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L’ANPI verso il congresso: c’é molto da lavorare Renato Romagnoli * L ’autunno da il via all’attività congressuale. Esso segna una svolta nella vita associativa dell’ANPI. Il dibattito, oltre a trattare i temi che sono alla base della nostra esistenza, dovrà dire la propria opinione sul momento politico nel quale ci muoviamo. Il Paese vive una fase, che si potrebbe dire, di complesse incer- tezze. La crisi economica persisten- te, s’inserisce in un clima di disa- gio che investe più o meno grave- mente la fisionomia e la struttura dei partiti i quali dovrebbero rap- presentare il baluardo del sistema democratico, così com’è delineato nella Carta Costituzionale. Organo dell’ANPI Provinciale di Bologna - Anno XIII - Numero 3 - Settembre-Ottobre 2015 > segue a pag. 2 > Articolo a pag. 13 POSTE ITALIANE Spa - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) ART. 1 comma 2 aut. N. 080016 del 10/03/2008 - DCB - BO L’Università di Bologna dalla fascistizzazione alla Resistenza unitaria I l ricattatorio obbligo di giurare fedeltà al regime dittatoriale respinto dal prof. Bartolo Nigrisoli e pochi altri. Già nel 1925 un nucleo di insigni docenti dette segno di straordinaria vitalità antifascista. Con le leggi razziali ben 39 docenti e studiosi espulsi dai ruoli accademici dell’Al- ma Mater. Rinascita e consolidamento dei gruppi politici e poi creazione di vere formazioni di lotta armata. Imprimiamo un’accelerazione a tesseramento e proselitismo A bbiamo superato da non molto metà del percorso annuale che impegna l’intera struttura organizzativa dell’ANPI: il tesseramento accompagnato dal prose- litismo. I risultati conseguiti fino allo scorso settembre sono indubbiamente interessanti, per quanto difformi da sezione a sezione. Si vedono infatti numeri ormai vicini ai dati dello scorso anno, altri ancora distanti. Si tratta dunque di impri- mere la necessaria accelerazione per arrivare al risultato gene- rale, mobilitando – laddove si registra qualche ritardo – ogni energia e con le opportune iniziative. Auguri alla scuola A l mondo della scuola tutto, l’ANPI provinciale di Bologna rivolge il cordiale augurio di buon lavoro nell’anno di studio 2015-2016. Con l’auspicio di fruttuosi risultati previsti dal protocollo Ministero dell’Istruzione - ANPI nazionale sui temi fonda- mentali della Resistenza e della Costituzione. > segue a pag. 4 > segue a pag. 3 Anni difficili nei quali la speranza del ritorno alla libertà è stata mantenuta viva nonostante la repressione Manifestazioni in città e provincia per il 70° Appuntamento a Porta Lame per celebrare la battaglia del 7 novembre Il secolo di “Bulow” e di “Mimma” N elle pagine di questo numero della rivista sono contenuti articoli dedicati ad Arrigo Boldrini “Bulow” ed a Irma Bandiera “Mimma”, due figure che appartengono al patrimonio patriottico del nostro Paese, nel centenario della loro nascita. Il 1915 un anno funesto per l’entrata dell’Italia nella prima Guerra Mondiale. Entrambi si sono battuti per la pace. >segue da pag.10

Resistenza n. 3 anno 2015

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la rivista dell'ANPI provinciale di Bologna - Anno XIII numero 3 settembre-ottobre 2015

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Page 1: Resistenza n. 3 anno 2015

L’ANPI versoil congresso:c’é molto da lavorare

Renato Romagnoli *

L’autunno da il via all’attività congressuale. Esso segna una svolta nella vita associativa

dell’ANPI. Il dibattito, oltre a trattare i temi che sono alla base della nostra esistenza, dovrà dire la propria opinione sul momento politico nel quale ci muoviamo.Il Paese vive una fase, che si potrebbe dire, di complesse incer-tezze. La crisi economica persisten-te, s’inserisce in un clima di disa-gio che investe più o meno grave-mente la fisionomia e la struttura dei partiti i quali dovrebbero rap-presentare il baluardo del sistema democratico, così com’è delineato nella Carta Costituzionale.

Organo dell’ANPI Provinciale di Bologna - Anno XIII - Numero 3 - Settembre-Ottobre 2015

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> Articolo a pag. 13

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L’Università di Bolognadalla fascistizzazione

alla Resistenza unitaria

Il ricattatorio obbligo di giurare fedeltà al regime dittatoriale respinto dal prof. Bartolo Nigrisoli e pochi altri. Già nel 1925 un nucleo di insigni docenti dette segno di straordinaria vitalità antifascista. Con le

leggi razziali ben 39 docenti e studiosi espulsi dai ruoli accademici dell’Al-ma Mater. Rinascita e consolidamento dei gruppi politici e poi creazione di vere formazioni di lotta armata.

Imprimiamo un’accelerazione a tesseramento e proselitismo

Abbiamo superato da non molto metà del percorso annuale che impegna l’intera struttura organizzativa dell’ANPI: il tesseramento accompagnato dal prose-

litismo. I risultati conseguiti fino allo scorso settembre sono indubbiamente interessanti, per quanto difformi da sezione a sezione. Si vedono infatti numeri ormai vicini ai dati dello scorso anno, altri ancora distanti. Si tratta dunque di impri-mere la necessaria accelerazione per arrivare al risultato gene-rale, mobilitando – laddove si registra qualche ritardo – ogni energia e con le opportune iniziative.

Auguri alla scuola

Al mondo della scuola tutto, l’ANPI provinciale di Bologna rivolge il cordiale

augurio di buon lavoro nell’anno di studio 2015-2016. Con l’auspicio di fruttuosi risultati previsti dal protocollo Ministero dell’Istruzione - ANPI nazionale sui temi fonda-mentali della Resistenza e della Costituzione.

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Anni difficili nei quali la speranza del ritorno alla libertà è stata mantenuta viva nonostante la repressione

Manifestazioni in città e provincia per il 70°

Appuntamentoa Porta Lameper celebrare la battagliadel 7 novembre

Il secolo di “Bulow” e di “Mimma”

Nelle pagine di questo numero della rivista sono contenuti articoli dedicati ad Arrigo Boldrini “Bulow” ed a Irma Bandiera

“Mimma”, due figure che appartengono al patrimonio patriottico del nostro Paese, nel centenario della loro nascita. Il 1915 un anno funesto per l’entrata dell’Italia

nella prima Guerra Mondiale. Entrambi si sono battuti per la pace.

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Il disinteresse assai diffuso nei con-fronti della politica attiva, la non partecipazione, che sfocia nell’impor-si elettoralmente, nel qualunquismo populista deve preoccuparci, perché la deriva può facilmente indurre a posizioni tipo “un uomo solo al comando”, la cui nefasta esperienza è già stata vissuta dal popolo italiano.Le ragioni partono fondamentalmen-te, dalla nascita e dall’impostazione della non politica dei cosiddetti movi-menti (leggasi Lega Nord e Cinque Stelle), che fondano esclusivamente il loro programma, nella lotta ai diversi, i primi, e nel contestare ogni cosa, senza fare proposte alternative, i secondi. Il corso naturale dell’ANPI conoscerà cambiamenti, prende spa-zio a pieno titolo e con le carte in regola la stagione antifascista, con tutte le motivazioni politiche, econo-miche e sociali, che distinse la scelta resistenziale. Ci sono compiti e obiet-tivi, diciamo normali, sui quali pre-disporre la campagna congressuale, ma se ci convinciamo che siamo a una svolta epocale, i problemi da porre e risolvere acquistano nuove dimen-sioni. Intanto, anzitutto, il lavoro preparatorio dei congressi sezionali, per avere presenti ai relativi lavori, un numero consistente e qualificante di iscritti e dibattiti che affrontino i problemi che il domani ci metterà di fronte, fermi restanti i pilastri del nostro essere, la salvaguardia della Costituzione e il fronte antifascista.Noi siamo, anche numericamente parlando, una forza significativa, ma non sempre riusciamo ad esprimerla in modo adeguato per incidere nella conoscenza della storia e per salva-guardare il principio della memoria.Quindi il problema della conoscenza rimane uno dei pilastri cui porre l’attenzione programmatica e su que-sto terreno va rivisto il rapporto con

l’Istituto Storico, (che non esiste o ha basi, anziché di collaborazione, di presunta preminenza o addirittura di contrasto, il che è fuori della logica).Sulla Costituzione, dobbiamo pren-dere atto che negli ultimi tempi i tentativi di travolgerne molte parti, si sono intensificati. In questa attività c’è una gara a preparare il peggio, nella quale è difficile distinguere la sinistra, vedi Senato, dove si toglie il diritto dell’elettorato.La posizione dell’ANPI è molto chia-ra: la Costituzione si applica, non si modifica, producendo le normative per renderla attuabile, in tutti i suoi aspetti. Sul piano della concreta real-tà, dobbiamo intensificare la nostra presenza didattica nelle varie artico-lazioni del mondo della scuola - e più in generale del sapere - nel contempo condurre una serrata battaglia perchè gli autori di testi scolastici diano la giusta dimensione e chiarezza sui valori, che nella storia italiana ha rappresentato la Lotta di Liberazione.

Sul problema dell’antifascismo, deve essere posto maggiore attenzione alla sottovalutazione di troppi, per non dire tutti, di quanti dovrebbero dare corpo attuativa alla Costituzione, che vieta ogni forma che faccia riferimen-to alla ideologia fascista, applicando le leggi Scelba e Mancino. Intendo: Prefetture; Questure; Magistratura, ognuna nelle parti di competenza.Per quanto riguarda il problema dei nuovi fascismi, il fenomeno non è solo italiano, ma europeo, in qualche caso fino al livello governativo.Troppo comodo riferirsi, per non intervenire, quando la situazione lo richiede, a inadeguatezze delle norme attuative. Se c’è del “vero” ostile ci si dia da fare perché si ovvi alle insuf-ficienze, perché non è facoltà, ma obbligo applicare la Costituzione.In molti aspetti del dibattito politico, dobbiamo dare più ampio spazio ai rapporti con i partiti democratici, naturalmente rimanendo ognuno nel proprio ambito, e con il complesso dell’associazionismo, che tanto spa-zio, in ogni settore della società civile ha saputo realizzare, cominciando con l’invitarli al nostro congresso.Siamo una forza numerica, facciamola divenire attività politica. Abbiamo una storia alle spalle da tramandare, perché diventi compiutamente patri-monio delle giovani generazioni. I mesi che ci dividono dall’assise nazionale, riempiamoli di presenza incisiva di programmi che uniscono, a partire da quanti hanno a cuore il futuro dell’Italia.Come prassi dei precedenti congressi, apriremo una sottoscrizione di soste-gno alle spese che un congresso degno di questo nome comporteranno. Con l’augurio a tutti noi di buon lavoro, diamoci da fare.

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L’ANPI verso il congresso 1945 2015

Dal cimitero di AmburgoI resti di nostri soldatiriportati a BolognaIl 25 settembre scorso l'ANPI provinciale di Bologna è stata invitata dal Comando Esercito Emilia Romagna alla Messa pres-so il circolo sottoufficiali di via Urbana, 8 in suffragio dei resti mineralizzati di caduti della Seconda Guerra Mondiale provenienti dal Cimitero militare italia-no d'onore di Amburgo in Germania che saranno consegnati alle rispettive fami-glie. La nostra Associazione era presente con il Gonfalone delle Medaglie d'Oro e d'Argento al Valor Militare conferite a partigiane e partigiani di città e pro-vincia.

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tamenti ad opera di una pattuglia di repubblichini venne stroncata dal fuoco dei partigiani. A questo punto scoppiò il combattimento nel quale i tedeschi schierarono alcuni carri arma-ti tigre le cui cannonate demolirono parte del muro di facciata. Una parte dei partigiani riuscirono ad eclissarsi mentre sei persero la vita.Nel successivo 9 dicembre in seguito a spiata venne scoperta l’Inferme-ria partigiana di via Duca d’Aosta (attuale via Andrea Costa) nella quale erano degenti i feriti di Porta Lame e della bolognina. I 14 partigiani feriti vennero tutti fucilati.A Marzabotto nella ricorrenza dell’Eccidio di Monte Sole, tra le tante iniziative, il 3 ottobre scorso si è tenu-to un convegno nella sala consiliare del Comune dal titolo La “Memoria alla base del futuro” che è stato introdotto da Maria Grazia Zepellini ed al quale hanno partecipato i docenti univer-sitari di Bologna Patrizia Dogliani e Cinzia Venturoli ed il prof Paolo Pezzino dell’Università di Pisa. Ha concluso i lavori l’on. Valter Veltroni. Domenica 4 ottobre si è svolta la com-memorazione ufficiale in Piazza dei Martiri delle Fosse Ardeatine dove sono intervenuti Valter Cardi, presi-dente Comitato onoranze ai Caduti di Marzabotto, Romano Franchi sindaco della città, Riccardo Noury portavoce di Amnesty International e Camil

Appuntamentoa Porta Lameper celebrare la battaglia

del 7 novembre

Volge al culmine il denso pro-gramma di manifestazioni quest’anno particolarmente

organizzate in occasione del 7O° della Resistenza e della Lotta di Liberazione. Molteplici le iniziative in città e nei significativi luoghi degli eventi della provincia.Sabato 7 novembre, alle ore 11, giorno del 1944 in cui fu combattuta l’aspra battaglia di Porta Lame dalla 7ª Brigata GAP contro ingenti forze nazi-fasciste, l’incontro rievocativo partirà dal giardino di via Azzo Gardino che fu epicentro dell’intera giornata di combattimento, essendo all’epoca il luogo in cui sorgeva la palazzina scelta quale sede del comando partigiano. Allo stato attuale al posto dell’edificio vi è un cippo che ricorda la base par-tigiana.Nello stesso luogo un cartiglio ricorda il nome di John Klemlen, nome di battaglia “Gianni”, indicato originario della Nuova Zelanda, ma in realtà egli era il tenente dell’aviazione militare sudafricana Samuel Schneider in mis-sione di guerra. Il suo velivolo, colpito dalla contraerea tedesca mentre sor-volava Casalecchio di Reno, fu da lui abbandonato con lancio di paracadute che atterrò nella zona di Calderara. Soccorso da contadini decise di unirsi alla Resistenza entrando a far parte della 7ª GAP. Cadde sul far della sera, colpito dal fuoco nemico. Dodici i par-tigiani che persero la vita e 15 i feriti. I fascisti della brigata nera e della guardia repubblichina morti furono 19, mentre restò segreto il numero dei tedeschi.Alle ore 11.30 a Porta Lame il pre-sidente dell’ANPI provinciale di Bologna Renato Romagnoli terrà l’o-razione solenne alla quale farà seguito alle ore 12 il picchetto militare in onore dei Caduti.Ulteriore battaglia con parte dei gap-pisti di Porta Lame avvenne il 15 novembre dello stesso anno nel rione bolognina. L’esplorazione degli appar-

Durakovic sindaco di Sebrenica. Il 10 ottobre al cavalcavia di Casalecchio di Reno si è tenuta la cerimonia di com-memorazione dei Caduti trucidati in quel luogo.Quest’anno il ricordo degli assasinii perpetrati dai fascisti al Poligono di tiro a segno della zona Santa Viola è organizzato insieme al liceo Rosa Luxemburg che ha elaborato un pro-getto su questo luogo della Memoria dove sono stati fucilati oltre 200 tra partigiani e cittadini di diverse pro-vincie che avrà luogo il 30 ottobre p.v.Nel prossimo dicembre sul colle di Sabbiuno di Paderno si onoreranno i 100 partigiani e civili tratti dal carcere di San Giovanni in Monte, fucilati e fatti rotolare nei calanchi fangosi. Il 27 settembre scorso a Ronchidoso di Gaggio Montano si è svolta la commemorazione a ricordo della stra-ge di 67 partigiani e civili della zona. L’orazione è stata tenuta dal Vicario nazionale dell’ANPI Luciano Guerzoni.Nella stessa data A Ca’ Berna (Lizzano in Belvedere) sono stati ricordati i ventotto abitanti e due par-tigiani sterminati dai tedeschi.Nella stessa giornata domenicale a Ca’ di Guzzo (Casalfiumanese) è stata ricordata, a cura dell’ANPI circonda-riale di Imola, la battaglia tra parti-giani della 36ª Brigata “Bianconcini” ed ingenti forze di paracadutisti ed SS tedesche. Fortissime le perdite da entrambe le parti (20 tra partigiani e civili). I partecipanti alla manifestazio-ne sono saliti per sentieri per visitare il restauro (ancora parziale) dell’edifi-cio finora diroccato. Successivamente alla rotonda della sottostante frazione Belvedere (Castel di Casio) è seguita la celebrazione ufficiale.A Casteldebole (Borgo Panigale) saranno onorati i 20 partigiani della Compagnia comando della 63ª Brigata “Bolero” caduti nella battaglia del 30 ottobre 1944.

Manifestazioni in città e provincia per il 70° della Resistenza e della Lotta di Liberazione

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Nelle sezioni ANPI di Imola e Circondario

Un buon passo avanticon 90 nuovi iscritti ed iniziative di valore

Bruno Solaroli*

Il 2015, settantesimo anniver-sario della Resistenza e della Liberazione, per l’ANPI di Imola

e del suo Circondario si sta dimo-strando un anno eccezionale e di grande interesse. Alle tante iniziative con le quali si è coperto il territo-rio circondariale è arriso un risul-tato grande e nettamente superiore agli andamenti degli anni prece-denti: ottima partecipazione, calo-re e adesione alla memoria storica della Resistenza e alla sua proiezione

sui grandi valori che l’associazione è impegnata a rilanciare e a far vivere, nuove adesioni necessarie per costrui-re la nuova ANPI antifascista e per avvicendare partigiane e partigiani che per motivi naturali purtroppo ci lasciano. E in particolare grande coinvolgi-mente e partecipazione delle scuole e nelle scuole: la bella iniziativa dall’o-riginale titolo “Quando un posto diventa un luogo” sostenuta dalle scuole, dalle Amministrazioni comu-

nali, dall’ANPI e dal Centro imolese di Documentazione della Resistenza e dell’Antifascismo (CIDRA), che ha visto la creativa reinaugurazione da parte dei ragazzi e degli studenti di oltre venti monumenti a ricordo, si e’ rivelata uno strumento ecceziona-le per partecipazione e per efficacia conoscitiva. Tanto e’ che, insieme, i protagonisti stanno facendo il punto anche per vedere come mantenerla in attività, con elementi di novità, anche nel 2016. Ma le iniziative sono state tante e tutte di successo per cui non è possi-bile fermarsi a commenti singoli È certo che la celebrazione del 70° ci ha fatto fare un passo avanti soprat-tutto quando al centro abbiamo posto i grandi valori della Resistenza, dive-nuti principi della Costituzione, par-ticolarmente essenziali oggi. Essere sportello di valori (pace, con-vivenza ed integrazione, liberta’ e democrazia, solidarieta’ e giusti-zia, etica e comunita’, umanesimo) non solo serve all’Italia, all’Europa

Imprimiamo un’accelerazione a tesseramento e proselitismo

Abbiamo superato da non molto metà del per-corso annuale che impegna l’intera struttu-ra organizzativa dell’ANPI: il tesseramento

accompagnato dal proselitismo. I risultati conse-guiti fino allo scorso settembre sono indubbiamente interessanti, per quanto difformi da sezione a sezio-ne. Si vedono infatti numeri ormai vicini ai dati dello scorso anno, altri ancora distanti. Si tratta dunque di imprimere la necessaria accelerazione per arrivare al risultato generale, mobilitando – laddove si registra qualche ritardo – ogni energia e con le opportune iniziative. Si tratta, in definitiva, di stabilire il contatto con tutti i precedenti iscritti (che per vari motivi non hanno ancora rinnovato la tessera), e ancora più importante, aprire il rapporto personale con le tante persone che abbiamo visto partecipare alle nostre manifestazioni del 70° della Resistenza e della Lotta di Liberazione nazionale. Queste ultime rappresentano il potenziale “bacino”

dell’antifascismo, di cui vi è tanta necessità specialmen-te in una fase assai delicata in Italia, e diciamo pure in Europa. Un “bacino” che contiene la gioventù, peraltro tormentata da difficoltà sul terreno dell’occupazione, cui l’ANPI si rivolge per infonderle fiducia. La gioventù dei luoghi di lavoro. La gioventù della scuola e dell’U-niversità, con la quale viviamo spesso, condividendoli, momenti di natura culturale, vitali per la difesa e lo svi-luppo della democrazia nel Paese. Sono dunque i luoghi da praticare per imprimere sostanza a quella che l’ANPI ha definito la “stagione antifascista”. Avviamoci dunque al termine dell’annuale campagna del tesseramento e proselitismo con migliori risultati. La democrazia lo esige.Diamo conto infine dello stato del tesseramento alla data odierna:4752 iscritti pari al 70% rispetto al dato complessivo dello scorso anno.

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I dati del tesseramento Nel circondario di Imola siamo a 1285 tessere pari al 96 per cento con 90 nuovi iscritti e con le seguen-ti sezioni al 100 per cento e oltre: Castel San Pietro Terme, Dozza, Casalfiumanese, Borgo Tossignano,

quattro “ragazzi” ventenni che nella loca-lità periferica “Muffa” furono fucilati dai fascisti il 24 agosto 1944.Durante la cerimonia hanno preso la paro-la anche la presidente della Municipalità di Crespellano Angela Alimonti ed il presidente dell’ANPI locale il partigiano Anselmo Drusiani.Infine è intervenuto il presidente provin-ciale dell’associazione Renato Romagnoli ricordando i fratelli Franco e Settimo Del Rio che combatterono insieme a lui nella 7ª GAP e furono trucidati in seguito alla scoperta dell’Infermeria partigiana il 9 dicembre ‘44. “Italiano” ha sottolineato il contributo pagato con la vita dai trenta-cinque antifascisti e partigiani crespella-nesi uccisi durante la dittatura e poi nella Resistenza ed ha ribadito il ruolo priori-tario della nostra Associazione: il presidio Antifascista nella società democratica e la salvaguardia della Costituzione nata dalla Lotta di Liberazione nazionale.Alla fine è stato tagliato il nastro e scoper-ta la targa della sede ANPI.

e al Mondo, non solo combatte le inaccettabili nefandezze delle deri-ve populiste, qualunquiste, neofa-sciste, ma mostra la vera natura vincente dell’ANPI, quale erede delle conquiste della Resistenza e della Liberazione. Purtroppo pare che que-sta consapevolezza non ci sia neppure in taluni ambiti dell’ANPI. Troppo spesso appare e prevale un dibatti-to vecchio, rivolto all’indietro, e si avverte il male della crisi dei par-titi. L’abbiamo detto e lo ripetiamo l’ANPI non è un partito e non è un sindacato: è una Forza morale, non moralistica. Una Forza che si fonda e vive sui grandi valori. Una forza uni-taria e plurale come fu la Resistenza.E credo che sulla identità e sulla funzione dovrà cimentarsi fruttuo-samente l’ormai vicino svolgimento del congresso nazionale, così come ogni struttura dell’associazione dovrà impegnarsi in uno sforzo per una ANPI presente e organizzata ovun-que, dinamica, aperta, attraente e utile alle persone e alle comunità locali, nazionali ed europee. Lasciamo ai partiti quello che è dei partiti e così per i sindacati e le asso-ciazioni sociali.La esperienza di questo Settantesimo ci insegna anche sul versante delle adesioni e della forza organizzata. Ci si iscrive all’ANPI perche’ ci consi-derano ancora “i partigiani” o perchè vedono in noi la presenza, vitalità e forza dei grandi valori. E su questo terreno è garantito uno spazio deci-sivo e fondamentale ai partigiani ancora in campo, anzi sono insosti-tuibili Ad Imola e circondario pur con qualche difetto abbiamo cercato di operare in tal senso. Certo appena appena, ma senza una svolta adegua-ta e generale a partire dalla dimen-sione nazionale è impossibile essere e apparire come la nuova ANPI. Noi cercheremo comunque di continuare rafforzando questa impostazione che ci ha portato circa 90 iscritti nuovi. E dobbiamo andare ben oltre per vince-re, nell’obiettivo entusiasmante della nuova ANPI antifascista.

Inaugurata a Crespellano la nuova sezione ANPI comunale

Stare dall’unica parte giusta ed impe-gnarsi per mantenere la memoria degli eventi riguardanti la Resistenza

nel nostro territorio”. È con queste parole che il sindaco della Valsamoggia Daniele Ruscigno è intervenuto alla iniziativa di inaugurazione della sede dell’ANPI di Crespellano in Largo Don Dossetti, 10 in pieno centro del paese. Ciò è stato possibile, ha continuato il sindaco, grazie alla razio-nalizzazione dell’uso degli spazi pubblici affidandoli alle componenti culturali e sociali della comunità locale. Nello stesso immobile sonassegnati locali anche alla Pro Loco ed all’ANT. Enrico Biagi, segretario della sezione ed instancabile animatore, ha ricordato i

Fontanelice, Sassoleone. Ad Imola siamo a 853 tessere, ne mancano 16 al 100 per cento con 58 nuovi iscritti.

*Presidente ANPI di Imolae Circondario

Crespellano 26 settembre 2015. Da sinistra: Enrico Biagi, Renato Romagnoli, il sindaco Daniele Ruscigno, Anselmo Drusiani e Pietro Ospitali

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È evidente a tutti noi che il prossimo Congresso ANPI

rappresenta la svolta essen-ziale per l’Associazione. A Bologna abbiamo una gran-de risorsa. Quella di avere Renato Romagnoli con noi a presiederla in maniera atti-va e proficua; con lui Gildo Bugni segretario provincia-le. Ed è proprio dall’attività di quest’anno che emerge il fatto che abbiamo un pre-sidente autorevole, critico quando c’è ne stato bisogno, costruttivo nelle iniziative.Tutto ciò non modifica però l’esigenza rigorosa di valutare nei lavori precongressulai la situazione generale a livello di dirigenza. Allora bisogna pensare ad un futuro “Antifascista” dell’ANPI, composto da quelle generazioni che negli anni si sono affiancate ai nostri partigiani e ne stanno prose-guendo il cammino.Il compito è arduo. Non si è sufficientemente ancora ... imparato a portare il testimone e tutto quello che com-porta la nostra storia in termini di valori che ci mettono al centro della politica nazionale. Valori che hanno portato alla nascita della democrazia e che si sono fusi nella Carta Costituzionale, esplicativi del nostro ruolo nella società. Siamo un Ente Morale e rappresentiamo la forza critica del Paese. Facciamo parte di quanti continuano a lottare per un Paese più giusto, più democratico, dove la politica torni a rappresentare il suo ruolo positivamente e cioè la rappresentanza piena dei cittadini e non l’imbroglio ele-vato a ragion d’essere, come le lotte di potere, le mafiosità varie, e quant’altro di negativo è emerso.La politica, quella che ci hanno insegnato ad amare, è l’espressione massima della rappresentanza popolare. I cit-tadini devono tornare a credere nella politica ed esercitare il ruolo importante che la Costituzione ha affidato loro: il diritto di votare in un Paese democratico.Per questo i partiti, come ha scritto più volte il nostro presidente Carlo Smuraglia devono autoriformarsi. L’Italia ha bisogno dei partiti essenziali per la vita democratica, nel momento in cui si manifesta un pericoloso populismo bieco e razzista. Non pochi italiani delusi dalla politica cadono facilmente in questa trappola (vedi anche la metà degli elettori che non vanno alle urne). E così la Lega Nord, che si avvale di vertici al pari delle peggiori destre europee, ed il Movimento 5 Stelle, bloccano un potenziale di voti rendendoli per un verso inutili ma dall’altro peri-colosamente sfruttati. È qui la contraddizione.L’Italia ha bisogno di una sinistra che sia tale ed anche, io

penso, di una destra onesta che svolga seriamente il suo ruolo per il bene del Paese. Oggi questo non è. E qui si afferma al meglio il nostro ruolo. Dobbiamo innanzitutto salvaguardare la memoria della Lotta di Liberazione, portarla alla conoscenza delle nuove generazioni affinché non venga dimen-ticata.Ma dobbiamo anche esse-re presenti sul piano poli-tico a salvaguardia della Costituzione e dei principi

fondamentali che la compongono.L’ANPI non è un partito politico ma a volte è tormentata da spinte partitiche che non le appartengono. Ma, come ci ha insegnato William Michelini, gli iscritti si tolgano la giacca di appartenenza partitica per indossare quella dell’ANPI. Solo così possiamo salvaguardare e far crescere l’Associazione.I partigiani ce lo chiedono, è un dovere morale che noi dobbiamo portare avanti. Occorre intervenire affinché i partiti tornino a parlare di Antifascismo. Il fascismo non è morto. Riappare continuamente e non si tratta più di rigurgiti ma è una tendenza che torna preoccupantemente ad emergere, in Italia come in Europa.Le colonne umane che percorrono a piedi lunghe distanze, i treni che portano gli immigrati, il filo spinato che fa da confine, i poliziotti che picchiano persone disperate ai con-fini con l’Ungheria, rappresentano un segno intollerabile di decadenza, una tendenza al razzismo ed al fascismo. E così Le Pen, Salvini, Farage sono l’emblema di questo pericoloso orientamento.Il fascismo dunque non è morto e noi antifascisti abbia-mo un ruolo importante per svegliare le coscienze dei cittadini. Il nostro compito è anche questo. E ci rende attuali, non solo quindi portatori di memoria ma anche democratici che difendono la Costituzione, ne affermano e diffondono i suoi valori e le conquiste sociali che vanno salvaguardate.Questa è la nostra prospettiva di Antifascisti e sono fidu-cioso che, pur tra tante difficoltà, riusciremo a portarla avanti.

* Segretario organizzativo dell’ANPI provinciale

Un contributoper l’avvio della fase

congressualeAntonio Sciolino*

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Nel momento in cui la scuola sta affinando gli strumen-ti di lavoro per rendere il

più possibile adeguata la risposta ai bisogni della società nazionale, non nascondendoci l’esistenza di molteplici e gravi problemi, riteniamo utile fare riferimento ai temi fondamentali dello studio sulle materie che hanno attinen-za alla formazione intellettuale delle giovani generazioni. Temi fra i quali emergono in tutta la loro importanza, la conoscenza piena della Costituzione repubblicana e dei processi storici che hanno generato la Resistenza, su cui la massima Carta poggia.Come i lettori di questa nostra rivista hanno certo notato non vi è numero nel quale non siano riportati articoli su lezioni in classe o nei siti di eventi trattati sul piano storico. Essi sono il frutto di scelte maturate in scuo-le stesse, per approfondire – anche con la partecipazione di testimoni diretti degli eventi – singoli aspetti, non disgiunti dal quadro d’insieme appunto storico. Va dunque ricono-sciuto merito a docenti, dirigenti sco-lastici, ma anche a singole famiglie le quali, con l’opportuna discrezione, portano a conoscenza temi, itinerari, persone in grado di arricchire il lavo-ro in classe. Varie sezioni cittadine e comunali dell’ANPI accettano poi di buon grado di mettere a disposizione l’apporto di ex partigiani, staffette donne comprese, le cui testimonianze sono molto apprezzate, in particola-re dalle scolaresche. Non va inoltre sottaciuto il contributo organizzativo (ex deportati, associazioni, gruppi gio-vanili) e finanziario per sostenere il

costo di viaggi spesso anche all’estero (Amministrazioni comunali, famiglie), assai prezioso soprattutto in carenza della funzione ufficiale.Ci preme a questo punto compiere il necessario richiamo ad un impegno specifico del governo: quello sotto-scritto nel luglio dello scorso anno dalla titolare del Ministero dell’Istru-zione Università Ricerca (MIUR), Stefania Giannini unitamente al presi-dente dell’ANPI nazionale prof. Carlo Smuraglia, concernente la creazione e lo sviluppo di progetti didattici nelle scuole appunto finalizzati alla divul-gazione dei valori della Costituzione repubblicana “ e degli ideali di demo-crazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale”. Nonché dei punti nodali tali da consentire la conoscenza spe-

cifica dalla Guerra di Liberazione, sia della Resistenza partigiana che delle Forze Armate, con riguardo inoltre alla tragedia dei lager nazisti che tante vittime e sofferenza hanno causato con la deportazione civile e militare.Ricordiamo che la ministra Giannini considerò tale accordo “uno strumento fondamentale per far comprendere a tutti gli studenti il valore della nostra Costituzione e l’importanza della memoria della Resistenza, raccontata anche da chi l’ha vissuta in prima persona”. Dal canto suo il presidente Smuraglia valutò tale accordo “di por-tata (quasi ) storica”.Tempestivamente il protocollo MIUR-ANPI è stato preso in esame dal gruppo di lavoro regionale dell’ANPI Emilia-Romagna, analizzato in ogni sua parte, assunto per renderlo fruibile ai vari livelli – della scuola in partico-lare, oltre che della pubblica ammini-strazione - al fine di rendere concreto lo spessore dell’insegnamento.

Il testo integrale del protocollo è dispo-nibile sul sito nazionale dell’ANPI:http://www.anpi.it/media/uploads/files/2014/07/Protocollo_MIUR_ANPI_240714.pdf

Sui temi fondamentali Costituzione e Resistenza

A quando l’applicazione del protocollo scuola di Ministero e ANPI?

L’ANPI provinciale di Ravenna ha ritenuto opportuno approfondire le tematiche ine-renti il protocollo ANPI- MIUR organizzando un incontro a Cervia, il 10 ottobre (a partire dalle ore 9.30), dal titolo “Buona Scuola e cittadinanza attiva”, che si terrà presso la Sala Musa del Magazzino del Sale. Allo stesso incontro parteciperanno docenti, una rappresentanza di studenti, autorità pubbliche e si enunceranno i criteri e le modalità delle lezioni da tenersi nelle scuole dalle ANPI locali sui temi della lotta di Liberazione e della nascita del nostro Stato di diritto, basato sulla Costituzione.Ad ogni docente e dirigente presente all’iniziativa sarà consegnato l’attestato di par-tecipazione.L’iniziativa vuole essere un primo momento di incontro per favorire l’attuazione del protocollo stesso è quindi sarebbe significativa la presenza qualificata delle ANPI provinciali della nostra Regione.E’ previsto l’intervento del prof. Roberto Balzani docente di Storia contemporanea all’Ateneo bolognese ed una tavola rotonda con il prof. di Pedagogia all’Università di Bologna Andrea Canevaro, Davide Galassi psicologo, Agostina Melucci dirigente dell’Ufficio scolastico di Ravenna ed il rappresentante della Consulta degli studenti di Ravenna. Le conclusioni saranno svolte da Ivano Artioli del Comitato nazionale ANPI, scrittore e già docente di Diritto.

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Ci siamo già occupati in altri articoli su questo giornale di come alcuni testi scolastici di

storia trattano argomenti come il fasci-smo e la Resistenza, verificando come vi fossero, in molti casi, mancanze, omissioni e interpretazioni discutibili, non solo per noi che siamo dichia-ratamente antifascisti, ma per una scuola statale che dovrebbe riconoscersi nei valori espressi dalla Costituzione repubblicana, figlia ed erede ricono-sciuta dei valori antifascisti e della Resistenza. Qui analizziamo un altro manuale di storia e il modo in cui esso tratta gli argomenti suddetti, ricordando che ci occuperemo soprattutto del periodo in cui Mussolini si impadronì del potere e del successivo ventennio fascista, dal conferimento dell’incarico a Mussolini stesso di formare un nuovo governo da parte del re Vittorio Emanuele III di Savoia, nell’autunno del 1922, fino alla conquista dell’Etiopia nel 1936 e alla successiva entrata nella seconda guerra mondiale il 10 Giugno del 1940, al fianco di Hitler che l’aveva scatenata l’anno prima. In particolare c’è questo testo scolasti-co, edito da Paravia e scritto da Chiara Curci, intitolato “Storia-Percorsi sem-plificati - L’età contemporanea”, che quindi si dovrebbe qualificare come adatto per alunni con difficoltà, che

tratteggia in maniera semplice e sin-tetica (visto lo scopo didattico), un quadro, prima della presa del potere del Fascismo e del suo capo poi del suo regime, diciamo così, un po’ par-ticolare. Ne diamo subito alcuni esempi: “ Un

uomo forte di nome Benito Mussolini è riuscito a controllare la rabbia della gente” (pag 28), visto che ”tra il 1919 e il 1920 ci sono stati tanti scioperi e manifestazioni” (ibidem). Poi sullo squadrismo “gli squadristi interveni-vano quando c’era una forte e violenta

Apologia del regime dittatoriale e falsità ad uso di alunni con difficoltà, compresi i figli di stranieri

La Storia mistificatain un testo scolastico

Mussolini? “Uomo forte che ha controllato la rabbia della gente”. Le squadracce fasciste? “Riportavano l’or-dine e placavano i lavoratori”. Ancora il duce: “Apprezzato ed ammirato in Europa e conquistatore di terre in Africa per usare le materie prime”. Un suo “raro errore: le leggi razziali”. “Non voleva entrare in guerra” ma l’Italia non poteva “stare a guardare” le vittorie di Hitler. Sul periodo 1940-45 in Italia, poche righe reticen-ti. C’è ancora molto da fare nell’insegnamento

Massimo Meliconi

Col titolo “Giuseppe Dozza – La rinascita della città” è uscito da poco un nuovo album dedicato al

popolare sindaco Giuseppe Dozza (1901-1974), nella collana Archivi Fotografici di Camera Chiara Edizioni. La pubbli-cazione (pp.127, euro 25,00), ampio for-mato e ricca di immagini in gran parte inedite in quanto conservate dalla fami-glia traccia un rigoroso profilo politico e umano dell’indimenticabile figura di amministratore pubblico. Il quale – dopo la militanza antifascista nella clande-stinità durante la dittatura, nell’emigra-zione politica nel Centro estero del PCI in Francia, nella Resistenza a Bologna col ruolo di membro del Triumvirato insurrezionale – il 21 aprile 1945, giorno della Liberazione, assunse di fatto

il compito, affidatogli dal Comitato di Liberazione e ratificato dal Governo militare alleato della 5 a Armata, di affrontare gli immani problemi generati dalla guerra fascista. Compito svolto per ventuno anni, vale a dire fino al 1966. È scomparso il 28 dicembre 1974 ed il giorno seguente una enorme folla, ascoltando in piazza Maggiore il salu-to estremo dell’allora Sindaco Renato Zanngheri, testimoniò l’affetto generale per l’uomo che era tutt’uno con la città.Il nuovo album fa seguito al precedente dello stesso editore, intitolato “Quando Dozza giocava centravanti – Lo sport e la rinascita di Bologna nel dopoguerra” (pp.159 euro 19,50), messo in libreria nel 2014.L’attuale volume reca, nell’ordine, scritti

In libreria un volume fotografico sull’amato Sindaco

Giuseppe Dozza, un artefice della rinascita di Bologna

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discussione tra gli operai e i lavoratori“ (sic!). Insomma, le squadracce fasci-ste riportavano un po’ d’ordine e … placavano i lavoratori in questo paese immerso nel caos. Dopo aver riconosciuto che il lea-der socialista e deputato Giacomo Matteotti fu rapito e ucciso dai fasci-sti, il testo racconta sommariamen-te com’era l’Italia sotto la dittatura fascista: “I giovani erano protagonisti, in tutti i libri di scuola si parlava di coraggio, di forza fisica e di guerra” (pag.29), poi l’economia era in crisi, ma ”Mussolini ha lottato contro la crisi economica… ha assunto molti disoccupati per bonificare le paludi del Lazio… ha fatto costruire nuove città e ha migliorato la rete ferroviaria” (pag 29). Le magnifiche sorti progressive del regime proseguono con “la politica estera in Africa” (pag. 30) visto che “i capi di Stato europei apprezzavano Mussolini…era ammirato.. e ha con-quistato nuove terre in Africa per usare le materie prime…” (ibidem).

L’unica nota di vero biasimo è il capi-toletto che riguarda le leggi razziali del 1938, a quanto pare un raro errore del regime. Poi l’Italia entra in guerra, anche se “ Mussolini non voleva entra-re in guerra … tuttavia, in un anno e mezzo, la Germania ha conquistato tanti stati, mentre l’Italia stava a guar-dare”… (pag. 44). Si sono qui estrapolati alcuni brani per esemplificare il tono generale del testo, che nella sua semplicità, fornisce un quadro del ventennio a volte edul-corato e in certi punti francamente apologetico, con qualche grossolana falsità storica. La tesi che gli squadri-sti fascisti fossero una specie di tutori dell’ordine volontari è inaccettabile, poi la conquista dell’Etiopia (e le ope-razioni coloniali in Libia) , al netto dei terribili massacri della popolazione anche con gas asfissianti compiuti e vistosamente ignorati da buona parte dei nostri libri di testo di storia. Si può aggiungere che fu un’operazione costosissima e il regime non trovò nes-

suna materia prima, più che altro fu venduta dalla propaganda l’idea della soluzione al problema dell’emigrazio-ne, con risultati di fatto fallimentari. Per non parlare del fatto che Mussolini volle a tutti i costi entrare nella secon-da guerra mondiale, nella folle speran-za di partecipare, a vittoria ottenuta, alla spartizione del bottino. Sul periodo 1943-45 il testo si limita a dire che l’Italia era divisa in due, e che c’erano a nord dei gruppi i quali combattevano i fascisti e i nazisti che si chiamavano partigiani (pag 46). Che degli alunni, magari con difficol-tà, o magari figli di genitori stranieri che devono imparare la nostra lingua e che quindi hanno bisogno di sintesi, debbano leggere testi di storia con questa impostazione ci dà una ulterio-re dimostrazione di come ci sia molta strada ancora da fare sullo studio del ventennio fascista e della Resistenza nelle nostre scuole.

del sindaco Virginio Merola, Valerio Varesi, Enzo Biagi, Michele Smargiassi, Vittorio Lotti, Luigi Arbizzani, Paola Furlan, Giuseppe Dozza, Franco Vannini, Mauro Roda, Gilberto Veronesi, Renato Zangheri.Termina il contributo di Virginio Merola

con la seguente riflessione: “…Oggi, per-sonalmente, nel ruolo di attuale sindaco di Bologna mi appassiona ancora di più parlare e scrivere di lui io seduto alla sua scrivania e nella stanza in cui lavora-va, che oggi è il luogo dove io lavoro. È una emozione ed una responsabilità che

sento tutte le mattine quando mi accingo ad affrontare i problemi e le questioni dell’oggi, senza dimenticare la sua lezio-ne che è ancora tanto attuale.”

V.R.

Bologna, 1945. nella Sala Rossa di Palazzo

d’Accorsio, il sindaco Dozza consegna, l’attesta-to di benemerenza ai rap-presentanti delle Armate

polacche, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna

che hanno partecipato alla liberazione della città

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È il centenario della nascita di Arrigo Boldrini “Bulow” (6 settembre 1915 – 22 gennaio

2008) e nell’occasione ci sono state celebrazioni pubbliche. A Ravenna, alla festa de l’Unità, con documenti e immagini e interventi è stata ricorda-ta l’intelligente Resistenza di cui fu animatore e protagonista in pianura e nelle valli. La sua 28ª Brigata GAP fu tanto forte e presente sul territorio che, allorché gli Alleati da Cervia mossero verso Ravenna, Bulow inter-venne e li convinse a non bombardare, per evitare la distruzione dell’ingente patrimonio artistico e culturale, per-ché l’avrebbero liberata loro la città: i partigiani. E così fecero ed è per questo che Ravenna è la preziosa “capitale” bizantina di sempre.A questa parte di storia è stato fatto riferimento anche nella celebrazione a Roma nel palazzo di Montecitorio il 15 settembre. Sono intervenuti Laura Bol-drini presidente della Camera, Pietro Grasso presidente del Senato, il nostro presidente ANPI Carlo Smuraglia, Giorgio Napolitano presidente emerito della Repubblica e il professor Alberto De Bernardi. Pubblico numeroso: oltre a delegazioni ANPI nazionali e a nomi storici dell’antifascismo c’erano sindaco, prefetto, questore di Ravenna. Bulow

partecipava sempre alle celebrazioni patriottiche. E s’impegnava affinché la storia del Novecento entrasse nei pro-grammi scolastici delle medie e medie superiori e che la Resistenza venisse ben trattata. Non come succedeva ai docenti che “arrivavano lunghi” a fine anno e per la Lotta di Liberazione non c’era più tempo prima degli scrutini.Ma “Bulow” non aveva per la Resistenza il criterio esclusivo e protettivo che si ha verso una cosa preziosa da mettere in bacheca. Lì. Ferma. Bella. Intoccabi-le. Tutt’altro! La rese attiva nell’equi-librio difficile per non farla né di un partito, né di un altro, né di un altro ancora. La Resistenza per “Bulow” stava oltre le contingenze. “Bulow” come partigiano e come par-lamentare non entra nelle categorie di Claudio Pavone. Quelle, per inter-derci, del saggio “Una guerra civi-le” che tripartisce la Resistenza in guerra civile, guerra di classe, guerra patriottica. Certo, era iscritto al PCI, in un certo periodo legato a Mosca, ma collaborò con gli Alleati e con i Gruppi di Combattimento del rinato Esercito italiano; in particolare con il “Cremona” (da cui i “cremonini”) del generale Clemente Primieri. Valorosi combattenti sul Reno e sul Senio e liberatori insieme alla 28ª brigata. E

poi “Bulow” stesso, e per sua penna, sempre avversò la definizione di Resi-stenza come guerra civile, pur affer-mando che eccessi cruenti ci furono e non vanno nascosti se la si vuole (la Resistenza) fondativa di coscienze civi-che anti-fasciste. Quegli eccessi che il presidente Smuraglia definisce “i lati oscuri”. Piuttosto Bobbio. Norberto Bobbio, senatore a vita, di fronte alla doman-da se “Bulow” fosse da collocare tra i delusi dalla vittoria della Resistenza rispose di no. I delusi furono quelli che volevano la Resistenza come inizio di una rivoluzione del tipo bolscevico e che (ancor oggi) continuano a lamen-tare la “Resistenza tradita”. Bulow non era tra questi. Lui fu uno dei padri della Costituzione che è il prodotto dell’unità tra le parti, e non della pre-varicazione armata di una sull’altra. Fu unitario, indubbiamente. Un uomo che considerò la Resistenza una tappa verso un’Italia nuova da co-struire con la politica in democrazia.Più che per una cultura reducista Bulow fu per una cultura che guarda al mondo che cambia sapendo che dalla Resistenza vengono principi universali. Senza età. Né confini. Lo mostrano i suoi contatti continui con le Resistenze europee e il sostegno dell’ANPI alla nascita della Comunità Europea. Un progetto ANPI oggi attualissimo e che va verso la costruzione di una comune coscienza antifascista per i futuri Stati Uniti d’Europa. *Coordinatore ANPI

Emilia Romagna

Bulow: partigiano sempre,un padre della Costituzione

Ivano Artioli*

Arrigo Boldrini ritratto a Ravenna durante il conferimento della medaglia al Valor Militare all’indomani della liberazione di Ravenna.

Roma, 15 settembre 2015. Palazzo di

Montecitorio. Laura Boldrini, presidente

della Camera dei Deputati interviene

per ricordare Arrigo Boldrini nel centenario

della sua nascita.A sinistra il presidente merito della Repubblica

Giorgio Napolitano

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Irma era bella e sempre molto ele-gante, nata in una famiglia dove si stava bene. Angelo, suo padre,

era capo mastro e costruttore edile. Combatté nella prima guerra mon-diale e tornato a casa maturò pre-sto sentimenti antifascisti. Aveva una sorella, Nastia, sposata con Sergio Marchesini, un droghiere con negozio in via Vittorio Veneto 13. La fami-glia Bandiera abitava lì vicino, in via Gorizia 19. Essa amava farsi fotogra-fare. Di lei abbiamo più immagini di quante ne abbiamo delle altre parti-giane, molte delle quali non hanno, purtroppo per noi, un volto. Irma andava spesso a San Giobbe di Funo (Argelato), dalla nonna Filomena e dagli zii, anche loro droghieri, e qui passava molto tempo. Lei e la sua famiglia erano degli “sfollati pendola-ri”, un’affermazione questa che mi ha fatto pensare a quanto nelle condizioni di ognuno, di ogni famiglia, ci fosse di instabile e occasionale nel tempo di guerra, di come le cose potessero cam-biare da un giorno all’altro. Andava lì perché stava bene in quella casa. La nonna e gli zii possedevano metà della borgata. Subito dopo l’8 settembre 1943 Irma cominciò a darsi da fare per aiutare i soldati sbandati e cominciò a interes-sarsi sempre più di politica, chiedendo via via di essere coinvolta direttamente nella Resistenza. Era particolarmen-te interessata da quanto sentiì dire: “la nostra guerra è una guerra alla guerra”. A Funo Irma conobbe anche Ena Frazzoni che era già impegnata nell’organizzazione e nel coordinamen-to delle staffette che poi fecero capo al

CUMER - Comando unico militare Emilia Romagna.Nella vita di Irma c’era un fidanzato, Federico, militare a Creta (isola greca del Dodecanneso), fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre. La nave carica di soldati italiani prigionieri su cui era imbarcato per la deportazione in Germania fu bombardata da aerei inglesi e affondò al Pireo. Federico fu dato per disperso. Mimma e la sua famiglia fecero ricerche senza frutto,

anche attraverso il Vaticano.Nell’agosto del ‘44 la Resistenza era particolarmente attiva nella zona, nella convinzione di un prossima e definiti-va offensiva degli Alleati. Il 5 agosto i partigiani giustiziarono un ufficiale tedesco e un comandante delle Brigate Nere repubblichine. Alla mezzanotte del 6 agosto a Funo cominciò una tre-menda rappresaglia durante la quale vennero arrestati tre partigiani, portati alle scuole di San Giorgio. La sera del 7 agosto anche Irma fu arrestata a casa dello zio, insieme ad altri due, rinchiusa nelle scuole di San Giorgio, ma isolata dai compagni. La notte dell’8 agosto, i partigiani fecero saltare con la dinamite la Casa del fascio di Argelato. Nel pomeriggio del 9 succes-sivo i fascisti fucilarono sei partigiani sulle macerie della Casa del fascio, incendiarono 37 case alle Larghe di Funo e uccisero anche due contadini, fratelli, mentre stavano lavorando nei campi. Più tardi, sempre nello stesso giorno vennero fucilati altri quattro partigiani. Fu poi il prof. Francesco Flora, illustre docente di letteratura italiana della nostra Università, anti-fascista, allievo di Benedetto Croce, a dettare l’epigrafe per la lapide in ricordo dei Caduti. Irma invece fu portata a Bologna. Probabilmente i fascisti sapevano parecchie cose su di lei e credevano di ottenere informazioni. I famigliari la cercarono alle Caserme Rosse di via Corticella e sperarono anche fosse fra i detenuti liberati dall’azione dei gappisti a San Giovanni in Monte, il 9

Solennizzato il centenario della nascita di Irma Bandiera

Quanto dobbiamoal silenzio di “Mimma”

Nel centenario della nascita di Irma Bandiera, mercoledì 8 aprile scorso nella sala “Tassinari” del Comune di Bologna, si è tenuta una iniziativa a lei dedicata nell’ambito del Programma del 70° anniversario della Liberazione. Mauria Bergonzini, responsabile del Coordinamento donne ANPI provinciale di Bologna, ha presentato la relazione di cui riportiamo di seguito uno stralcio

Irma Bandiera, “Mimma”, a Bologna con il suo cagnolino > segue a pag. 12

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agosto. La madre continuò a cercarla inutilmente, insieme alla sorella, in Questura e al comando tedesco di via Santa Chiara 6/3. Irma resistette alla tortura fino alla fine, senza parlare, salvando in tal modo molti suoi compagni. La mattina del 14 agosto una cliente informò il cognato che il corpo inanimato di Irma era vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario, lasciato in vista per una giornata, come monito. Poi fu portato all’Istituto di Medicina Legale dove un custode amico della Resistenza scattò le foto del viso di Irma devastata dalle torture. Venne infine sepolta alla Certosa, accompa-gnata dai famigliari e qualche amica.A lei fu intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che operava nella periferia nord di Bologna ed un GDD (Gruppo di Difesa della Donna per l’assistenza ai combattenti della libertà). Alla fine della guerra fu decorata di Medaglia d’Oro, insieme ad altre 18 partigiane in Italia.Irma diventò subito un modello per le donne partigiane e di lei molto

riferirono i GDD. Lo divenne anche Edera De Giovanni di cui si raccon-tava nei fogli clandestini, proposta subito anche lei come esempio di eroismo nazionale. Proprio al nome di Edera nel luglio 1944 il Comitato provinciale di Milano dei GDD inti-tolò un organismo (o un programma di lavoro) “Promozione di lavoro Edera Francesca” incitando “ad una fraterna ed eroica emulazione com-battiva”. I nomi di Edera ed Irma si trovano spesso insieme. Una significativa traccia appare in un documento inglese del PWB (il dipartimento della guerra psicolo-gica) del 13 gennaio 1945, dedicato “Alle condizioni nell’Italia occupa-ta” dove si riferisce delle “Donne patriote” e addirittura dei GDD. Ma di nomi si fanno solo quelli di Edera e di Irma: “A Bologna una studentessa, Mimma, e una giovane lavoratrice Edera furono fucilate per aver preso parte ad attività patriotti-che”. Si tratta di documenti ufficiali che settimanalmente davano conto al Ministero degli esteri inglese di quanto avveniva nell’Italia occupata. Termina così: “I patrioti sanno di

poter contare sulle loro donne.”Irma è ricordata come una staf-fettaEra una staffetta, il ruolo con cui per tradizione e - per comodità - sono ricordate le donne partigiane. Giovanna Zangrandi, bolognese, stu-dentessa al Liceo Galvani, partigiana nel Veneto, nel suo romanzo auto-biografico “I giorni veri” chiama le staffette “scalcinate soldatesse dei pedali”. Vanno in bicicletta, ma sono delle soldatesse: Giovanna Zangrandi sapeva, per esperienza, che quella era una fatica e un rischio da soldato.Anna Bravo, attraverso i documen-ti dei GDD, ci fa scoprire come le donne combattenti avessero l’ambi-zione di darsi un ruolo meglio defini-to e più esplicitamente professionale. Per questo nei documenti parlavano di sé come agenti di informazioni e di collegamento, porta-ordini, infer-miere, segnalatrici, incaricate all’in-tendenza, cucitrici, cicliste, cuoche, telefoniste, vivandiere, portaferiti o gappiste e sappiste, in base alla bri-gata di riferimento.Mai solo come staffette.Compagne corriere, vengono chia-mate, nell’ottobre 1944, in una “Lettera del Partito comunista alle compagne staffette, lettera in cui si esalta il ruolo e si specificano compi-ti e comportamenti.“È vero che il tuo contributo non appare, che il tuo lavoro è ignorato, ma proprio per questo è ancora più meritevole”!Le osservazioni di Anna Bravo e la lettura dei documenti dei GDD mi hanno fatto ricordare il fastidio con cui Olga Prati accolse la mia propo-sta di organizzare la presentazione di un libro di Aldo Cazzullo dedicato ad una staffetta. “Basta con le staf-fette”, mi disse. Era irritata da questo nome “staffetta” che per le sue orec-chie e per la sua storia era riduttivo, convenzionale e stereotipato perché le donne erano state staffette e tanto, tanto altro ancora. Non se ne fece niente !

> segue da pag. 11

Irma Bandiera, prima a sinistra, assieme ad una amica davanti al cancello della casa dove abitava la sua famiglia in via Gorizia

L’immagine sorridente di Irma Bandiera uti-lizzata in molte pubblicazioni, al partire dal dopoguerra

Irma Bandiera “Mimma”

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Il mese di luglio 1944, ricordato dai protagonisti della “Operazione Radium”, (anche in “Resistenza”,

n°. 2, giugno 2015 – ndr), è inoltre il momento di avvio di quell’im-portante svolta politica che con-sentirà di giungere nell’estate al compimento della rappresentan-za più estesa dei massimi orga-ni direttivi della Resistenza: il Comitato di Liberazione e il Comando unico militare. In pre-cedenza l’accordo riguardava i comunisti, i socialisti ed il Partito d’Azione e fu da questo CLN ancora incompleto che venne l’i-niziativa dell’Operazione, avviata dapprima con una missione presso

l’Istituto del Radio dell’operaio comu-nista Rino Pancaldi, in seguito svilup-pata e portata felicemente a termine dal Partito d’Azione, in particolare da

Mario Bastia. Nell’Università esisteva-no numerosi punti di riferimento sorti, per lo più per iniziative di docenti affiancati da studenti impegnati all’i-

nizio nell’azione di propagan-da e proselitismo, in seguito con funzioni di reclutamento per le formazioni partigiane. Il principale era quello crea-tosi attorno al prof. Armando Businco, direttore dell’Istituto di Anatomia patologica. Altro gruppo esisteva nell’Istituto di Statistica della Facoltà di Economia e Commercio, diretto dal prof. Paolo Fortunati, crea-tore ed animatore del “Gruppo

Anni difficili nei quali la speranza del ritorno alla libertà è stata mantenuta viva nonostante la repressione

L’Università di Bolognadalla fascistizzazione alla Resistenza unitariaIl ricattatorio obbligo di giurare fedeltà al regime dittatoriale respinto dal prof. Bartolo Nigrisoli e pochi altri. Già nel 1925 un nucleo di insigni docenti dette segno di straordinaria vitalità antifascista. Con le leggi razziali ben 39 docenti e studiosi espulsi dai ruoli accademici dell’Alma Mater. Rinascita e consolidamento dei gruppi politici patriottici e poi creazione di vere e proprie formazioni di lotta armata

Le aule, gli istituti, i laboratori dell’Università di Bologna sono stati punti di riferimento, sia nel corso del ventennio della dittatura fascista e con ancor più incisività durante i nefasti mesi dell’occupazione nazista cui erano asserviti i repubblichini, per alimentare la speranza in un mondo migliore, libero e democratico. Giova oggi, nel 70° della fine della spaventosa guerra hitleriana su scala europea, che tanti lutti e sofferenze ha provocato, anche in Italia, ricordare e valorizzare maggiormente il contributo di docenti, studenti, impiegati e tecnici del nostro Ateneo.

Luciano Bergonzini*

Va intanto sottolineato come la fascistizzazione dei cen-tri di cultura, cui il regime dittatoriale ha dedicato da subito e per tutto il suo corso, risorse ingenti e corruzione a tutto spiano, se da un lato ha conseguito indubbi successi, dall’altro ha subito sconfitte brucianti. È, quest’ultima, il caso, della fortissima partecipazione attiva di insigni mae-stri della Scuola felsinea, di numerosi allievi, di personale degli uffici, alla Resistenza. Sia per moto proprio che con lo stimolo politico dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale Emilia Romagna.

> segue a pag. 14

Il simbolo dell’Ateneo

La sede della Biblioteca dell’Università di Bologna, ristruttura-ta e riportata agli antichi splendori

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intellettuali Antonio Labriola”. Altro ancora, presso l’Istituto di Geografia, ad opera del Partito d’Azione di Mario Bastia e Massezio Masia in particolare, era stata installata ed era operante una stazione rice-trasmittente in collega-mento con gli Alleati, che si avvalse della collaborazione di giovani docenti, tecnici e bibliotecari.La Resistenza cattolica, per sua parte, si avvaleva oltrecché di prestigiosi uomini come Angelo Salizzoni e Angelo Senin, anche del sostegno dei Padri domeni-cani. Tra i liberali le figure di maggior spicco erano l’avv. Antonio Zoccoli, che diverrà presidente del CLN regiona-le e stretto collaboratore di Giuseppe Dozza, quest’ultimo poi sindaco della Liberazione, nonché del comandante mili-tare Ilio Barontini (Dario), e l’avv. Tito Carnacini, insigne studioso del nostro Ateneo. Va ricordato il precedente del gruppo formatosi attor-no al prof. Carlo Ludovico Ragghianti, comprendente intellettuali di ispirazione socialista ed azionista.Il compimento dell’unità democratica nella forma più estesa aveva anche consentito di organizza-re con maggiore razionalità le forze disponibili, in continua espansione. L’Università continuava però a restare un settore operativo, molto difficile e delicato. Assai pesanti erano anco-ra in questo campo gli effetti della fascistazione, portata a compimento già nel 1925 da Arpinati e Gentile. La Repubblica sociale non aveva raccolto particolari consensi nell’Università, ma aveva però stimolato il disimpegno, disseminato la sfiducia in tanti che, pur coinvolti nel regime, non erano disponibili a seguirne le sorti e tanto meno, in presenza dello stato d’occu-pazione nazista, dell’inasprirsi della violenza. I segnali di una condizione di insofferenza erano palesi. Non si deve dimenticare infatti che

proprio nella fase di istituzionalizza-zione del fascismo, l’opposizione demo-cratica aveva dato segni di una straor-dinaria vitalità. Nel maggio 1925, al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile si erano contrapposti, ade-rendo al contromanifesto del filoso-fo Benedetto Croce, insigni studiosi del nostro Ateneo. Ma il fascismo avanzava e l’opposizione, per quanto autorevole, restò isolata, mal tollerata, spenta, tanto che nel 1931, quando il regime potè imporre, come ultimo e perentorio atto, il giuramento di fedel-tà come condizione per la conservazio-

ne della dignità accademica e per lo svolgimento dell’attività didattica, solo pochi ebbero la forza di dire no. Più volte è stato ricordato che a Bologna solo Bartolo Nigrisoli oppose il suo diniego e fu estromesso. In vero altri cinque docenti, incaricati o assistenti, rifutarono l’imposizione. Il 1931 fu anche l’anno dell’offesa squa-dristica al più grande degli interpreti musicali del secolo: Arturo Toscanini, preso a schiaffi dai fascisti, causa il suo rifiuto di eseguire l’inno “Giovinezza”, mentre si dirigeva al Teatro Comunale per l’esecuzione di un concerto com-memorativo di Martucci. Nel 1936, l’avv. Libero Battistelli, della Scuola bolognese andò volontario in Spagna a morire per la Repubblica e tre studenti della nostra Università furono arrestati e colpiti da pesanti

condanne per aver sostenuto la stessa causa.Nell’ottobre-novembre 1938, con l’ap-plicazione delle leggi razziali, i prov-vedimenti a carico dei docenti ebrei, colpirono 39 insigni studiosi e docen-ti di più Istituti del nostro Ateneo ed immediatamente espulsi dai ruoli. Non si può tacere neppure il com-mento del Rettore del tempo: “Forse il massimo merito, tra i tanti, di Benito Mussolini, quello di avere forgiato una razza, già ricca di caratteri superiori, e di averne costituito un istrumento di potenza”.

Venendo ai venti mesi dell’oc-cupazione nazista e della Resistenza, importanti inizia-tive si aggiunsero: quelle ani-mate, d’intesa con il CLN, dal prof. Oscar Scaglietti direttore del Centro ortopedico milita-re “Putti” di San Michele in Bosco; quelle portate a com-pimento dai tecnici ed operai al fine della protezione dei macchinari e delle scorte di imprese industriali minacciate di requisizione e le tante ini-ziative tese alla salvaguardia del patrimonio artistico non-ché degli impianti di pubblica utilità la cui distruzione era

già stata progettata dai nazisti stessi. I costi di queste operazioni furono gravi, enormi: ricordiamo lo stermi-nio del gruppo dirigente del Partito d’Azione con la fucilazione del 23 settembre 1944, il martirio di Mario Jacchia; la morte di Mario Bastia e dei suoi compagni nella battaglia dell’U-niversità del 20 ottobre 1944. Ma tanti altri, troppi purtroppo, perdettero la vita. Molti docenti e medici svolsero una parte attiva nel movimento di libe-razione. Tra questi il dott. Giuseppe Beltrame, direttore del servizio sani-tario del CLN e del CUMER. Egli potè avvalersi della collaborazione di numerosi medici ed infermieri in ser-vizio presso ospedali e case di cura della città. Dopo le battaglia del 7 novembre ‘44 di Porta Lame e della

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Torre della Specola di Palazzo Poggi, la sede centrale dell’Università di Bologna in via Zamboni 33.

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Bolognina del 15 successivo, sostenuta dalla 7ª GAP, i centri furono pur-troppo segnalati dallo spionaggio ai fascisti e ne seguì un nuovo massacro. Tra gli altri, quello dell’Infermeria partigiana del Ravore, in via Duca d’Aosta (attualmente Andrea Costa) dove, il 9 dicembre 1944, furono cat-turati e poi fucilati, il 13 successivo, 14 gappisti feriti. Ma l’assistenza ai patrioti, a quanti erano vittime della violenza e della guerra, non subì invece interruzioni negli ospedali cittadini per merito dei medici, infermieri, del personale religioso, delle crocerossine, dei portantini.Sarebbe interminabile l’elenco dei medici e degli studenti universitari caduti o che ebbero parte attiva nella Resistenza. Il 23 luglio 1945, nell’orazione di aper-tura dell’anno accademico dell’Univer-sità di Bologna, restituita alla liber-tà, il Rettore, prof. Edoardo Volterra, ricordava anche l’attività patriottica di professori e studenti svolta in altre zone del nostro Paese. Aprendo le porte dell’Ateneo così disse Volterra:“La ripresa dell’attività dell’Univer-

sità di Bologna avviene in uno dei momenti più tragici e più grandiosi della nostra storia. Momento tragico in quanto usciamo dalla più immane e spietata guerra che l’umanità abbia mai combattuto... con i nostri morti, mutilati, dispersi, deportati, persegui-tati. Momento grandioso, perché oggi

Nella foto Luciano Bergonzini all’età di 23 anni nella foto contenuta nel suo tesserino uni-versitario di studente della Facoltà di Economia e Commercio a Bologna nel 1942

Un esauriente quadro della fascistiz-zazione e della Resistenza nell’Ateneo bolognese è stato esposto dal prof. Luciano Bergonzini, docente nell’I-stituto di Statistica dell’Università, scrittore e saggista, il 12 dicembre 1988 nel convegno di studi sulla “Operazione Radium” svoltosi nella Sala dell’VIII Centenario dell’Ateneo stesso. Dalle pagine del pregevole lavoro di ricerca attingiamo ampi brani, certi di affidare ai giovani let-tori utili elementi di riflessione e di indirizzo di lavoro.

si stanno gettando le basi per realiz-zare in tutto il mondo quei principi democratici, a cui i più eletti spiriti di quest’ultimo secolo hanno guardato come al supremo ideale dell’umanità, in cui milioni di esseri hanno creduto con tutte le loro forze e per i quali cit-tadini di tutti i paesi hanno sacrificato la vita o gli hanni migliori. Questi principi non sono più soltanto un’a-spirazione utopistica, essi s’impongono ormai come una realtà concreta”.

Perfetta osmosi tra Esercitoe Società civile

I migliori auguri di buon lavoro sono stati espressi al Generale Cesare Alimenti che ha avvicen-

dato il Generale Antonio Li Gobbi – cui è stato espresso un caloroso ringraziamento per l’opera svolta durante il suo mandato – nell’in-carico di Comandante militare Esercito Emilia Romagna, nel corso di una cerimonia svoltasi il 2 settembre scorso nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio.All’incontro hanno partecipato il sindaco Virginio Merola, che ha salutato a nome della città i due alti gradi militari, assie-me ad altre autorità cittadine e

regionali. È stata invitata inoltre una rappresentanza dell’ANPI provincia-le che in continuità mantiene con le Forze Armate un proficuo rapporto, anche nel Comitato provinciale della Resistenza e della Lotta di Liberazione di Bologna.Nella circostanza è stata sottolineata dagli alti gradi “l’osmosi tra Comando militare e società civile” manifestata

in diverse circostanze della storia di Bologna. Va poi ricordata a questo pro-posito la costante presenza del picchet-to militare d’onore in armi in mani-festazioni celebrative della Resistenza. La presidenza ANPI ricorda che nel labaro dell’associazione è appuntato il medagliere dei decorati al Valor Militare coi rispettivi nominativi. Tra di essi vi è quello di Alberto Li Gobbi,

decorato di Medaglia d’Oro per il suo contributo alla Lotta di Liberazione, padre del generale Antonio Li Gobbi.

Nella foto da sinistra: il Generale Cesare Alimenti, il Comandante delle Forze di Difesa Interregionale Nord Italia, Generale Bruno Stano ed il Generale Antonio Li Gobbi.

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Di ferro e di fuoco: Si tratta di un piccolo volume edito nel giugno scorso da Minerva

Edizioni, Bologna. Piccolo, inteso come formato tascabile e comunque capa-ce di accogliere nelle sue circa cento pagine un lungo articolato racconto, supportato da una robusta costruzione narrativa, densa di stimolanti sugge-stioni letterarie ancorché sociopoliti-che. Il tutto nasce in collegamento alla realizzazione di una pièce teatrale, nata da una idea di Ivano Marescotti di portare in teatro, e non solo, la vita di un uomo straordinario, ma scarsamen-te ricordato nel panorama delle grandi personalità della città. E’ Gustavo Trombetti, nato nel 1905 a Osteria Grande (Castel San Pietro), morto nel 1991, nella clandestinità dirigente della FGCI e successiva-mente della Federazione comunista di

Bologna, partigiano con il nome di battaglia “Sergio”. Fondatore nel 1945 della più grande cooperativa italiana di ristorazione, la CAMST della quale per molti anni fu presidente. Una vita intera dedicata al mondo del lavoro. A metà degli anni Trenta nell’emigrazione politica vive a Parigi dove opera presso il Centro estero del PCI. Ritornato a Bologna viene indi-viduato dallo spionaggio fascista ed arrestato dall’OVRA (Organizzazione volontaria repressione antifascismo), deferito e processato dal Tribunale Speciale, condannato a dieci anni di carcere e rinchiuso nel penitenziario di Turi in provincia di Bari. Qui conosce Antonio Gramsci di cui sarà compa-gno di cella, amico fedele e sostegno nelle sofferenze della prigionia. Grazie ad un espediente ideato da Gramsci e attuato con la collaborazione di Tatiana

Soggetto teatrale su Gustavo Trombetticompagno di cella con Gramsci a Turi

Cesare Bianchi Scorcio del carcere per antifascisti di Turi (Bari)

Schucht (sorella di sua moglie Giulia) e di Gustavo, i trentadue Quaderni dal carcere sono giunti sino a noi. Gli autori Salvatore Alongi (archivista e ricercatore), Loriano Macchiavelli (scrittore), Mauro Maggiorani (stori-co), affermano testualmente che non intendono tessere la biografia dell’uo-mo (altrove e meglio prodotta), ma scrivere un soggetto teatrale costruito attorno ad alcuni tra i momenti cru-ciali della sua vita. “Di ferro e di fuoco” una storia coin-volgente che dice molto di più di quanto promette il titolo stesso. E’ una storia che ti coglie di sorpresa anche per la sua essenzialità, per la sua piena, misteriosa e tragica lievità, nonché per la forza che fa vivere indelebilmente terribili realtà come la guerra, la fame, il carcere duro.

Tessera ad honorema Mario Giovannini

Armando Sarti

Mario Giovannini, classe 1924, partigiano, nome di batta-glia “Muchacho” durante

la Resistenza, è stato segretario del comandante del CUMER (Comando Unico Militare Emilia-Romagna) Ilio Barontini, nome di battaglia “Dario”, e – subito dopo la Liberazione - chia-mato dal sindaco di Bologna Giuseppe Dozza a lavorare al suo fianco in Comune col delicato compito di suo segretario.

Per i suoi alti meriti, la sezione ANPI Bolognina gli ha consegnato la tessera ad hono-rem 2015, nel 70° della Liberazione. Figlio di Augusta Guizzardi e fratello di Gorizia, la prima stretta collaboratri-ce di Ilio Barontini, la seconda ne fu staffetta. Gorizia sposò nel dopo-guerra il partigiano Cesare Masina, a cui nel 2013 il Comune

Bologna, 1946, Palazzo d’Accursio. Giuseppe Dozza assieme a suoi collaboratori: Mario Giovannini (a sinistra) e Mauro Fantazzini (a destra)

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di Bologna ha dedicato una via nel nuovo comparto dell’ex Mercato Ortofrutticolo, alla Bolognina. Mario ha sposato nel 1947 la figlia di Dozza, Luce, ed a seguito del matri-monio doverosamente lasciò l’incarico di segretario del sindaco, accettando la richiesta di andare a lavorare a Roma per nuovi compiti nella CGIL nazio-nale.Mario Giovannini ha svolto il suo ruolo di partigiano nella base di via di Corticella 115, alla Bolognina, all’epo-ca casa cantoniera della Provincia, di cui il padre Giovanni era dipendente. Questo luogo si trova davanti all’Ippo-dromo Arcoveggio, di fronte all’attuale via Sario Bassanelli, in cui è situata la sede decentrata dell’Istituto Aldini.L’ubicazione del CUMER rima-se segretissima durante i venti mesi dell’occupazione nazista e della ferocia dei repubblichini, un luogo protetto e riservato allora ma ignoto a tutti, ed a molti ancora oggi. Nell’orto della base fu celato con le opportune attenzioni l’archivio del CUMER stesso, materia-le che fu recuperato all’indomani della Liberazione. Giovannini rimase ferito da una scheg-gia nel bombardamento aereo del 12 ottobre 1944 e con lui la madre ed il fratello Nino. Bologna quel giorno contò 400 morti ed oltre 1000 feriti. Le Caserme Rosse, distanti poche cen-tinaia di metri, obiettivo di numerose bombe sganciate da 36 fortezze volanti americane, pesantemente colpite cessa-rono di essere il campo di prigionia e transito verso la deportazione nei lager tedeschi. La funzione iniziale era stata di caserma dell’esercito italiano, poi quella tragica avviata subito dopo l’8 settembre 1943.Riteniamo queste poche righe certo non esaustive del profilo di Mario Giovannini nella Resistenza e nel dopoguerra, peraltro l’ANPI Bolognina ritenendole doverose, ed è fiera di annoverarlo fra i propri iscritti, per i suoi alti ed importanti meriti.

A Castel Guelfodedicata una targaal partigianoMassimo Villa

Il 13 aprile, in località Bettola pres-so Castel Guelfo di Bologna, è stata inaugurata una targa in memoria

del partigiano Massimo Villa ucciso dai nazisti in fuga dalla nostra terra il 14 aprile 1945, mentre Imola veniva liberata. Alla cerimonia, oltre ai fami-gliari, hanno partecipato la sindaco Cristina Carpeggiani, l’assessore Anna Venturini e il presidente dell’ANPI di Imola on. Bruno Solaroli. La sindaco ha dichiarato che Castel Guelfo è ono-rato che nel suo territorio venga ricor-dato chi ha dato la vita per gli ideali di giustizia, libertà e democrazia; mentre un famigliare, dopo aver ringraziato il Comune e i suoi operatori, l’ANPI e i tecnici della Provincia, ha ricordato la figura del partigiano. Muratore nella fabbrica metalmec-canica di materiale bellico, quindi militarizzata Cogne, attivo nella dif-fusione della stampa clandestina e nell’organizzazione dello sciopero del 1° Maggio ’44. Fu poi collettore per la raccolta tra la gente di contributi per la famiglia di Maria Zanotti uccisa in piazza ad Imola dai fascisti il 29 aprile ‘44, durante una manifestazione di

donne contro la guerra e per aiutare la distribuzione di generi alimentari alla popolazione al fine di combat-tere la fame. Con lei venne colpita Livia Venturini, che dopo una dolorosa degenza, in ospedale cessò di vivere il 13 giugno successivo. Riconosciuto partigiano col grado di sottotenente, Massimo Villa fu rastrel-lato assieme ad altri compagni da nazisti che fuggivano e ucciso per rappresaglia dopo che era riuscito a far mettere in salvo un altro prigioniero. Aveva compiuto 47 anni il giorno prima. Dovevano essere molto alti i suoi ideali e valori se a quell’età, spo-sato e con sette figli, non aveva esitato a combattere per quello in cui credeva. L’on. Solaroli ha ricordato come sia necessario far vivere gli ideali della Resistenza tra le giovani generazioni e tutte le iniziative dell’ANPI in occa-sione del 70° della Liberazione con gli studenti delle scuole medie e superiori. A Massimo Villa è dedicata anche una strada nel quartiere Zolino di Imola.

È mancata a Persicetola partigiana Dina Toselli

È deceduta a metà settembre. Dina Toselli. Partigiana, a 18 anni nel battaglione “ Antonio

Marzocchi” della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”, vennne rastrellata la mattina del 5 dicembre 1944 con altre 250 fra uomini e donne persicetani. Fra questi c’erano il padre Aldo e il fratello Dino, assassinati da lì a poco dai nazifasci-sti a Sabbiuno di Paderno. Dopo una breve detenzione nel carcere bolognese di San Giovanni in Monte, Dina fu deportata nel campo di concentra-mento di Bolzano insieme ad altre partigiane persicetane. La liberazione la raggiunse ai primi di maggio del 1945.La sezione ANPI di Persiceto la ricorda con affetto e riconoscenza.

Bettola di Castel Guelfo (Bologna). La targa che ricorda il sacrifico di Massimo Villa

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Partigiano, amministratore pub-blico, dirigente dell’ANPI pro-vinciale di Bologna,

Luigi Crescimbeni nasce a San Giorgio di Piano il 23 settembre 1925. Operaio nello stabilimento metalmeccani-co “Barbieri” di Castel Maggiore. Il 25 luglio 1943 partecipa all’azione di apertura dell’ammasso del grano in paese con conseguente equa distribu-zione del cereale a cittadini e contadi-ni. Dopo l’8 settembre aderisce alla Resistenza. L’incontro con Araldo Tolomelli, responsabi-le dei gruppi partigiani della zona favorisce la sua entrata nella Squadra di Azione Patriottica (SAP) della 2ª Brigata Garibaldi “Paolo” di San Giorgio e ben presto gli viene affidato il com-pito di organizzatore. Il suo nome di battaglia è “Tre”.Nell’autunno 1944 par-tecipò al disarmo del presidio fascista del ter-ritorio ed al recupero delle armi. Fece parte del gruppo di sabotaggio che paralizzò con l’esplosivo una offici-na meccanica costretta a lavorare per gli invasori nazisti.Nel dopoguerra è stato amministrato-re locale e vice sindaco del Comune; negli anni ottanta presidente della Casa Protetta “Francesco Ramponi”

incarico che ricoprirà in assoluta gra-tuità per tanti anni. E’ stato eletto segretario provinciale dell’ANPI nel 1994 ruolo ricoperto per vent’anni e da cui si è dimesso per ragioni di salute. Non era difficile parlare con lui di politica, poiché era sempre attento alle vicende del nostro Paese, con spirito critico ma sempre in maniera concreta e costruttiva.Molto legato ai suoi compagni del

Battaglione “Tampellini”, dedicato a due fratelli della vicina Argelato: Renato, 20 anni, fornaio, militante della 2ª “Paolo”, fucilato dai fascisti il 9 ottobre 1944 a Funo e Galliano, anni 18, muratore, 66ª Brigata Garibaldi “Jacchia” operante sulle alture bolo-

gnesi, caduto in combattimento pochi giorni prima, il 5 ottobre. Ha svolto inoltre un compito impor-tante recando testimonianza della Resistenza nelle scuole del territorio assieme a Cesarina Gruppioni, “Lola” il suo nome di battaglia, che perse la sorella Jolanda e la madre Luigia Silvagni per mano tedesca nel podere Dardi alla vigilia della Liberazione. Essa cucì lo stendardo del gruppo par-

tigiano nel quale militava con Luigi. Crescimbeni è stato molto impegnato nella salva-guardia e nell’utilizzo del Parco della Memoria Casone partigiano di San Pietro in Casale, inaugura-to il 25 aprile 2006 - dedi-cato alla memoria del par-tigiano Alfonsino Saccenti - frutto della collabora-zione tra undici Comuni della zona e l’ANPI. Di particolare interesse natu-ralistico per la ricchezza e la varietà della flora e della fauna, la struttura si trova nell’ambito di un’oasi di circa 10 ettari. Si tratta di un isolotto al centro di

una zona un tempo paludosa dove ha avuto sede il comando della 2ª Brigata Garibaldi “Paolo” ed è stato luogo di scontro violentissimo il 22 aprile 1945 con i tedeschi in ritirata. Nel Casone Luigi ha incontrato nume-rose classi di studenti spiegando loro

Cordoglio per la scomparsa di Luigi Crescimbeni, il partigiano “Tre” della 2ª Brigata SAP “Paolo”

“Gigi”, compagno sincero vero amico della genteProtagonista della Resistenza a San Giorgio di Piano la sua testimonianza essenziale ed onesta era assai apprezzata dal mondo della scuola. Pubblico amministratore e figura di primo piano nel volontariato solidale

San Giorgio di Piano, 13 maggio 1945. Corteo popolare con alla testa i partigiani del Battaglione “Tampellini”, dopo l’inaugurazione della “Casa del Patriota”. In evidenza il torresotto, simbolo storico del paese.

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gli eventi accaduti nella zona e della storia nazionale durante la Lotta di Liberazione ed i valori che hanno dato vita alla nostra Repubblica.Nel giugno del 2009 grazie al suo impegno venne inaugurato il “Sentiero della Costituzione” nel Parco della Pace in via Fosse Ardeatine a San Giorgio. In esso quattro pannelli con-tengono i primi dodici articoli della Costituzione repubblicana, i principi fondamentali della convivenza civi-le. Come lo chiamava lui: “Un vero investimento a difesa dei valori della Democrazia”.Luigi era molto attento ai rapporti con le Istituzioni e con i rappresen-tanti delle Forze Armate con i quali ha sempre mantenuto feconde relazio-ni di collaborazione nelle celebrazioni della Resistenza. Fermamente convinto com’era dell’importanza dell’attribu-zione del riconoscimento militare alla Lotta di Liberazione.

La presidenza e la segreteria nazionale ANPI hanno inviato il seguente mes-saggio alla famiglia Crescimbeni ed alle ANPI di San Giorgio di Piano e di Bentivoglio:“Con profonda commozione ci uniamo al dolore della Famiglia e della sezione ANPI San Giorgio di Piano per la scomparsa di Luigi Crescimbeni “Tre”, partigiano del Battaglione “Tampellini” della 2ª Brigata Garibaldi “Paolo” e dirigente della nostra Associazione. Ricordiamo l’antifascista e il combattente della lotta di Liberazione, tra gli organizzatori dei giovani clandestini comunisti e delle SAP, il valente ammini-stratore pubblico e l’infaticabile testimone di democrazia. È un momento triste che tutta-via ci esorta ancor di più, in Sua memoria, a proseguire nel quotidiano impegno di col-tivare e trasmettere alle nuove generazioni gli ideali di libertà, giustizia e solidarietà sanciti nella nostra Costituzione, nata dalla Resistenza. Le più sentite condoglian-ze e la nostra affettuosa vicinanza alla moglie Luisa, ai figli Giuseppe e Paolo, e agli iscritti e dirigenti delle sezioni ANPISan Giorgio di Piano e Bentivoglio.”

Ricordo del partigiano D’Artagnan, Alberto Cotti di Persiceto, scomparso il 24

giugno scorso.“Tutto ciò che oggi è goduto come un diritto naturale, senza un atto d’origine, si sappia che invece ha avuto un inizio e un prezzo. Chi c’era sa quanto sia alto, e vuole dirlo a chi è venuto dopo, o non ricorda”. Così scriveva Alberto Cotti, firman-dosi con il suo nome e cognome, nel presentare il volumetto di ricordi pubblicato nel 1994 dal Comune di San Giovanni in Persiceto. Subito dopo l’autore, sdoppiandosi, assume-va di nuovo il suo nome di battaglia, e firmandosi D’Artagnan scriveva: “Caro compagno Armando, in tutte le occasioni che abbiamo avuto di incontrarci, di vederci, di parlar-ci, dalla fine della lotta partigiana, sempre a noi tutti, combattenti al tuo fianco, hai fatto insistentemente pressione perché ognuno lasciasse uno scritto, un ricordo, una testimo-nianza della nostra lotta, dei nostri sacrifici, dei nostri lutti per quegli ideali di libertà e di giustizia cui ognuno di noi aspirava”.Inquadrato da piccolo come tutti i suoi coetanei nella divisa da balilla, Alberto Cotti aveva marciato, avanti e indietro, ogni domenica mattina per l’adunata settimanale obbligato-ria. I ragazzini crescevano con il fez in testa e i fucilini di latta; da adole-scenti, poi, le esercitazioni militari si intensificavano e occupavano anche il sabato pomeriggio. Nello svilup-po della loro personalità i maschi dovevano attraversare una serie di tappe scandite da successivi passag-gi gerarchici: avanguardisti, giovani fascisti, premilitari (ma anche le donne erano irreggimentate in for-mazioni analoghe). La generazione di Cotti (nato nel 1921) era destinata

a grandi imprese, a continuare la politica di aggressione coloniale in Africa, a costruire l’Impero, a mar-ciare alla conquista del mondo… Emigrato a Roma nel 1937 per lavo-rare come modellista (il padre e un fratello lavoravano già là), fa il servizio militare a Napoli nel 1941, viene mandato ad invadere l’Unione Sovietica col terrificante esito che sappiamo nel 1942, ed è fra i fortu-nati che non muoiono nella ritirata del 1943. Nel luglio 1943, tornato a Roma, assiste alle manifestazioni per la caduta di Mussolini senza pren-dervi parte; è scettico, dopo l’espe-rienza in Russia, ma non ha le idee chiare. L’8 Settembre viene diffusa la notizia dell’armistizio, ma Badoglio, i generali e il re sono già scappati, e l’esercito italiano rimane da solo, con i quadri intermedi, contro i tedeschi. Qui matura la scelta di Alberto Cotti, assistendo e partecipando il 9 settembre alla battaglia di Porta San Paolo in Roma, nella quale reparti dell’esercito italiano e civili ostacolano l’ingresso dei tedeschi,

D’Artagnan, “i ricordi servonose innestati nel presente”

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Alberto Cotti in una foto del periodo partigiano

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riuscendo a resistere a lungo, finché non rimasero senza munizioni. Nei giorni successivi Alberto torna a Persiceto e contatta i primi grup-pi clandestini che stanno metten-do in piedi l’organizzazione della Resistenza. Nasce il partigiano D’Artagnan, dal nome del celebre moschettiere inventato dallo scrittore francese Alexandre Dumas (padre). Diventa l’identità di Cotti, fino alla Liberazione, quando le due perso-nalità, finalmente, possono per la prima volta convivere nello stesso cittadino, non più “regnicolo”, non più soggetto passivo di ordini calati dall’alto, ma uomo libero, dotato di diritti e di responsabilità.A fine luglio ’44 decise di raggiun-gere Montefiorino con l’intenzione di entrare a far parte della Divisione Modena Montagna comandata da Mario Ricci “Armando”. In realtà la “zona libera” era stata già attaccata dai tedeschi e lui i primi di agosto a Rocchetta (Modena) si unì alla briga-

ta di “Armando” che si era lì accam-pata. Attaccati varie volte riusciro-no sempre a sganciarsi ed ai primi di ottobre raggiunsero Castelluccio (Lizzano in Belvedere) dove si aggiun-sero altri partigiani assieme ai quali liberarono i paesi della zona e, succes-sivamente. si affiancarono agli Alleati.D’Artagnan partigiano e Alberto Cotti, artigiano modellista, amministratore della Partecipanza Agraria, maestro di

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D’Artagnan

Partigiani di San Giovanni in Persiceto operanti nella Divisione Modena-Montagna “Armando” (Archivio Biblioteca Persiceto)

scherma, consigliere comunale, sape-vano bene che i ricordi non servono a niente se non si innestano nel presente. Cotti-D’Artagnan interpretava il suo ruolo di presidente dell’Anpi persiceta-na non come quello di uno che andava a piantare le bandierine ad ogni anni-versario, per tuffarsi nel passato già passato, ma come quello di un cittadi-no curioso e attento alle trasformazioni sociali. Cercava sempre di stimolare una riflessione, sia quando aveva a che fare con un pubblico adulto, sia quando interveniva di fronte a giovani e studenti per raccontare con sempli-cità episodi della sua vita. In questa capacità di aver sempre presenti, anche da anziano, quegli obiettivi di libertà e giustizia per cui aveva combattuto, era sempre rimasto D’Artagnan, il partigiano.Caro compagno anche noi che ti abbia-mo conosciuto ti ricordiamo pensando al presente, a quei valori e quegli idea-li, quei diritti e quei servizi che tu hai sempre difeso, con coerenza, contro ogni degrado.

Sezione ANPI Persiceto

Ci ha lasciati Bruno Veronesi, presidente onorario dell’ANPI di Marzabotto, aveva 89 anni.

Operaio della locale cartiera fu tra gli organizzatori dello sciopero politico-sindacale dell’1 marzo 1944 in tutto il bolognese. Partigiano nella Brigata “Stella Rossa”, nome di battaglia “Boby”, dopo il feroce rastrellamento nazista del maggio successivo raggiun-se la zona di Castelnuovo presso Bisano (Monterenzio) dove si aggregò alla 62ª

Brigata Garibaldi “Camicie Rosse”, di cui poi divenne vice commissario politico. Successivamente, in autunno, varcata la linea del fronte si arruolò al Gruppo di combattimento “Cremona” dell’Esercito italiano schierato sul fron-te del Senio nella pianura ravennate. La sua figura è stata onorata nell’estremo saluto pronunciato dal sindaco Franco Franchi.A nome dell’Amministrazione comunale e mio personale, vorrei, innanzitutto,

rivolgere a Massimo, a Cinzia, ad Alessandro ed a tutti i familiari, i più affettuosi sentimenti di solidarietà e di vicinanza per l’improvvisa scomparsa del

Bruno Veronesi di Marzabottooperaio di cartiera

partigiano a 18 anni

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tivi, come la corruzione e l’illegalità che favoriscono il disimpegno e la sfiducia nelle persone. Per sconfiggere questa china pericolosa dobbiamo davvero continuare, con le innovazioni che il tempo richiede, sul cammino tracciato da questi uomini, perché vogliamo guardare al futuro con speranza e generosità.Penso che questo sia il modo migliore per ricordare Bruno, cioè continuare sulla strada tracciata per l’emancipazione, l’e-quità, l’antifascismo, la solidarietà, per rendere il nostro paese sempre più unito e più giusto.

Ci ha lasciati Rino CoriambriNello stesso periodo è scomparso il partigiano Rino Coriambi, operaio, nome di battaglia “Bax”, Medaglia d’Argento al Valor Militare, uno dei “ragazzi” di Lama di Reno che ha con-diviso la stessa esperienza di lotta di Bruno Veronesi.

carissimo Bruno. Espressioni di cordoglio che estendo ai compagni dell’ANPI di Marzabotto di cui Bruno era presidente onorarioQuando nell’Aprile di quattro anni fa presentammo in sala consiliare il suo libro, “Una vita partigiana” - anche allora era presente l’Accademia Corale Reno di canto popolare, alla quale era molto legato - tratteggiammo Bruno come un protagonista di quella generazione che, da una condizione di miseria e di privazioni, non solo ha combattuto per liberare il nostro paese dai nazifascisti, non solo ha ricostruito un paese comple-tamente distrutto dalla guerra, ma ha creato le premesse per realizzare valori universali come la libertà e la demo-crazia. Giovanissimo, da subito, con-tribuisce alla sussistenza della propria famiglia di idee socialiste, poi, in quali-tà di lavoratore dell’officina Morara di Marzabotto, insieme ad altri compagni, inizia la militanza nelle file del Partito Comunista, fino a decidere di raggiunge-re i partigiani, prima la Brigata Stella Rossa, poi la 62ª Brigata Garibaldi, più vicina alle sue convinzioni politiche.Durante la lotta partigiana, Bruno scrive che “la diversità non costituiva un presupposto per l’inimicizia o la discri-minazione, ma una qualità da cui poter trarre risorsa“. Quanto sarebbe utile al giorno d’oggi se le diversità sociali, cul-turali, somatiche, politiche, non fossero viste come qualcosa da cui difendersi, bensì come una risorsa preziosa per il miglioramento del bene comune?Bruno ci ha aiutato a capire quanto fosse intimo il legame tra l’insorgenza partigiana e le famiglie dei civili che la sostenevano attivamente. Ciò conferma che lo sterminio avvenuto a Monte Sole tra il 29 settembre ed il 5 ottobre 1944 è la conseguenza di quell’ideologia che ha sconvolto il mondo intero è che l’obiettivo era proprio quello di spezzare il sostegno delle comunità civili ai partigiani.Se il nostro paese, oggi, nonostante tutto, riesce a mantenere saldi i principi di unità e coesione e non viene travolto dall’indifferenza, dalla frantumazione sociale e dai tanti egoismi, lo dobbiamo a chi, prima di noi ci ha insegnato che

esistono certo i diritti, ma anche i doveri, che ci sono si le necessità individuali, ma che è altrettanto importante sapere di fare parte di una collettività, che esiste un interesse generale che dovrebbe sempre prevalere.E questo, lui, lo ha fatto con coerenza, responsabilità e con continuità, come volontario per la realizzazione di opere importanti, come ad esempio la parte-cipazione alla costruzione del Centro sportivo di Lama di Reno o la presenza attiva alla feste locali, alle tante ini-ziative politiche, sindacali, culturali del nostro territorio.Questa non è un’azione superata, rivolta al passato, anzi, se guardiamo a quello che accade tutti i giorni, di fronte a tragedie immani, causate in gran parte dalle tante guerre di oggi che provocano un esodo epocale, operare per la cultura e per l’educazione alla pace è attualissimo per fare crescere il germe dell’accoglienza e dell’inclusione, contro la paura di chi viene da lontano, da chi appartiene ad un’altra razza.Tutti i giorni assistiamo ad eventi nega-

I nipoti Greta e Simone Aristidi annunciano che il 5 agosto scorso

è venuto a mancare il loro unico nonno Amleto. Era nato il 19 maggio 1923. In situazioni come queste si ha sempre la sensazione che le parole siano vuote e che non possano espri-mere appieno la persona che siamo qui a ricordare, con il nostro amore e la nostra forza.Parliamo di un uomo con grandi valo-ri di libertà, giustizia e solidarietà. Quando nel 1943-45 ha partecipato alla Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale come partigiano, col nome di battaglia “Tarzan” e in seguito il 25 Aprile 1984 ha ricevuto il Diploma

L’eredità di “Tarzan”nel ricordo dei nipoti

d’Onore di “Combattente per la Libertà d'Ita-lia” dal Presidente della Repubblica Pertini e l'al-lora ministro della Difesa Spadolini. Pochi anni dopo il 29 febbraio 1988 gli e è stato conferito -per il ruolo di comandante di Compagnia svolto duran-te la Lotta armata - a titolo onorifico il grado

di sottotenente (ai sensi della legge 8 agosto 1980 n.434, con Decreto Ministeriale) dal successivo ministro della Difesa Valerio Zanone.Parliamo di un uomo che ha credu-to nella famiglia, oltre che all’ono-revole passato in guerra, ha sempre

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lavorato duramente presso il Comune di Bologna ricevendo anche il meri-tato Diploma di Benemerenza con Medaglia di Bronzo dal sindaco Renato Zangheri, per l’assidua opera svolta durante lunghi anni al servizio della cittadinanza fino al 1 gennaio 1973. Ha garantito sicurezza alla moglie e al figlio, che al suo fianco poterono crescere con la certezza di un capo famiglia sempre presente e amorevole, le cui semplici regole di vita e valori morali hanno dato le linee guida ai

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L’eredità di “Tarzan”

Nella Resistenza italiana molti sono stati gli apporti di stra-nieri, (soldati alleati evasi

dalla prigionia, deportati da altri paesi), dei quali in questo 70° è doveroso un particolare ricordo. Innanzitutto un breve cenno storico, tratteggiando di una giovane staffetta croata.In Jugoslavia il 27 marzo 1941 (Europa già squassata dalla guerra scatenata dalla Germania nazista nel 1939, cui Mussolini si accodò trascinando l’anno seguente il nostro Paese nel disastro) un colpo di stato militare abbatté il governo filofascista di Belgrado. Hitler inviperito perché dopo aver lui pie-gato con la potente macchina bellica il vecchio continente si trovava ad essere disturbato nella preparazione della “Operazione Barbarossa”, ovve-ro l’aggressione all’ Unione Sovietica, decise seduta stante di invadere il

regno affacciato sull’Adriatico, il che avvenne pochi giorni dopo, il 6 aprile. Chiamando all’iniziativa il complice

italiano, dettandogli – lo riferiscono i documenti segreti - compiti e moda-lità.Il duce italiano mandò esercito e cami-cie nere, ma non solo: nel territo-rio occupato di Croazia, Montenegro (patria d’origine di Elena, moglie del re Vittorio Emanuele III) e una quota della Slovenia, proclamò anche una specie di monarca, l’italiano Aimone di Savoia-Aosta. Operazioni tutt’altro che facili, poiché al dissolvimento delle forze armate jugoslave fece seguito un combattivo movimento partigiano che, malgrado le atrocità commesse dall’in-vasore, i mortali campi di concentra-mento, fu vittorioso.Sulla popolazione fu imposta – con la collaborazione dei criminali ustascia di Ante Pavelic - una violenta, ancor-ché grottesca, “italianizzazione”: nella scuola col divieto di studiare e par-lare nella lingua d’origine, negli atti amministrativi, nella toponomastica, negli stampati, nelle conversazioni in pubblico, nella pubblicità, nelle atti-vità sportive. Con il dissolvimento delle Forze Armate italiane conseguen-ti l’armistizio, interi reparti di militari italiani e loro ufficiali entrarono a far parte della Resistenza jugoslava.Una particolare ed efficace forma di Resistenza nacque nelle scuole (ne ha scritto su questa rivista Vinka Kitarovic), che la polizia fascista ha tentato, invano peraltro, di stroncare,

suoi figli e ai figli dei figli, trasmetten-do e preservando i valori fondamentali, veri e puri.Parliamo di un uomo, che era un Super Nonno, un Super Tarzan, che a modo suo ci ha sempre dimostrato un amore unico e vero. Potremmo citarvi decine di aneddoti ma forse lui avreb-be preferito raccontarveli a voce, con i suoi continui “et capè” (hai capito?).Grazie nonno per tutto ciò che hai fatto, per ciò che ci hai insegnato, Grazie per quel che eri, grazie per aver mostrato a noi il tuo grande cuore pronto ad aiutare sempre i tuoi cari, grazie per aver mostrato a noi quella

parte del tuo carattere più burbera che ti rendeva unico e speciale, grazie!Ti vedremo sempre, negli occhi di papà, in qualche suo atteggiamento, nelle foto, nelle innumerevoli canzoni che solo tu ci hai insegnato e preserve-remo come tesoro, ti vedremo sempre fra le mura di questa casa e nella tua amata vigna, ti vedremo sempre nell’a-more infinito della nonna, dopo quasi 63 anni di matrimonio assieme, in lei ci sarai sempre anche tu, ti vedremo sempre nel nostro cuore, nei nostri ricordi perché “Non esiste separazione definitiva fino a quando c’è il ricordo”.

Una delle tre studentesse di Sibenik deportate a Bologna, evasa con Vinka Kitarovic ed entrata nella 4ª Brigata partigiana

Marija Separovic, croatastaffetta . . .“sordomuta”Con tale sotterfugio ella riuscì a svolgere il rischioso compito nell’area di Castenaso, evitando in tal modo di far conoscere l’origine. Ad essa il ringraziamento del comune.

Marija Separovic all’età di 19 anni in una foto dopo la fine della guerra

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RESISTENZA

Organo dell’A.N.P.I. Provinciale di BolognaVia San Felice 2540122 BolognaTel. 051.231736 - Fax [email protected]

Direttore responsabileRemigio Barbieri

Comitato di redazioneGiancarlo Grazia, Massimo Meliconi, Gabrio Salieri, Renato Sasdelli

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anche con l’arma della deportazione. Accadde a Sibenik (Sebenico), litora-le croato. In città e negli istituti scolasti-ci circolavano inces-santemente volantini incitanti all’opposi-zione agli invaso-ri ed alla libertà. Attraverso la rete dello spionaggio vennero individuati studenti ginnasiali appartenenti alla SKOJ, l’Unione della Gioventù Comunista.Nell’autunno 1942, la terza settimana di ottobre, caddero nella rete repres-siva le amiche studentesse Marija Separovic, Vinka Kitarovic, sedicen-ni, e la coetanea di anni 17, Visnija Gavela. Quindici giorni di carcere nell’ambito di “stringenti” interroga-tori e, visto infruttuoso il risultato, deportazione in Italia. In quel viaggio via mare che approdò a Trieste furono undici le ragazze ed i ragazzi strappati alle rispettive famiglie: quattro desti-nati in provincia di Milano, quattro in quella di Roma, le tre citate prima a Bologna. Queste ultime destinate all’istituto privato “per la rieducazione delle fanciulle traviate”. Era in una villa, all’epoca di aperta campagna ubicata in via della Viola, zona di Santa Viola. Era gestito dal titolare Angelo Piazzi, a sua volta padre di una femmina e di un maschio ( “un po’ freddini i fratelli” racconta Vinka; il capofamiglia “con noi comprensivo” a parere di Marija). Con la necessaria cautela, prese contatti con le croate una inserviente, visto che non apparteneva-no alla casistica delle ospiti dell’istitu-to, cioè prostitute, ladruncole, deboli di mente e quant’altro.

Informata del motivo del loro forza-to soggiorno, la bolognese ne dette comunicazione al gruppo antifascista della zona: Giorgio Scarabelli, Linceo Graziosi, Bruno Tubertini, i quali prospettarono l’idea della fuga appena se ne fossero maturato le condizioni. La speranza delle giovani croate di poter tornare a casa sorsero il 25 luglio 1943 con la caduta della dittatura fascista, purtroppo sfumata nuovamente l’8 settembre successivo con l’Armistizio Italia Alleati, ma ancora una volta invano. Anzi le cose peggiorarono poi-ché anche qui i nazisti si impadroniro-no del Paese. La fortuna arrise invece a Visnija, la cui facoltosa famiglia aveva brigato a Sibenik riuscendo ad ottener-ne il ritorno.Le due ragazze riuscirono a guada-gnare la libertà poco meno di un mese dopo, il 5 ottobre, durante un bombardamento aereo sui non distanti apparati ferroviari. La famiglia Piazzi, le “ fanciulle traviate” e il personale di servizio corsero all’aperto ad acquat-tarsi nei fossati. Ad un segno discreto della donna divenuta amica, Marija e Vinka pian piano si allontanarono, e con la loro accompagnatrice raggiun-sero una base della nascente Resistenza bolognese, una casa colonica a Ponte Ronca di Zola Predosa. E in segui-to il trasferimento a Bologna, prima

nell’abitazione di Ottavio Baffè, poi in quella dei fratelli Giacomino, Gianni e Vincenzo Masi.Trascorso il necessa-rio periodo, diciamo così, di acclimata-mento, esse furono destinate a com-piti di staffette in

posti diversi. Marija a Villanova di Castenaso dove era stata costituita la 4ª Brigata Garibaldi. Non conoscen-do alla lettera la lingua italiana, né tanto meno parlarla, la giovane croata dovette fingersi sordomuta, nei casi in cui, durante i suoi movimenti relativi ai compiti affidatagli, fosse da chiun-que interpellata per qualsiasi motivo. Vinka in città, inserita nei selezionatis-simi ranghi della 7ª Brigata Garibaldi GAP, ed in seguito per motivi di sicurezza trasferita a Modena nella 65ª Brigata “Walter Tabacchi”, successi-vamente nella stessa città con fun-zioni di staffetta di collegamento del CUMER, Comando Unico Militare Emilia Romagna. Con la Liberazione è rientrata in famiglia, è tornata in seguito a Bologna dove si è sposata ed ha avuto una figlia, Jadranka, ed ha lavorato nella Cooperativa Fornaciai. Nel gruppo dirigente dell’ANPI pro-vinciale, essa ha dedicato molti anni della sua vita a rendere testimonianza nelle scuole del costo della democrazia conquistata.A Marija Separovic il Comune di Castenaso ha espresso il caloroso rin-graziamento “per il contributo dato alla Liberazione del Paese”. Finita la guerra è tornata in Patria.

Sottoscrizioni per “Resistenza”• Elisabeth Fraller € 10• ANPI Barca € 100 di contributo al giornale• ANPI di Persiceto ricorda i partigiani Alberto Cotti “D’Artagnan” e Dina Toselli € 50• Il nipote Nino in memoria di Massimo Villa: € 20• La moglie ed i familiari di Amleto Aristidi sottoscrivono in sua memoria € 60• La famiglia di Bruno Veronesi a ricordo di “Boby” versa € 50.

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Corre veloce nella pianura emilianala bicicletta di Mimma.Corre il sorrisocorre lo sguardocorre la vita.Pedala Mimma con l’antico furoreche fu di Artemide, di Atena.Percorre audace la stradatrasporta armi, documenti, nomi.Collega gli aiuti, gli ordini, le infor-mazioni.Nella luce dell’occasobrillano i suoi occhicome il fuoco titanico di Prometeo,quale sfida alla ferocia nazifascista.La catturano così il sette agostomillenovecentoquarantaquattromentre torna a casada una missionecon il coraggio nel cuoree i piani cifrati nella borsa.Un branco di squadristi la circondale intima di parlaredi rivelare i nomi dei compagni partigianima Mimma non parla!Con l’orizzonte emilianotinto di neros’arresta il sorriso di Mimmas’arresta la vita.La interrogano.Ma Mimma non risponde.Con sonoro silenzionon rivela nulla,non parla.

La sua fronte limpidalo sguardo fiero sul viso magrotramutano la baldanza degli aguz-ziniin livore e astio maligno.Ripetutamente fustigata, non parla.Il corpo vibra, sussulta, si contorce,ma Mimma non parla.Loro che avevano fatto parlare uominirobusti come toricocciuti come mulinon possono nulla contro questa donna esileapparentemente gracile.Mimma non parla,li guarda con muto disprezzo.Sette giorni e sette notti di tormenti,di unghie strappate, di carne fustigatama Mimma non parla.Mimma si limita a fissarli

con quei suoi grandi occhiancora pieni di forza.I carneficimal sopportanola fierezza indomita del suo sguardola purezza adamantina del suo mar-tirio.Cosìstizzitil’accecano.È il quattordici agosto millenovecentoquarantaquattroquando la scaraventanosul marciapiede della sua casa al Meloncello.Dacci un nome e ti salverai!Ma Mimma non parla.Davanti a loro ancora silenzio,un silenzio eroico, divino, impavidodi chi non ha paura.La finiscono con una raffica di mitra.Muore Mimma.Il silenzio trafigge l’aria tiepidadel mattino bolognese.L’ammazzano la Mimma,lasciano il suo corpo per terra.E così facendoconsegnano alla Storia il nome della loro più sonante sconfitta:Irma Bandierastaffetta partigiana della 7a G.A.P.Medaglia d’oro al valor militare.

Antonio Luigi Grimaldi

Corre veloce la bicicorre il sorriso

corre lo sguardocorre la vita

Lia Marchesini, nipote di Irma Bandiera, assieme ad Antonio Grimaldi presso l’ANPI provinciale di Bologna il 10 settembre scorso

Giovedì 10 settembre scorso si è tenuto nella sede all’ANPI provinciale di Bologna un incontro per ricordare Irma Bandiera, partigiana, Medaglia d’0ro al Valor Miliatre alla Memoria. L’occasione è nata dalla poesia scritta dal pugliese dott. Antonio Grimaldi, pneumologo e poeta pugliese, che venendo a conoscere la storia di “Mimma” si è ispirato a lei scrivendo un testo poetico in suo ricordo. Il segretario dell’ANPI Gildo Bugni lo ha accolto assieme ai suoi familiari per ricevere in consegna la stampa della poesia dalle mani stesse dell’autore stesso giunto appositamente a Bologna dalla sua città San Severo di Foggia. All’iniziativa ha partecipato Lia Marchesini nipote di Irma Bandiera.