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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO
Dott. GIACOMO MARIA STALLA
Dott. RAFFAELLA LANZILLO - Consigliere - PU
Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA - Consigliere -
Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 4061-2011 proposto da:
CATTANI GIOVANNI, NARDUCCI STEFANO, LUISO FRANCESCO
PAOLO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XX
SETTEMBRE 3, presso lo studio dell'avvocato BRUNO
NICOLA SASSANI, che li rappresenta e difende
unitamente all'avvocato GIOVANNI IACOMINI, giusta
delega in calce al ricorso;
- ricorrenti -
contro
LARI SANDRA, LARI ANNA MARIA, elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA FAMAGOSTA 2, presso lo studio
Obbligazioni
solidali
art. 1301 -
1311 cc
R.G.N. 4061/2011
Cron. /1(153 - Presidente -
Rep. - Consigliere -
Ud. 06/11/2014
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CORSO FGLAW MAGISTRATURA-AVVOCATURA RASSENA DI DIRITTO ITALIANO
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dell'avvocato EUGENIO METE, rappresentate e difese
dall'avvocato SANDRA SAPONARO, giusta mandato in calce
al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
avverso la sentenza n. 1428/2010 della CORTE D'APPELLO
di FIRENZE, depositata il 13/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/11/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l'Avvocato SANDRA SAPONARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l'inammissibilità ed in subordine per il rigetto
del ricorso.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Francesco Paolo Luiso, Giovanni Cattani e Stefano Narducci convennero
in giudizio Sandra e Anna Maria Lari e chiesero il pagamento, in solido,
del compenso residuo (pari a euro 38.734,27), essendo le convenute
obbligate quali debitrici solidali. Esposero: - di essere stati componenti
del collegio arbitrale in un procedimento (irrituale) relativo a una
controversia tra le convenute e la sorella Eliana, nella quale la stessa era
restata soccombente; - che il collegio arbitrale aveva liquidato in loro
favore il doppio della somma, comprensiva del compenso per il
segretario, e che la soccombente Eliana aveva corrisposto la metà
dell'importo totale.
Ai fini che ancora rilevano, le convenute Lari sostennero che, avendo
l'attore liberato Eliana da qualsiasi ulteriore onere dopo il pagamento
della metà, non avendola citata in giudizio, doveva ravvisarsi una
remissione di debito ex art. 1301 cod. civ. nei confronti della stessa,
estesa alle obbligate solidali per mancanza di riserva nei loro confronti.
Gli attori, unitamente alla memoria ex art. 183 cod. civ., depositarono un
documento a propria firma nel quale dichiaravano di aver ricevuto la
metà della somma da Eliana e di liberare la stessa da qualsiasi onere e si
riservavano il recupero del residuo nei confronti delle coobbligate in
solido. Le convenute contestarono la data del documento.
Il Tribunale di Lucca accolse la domanda.
La Corte di appello di Firenze, in totale riforma, rigettò la domanda.
Ritenne l'obbligazione estinta ex art. 1301, per intervenuta remissione
del residuo debito nei confronti di un condebitore solidale, liberatoria
anche nei confronti degli altri in mancanza di riserva del diritto nei loro
confronti; compensò interamente tra le parti le spese dei due gradi di
giudizio (sentenza del 13 ottobre 2010).
2. Avverso suddetta sentenza, gli arbitri propongono ricorso affidato a
quattro motivi, esplicati da memoria.
Resistono con unico controricorso Sandra e Anna Maria Lari, che
propongono ricorso incidentale in riferimento alla compensazione delle
spese processuali operata dalla sentenza impugnata.
La decisione ha per oggetto i ricorsi riuniti proposti avverso la stessa
sentenza.
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MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La Corte di merito ha rigettato la domanda seguendo, per vero in modo
tortuoso, il percorso logico che può essere così sintetizzato.
Gli arbitri hanno rimesso il debito residuo ad uno dei condebitori solidali
(Eliana) ai sensi dell'art. 1301 cod. civ.; tanto emerge da un atto
processuale, la memoria ex art. 183 cod. proc. civ., e dal documento
prodotto con la stessa, costituente prova contra se nei confronti di coloro
che lo hanno prodotto.
Per stabilire le conseguenze verso gli altri coobbligati dell'avvenuta
remissione del debito nei confronti di un condebitore solidale, rileva il
documento prodotto, atteso che in esso è contenuta la riserva nei
confronti dei coobbligati, che è la condizione posta dall'art. 1301 cit.
affinché la remissione del debito effettuata nei confronti di un coobbligato
non si estenda nei confronti degli altri.
Non avendo il documento data certa, stante la mancanza di tutte le
condizioni previste dall'art. 2704 cod. civ. affinché sia opponibile ai terzi
(i coobbligati), non può ritenersi esistente la riserva nei confronti dei
coobbligati che, pertanto, sono liberati dall'obbligazione per effetto della
remissione. Infatti, per poter operare verso i coobbligati, la riserva deve
essere espressa, contestuale alla remissione del debito e deve essere
comunicata ai coobbligati, anche per il principio di correttezza dei rapporti
tra creditore e debitore. In mancanza della data certa del documento che
la contiene vengono a mancare tutte le condizioni che la riserva deve
avere per poter operare e la remissione nei confronti di un coobbligato
libera gli altri.
2. I quattro motivi del ricorso principale sono strettamente connessi.
Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 2730, 2735 e 2734
cod. civ., unitamente a vizi motivazionali per avere la Corte di appello
ritenuto che il documento ha valore di prova legale quanto alla
remissione ed è invece non opponibile ai coobbligati quanto alla riserva.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 1301 e 2697 cod.
civ. oltre a insufficienza di motivazione.
Con il terzo motivo, si deduce la violazione degli artt. 2704, 1301 e 1236
cod. civ., unitamente a vizi motivazionali, sostenendo la non applicabilità
dell'art. 2704 cod. civ.
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Con il quarto motivo, si deduce la violazione dell'art. 1301, dell'art. 1175,
oltre a vizi motivazionali.
2.1. In estrema sintesi, i ricorrenti censurano la sentenza per aver, fermo
restando il pagamento parziale di un condebitore e la relativa quietanza
rilasciata dai creditori, ritenuto esistente la remissione del debito verso
un coobbligato e non esistente la riserva verso gli altri coobbligati, sulla
base dello stesso documento, considerando applicabile allo stesso l'art.
2704 cod. civ., e considerando necessari i requisiti della riserva verso i
coobbligati solidali, quali il carattere espresso, e non i comportamenti
univoci e concludenti, la comunicazione ai coobbligati, oltre che la
contestualità alla avvenuta remissione; caratteristiche tutte che non
sarebbero ricavabili dal documento prodotto perché non opponibile ai
coobbligati. Aggiungono che sarebbe stato onere probatorio dei
coobbligati, che fanno valere un fatto estintivo, provare la remissione del
debito e la riserva.
2.2. I motivi vanno accolti per quanto di ragione. Con il ricorso, fermo il
pagamento parziale di un condebitore e la relativa quietanza rilasciata dai
creditori, si mette in discussione l'esistenza stessa della remissione del
debito a favore di uno dei coobbligati, che è il presupposto essenziale per
l'applicabilità dell'art. 1301 cod. civ. e della riserva ivi prevista, idonea ad
impedire l'estensione della remissione del debito agli altri coobbligati.
Tanto consente alla Corte di procedere ad una diversa qualificazione in
diritto dei fatti, come accertati nel merito ed emersi nel ricorso per
cassazione.
3. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità - in
riferimento ai poteri della Cassazione, individuati in ragione della funzione
del giudizio di legittimità di garantire l'osservanza e l'uniforme
interpretazione della legge - quello secondo cui <<Nell'esercizio del
potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di Cassazione può dare
al rapporto una qualificazione giuridica diversa da quella accolta dal
giudice di merito, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire
sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel
ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che
sia necessario l'esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando,
peraltro, che l'esercizio del potere di qualificazione non deve confliggere
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con il principio del monopolio della parte nell'esercizio della domanda e
delle eccezioni in senso stretto. (Cass. n. 9143 del 2007; n. 6935 del
2007).
Nella specie, i fatti, quali accertati nel merito e esposti nel ricorso sono
questi: Eliana Lari era soccombente sulla base del lodo arbitrale; il
collegio arbitrale aveva determinato il compenso degli arbitri; Eliana
aveva versato agli arbitri la metà delle somme determinate dalla
ordinanza arbitrale; questi avevano rilasciato quietanza e avevano
dichiarato di liberarla da qualunque ulteriore onere relativo alle spese
arbitrali; nello stesso documento gli arbitri si erano riservati di agire per il
residuo loro dovuto nei confronti degli altri obbligati in solido; nello stesso
documento erano fatti salvi i diritti di questi altri obbligati verso Eliana;
gli arbitri hanno agito verso i coobbligati in solido per la parte residua del
loro credito.
Ritiene il Collegio che, sulla base dei fatti accertati e della domanda
proposta, la fattispecie trovi regolazione nella previsione legislativa
dell'art. 1311, n. 1, cod. civ., trattandosi di una ipotesi tipica di rinunzia
alla solidarietà e non di remissione del debito verso uno dei coobbligati.
3.1. Non è in discussione il carattere solidale dell'obbligo dei contendenti
del procedimento arbitrale nei confronti degli arbitri, relativamente al
compenso dovuto per la prestazione d'opera intellettuale; né, nella
specie, è rilevante come l'obbligazione in solido si divide nei rapporti
interni tra i diversi debitori (l'essere Eliana l'unica obbligata nei rapporti
interni sulla base della soccombenza dichiarata dal lodo), avendo i
creditori agito in solido per il recupero del residuo credito.
Si discute, invece, sul se l'adempimento parziale della prestazione
oggetto dell'obbligazione da parte di uno dei coobbligati mediante
il pagamento della metà del compenso dovuto, con relativa
quietanza rilasciata dai creditori, abbia comportato la remissione
del debito residuo da parte degli arbitri verso lo stesso obbligato
parzialmente adempiente, e la conseguente estensione, o meno,
della remissione del residuo debito agli altri, a seconda che si
valuti come non esistente o esistente la riserva verso i
coobbligati, contenuta nella stessa quietanza.
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3.2. La particolarità della specie è data dalla circostanza che i convenuti
abbiano prospettato, e il giudice, sulla base della loro prospettazione,
abbia ritenuto che oggetto della remissione sia stato il debito residuato
dopo l'adempimento parziale e a favore dello stesso soggetto che aveva
effettuato un adempimento parziale dell'obbligazione, essendo stato
questi liberato da ogni ulteriore onere rispetto alle spese, inquadrando la
fattispecie nella previsione codicistica dell'art. 1301 cit.
Ma, nella remissione di obbligazioni solidali regolata dall'art. 1301 il
debitore a favore del quale essa opera è liberato verso il creditore
remittente per la propria quota - che gli è stata rimessa e si estingue per
ragioni diverse dall'adempimento - e non di quanto residua rispetto
all'obbligazione solidale cui era tenuto per l'intero sulla base del vincolo di
solidarietà. E, nel caso di riserva verso gli altri coobbligati, questi saranno
tenuti non per l'intera prestazione, ma solo per il residuo una volta
detratta la parte del debitore a favore del quale è avvenuta la remissione
per ragioni diverse dall'adempimento. Tanto, in virtù di una regola di
fondo della solidarietà per la quale il condebitore non è tenuto per le parti
di debito inesistenti o estinte. Mentre, se la riserva non è stata formulata,
il legislatore presume, secondo il principio della estensione ai condebitori
solidali degli effetti vantaggiosi proprio delle obbligazioni solidali, che la
remissione, per ragioni diverse dall'adempimento, compiuta a favore di
un debitore in solido si estenda all'intero debito e quindi, alle quote degli
altri coobbligati. In definitiva, presupposto per l'applicabilità dell'art. 1301
cod. civ. è la liberazione dalla prestazione della propria quota e
l'estinzione di tale obbligazione per ragioni diverse dall'adempimento
della stessa, quale modo non satisfattivo di estinzione dell'obbligazione, a
favore del beneficiario della remissione. Non è la liberazione di colui che
ha adempiuto una parte dell'obbligazione solidale dalla esigibilità del
residuo, che è, invece, il presupposto di fatto della specie all'attenzione
della Corte.
3.3. Questa diversa ipotesi è quella regolata dall'art. 1311, n. 1 cod. civ.,
quale rinuncia alla solidarietà.
In generale, il creditore - salvo che la solidarietà non sia prevista dalla
legge per motivi di ordine pubblico - può rinunciare all'effetto principale
della solidarietà, cioè alla possibilità di agire per l'intero verso ogni
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debitore, essendo la solidarietà passiva prevista nell'esclusivo suo
vantaggio con la funzione di rafforzare il credito; mentre, per il debitore
potrà derivare solo un vantaggio dall'essere tenuto verso il creditore
esclusivamente per la propria quota, con conseguente sufficienza della
sola volontà del creditore, anche in atto unilaterale. E, la rinuncia alla
solidarietà può essere limitata solo ad alcuno dei condebitori, con la
conseguenza che il creditore conserva l'azione solidale verso gli atri per
l'intero credito, sostanziandosi la rinuncia alla solidarietà quale
beneficium divisionis comportante solo la rinuncia all'effetto principale
della solidarietà di poter agire per intero verso ciascun condebitore e
restando ferme le regole della solidarietà per altri effetti, come nel caso,
previsto dall'art. 1313 cod. civ., dell'insolvenza di un condebitore (Cass.
n. 16125 del 2006).
Ai nostri fini, rispetto alle differenze tra l'art. 1311 e l'art. 1301, basta
rilevare che, nel primo caso gli altri debitori continueranno a rispondere
per l'intero nei rapporti esterni con il creditore, mentre, nel secondo, la
previsione legislativa è che - sempre che vi sia stata riserva nei loro
confronti - non dovranno adempiere la quota del debitore liberato,
proprio perché nel primo caso si tratta della rinuncia ad un effetto della
solidarietà, cioè della rinuncia a pretendere l'intero dal coobbligato, e nel
secondo si tratta della rinuncia alla prestazione.
3.3.1. In alcuni casi la legge presume che vi sia stata rinuncia alla
solidarietà. Ed esiste tale presunzione a norma di legge quando il
creditore rilascia ad uno dei condebitori quietanza <<per la parte di
lui>> ricevuta senza alcuna riserva (art. 1311, n. 1); cioè rilascia
quietanza a chi adempie parzialmente la prestazione dovuta, senza
riservarsi di agire nei suoi confronti per il residuo. A rilevare ai fini della
operatività della presunzione, non è la corrispondenza della quota
ricevuta con la quota interna gravante sull'adempiente, ma il rilascio della
quietanza senza alcuna riserva di agire nei confronti della stessa parte;
attuandosi in tal modo la rinuncia a far valere la solidarietà nei confronti
di una parte.
Questa è, appunto, l'ipotesi entro cui si inquadra la specie all'attenzione
della Corte, atteso che i creditori avevano rilasciato quietanza per
l'importo ricevuto da uno dei coobbligati e avevano dichiarato di liberarlo,
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quanto al vincolo della solidarietà rilevante nei rapporti esterni, da
qualunque ulteriore onere relativo alle spese arbitrali.
Ed allora, la fattispecie all'esame rientra pienamente nella previsione
legislativa di cui all'art. 1311, n. 1, cod. civ. di presunzione di rinuncia
alla solidarietà verso uno dei condebitori. Dalla rinuncia alla solidarietà
nei confronti di un coobbligato derivante dalla quietanza rilasciata nel
ricevere l'adempimento parziale del proprio credito, con l'esclusione della
riserva di agire verso lo stesso per il residuo, consegue la conservazione
per legge dell'azione solidale verso gli altri obbligati. Pertanto, non si
pone proprio il problema della estensione nei loro confronti della
rimessione del debito e della eventuale esistenza della riserva per
impedire l'estensione della remissione. Di conseguenza, non si pongono
le questione esaminate dal giudice quanto alle caratteristiche della riserva
e alla opponibilità del documento che la contiene, poiché la conservazione
dell'azione solidale verso gli altri condebitori deriva direttamente dalla
legge e non dalla riserva nei confronti degli stessi nel documento di
quietanza e di liberazione del debitore parzialmente adempiente da ogni
onere relativo alle spese, quale rinuncia alla solidarietà.
3.4. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata
sulla base del seguente principio di diritto: <<Nell'ipotesi di
adempimento parziale dell'obbligazione da parte di uno dei
coobbligati solidali, con relativa quietanza rilasciata dai creditori
senza alcuna riserva di questi di agire verso lo stesso debitore per
il residuo, è integrata la fattispecie di presunzione di rinuncia alla
solidarietà disciplinata dall'art. 1311, n.1 cod. civ., e conseguente
conservazione dell'azione in solido verso gli altri obbligati solidali
ai sensi del primo comma dello stesso articolo, non assumendo
rilievo la riserva di agire verso gli altri obbligati ai sensi dell'art.
1301 cod. civ., che regola la diversa fattispecie di remissione del
debito a favore di uno dei debitori solidali.>>.
3.4.1. Risultando la quietanza rilasciata dai creditori ad uno dei
condebitori per l'adempimento parziale dell'obbligazione, senza alcuna
riserva nei suoi confronti, ed avendo agito i creditori nei confronti degli
altri obbligati per ottenere la condanna in solido degli stessi al residuo del
credito - tanto anche nel rispetto della regola della solidarietà che il
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condebitore non è tenuto per le parti del debito estinte, in questo caso
mediante adempimento - non sono necessari ulteriori accertamenti di
fatto e la causa può essere decisa nel merito mediante il rigetto
dell'appello.
4. Dall'accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza
impugnata, deriva l'assorbimento del ricorso incidentale, volto ad
ottenere la revisione della pronuncia di appello sulle spese processuali
che erano state compensate.
5. Quanto alle spese processuali del giudizio di merito, le stesse seguono
la soccombenza; trattandosi di un'attività difensiva ormai esaurita, si
deve applicare la normativa vigente al tempo in cui l'attività stessa è
stata compiuta, e, quindi, le tariffe previste dal d.m. n. 127 del 2004 e
non i parametri sopravvenuti (Cass. 18 dicembre 2012, n. 23318).
Le spese del processo di cassazione, che pure seguono la soccombenza,
sono liquidate sulla base dei parametri vigenti (Sez. Un. 12 ottobre 2012,
n. 17406).
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
decidendo sui ricorsi riuniti, accoglie il ricorso principale e dichiara
assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta l'appello;
condanna Sandra Lari e Anna Maria Lari, in solido, al pagamento, in
favore Francesco Paolo Luiso, Giovanni Cattani e Stefano Narducci: delle
spese processuali del giudizio di secondo grado, liquidate in Euro 400,00
per esborsi, Euro 800,00 per diritti e Euro 2.300,00 per onorari;oltre
spese generali ed accessori come per legge dovuti; delle spese
processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200,00, di cui
Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di
legge.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2014
Il consigliere estensore •
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