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(R)INNOVARE LA DIDATTICA DELLA MATEMATICA INTRECCI TRA TEORIA E PRATICA IN CLASSE

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(R)INNOVARE LA DIDATTICA DELLA MATEMATICA

INTRECCI TRA TEORIA E PRATICA IN CLASSE

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Direttori

Ferdinando AUniversità degli studi di Torino

Michela MUniversità degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Comitato scientifico

Benedetto D PUniversità degli Studi di Palermo

Francesca FUniversità degli Studi di Torino

Nathalie SSimon Fraser University

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(R)INNOVARE LA DIDATTICA DELLA MATEMATICA

INTRECCI TRA TEORIA E PRATICA IN CLASSE

Le ombre. Le ombre date dal sole, le ombre date da una lampada puntiforme, laprospettiva, l’arte. Il campo diventa larghissimo. A un certo momento bisogna starattenti a non allargarlo tanto. Però non c’è mai pericolo di fare confusione quandoc’è un interesse.

Emma C

I volumi della collana intendono fornire strumenti di riflessione sulladidattica della matematica in classe e fuori dal contesto classe, coneventuali approfondimenti che mirino all’interdisciplinarietà, e discu-tere pratiche in aula che propongano percorsi innovativi nella didat-tica della matematica, con particolare attenzione alla verticalità nelcurriculum.

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Stampato con il contributo dell’Università degli Studi di Torino, Dipar-timento di Filosofia e Scienze dell’Educazione.

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Insegnare matematica

Concezioni, buone pratiche e formazione degli insegnanti

II edizione

a cura di

Luciana Bazzini

Contributi diChiara Andrà, Marzia Baroni, Luciana Bazzini

Emanuela Bersano, Giorgio Bolondi, Tiziana BonassoCinzia Bonotto, Lerida Cisotto, Bruno D’Amore

Eleonora Faggiano, Francesca Ferrara, Eleonora GugliottaDomenico Lenzi, Valentina Leo, Paolo Linati

Gabriele Lucchini, Pietro Madaro, Carlo MarchiniStefania Teresa Morrone, Michela Maschietto, Silvia Mion

Antonella Montone, Maria Pagone, Brunetto PiochiCristina Sabena, Silvia Sbaragli, Elena Scalenghe

Nathalie Sinclair, Paola Vighi

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Copyright © MMXVIAracne editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

II edizione: maggio

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Insegnare matematicaISBN 978-88-548-9077-0DOI 10.4399/97888548907701pag. 7–8(maggio 2016)

Presentazione

Negli ultimi anni la ricerca in didattica della matematica si è focalizzatamolto sugli insegnanti, sulla loro formazione e sulle loro pratichedidattiche. Vari gruppi di ricerca, non solo italiani, si sono in parti-colare interessati al lavoro diinsegnanti e ricercatori, alle dinamichedi gruppi misti e allo sviluppo professionale dei partecipanti. Alcunericerche hanno approfondito le idee di comunità di pratica e di comu-nità d’indagine; in esse non solo sono discusse e condivise le pratiche,ma allo stesso tempo anche l’analisi di tali pratiche. Altre ricerchehanno messo l’accento sul lavoro collaborativo tra gli insegnanti e sulrapporto tra lavoro al di fuori della classe e lavoro in classe. Sebbeneusiamo quasi sempre il termine “insegnanti”, concordiamo con l’os-servazione di G. Gueudet e L. Trouche, che suggeriscono l’uso deltermine “professore” per sottolineare che nel lavoro degli insegnantinon vi è la sola componente “insegnare”.

Questo testo cattura un esempio di interazione tra insegnanti ericercatori, sia per i suoi contenuti sia perché si tratta di un testo cheriporta di esperienze condotte nell’ambito di un progetto di rilevanteinteresse nazionale (PRIN) sulla didattica della matematica. Esso pre-senta voci diverse: ricercatori in pedagogia, ricercatori in didattica dellamatematica, insegnanti che lavorano nei vari gruppi di ricerca presentinelle sedi universitarie coinvolte nel progetto. L’intreccio tra questevoci è reso nel presente volume non solo dalla raccolta dei diversicontributi, ma anche dal fatto che i contributi stessi sono spesso scrittia più mani. Alcuni capitoli enfatizzano il rapporto tra ricercatori einsegnanti come elemento fondamentale per rinnovare la didatticadella matematica. Questa non è intesa come prodotto della ricercaper la scuola bensì come una co-costruzione di percorsi didattici edi analisi di tali percorsi mediante gli strumenti teorici che la ricercapropone. In questa costruzione collaborativa diventa rilevante tenere

. G G. & T L. (), Introduction. In G. G & L. T(Eds.), Ressources vives. Le travail documentaire des professeurs en mathématiques, Rennes: PUF.

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Presentazione

in considerazione le esigenze e i vincoli legati alle diverse posizio-ni istituzionali dei soggetti coinvolti. Più contributi mettono in lucele richieste degli insegnanti rispetto alla ricerca, ma anche rispettoalla formazione e al proprio sviluppo professionale. Condividere econfrontarsi su queste posizioni è importante perché permette di fon-dare un terreno comune per l’innovazione, come è riportato nel testo“Matematica: non è solo questione di testa”.

Altri contributi si interessano maggiormente agli allievi e alle attivi-tà che si configurano in termini di innovazione didattica, così come intermini di studio dei nodi dell’apprendimento e insegnamento dellamatematica.

Questo volume risponde alle caratteristiche della collana (R)Innovarela Didattica della Matematica, che intende fornire strumenti di riflessio-ne sulla didattica della matematica, in classe e fuori dal contesto classe,e discutere pratiche didattiche e percorsi innovativi. Allo stesso tempo,i volumi della Collana si propongono come occasione per svilupparemomenti di incontro e di dialogo tra la comunità dei ricercatori indidattica della matematica e quella degli insegnanti di matematica.

Luglio

Ferdinando AMichela MBenedetto D PFrancesca F

Nathalie S

Comitato Editoriale della collana RIDiMa

. A F., B L., F F., S C., A C., M D., S K. eV B. (), Matematica: non è solo questione di testa. Strumenti per osservare i processi diapprendimento in classe, Trento: Erickson.

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INDICE Introduzione………………………………………………….11

Luciana Bazzini

Insegnare a pensare e motivare ad apprendere…………………..17 Lerida Cisotto

La formazione degli insegnanti dal punto di vista degli insegnanti ..41 Brunetto Piochi

La figura dell’insegnante……………………………..…………….. Elena Scalenghe

Vivide immagini di allievi ed insegnanti………….......………..91 Paola Vighi - Carlo Marchini

Un ‘nuovo’ oggetto didattico …………...…………………...115 Carlo Marchini

Gli insegnanti di matematica in formazione permanente...……...147 Eleonora Faggiano - Antonella Montone

Matematizzare il quotidiano e quotidianizzare la matematica……1 1 Marzia Baroni Cinzia Bonotto Sull’attivazione di considerazioni di tipo realistico…..…………...185

Cinzia Bonotto - Silvia Mion

Le tecnologie didattiche nell’apprendimento……………..........211 Luciana Bazzini - Emanuela Bersano

Il software profenix ausilio didattico nella risoluzione di problemi………………………………………………………...229

Pietro Madaro

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63……

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Un percorso per il rafforzo di competenze relative al problem- solving aritmetico................................................………….............245

Chiara Andrà - Luciana Bazzini - Tiziana Bonasso - Valentina Leo - Cristina Sabena

La formazione professionale sul laboratorio di matematica tra concreto e digitale ………………………………………271

Michela Maschietto

La matematica sulle piattaforme e-learning……………..………...279 Stefania Teresa Marrone

Il contributo dell'unità di bologna…………………………… 2 3 Giorgio Bolondi - Bruno D'Amore - Silvia Sbaragli

Multimodalità dell’apprendimento…………………………...297 Francesca Ferrara

Le lezioni di matematica…………………………………………..305 Chiara Andrà - Nathalie Sinclair

Per il superamento delle prime difficolta’in matematica………….317 Domenico Lenzi

Matematica ed emergenza educativa …………………………325 Gabriele Lucchini

Insegnare matematica, uno strumento di libertà………………..334 Paolo Linati

La voce degli insegnanti…………………………………………...337 Eleonora Gugliotta – Maria Paragone

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Introduzione 7

INTRODUZIONE Le problematiche legate alla figura dell’insegnante di matematica,

alle sue concezioni ed alle pratiche di insegnamento, sono al centro di molte ricerche in didattica della matematica, sia a livello nazionale che internazionale.

L'attenzione alla formazione iniziale e continua degli insegnanti di matematica è motivata e stimolata dalle ricerche internazionali sull’educazione matematica degli adulti e dalle indagini internazionali relative alle competenze possedute da giovani e adulti. Secondo quanto riportato nell'International Adult Literacy Survey, (IALS), per esempio, la situazione italiana, per quanto riguarda le co-noscenze e competenze matematiche come quelle richieste per leggere ed utilizzare informazioni contenute in mappe, tabelle e grafici o quelle necessarie per applicare ed utilizzare operazioni aritmetiche per risolvere situazioni problematiche, desta molte preoccupazioni e ri-chiede profonde riflessioni.

Tra i risultati principali di questi studi ci sembra importante sottoli-neare che, mentre i livelli di "analfabetismo" in Europa sono bassi, una preoccupante porzione della popolazione è “funzionalmente anal-fabeta", è cioè incapace di gestire i nuovi alfabeti, i nuovi linguaggi ed i nuovi codici della società della conoscenza ed in generale non sem-bra rendersi conto di essere in difficoltà.

Una lettura critica di questi risultati fa volgere la nostra attenzione verso l'opportunità di riflettere su quali competenze matematiche, e di conseguenza su quale matematica, sia indispensabile perché il cittadi-no del XXI secolo non incorra nell'"analfabetismo funzionale" come fattore di rischio agevolante l'esclusione dalla società. Quindi, se da un lato è importante individuare percorsi di apprendi-mento che promuovano la formazione “matematica del cittadino”, dall’altro diventa cruciale individuare buone pratiche di insegnamento come modelli da seguire e proporre per preparare e sostenere adegua-tamente gli insegnanti.

Non è semplice definire in via teorica quali siano le buone pratiche dell'insegnante perché nella realizzazione concreta di un progetto di lezione entra in gioco anche la reattività dell'uditorio alle proposte

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Insegnare la matematicaISBN 978-88-548-9077-0DOI 10.4399/97888548907702 pag. 11–16 (maggio 2016)

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Luciana Bazzini 8

avanzate dal docente. Ci sono poi condizioni generali che influiscono e regolano l'azione didattica, costituendo un “ambiente di lavoro” di cui tenere conto: ad esempio il contratto didattico, le scelte di istituto, i fattori affettivi ed anche l'immagine della matematica che gli allievi, gli insegnanti e la società attorno alla scuola fanno propria.

Studi di ricerca hanno affrontato il problema sotto diversi aspetti, cercando di individuare i fattori che qualificano un insegnamento effi-cace. Tra questi risultano rilevanti la competenza a districare la rete di conoscenze presenti nella matematica scolastica, costruendo opportu-ne connessioni attraverso i temi matematici, il possesso di un'adeguata consapevolezza dello sviluppo cognitivo della matematica , l' abilità a dare senso ai metodi ed alle soluzioni di altri, il legame con la mate-matica extrascolastica.

A questi aspetti si aggiungono l'abitudine a riflettere sulla propria pratica per migliorarla, l'attenzione allo sviluppo meta-cognitivo e l'at-tenzione alla comprensione dell'allievo, l'assunto che l'errore è uno stadio di sviluppo della conoscenza ed un impulso al lavoro futuro. Sembra inoltre che gli insegnanti che maggiormente stimolano nei lo-ro allievi curiosità, comprensione ed entusiasmo, siano quelli che pun-tano ad introdurre anche precocemente il pensiero matematico, privi-legiandolo rispetto alla stretta osservanza degli algoritmi.

Da un punto di vista generale, le considerazioni precedenti si in-quadrano nel rapporto dialettico tra Teoria e Pratica. Per lungo tempo teoria e pratica (ovvero l'approccio teorico alla disciplina e la sua tra-sposizione nella pratica scolastica) sono state considerate due poli op-posti. In tempi recenti, la natura dialettica della relazione tra teoria e pratica è stata progressivamente riconosciuta e incorporata in studi di ricerca, che hanno molto contribuito al dialogo tra le due polarità. Nel-la ricerca di condizioni che ne permettano una conoscenza mediata, ogni assunzione che deleghi alla "teoria" il ruolo di istruire la "pratica" è destinata a fallire ed evidenzia la necessità di superare il dualismo, sviluppando forme di cooperazione.

Da quando la formazione iniziale degli insegnanti in Italia è stata affidata all'Università, si sono delineate due strade:

formazione degli insegnanti di scuola primaria, attraverso uno specifico corso di laurea affidato alle Facoltà di Scienze della Formazione, con molti corsi affidati a docenti di Matematica;

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Introduzione 9

formazione degli insegnanti di scuola secondaria: attraverso uno specifico corso post laurea.

Poiché molti Paesi del mondo erano già avviati su questa strada, è nato un vivace dibattito sulle forme migliori per attuare questa prepa-razione nel modo più efficace.

Questo dibattito riguarda principalmente i seguenti aspetti: le conoscenze matematiche necessarie per insegnare ai diver-

si livelli scolastici e dunque i contenuti della preparazione uni-versitaria; le conoscenze di Didattica della Matematica necessarie; altre necessità, per esempio di tipo psicologico e pedagogico.

Noi poniamo il problema di un ulteriore aspetto che dovrebbe a no-stro avviso far parte del bagaglio professionale di un insegnante di Matematica di qualsiasi livello: è auspicato da tutti che l'insegnante di Matematica mostri come la disciplina sia presente nella vita quotidia-na e non solo nelle aule scolastiche; ma, per poter vedere il mondo con gli occhi della Matematica, noi riteniamo debba esservi una prepara-zione specifica, opportuna.

Per realizzare una preparazione adeguata degli insegnanti, occorre che si ponga l’accento su problematiche di varia natura, che elenchia-mo qui brevemente:

lo studio dei bisogni degli insegnanti ai diversi livelli scolari, delle loro concezioni e delle loro aspettative. E’ importante ap-profondire l’indagine teorica su ciò che gli insegnanti implici-tamente “posseggono” riguardo alla disciplina matematica, all’immagine che ne derivano e che inconsciamente possono veicolare ai propri studenti; nello stesso tempo si vuol capire quali sono i bisogni (in termini di competenza disciplinare e pe-dagogica), le motivazioni ad acquisire una buona professionali-tà, le possibili frustrazioni (in termini di insuccessi degli allievi e di scarso prestigio sociale) e le aspettative (rispetto al proprio ruolo nella scuola e nella società); l’individuazione di buone pratiche di insegnamento e lo stu-

dio di percorsi innovativi. Occorre osservare, interpretare e mo-dellizzare le pratiche degli insegnanti in servizio per individuare percorsi efficaci su come affrontare la professione nel migliore dei modi (le buone pratiche);

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Luciana Bazzini 10

la disseminazione dei risultati al fine di ampliare il confronto sui temi trattati e avviare processi di rinnovamento dell’insegnamento della matematica attraverso la qualificazione degli insegnanti, sia in formazione che in servizio. Questo volume contiene i contributi di diversi autori relativamente

alle problematiche legate all’insegnamento della matematica e alla formazione degli insegnanti. Esso nasce principalmente dalle ricerche svolte nell’ambito del Progetto PRIN (Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale) 2008PBBWNT “Insegnare matematica: concezioni, buone pratiche e formazione degli insegnanti”, finanziato congiuntamente dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e dalle Università di Torino (capofila), Bari, Bologna, Padova e Par-ma. Hanno partecipato al progetto cinque Unità Operative, coordinate rispettivamente da Luciana Bazzini (Torino), Michele Pertichino (Ba-ri), Bruno D’Amore e Giorgio Bolondi (Bologna), Cinzia Bonotto (Padova) e Carlo Marchini (Parma).

Tutti i partecipanti al Progetto hanno lavorato con impegno ed en-tusiasmo, interagendo tra loro e con altri ricercatori. Volendo creare un’occasione di incontro e confronto sui temi del progetto, nel feb-braio 2012 si è svolto a Bari un convegno dal titolo “I tempi, i luoghi e i modi della formazione degli insegnanti di matematica”, che ha ri-scontrato un’ampia partecipazione di pubblico qualificato. I contributi discussi al convegno sono riportati in questo volume, insieme ai con-tributi delle unità operative.

Gli argomenti spaziano da considerazioni di carattere generale (in particolare gli articoli di Lerida Cisotto e di Brunetto Piochi, basati sulle loro conferenze plenarie al convegno di Bari), a riflessioni su temi più specifici.

Cisotto affronta il tema dello sviluppo di competenze che vanno ol-tre il sapere dichiarativo: insegnare dunque a pensare con spirito criti-co e accompagnare tale processo stimolando negli allievi la motiva-zione ad apprendere.

Il contributo di Piochi offre una riflessione sulla formazione degli insegnanti in servizio, partendo dal punto di vista dei soggetti in for-mazione: l’intento è di trarre spunto dalle numerose esperienze in atto per estrapolare alcuni principi generali in grado di offrire indicazioni per un modello di formazione dei docenti realmente incisivo sulla co-

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Introduzione 11

struzione di competenze professionali, sia disciplinari che metodolo-giche.

Sempre in questa prospettiva, Elena Scalenghe, attraverso l’analisi di un’indagine su studenti del Corso di laurea in Scienze della Forma-zione Primaria, esplora il rapporto esistente tra alcune caratteristiche che contribuiscono a delineare il profilo professionale del docente e l’idea che lo studente già possiede, sia in riferimento a tale professio-ne, sia rispetto all’idea di sé come futuro insegnante.

I comportamenti di ‘giovani insegnanti’ (in formazione o in servi-zio) relativamente alla loro conoscenza della matematica e della sua didattica sono analizzati nel contributo di Paola Vighi e Carlo Marchi-ni. Lo scopo è quello di stabilire se l’analisi a priori, che costituisce un aspetto didattico e pedagogico rilevante per l’insegnamento della matematica, faccia parte della pratica generale dei giovani insegnanti e se essa costituisca uno strumento di lavoro adeguato al compito.

Il problema dell’esperienza dei docenti che si sono formati prima della promulgazione delle Nuove Indicazioni ministeriali è affrontato nell’articolo di Carlo Marchini: attraverso l’analisi dell’insegnamento di uno specifico argomento (l’approssimazione), si riflette sul rapporto tra “la scuola come è realmente e come dovrebbe essere”.

Anche Faggiano e Montone pongono l’accento sulla formazione permanente degli insegnanti di matematica, e discutono problematiche emerse dall’analisi della realtà scolastica, sociale e culturale del loro territorio e dalle richieste emerse dal lavoro con gli insegnanti.

Focalizzando l’attenzione sul delicato processo insegnamento-apprendimento, i contributi di Cinzia Bonotto, Marzia Baroni e Silvia Mion riflettono sull’importanza di promuovere un insegnamento volto al formare negli alunni la competenza di interpretare il mondo in sen-so matematico, attraverso situazioni di modellizzazione matematica, anche di fronte a problemi non standard.

Il ruolo della tecnologia nell’insegnamento della matematica è af-frontato nei contributi dell’Unità operativa di Torino. Partendo dalla considerazione che, nonostante la crescente pervasività della tecnolo-gia, esiste ancora una forte differenziazione rispetto alla possibilità delle persone di accedere alle tecnologie e di introdurle nella pratica scolastica, l’articolo di Bazzini e Bersani offre un quadro generale sul ruolo delle tecnologie didattiche nell’apprendimento.

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Luciana Bazzini 12

Nella prospettiva di un “buon uso” della tecnologia, il contributo di Pietro Madaro descrive un software didattico appositamente progetta-to e realizzato come sussidio didattico per la risoluzione di problemi. Un’esperienza didattica svolta con l’ausilio di tale software è riportata e discussa nell’articolo di Andrà, Bazzini, Bonasso, Leo e Sabena. Il rapporto tra “concreto” e “digitale” in attività di laboratorio e relati-vamente alla formazione professionale dei docenti è analizzato nel contributo di Michela Maschietto, mentre Stefania Morrone riferisce di esperienze di piattaforme e-learning. Francesca Ferrara affronta il problema della “multimodalità” dell’apprendimento, riconoscendo l’importanza di forme alternative di comunicazione (ad esempio il lin-guaggio del corpo) e la difficoltà, da parte degli insegnanti, di tenerle in dovuta considerazione.

Anche il contributo di Andrà e Sinclair si colloca in questa prospet-tiva. Altre esperienze di ricerca e approfondimento delle tematiche re-lative alla formazione degli insegnanti sono trattate nel contributo dell’Unità di Bologna, mentre Domenico Lenzi affronta il tema delle difficoltà in matematica. Infine, i contributi di Gabriele Lucchini e di Paolo Linati offrono spunti di riflessione sulla bellezza della matema-tica, sia come disciplina intellettuale che come strumento di libertà.

Concludiamo con l’auspicio che gli articoli presenti nel volume costituiscano uno strumento utile di riflessione sui temi trattati e forni-scano ulteriori spunti di discussione e di ricerca. Ringraziamenti

Desideriamo ringraziare tutti coloro che hanno partecipato in vario modo alla realizzazione del Progetto PRIN 2008 PBBWNT “Insegna-re matematica: concezioni, buone pratiche e formazione degli inse-gnanti”, supportato finanziariamente dal MIUR e dalle Università di Torino (capofila), Bari, Bologna, Padova e Parma. Un particolare ringraziamento è dovuto alla Casa Editrice ARACNE per la pubblica-zione del presente volume e a Francesco Rossi e Cristina Sabena per il paziente lavoro di revisione ed impaginazione. Torino, luglio 2012 Luciana Bazzini

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Insegnare a pensare e motivare ad apprendere 13

INSEGNARE A PENSARE E MOTIVARE APPRENDERE

Dai saperi dichiarativi alle competenze

Lerida Cisotto Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia

Applicata, Università di Padova Mente, conoscenza e apprendimento: dal comportamentismo al costruttivismo sociale

Le discussioni di coloro che, a vario titolo, si occupano di istruzio-

ne e di educazione sembrano attualmente attraversate da una tensione duplice: da un lato la necessità di definire con accuratezza il ventaglio di competenze che si ritengono dotazione indispensabile affinché gli allievi si sintonizzino con le richieste e le attese dei contesti scolastici e professionali. Dall’altro, ricorrono con insistenza richiami alla fles-sibilità dei curricoli e all’integrazione dei saperi: quasi a scongiurare i rischi della settorialità e della frammentazione connessi a pratiche di istruzione ancorate a forme specifiche di conoscenza, che scompon-gono saperi nell’età delle connessioni reticolari.

Questa duplice tensione riflette il ripensamento in atto sulla natura della conoscenza, dei processi dell’apprendere e dell’insegnare, e, più in generale, sulla stessa visione della mente. Mentre le teorie psicolo-giche della cognizione situata propongono una visione contestualizza-ta del pensiero (Resnick, 1995), in ambito educativo c’è l’intuizione che non è sufficiente la somma di competenze a dotare di significato l’esperienza scolastica e che occorre una struttura connettiva cui ri-condurre saperi parcellizzati. C’è bisogno di capire cioè sia come co-noscenze e competenze trasformano le visioni del mondo degli allievi, le interazioni con gli altri e i contesti di vita, ossia lo stare di sé nel mondo, sia come fare in modo che un curricolo fondato su una visione situata della competenza non produca un modello adattivo, piuttosto che generativo di apprendimento.

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Insegnare la matematicaISBN 978-88-548-9077-0DOI 10.4399/97888548907703pag. 17–39 (maggio 2016)

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Lerida Cisotto 14

Nelle concezioni di senso comune, ma radicate anche in contesti educativi, conoscenze e competenze tendono ad essere viste come og-getti della mente organizzati in repertori distinti, a cui l’individuo at-tinge privatamente nell’esecuzione di compiti di apprendimento o nel-la risoluzione di problemi (Bereiter, 2002). Queste idee sono state av-valorate, d’altro canto, dai modelli di mente e di conoscenza diffusi per buona parte del secolo scorso ad opera dell’associazionismo.

La metafora ricorrente con cui la teoria associazionista si riferì alla mente fu quella di una “scatola nera”: un sistema impenetrabile di cui non si possono conoscere i processi, né le modalità di funzionamento. In tale prospettiva, l’apprendimento è inteso come un processo mec-canico, etero-diretto e cumulativo, e contempla, come conseguenza, un modello trasmissivo di insegnamento. Nel tentativo di sottrarre l’apprendimento al meccanicismo tipico del comportamentismo, gli studi del cognitivismo imposero la centralità dei processi di pensiero attivati nell’acquisizione di conoscenza. Da tale indirizzo di studi la mente è vista come una struttura dinamica, che costruisce attivamente conoscenza ed elabora informazioni seguendo procedure logiche. Essa funge anche da archivio, dove le conoscenze sono mantenute in forma organizzata e da cui sono recuperate per costruire saperi nuovi. Il co-gnitivismo attenua il tradizionale rilievo posto sui risultati dell’apprendimento ed esalta invece il carattere processuale dell’imparare, sottolineandone la natura costruttiva, strategica e per-sonalizzata. Ogni nuova conoscenza, infatti, non viene recepita e ar-chiviata in modo fedele nella mente, ma è costruita tramite l’intervento di strategie personali e dei saperi autobiografici acquisiti in precedenza. In altre parole, “imparare” non è un processo riprodut-tivo ma costruttivo.

L’affermarsi di una diversa prospettiva da cui considerare la mente e la sua attività emerge verso la fine del secolo scorso ed è segnalata dall’emergere di parole nuove: “menti”, invece di “mente”, contesti di apprendimento, conoscenza negoziale e situata, autobiografie conosci-tive. Esse indicano aree di senso alle quali rivolgono attenzione gli sviluppi recenti della ricerca sull’apprendimento, che delinea un’epistemologia della conoscenza in termini dialogici e di sintoniz-zazione adattiva.

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Insegnare a pensare e motivare ad apprendere 15

Piuttosto che come contenitore che classifica e organizza cono-scenze in solitudine, la mente è descritta come un sistema diffuso, che si avvale del contributo di pensieri altrui, del supporto di numerosi strumenti e che opera su problemi e attività in contesti specifici. La sua risorsa principale è la capacità di intrecciare informazioni di natu-ra e provenienza diversa e di comporle in forma adatta alle situazioni. Pertanto, la conoscenza rappresenta molto di più di un prodotto raffi-nato, frutto della elaborazione della mente dei singoli, capaci di rinno-vare in autonomia i prodotti del pensiero. Ed ancora, essa è qualcosa di diverso da un oggetto non materiale collocato in una qualche parte della mente, da cui attingere con maggiore o minore facilità in base all’expertise ed è definita a torto come un prodotto astratto. Contribui-scono a comporne lo spessore gli strumenti usati per la sua costruzio-ne, le relazioni intraprese durante le attività, le conferme e le smentite, le situazioni in cui è stata praticata, le sensazioni di fatica e le imma-gini del Sé dentro al percorso conoscitivo. Nelle sue progressive ri-formulazioni, la conoscenza rappresenta sempre una composizione complessa, poiché porta con sé la storia dei suoi cambiamenti ed in-corpora le voci di coloro che ne hanno stimolato la riformulazione e contribuito a costruirla (Bachtin, 1981). In tale direzione, apprendere, più che costruire in solitudine oggetti cognitivi di complessità crescen-te, è partecipare ad un dialogo mediante il quale avviene l’immersione in una sorta di geografia culturale (Bruner, 1986).

Su questa visione della conoscenza come sapere ancorato, che ha ispirato il recente rinnovamento dei curricoli, è riconoscibile l’influenza delle teorie del costruttivismo sociale, in particolare, del concetto di cognizione situata e distribuita (Salomon, 1993; Resnick e Wirt, 1996). Tale concetto sta alla base del modo attuale di intendere la competenza, in quanto forma di sapere complesso, in cui individuo, strumenti e contesto sono contemporaneamente implicati in un sistema funzionale di attività (Luria, 1976; Leontiev, 1977). Il contesto, più precisamente, è inteso nella duplice accezione di “luogo” o ambiente dove si situano e si distribuiscono i processi cognitivi implicati in un’attività e come intreccio di relazioni sociali (Boscolo, 1997). Esso cessa di essere considerato “periferia” della mente e diviene parte in-tegrante del pensiero (Liverta Sempio, 1995): i vincoli e le possibilità che il contesto offre in termini di strumenti, situazioni e incontri agi-

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scono come risorse cognitive dislocate e costituiscono le condizioni nelle quali si sviluppa la competenza. La qualità delle nostre rappre-sentazioni e le cose che siamo capaci di fare sono una dotazione che si forma e si modifica nei contesti di vita che rappresentano i luoghi dis-seminati dell’apprendimento, in cui le competenze emergono e si affi-nano. E’ sufficiente pensare in proposito a come la capacità di leggere e scrivere cambi il modo di stare nel mondo o, ancora più banalmente, come la capacità di inviare mail influenzi la rappresentazione circa la velocità con cui possiamo comunicare con l’altro.

Nella prospettiva del costruttivismo sociale, ciò che rende un indi-viduo competente non è la conoscenza depositata nella mente, ma co-me essa si accorda con quella degli altri e con gli strumenti. Diventare esperti equivale in un certo senso ad “imparare a pensare dentro le cose e attraverso le situazioni”, tenendo conto dei loro vincoli e delle loro risorse. Il pensiero in situazione orientato alla soluzione di pro-blemi presenta le caratteristiche seguenti (Resnick, 1987):

la capacità di contestualizzare l’informazione in uno sfondo di incertezza e di problematicità;

la visione olistica dei problemi e l’attitudine a formularne versioni multiple, ciascuna con vantaggi e svantaggi;

la capacità di formulare giudizi ed interpretazioni sfumate, non del tipo “tutto o niente”;

la tolleranza dell’ambiguità e la capacità di resistere alla ten-denza a classificare le situazioni in schemi preordinati;

la capacità di adottare procedimenti complessi e non-algoritmici, nel senso che il percorso delle operazioni non è completamente specificato in anticipo;

la capacità di costruire significato trovando una struttura nel disordine.

Questo complesso insieme di capacità consente di procedere per usi sottilmente differenziati di una stessa conoscenza, sulla base di indizi e dettagli di contesto. All’estremo opposto, la mancanza di tali capaci-tà denota il procedimento inesperto, teso tra una lettura semplificata delle situazioni e l’applicazione rigorosa di schemi e principi generali di soluzione, entro i quali viene appiattita la spigolosità dei problemi (Ericsson e Smith, 1991). La prospettiva adottata dall’approccio socio-culturale si allontana così dal modello di mente-archivio, contenitore

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