2000 al 2006 una crescita del 44,9%, quelle regionali del 43,5%, mentre quella del Banco solo del 34,9%. Con riferimento a questo aspetto la trasfor-mazione avvenuta non ha prodotto i risultati attesi e va ampliandosi il gap produttivo con il resto del sistema bancario italiano.

4. Creazione di valore Rappresenta il principale obiettivo della banca. Il Banco di Sardegna ha visto i profitti aumentare nel tempo passando da un periodo in cui l’utile era negativo ad una cifra record registrata nel 2006. I dati sono riportati di seguito.

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Figura 4

Utile netto. Banco di Sardegna. Milioni di Euro

-40,0

-20,0

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Mili

oni d

i Eur

o

Fonte: Banco di Sardegna, Bilanci d’esercizio

Va detto che, a parte le plusvalenze dovute alla vendita di alcune

proprietà del Banco, l’aumento dell’utile, a partire dal 2004 quando esso diventa più consistente, si deve in qualche misura all’aumento del prezzo delle commissioni. Queste passano fra il 2003 e il 2004 da una percentuale del margine di intermediazione del 12,8% al 19,4% e ancora, nel 2005, al 21,4%. Ciò è perfettamente in linea con quanto espresso in letteratura nel caso di fusioni (Focarelli, Panetta, Salleo, 2002). In questo caso, anche se non si tratta di fusione, fra le diverse politiche adottate c’è la vendita di prodotti della capogruppo in tutti gli sportelli della banca acquisita. E’ normale pertanto la diversa composizione del margine di intermediazione avvenuta come aumen-to del prezzo delle commissioni e come variazione dell’offerta banca-ria, che ha determinato una domanda di prodotti più avanzati. Nel 2006, tuttavia, il margine di interesse, che nel frattempo incide mag-giormente nella formazione del margine di intermediazione (75,4%), torna ad avere il peso precedente al 2000. I dati del margine di inte-resse e delle commissioni nette sono illustrati nella tavola 6.

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Tabella 6 Formazione % del margine di intermediazione

Anno Margine di interesse Commissioni nette

2000 71,3 13,7 2001 70,6 11,3 2002 65,4 11,3 2003 67,7 12,8 2004 67,2 19,4 2005 75,9 21,4 2006 76,4 18,2

Fonte: Elaborazioni su dati del Banco di Sardegna

Avviene quindi, seppure in maniera limitata, un’opera di ristruttura-zione della banca. L’attività principale rimane in ogni caso il retail da cui si ricava gran parte degli utili. Anzi, si può dire che quando il tas-so di interesse è alto, lo è anche il margine di interesse e così pure il profitto e viceversa.

Ciò che è importante, però, ai fini dell’accertamento della redditi-vità dell’impresa è il Roe. Per il Banco, in genere, esso è relativamen-te basso, se si escludono gli anni in cui è aumentato per via delle plu-svalenze, e varia nel tempo. Questa situazione rispecchia la condizio-ne economica del mercato regionale e in qualche modo spiega perché esso è sempre più basso di quello delle banche medie e delle banche regionali. Se si prende in considerazione questo aspetto, il valore del Roe non desta meraviglia. Si può notare, comunque, che esso è au-mentato negli ultimi anni per effetto dell’aumento del tasso di inte-resse a livello nazionale e internazionale.

Il valore del Roe è riportato nel grafico seguente (Fig. 5).

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Figura 5

Risultato di esercizio su capitale e riserve (ROE)

-6

-4

-2

0

2

4

6

8

10

12

14

16

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

%

BANCO Banche regionali Banche medie

Fonte: Elaborazione su dati della matrice dei conti

È soprattutto l’aumento del tasso di interesse che fa crescere il numeratore del rapporto e ciò per una variazione esogena e di breve periodo, mentre il Banco avrebbe bisogno di una chiara strategia di lungo periodo. Esso deve essere meno instabile, poi deve venire da una politica di razionalizzazione programmata e, se possibile, con-cordata.

5. Contributo allo sviluppo economico Il contributo allo sviluppo economico è, a parere di molti, il secondo degli obiettivi che un istituto bancario deve porsi. La letteratura sull’argomento (Rajan, Zingales, 1998; King, Levine, 1993; Levine, 2004; Guiso, Sapienza, Zingales, 2004a) è vasta e ben conosciuta, pertanto non è necessario soffermarsi. Si è detto che si è concordi nell’affermare che il contributo dato dalle banche del nord non ha risolto i problemi dell’economia meridionale, anzi, esso è molto limi-tato e normalmente inferiore a quello delle banche locali (Butzbach, Lopes, 2006).

Il caso del Banco di Sardegna è piuttosto chiaro, considerato an-che il peso che esso ha nell’economia regionale. Un suo cambiamen-to di strategia viene avvertito immediatamente dal mercato. Natural-mente ci sono diversi modi in cui un istituto bancario può dare un

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proprio contributo allo sviluppo economico, ma il sistema più evi-dente ritengo sia la concessione di credito alle imprese. Pertanto, la prima cosa da esaminare è la quota degli impieghi nel sistema regio-nale. Intanto, le condizioni sono cambiate nel tempo. In Sardegna oggi sono presenti 32 banche e gli sportelli sono 684 rispetto ai 636 del 1998. La concorrenza è fortemente mutata e tutte le banche, so-prattutto quelle esterne, operano aggredendo le quote di mercato del Banco. Data la posizione di vantaggio di questo, se esso è efficiente e offre gli stessi servizi delle altre banche, si troverebbe nella condizio-ne di privilegio.

Se c’è una diminuzione della quota degli impieghi del Banco ciò significa che le altre banche operanti nel territorio regionale hanno accresciuto gli impieghi ad un ritmo maggiore, sono state, perciò, più propulsive e hanno investito di più. Ciò può essere il risultato di una strategia (per esempio, una concessione più selettiva del credito), oppure, ferma rimanendo la politica creditizia, una diversa efficienza nella selezione del merito di credito o, infine, una diversa qualità dei servizi. Nell’uno o nell’altro caso si perdono quote di mercato e si dà un contributo minore allo sviluppo economico della regione. Questo si può vedere empiricamente nel complesso del sistema economico e in diversi settori. Prendiamo, innanzitutto, gli impieghi.

Figura 6

Quota impieghi netti per forme tecniche. Banco di Sardegna. Anni 1999 - 2006

20,0

22,0

24,0

26,0

28,0

30,0

32,0

34,0

36,0

38,0

40,0

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Mutui Totale impieghi netti Fonte: Elaborazioni su dati Banco di Sardegna

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Il totale degli impieghi è diminuito di oltre cinque punti percen-tuali e i mutui di ben 11 punti. Soprattutto la performance dei secon-di balza agli occhi perché le sofferenze in questo settore sono basse rispetto agli altri, pertanto non c’è una giustificazione economica ed è certamente il risultato di una politica ad hoc. Quale sia la logica di questo comportamento non è mai stata esplicitata. Una spiegazione potrebbe essere che, non avendo la capogruppo un know-how in questo settore, non ci fosse un grande interesse a investire nei mutui. Può avvenire che essa trovi più conveniente far trasferire la liquidità e utilizzarla in mercati in cui il rendimento è maggiore e garantisce una crescita dell’attività. Si espande l’impresa capogruppo e aumenta il potere del management su cui si basa anche la stabilità del vertice. A parte questo fatto, la diminuzione della quota degli impieghi globa-li da parte del Banco di Sardegna sta ad indicare una minore atten-zione data all’economia isolana e un più basso investimento nei set-tori produttivi. È molto indicativa la figura 7 che registra la strategia della banca nella concessione del credito. Fra i diversi settori presi in considerazione è aumentata solo la quota degli impieghi dati alle so-cietà finanziarie, cioè, in gran parte, alla capogruppo.

Questi, si sa, sono poco remunerativi per la banca che li concede, tuttavia sono convenienti in una logica di gruppo. L’impresa capo-gruppo può infatti investire la liquidità con rendimenti più alti e, co-munque, meno rischiosi che nel territorio regionale. Parte della liqui-dità, pertanto, e in misura crescente nel tempo, viene investita nell’interbancario piuttosto che nella regione. L’impresa capogruppo cresce di conseguenza e con essa, naturalmente, il potere del management (Marris, 1966; Golinelli, 2000).

Corrispondentemente, non c’è un altrettanto incremento alle so-cietà non finanziarie, cioè alle imprese, alle famiglie e alla Pubblica Amministrazione, in genere, al territorio.

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Figura 7

Quota impieghi lordi per settore economico della controparte. Banco di Sardegna. Anni 1999 – 2006

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

100,0

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Amm. pubbliche Famiglie Società non finan. Società finanziarie

Fonte: Matrice dei conti

Se prendiamo in considerazione i settori produttivi per i quali il

Banco era nato, in particolare l’agricoltura, si vede maggiormente la politica creditizia del nuovo corso. La quota di mercato va progressi-vamente diminuendo, passando dal 57,9% del 2000 al 48,5% nel 2006 (Tav. V in appendice). Non è un problema di carenza di liquidi-tà ma la volontà di procedere, seppure lentamente, a liberare risorse da destinare altrove.

C’è un’altra considerazione che potrebbe essere illuminante. Uno degli indicatori presi in esame per analizzare il contributo del sistema bancario ad un determinato territorio è il rapporto fra gli impieghi e il Pil. In che misura il sistema bancario regionale finanzia la produzione del valore aggiunto? Tenuto presente che gli impieghi hanno implica-zioni sull’attività congiunturale e strutturale è chiaro che la loro inci-denza si ripercuote sull’economia del territorio. Orbene, da una anali-si dei dati a disposizione si possono dire due cose. La prima riguarda la scarsa incidenza del sistema bancario regionale nella produzione del Pil. Se confrontiamo nella figura 8 il valore degli impieghi sul Pil, con riferimento alla Sardegna, al Mezzogiorno e all’Italia, ci rendiamo conto quanto la finanza regionale contribuisce allo sviluppo del terri-torio (Padovani, 2002). Di fronte ad un valore che nel 2006 ha supe-rato per l’Italia il 92%, in Sardegna abbiamo un valore intorno al

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59%. La differenza è enorme e dimostra quanto è poco avanzato il nostro sistema bancario e produttivo.

Figura 8

Rapporto tra Totale impieghi lordi e Pil

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Banco di Sardegna Altre Banche Sardegna Mezzogiorno Italia

Fonte: Matrice dei conti La seconda cosa riguarda il comportamento del Banco di Sarde-

gna il cui dato è inferiore a quello del sistema. Mi riferisco al saggio di crescita del rapporto impieghi/Pil (Tavola 7), che mette in eviden-za la strategia perseguita nella concessione degli impieghi rispetto alla produzione realizzata nell’economia. Il sistema bancario regionale ha investito nei settori produttivi più del Banco di Sardegna. Peraltro, i saggi di crescita negativi ad opera del Banco avvengono subito dopo l’inizio della nuova gestione. La letteratura (Focarelli, Panetta, Salleo, 2002; Alessandrini, Presbitero, Zazzaro, 2006) ha ben messo in evi-denza il razionamento del credito che opera subito dopo che la banca acquirente conquista il controllo. C’è certamente una ristrutturazione dei crediti dubbi ma anche maggior selezione nella politica del credi-to, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese (Sapienza, 2002). Precisamente i saggi di crescita sono i seguenti.

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Tabella 7

Saggi crescita del rapporto impieghi lordi e Pil

Periodo Banco di Sardegna Altre Banche regionali

dic-01 -0,75 1,03 dic-02 -2,04 2,81 dic-03 -2,74 -1,53 dic-04 1,51 7,95 dic-05 1,29 4,43 dic-06 3,53 7,00

Fonte: Matrice dei conti C’è anche una risposta al Banco da parte della comunità regionale.

Prendiamo in considerazione la raccolta diretta. La quota di mercato subisce una continua diminuzione a partire dal 2003, in particolare dal momento in cui si verifica la “migrazione” della piattaforma tec-nologica verso il software e l’informatica della capogruppo.

Figura 9

Quota raccolta diretta. Banco di Sardegna. Anni 1999 - 2006

40,0

42,0

44,0

46,0

48,0

50,0

52,0

54,0

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Depositi Obbligazioni Raccolta Totale diretta

Fonte: Matrice dei conti

Diversa, più correttamente, di segno opposto, è la situazione della raccolta indiretta in cui si registra un costante incremento dovuto al

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comportamento dei risparmiatori sardi nei confronti della borsa e ti-toli di stato, in parte, in compensazione della raccolta diretta.

6. Interpretazione dei risultati Se è chiaro che la solidità, misurata dal patrimonio di sorveglianza, è cresciuta e la percentuale delle sofferenze ha seguito una tendenza decrescente conformemente con quanto è avvenuto per il sistema bancario nazionale e meridionale, più controversa appare la situazio-ne per ciò che riguarda il cost/income ratio e il contributo che viene dato al sistema economico. Vediamo con più dettaglio i due fatti.

Il cost/income ratio è in crescita fino al 2005, poi comincia a de-crescere ma è molto distante dalle banche medie e regionali. Ciò in-dica chiaramente un deterioramento dell’attività bancaria considerato che nel frattempo è diminuita l’occupazione. L’interpretazione che viene data si può ricondurre a un duplice aspetto. Da una parte, la lenta crescita dei ricavi dovuta agli impieghi nell’interbancario dove i rendimenti pagati sono meno elevati che nel territorio; dall’altra, la crescita dei costi, in particolare di quelli amministrativi, conseguenza della organizzazione aziendale. In entrambi i casi il Banco di Sarde-gna ha registrato una performance inferiore a quella della gestione precedente. Per alcuni versi c’è stata una crescita dell’efficienza (si pensi al tempo necessario per l’espletamento delle pratiche, ora note-volmente ridotto) ma i ricavi non sono aumentati nella stessa misu-ra dei costi. I dati dimostrano chiaramente che non è cresciuta la cul-tura dell’azienda.

Il secondo aspetto riguarda gli interessi sociali o della collettività che sono, a mio parere, altrettanto evidenti e chiari, soprattutto nel ruolo che il Banco esercita nell’economia dell’isola. Purtroppo il con-tributo dato all’economia locale è molto limitato, almeno se dobbia-mo esprimere un giudizio sulla base della diminuzione delle quote di mercato. Anche se prescindiamo dai mutui, la quota dei crediti alle imprese e alle famiglie è andata diminuendo nel tempo. Si registra una leggera ripresa nel 2006 per i crediti alle imprese ma la banca è ben lontana dal dinamismo di cui l’economia ha bisogno e comunque è distante dalle quote che aveva prima dell’attuale gestione.

La letteratura pone in evidenza che se le acquisizioni avvengono ad opera di imprese bancarie che stanno fuori del territorio (acquisi-zioni out the market), diminuisce normalmente la quota degli impie-ghi verso le imprese, soprattutto piccole e medie, mentre aumenta la

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quota degli impieghi nel caso di acquisizioni in the market (Sapienza, 2002; Mattesini, Messori, 2004). Per il Banco di Sardegna quanto è avvenuto non è altro che la conferma di ciò che si trova in letteratu-ra. Essendo il mercato più ampio, la liquidità viene impiegata laddove il rendimento è più elevato. Siccome il mercato del nord offre un rendimento maggiore e registra un rischio minore, la banca capo-gruppo vi trasferisce regolarmente la liquidità. Ci sono, inoltre, ordini di “scuderia”. Non è possibile vendere a concorrenti sullo stesso mercato, seppure il tasso pagato è superiore a quello della capogrup-po.

Credo che ciò possa essere espresso in maniera molto semplice facendo ricorso alla teoria economica. Prendiamo due mercati finan-ziari che denotiamo con nord e sud indicati rispettivamente nella par-te sinistra e destra del grafico sottostante (Fig. 10). Per semplicità, ci sono solo due imprese bancarie, una del nord, An con il rendimento rn e l’altra del sud, As con il rendimento rs. Il rendimento rn > rs non solo perchè il nord è più sviluppato del sud ma anche perché il ri-schio (cioè le sofferenze) è minore. A parte la diversa intercetta delle curve, in questi mercati vige il principio generale dei rendimenti de-crescenti per cui sull’asse delle ordinate avremo il rendimento delle banche funzione decrescente del risparmio concesso R, indicato sull’asse delle ascisse. La linea εε sta ad indicare il tasso di interesse che si forma sul mercato interbancario. Ad esso le imprese ricorrono in maniera diversa. L’impresa del nord considera la linea εε come la linea del costo, quindi il suo equilibrio viene stabilito nel punto di in-contro fra la curva dei rendimenti e il tasso di interesse del mercato interbancario. La banca del sud, invece, non considera εε la linea del costo (non ha bisogno di approvvigionarsi dal mercato interbancario; essendo “liquida”, è un contribuente netto di risparmio, che raccoglie in eccesso dal territorio), bensì la curva C che, per ipotesi, viene con-siderata costante e che rappresenta il tasso d’interesse passivo pagato dalla banca alla sua clientela. La curva εε rappresenta per As un ren-dimento alternativo al rendimento derivante dall’impiego territoriale. Ci ricorre quando la curva rs incontra C, oltre questo punto, cioè, quando raccoglie liquidità in eccesso rispetto alla quantità necessaria a finanziare i progetti che ritiene validi, investe nel mercato interban-cario ottenendo εε. Diversa è la situazione di An che deve ricorrere sempre al mercato interbancario per approvvigionarsi.

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Figura 10

Prima dell’acquisizione

Ammettiamo ora che la legge e le istituzioni incoraggino

l’acquisizione o la fusione all’interno del settore bancario. Banche del nord acquisiscono banche e sportelli del sud. Cosa succede?

Si danno due casi. Il primo è che l’impresa acquisita non manten-ga la propria personalità giuridica. L’acquisto comporta la fusione e la realizzazione di una sola rete distributiva e un unico mercato per l’impresa acquirente. Questa distribuisce il risparmio secondo il ren-dimento, cioè, prevalentemente al nord. Alla banca acquisita, che ora niente altro è che una rete di sportelli, non è più permesso che il ren-dimento vada al di sotto del tasso interbancario e la stessa banca ac-quirente può disporre del risparmio che precedentemente acquistava nel mercato.

Il secondo caso, invece, prevede che la banca acquisita mantenga la propria personalità giuridica, in parte perché, per motivi di imma-gine, è preferibile dalla capogruppo, in parte perché così ritengono opportuno altri azionisti. In tal caso, o perché il controllo della capo-gruppo lo impone come strategia, o perché il mercato interbancario del risparmio è più conveniente del rendimento nel proprio territorio, il risparmio va al nord. Il nuovo equilibrio si realizza nel punto in cui c’è un incontro delle tre curve, il rendimento rn, il rendimento rs e la

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linea εε, come indicato nella figura 11. Il risultato ultimo è un aumen-to degli impieghi al nord e una diminuzione al sud, mentre si verifica un aumento complessivo degli utili per le imprese del nord e del sud. Diverso è il risultato per il territorio: più impieghi al nord e meno al sud, o, messo in altri termini, più impieghi da parte della capogruppo e meno da parte dell’impresa partecipata.

Figura 11

Dopo l’acquisizione

Questo comportamento è spiegabile da un punto di vista logico? In generale, gli obiettivi dell’impresa bancaria sono visti in maniera differente dagli amministratori della banca acquirente e della banca acquisita. È stata data importanza alla prossimità (oppure alla distan-za) operativa che ha aumentato il numero degli sportelli e ha accre-sciuto la concorrenza, ma ci sono altri concetti di distanza che sono più rilevanti. Facciamo riferimento al concetto di distanza funzionale (Petersen, Rajan, 2002; Carling, Lundberg, 2005; Degryse, Ongena, 2005) che presenta diverse interpretazioni. Innanzitutto quella fisica, data dalla distanza in km., poi quella socio-economica in cui si consi-dera il livello di sviluppo del territorio e quella strategica in cui conta il modo di ragionare delle “teste” pensanti (Alessandrini, Presbitero, Zazzaro, 2006) . Sono soprattutto i due ultimi concetti che hanno

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rilievo ai nostri fini. La distanza funzionale è aumentata per effetto delle aggregazioni bancarie soprattutto nel meridione d’Italia e il ca-so del Banco di Sardegna non fa eccezione. La distanza socio-economica e quella strategica si sono talmente ampliate che esercita-no una influenza negativa a livello territoriale e a livello di banca. Nel primo caso aumentano i costi di trasporto e di informazione. Basti pensare al trasporto fisico dei consiglieri e dei dirigenti della capo-gruppo oppure al tempo impiegato per prendere le decisioni neces-sarie per il territorio.

Nel secondo caso gli effetti si manifestano a livello d’azienda per-ché, qualunque sia la dichiarazione formale che viene fatta a proposi-to della struttura del gruppo (federalista o accentrato), aumentano i costi di agenzia e di monitoraggio, a maggior ragione se l’impresa ac-quisita mantiene la propria personalità giuridica.

Ci sono vari studiosi che trovano una relazione fra sviluppo del territorio e localizzazione della proprietà della banca. Gli studi sono prevalentemente americani (Collender e Shaffer 2003), ma iniziano a diventare frequenti anche quelli di autori italiani e stranieri. Queste analisi trovano risultati sempre più confortanti dalle evidenze empiri-che della distanza funzionale strategica sul sistema bancario e sulle banche. In particolare i lavori di Alessandrini e al. (2005; 2006), che per primi hanno studiato la relazione per l’Italia, trovano che la di-stanza funzionale strategica ha effetti sulla probabilità di razionamen-to del credito, sulla sensitività e la variabilità del cash-flow, sul rap-porto fra utilizzato e accordato, specialmente con riguardo alle picco-le imprese e alle imprese localizzate nelle aree meno sviluppate. Que-sto avviene anche per via delle asimmetrie informative: la banca loca-le conosce il tessuto economico e produttivo della realtà regionale in cui lavora più di coloro che stanno fuori del territorio e ha gli stru-menti per concedere credito alle piccole e piccolissime imprese con criteri di efficienza (Ferri, Masciandaro, Messori, 1999).

Inoltre va detto che, pur avendo una personalità giuridica e una identità propria, il Banco di Sardegna prende le decisioni più impor-tanti su indicazioni che vengono dall’esterno, anche quelle che do-vrebbero essere concordate insieme agli azionisti locali. Va perden-dosi quel capitale sociale che il Banco si era costruito e che ha gran-de importanza nella crescita del sistema finanziario ed economico (Guiso, Sapienza, Zingales, 2004b). Infine, esso non partecipa alla crescita del gruppo bancario se non con le risorse materiali, non co-noscendo (e tanto meno non venendo sentito per) i piani della capo-

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gruppo la quale è strategicamente molto lontana dal territorio regio-nale.

A questi elementi si aggiungono quelli di una vecchia concezione (Marris, 1966), mai venuta meno, anzi, continuamente aggiornata (Williamson, 1996; Weick, 1997), e riguardano il potere dei manager. La teoria vuole che l’obiettivo dei managers sia la crescita dell’impresa, col vincolo di un tasso di profitto o del valore di merca-to delle azioni. La crescita garantisce stabilità al vertice e maggiore potere ai managers che, in questo modo, tentano di evitare l’acquisizione ad opera di altre banche. I due elementi possono essere fra di loro complementari.

7. Conclusioni Siamo ora in grado di dare una risposta ai due interrogativi posti nell’introduzione. Se si esclude la percentuale delle sofferenze, la cui diminuzione rientra nella tendenza generale del sistema bancario na-zionale, e che potrebbe determinare, anzi, effetti amplificativi a livello regionale, credo che il contributo dato finora dalla nuova gestione sia molto limitato. Non mi riferisco tanto all’aumento del rapporto del cost/income, indice di inefficienza, quanto, piuttosto, alla perdita di posizioni nel mercato isolano relativamente agli impieghi e alla rac-colta, peraltro non compensata, come si auspicava, da un inserimento in un mercato più ampio e conseguentemente da una crescita profes-sionale del personale e dell’impresa a livello nazionale. La politica de-gli impieghi sta a dimostrare che il nuovo Banco di Sardegna si allon-tana progressivamente dall’economia regionale e fa poco per pro-muovere le imprese e i settori produttivi. L’aumento fortissimo dell’interbancario non è solo spiegabile con la volontà, ad ogni costo, di crescita del potere di mercato da parte della capogruppo, ma anche dello scarso interesse per il territorio regionale. Il trasferimento di li-quidità in mercati più redditizi è un fatto positivo in attesa che anche il mercato da cui la liquidità proviene si sviluppi e che ci siano impli-cazioni positive per i risparmiatori. L’aumento del rendimento dei fondi in seguito all’impiego in altri mercati, teoricamente, dovrebbe portare ad un aumento del tasso passivo di interesse a vantaggio dei depositanti, ma ciò non è avvenuto e il Banco di Sardegna mantiene, soprattutto in alcune aree, il comportamento tradizionale. Ci sono stati miglioramenti relativi all’offerta, più diversificata e a-vanzata, ma questi sono più un indice del fatto che il Banco viene

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concepito come una rete di vendita piuttosto che come uno strumen-to che serve per migliorare la cultura finanziaria dell’azienda e della collettività. Con l’attuale politica degli acquirenti, a giudicare dai dati illustrati, è finora mancato un vantaggio per il mercato regionale. Non solo non c’è un investimento indiretto sullo sviluppo economico, ma manca una politica di crescita dell’impresa, di rielaborazione dei prodotti più adatta al territorio. È assente una politica delle risorse umane, anzi, molte importanti figure professionali sono state eliminate. La cono-scenza del territorio, della sua economia e delle sue risorse non è più necessaria a livello locale. La politica dell’innovazione di prodotto e di processo viene fatta altrove. Altrettanto si può dire per i nuovi mercati e i nuovi servizi. Il Banco di Sardegna diventa una branca di una banca nei confronti dell’economia regionale, non diversamente dalle altre banche. Anche la perdita di competenze professionali e la chiusura di attività nazionali, senza un adeguato corrispondente inse-rimento in altri mercati, rappresentano un depauperamento dell’economia regionale.

Si pone in ogni caso un problema di policy rappresentato dall’aumento del rendimento del risparmio al sud, o se si vuole, dall’aumento delle opportunità di investimento. Lo spostamento ver-so l’alto della curva dei rendimenti del sud è fondamentale e la con-correnza degli altri istituti bancari può aiutare l’economia e la colletti-vità. Si può ottenere anche con una strategia di lungo periodo e in modo che il sistema bancario faccia crescere gradualmente il sistema economico.

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Page 32: Sassu A. - Il Caso Del Banco Di Sardegna

Appendice Statistica Tavola I

Sofferenze lorde e sofferenze nette. Banco di Sardegna. %

Sofferenze Anno

Lorde Nette

2000 13,9 6,9 2001 11,7 5,0 2002 10,6 4,4 2003 10,4 4,3 2004 10,3 4,0 2005 9,3 2,3 2006 10,4 3,5

Fonte: elaborazioni su dati di Bilancio

Tavola II

Utile netto. Banco di Sardegna. Milioni di Euro

Anno Utile netto

2000 -35,9 2001 53,9 2002 56,4 2003 40,1 2004 40,8 2005 44,8 2006 69,9

Fonte: dati di Bilancio

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Tavola III

Quota impieghi netti per forme tecniche. Banco di Sardegna. Anni 1999 - 2006

Anno Mutui Totale impieghi netti

1999 37,0 32,6

2000 37,3 31,4

2001 35,7 31,2

2002 33,4 29,9

2003 31,3 29,7

2004 26,6 28,3

2005 25,7 26,8 2006 26,0 27,2

Fonte: Matrice dei conti

Tavola IV

Quota impieghi lordi per settore economico della controparte. Banco di Sardegna. Anni 1999 - 2006

Anno Amm. pubbliche Famiglie Società non finan.

1999 40,3 35,4 27,0 2000 53,3 34,3 26,9 2001 54,3 32,3 26,4 2002 52,3 30,4 26,4 2003 48,8 29,0 26,6 2004 36,5 26,5 25,6 2005 35,2 24,8 25,9 2006 34,8 23,7 27,6

Fonte: Matrice dei conti Tavola V

Impieghi lordi, comprese le sofferenze, del settore “prodotti dell’agricoltura”. Banco di Sardegna. Anni 2000-2006

Anno Quote di mercato

2000 57,9 2001 57,1 2002 54,8 2003 53,5 2004 50,7 2005 50,3 2006 48,5

Fonte: Banco di Sardegna

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06/01 Rina ldo Brau , Dav ide Cao , Sandro Fab io Mingo ia “Sostenib i l i tà e s tag iona l i tà ne l le preferenze de i tur i s t i in Sardegna : un’ indagine empir ica”

05/01 Emanue l e Cabras , Mar co Car edda , Giovann i S i s tu , “La cer t i f icaz ione d i qua l i tà in Sardegna. Secondo rapporto”

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04/02 Giovann i S i s tu , “L’emergenza d i comodo: pol i t iche de l l ’ acqua in Sardegna”

04/01 Simone Atzen i , Barbara Det t o r i , S t e f ano Usa i , “L’econometr ia de l le indag in i terr i tor ia l i . Appunt i metodolog ic i e un’appl icaz ione a l la Sardegna”

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