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Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano Il Tribunale Ordinario di Genova PRIMA SEZIONE Il Collegio composto dai seguenti magistrati: Dott. Luigi Costanzo Presidente Dott. Roberto Braccialini Giudice Rel. Dott. Maria Cristina Scarzella Giudice sulle conclusioni di cui infra ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A Nel procedimento iscritto al nr. 2013 5547 tra le parti: ZEDDA IRMA (c.f.ZDDRMI62L69G113I ) elettivamente domiciliata in GENOVA VIA GRANELLO N° 1/6 SC DEST. 16100 GENOVA nello studio dell’avv. CARPANETO CRISTIANO che la rappresenta e difende unitamente allAvv. CASSISI ORLANDO PARTE ATTRICE Contro SAVA’ FRANCESCO (c.f. SVAFNC40S24E044H ), e SAVAEUGENIO , parti elettivamente domiciliate in GENOVA VIA XX SETTEMBRE, 33/9 A 16121 GENOVA nello studio dell’avv. NANI ALFREDO che le rappresenta e difende PARTI CONVENUTE Oggetto : Cause di responsabilità contro gli organi amministrativi e di controllo, etc. Firmato Da: COSTANZO LUIGI Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: aa22c - Firmato Da: LILLO GRAZIELLA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: fc68d - Firmato Da: BRACCIALINI ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 14758 Sentenza n. 1287/2016 pubbl. il 12/04/2016 RG n. 5547/2013 Repert. n. 1052/2016 del 12/04/2016 http://bit.ly/29RkXGW

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Repubblica Italiana

In nome del Popolo Italiano

Il Tribunale Ordinario di Genova PRIMA SEZIONE

Il Collegio composto dai seguenti magistrati:

Dott. Luigi Costanzo Presidente

Dott. Roberto Braccialini Giudice Rel.

Dott. Maria Cristina Scarzella Giudice

sulle conclusioni di cui infra ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

Nel procedimento iscritto al nr. 2013 5547 tra le parti:

ZEDDA IRMA (c.f.ZDDRMI62L69G113I ) elettivamente

domiciliata in GENOVA VIA GRANELLO N° 1/6 SC DEST. 16100

GENOVA nello studio dell’avv. CARPANETO CRISTIANO che la

rappresenta e difende unitamente all’Avv. CASSISI ORLANDO

PARTE ATTRICE

Contro

SAVA’ FRANCESCO (c.f. SVAFNC40S24E044H ), e SAVA’

EUGENIO, parti elettivamente domiciliate in GENOVA VIA XX

SETTEMBRE, 33/9 A 16121 GENOVA nello studio dell’avv. NANI

ALFREDO che le rappresenta e difende

PARTI CONVENUTE

Oggetto : Cause di responsabilità contro gli organi amministrativi e di controllo,

etc.

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CONCLUSIONI delle PARTI: come precisate all’udienza di p.c.

del 29 ottobre 2016, nei dattiloscritti allegati, da intendersi qui

integralmente recepite. Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24/04/2013 la Sig.ra Irma ZEDDA,

in proprio e in qualità di socio della estinta società LA CUCINA SARDA

S.N.C. DI MARCELLO Demetria e ZEDDA Irma, conveniva in giudizio

nanti il Tribunale di Genova i soci della estinta società SAEL DATA S.a.s.

di SAVA’ GIOVANNI, Sig.ri Eugenio e Francesco SAVA’ (costui anche

quale ex liquidatore), chiedendo di accertare il grave inadempimento della

società SAEL e la conseguente responsabilità della stessa per i danni subiti

dalla parte attrice e, per l’effetto, condannare i fratelli SAVA’ a pagare la

complessiva somma di € 162.307,92, di cui € 108.307,92 a titolo di

risarcimento del danno patrimoniale subito ed € 54.000,00 per danno non

patrimoniale; con ulteriore richiesta di risoluzione del contratto di

assistenza contabile e fiscale a suo tempo concluso tra le parti per grave

inadempimento della società SAEL DATA, con connessa condanna dei

SAVA’ a restituire la somma di € 8.660,93 corrispondente ai compensi

professionali via via corrisposti.

L’attrice riferiva di aver costituito nel 1986 con la madre, Sig.ra

Demetria MARCELLO, la società in nome collettivo LA CUCINA

SARDA – che gestiva l’omonima trattoria in Genova - e di aver

annualmente rinnovato, dietro il pagamento dei compensi richiesti, alla

Società SAEL DATA l’incarico (iniziato nel 1988) di assisterla per la

regolare gestione amministrativa, fiscale, contributiva e contabile sia del

predetto esercizio commerciale, che per le posizioni previdenziale e fiscale

personali dell’esponente.

Nel periodo dal 1998 al 2006, in adempimento dell’incarico, il Rag.

Giovanni SAVA’ si era recato presso il Ristorante CUCINA SARDA per

compilare, di suo pugno, la matrice degli assegni bancari che l’attrice gli

aveva consegnato per tutti i pagamenti dovuti riportando, in ogni matrice, il

dettaglio esatto dei singoli importi con, a fianco, il titolo per cui erano

dovuti ed il totale complessivo dell’assegno: l’attrice, quindi, aveva

compilato, sottoscritto e consegnato al consulente detti assegni.

Le matrici di molti assegni consegnati al SAVA’ erano, però, andate

definitivamente perdute a causa di un allagamento, avvenuto nell’autunno

2004, nel locale del condominio di via Bruno Buozzi dove si trovava

l’esercizio sociale e dove era custodita gran parte della documentazione

contabile.

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L’attrice assumeva di poter documentalmente provare di aver

corrisposto alla controparte, per mezzo di n. 50 assegni bancari, la

complessiva somma di lire 152.154.700 (pari ad € 78.591,67) per fornire la

provvista richiesta per i pagamenti di tutte le partite tributarie e contributive

indicate dalla Sas quali necessarie al corretto esercizio dell’attività

commerciale, nonché della propria personale posizione fiscal/contributiva.

Nonostante l’incarico conferitole, la società SAEL si era resa tuttavia

inadempiente alle proprie obbligazioni contrattuali poiché da un lato non

aveva effettuato molti dei pagamenti per i quali essa attrice aveva

tempestivamente fornito la provvista e, dall’altro, aveva omesso con

gravissima colpa di indicare altri importi che l’attrice avrebbe dovuto

pagare: tanto che il 20/10/2005 il Concessionario GEST LINE S.p.a. (ora

EQUITALIA POLIS S.p.a.) le aveva notificato l’avviso di vendita

immobiliare degli immobili di sua proprietà per provvedere (con il ricavato

della vendita) al pagamento del debito tributario pari ad € 32.399,02.

Al solo fine di evitare la vendita forzata, l’esponente (nonostante

avesse già corrisposto alla SAEL DATA gran parte delle somme per

provvedere a questi pagamenti) era stata costretta a pagare nuovamente tali

importi, come provato dalle relative n.6 quietanze emesse dalla GEST

LINE il 02/02/2006, per un totale complessivo di € 32.592,01.

SAEL non aveva fornito alcuna spiegazione in proposito.

Per far fronte alle primarie esigenze di vita successive a detto

pagamento, l’attrice era stata costretta a vendere senza indugio il proprio

immobile di via Bruno Buozzi ad un prezzo inferiore al valore di mercato;

successivamente essa aveva appreso di dover sanare anche ulteriori

posizioni debitorie, per un importo complessivo di € 14.279,52 sempre

causate, in parte, da omessi pagamenti della SAEL DATA di somme da

essa già incamerate per provvedere a tali pagamenti e, in parte, da omesse

comunicazioni all’attrice circa ulteriori imposte comunali (ICI) e oneri

previdenziali (INPS).

L’esponente lamentava perciò di aver dovuto sanare un debito

causatole dall’inadempimento della controparte, ammontante ad €

46.871,53; e di risultare ancora debitrice, alla data del 10/12/2010,

dell’ulteriore complessiva somma di € 59.492,29, sempre in favore di

diversi Enti creditori e per vari titoli non pagati dalla SAEL o di cui non era

mai stata comunicata la debenza: tale debito veniva confermato, in misura

leggermente maggiore (€ 61.436,39) il 18/04/2013 dall’estratto di ruolo

rilasciato dall’Agente della riscossione EQUITALIA NORD S.p.a..

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Nella prospettazione dell’attrice, la società SAEL era tenuta, per la

negligente gestione dell’incarico professionale ed ai sensi dell’art. 1218

c.c., al risarcimento del pregiudizio subito: il danno patrimoniale

ammontava ad € 108.307,92; il danno non patrimoniale (stimato in €

54.000,00) derivava dai gravissimi inadempimenti della controparte e dalla

scoperta della ZEDDA dell’imminente vendita del proprio immobile

pignorato, per altro ad un prezzo sicuramente inferiore a quello sperato e

dovuto: notizia che le aveva procurato un senso di frustrazione, impotenza,

ansia e stress.

Sussisteva – per la ZEDDA - il nesso di causalità tra il danno subito e

i gravissimi inadempimenti in cui era incorsa la controparte, la quale non

aveva pagato i vari tributi e le somme dovute, nonostante la regolare e

tempestiva provvista fornita, né comunicato all’attrice le ulteriori poste

dovute.

Era quindi rimasta inadempiuta l’obbligazione assunta dalla SAEL

DATA nei confronti dell’attrice: il contratto doveva dichiararsi risolto per

grave inadempimento della SAEL la quale, per l’effetto, era tenuta a

restituire le somme versate dall’attrice come compensi professionali.

Passando ad esaminare la legittimazione passiva, la ZEDDA faceva

presente che SAEL DATA era stata cancellata dal Registro delle imprese il

16/05/2012; essendo deceduto il 28/08/2010 il Rag. Giovanni SAVA’,

l’unico socio accomandatario della Società, e non essendo stata ricostruita

la categoria dei soci accomandatari nel termine perentorio di 6 mesi, la

società si era tacitamente trasformata in una società collettiva irregolare.

Quindi, le domande risarcitorie venivano legittimamente esercitate nei

confronti dei soci accomandanti Francesco ed Eugenio SAVA’, divenuti

illimitatamente responsabili a seguito dell’indicata omissione.

Inoltre, l’azione nei confronti del liquidatore Francesco SAVA’ si

giustificava per avere costui cancellato dal Registro delle Imprese la

società, benché perfettamente consapevole delle contestazioni e delle

conseguenti pretese risarcitorie concernenti un rilevante credito sociale già

noto durante la liquidazione, in quanto formalmente comunicato con lettera

raccomandata del 18/02/2011, ricevuta quattro giorni dopo.

Infine, per quanto concerneva la legittimazione attiva, poiché la

società LA CUCINA SARDA era stata pur essa cancellata ed estinta,

spettava solamente ai soci la legittimazione ad agire in giudizio per ottenere

il soddisfacimento dei crediti di cui era titolare la società medesima; e la

posizione creditoria materna si era confusa con il patrimonio dell’esponente

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attrice per l’intervenuta successione a causa di morte della sig.ra

MARCELLO.

Si costituivano in giudizio i Sig.ri Francesco ed Eugenio SAVA’

contestando l’atto introduttivo avversario e chiedendo di dichiarare tutte le

domande proposte nei loro riguardi inammissibili e/o improponibili e

comunque infondate e non provate.

I convenuti eccepivano, anzitutto, il difetto di legittimazione attiva

della controparte: nessuna norma di legge conferiva alla ZEDDA titolo per

agire nella propria qualità di socio dell’estinta società LA CUCINA

SARDA. Invece, rispetto alla legittimazione passiva degli accomandanti,

l’art. 2495 c.c. prevede una successione del socio nella società estinta

soltanto limitatamente alla posizione debitoria della società di cui il socio

risponde “fino alla concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio

finale di liquidazione”. Né l’attrice potrebbe agire per l’intero credito che la

società estinta avrebbe vantato, ma solo per la metà, in ragione della

presenza di altro socio (la MARCELLO).

Secondo i convenuti, l’attrice non aveva dato prova di una sua

qualche legittimazione neppure per i pretesi crediti nei confronti dei

convenuti, essendo la gestione amministrativa di SAEL DATA avvenuta

prima a favore della MARCELLO, poi della LA CUCINA SARDA.

I convenuti eccepivano, inoltre, l’intervenuta prescrizione decennale

di ogni pretesa creditoria fatta valere dall’attrice: la data di notifica delle

cartelle esattoriali, evidenziata nei ruoli, risaliva a periodo temporale ben

superiore a 10 anni dalla notifica dell’atto di citazione.

Eccepivano anche il difetto di legittimazione passiva di Francesco

SAVA’ (quale liquidatore di SAEL Sas) per difetto dei presupposti di colpa

e responsabilità per l’evento di danno: nessuna prova del preteso credito

dell’attrice era stata offerta e quest’ultimo, comunque, era inesistente.

Ulteriormente eccepivano il loro difetto di legittimazione passiva in

quanto soci accomandanti di SAEL DATA: la loro responsabilità era

limitata alle sole somme eventualmente riscosse in base al bilancio finale

della SAEL DATA.

Nel merito, i convenuti affermavano che l’assistenza gestionale di

SAEL DATA non era mai stata prestata in favore della ZEDDA; che gli

addebiti erariali e contributivi, comunque successivi al 1998, erano

imputabili a colpa de LA CUCINA SARDA; che mai la società dei

convenuti aveva avuto notizia o comunicazione di addebiti erariali,

notifiche di avvisi o cartelle.

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L’assistenza prestata – a dire dei convenuti – si era sviluppata dal

1991 al 1998, per cui doveva essere esclusa ogni pretesa dell’attrice per

addebiti erariali e contributivi degli esercizi successivi a tale anno; le

scadenze successive al 1998 non erano pertinenti, rispetto al danno

allegato, perché la società convenuta non aveva più ricevuto assegni per

pagamenti. Ancora, si obiettava che non ricorrevano addebiti dell’Esattore

riconducibili agli assegni consegnati alla SAEL DATA; e che gli addebiti

per cartelle e conseguente riscossione forzata non erano riconducibili a

colpa della società convenuta perché neppure risultava una qualche

provvista o versamento di assegni da parte della società attrice.

I convenuti rilevavano, quindi, il difetto dei presupposti per il

risarcimento del danno patrimoniale e, per quello non patrimoniale,

eccepivano che la controparte non aveva dimostrato uno stato di

frustrazione, impotenza, ansia e stress. Riferivano infine che la loro società

aveva perfettamente adempiuto l’incarico affidatole, poiché aveva prestato

la sua attività professionale con continuità e tempestività, ed escludevano

che fosse ravvisabile alcun inadempimento nella condotta sociale.

Concessi i termini istruttori e depositate le relative istanze probatorie,

si fissava l’udienza del 12/06/2014 per discussione orale delle questioni

preliminari, di merito e delle deduzioni istruttorie. I difensori illustravano

le rispettive posizioni sulle questioni da trattare in precedenza indicate dal

G.I.; in particolare, si registrava difformità di posizioni sul seguente punto:

indispensabilità di pronuncia preliminare sulla legittimazione

attivo/passiva, come richiesto dai convenuti, o decisione della questione

unitamente al merito, come richiesto dalla parte attrice.

Il G.I., ritenuto di poter decidere la questione preliminare di

legittimazione unitamente al merito, rinviava all’udienza dell’01/10/2014

per assunzione della prova testimoniale sui capitoli sottoposti dalla parte

attrice circa l’involontaria perdita della documentazione contabile de LA

CUCINA SARDA per allagamento dei locali aziendali, con esame di due

testi indicati al riguardo; e per il licenziamento di CTU contabile, affidata

al Dr. Umberto TORRE, per stabilire le sorti della provvista finanziaria

consegnata dalla ZEDDA e dalla madre al professionista rag. SAVA’;

nonché la consistenza del debito erariale e previdenziale e la possibilità per

le clienti, se informate per tempo del debito erariale e contributivo, di

provvedere al saldo.

Rispondendo ai quesiti così postigli, il CTU dr. TORRE nella sua

relazione del 2.6.2015 concludeva che:

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a) la provvista fornita e non correttamente utilizzata ammonta

presuntivamente ad € 21.250;

b) il danno derivante dal conseguente non corretto versamento di cui

sopra ammonta (capitale incluso) ad € 58.882;

c) il debito complessivo verso il concessionario ammonta, incluso

quanto sub b), ad € 89.570, di cui € 38.984 per capitale ed € 50.586 per

accessori;

d) il debito complessivo verso il concessionario ammonta, escluso

quanto sub b), ad € ammonta ad € 30.688, di cui € 17.735 per capitale ed €

12.953 per accessori;

e) non sussistono agli atti documenti che provino inequivocabilmente

che il consulente abbia informato il contribuente della totalità dei

versamenti da effettuarsi, “ma la prassi emergente dalla documentazione

pare indicare che il consulente disponesse di ampio mandato a facere”;

f) la capacità reddituale annuale dell’azienda (già al netto di ritenute e

contributi dipendenti) era non inferiore ad € 18.000, cifra con la quale si

dovevano affrontare le spese familiari ed il versamento di imposte e

contributi personali (essenzialmente INPS IVS, IRPEF ed ICI);

g) la capacità patrimoniale – visto anche il patrimonio immobiliare -

era più che sufficiente ad affrontare il gravame tributario.

Senza ulteriori attività istruttorie, la causa passava in decisione

all’udienza del 29.10.2015 sulle conclusioni ivi riferite a verbale con

assegnazione dei termini ordinari per la redazione delle difese conclusive.

Motivi della decisione

Pur non vertendosi in materie sottoposte alla cognizione del

“Tribunale delle Imprese”, la natura collegiale dell’odierna decisione è

imposta dall’articolo 50 bis c.p.c. in quanto è stata prospettata la

responsabilità del liquidatore della cessata società SAEL S.a.S.

In difetto di questioni processuali sottoposte dalle parti, occorre

prendere le mosse dall’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa dei

convenuti, la quale non pare però risolutiva al Collegio, dal momento che il

termine prescrizionale per il rapporto professionale intercorso tra le parti di

causa non può iniziare a decorrere che dal 21 ottobre 2005, vale a dire dal

momento in cui è stata notificato all’attrice personalmente l’avviso di

vendita dei due immobili di sua proprietà in conseguenza della mancata

riscossione di tributi erariali e contributi previdenziali aziendali ed anche

di pertinenza esclusiva della ZEDDA: omessi versamenti, che quest’ultima

annette a negligenza del professionista incaricato (il rag. SAVA’, legale

rappresentante di SAEL Sas) sia in termini di corretta informazione sui

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debiti in questione, sia per quanto riguarda la non corretta gestione delle

provvista finanziaria messa a sua disposizione per i pagamenti occorrenti.

Il decorso del termine prescrizionale risulta inoltre utilmente interrotto

dalla raccomandata 22.2.2011 inviata a SAEL S.a.s. dai difensori della

ZEDDA, che contiene una puntale ricostruzione dei rapporti intercorsi e

manifesta il netto intendimento di ottenere il risarcimento dei danni per

l’imprecisa prestazione professionale resa.

Indubbiamente delicato è il problema della legittimazione attiva della

ZEDDA a reclamare, essa sola, il risarcimento del danno come sopra

allegato, che risulta riferibile solo per una ridotta porzione a negligenze del

professionista SAVA’ rispetto alla personale posizione previdenziale e

fiscale dell’attrice “in proprio”; mentre la parte più consistente del debito

esattoriale al 21 ottobre 2005, il 66% delle somme reclamate da

EQUITALIA, riguarda mancati versamenti relativi alla cessata società in

nome collettivo La Cucina Sarda, nella quale la ZEDDA era socia al 50%

con la madre sig.ra Demetria MARCELLO.

La fondamentale tesi sostenuta dalla ZEDDA per opporsi

all’eccezione di difetto di legittimazione attiva, che muovono le sue

controparti proprio in riferimento alle sorti del credito societario da lei

azionato quale ex socia de La Cucina Sarda ed unica erede della defunta

madre, è quella secondo cui in ogni caso l’Esattore ha richiesto

esclusivamente ad essa attrice il pagamento dell’intero debito tributario e

previdenziale accumulato anche dalla disciolta società.

Per venire a capo di tale questione non può farsi riferimento – come

vorrebbe il patrono dei convenuti - all’insegnamento reso dalle Sezioni

unite della Corte di Cassazione con le note pronunce n. 6070- 6071-6072

del 2013, nelle quali le sorti dei debiti e dei crediti delle società cancellate

dal registro delle imprese sono state esaminate in un’ottica lato sensu

successoria, ma è stata posta nel contempo una netta distinzione tra le voci

passive e le aspettative attive non ancora realizzate al momento di

esaurimento delle operazioni liquidatorie.

Risolvendo il deciso contrasto di opinioni che ricorreva in questa

materia con statuizioni che hanno esaminato non solo la posizione delle

società di capitali rispetto al momento estintivo, ma anche quella (identica)

delle società di persone, il giudice di legittimità ha precisato infatti che:

“Qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione

dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto

giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di

tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai

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soci, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o

illimitatamente, a seconda che “pendente societate” essi fossero o meno

illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari

ai soci, in regime di con titolarità o comunione indivisa, i diritti ed i beni

non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non

anche le mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, né i

diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in tali bilanci

avrebbe richiesto un’ulteriore attività (giudiziale o extragiudiziale), il cui

mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la

società vi abbia rinunciato”.

Nel caso che ne occupa, tuttavia, non si realizza alcun fenomeno

traslativo del credito societario né alcuna rinuncia dei soci della società

estinta. La sola ZEDDA, infatti, nella sua veste di socia illimitatamente

responsabile de LA CUCINA SARDA, risulta diretta ed immediata

destinataria dell’iniziativa espropriativa promossa dall’Esattore, per

l’evidente ragione che l’attrice risultava titolare di beni immobili

aggredibili in sede esecutiva.

A questa prima fonte di legittimazione, derivante dalla qualità di

contribuente direttamente incisa in via esclusiva dalla riscossione

esattoriale – in forza di un debito anche sociale ), la ZEDDA unisce quella

di soggetto che, pagando ratealmente il debito societario a causa della sua

concorrente responsabilità illimitata, acquista in tal modo titolarità diretta a

pretendere la rifusione del danno corrispondente dal soggetto, che non

avrebbe convenientemente assistito LA CUCINA SARDA durante la

vigenza dell’incarico professionale.

Va dunque disattesa l’eccezione dei convenuti per questo preliminare

profilo, ritenendosi la ZEDDA pienamente legittimata a far valere il

credito risarcitorio a seguito dell’espropriazione in corso esclusivamente a

suo carico ed in conseguenza dei pagamenti già eseguiti.

Altra questione che si pone, anteriormente alla disamina dei profili di

responsabilità contestati al rag. SAVA’, riguarda l’ambito temporale della

prestazione consulenziale resa in favore de LA CUCINA SARDA,

ricorrendo contestazione sul punto. Secondo l’attrice, l’assistenza

contabile, fiscale previdenziale del Rag. SAVA’ si sarebbe protratta fino

almeno al 2006, in quanto si ha traccia ancora nell’anno 2009 di

un’evidenza amministrativa relativa alla conservazione delle scritture

contabili presso SAEL (doc. 3bis e 3ter); mentre la difesa dei convenuti

limita il rapporto professionale al periodo 1990-1998.

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Nell’ordinanza istruttoria che ha disposto la consulenza tecnica era

contenuta una parziale anticipazione della soluzione al dilemma, visto che

il campo di indagine della ricostruzione contabile affidata al dr. TORRE è

stato delimitato fino all’ottobre-dicembre 2000. L’ordinata serie di

produzioni depositate dalla ZEDDA dà contezza infatti di una continuità di

rapporti nel solo decennio 1990-2000, rapporti che si esauriscono con gli

invii telematici delle dichiarazioni “Mod. unico” dell’anno 2000, ed a tale

decennio corrisponde anche l’emissione di tutti gli assegni forniti per il

pagamento dei tributi e contributi (cfr. docs. da 7 a 57): per cui in questa

definitiva sede decisionale non può che ribadirsi la limitazione temporale

stabilita nell’ordinanza che licenziava la CTU TORRE.

Occorre a questo punto esaminare la contestazione dei convenuti circa

l’effettiva esistenza di un rapporto professionale intercorso tra la ZEDDA,

“in proprio” e non quale socia de LA CUCINA SARDA, ed il loro dante

causa.

Ritiene il Collegio, alla luce di una serie di specifiche produzioni

depositate dall’attrice (in particolare: i richiamati assegni; le dichiarazioni

fiscali della ZEDDA sub 3), che tale rapporto di consulenza e assistenza

tributario e previdenziale non possa essere seriamente messo in

discussione, dal momento che vi è dimostrazione documentale di plurime

dazioni di assegni per il pagamento dei contributi previdenziali Inps della

ZEDDA, nonché dei debiti tributari dell’attrice (ICI, Irpef, condoni), come

riferito anche nella relazione conclusiva del CTU Dottor Umberto Torre.

L’intero blocco di produzioni di cui al nr. 3 è costituito dalle

dichiarazioni fiscali predisposte per conto della ZEDDA e vi sono poi altri

due documenti particolarmente eloquenti, vale a dire una comunicazione

per un adempimento tributario predisposto dalla società SAEL, e nella

specie dal liquidatore, avente consistenza di appunto datato 4 novembre

1999, nel quale si richiamava l’attenzione della ZEDDA su un determinato

adempimento imminente (vedi allegato 6 bis di parte attrice recante

annotazione manoscritta di provenienza del dottor Francesco SAVA’:

“Signora ZEDDA lo legga, è importante”).

Non meno decisiva pare l’emissione di fattura della società SAEL con

il numero 271 in data 1^ settembre 2000 per la redazione del modello unico

2000 della ZEDDA, nonché la successiva attestazione del Ministero delle

Finanze di ricezione del modello telematico di tale dichiarazione (allegati 3

e 4).

Una volta acclarata la relazione professionale instaurata tra la ZEDDA

e la società in accomandita dei convenuti, si può procedere alla verifica

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sull’effettiva esistenza - e relative conseguenze - delle omissioni che la

parte attrice contesta al professionista che seguiva la posizione tributaria e

previdenziale sua e de LA CUCINA SARDA, sia per quanto riguarda

l’utilizzazione della provvista finanziaria progressivamente messa a

disposizione del Rag. Giovanni SAVA’, sia per quanto riguarda gli esiti

negativi dell’omessa informazione su una serie di scadenze economiche

che non sono state onorate.

La consulenza tecnica d’ufficio licenziata per il primo profilo, pur non

potendosi giovare di tutti i supporti documentali che sarebbero stati

opportuni per un riscontro contabile completo, ha fornito tuttavia adeguate

conferme alle allegazioni di danno dell’attrice.

Infatti il Dottor Torre, con metodo sicuramente condivisibile, ha

determinato il debito verso Erario e Inps separatamente maturato dalla

ZEDDA in proprio e quello di pertinenza della società famigliare, sulla

scorta della seguente corretta scansione logico-argomentativa:

1) determinazione della provvista corrisposta con assegni ricevuti dal

consulente Giovanni SAVA’, contenenti imputazione di

destinazione riportata sulla matrice dell’assegno predisposta

direttamente dallo stesso professionista e non contestata quanto a

contenuti e provenienza;

2) verifica della presenza di addebiti per il titolo menzionato nella

matrice del singolo assegno, per ciascun esercizio annuale,

nell’avviso di vendita dell’immobile di EQUITALIA.

Da tale riscontro incrociato, il consulente ha condivisibilmente

desunto che, laddove nell’avviso di vendita del 2005 non venivano

menzionate pretese tributarie o previdenziali corrispondenti a quelle

elencate nelle matrici degli assegni, in tali casi era stata correttamente

utilizzata la provvista finanziaria conferita dalla ZEDDA (e da La Cucina

Sarda); nel diverso caso in cui, invece, risultava la dazione di somme a

copertura di specifiche pretese erariali o contributive, e tuttavia era stato

iscritto a ruolo (in tutto o in parte) il corrispondente debito, in tali casi

ricorreva ragionevole dimostrazione della mancata utilizzazione da parte

del consulente della provvista ricevuta per saldare il debito indicato nella

matrice dell’assegno.

La metodica in esame è stata contestata nelle difese tecniche e

conclusive delle parti convenute, ma il percorso argomentativo così

riassunto si sottrae ad alcuna censura. In primo luogo, la difficoltà

dell’indagine per la lacunosità della documentazione contabile – che porta

lo scrupoloso CTU, che non disponeva di tutte le “pezze documentali” del

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caso, a parlare di “presuntivo utilizzo” dei fondi - è riferibile a precisa

scelta processuale dei convenuti, i quali non hanno inteso dare esecuzione

all’ordine di esibizione della contabilità di SAEL disposto a loro carico,

con provvedimento che in questa sede si intende confermato.

Ed invero, mentre la ZEDDA aveva fornito una sufficiente

dimostrazione della perdita incolpevole della documentazione aziendale de

LA CUCINA SARDA per un allagamento della sede sociale, i convenuti

non hanno inteso mettere a disposizione le loro evidenze contabili, pur

apparendo dimostrato che disponessero di tutte le pezze documentali

occorrenti, visto che erano i depositari delle scritture contabili aziendali,

che non risultano restituite alla ZEDDA o alla MARCELLO.

In secondo luogo, si ha dimostrazione a campione – nelle produzioni

della ZEDDA - di attività consulenziali che presupponevano la piena

disponibilità da parte del rag. SAVA’ dei necessari supporti informativi

provenienti dall’Istituto di previdenza o dall’amministrazione finanziaria,

senza i quali il consulente non avrebbe potuto precisamente quantificare le

incombenze fiscali e contributive delle clienti, predisporre le matrici degli

assegni per la relativa provvista e ottenere l’emissione degli stessi da

ZEDDA e MARCELLO.

La precedente considerazione sulla totale conoscenza della

dimensione aziendale e patrimoniale delle clienti assume valenza decisiva

anche per il secondo tipo di inadempimento che viene prospettato

dall’attrice, quello relativo alla mancata informazione alle due clienti circa

gli adempimenti occorrenti ad evitare l’iscrizione a ruolo delle somme non

pagate tempestivamente all’Inps o all’Erario.

La contestazione mossa dai convenuti è relativa al fatto che, a loro

dire, l’azienda e la ZEDDA avrebbero per tempo ricevuto gli atti

procedimentali che precedono l’avviso di vendita, per cui non sarebbe

addebitabile nessuna omissione al defunto rag. SAVA’; a tale obiezione,

aggiungono il fatto che dalle clienti non sarebbe pervenuta alcuna provvista

per tacitare le pretese fatte valere con i procedimenti riscossivi esattoriali.

Tali assunti mal si conciliano però con la corposa dimostrazione di un

incarico professionale a “tutto campo” affidato a SAEL, comprendente la

predisposizione degli atti e dichiarazioni indirizzati alle amministrazioni

creditrici ed anche il materiale pagamento del dovuto.

Tale latitudine del mandato, che è confermata dalle produzioni delle

attrici ed anche dai rilievi peritali in risposta al punto e) del quesito, fa

pensare che tutte le comunicazioni provenienti dall’Inps o dal Fisco

venissero ricevute o quanto meno filtrate dal consulente che seguiva la

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posizione delle due clienti, per poter poi avanzare alle clienti la richiesta

della corrispondente provvista finanziaria: come comprovato dalle

annotazioni del SAVA’ sulle matrici degli assegni ricevuti.

In quest’ottica, assume dunque specifica valenza dimostrativa

l’inottemperanza all’ordine di esibizione di cui si è dato conto, dal

momento che la mancata messa a disposizione della contabilità SAEL non

può che leggersi come omissione diretta a non consentire l’apprensione e

l’esame da parte del CTU delle comunicazioni degli enti creditori ricevute

o comunque visionate dal consulente, il quale era chiamato in ragione del

suo incarico a sottoporre alle clienti le sue valutazioni sul significato di tali

comunicazioni ed a fornire una motivata proposta per la soluzione dei

problemi che da esse emergevano.

Si vuol dire quindi che, data l’estensione del mandato professionale di

cui si ha evidente traccia nella documentazione di causa, comprendente la

tenuta della contabilità, la predisposizione delle dichiarazioni fiscali e lo

stesso pagamento di tributi e contributi per conto delle clienti, faceva parte

dell’incarico professionale l’obbligo del commercialista di fornire adeguati

lumi sulla doverosità o meno dei pagamenti richiesti da Inps e Fisco. Nel

caso di specie, non solo non si ha prova che le due clienti abbiano omesso

di consegnare somme richieste dal rag. SAVA’ per saldare i debiti

aziendali e personali, come assume la difesa dei convenuti: prima ancora di

ciò, non si ha nessuna dimostrazione che il predetto commercialista avesse

informato la ZEDDA e la madre dell’esistenza di tali debiti.

I convenuti in tal modo non hanno assolto l’onere della prova loro

incombente quanto alla dimostrazione che SAEL avesse fornito

un’assistenza professionale completa sul versante consulenzal/informativo.

Non di solo mancato assolvimento di onere probatorio può parlarsi

nella fattispecie, in quanto un preciso compendio indiziario porta a ritenere

positivamente provata l’omissione informativa.

Non è infatti decisivo sapere se le due clienti avessero avuto diretta

notizia degli addebiti, dopo aver direttamente ricevuto gli atti impositivi.

La considerazione di fondo valevole per il rapporto professionale in esame

– anche alla luce della mancata esibizione della contabilità al consulente – è

che ben difficilmente, se anche ZEDDA e MARCELLO avessero ricevuto

esse sole gli atti impositivi, non ne avrebbero riferito al consulente SAVA’,

proprio per avere da lui precise indicazioni sul comportamento da tenere.

Comportamento, questo, del tutto prevedibile e ragionevole, in un contesto

in cui il consulente forniva un “servizio globale” che arrivava al materiale

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versamento dei debiti fiscali e tributari, una volta rappresentata tale

esigenza alle clienti ed ottenuta la provvista corrispondente.

Per effetto tali considerazioni si può ritenere dimostrato quindi anche

un secondo inadempimento ascrivibile al consulente, vale a dire l’omessa

comunicazione alle clienti di dati e scadenze rilevanti per ridurre

l’esposizione fiscal/tributaria e la conseguente mancata predisposizione

degli adempimenti necessari ad evitare che il debito nei confronti di INPS

ed Erario si incrementasse fino a determinare le conseguenze

espropriative, che si sono manifestate a partire dall’iniziativa esattoriale del

21 ottobre 2005.

Per potersi affermare la responsabilità (omissiva) del professionista,

però, non è sufficiente constatare che l’informativa e l’assistenza doverosa

non è stata fornita alle clienti, ma occorre avere contezza che a tale

omissione è precisamente imputabile il mancato versamento delle somme,

poi confluite nella riscossione a ruolo.

La premessa da cui muovere è che, secondo canoni di normalità, le

due contribuenti non sarebbero arrivate alla maturazione di un gravoso

debito verso l’amministrazione, rappresentato per oltre metà da accessori e

sanzioni per il ritardo, se avessero per tempo avuto contezza di quanto

risultava non versato a tempo debito: con il rischio (poi concretizzatosi) di

vedersi ipotecata la casa di proprietà.

Ora, come messo in evidenza al momento di licenziamento del quesito

istruttorio, tale massima di esperienza ha valore solo nella misura in cui si

dimostri che le clienti avevano risorse adeguate per saldare per tempo il

debito tributario e previdenziale, e magari fruire dei ripetuti condoni

dell’ultimo ventennio, prima di arrivare al raddoppio del debito personale e

aziendale a causa degli interessi e sanzioni e prima di trovarsi la casa

ipotecata.

Il Dr. Torre ha dato adeguata giustificazione, attraverso l’analisi della

redditività aziendale e della consistenza del patrimonio immobiliare, della

possibilità per ZEDDA e MARCELLO di assolvere per tempo gli oneri

tributari e previdenziali senza dover arrivare alla dismissione del loro

patrimonio, in quanto titolari di un’attività economica ampiamente

sufficiente ad esaurire le pretese previdenziali e tributarie.

E’ da notare che il CTU ha condotto la sua analisi sull’intero debito

esattoriale di 89.570 euro comprensivo di capitale e accessori, laddove la

porzione di imposte/contributi da prendere in esame era invece pari a soli

17.735 euro: tale era la “sorte capitale” delle imposte e contributi per i

quali non risulta data la provvista. A maggior ragione, quindi, la sola

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redditività dell’esercizio sociale sarebbe stata sufficiente a garantire il

pagamento per tempo dei debiti aziendali, in tal modo evitando il

raddoppio del carico fiscal/contributivo per la mora ed impedendo, in

ultima analisi, l’espropriazione in corso.

Dunque può concludersi – per questo secondo profilo di responsabilità

- che le clienti di SAEL, tempestivamente edotte dal consulente sulla

pendenza di contributi e tasse da versare, avrebbero avuto l’obiettiva

possibilità di saldare il debito a loro carico senza incorrere nelle rovinose

conseguenze determinatesi a partire dall’avviso espropriativo del loro

immobile.

Passando ad esaminare le conseguenze economiche del duplice

inadempimento considerato, può dirsi che tutto il debito previdenziale e

contributivo maturato alla data del 21.10.2005 dalla ZEDDA e da LA

CUCINA SARDA è riferibile alla non corretta esecuzione dell’incarico

professionale da parte del rag. SAVA’, sotto i due distinti profili

informativo ed esecutivo sopra esaminati: ne discende che l’attrice, nella

sua evidenziata duplice qualità, ha titolo a vedersi riconosciuto come

risarcimento del danno il pagamento di un importo corrispondente

all’intero debito per cui si procede con esecuzione esattoriale; pertanto, di

euro 89.570, importo maturato fino all’avviso espropriativo.

Detta somma si compone, secondo la pertinente analisi peritale, di un

primo pregiudizio per complessivi euro 58.882, collegato alla non corretta

utilizzazione della provvista ricevuta dalle clienti per 21.250 euro.

L’ulteriore porzione di 30.688 euro è quella invece riferibile al debito non

comunicato alle clienti e quindi da loro non saldato.

Data la natura di debito di valore del pregiudizio in esame, l’indicata

cifra va aumentata della rivalutazione monetaria dal 21 ottobre 2005 ad

oggi e degli interessi legali dalla costituzione in mora del 22 febbraio 2011

fino al saldo sulle somme via via rivalutate, anno per anno (cfr. Cassaz.

Sez. Unite, 17.2.1995 n. 1712).

Non è invece riconoscibile un danno non patrimoniale perché non vi è

ancora un pregiudizio definitivo in termini di perdita della prima casa di

abitazione. Si ignora se l’abitazione ipotecata abbia tale qualità e comunque

l’iscrizione di ipoteca non equivale ancora alla definitiva perdita della

titolarità dell’immobile. Sul versante dell’allegato stress, non ricorre

dimostrazione di un significativo pregiudizio personale medicalmente

accertabile.

Quanto all’individuazione dei soggetti tenuti al risarcimento e

conseguente pagamento, va immediatamente rilevato che l’ attrice in tutte

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Repert. n. 1052/2016 del 12/04/2016

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le sue difese non ha mai evocato la semplice successione ereditaria nel

debito paterno in capo agli odierni convenuti. La ZEDDA ha piuttosto

insistito per il riconoscimento di una responsabilità riferibile alla non

corretta conduzione societaria, per avere i convenuti omesso di provocare

la ricostituzione delle distinte figure dei soci accomandanti - quali essi

erano - e degli accomandatari dopo la morte del loro genitore, il quale era

per l’appunto l’unico accomandatario di SAEL. In tesi della ZEDDA, tale

omissione avrebbe determinato la trasformazione della precedente

organizzazione in una società in nome collettivo irregolare, con

conseguente responsabilità illimitata di tutti i restanti soci.

Tale assunto non pare persuasivo al Tribunale per la ragione che il

venir meno della distinzione tra soci accomandanti e soci accomandatari

costituisce ragione di scioglimento della società in accomandita semplice,

ma non la trasforma automaticamente in società in nome collettivo. La

responsabilità illimitata potrà discendere unicamente da un

comportamento che determini la perdurante vitalità di una società di

persone, se gli accomandanti continuano da soli ad ingerirsi della gestione

commerciale dell’impresa in termini non solo conservativo-liquidatori,

senza dare seguito alla doverosa liquidazione aziendale.

Nel caso di specie, mette conto notare che SAEL già versava in stato

di liquidazione al momento del decesso dell’accomandatario SAVA’, per

cui non vi era l’esigenza di ricostituire la distinzione tra le due categorie di

soci, ma solo quella di completare la liquidazione senza intraprendere

nuove operazioni.

Sotto l’esaminato profilo, pertanto, il Collegio non ravvisa estremi di

responsabilità dei soci accomandanti.

Diverso discorso vale per la posizione di Francesco SAVA’ quale

liquidatore della cessata società famigliare. Risulta infatti documentalmente

provato che lo stesso ha ricevuto il 22 febbraio 2011 la raccomandata della

sua controparte, formulata dallo studio legale che assiste l’attrice in questa

sede, con la quale veniva avanzata una richiesta risarcitoria per oltre €

119.000 che si caratterizzava per la precisa individuazione degli addebiti

mossi alla società di consulenza e per l’analitica quantificazione delle

conseguenze economiche.

Dopo tale messa in mora, non è stato iscritto al passivo alcun

accantonamento prudenziale, malgrado la serietà e l’analiticità delle pretese

palesate con la comunicazione dei legali dalla ZEDDA. Anzi, risulta dalla

visura camerale prodotta che l’azienda sociale sia stata ceduta il 13 ottobre

2011, ad apprezzabile distanza dalla precedente diffida, e che non sia stato

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Sentenza n. 1287/2016 pubbl. il 12/04/2016RG n. 5547/2013

Repert. n. 1052/2016 del 12/04/2016

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predisposto alcun bilancio finale di liquidazione, per cui si è pervenuti

direttamente alla cancellazione della società SAEL in data 16 maggio 2012.

Ora, nella giurisprudenza di questo Tribunale (nota alle parti e

richiamata nelle difese conclusive), si è ritenuto che incombesse al

creditore danneggiato dal comportamento del liquidatore la dimostrazione

dell’esistenza di risorse del patrimonio societario, tali da consentire il

soddisfacimento delle proprie pretese economiche. Tuttavia tali precedenti

statuizioni facevano riferimento ad una corretta gestione della fase

conclusiva della vita dell’impresa, nella quale attraverso trasparenti

operazioni di dismissione e affidabili bilanci di liquidazione si poteva avere

contezza delle somme che residuavano per il soddisfacimento dei creditori

sociali: una corretta gestione della parte terminale della vita di una società

consente infatti all’organo che procede alla liquidazione di eccepire in

modo documentato l’inesistenza di cespiti societari tali da garantire il

soddisfacimento del debito sociale.

Nulla di tutto ciò si ravvisa nel caso in esame, visto che non si ha

notizia alcuna circa la consistenza e la destinazione delle utilità ricavate

dalla cessione dell’azienda sociale, come pure della sorte generale della

liquidazione, dal momento che non esiste un bilancio finale di liquidazione

ed è stata rifiutata l’esibizione delle scritture contabili, da cui desumere

proprio le informazioni sulla consistenza del patrimonio aziendale nella

fase terminale della vita di SAEL S.a.s. : onere dimostrativo, che la parte

attrice non avrebbe potuto certamente assolvere, non disponendo della

contabilità aziendale di SAEL.

Per tali ragioni e omissioni, il cessato liquidatore della SAEL va

condannato alla rifusione dei danni in favore della ZEDDA, quali

precedentemente liquidati per capitale ed accessori.

Le spese di lite seguono la soccombenza, determinate con riferimento

alle concrete utilità conseguite dalla parte attrice e non già con riguardo alla

pretesa iniziale; con valutazione complessiva che tiene conto anche dei

successivi rilievi sulla domanda di risoluzione del contratto.

I parametri medi dell’appropriato scaglione tariffario (52.000-260.000

euro), adeguati per le difese introduttive e conclusive, vanno aumentati di

euro 1500 per la complessità della fase istruttoria. Questo il dettaglio

analitico distinto per scansioni:

Euro 2430 per fase di studio;

Euro 1550 per predisposizione atti introduttivi;

Euro 6900 per fase istruttoria;

euro 4050 per fase decisoria,

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Sentenza n. 1287/2016 pubbl. il 12/04/2016RG n. 5547/2013

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per un totale di Euro 14930 oltre accessori di cui in dispositivo.

Le spese di CTU fanno carico al solo liquidatore convenuto.

Quanto alla posizione del secondo accomandante, per quanto sopra

esposto, non sono emersi profili di responsabilità che ne giustifichino la

contestuale condanna. Alla conseguente assoluzione, va associata la

condanna dell’attrice alla rifusione delle spese di Eugenio SAVA’, che

però devono determinarsi in modo diverso dal precedente computo, dato

che l’impegno difensivo necessario per patrocinare la posizione del

liquidatore era ugualmente utile per il secondo accomandante, la cui

posizione divergeva per il solo profilo della legittimazione passiva.

Facendo riferimento al medesimo scaglione tariffario, si ritiene perciò

di poter applicare i valori tariffari minimi dello stesso, e dunque:

Euro 1215 per fase di studio;

Euro 775 per predisposizione atti introduttivi;

Euro 1620 per fase istruttoria;

euro 2025 per fase decisoria,

per un totale di Euro 5635 oltre accessori di cui in dispositivo.

Le odierne statuizioni di condanna sono provvisoriamente esecutive.

L’ultima domanda da prendere in esame concerne la sorte dei

compensi professionali corrisposti in corso di rapporto di assistenza dalle

clienti alla SAEL ed ammontanti ad oltre 8 mila euro.

Nel mentre la richiesta di risoluzione per grave inadempimento è

certamente giustificata dai precedenti rilievi circa la negligente gestione del

rapporto professionale, non vi è possibilità di retrocessione dei compensi

stessi. Non solo perché si tratta di somme che sono state erogate prima del

22.2.2001, data a cui retroagiscono gli effetti interruttivi della diffida di cui

si è detto, ma prima ancora perché l’art. 1458 c.c. esclude la ripetizione

delle somme che si riferiscono alle prestazioni già eseguite nei contratti ad

esecuzione continuata o di durata: come, nella specie, la continuativa

assistenza professionale prestata da SAEL in favore delle clienti ZEDDA e

MARCELLO.

P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione o difesa

respinta, ritenuta la legittimazione attiva della ZEDDA a far valere le

pretese risarcitorie proprie e della cessata società LA CUCINA SARDA

Snc,

Dichiara tenuto e condanna

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il cessato liquidatore di SAEL Sas, dottor Francesco SAVA’, al

risarcimento dei danni patiti dall’attrice liquidati in euro 89.570 in linea

capitale, con gli accessori di cui motivazione.

Condanna il predetto convenuto a rifondere alla ZEDDA le spese di

lite, liquidate in euro 1000 per esborsi ed euro 14930 per compensi

professionali, oltre a spese a forfait 15%, Iva e cpa come per legge.

Pone le spese di CTU definitivamente a carico di Francesco SAVA’,

condannando il solo cessato liquidatore a corrispondere al CTU i compensi

liquidati in corso di causa.

Respinge la domanda risarcitoria avanzata nei confronti

dell’accomandante Eugenio SAVA’ mandandolo assolto da ogni pretesa.

Condanna la ZEDDA a rifondere le spese di lite del predetto

convenuto liquidate in Euro 350 per esborsi, euro 5635 per compensi

professionali nonché spese a forfait 15%, IVA e CPA come per legge.

Dichiara risolto il contratto di assistenza professionale per fatto e

colpa di SAEL, con esclusione della ripetizione dei compensi corrisposti.

Sentenza esecutiva.

Genova, 25 marzo 2016

il giudice estensore il presidente

Dottor Roberto Braccialini Dottor Luigi Costanzo

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