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16 LaManovella/aprile2008 REVELLI DI BEAUMONT IL FUTURISMO NELL’AUTO Stilista raffinato, con chiare ispirazioni legate alla moda artistica degli anni Trenta, ha contribuito alla evoluzione aerodinamica della carrozzeria dell’automobile in Italia e all’estero di Umberto Anerdi REVELLIDIBEAUMONT man_apr_016_025_Revelli biografia.indd 16 man_apr_016_025_Revelli biografia.indd 16 17-03-2008 11:46:52 17-03-2008 11:46:52

REVELLI DI BEAUMONT IL FUTURISMO NELL’AUTO · Al futurismo si riferisce indubbiamente il nobile torinese. Sono anni in cui la nuova corrente di pen-siero artistico amplifica il

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REVELLI DI BEAUMONTIL FUTURISMO NELL’AUTOStilista raffi nato, con chiare ispirazioni legate alla moda artistica degli anni Trenta, ha contribuito alla evoluzione aerodinamica della carrozzeria dell’automobile in Italia e all’estero

di Umberto Anerdi

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P er Mario Revelli di Beaumont la vocazio-ne per la meccanica nasce in famiglia. Il

padre, capitano Revelli, è l’autore - nel 1908 - del progetto della mitragliatrice Fiat-Revelli adottata, durante la prima guerra mondiale, dall’Esercito Italiano. E’ in un certo senso l’evoluzione del pen-siero paterno a far sì che il giovane, nato nel 1907, esordisca nel mondo della meccanica come proget-tista e costruttore, realizzando una motocicletta che conduce personalmente in gara, vincendo ad-dirittura un campionato italiano, nel 1925.Bell’uomo, alto, raffinato ed intelligente vive gli anni successivi alla Grande Guerra partecipando attivamente all’evoluzione intellettuale e stilistica che caratterizza gli anni Venti ed il decennio se-guente. Sono anni di grandi progressi della tecni-ca, in particolare di quella aeronautica, nuovo mito moderno, che influenza con le sue linee aerodina-miche anche il design di oggetti di uso comune. Al futurismo si riferisce indubbiamente il nobile torinese. Sono anni in cui la nuova corrente di pen-siero artistico amplifica il processo di rinnovamen-to in corso nella società - non solo italiana - conse-guente all’industrializzazione cui la guerra appena finita ha impresso un ulteriore impulso, estenden-dolo in ogni campo della cultura

Nella pagina precedente, la Lancia Astura Torpedo Sport carrozzata da Castagna nel 1933, ancora oggi ammirata per il suo design: nel 2004 ha vinto la Coppa d’Oro a Villa d’Este; in questa pagina, in alto, ritratto di Mario Revelli di Beaumont; al centro, modellino di monoposto dei primi anni Trenta; in basso, disegno di una coupé su chassis Hispano-Suiza risalente al 1933.

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In alto, la Fiat 508S, disegnata da Revelli per la carrozzeria Ghia e messa in produzione da Fiat nel 1934; in basso, la Cattaneo Trossi, costruita nel 1929 dalla Isotta Fraschini come vettura per ragazzi e utilizzata successivamente da Carlo Felice Trossi con motore Peugeot dotato di compressore volumetrico.

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In alto, una Fiat 527S Ardita con motore a 6 cilindri, disegnata da Revelli nel 1934 per la carrozzeria Bertone; in basso, sempre di Bertone, l’elaborazione della carrozzeria della Fiat 508 Balilla con linee più tondeggianti rispetto alla versione di serie.

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e della vita contemporanea. Gli anni Trenta sono i più fecondi per il progresso aeronautico cui si ispirano numerosi artisti e stilisti. E’ il momento dell’“aeropittura”, del “blu De Pinedo” (dalla tin-ta della divisa del famoso aviatore), delle forme slanciate e inneggianti alla velocità che influiran-no ancora nei decenni successivi sullo stile delle costruzioni, degli arredamenti, dei complementi di arredo e altro.Si attraversa un periodo di grande tensione emoti-va verso il nuovo. Nella ricerca delle forme aerodi-namiche rapportate agli aerei, troviamo personaggi come Gordon Buehrig, Raymond Loewy, Paul Ja-ray , solo per citarne alcuni; in Italia la personalità più spiccata è Mario Revelli di Beaumont.Lo stile dell’artista torinese si evolve nel tempo fino alla progettazione della innovativa 1500 Fiat, che rivoluziona totalmente le linee delle automobi-li prodotte fino ad allora, sconvolgendo, è il caso di dirlo, anche la mentalità del pubblico abituato a profili squadrati che di aerodinamico hanno sol-tanto il nome.Indubbiamente la nuova nata in casa Fiat segna una pietra miliare nella evoluzione della carrozzeria d’automobile; evoluzione che influenza negli anni successivi tutta la produzione automobilistica e che trova la massima espressione nelle bellissime e fi-lanti linee delle fuoriserie degli anni a venire, cui Revelli darà un contributo importante.Dalla seconda metà degli anni Trenta e fino agli inizi degli anni Cinquanta, nel mondo della proget-tazione della carrozzeria d’automobile convivono due anime: quella legata ancora in parte alle linee tradizionali, seppur evolute, con parafanghi net-tamente distinti dal corpo vettura, mentre si sta affermando la tendenza a vedere la carrozzeria for-mata da un unico corpo integrato lasciando ai soli trattamenti di superficie il compito di evidenziare eventualmente le parti che in precedenza erano

In alto, due disegni elaborati da Revelli all’inizio degli anni Trenta sul tema del monovolume, che in� uenzerà in qualche modo la costruzione, avvenuta vent’anni dopo, della Fiat 600 Multipla; al centro, il disegno della Fiat 508 Balilla Bertone; in basso, il progetto di un taxi mosso da motore elettrico.

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Sarebbe tuttavia riduttivo pensare a un Revelli li-mitato alla progettazione di carrozzerie e di interni particolarmente originali. Egli è stato anche tecni-co di valore, esprimendo intuizioni strutturali e ra-zionali nell’ambito e proponendo esempi di vetture aerodinamiche di ridotto ingombro e di grande vo-lume interno fin dal 1933-34. Per l’ EIAR (oggi RAI) studia un modello di auto-carro aerodinamico dalle linee assai gradevoli, do-tato di rimorchio-redazione a due assi, destinato ai servizi giornalistici esterni.Quando, allo scoppio della seconda guerra mon-diale, la carenza di materie prime e di carburanti che aff ligge l’Italia costringe a radicali limitazioni della circolazione automobilistica privata, l’inge-gno del progettista si esplica nella progettazione di veicoli innovativi realizzabili con quanto ancora disponibile.

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In alto, la propulsione elettrica affascina Revelli negli anni Quaranta, quando progetta una vetturetta a tre ruote con soluzioni tecniche d’avanguardia; in basso, � gurini di un autotreno per riprese televisive con rimorchio destinato a redazione.

realmente distaccate. L’affermarsi del concetto di aerodinamica fa sì che alcuni dei più avanzati stili-sti dell’epoca si allontanino in parte dal dettato vi-truviano - utilitas, firmitas, venustas - privilegian-do l’ornato a discapito, a volte, della funzionalità. Nascono in quel periodo le bellissime cabriolet fuoriserie dalle linee avveniristiche, prodotte il più delle volte in esemplare unico, che fanno ancora oggi sognare un’epoca irripetibile di viali inghiaiati di riviera, strade panoramiche e quant’altro propo-sto dalle allegorie pubblicitarie dell’epoca.

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In alto, il prototipo funzionante della vetturetta a tre ruote con motore elettrico; in basso, il cinemobile costruito su base dell’autocarro Fiat 615. Serviva a proiettare � lm nelle borgate di campagna.

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In alto, una Lancia Aprilia del 1938 carrozzata cabriolet da Bertone su disegno di Revelli; in basso, un’elegante roadster-cabriolet Pinin Farina su telaio Alfa Romeo 6C 2300 B tipo Pescara, risalente al 1938.

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Nascono così una vetturetta urbana a tre ruote, co-struita sotto forma di prototipo, e il progetto di un taxi a quattro o sei posti, utilizzanti entrambi la propulsione elettrica e da costruirsi con prodotti autarchici allo scopo di economizzare i materiali considerati strategici. Per evidenziare ulteriormente quanto il pensiero del progettista fosse proiettato verso il futuro, non si può tralasciare un interessante progetto di rou-lotte abitabile, molto razionale, del 1938, quando il campeggio ed il turismo itinerante erano pressoché sconosciuti in Italia ed anche nel resto d’Europa venivano considerate attività ludiche praticate da un ristretto numero di persone.L’idea del “tutto spazio”, già enunciata da Revelli nel 1934, viene riproposta nel dopoguerra, quando l’evoluzione del concetto di utilità del veicolo deve integrarsi con le esigenze della produzione in serie di grandi numeri, dando il via alla motorizzazione di massa. Lo stilista torinese, poliglotta e dotato di conoscen-ze internazionali ancora accessibili a pochi, nella sua prima consulenza a Detroit - nel 1948 - pro-pone alla General Motors lo studio di una vettura di grande capienza e di dimensioni contenute, in antitesi con le “auto dinosauro” nella cui produzio-ne l’industria statunitense continua a perseverare, almeno fino a quando la grande crisi petrolifera conseguente alla guerra del Kippur costringe a pensare a vetture più ragionevoli per dimensioni e consumi.Pur avendo partecipato alla prima con� gurazione di quella che è nota nel mondo come la granturismo all’italiana, Revelli non vi partecipa direttamente, sia per via del suo lungo soggiorno negli Stati Uniti, sia perché il suo concetto dell’ornato si discosta dalle li-nee di sobria eleganza e funzionalità espresse dagli stilisti torinesi della nuova generazione.

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In alto, a sinistra, modellino di studio per vettura a due volumi effettuato per General Motors nel 1948; a destra, un altro modello di studio di una berlina per il mercato statunitense.Al centro, lo studio di una spider-coupé compatta. In basso, la berlina aerodinamica di grandi dimensioni progettata negli anni Sessanta.

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CAMPIONE PURE IN MOTO

R evelli di Beaumont non è stato solo un “desi-gner segreto”. Nella sua vita ci sono state altre

passioni, che hanno caratterizzato parte della sua esisten-za. In gioventù, appena diciassettenne, si è infatti dedica-to alle due ruote, costruendo e pilotando in gara, insieme al fratello Gino, una motocicletta autocostruita. Rivela-zione del Gran Premio di Monza del settembre 1925 è stata la moto G. R. pilotata dal conte Mario Revelli di Beaumont. Binomio che vince la categoria 500 cm3 alla media di 112, 849 km/h in una gara combattutissima, caratterizzata dall’intensa pioggia, da innumerevoli ritiri

Vince nel 1925 il Gran Premio di Monza con una moto G.R. costruita dal fratello GinoLa sua breve carriera di corridore motociclistico

di Augusto Farneti

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in tre tipi: una 500 cm3 con motore JAP SS a valvole in testa con aste e bilancieri; una 250 cm3 con motore JAP a valvole laterali e una 175 cm3 con motore originale ad asse a camme in testa. Gino Revelli continua nella sua attività di rappresentante che lo assorbe totalmente. Dei fratelli Revelli, costruttori essi stessi, non si sente più parlare. La crisi economica mondiale investe anche l’Italia e con-siglia gli intraprendenti conti di Beaumont di rinunciare agli ambiziosi progetti di produttori di moto. Il destino fa però incrociare di nuovo la genialità di Mario Revelli di Beaumont con il mondo della motocicletta. Esattamente 30 anni dopo il clamoroso successo di Monza, nel no-vembre del 1955 la Aeronautica Macchi di Varese, che ha riconvertito la produzione per la costruzione di moto acquisendo fra l’altro il progetto del “Cigno” 125 cm3 del famoso tecnico romagnolo Lino Tonti, presenta la Chi-mera, una rivoluzionaria moto “vestita”.

LA G.R.: LA MOTO DEL CONTELa moto G.R. (Gino Revelli) del 1925 si avvaleva di un telaio a semplice culla aperta e tripla triangolazione po-steriore, con una forcella anteriore a biscottini oscillan-ti controllati ognuno da doppia molla laterale, secondo la più pura scuola costruttiva torinese. Il serbatoio della benzina, posto fra le canne superiori del telaio,

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Nella pagina a sinistra, la presentazione della Aermacchi Chimera del 1955.In questa pagina, una caratteristica curva (oggi irriconoscibile) dell’Autodromo di Monza, inaugurato nel 1922. Qui una fase della combattutissima gara: la Moto Guzzi aveva iscritto un formidabile squadrone, decisa a ripetere il successo del 1924. La sfortuna permise di � nire la gara solo a Pietro Ghersi, che si piazzò al secondo posto con l’unica soddisfazione di aver fatto il giro più veloce a 146,69 Km/h.

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dei piloti e da molti cedimenti delle meccaniche. Un ex-ploit di uno sconosciuto corridore, dovuto a circostanze favorevoli? Niente affatto: Mario Revelli ha preceduto sul traguardo due campioni affermati come Pietro Ghersi su Moto Guzzi e Mario Saetti su Norton. La moto G.R., un marchio sconosciuto � no a quel mo-mento, balza così agli onori delle cronache e desta un insolito interesse fra gli addetti ai lavori. Revelli di Beau-mont, che raggiunge questa improvvisa fama motocicli-stica, è una singolare � gura di sportsman noto soprattut-to nell’ambiente torinese. Mario Revelli non è un pilota dalla carriera breve: negli anni 1924-1927 utilizza moto di diverse marche italiane e straniere quali la P.M. (Phelon e Moore), la Scott, la Galloni, la Douglas e la Frera. Si afferma anche in altre competizioni: nel 1925 è campione italiano per la categoria 350 cm3 Gentleman. Memorabili sono le sue affermazioni nel circuito chiama-to “Otto delle Langhe” (con la vittoria assoluta sempre del 1925), alla Strabella e al Sestriere (con la A.J.S. 350). Non è un nome sconosciuto in campo motociclistico: suo fratello Gino, che ha formato a Torino la G.R. utilizzando le proprie iniziali, ha un passato di corridore, con predi-lezione per le mastodontiche quattro cilindri americane. Nel corso del 1924 ha corso infatti con l’ACE, vincendo poi nel 1925 la Sassi- Superga con la Henderson, Casa di cui era concessionario. Dopo l’affermazione di Mario, col marchio G.R., Gino Revelli costruisce in piccola serie la motocicletta vittoriosa a Monza, vendendola a corridori non uf� ciali. Ma nel 1926 dalla sede di corso Duca di Ge-nova a Torino escono invece col marchio “Revelli” altre moto costruite dai fratelli Gino e Mario Revelli di Beau-mont. Le Revelli, “costruite da gentlemen pei gentlemen italiani ardimentosi ed esigenti” (come recita la pubbli-cità), sono offerte sul mercato durante il 1926 e il 1927

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elegantemente triangolato e munito di bellissime ginoc-chiere “anatomiche” inglesi, contribuiva a dare un tocco di modernità alla macchina. Quello dell’olio era posto invece convenzionalmente dietro la canna reggisella e immediatamente sopra il cambio. La sella tipo Terry’s era posta in basso e piuttosto indietro. I pneumatici, del tipo ad alta pressione delle misure 26 x 3, erano mon-tati su cerchi a tallone con ottaedri e galletti di sicurez-za. La ruota anteriore era senza freno. Quella posteriore prevedeva invece un ef� cacissimo freno a pattino, con comando a pedale, su una enorme puleggia. Non previsti parafanghi e corte catene, né per la trasmissione primaria né per quella � nale. Tutto era ridotto all’essenziale per ridurre il peso. Le pedane poggiapiedi, arretrate, ed un manubrio basso e in posizione avanzata erano stati studiati tenendo conto dell’insolita statura del pilota, il conte Mario Revelli di Beaumont, fratello del costruttore Gino. Le scelte adot-tate risentivano della enorme impressione suscitata nel 1924 dalla Moto Guzzi C 4V vincitrice, con Guido Men-tasti, del campionato d’ Europa e rivelatasi sul circuito di Monza ad oltre 136 Km /h. Infatti, in quell’occasione, si era vista per la prima volta la tripla triangolazione poste-riore del telaio e il corridore aveva gareggiato senza il fre-no nella ruota anteriore. Il tecnico e costruttore Antonio Baudo, al quale era stato commissionato il telaio, aveva tenuto conto di tutti gli accorgimenti che la pratica del-

le corse suggeriva. Gino Revelli, poi, aveva scelto come propulsore il nuovissimo motore inglese JAP a valvole in testa, comandate da aste e bilancieri e controllate da tri-ple molle concentriche, da poco apparso in occasione del Tourist Trophy e insolitamente “quadro” (alesaggio 85,5 mm, corsa 85 mm). I motori JAP tipo T.T. erano pro-verbiali per la loro af� dabilità, tetragoni ad ogni sforzo o maltrattamento. Per il TT del 1925 anche i costruttori JAP avevano lasciato la formula “corsa lunga”, tradizio-nale per gli inglesi, in favore di quella “corta”, anch’essi suggestionati dalla scuola Moto Guzzi da sempre con-vinta assertrice della corsa “corta”. L’accensione fornita da un magnete ad alta tensione posto dietro al cilindro, e perciò protetto in caso di pioggia, risultava sicura in ogni frangente. La lubri� cazione utilizzava una ef� cace pom-pa meccanica. Il cambio a mano aveva il comando sulla destra, accanto al serbatoio, con selettore. L’alimentazio-ne prevedeva un carburatore AMAC con lungo condotto d’immissione a due comandi per l’impiego di una miscela di alcool metilico e benzolo al 50%. Il peso della macchina intera, senza rifornimento, è di circa 90 kg ben distribuiti. Insieme alla notevole potenza del motore consente prestazioni uguali, talora superiori, a quelle delle marche più famose.

In alto, col casco, Mario Revelli accanto all’ingegnere conte Alberto Bonacossa presidente del Reale Moto Club d’Italia. Da notare l’alta e insolita statura del pilota. La media realizzata da Revelli è di 112,849 Km/h. Al centro, la G.R. 500 con motore JAP vincitrice a Monza 1925. In basso, lato sinistro della G.R. 500.

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UNA VITA ALL’INSEGNADI DESIGN E TECNICA

MOSTRA DI GRUGLIASCO

ISTRUZIONI PER L’USOLa mostra “Il Designer Segreto - Mario Revelli di Beaumont” si tiene a Grugliasco nello spazio espositivo del Centro Culturale Le Serre, nel pieno centro della cittadina dell’hinterland torinese. Rag-giungerla è facilissimo, soprattutto se si arriva dalle tangenziali. L’uscita migliore è quella di corso Allamano. Di qui si prosegue in direzione Torino e al primo semafo-ro (dopo 2 rotonde e un cavalcavia) occorre svoltare a sinistra, verso Grugliasco centro. Il Centro Culturale Le Serre è già indicato da una serie di cartelli stradali, ma in ogni caso occorre seguire le indicazioni per il centro. Ampie le possibilità di parcheggio nei dintorni (at-tenzione però al sabato, giorno di mercato), anche se per i club che si organizzano segnalando all’uf� -cio Comunicazioni dell’A.S.I. (011.8198358, tutte le mattine dal lunedì al venerdì) la data di visita, esi-ste la possibilità di parcheggiare le vetture storiche all’interno del parco. Questi gli orari di apertura della mostra: giovedì e venerdì dalle ore 15.00 alle 23.00; sabato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 23.00; dome-nica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 20.00.La visita alla mostra può essere lo spunto per cono-scere le attrattive turistico-culturali di Torino e dei suoi dintorni, a cominciare suoi musei come l’Egi-zio, il Museo del Cinema, il Museo d’Arte Moderna. Interessante anche la visita alle residenze sabaude di Venaria, Rivoli e Stupinigi. Maggiori informazioni sul sito internet www.turismotorino.org.

UN INVITO SPECIALE ALLE SCUOLELa mostra “Il Designer Segreto” può essere un ot-timo spunto per presentare a scolari e studenti la storia dell’automobile attraverso il design e la pro-gettazione. Per questo motivo la redazione de La Manovella si fa promotrice di visite guidate da effettuarsi su appuntamento, che si può � ssare telefonando in re-dazione allo 011.3272595.

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Nato a Roma il 25 giugno 1907 da famiglia pie-montese, Mario Revelli de Beaumont (d’ora in poi lo chiameremo di Beaumont) fu indiriz-

zato all’attività del padre - inventore - allo studio della meccanica. Trasferitosi subito a Grugliasco, ad appena 17 anni progettò insieme al fratello Gino una moto-cicletta da corsa che condusse al successo nel 1925 al Gran Premio di Monza. Negli stessi anni si dedicò al disegno e alla progettazione di carrozzerie automobili-stiche nella forma contrattuale, allora del tutto insolita, di consulente dei carrozzieri.Nel 1927 presentò i primi � gurini a Giovanni Farina, titolare dell’antica carrozzeria Stabilimenti Farina. Altri li cedette alle carrozzerie Montescani, Ghia, Ca-saro, Carrozzeria Moderna, Sala e Castagna. Risale al 1927 il suo primo brevetto, ottenuto sul progetto di un de� ettore laterale per � nestrini di autoveicoli.Dal 1929 al 1931 collaborò esclusivamente con Fiat Sezione Carrozzerie Speciali, riprendendo in seguito l’attività come libero professionista anche per la Fiat, collaborando al progetto della 1500 6 cilindri e di altre vetture del periodo. In parallelo iniziava un’importan-te forma di consulenza con le carrozzerie Pinin Fari-na, Viotti e Bertone. Dello stesso periodo sono alcune soluzioni per la componentistica, come i paraurti con respingenti deformabili, un nuovo tipo di alzacristalli, una serratura per portiere a tenuta verticale.Tra le collaborazioni all’estero, da segnalare quella del 1935 con la Rolls-Royce, tramite la carrozzeria Win-dover. Dello stesso periodo sono i progetti legati alla Maserati 1500 da record e alla monoposto con motore stellare Monaco-Trossi. Parallelamente si occupa anche di progetti legati agli antesignani del monovolume, con motore a scoppio e anche elettrico. Nel 1938 realizza il prototipo di una vettura elettrica a 2 posti. Dopo la se-conda guerra mondiale riprese la collaborazione con la Pinin Farina e con la Fiat, poi con la Camsa e la Simca.Dal 1952 al 1954 lavorò negli Stati Uniti, collaborando con la General Motors per lo studio delle prime vettu-re compact. Rientrato in Europa, dal 1955 organizzò e diresse gli studi di nuovi modelli Simca, tra cui la 1000, prodotta per 17 anni in oltre 3 milioni di esemplari.Cessata nel 1963 la collaborazione con Simca, Mario Revelli proseguì la sua attività a Grugliasco, dedicando-si anche all’insegnamento nell’Art Center of Design di Pasadena (in California) e della Scuola di Arte Applicata e Design di Torino. Si è spento nel 1985 a Grugliasco.

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LA “CLANDESTINA”È fi rmata da Bertone ma le linee originali di questa Fiat 1500 Coupé risalgono al “Designer segreto”Lo stile è molto avanzato, netto il distacco con le vetture sue contemporanee

di Luca Gastaldi - foto Maggi&Maggi

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Nella pagina a sinistra, la Fiat 1500 Coupé Bertone davanti al Museo Nicolis di Villafranca (VR) dov’è custodita.In questa pagina, in alto, non è solo l’effetto dell’obiettivo fotogra� co a rendere prominente il cofano della 1500 perché la parte anteriore della vettura è realmente molto lunga; in basso, il piccolo lunotto posteriore.

S i compie un primo giro intorno alla vettu-ra. Se ne completa un secondo, con sguar-

do più attento. Ma anche dopo il terzo, seguito da un principio di giramento di testa, in questa Fiat 1500 Coupé Bertone non si trova una linea diritta. Al di fuori delle bacchette laterali degli indicatori di direzione, quest’opera di Mario Revelli di Beaumont è tutta una linea curva, tutto un insieme di morbide e sensuali linee curve. A partire dal frontale, dove non passa inosservata la cromata calandra a “tre petali”: la sua forma risulta bombata sia nella vista anteriore, sia in quella laterale. Dalle estremità della calandra si generano due “onde” lunghe e affusolate, che formano i parafanghi ante-riori e posteriori, uniti in un’unica linea che si abbas-sa e si restringe in prossimità delle portiere. Supera-te le ruote posteriori, le onde scemano morbide e si chiudono in due pinne appena accennate e prive di fanaleria. La parte posteriore non si distacca molto dai promi-nenti laterali: dalla linea di base raggiunge il padi-glione con una lieve curvatura. Il lunotto è di dimensioni ridotte, quasi a non voler disturbare la vista non di chi conduce l’auto ma piut-tosto di chi la osserva da dietro.

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Questa 1500 Bertone si distingue nettamente dalle altre vetture fuoriserie prodotte sia prima sia dopo la seconda guerra mondiale. È dif� cile stabilire con esattezza la data della sua nascita. Di certo il telaio è datato 1941. Ma in que-sto periodo la produzione di automobili di lusso è praticamente paralizzata. Le fabbriche e i carrozzieri come Bertone sono impegnati nella costruzione di veicoli bellici, i materiali pregiati sono dif� cili da reperire e da utilizzare. Pare comunque che questa 1500 coupé risalga proprio agli anni della guerra, or-dinata allo stesso Bertone da un uf� ciale dell’eser-cito. Costruita quindi in gran segreto. L’esemplare è rimasto unico, disegnato da Revelli di Beaumont, che di Fiat 1500 se ne intende parecchio, considerato che fece parte dell’équipe di progettazione della vet-tura di serie presentata nel 1935 al Salone di Milano. Nata nel ‘41 o nel ‘45 poco importa: la 1500 Bertone rimane un pezzo signi� cativo nel panorama generale della produzione automobilistica. Sfogliando libri, manuali ed enciclopedie si può notare il netto distac-co tra questa coupé e le vetture sue contemporanee o precedenti, soprattutto nella parte frontale.

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In alto, sulle � ancate è evidente la lunga “onda” che dal parafango anteriore arriva � no all’estremità della coda; al centro, molto pulita e quasi piatta la linea della parte posteriore; in basso, nonostante le misure del passo siano invariate rispetto alla 1500 di serie, si sono allungati gli sbalzi anteriore e posteriore.

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In alto, la calandra cromata si sviluppa nelle tre dimensioni: in altezza, larghezza e anche in profondità con una artistica bombatura nella parte inferiore. In basso, i parafanghi posteriori si raccordano con la carrozzeria, formando delle pinne appena accennate.

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Non esistono spigoli, non presenta il classico “mu-sone” tanto in voga all’epoca e negli anni seguenti sotto l’in� usso delle americane. Da segnalare che, dopo la 1500 Victoria realizzata da Pininfarina nel 1936, quella di Bertone è la seconda variante coupé costruita su telaio 1500. Una volta aperta la portiera dell’abitacolo ci si affac-cia in un ambiente molto raf� nato ed elegante. La scelta cromatica del marrone in due tonalità (chia-ra per i rivestimenti in panno e scura per cruscotto e cornici dei vetri) si rivela adeguata al tipo di automo-bile, trasmette calore e concretezza. La strumentazione è “mista”, con due grandi elemen-ti rotondi alle estremità (contachilometri a sinistra e orologio a destra) e tre manometri rettangolari al centro della plancia uniti in un sol blocco. Il primo a sinistra è un curioso inclinometro (come quelli uti-lizzati sulle moderne fuoristrada, ma francamente ci sfugge la sua utilità a bordo della 1500 Coupé Berto-ne datata 1941…), seguito dal segnalatore del livello carburante e dal manometro dell’olio. Di fronte al passeggero, nascosto dall’ef� gie di San Cristoforo, c’è il posacenere estraibile. Degna di nota anche la lunga leva del cambio: dal pavimento “punta” dritta sotto la plancia � no ad effettuare una doppia cur-

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In alto, l’elegante abitacolo in due tonalità di marrone.A destra, la plancia con strumentazione “mista”: elementi circolari per contachilometri e orologio (a destra e sinistra) e rettangolari per inclino-metro, livello carburante e pressione olio (al centro); l’elaborata leva del cambio; San Cristoforo “nasconde” il posacenere estraibile (in basso).

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vatura che le permette di spuntare al di sotto della stessa. Molto d’effetto ma non altrettanto comoda da manovrare. La meccanica non si discosta dalla 1500 di serie, della quale mantiene il telaio (con le stesse misure di passo e carreggiate) ed il motore 6 cilin-dri in linea da 1.493 cm3 (letteralmente “annegato” nell’immenso vano motore della Bertone).

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CARATTERISTICHE TECNICHE

MOTORE

anteriore longitudinale, 6 cilindri in linea, 1.493 cm3, alesaggio e corsa 65x75 mm, rapporto di compressione 5,7:1, potenza massima 45 CV a 4400 giri/minuto, coppia massima 11,6 mkg, valvole in testa

TRASMISSIONE

trazione posteriore, albero sdoppiato, frizione monodisco, cambio a 4 velocità+Rm

STERZO

vite e rullo

FRENI

a tamburo sulle 4 ruote con impianto idraulico

SOSPENSIONI

anteriori a ruote indipendenti, molle a elica, ammortizzatori idraulici; posteriori ad assale rigido, balestre, ammortizzatori telescopici

RUOTE E PNEUMATICI

ruote a disco, pneumatici 5,00x16

DIMENSIONI E PESI

passo 2.800 mm, carreggiata ant. 1.304 mm, post. 1.344 mm; peso a vuoto kg 1.070

PRESTAZIONI

velocità massima 115 km/hIn alto, l’indicatore di direzione a bacchetta.In basso, il motore 6 cilindri in linea della 1500 occupa la metà dello spazio nel grande vano motore.

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