46
 Glauco Felici, «Sába to, nel tu nnel de ll’umanit à»  La Stampa, pr imo maggio 2011 3  Massimiliano Parente, «Com’è lo scrittore TQ? T ale e Quale agli altri»  il Giornale , 2 maggio 2011 5  Stefan o Montefiori, «La storia per duta dei libri. Nessuno salva le correzioni»  Corriere della Sera, 3 maggio 2011 7  Paolo Russo, «Giunti: “T amaro e i talenti stranier i, così entriamo nella narrativa”»  la Repubblica di Firenze , 5 maggio 2011 8  Tima Adams, «La vita dopo u n suic idio»  D, la Repubblica delle donne , 7 maggio 2011 10  Robert Darnton, «La Rete e Google non uccide ranno il la vor o editoriale»  Tuttolibri della Stampa, 7 maggio 2011 14  Annalisa T erranova, «Il libro è vivo e vegeto se chi scrive “convoca” nuov e comunità»  Secolo d’Italia, 8 maggio 2011 16  Simon e Barillari, «TQ, fenomenolo gia di una generazione letteraria allo specchio»  Nazione Indiana, 11 maggio 2011 19  Stefano Salis, «Ecco co me vi vere di libri»  Il Sole 24 Ore, 11 maggio 2011 21  T ommy Cappelli ni, «L ’agente letterar io? Cercatelo al cinema»  il Giornale , 11 maggio 2011 23  Mar io Baudino, «Aiuto, mi si è sgonfiato l’ebook»  La Stampa, 13 maggio 2011 25  Serg io Luzzato, «Gallimard, il secolo in v este bianca»  Il Sole 24 Ore , 15 maggio 2011 27  Pietro Scaglione «An tonio Sellerio, non so lo Montalbano »  Famiglia Cristiana, 15 maggio 2011 29 La rassegna stampa di maggio 2011 O blique «È stato un giorno tra i tanti della sua vita, e uno tra i tanti della mia » Karen Green

Rassegna stampa Oblique maggio 2011

Embed Size (px)

Citation preview

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 1/46

 – Glauco Felici, «Sábato, nel tunnel dell’umanità»

  La Stampa, primo maggio 2011 3

 – Massimiliano Parente, «Com’è lo scrittore TQ? Tale e Quale agli altri»

  il Giornale , 2 maggio 2011 5

 – Stefano Montefiori, «La storia perduta dei libri. Nessuno salva le correzioni»

  Corriere della Sera, 3 maggio 2011 7

 – Paolo Russo, «Giunti: “Tamaro e i talenti stranieri, così entriamo nella narrativa”»

  la Repubblica di Firenze , 5 maggio 2011 8

 – Tima Adams, «La vita dopo un suicidio»

  D, la Repubblica delle donne , 7 maggio 2011 10 – Robert Darnton,«La Rete e Google non uccideranno il lavoro editoriale»

  Tuttolibri della Stampa, 7 maggio 2011 14

 – Annalisa Terranova, «Il libro è vivo e vegeto se chi scrive “convoca”nuove comunità»

  Secolo d’Italia, 8 maggio 2011 16

 – Simone Barillari, «TQ, fenomenologia di una generazione letteraria allo specchio»

  Nazione Indiana, 11 maggio 2011 19

 – Stefano Salis, «Ecco come vivere di libri»

  Il Sole 24 Ore, 11 maggio 2011 21

 – Tommy Cappellini, «L’agente letterario? Cercatelo al cinema»

  il Giornale , 11 maggio 2011 23 – Mario Baudino, «Aiuto, mi si è sgonfiato l’ebook»

  La Stampa, 13 maggio 2011 25

 – Sergio Luzzato, «Gallimard, il secolo in veste bianca»

  Il Sole 24 Ore , 15 maggio 2011 27

 – Pietro Scaglione «Antonio Sellerio, non solo Montalbano»

  Famiglia Cristiana, 15 maggio 2011 29

La rassegna

stampa dimaggio 2011

Oblique«È stato un giorno tra i tanti della sua vita, e uno tra i tanti della mia»

Karen Green

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 2/46

Raccolta di articoli pubblicati da quotidiani e periodici nazionali tra il primo e il 31 maggio 2011.

Impaginazione a cura di Oblique Studio.

 – Anna Masera, «L’ebook si sgonfia? “No, lo salviamo noi piccoli editori”»

  La Stampa, 16 maggio 2011 31

 – Roberto Bertinetti, «Inediti, l’industria del romanzo postumo»

  Il Messaggero, 19 maggio 2011 32

 – Monica Rubino, «Donne e ragazzi, lettori “forti”. Ecco chi ama i libri secondo l’Istat»

  la Repubblica, 20 maggio 2011 34

 – Dario Pappalardo, «Niente distributori, ecco il libro a richiesta»

  la Repubblica, 20 maggio 2011 36

 – Pierluigi Battista, «Operai, onore alle armi»

  Corriere della Sera, 22 maggio 2011 37

 – Andrew Hill, «Ebooks rewrite an industry»

  Financial Times, 26 maggio 2011 40

 – Giorgio Ficara, «La verità, vi prego, sul romanzo»

  Il Sole 24 Ore , 29 maggio 2011 42

 – Laura Kiss, «Amazon, il sorpasso dell’ebook»

   Affari&Finanze di Repubblica, 30 maggio 2011 44

 – Livia Manera, «Granta e il lavoro: l’esordio italiano con Rushdie e McCann»

Corriere della Sera, 31 maggio 2011 45

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 3/46

Sábato, nel tunnel dell’umanità

Morto a 99 anni il grande scrittore argentinoche in «Nunca más» denunciò gli orrori della dittatura

 Alle soglie dei cent’anni (li avrebbe compiuti il 24 giu-

 gno) è morto ieri nella sua casa di Santos Lugares, nei 

dintorni di Buenos Aires, lo scrittore argentino Ernesto

Sábato, tra i maggiori autori del suo paese nel Nove cento.

La seconda moglie, Elvira González Fraga, ha detto che era quasi cieco e parlava poco, e che una bronchite negli 

ultimi giorni gli è stata fatale: «Alla sua età è stata ter-

ribile». Era nato a Rojas, una città a nord-est della ca-

 pitale. Suo padre era immi  grato dalla Calabria.

Tra il 1965, i lettori italiani scoprivano un nomenuovo della cometa latinoamericana: da Feltrinelliappariva Sopra eroi e tombe di Ernesto Sábato, un ar-gentino non giovanissimo (nel 1961, quando aveva

scritto il libro, aveva cinquantanni), che si rivelavacapace di una riflessione spietata sulla storia argentinacontemporanea, con riferimenti implacabili allegrandi epopee e ai grandi orrori del passato. In piùsapeva ampliare la riflessione verso considerazioniuniversali sulle incognite di cui è intessuta la condi-zione umana. La terza delle quattro parti del ro-manzo, «Rapporto sui ciechi», avrebbe assunto valoreemblematico dello sforzo di addentrarsi negli abissidel sogno, o dellinferno.

La ricerca di Sábato in questi territori sera è iniziatanel 1948 con Il tunnel (Feltrinelli, poi Einaudi), chenella vicenda personale dellautore assume valore de-cisivo, perché segna il passaggio al romanzo, consi-derato come lo strumento più adatto per esprimerele sue inquietudini metafisiche: sino ad allora, il per-corso biografico di Sábato era stato complesso ma

univoco, mentre la scelta della letteratura determi-nerà una svolta decisiva. Figlio di emigranti (padrecalabrese, madre russo-albanese), aveva studiato fisicae matematica a Buenos Aires; per qualche anno era

stato militante comunista, ma nel 1935 – dopo averassistito a un congresso del partito a Bruxelles – avevaabbandonato lo stalinismo. A Parigi, sempre negli an-ni Trenta, aveva lavorato nel laboratorio Joliot-Curie,e sin da allora i suoi contatti con il surrealismo lo at-trassero verso terreni ben diversi dalla precisione e dalrigore della scienza, dove larte e la letteratura schiu-devano mondi insospettati.Nel 1940 tornò in Argentina, sempre dedicandosi allaricerca scientifica, ed entrò contemporaneamente in

contatto con il gruppo di intellettuali legati alla rivistaSur : le sorelle Ocampo, Bioy Casares, Borges. Nel1945 – lo stesso anno in cui Perón va al potere – de-cide di abbandonare lattività scientifica e pubblica ilprime libro, Uno y el universo, raccolta di articoli atema filosofico. Poi la letteratura prenderà il soprav-vento e, oltre ai due romanzi ricordati, Sábato scriveràancora nel 1974 Abaddón el oxterminador (in italianoL’angelo dell’abisso, Rizzoli 1977), di forte contenutoautobiografico, dolente riflessione con accenti saggi-

stici sulla lotta dellessere umano contro il mondotutto al negativo da cui ci si può salvare con enormisforzi di volontà, quasi eroismi. Ancora, nel 1998,dopo 25 anni di silenzio editoriale, il grande argenti-no torna sulla scena con Prima della fi ne (Einaudi).La fine cui si allude non è – non soltanto – quella fi-sica, personale dellautore, ormai avanti negli anni: è

Glauco Felici, La Stampa , primo maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 4/46

quella che sembra incombere sul mondo, se la partepiù forte dei suoi abitanti insisterà nella sua ottusa edegoistica politica esistenziale. Alla fine del libro, nel«Patto tra sconfitti» (testo nel testo, sintesi espressivadi grande impatto comera stata «Rapporto sui cie-chi»), si configura quasi un manifesto programmatico

umano-morale-sociale-politico: da una lettura anar-chico-cristiana della storia nasce lincitamento a unasolidarietà rifondante di un mondo nuovo, lunica checonsentirà il superamento degli orrori e delle ingiusti-zie, la sopravvivenza dellumanità. Toni apocalittici,ma insieme speranza nella capacità umana di scegliereil bene e sconfiggere il male, una componente profeticache si accompagna a una scrittura rarefatta e imme-diata funzionale a narrare le esperienze che hanno se-gnato la vita dello scrittore (la perdita della moglie e

del figlio Jorge, in particolare), e a ribadire lemozionesemplice e quotidiana del rapporto con la gente umile.Negli ultimi anni Sábato ha sempre coltivato la pas-sione della scrittura, insieme allaltra, quella di bru-ciare alla sera ciò che aveva scritto al mattino, nellavilletta di Santos Lugares, dove viveva dal 1974; è sol-tanto alle premure della prima moglie Matilde si deve

se, nei decenni, qualcosa di suo si è salvato. In piùaveva preso a praticare la pittura, singolarmente incoincidenza con laffievolirsi della vista: inevitabile ri-pensare, a questo proposito, allamicizia con laltrogrande cieco della letteratura argentina, Jorge LuisBorges. Ha scritto Sábato: «Quandero ragazzo, alcuni

suoi versi mi aiutarono a scoprire le malinconiche bel-lezze di Buenos Aires. Più tardi, quando lo conobbipersonalmente, a Sur , fummo in grado di conversaresu Platone o su Eraclito di Efeso, con il pretesto di vi-cissitudini portegne. Anni dopo, aspramente, la poli-tica ci separò. Perché, come Aristotele disse che le cosesi differenziano in quello per cui si assomigliano, avolte gli esseri umani finiscono col separarsi a causadella stessa cosa che amano». La politica, dunque:enorme passione di Sábato, che nel 1985 scrisse, su

incarico del presidente Alfonsín, Nunca más , il rap-porto sulle atrocità compiute dalla dittatura militareargentina tra il 1976 e il 1983: quello che sarà chia-mato anche «Rapporto Sábato» sarà dunque una pie-tra solida e dolorosa, un monito dello scrittore perchéluomo sia umano, e lorrore non abbia più luogo.Nunca más , mai più, appunto.

4

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 5/46

Com’è lo scrittore TQ?Tale e Quale gli altri

●Non credo possa fregare qualcosa a nessuno, in Italiae nel mondo, a parte al Sole 24Ore e a Repubblica dovesono insediate le lobby einaudiane e minimumfa-xiane, ma sappiate che venerdì pomeriggio, nella sede

romana della casa editrice Laterza, si sono riuniti «igiovani» scrittori più importanti della generazioneTQ. Vale a dire: dopo gli under venti, gli under trenta,gli under quaranta, la lost generation, la X generation,la generazione Zero e via via degenerando, TQ sta-rebbe per trentenni-quarantenni, cioè quasi chiunque,perché chi aveva meno anni o troppi per rientrarci eradefinito un quasi TQ o un ex TQ e era lì lo stesso aparlare, quindi è TQ anche mia nonna.Questi orribili TQ erano seduti intorno a un tavolo

quadrato, molti altri TQ in piedi, accalcati intorno,altri affacciati a dei soppalchi come zombie Muppets,appesi come scimmie alle balaustre, sembrava di esserea una riunione di studenti maoisti degli anni Settantae tutti molto fuoricorso, più Q che T, e cera purequalche altra testa di C infrattata, tanto erano tuttiuguali. A esordire è stato il TQ Giuseppe Antonelli,«Questa è la nostra Woodstock!», e rendendosi contodellimmondo carnaio nello spazio soffocante ha pre-annuciato un secondo incontro in luogo più consono,

«magari in un agriturismo».Il TQ Antonio Scurati è stato invitato «ad aprire ledanze», e senza farselo ripetere le ha aperte attaccandoil disco dello «stigma della generazione», anzi una seriedi stigmi da suicidio: «una generazione traumatizzatama senza traumi», «una generazione deprivata delreale in senso lacaniano», «una generazione deprivata

di tutte le caratteristiche dellesperienza vissuta», «unagenerazione deprivata in senso tecnico», non si capiscedove sia cresciuto Scurati tra tante deprivazioni, sem-brava un romanzo di Hector Malot riscritto da Niki

Vendola. Comunque una generazione, la TQ, depri-vata dallessere «passata da bolla speculativa a bollaspeculativa», dove il tempo è scandito da un trionfodellimmaginario, nel dilagare della televisione com-merciale, tra maligne sottrazioni, promesse inganne-voli, bipensieri obbligati, discrasie di qua e di là, di-sparità ovunque, nellillusione tradita che il benesseredovesse progredire e invece no, «ci siamo troppo alfa-betizzati sul versante diagnostico», e tanto infine,«siamo incapaci di trovare soluzioni, lOccidente è fi-

nito, i diritti sono sgretolati», amen. Al che il TQ con-duttore Antonelli ha sintetizzato il concetto: «Ci tro-viamo tutti con la cucina Ikea, infatti...», ora purequesti ce lhanno con Ikea, non bastava quel post TQ cattolico di Giovanardi, e intanto passa la parola allaquasi TQ Federica Manzon. La quale si domandadove siano finiti gli intellettuali, «perché lintellettualesi vergogna?». Richiamandosi a Sartre perché oggi cisono troppi esperti, «ma lesperto può solo inventarela bomba atomica, mentre lintellettuale può dare le

soluzioni» e forse ha ragione, perché chiunque in quelmomento avesse sparato un missile intelligente sullaLaterza sarebbe stato meritevole di Nobel, e invecebombardiamo Gheddafi, che al cospetto dei TQ è

 James Joyce. In ogni caso, ha precisato la quasi TQ Manzon, «non ci sono più intellettuali in grado di in-ventare nuovi lessici, il lessico lo hanno inventato le

Massimiliano Parente, il Giornale , 2 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 6/46

generazioni precedenti». Non ci sono più intellettualitranne uno, di cui però siccome anche lacustica eradi merda non sono riuscito a sentire il nome, cosìchiedo a un TQ lì vicino e mi risponde «Wollmann»,non sono convinto, allora chiedo a un altro TQ e midice «Baumann», un altro «Barman», mentre una si-

gnora ultraTQnaria mezza sorda chiede addirittura ame e le rispondo «Batman», sarà senzaltro lui.Quando parla il TQ Giorgio Vasta capisco che pur-troppo è solo Giorgio Vasta, così pallido e chiaro ecompletamente calvo lavevo preso per lOsservatoredel telefilm di fantascienza Fringe , il mio preferito, esperavo fossimo nelluniverso alternativo sbagliato,però poteva essere anche il figlio dellonnipresente Al-berto Gaffi Editore in Roma, seduto vicino allonni-presente Marco Cassini, editore di minimum fax in

Rome. Per la cronaca il TQ Vasta ha raccontato un epi-sodio terribile: «Tutti ricorderanno il senso di imba-razzo vissuto a Roma cinque mesi fa, durante il con-vegno sullantropologia berlusconiana. Quando si èarrivati alle ultime battute dal pubblico si è alzato unsignore e ha detto “Sì, ma cosa dobbiamo fare?” e tuttise ne sono andati. Noi siamo qui per non ripetere que-sto errore». Ci si deve insomma emendare da «questoatteggiamento autotrofo dove le intelligenze divoranose stesse dentro questa necropoli demistificante».

Insomma, era tutto molto deprimente e deprivato, horimpianto perfino le prediche paternalistiche di AldoBusi che mi scrive per dirmi quanto gli faccio penaquando mi vede in televisione, e a proposito di tele-visione ha preso la parola Nicola Lagioia, il TQ dipunta di minimum fax, per domandarsi: «Perché latelevisione pubblica non ci intervista mai? Vorrei direai miei compagni di viaggio: possiamo organizzare ungruppo di pressione, una forza contundente che finoraè mancata? Questa generazione è capace di migliorare

lecosistema in cui viviamo?». Un modello di buonatelevisione sarebbe la trasmissione di Baricco: «Miazia, guardandola, ha scoperto Cechov». Bel ragiona-mento, ma senti: per far divertire la zia di Lagioia bi-sogna ciucciarci tutti Baricco. La TQ Elena Stanca-nelli vuole impiegare gli scrittori nella scuola pubblica,unaltra, unautrice Fandango, la TQ sanguinetiana

Gilda Policastro, accusa quelli della generazione deiSessanta di non aver portato nulla, ma è così sexy cheho unerezione inaspettata e continuo a fissarla incan-tato mentre intorno si dibatte sul ricambio generazio-nale mancato e sulle strutture e le sovrastrutture e lasocietà civile eccetera eccetera, finché non ce la faccio

più e cerco una exit strategy , per esempio luscita.Mi sono perso cosa aveva da dire il TQ ChristianRaimo, il più disperato, con le mani sulla fronte echino su un bloc-notes di appuntini scribacchiati, main compenso, uscendo, ho incrociato lo sguardo moz-zafiato della sorella Veronica Raimo, e lei mamma miaquantè bella, è proprio vero che la genetica a voltenon significa niente. Invece il mio amico Mario De-siati, candidato vincente allo Strega per Mondadori,non lho incontrato, però ho saputo che cera, a par-

lare tra i TQ, gli scrivo un sms e alle dieci e mezza disera è ancora lì, poverino, e mi risponde lapidario «Ag-ghiacciante». E pensare che quando ci vediamo da soliio e Desiati parliamo solo di cose intelligenti, lui digang-bang e io della mia passione per Nicole Minetti,vai a capire perché in pubblico si costringe a esserecosì socialmente noioso. Infine la morale della favolainvece me la dà il deejay di Radio Rock Emilio Pap-pagallo, che è stato così gentile da accompagnarmi:«Sai cosa? Dopo aver sentito questi qui Berlusconi lo

voterei subito».

6

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 7/46

La storia perduta dei libri. Nessuno salva le correzioni

Gli esperti: non sapremo mai più come sono nati i capolavori

Della Recherche di Marcel Proust, scritta tra il 1909 eil 1922, ci restano 75 volumi con i manoscritti e lecorrezioni, e quattro quaderni di note. Jonathan Lit-tell ha scritto Le Benevole , dopo un anno e mezzo diricerche a Mosca nel 2001, in 112 giorni; due stesurea carta e penna, e una terza con il computer. Ma moltialtri scrittori della sua generazione sono andati ancora

più in là avendo ormai dimenticato la carta: si scrivedirettamente con un programma di videoscrittura,che non conserva traccia – a meno che non gli vengachiesto – delle correzioni e dei ripensamenti che fannoda secoli la gioia dei filologi. La letteratura sta diven-tando il regno eterno della bella copia.«Distruggendo la possibilità della memoria, ci stiamopreparando un futuro orfano di noi stessi», dice Pier-re-Marc de Biasi, direttore dellItem (Istituto dei testi edei manoscritti moderni). Il grido dallarme di questo

studioso di Gustave Flaubert (celebre per le stesure tor-mentate) si basa sulla constatazione che da circa ven-tanni la maggioranza degli scrittori si è convertita aiborn digital manuscripts , cioè manoscritti composti di-rettamente al computer, e non resta alcuna traccia dellagenesi del loro lavoro. Per la prima volta dal Settecento,viviamo in unepoca nella quale non resterà nulla delgigantesco lavoro preparatorio che prelude alloperacompleta. E gli studiosi, abituati a scrutare minuziosa-mente levoluzione di un passaggio di Jane Austen o

Honoré de Balzac, scoprono che non avranno nulla sucui indagare in futuro per capire come un autore è ar-rivato a creare un capolavoro della nostra epoca.Pierre Assouline, critico letterario di Le Monde , ri-corda che il problema si allarga agli ultimi quaran-tanni se consideriamo che i primi supporti elettroni-ci sono spesso ormai illeggibili, e che comunque la

durata di vita garantita di un hard disk o di una chia-vetta usb è di cinque anni in media. La digitalizza-zione totale delle opere dellingegno conduce a un pa-radosso: sul sito della Biblioteca nazionale di Franciapossiamo consultare gli incunaboli o le diverse ver-sioni di un passaggio di Victor Hugo, ma non levo-luzione tra le diverse stesure di un romanzo contem-

poraneo, semplicemente perché molto spesso questenon esistono. «Oggi gli scrittori tendono a non usarepiù la carta» scrive Assouline. «Scrivono direttamentecon un programma di scrittura, fanno le correzionisullo schermo, inviano il loro romanzo o il loro saggioalleditore per email, con un file allegato».Non si tratta di una lamentazione passatista in nostal-gia di penna doca e calamaio, o delle lettere con ilbollo di ceralacca. Piuttosto, è interessante notarecome lo strumento utilizzato per scrivere cambi radi-

calmente la natura del testo, e il lavoro di quanti ri-tengono la letteratura degna di essere studiata. Nel sag-gio Gli archivi della creazione nell’epoca del digitale , deBiasi osserva che «lera della pergamena era stata quelladel palinsesto, letà della carta quella della correzione;eccoci ora entrati nellepoca del supporto senza penti-mento». La preoccupazione non sembra corporativa,gli archivi dei manoscritti dellOttocento e del Nove-cento daranno lavoro ancora per molti decenni. Soloche, quando si tratterà di esaminare la genesi di capo-

lavori di oggi, non ci sarà granché da studiare.I tecnici dellItem stanno allora sviluppando un softwaregratuito, pronto entro due anni, in grado di creare unnuovo file a ogni cambiamento del testo, salvando e con-servando in ordine cronologico ogni correzione. Ma nel-lera della velocità e della visione a breve termine, potreb-bero non essere molti gli scrittori desiderosi di servirsene.

Stefano Montefiori, Corriere della Sera , 4 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 8/46

Giunti:«Tamaro e i talenti stranieri, così entriamo nella narrativa»

La storica casa editrice fiorentina lancia la sua sfida nel settore cruciale perchi pubblica libri. Nascono due nuove collane

Paolo Russo, la Repubblica di Firenze , 5 maggio 2011

Ritratto di famiglia in un interno. Con libri. È questalimmagine che dà di sé la Giunti editore, nata Pagginel 1841, coniugata Bemporad, divenuta nel ’38, conlinfamia delle leggi razziali, italicamente (e fiorentinis-simamente) Marzocco, il leone dellarma cittadina. Fin-ché nel 1956 Renato Giunti, padre dellattuale presi-dente Sergio, ne diviene proprietario e ad, dando vitapochi anni più tardi, con nuove, azzeccate acquisizioni– una delle costanti principi della secolare storia azien-dale – al Consorzio editoriale Giunti, papà e mamma

dellazienda come la conosciamo oggi. Nella cui enci-clopedica attività restava però una lacuna: la narrativa.

 Anche se, per vero dire, le fortune del gruppo, che an-cora oggi lo ristampa in raffinate edizioni illustrate, na-scono nel suo antico e tuttoggi strategico comparto ra-gazzi col libro italiano più tradotto: il Pinocchio diCollodi, che di Paggi fu alacre e redditizio collabora-tore. «Ma se non pubblichi narrativa non vieni ricono-sciuto come editore», spiega Beatrice Fini, italianista emoraviologa, già assistente di Lucio Felici e Enzo Sici-

liano, da oltre ventanni in Giunti, della quale è frescadirettore editoriale. Vero, almeno nella percezione dif-fusa. Al punto che nelleleganza austera e silente di VillaLa Loggia, quella considerazione è cresciuta fino a tro-vare la strada per gli scaffali delle librerie. Dove ha dapoco debuttato con un intento preciso, figlio di quelladivulgazione di qualità chè da sempre cifra Giunti.

Cera, cè ancora, e non si può scordare, Astrea di Ro-berta Mazzanti: una collana raffinata, molto caratteriz-zata, la prima in Italia nata intorno alla cultura delledonne, al loro vedere il mondo e raccontarsi raccontan-dolo, come il Nobel Rigoberta Menchu nella sua au-tobiografia. Ma ora Giunti cercava altro. «Abbiamo ini-ziato» prosegue Fini «a lavorarci nel 2009. In Italia, ènoto, si legge poco, e volevamo fare il passo proteg-gendo il nostro investimento: dovevamo individuarelibri e autori, creare relazioni con agenti letterari e

scout, partecipare alle aste per i diritti, allestire una re-dazione giovane e capace, rafforzare distribuzione e ca-nale librerie, imparare a comunicarci, perché per naturasiamo più propensi a lavorare che a raccontarlo. Cisiamo arrivati grazie a un lavoro di squadra compatto,condiviso: siamo un grande gruppo che opera ancorain modo artigianale. Av viata lesperienza nel segmento16-20 anni con Y, un contenitore per young adults,sviluppato anche con una forte azione in rete, sia sutemi difficili di quelletà, cibo, violenza sessuale, auto-

lesionismo, che di intrattenimento intelligente ad esem-pio su vampiri e horror, il nostro Promessi Vampiri hagia venduto 40 mila copie, abbiamo deciso che eralora. E che A, la collana di narrativa, doveva essere pertutti, anche se con un occhio speciale per le donne, zoc-colo duro del lettorato italiano, raccontare storie vereo possibili che facilitassero lidentificazione del fruitore,

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 9/46

9

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

che i nostri autori dovevano essere esordienti di valoresul mercato internazionale, come linglese GordonReece che ha inaugurato la collana col suo thriller fa-miliare Topi (20 mila copie, ndr ) o lamericano DavidEbershoff, (editor della prestigiosa Random House eanche di Norman Mailer nei suoi ultimi cinque anni

di vita, premiatissimo autore di romanzi e racconti, inuscita da Giunti con la 19esima moglie , 750 mila copienel mondo, ndr ) e italiani, anche già consolidati».Come Susanna Tamaro. Della quale non si possonoscordare i 15 milioni di copie di Va’ dove ti porta il 

cuore , che, tra disprezzo non negoziabile – soprattuttodella critica – e amori altrettanto incondizionati, feceronel 1994 la fortuna di Baldini & Castoldi. «Non osava-mo sperare» racconta Fini «che dopo undici anni conRizzoli, un singolo contratto per ogni libro, avrebbe

scelto un esordiente come noi per far uscire Per sempre ;anche se lo scorso Natale avevamo ripubblicato Cerchio

magico, edito nel ’95 da Mondadori, vendendo 50 milacopie, dato sorprendente per un libro per ragazzi. Leiallinizio si muoveva con i piedi di piombo. Quandoho ricevuto il romanzo, lho divorato nellarco di unviaggio in treno e le ho scritto una lunga lettera, perdirle come e quanto mi avesse impressionato quella sto-ria di sentimenti e sconfitte, smarrimenti e delusioni,amore, disamore, morte, natura salvifica e dialogo con

Dio, raccontata in quel suo stile asciutto, teso, diretto.E Susanna ha detto sì». Come in un lieto fine. Che peròin Per sempre , e nella tormentosa solitudine del suo pro-tagonista, un cardiologo intorno ai trentacinque alladeriva nel suo personale inferno di egoismo, non cè.Sugli altri italiani di A per ora tutto tace. Da tre a seile novità attese entro la fine del 2011. E nel 2012 las-salto alla roccaforte dei non leggenti: i maschi italiani,con M, collana pensata appositamente per loro.

Il gruppo: 850 novità lanno, 550 milioni di ricavi

Dopo Mondadori, Rcs e De Agostini, Giunti è per fat-turato il quarto editore italiano. Vasto il fronte del-lattività, anche allestero: classici italiani e stranieri,scolastica, manualistica, scienza, riviste specializzate,

turismo, fumetti, servizi editoriali e per i beni culturali,multimediale, musicale con la collana Bizarre di Ric-cardo Bertoncelli, ideazione e organizzazione mostre,cibo e vino con Slow Food, una pionieristica presenza

 web, una catena di 157 librerie di proprietà in tuttaItalia, la grande azienda grafica a Prato, una ampia retedi joint venture. Divulgazione di qualità e acquisizionistrategiche sono, da sempre, i tratti salienti. 850 circale novità pubblicate ogni anno: 550 milioni di euro iricavi aggregati da prezzo di copertina al dicembre

2010 (420 nel 2009). 1126 i dipendenti.

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 10/46

La vita dopo un suicidio

Karen Green, moglie dello scrittore David Foster Wallace, parladell’amore, della perdita, del perdono. E del libro che lui ci ha lasciato

«Prima che David morisse stavo lavorando ad alcunemacchine con un bambino di cinque anni, il figlio diun amico che aveva una galleria nella stessa stradadella mia». Una di queste serviva a ricreare un maiale

a partire dalla pancetta, mentre unaltra era il proto-tipo di uningegnosa macchina per snocciolare datteri.Il giorno in cui suo marito si è impiccato, KarenGreen stava lavorando a una «macchina politica», cheprevedeva, tra le altre cose, un colorato tendone dacirco, con elefanti e asini. Dopo, racconta, per moltotempo non è più riuscita a creare nulla, e si è chiestase ne sarebbe mai più stata in grado, ma con il tempo,in via del tutto sperimentale, ha cominciato a svilup-pare lidea per un congegno della riconciliazione. «La

macchina del perdono era lunga circa due metri. Pe-sava da morire». Lidea era la seguente: scrivevi la cosache volevi perdonare, o per la quale volevi essere per-donato, e un aspiratore risucchiava il foglietto daunestremità, per poi restituirlo dallaltra fatto a bran-delli. Oplà. Green ha esposto la macchina in una gal-leria di Pasadena, vicino a Claremont, il sobborgo diLos Angeles in cui lei e Wallace sono vissuti durante iquattro anni del matrimonio. Era af fascinata dallef-fetto che aveva sulle persone che la utilizzavano. «Era

strano», accenna. «Lì per lì sembravano divertite, maquando arrivava il momento di introdurre il messag-gio diventavano ansiose. Come a dire: “E se poi fun-ziona, e devo davvero perdonare quei mostri dei mieigenitori?”». Lei, alla fine, la macchina non lha maiusata, se non per inserirvi qualche messaggio di prova.«Temevo non riuscisse a funzionare nemmeno per le

quattro ore dellinaugurazione. Me la facevo anche unpo sotto allidea di dover affrontare linaugurazionein sé. Vedere gente, parlare. Non un po, tantissimo.Credevo di non farcela». Nemmeno la macchina ha

retto: non riuscendo a elaborare tulle le richieste, allafine è stata smantellata. «Perdonare non è mai sem-plice come vorremmo», osserva. «Mi dicono che unsacco di persone hanno pianto».Nel suo studio, oggi, Kareen Green ci ripensa sorri-dendo, con tutta la stanchezza di chi negli ultimitempi ha pianto più di quanto si dovrebbe fare in unavita intera. È energica e vitale, si sforza di ridere, az-zarda persino, parlando degli ultimi due anni e mezzo,qualche freddura, nel tentativo di distrarsi da quella

che sarebbe lalternativa. I suoi occhi raccontano unastoria diversa. «Non so se i genitori di David provinorabbia nei suoi confronti. Ma ho parlato con altre per-sone che hanno perso nello stesso modo un marito,una moglie, un padre o una madre, e la rabbia è unsentimento perfettamente legittimo: ecco perché lamacchina del perdono». Se per Green il marchinge-gno non ha potuto compiere la sua artigianale magia,quantomeno è riuscito a riportarla nel suo studio, dadove sta cercando di affrontare (o di proteggersi) la

realtà della sua vita. «Il giorno prima fai parte di unacoppia, vivi nella tua casetta e ti riguardi il cofanettodi The Wire per la terza volta con i cani che giocanointorno, e quello dopo di colpo sei la vedova delgrande scrittore. Non la vivevamo così, quando Davidcera ancora. Io, con lui, avevo la sensazione di esseresposata a un gentile maestro delle elementari. Tutto

Tim Adams (traduzione di Matteo Colombo), D, la Repubblica delle donne , 7 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 11/46

11

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

il resto lho ignorato per molto tempo. Fino a oggi,in realtà».«Oggi» significa anche sapere che il romanzo incom-piuto di Wallace, The Pale King , sta per essere pub-blicato in pompa magna in tutto il mondo. The Pale 

King era la «cosa grossa» a cui Wallace aveva lavorato

nellultimo decennio della sua vita (lo scrittore èmorto a 46 anni). Nelle intenzioni, avrebbe dovutoessere lattesissimo seguito di Infinite Jest , laffollatocapolavoro di oltre mille pagine dalla cupa ironia, gra-zie al quale Wallace si è affermato come il più credi-bile candidato a ridefinire la portata e la voce del ro-manzo americano.Ero venuto in California per incontrare Green dopoaver corrisposto con lei per un po di tempo via email.Si era perlopiù parlato del suo lavoro di artista, che a

me sembrava esprimere in modo profondo e crudogli estremi del dolore e del lutto. Alcuni dei suoi la-vori più recenti sono appesi alle pareti dello studio:paesaggi ad acquarello sbiaditi fin quasi al candore,sui quali ha scritto, in una stratificazione di fogli dicarta di riso, minuziose righe e colonne di parole. Pa-role che provengono, mi spiega mentre tento di de-cifrarle, da lettere damore e dodio, immaginarie se-dute dello psichiatra, frammenti di scrittura di

 Wallace e dei diari della stessa Green, paesaggi dei

Dolori del giovane Wer ther di Goethe, estratti di refertiospedalieri dalla lingua asettica. Inciampano gli uninegli altri, in uno smarrimento di senso continuo. A questa serie di dipinti lavora in genere di mattina pre-sto. Le sere sono più difficili. Green è sempre andataa caccia di vecchie lettere nei mercatini del-lantiquariato, piccoli resti di billet-doux e atti di pro-prietà, vaghe tracce di speranze umane dimenticatetrascritte in bella grafia, inchiostri scoloriti fino a tonidi bruno e grigio. Ora, dice, «ho materiale mio in ab-

bondanza». Su un paio di dipinti ha applicato piccoleporzioni chiare di risonanze magnetiche cerebrali, se-zioni di lobi frontali e cervelletti che trasfigurano involti spettrali. Lanno prima che Wallace morisse –quando, dopo un cambio di medicinali, la depres-sione di cui aveva sofferto fin da ragazzo si era ripre-sentata più violenta che mai – Green era diventata

unesperta nel linguaggio diagrammatico dei refertipsichiatrici: «Quello è il cervello di una persona de-pressa», dice accennando a una serie di macchie in Te-chnicolor. «Funziona secondo un codice diverso».Green respinge lidea che il suicidio sia in alcun modoun atto significativo, e meno ancora comprensibile in

termini artistici – il mito della depressione romantica– come tanti, fra i tantissimi che si sono espressi sullamorte di Wallace assimilandola a quella di Kurt Co-bain, hanno talvolta voluto intendere.«È stato un giorno tra i tanti della sua vita, e uno trai tanti della mia. Più complesso, per me, è lo stresspost traumatico che deriva dal trovare una personache ami in quelle condizioni. È una cosa concreta. Uncambiamento reale che avviene nel cervello, a livellocellulare, pare. Mi dicono che avrei dovuto essere pre-

parata, per via dei trascorsi di David con la depres-sione. Ma ovviamente non lo ero af fatto. Mai, mai loavrei lasciato in casa da solo, se avessi pensato che po-tesse succedere una cosa del genere». Lappropriazioneestremamente pubblica che si è fatta di quel definiti-vo gesto privato ha reso molto più dif ficile elaborarlo.Lui era ovunque. Ancora oggi Green si tiene alla largada Google: «Cosaltro puoi fare, quando il refertodellautopsia di tuo marito è su internet e la gente ri-tiene di doverlo trasformare in un cazzo di argomento

di critica letteraria?». Se adesso si sta lasciando inter-vistare, dice, è in parte perché sente il dovere di so-stenere la pubblicazione di The Pale King , e in parteperché ha la sensazione che raccontare la sua espe-rienza possa essere daiuto ad altri che, come lei, sonostati abbandonati e costretti a convivere con la realtàdeformata del suicidio. Su molti aspetti della mortedi suo marito non ha certezze, ma di una cosa è sicura,ed è la prima che le chiedo: Wallace avrebbe volutoche The Pale King fosse pubblicato, anche nella sua

forma incompiuta. «Gli appunti che aveva preso peril libro e i capitoli già completati erano impilati ordi-natamente sulla scrivania del garage dove lavorava. Esopra cerano le sue lampade, a illuminarli. Per cuinon ho il minimo dubbio sul fatto che lo desiderasse.David non aveva mai lasciato nulla in così perfettoordine». Nello shock immediato del dolore, Green e

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 12/46

la storica agente di Wallace, Bonnie Nadell, hannopassato al vaglio qualunque altro suo scritto che sem-brasse in linea con il romanzo. Tutto il materiale – di-schi rigidi, file, bloc notes, floppy disk – è stato con-segnato a Michael Pietsch, amico e editor delloscrittore presso la casa editrice americana Little

Brown, che se lè portato via in due borsoni e due sac-chi rigonfi. «So che voleva lo curasse lui», dice Green.«E se lei avesse visto quelle altre pagine capirebbe chelesistenza di questo libro nel mondo è una specie dimiracolo». The Pale King parla della noia, e dei modiin cui un gruppo di giovani americani tenta di miti-garne gli effetti per sopravvivere al proprio lavoro (co-me scrittore, Wallace non si è mai tirato indietro da-vanti alle sfide). È ambientato perlopiù negli ufficidellagenzia delle entrate a Peoria, Illinois. Conoscen-

done la sostanza, e sapendo che Wallace aveva comin-ciato a scriverlo prima di conoscerla, Green si erachiesta se il libro avrebbe parlato anche dei cambia-menti che la loro relazione aveva portato nella vitadello scrittore, cosa che però non ha trovato. «Ero cu-riosa di sapere come avrebbe trattato la noia nel ma-trimonio», dice con un sorriso. «Dopo quattro anni,aveva davvero cominciato a capire come funziona. Di-ceva: “Quando mi hai detto che stavi tornando a casa,mi sono ricordato di metterti su lacqua per il tè”, cose

così. Selvatico comera, andava fiero di essersi fattoaddomesticare».La critica più comunemente rivolta allopera di Wal-lace è che, pur pirotecnica come nessunaltra, manchidi cuore. Che sia letteratura per giovani maschi vit-time della loro stessa intelligenza, scritta da un ma-schio non più giovanissimo e molto, troppo vittimadella sua. Quando chiedo a Green se Wallace sia sem-pre riuscito a far affiorare il meglio di sé nella scrit-tura, lei riflette. «Dipende da cosa si intende per “me-

glio di sé”», dice infine. «Ma io credo di no. La vocedello scrittore assumeva una vita propria, che sonoconvinta lui avvertisse come un forte limite. Pensoche parte della sua fatica fosse legata al tentativo dimodificare questa voce. Lintelligenza, specie per unapersona intelligente come David, è la cosa più diffi-cile a cui rinunciare. È come ritrovarsi nudi, o come

sposarsi rispetto allavere storie di una notte. Lepersone non vogliono passare per sentimentali. Gliscrittori di sicuro no».In proposito, Green e Wallace portavano avanti datempo uno scherzoso diverbio, sul fatto che lo scrit-tore dovesse o meno permettere alla sua «parte stu-

pida» di filtrare nella prosa. «Io pensavo che quellaparte, ogni tanto, dovesse essere lasciata libera di espri-mersi», ricorda lei. «Era meravigliosa. Gli dicevo chea volte, quando un testo o unopera darte è troppointelligente, perde la capacità di stabilire un contatto.È evidente che David stesse facendo qualche tentativoin quel senso, e sono quelle le parti del libro che hoamato di più».

 A far conoscere Karen Green e David Foster Wallaceè stata lattività artistica di lei. «Mi sono imbattuta per

caso nel suo libro Brevi interviste con uomini schifosi ,trovato in un negozietto dellusato a un dollaro», rac-conta. «Allepoca lavoravo a opere in cui prendevotesti scritti da qualcun altro, li scomponevo in riqua-dri e li trasformavo in qualcosaltro. In quel libro holetto il racconto La persona depressa, e mi è venuta vo-glia di usarlo per una di quelle opere». Via fax, scrissea Wallace per sapere se lidea gli andava. Lui, semprevia fax, rispose di no, approfittandone per correggerlela grammatica.

Terminata lopera, Green la portò a Los Angeles permostrargliela. «Gli piacque il fatto che una scono-sciuta avesse deciso di editarlo, credo. Fu gentilissimo.Io mi ero davvero ammazzata, tentando di cavare dallesue parole una serie di haiku. Le avevo rielaborate informa di denti, trentadue denti disposti a reticolo.Una faticaccia». In seguito, racconta, «per un posiamo stati amici, dopodiché siamo diventati moltoamici».Capì che era amore quando Wallace, allinizio della re-

lazione, accettò di andare con lei alle Hawaii. Le Ha- waii incarnavano due fra tante fobie: il viaggio in aereoe leventualità di ritrovarsi a nuotare in mezzo aglisquali. Quando Green entrava in acqua, Wallace di so-lito se ne stava sulla battigia a gridarle dati statisticisulle aggressioni agli esseri umani da parte di squali.Nel 2004 si sposarono a Urbana, cittadina natale dello

12

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 13/46

13

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

scrittore nellIllinois, alla presenza del genitori di lui edel figlio, già grande, avuto da un matrimonio prece-dente di lei. Wallace aveva nel frattempo accettato unposto da docente di scrittura creativa presso il PomonaCollege di Claremont, in California. Scelsero un ranchnei dintorni e vi andarono a vivere.

Dietro la casa in cui Green vive oggi scorre un fiume,costeggiato da vecchie fattorie, macchinari industrialie capannoni. Un tempo, Petaluma era il principalecentro di produzione di uova della California. An-diamo a fare due passi e lei mi mostra alcuni del postiche ha dipinto nei suoi acquarelli. Non sa perché siafinita qui, dopo laccaduto, ma aveva bisogno di an-darsene da Claremont. Piano piano si sta facendodegli amici.Nel 2007 lo scrittore assumeva lo stesso farmaco, il

Nardil, da venti anni. Era convinto che quelle pillolestessero cominciando ad avere brutti effetti collate-rali. Faticava a mangiare, ma riteneva anche che il far-maco stesse intralciando la scrittura. Su consiglio diun medico, smise di prendere il Nardil. Nel giro dipoco tempo diventò estremamente instabile. Dispe-rato, Wallace ricorse alla terapia elettroconvulsivante,lelettroshock, che intorno ai ventanni laveva aiutatoa superare le crisi peggiori. Green rimase al suo fiancoper tutti i mesi della terapia, arrivando a non uscire

di casa anche per nove giorni di fila. «È stato terri-bile», ricorda. «Credo che il suo panico allidea chenon funzionasse ne abbia in un certo senso vanificatogli effetti».Uno del tanti timori di Green riguardo la pubblica-zione di The Pale King è che venga interpretato comela lunga lettera daddio di un suicida, una specie dispiegazione del finale che Wallace ha deciso di darsi.

 A un certo punto, durante la nostra conversazione, lechiedo se ha mai pensato che la malattia e la scrittura

provenissero dalla stessa fonte, che luna non si potesseavere senza laltra.«Io non credo», risponde lei, che pure riceve le emaildi lettori ostinatamente affezionati al mito del geniotormentato. «La gente non si rende conto di quanteramalato. Era un mostro che lo divorava per intero. E aquel punto tutto il resto passava in secondo piano, ri-

spetto alla malattia. Non soltanto la scrittura. Tutto:il cibo, lamore, la casa…».In un passaggio che viene spesso citato nei coccodrillidel giornali, Wallace una volta disse che avrebbe cer-cato di «comunicare come ci si sente a essere umani, oche sarebbe morto nel tentativo di farlo». La scrittura,

larte, possono valere più della vita? Così da vicino, larisposta è certamente no. Il giorno dopo, spedisco viaemail a Green un paio di domande allo scopo di chia-rire alcune dichiarazioni. Mi risponde subito, e conquella che immagino voglia considerare la sua ultimaparola al riguardo: «Lopera di David è qualcosa di stra-ordinario, che va giustamente celebrato, ma non perme. La sua morte la rende emotivamente più intensa?Sì. Ritengo che, se fosse sopravvissuto, avrebbe potutostabilire lui la misura di questintensità? Sì. Ecco per-

ché io non posso “celebrarla”». La mail si chiude su unricordo del loro primo incontro, la speranza di altri de-stini. «Il fatto è che io, un finale diverso (per lui, perme) ce lavrei ancora: quello in cui riesce a controllarela sua maledettissima intensità, e mi dà anche il baciodella buonanotte».

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 14/46

La Rete e Google non uccideranno il lavoro editoriale

Una «spudorata» difesa della parola a stampa: la rivoluzione digitale non potràmai fare a meno dei «professionisti del libro»

Il mondo, lo avvertiamo tutti con un certo turba-mento, è inesorabilmente avviato verso una nuova éra,che sarà configurata dalle innovazioni tecnologiche.Vediamo rispecchiata questa trasformazione nei mo-

delli di comportamento delle persone. Siamo di fron-te a una nuova generazione «nata digitale», che è sem-pre «connessa», intenta a conversare dappertutto conil cellulare, a inviare con un clic messaggi istantanei,a interagire in realtà più o meno virtuali. I giovanissi-mi che incrociamo per strada o che ci siedono accantosullautobus sono contemporaneamente presenti e as-senti. Muovono il corpo sulle note di una musica udi-bile solo da loro, chiusi dentro il guscio dei loro si-stemi digitali. Sembrano costituzionalmente diversi

rispetto a noi, che traiamo il nostro atteggiamento neiconfronti delle macchine da unaltra area dellin-conscio. La nostra generazione ha imparato a sinto-nizzare la radio o a regolare lora girando una mano-pola; le giovani generazioni attivano e disattivanosistemi schiacciando un tasto.La differenza tra i due gesti può sembrare insignifi-cante, eppure deriva da riflessi situati nel profondodella memoria cinetica. Gli esseri umani si orientanonel mondo mediante una disposizione sensoriale che

i tedeschi chiamano Fingerspitzen gefühl , radicata neimovimenti fini delle dita. Proviamo, noi che abbiamoimparato a guidare la penna con il dito indice, a os-servare come i giovani usano i pollici sulla tastiera delcellulare, e capiremo come la tecnologia penetri lenuove generazioni, anima e corpo. Questa modi-ficazione del Fingerspitzen gefühl significa forse che

presto i lettori smetteranno di sfogliare e maneggiarei libri?

 A quanto pare, i dispositivi di lettura si sono conqui-stati un posto nel panorama dellinformazione. Ma il

dispositivo più antico di tutti, la forma «codice», con-tinua a essere quello dominante. Anzi, la sua fetta dimercato è in crescita. Secondo il Bowker’s Global 

Books in Print , nel 1998 in tutto il mondo furonopubblicati 700 mila nuovi titoli; nel 2003 i nuovi ti-toli erano 859 mila e 976 mila nel 2007. Nonostantela crisi economica in corso, il numero di libri pubbli-cati arriverà presto a un milione lanno. La resistenzadellantiquata forma «codice» illustra un principio ge-nerale della storia della comunicazione: un medium

non ne scalza un altro, almeno nel breve termine. Lapubblicazione tramite manoscritti continuò a fiorireper molto tempo dopo linvenzione di Gutenberg; igiornali non spazzarono via il libro a stampa; la radionon rimpiazzò i giornali; la televisione non estromisela radio; e internet non ha allontanato gli spettatoridalla televisione.Ne dobbiamo concludere che linnovazione tecnolo-gica offre un rassicurante messaggio di continuità, adispetto del proliferare delle invenzioni? La risposta

è: no. Lesplosione delle modalità di comunicazioneelettroniche è altrettanto rivoluzionaria dellin-venzione della stampa a caratteri mobili, e noi ab-biamo altrettanto difficoltà a assimilarla di quante neebbero i lettori nel Quattrocento, quando si trovaronodi fronte ai testi a stampa. Ecco, per esempio, che cosascriveva Niccolò Perotti, un erudito umanista italiano,

Robert Darnton, Tuttolibri della Stampa , 7 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 15/46

15

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

a Francesco Guarnerio nel 1471, meno di ventannidopo linvenzione di Gutenberg:«Negli ultimi tempi, mio caro Francesco, mi sonospesso congratulato con letà nostra, quasi avessimo ot-tenuto proprio ora un dono grande, invero divino, conil nuovo tipo di scrittura di recente giuntoci dalla Ger-

mania. Vedevo infatti che un uomo solo poteva stam-pare in un mese ciò che parecchi amanuensi a stentoavrebbero potuto portare a termine in un anno. […]Questo mi induceva a sperare che entro breve tempoavremmo avuto una tale quantità di libri che non sa-rebbe rimasta una sola opera che non ci si potesse pro-curare per scarsità o mancanza di mezzi. […] Ora tut-tavia – o fallacia dei pensieri umani! – vedo che le cosesono andate ben diversamente da come speravo. Infat-ti, adesso che chiunque è libero di stampare ciò che gli

aggrada, sovente gli uomini trascurano leccellenza, perscrivere, a puro fine di divertimento, ciò che meglio sa-rebbe dimenticare, anzi cancellare da tutti i libri. Eanche quando scrivono cose degne, le stravolgono e cor-rompono al punto che sarebbe di gran lunga preferibilefare a meno di tali libri, anziché spedirli in migliaia dicopie in tutte le provincie del mondo, col rischio, ahimè,di diffondere un così gran numero di menzogne».Sembra di leggere i commenti di quanti, me com-preso, criticano Google Book Search, rammaricandosi

per le imperfezioni testuali e le inesattezze bibliografi-che del «nuovo tipo di scrittura» che ci giungano suinternet. Ma il futuro sarà comunque digitale.Quello attuale è un periodo di transizione, nel qualela modalità a stampa e quella digitale coesistono e lenuove tecnologie diventano presto obsolete. Stiamogià assistendo alla scomparsa di molti oggetti familiari:la macchina per scrivere, ormai relegata nei negozi diantiquariato; la cartolina postale, una curiosità; la let-tera scritta a mano, un compito superiore alle capacità

della maggior parte dei ragazzi, che non sanno piùscrivere in corsivo; il giornale quotidiano, estinto inmolte città; la piccola libreria, sostituita dalle grandicatene di distribuzione, a loro volta minacciate dai di-stributori online, come Amazon.E la biblioteca? Sembrerebbe listituzione più arcaicadi tutte. E tuttavia il suo passato fa ben sperare per il

suo futuro, perché le biblioteche non sono mai statemagazzini di libri. Sono sempre state e sempre sa-ranno centri di studi e di cultura. La loro posizionecentrale nel mondo del sapere le rende idealmenteadatte a mediare tra le due modalità di comu-nicazione, a stampa e digitale.

 Anche i libri possono accoglierle entrambe. Sianostampati su carta o immagazzinati su un server, i libricostituiscono il corpo del sapere e la loro autorevo-lezza deriva da elementi che trascendono la tecnologiausata per produrli. Essa è dovuta in parte agli autori,benché i libri fossero oggetto di reverenza ben primache nel Settecento prendesse forma il culto dellau-tore. Come sottolineano gli storici del libro, gli autoriscrivono il testo, ma il libro è materialmente fatto daprofessionisti specializzati, e questi ultimi esercitano

funzioni che vanno ben oltre la manifattura e la diffu-sione di un prodotto.Gli editori sono come dei guardaportone, che con-trollano il flusso della conoscenza. Tra lillimitata va-rietà di materiale suscettibile di essere reso pubblico,essi, sulla base della loro competenza professionale edelle loro personali convinzioni, selezionano ciò chea loro av viso si venderà o merita di essere venduto. Igiudizi degli editori, informati a una lunga esperienzanel mercato delle idee, condizionano ciò che raggiun-

gerà i lettori, e i lettori, in questepoca di sovraccaricodi informazioni, hanno più che mai bisogno di affi-darsi a essi. Selezionando i testi, revisionandoli, im-paginandoli in modo che siano leggibili e portandoliallattenzione dei lettori, i professionisti del libro for-niscono servizi che sopravviveranno a ogni cambia-mento tecnologico.

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 16/46

Il libro è vivo e vegetose chi scrive «convoca» nuove comunitàColombo (editor Dalai): un romanzo funziona solose ha una qualità reale anche se la tv aiuta moltissimo

Sono cominciati i ludi letterari per lassegnazione delPremio Strega. La rosa dei dodici che si contendonola palma del miglior romanzo alla 65esima edizionedel premio è stata presentata. Cè Bruno Arpaia con

L’energia del vuoto (Guanda), Gino Battaglia con Ma-labar (Guida), Alessandro Bertante con Nina dei lupi 

(Marsilio), Luciana Castellina con La sco  perta del 

mondo (Nottetempo), Mario Desiati con Ternitti 

(Mondadori), Viola Di Grado con Settanta acrilico

trenta lana (e/o), Fabio Geda con Nel mare ci sono i 

coccodrilli (Dalai), Lorenzo Greco con Il confessore di 

Cavour (Manni), Edoardo Nesi con Storia della mia

 gente  (Bompiani), Giorgio Nisini con La città di 

 Adamo (Fazi), Gilberto Severini con A cosa servono gli 

amori infelici (Playground), Mariapia Veladiano conLa vita accanto (Einaudi). Dopo saranno i quattro-cento Amici della domenica, a metà giugno, insiemea trenta «lettori forti» segnalati da altrettante librerieindipendenti, a scegliere la cinquina dei finalisti. Ilmeccanismo è noto – il vincitore sarà proclamato il 7luglio – e ogni anno è accompagnato da polemiche inparte fondate in parte «di rito». Questanno è stato ilquotidiano Libero a anticipare tutti decretando linu-tilità del premio e spiegando che funziona un po

come i vecchi congressi della Dc con le correnti col-legate o alla Rizzoli o alla Mondadori. Non solo masi sottolinea anche che il vincitore dello Strega verràpoi sottoposto a una sorta di trasformazione salottierache serve a vendere copie ma non serve ai lettori e allacultura italiana. Una critica che contiene un po di ve-rità ma che va sfrondata dagli eccessi dellinvettiva un

po seduta sullantico schema per cui da una parte cisarebbe la buona letteratura occultata dagli affari deigrandi colossi editoriali e dallaltra il romanzo-fustinoconfezionato ad hoc per catturare lattenzione di let-

tori troppo tentati dalle mode. Al di là del premio letterario le vere questioni checoinvolgono anche chi scrive romanzi sono state postetempo fa in un bel libro di Michela Nacci, Storia cul-

turale della Repubblica (Bruno Mondadori editore),in cui ci si interroga sul ruolo classico del «chierico»,dellintellettuale che troppo spesso, cedendo pigra-mente al ruolo convenzionale di opinionista, non èpiù in grado di interpretare né tantomeno di accom-pagnare le transizioni cui assiste: «Le questioni che la

cultura italiana si poneva nellimmediato dopoguerrasulla sua identità» scrive Michela Nacci «tornano oggia riproporsi. Sono questioni che implicano risposteimpegnative, autorappresentazioni, scelte, modelli, fi-losofie della storia, idee con le quali pensare il propriopassato e il proprio ruolo, con cui giudicare se ciò checambia è una costruzione o una distruzione, un valoreo un disvalore. La domanda che il mondo intellettualesi pone è autoriflessiva: la nostra epoca è unepoca diavanzamento o di decadenza della cultura? È più ap-

propriato parlare di crescita, sviluppo, oppure di esau-rimento, involuzione, morte? Come devono esserelette le trasformazioni che riguardano il mondo dellacultura e il suo produttore, il chierico?». Tra i segniculturali che ci interrogano, anche i romanzi che vin-cono lo Strega o più in generale i romanzi di successonon vanno trascurati e non certo perché sono in grado

Annalisa Terranova, Secolo d’Italia , 8 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 17/46

17

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

di compiacere un vasto pubblico ma più che altro per-ché dinanzi a quel tipo di scritture una società puòcomprendere se si pone dinanzi alla realtà subendolao cercando di trasformarla, offrendo un messaggio dirassegnazione o di riscatto. In un recente incontro aRoma di scrittori, editori e intellettuali che si defini-

scono generazione anfibia (uscita cioè da un secolo-palude e da un sistema culturale ormai morto cheperò ancora ci condiziona) ci si è interrogati sul valoredelle storie oggi. Riferendo di quel seminario MarcoMancassola sul manifesto scriveva che attualmenteanche il lavoro dellintellettuale subisce una sorta diprecarizzazione: «In un mondo intasato dalla sovrap-produzione editoriale, dallinflazione narrativa, dalledosi di fiction, dallabuso delle tecniche di storytellingnel marketing e nella politica» è il valore stesso delle

storie a essere messo in discussione perché la comunitàdei lettori «appare dispersa, sfuggente, inconvocabile».E allora soltanto «alzando la posta» lo scrittore puòavere lambizione di pensare a sé stesso «come al fon-datore di nuove comunità del sentire».Chi lavora nelle case editrici però è ancora disposto ainvestire sulla scrittura come atto creativo e non solocome produzione di un genere che risponde ai bisognidel mercato. Francesco Colombo, editor di BaldiniCastoldi Dalai e di un autore di successo come Gior-

gio Faletti, nega recisamente che dietro al successo diun libro vi sia solo una buona fattura comunicativa:«Un romanzo funziona solo se ha qualità e a volte ilsuccesso sorprende gli stessi editori. Saviano per esem-pio era uscito allinizio solo con seimila copie. Per qua-lità intendo una scrittura che può essere più o menoclassica ma che in ogni caso si fa leggere volentieri. Inquesto il lavoro delleditor centra fino a un certopunto. Il libro lo fa sempre lautore. Non è vero chesono gli editor a confezionare il prodotto finale, noi

ci occupiamo di comunicazione che è unaltra cosa. Ilmercato editoriale lascia spazio a tutti, non è come latv dove più o meno vedi sempre gli stessi personaggi».Sui canali privilegiati per decretare il successo di unlibro però Francesco Colombo non ha dubbi: «La tv resta il principale mezzo di pubblicità. Se uno scrittoreva da Fazio il libro si muove subito, ma non perché

diventa di moda, semplicemente perché quel tipo diprogrammi è seguito da un pubblico di gente chelegge. Invece la classica recensione non è più in gradodi decretare il successo di un titolo. Anche il passapa-rola ha la sua importanza, però funziona solo se il libroha già alle spalle una massa critica di lettori, deve avere

almeno già tremila copie vendute perché il passaparoladiventi ulteriore veicolo di pubblicità».Laura Santini, direttore editoriale della casa editriceElliot, è convinta che anche senza lo Strega un libropuò ricevere il plauso entusiasta della critica e deilettori: è accaduto con due libri editi da Elliot che nonhanno superato le selezioni del premio ideato dallaFondazione Bellonci: Mia madre è un fiume di Dona-tella Di Pietrantonio e La casa di Angela Buba, appenaventenne al suo esordio letterario. Il successo di scrit-

tori molto giovani, come Paolo Giordano o Silvia Avallone o la stessa Viola Di Grado in concorso questanno, è una novità nel panorama del romanzo italianoche secondo Laura Santini va vista positivamente:«Però quando io leggo un libro non guardo prima idati biografici per non farmi influenzare. Per esempiose chi scrive ha fatto corsi di scrittura creativa in mesi forma un pregiudizio, perché se non hai vero ta-lento la tua lingua rischia lappiattimento. Ri-conoscere un talento è per me una sensazione: devo

avvertire accanto a me la presenza fisica della personache mi racconta la storia. Chi scrive lo fa perché sentedentro di sé una storia e la deve comunicare. Il suc-cesso conferma questa esigenza. Poi cè luso della lin-gua, la capacità cioè di utilizzare parole che sono sem-pre le stesse ma in una maniera misteriosamenteoriginale. Lautore giovane può inciampare in unasorta di autocompiacimento però se cè la stoffa sivede subito, anche in un esordiente. Non cè un ge-nere di storie cui il pubblico è più affezionato. In Ita-

lia vanno molto i gialli ma anche le classiche storiedamore, le saghe familiari, le storie semplici. Ciò chefa la differenza non è il tipo di storia ma il fatto che titrovi dinanzi a qualcosa che ti sorprende, come se fa-cessi una scoperta».Ma in Italia si legge ancora troppo poco. Leditore Ser-gio Fanucci, al timone di un marchio leader nel

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 18/46

campo della letteratura fantastica (ha pubblicato Lo-vecraft, Dick, Asimov e Anderson), sostiene che ilproblema vero non è lo Strega e i voti già assegnati inpartenza degli Amici della domenica, ma la promo-zione del libro (in Italia la triste condizione segnalatadalle statistiche è che il 47,1 per cento degli italiani

non legge neanche un libro lanno). Fanucci ha par-tecipato allo Strega lo scorso anno con il titolo di Bea-trice Masini, Bambini nel bosco. Ma vincere quel pre-mio, dice, non è in cima ai suoi pensieri: «Quelpremio è diventato noioso» afferma «anche per i giu-rati. Lo scopo di un editore oggi, con laiuto del go-verno, dovrebbe essere quello di mettere in condi-zione le persone di leggere sempre più libri». Invece?«Invece il governo pensa solo a fare tagli alla culturaanziché accostarsi al tema in modo anche creativo. In

Europa il maggior numero di lettori si registra inGran Bretagna, poi viene la Germania, poi la Franciae quindi la Spagna. Dopo ci siamo noi. In Spagnaperò linvestimento sulla cultura del libro è stato co-lossale. In quel paese cè la Giornata del libro e dellerose che si celebra il 23 aprile in occasione della festa

di San Giorgio. Le città si riempiono di fiori e di libri,le librerie rimangono aperte fino a tarda sera. Per ognilibro venduto si regala una rosa. Noi non abbiamoniente del genere, o almeno niente che sia entratonella cultura popolare».E dunque se i grandi delleditoria si concentrano sui

gusti del pubblico, è dai piccoli e medi editori che pos-sono venire nuove idee per diffondere e far leggerebuoni libri, naturalmente con un alleato speciale: ilpubblico dei lettori. Una storia che potrebbe diventarerealtà e che è già stata raccontata da Laurence Cossénel suo La libreria del buon romanzo (edizioni e/o)dove si narrano le vicende di Van e Francesca, due ap-passionati di letteratura che decidono di investire i lorosogni e i loro soldi in una libreria speciale, aperta a ti-toli eleganti e poggiati su una scrittura vera. Una li-

breria che è anche una denuncia al grossisti della cul-tura che intasano il mercato con pochi bestseller inomaggio al ritmo della fast-reading . Un inno alla bel-lezza del libro come «oggetto silenzioso» che senza farrumore ci consente di aprire un vuoto nel mondo rea-le di cui necessita, per accadere, un mondo possibile.

18

la nostra epoca è un’epoca di avanzamentoo di decadenza della cultura?È più appropriato parlare di crescita,sviluppo, oppure di esaurimento,involuzione, morte?

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 19/46

TQFenomenologia di una generazione

letteraria allo specchio

Simone Barillari, Nazione Indiana , 11 maggio 2011

Si è fatto molto parlare, nelle riunioni e nel forum diTQ, di penetrare maggiormente nella società italiana,di aumentare il numero dei lettori, e sono state ancheindividuate aree e pratiche di intervento sociale degli

scrittori. Mi chiedo però se non debba essere presa inconsiderazione anche una possibilità di intervento chenon sia solo orizzontale, per ampliare il pubblico, maverticale, per innalzarlo – una linea migliorista (una«linea elitista»?), minoritaria e complementare rispettoalla giusta, indispensabile «linea azionista» di TQ, maforse non meno importante, e non meno impervia.

Portare la cultura tra chi non ne ha come un bene pri-mario quanto il pane e lacqua, portarla nelle carceri,

portarla nei presidi dellimmigrazione, come è statodetto, e fino alle frontiere ultime dellumanità, è unimpegno nobile e decisivo in questo tempo, eppureimpegno non meno nobile e non meno decisivo, cosìmi sembra, è di portare la cultura più rara e scelta trachi ha disimparato a servirsene anche se vorrebbe tor-nare a farlo, e in questo modo tracciare con forza unalinea di separazione tra ciò che è letteratura e ciò chenon lo è, disegnando una frontiera diversa e mancanteche sia poi continuamente rimarcata.

La letteratura è già adesso, e sarà condannata a esseresempre più, al margine dei processi di trasmissionedella conoscenza e di formazione della coscienza degliuomini – nelletà dellimmagine la letteratura è desti-nata a essere didascalia. Apparteniamo pienamente,irreversibilmente, a quella che Neil Postman ha defi-nito già trentanni fa la terza età della conoscenza

umana dopo quella orale e quella scritta, spiegandoche lacquisizione di gran parte della conoscenza at-traverso limmagine e lo schermo invece che attraversola parola e la pagina comporta un cambiamento co-

pernicano della conoscenza stessa e del suo assetto,delle sue funzioni e delle sue finalità, e di chi, e dicome, la produce e la fruisce. La profezia di Steve Jobsè che i libri così come li conosciamo ora, e non solola loro veste cartacea, si estingueranno entro pochedecine danni, e limmane ambizione di grandi menticontemporanee come la sua sembra essere quella dicodificare, di traslare in forma di visione e di perce-zione tutto ciò che è stato elaborato sotto forma diparola scritta – e il vero tradurre è sempre stato un

violento appropriarsi, un dichiararsi degni di direcome se si dicesse per primi, di ridire qualcosa per fardimenticare che era già stato detto. Quella che deves-sere difesa e propugnata in questo tempo è dunqueuna letteratura intraducibile, quella che contiene, sipotrebbe dire con Robert Frost, la maggior quantitàdi ciò che va perso nel tradurre, quella che dimostradi avere il maggior gradiente di specificità letteraria,e che, per questo, non potrà che essere assimilata sem-pre e solo attraverso la lettura – in questo senso,

lunica letteratura da difendere è anche, storicamente,lunica letteratura che può ancora essere difesa.In un tempo in cui i libri somigliano sempre più, perla qualità e la durata della scrittura di cui sono fatti, agrossi giornali rilegati, e i giornali, a loro volta, a lentiblog di carta, in un tempo in cui i libri si insedianogoffamente nel vuoto lasciato dai giornali e non fanno

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 20/46

che pubblicare reportage e inchieste in serie (a questoè ridotta la saggistica di oggi), in questo improvvisocollasso dei piani della scrittura uno sullaltro fino arenderli indistinguibili come macerie, bisogna tornarea rivendicare laltezza della letteratura, lincomunica-bilità mediatica della cultura più alta. Scriveva Bau-

drillard che ogni comunicazione rende loggetto delcomunicare sempre più semplificato, incolore e infinetrasparente, che una terribile trasparenza è la preroga-tiva richiesta a tutto ciò che vuole comunicarsi perchélo si possa comunicare e che la comunicazione è dun-que il processo degenerativo di ciò che è comunicato,così che dovremmo forse rinunciare a comunicarecerte cose e ritornare a trasmetterle quasi da personaa persona, a tramandare – che è un comunicare pre-servando, un consegnare in mano – ciò che ci è più

caro per salvaguardarlo quanto più possibile, preoc-cupandoci perciò non di informare il lettore ma diformarlo, non solo di essere letti più largamente masoprattutto di essere letti più profondamente. Pensoche dovremmo domandarci, per esempio, comè statopossibile che unopera di inossidabile perfezione, unodegli autentici romanzi italiani del Novecento comèdefinitivamente Gli esordi di Antonio Moresco, nonabbia trovato non solo quei riconoscimenti ufficialiche ha meritato come forse nessunaltra opera del suo

tempo ma anche soltanto un numero di lettori suffi-ciente per restare stabilmente in catalogo – mi risuonain testa, mentre scrivo queste righe, una veritiera eviolenta riflessione di Ortega y Gasset: «Chi si adiranel vedere trattati diversamente gli uguali, e non sicommuove nel vedere trattati ugualmente i disuguali,non è democratico, è plebeo». Quattro o cinque annifa, durante una riunione degli stati generali delledi-toria, Gian Arturo Ferrari fornì un dato che deve farriflettere: è tra i cosiddetti lettori forti e fortissimi, in

quella contesa nicchia superiore del 5 per cento dellapopolazione italiana, che ha costruito il suo successoIl Codice da Vinci . Mi sembra allora che, accanto alcompito costitutivo di ampliare il pubblico dei lettoriportando i libri tra chi non legge o legge pochissimo,uno dei compiti essenziali e urgenti di TQ debba es-sere proprio quello di fondare un nuovo pubblico, di

educare intorno a noi, nel tempo, una comunità dilettori forti e fedeli, quasi scegliendoli a uno a uno,una comunità necessariamente ristretta eppure auspi-cabilmente importante e crescente – dunque non solo,attraverso gesti umanitari, insegnare a leggere, ma nonmeno, attraverso gesti umanistici, reinsegnare a leg-

gere e insegnare a rileggere.Mi riferisco, in termini pratici, a istituire seminari ecicli di lettura in cui sceverare con dedizione certosinauna pagina di un classico o di un grande contempo-raneo, in cui spiegare cosa rende a noi sacra una certapoesia, in cui far riscoprire il piacere estetico della let-tura e istruire allhabitus mentale quasi religioso cherichiede, a organizzare incontri di filosofia in cui con-dividere e unire i nostri maestri fondamentali, a com-porre un canone aperto di opere italiane recenti da so-

stenere e far vivere, a promuovere già prima della suauscita un libro italiano meritevole attribuendogli unapatente di qualità, a esercitare pressioni su grandigruppi editoriali affinché ritraducano classici con unatraduzione invecchiata o ripropongano grandi libriabbandonati, proprio potendo noi far affidamentoanche sulla comunità di lettori che partecipano alleiniziative di TQ – a riportare, infine, la qualità dellascrittura e del pensiero, a scapito dellattualità e dellapopolarità del tema, al centro del dibattito mediatico.

 A fare, cioè, di TQ il centro pulsante della giovane ec-cellenza artistica e intellettuale italiana, e della qualitàdelle opere che sostiene unistanza non solo estetica,ma etica e politica.

20

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 21/46

Ecco come vivere di libri

Dal redattore all’esperto di diritti, crescono i profili richiesti dall’editoria

Il Salone del libro di Torino è unoccasione semprespeciale. Per avere nella più grande libreria dItaliaunistantanea fedele di ciò che pubblica il mercato edi-toriale italiano; per andare a sentire (e, perché no?, a

«vedere») i propri scrittori preferiti. Ma, anche, perchi è interessato a fare delleditoria libraria il propriomestiere, per vedere da vicino «che faccia hanno» glieditori e per cercare di capire che cosa ci sia dietro unlibro. In molti casi, infatti, prima ancora che sognaredi lavorarci, in editoria, spesso non si sanno nemmenoquali siano le professionalità che possono essere richie-ste. A questo proposito, da qualche anno cè una pic-cola e semplice «bibbia» del settore: lha scritta Oli-viero Ponte di Pino, direttore editoriale di Garzanti,

e si intitola I mestieri del libro (Tea, 2008). Lintera fi-liera produttiva del libro viene vagliata ed esaminata.Proviamo ad esaminarla, av vertendo che, oggi più chemai, in casa editrice si entra se si è già professionaliz-zati. Meglio seguire un master post-laurea (ce ne sonodiversi, come vedremo) che cercare di bussare alleporte degli editori.Nessun libro, per quanto sia ispirato o di nome lau-tore, arriva in libreria così come è stato pensato. Nonesiste manoscritto pronto per la pubblicazione. Ecco

perché – ed è consigliabile – un aspirante autore puòrivolgersi a editor esterni. Valutano lopera (dietro pa-gamento, ov viamente), danno un parere professionalequalificato e, se lopera è ritenuta già sufficientemen-te adatta, cercano di proporla alleditore giusto perquellopera. Aspetto, questo, che sconfina in unaltraprofessionalità che «precede» la pubblicazione di un

manoscritto. È quello che fa un agente letterario (siveda la testimonianza qui a fianco di uno dei piùnoti in Italia, Marco Vigevani). Lagente spesso«commissiona» il libro allautore ma soprattutto

tratta con la casa editrice le condizioni contrattualifavorevoli per lautore stesso. Queste normalmentesono professioni «di arrivo». Bisogna, cioè, primaavere fatto un «rodaggio» in una casa editrice primadi mettersi in proprio.Molta sensibilità è richiesta agli editor e ai redattoriinterni alle case editrici. […]. Che lavorano i testi, lidiscutono con gli autori e li accompagnano alla for-ma per la pubblicazione. Questa mansione ovvia-mente varia molto da una piccola casa editrice a una

grande. Altre sezioni delle case editrici sono gli ufficidiritti (regolano i contratti da e per lestero e si preoc-cupano di «gestire» le proprietà intellettuali della casaeditrice); la rete di vendita, attraverso la direzionecommerciale, che cerca di convincere i librai a preno-tare un numero sufficiente di copie per la giusta im-missione del libro sul mercato. Anche qui si contrat-tano le condizioni commerciali con i clienti (tenendoconto anche del diritto di resa dei librai). Affine a que-sta funzione ecco il marketing che progetta e attua la

propaganda, mentre lufficio stampa è tra i mestieripiù visibili allesterno, tiene i rapporti sia con i gior-nalisti che con gli autori.Tutte queste professioni che una volta si apprendevano«andando a bottega» in casa editrice, da qualche annosono insegnate in via teorica (poi messa in pratica congli stage) nei vari master in editoria che si sono avviati

Stefano Salis, Il Sole 24 Ore , 11 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 22/46

in questi anni. Tra i più noti quello delluniversità diBologna (creato da Umberto Eco) e quello della Fon-dazione Mondadori, che questanno festeggia il decen-nale. «Quando siamo partiti» spiega Luisa Finocchi,direttore della Fondazione «avevamo la necessità dipensare a una figura nuova che, prendendo le distanze

dallimmaginario collettivo che rimandava a Pavese,Calvino, Vittorini, si proponesse di realizzare “un re-dattore a 360 gradi”, capace di dialogare non solo conlautore, ma con tutti gli uffici della casa editrice. Oc-correva quindi avere competenze economiche, giuri-diche, di marketing e comunicazione sempre alla lucedelle nuove tecnologie». I risultati sono stati ottimi,ma oggi la Fondazione rilancia.«Oggi la rivoluzione digitale, che ha investito ancheil settore editoriale, impone una riflessione sui ruoli e

le competenze delle figure professionali chiamate a la-vorare in casa editrice. Le case editrici sempre più cer-cheranno nuove figure che, confermando la centralitàdi una rigorosa gestione del contenuto, siano capacidi reinventare il ruolo di mediazione editoriale per

non soccombere alla provocazione del selfpublishing ,a cui non si può rispondere solo con una battaglia suidiritti dautore, ma sperimentando nuove forme discouting, di promozione dei prodotti, di rapporto coni lettori».Tra i master in editoria i principali sono condotti

nelle università e nelle case editrici. Alcuni sono apagamento (con diversi livelli di retta), tutti sonosoggetti ad ammissione vincolata da test attitudinalie di cultura generale. Tra quelli delle case editrici se-gnaliamo quello breve della marcos y marcos a Mi-lano, quello di Oblique Studio a Roma. Sono piùlunghi e impegnativi i master in editoria che ten-gono lUniversità Cattolica, luniversità di Bologna,di Pavia e quello della Fondazione Mondadori, il piùnoto e apprezzato. Per informazioni su questultimo

consultare il sito www.fondazionemondadori.it,frutto di una stretta collaborazione fra lUniversitàdegli Studi di Milano e la Fondazione Arnoldo e Al-berto Mondadori, nonché lAssociazione ItalianaEditori.

22

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 23/46

L’agente letterario? Cercatelo al cinema

Simone Morandi ha curato il passaggio di Pennacchi da Mondadoria Dalai. E segnala il nuovo trend: libri a braccetto col grande schermo

Un nome ha fatto capolino tra le righe del gossip degliultimi giorni circa il divorzio – o la scappatella – di

 Antonio Pennacchi, il quale dalla Mondadori è pas-sato alle bramose braccia di Dalai Editore. Il nome

del suo agente letterario: Simone Morandi. Pennacchinon ne aveva mai avuto uno, tuttavia adesso se lè pro-curato e sembra con ottimi risultati. E qualcuno si èchiesto: ma chi è Simone Morandi? Perché un PremioStrega come Pennacchi (lanno scorso con Canale 

 Mussolini ) non si è rivolto ad agenzie più celebri e/ofamigerate, magari per lantipatica ma remunerativacura con cui blindano sotto copyright ogni sillaba deiloro protetti, fossanche un trafiletto in cronaca su unquotidiano locale? Al Nord ce ne sono parecchie e i

due editori in questione, in fondo, sono milanesi.La risposta è che anche Morandi è unagenzia lettera-ria di peso. Ma siccome sta a Roma e fa parte di quellaminuscola fetta di agenzie che stanno con successo acavallo tra il mondo del cinema e quello della lettera-tura, a Milano (dove si vivacchia ancora sulle maceriechic dellindustria culturale degli anni Settanta)hanno osservato lintera scena con sufficienza. Si sacome vanno queste cose: letica protestante, lo spiritodel capitalismo, il Nord… e intanto il mondo gira da

unaltra parte. Tira aria di unimminente guerra di ro-yalties tra Milano e Roma, con questultima che si ap-poggerà sempre di più alla vantaggiosa contiguità conlo show business per coccolare meglio i propri autori.Ce nè abbastanza per approfondire.Lo studio di avvocati Cau-Morandi-Minutillo Turturha una storia di oltre mezzo secolo. Giovanna Cau,

oggi 88enne, è stata lagente di Moravia, Pratolini,Bassani, e intanto lavorava con Fellini, Scola, Mastro-ianni. A Roma letteratura e cinema sono sempre statipiù amanti che altrove, sovente hanno condiviso stessa

casa e stesso letto. Un retroterra ideale per sfruttareappieno lultimo trend riguardo i diritti dautore: farlilavorare a 360 gradi, soprattutto nel cinema e nellafiction televisiva. «Oggi» ci spiega Simone Morandi«alcune case di produzione cinematografica lavoranoin larga percentuale a partire dalla narrativa. Pensiamoa Cattleya, e alle rielaborazioni cinematografiche etelevisive di Romanzo criminale , tanto per citare unesempio di livello. A volte, se la storia lo consente, puòessere vantaggioso provare a pubblicarla prima in

forma di romanzo e poi tentare la strada del cinema.Quando la storia si è affermata sugli scaffali delle li-brerie è molto più veloce trasformarla in un film». Tragli autori seguiti dallagenzia ci sono Giancarlo DeCataldo, Ivan Cotroneo (di culto in egual misura peril romanzo Cronaca di un disamore  e per la sce-neggiatura della fiction Tutti pazzi per amore ), lattoree regista Silvio Muccino e la sua sceneggiatrice CarlaVangelista, romanziera in proprio (ma i due uscirannoin autunno con un «quattro mani» per Mondadori),

Paolo Sorrentino, anche lui sdoppiato in romanzieree regista, Carla Signoris, Licia Troisi (la sua saga fan-tasy La ragazza drago potrebbe trasformarsi in pro-getto di una fiction televisiva molto sperimentale).Ciò porta acqua principalmente al mulino degli au-tori, che non vedono ancora decollare il formatoebook: «È fantastico. Prendi soldi in cambio di

Tommy Cappellini, il Giornale , 11 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 24/46

niente» dicono James Ellroy e Bret Easton Ellis ognivolta che un loro libro viene opzionato per il cinemao la tivù. Di fatto la bravura di un agente è far frut-tare al massimo i contenuti su tutti i canali di comu-nicazione, anche solo opzionandoli (alcuni si spin-gono allestremo e arrivano a vendere frasi dei loro

autori a produttori di t-shirt). Daltra parte, Morandisi stava occupando assieme a Gianluca Seghetti (com-mercialista di Latina, amico di Pennacchi) dei diritticinematografici di Canale Mussolini quando gli è ca-pitato il colpaccio Dalai. «Sto cercando di convincereanche Dario Argento a scrivere qualcosa, perché se-condo me uscirebbe qualcosa di interessante» ci rac-conta. «Non sarebbe male che anche Asia Argento ri-prendesse a scrivere. Pennacchi, dal canto suo, nonha mai nascosto di non essere del tutto soddisfatto

delladattamento del Fasciocomunista ( Mio fratello è  figlio unico di Daniele Luchetti, ndr ) e senzaltro in-tende partecipare alla rielaborazione cinematografi-ca di Canale Mussolini ».Cè chi si aspetta una miniserie di due puntate, chevalorizzerebbe il romanzo più di altre operazioniprolisse (come sono state fatte, però a ragion veduta,per I pilastri della terra di Ken Follett), ma forse primaarriverà unaltra sorpresa: non è detto che, oltre i duetitoli che ripubblicherà Dalai, non ne spunti prossi-

mamente anche un terzo, in fondo prima del Canale cè sempre una Palude … «So come er contadino cheporta i pomodori al mercato» ha detto Pennacchi nelvortice delle polemiche. Ma diciamola tutta: oggi puoiavere i pomodori più belli della piazza, ma è il tuocommercialista che fa la differenza.

Mercato Da Santachiara a Zevi: chi fabbrica successi

Lagente letterario è per antonomasia croce e deliziaper lo scrittore. È colui che per primo affronta il suomanoscritto, colui che si occupa di promuoverlo pres-so gli editori e che spesso si dà da fare, almeno per

quanto riguarda gli autori che vendono, per aiutare ilsuo protetto a gestire limmagine. In Italia, a causadelle dimensioni del mercato editoriale e di un certoprovincialismo, la figura dellagente letterario si è svi-luppata tardi. Ormai però ci sono agenzie affermate ealcuni agenti sono diventati davvero personaggi checontano. Un nome per tutti è quello di Roberto Santa-chiara, direttore editoriale dellagenzia omonima. Nellasua scuderia il nome più noto è quello di Roberto Sa-viano. Ma ci sono anche Wu Ming e Valeria Parrella.

Non bastasse, è lui il tutore, in Italia, di Stephen King, James Ellroy, John Updike, Anita Desai, Ian McEwan,Patrick McGrath, Jeffery Deaver… Schivo e abituatoa lavorare dietro le quinte, non ama le interviste e nem-meno dare gratis anticipazioni dei suoi autori ai gior-nali. Insomma è arcigno e mette il copyright su tutto(così sui libri di Saviano: «©2009 by Roberto SavianoPublished by arrangement with Roberto SantachiaraLiterary Agency»), però indubbiamente è efficace. Cisono poi altre agenzie in ascesa, a esempio quella di

Piergiorgio Nicolazzini, che ha fondato la sua agenzialetteraria, la PNLA nel 1999. Tra i suoi clienti cè Gior-gio Faletti, il quale non manca mai di ringraziarlo incoda ai suoi romanzi. Più consolidata è Grandi&As-sociati di Laura Grandi&Stefano Tettamanti, oppurelagenzia Zevi di Susanna Zevi.

24

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 25/46

Aiuto, mi si è sgonfiato l’ebook

Un anno fa entusiasmo alle stelle, oggi a•ora la delusione.Cavallero (Mondadori): «Noi continuiamo a investire»

Un anno fa era il protagonista assoluto, il simbolodella nuova èra che stava per affossare la carta. Um-berto Eco e Jean-Claude Carrière ammonivano:Non riuscirete a liberarvi dei libri  in un bel libro –

cartaceo – pubblicato con questo titolo da Bom-piani. Ma nel clima generale sembrava suonareormai come una posizione difensiva, la negazioneche afferma. Lentusiasmo per lebook era alle stelle.Poi, nellautunno, grandi gruppi e piccoli editorihanno lanciato i loro prodotti, sono nate le piatta-forme da cui scaricare i libri in formato elettronico,la macchina si è messa in moto. E puntualmente,nel grande catino del Salone dove lievitano gliumori generali, arrivano dopo la prima sperimenta-

zione i segni di delusione.Qualcuno si è un po scottato. Qualcun altro, decisa-mente, è inorridito. Shulim Vogelmann, leditore diGiuntina, è il più esplicito nel dare voce a una inquie-tudine diffusa: «Anche a me era chiaro che la percen-tuale di vendite sarebbe stata proporzionale al carta-ceo. Sono andato avanti senza pregiudizio, ma ora michiedo: chi me lo fa fare?». E cita un romanzo, da luipubblicato, di Itzig Monger (Il libro del Paradiso):«Sullorlo dellabisso il riso si fa più incontenibile».

Ecco, aggiunge, «quando penso allebook mi vengo-no in mente queste parole». Non è un po catastrofi-sta? «No, lebook è una metafora della storia umana;un cammino che diventa ineluttabile per frasi fatte.

 Alla fine pochi trionfano». Sul grande equivoco.Vogelmann punta il dito contro le piattaforme divendita e sul mito della «protezione» anti-pirateria.

«Sanno tutti che non esiste: se la piattaforma che tipropone di vendere il tuo libro lo amasse davvero, timetterebbe almeno in guardia contro i rischi». Inveceno: basta un giro sulla Rete e si trova quasi tutto, gra-

tis cioè piratato, nei siti specializzati in questo generedi download. È stato un inganno? Giuntina ha inve-stito poco; i grandi gruppi molto di più anche se, inpercentuale, si tratta sempre di cifre non alte (se èvero, come sostengono molti editori, che un libroelettronico pronto per essere venduto in un numeroillimitato di esemplari costa 40 euro). Da loro arriva-no risposte molto più articolate.Riccardo Cavallero mette in guardia contro reazioniaffrettate. «Lebook per molti è una delusione», dice

il direttore libri del gruppo Mondadori. «È vero, lasensazione circola. Ma il punto non è lebook in sé,dobbiamo guardare alla rivoluzione digitale nel suocomplesso. Il modo di fare leditore è cambiato, ecambierà ancora, perché già ora abbiamo un rapportodiretto col lettore, che non abbiamo mai avuto prima.Eravamo noi a stabilire che cosa si leggeva, come,quando e a che prezzo. Oggi non più; è il lettore a sce-gliere. Tu puoi anche decidere di non fare lebook, malo farà qualcun altro». I numeri sono piccoli, ma il fu-

turo è grande. Dipende dal mercato. «Noi conti-nuiamo a investire; lerrore sarebbe proprio smetteredi farlo». E poi lItalia è lunico paese al mondo dovesi sente dire che lebook non ha funzionato, aggiungeCavallero. Discorso chiuso?Mica tanto. Stefano Mauri, amministratore delgruppo GeMS, ricorda con divertimento che dieci

Mario Baudino, La Stampa , 13 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 26/46

anni fa lanciò un ebook di prova, e in 24 ore vennescaricato una sola volta. Ora è diverso, dice. «Quandoabbiamo avviato il nostro programma, nel 2010, sa-pevamo che per tre anni avremmo perso. Però il ven-duto di aprile è già stato il doppio rispetto a novem-bre». In Italia, aggiunge, è ancora presto per parlare

di ottimismo o di pessimismo: «Però una previsioneragionevole per il 2020 è che entro quella data i librielettronici dovrebbero superare quelli delle librerie edei supermercati». Ma in che proporzione tra acqui-stati e piratati? «La pirateria è una grave minaccia.Però non so quanti possano permettersi di perderetempo a scaricare copie spesso fasulle. Non è comeper la musica».

Ma allora, perché essere delusi? «Perché si sono tuttibuttati giù da cavallo», risponde Mario Guaraldi, chein questo campo è stato un pioniere, e organizza corsie seminari, oltre alla «Scuola del libro» con lUniversi-tà di Urbino. Ovvero? «Convertiti allultimo mo-mento. Il futuro non è fare gli ebook ma diventare dei

“banchieri” di dati». È proprio quello che non piacea Vogelmann. «Attenzione, banchieri vuol dire met-tere a disposizione appunto dei contenuti, e anchesmettere di pensare al libro come merce. Il futuro è labiblioteca, il prestito». Intanto, però, il presente è in-certo. Chiosa Carmine Donzelli, che in questo camposta testando i primi prodotti: «Non ho delusioni; maperché non avevo illusioni».

26

Il punto non è l’ebook in sé, dobbiamoguardare alla rivoluzione digitale nel suo

complesso. Il modo di fare l’editoreè cambiato, e cambierà ancora, perché giàora abbiamo un rapporto diretto col lettore,che non abbiamo mai avuto prima. Eravamonoi a stabilire che cosa si leggeva, come,quando e a che prezzo. Oggi non più;è il lettore a scegliere

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 27/46

Gallimard, il secolo in veste bianca

Alla Biblioteca nazionale di Parigi una strepitosa mostrasui cento anni della casa editrice più prestigiosa al mondo

 Aperta da qualche settimana a Parigi, entro gli spazimodernamente claustrali della Bibliothèque Nationalede France, la mostra «Gallimard 1911-2011. Un sieclededition» è di quelle che meritano la più banale delle

raccomandazioni: «da non perdere!». Da non perdereper il fascino dei documenti che presenta, estratti dagliarchivi della casa editrice più prestigiosa al mondo, eda non perdere in quanto osservatorio privilegiato sul-levoluzione di un mestiere – il mestiere delleditore– lungo il secolo che separa la Belle Epoque dalla no-stra epoca.

 A volerli cogliere con un unico sguardo, i centannidi Gallimard si presentano come la storia di una lungafedeltà a una corta lista di linee-guida: perché il se-

greto della grande editoria somiglia forse a quello dellagrande gastronomia, dove sono gli ingredienti piùsemplici che valgono a preparare i piatti più straordi-nari. Nel caso di Gallimard, il primo degli ingredientiè stata la purezza di una linea grafica che fin dal nomedella principale collana di letteratura – la «collectionBlanche» – scommetteva sullassoluta sovranità dellaparola: in copertina, nientaltro che lidentità dellau-tore, il titolo del libro, la suggestione del mono-gramma NRF (dal periodico che aveva dato vita alla

casa editrice, la Nouvelle Revue Française). Leditoriacome spazio bianco.Secondo ingrediente decisivo, il principio per cui unacasa editrice non è il luogo di un rapporto binario fraleditore e un autore, ma è il luogo di un rapporto co-munitario fra leditore e i suoi autori (al plurale). SeGallimard ha potuto diventare, via via, la casa – per

limitarsi ai francesi – di Gide e di Genet, di SaintExupery e di Malraux, di Camus e di Sartre, di Beau-voir e di Foucault, ha potuto esserlo perché ha pensatosé stessa come un luogo di attenzione prima ancora

che di decisione: attenzione per certe persone e per leloro idee, prima ancora che decisione su certi libri esulle loro prospettive di mercato. Leditoria come spa-zio elettivo.«La nostra impresa non è puramente commerciale.Non ci accontentiamo di pubblicare libri, ci sforziamodi esercitare una propaganda costante in favore delleloro idee»: così si esprimeva Gaston Gallimard, il fon-datore della casa, scrivendo nel luglio 1921 al «Pro-fesseur Freud» presso il suo indirizzo viennese della

Bergasse e proponendosi per la traduzione francesedellInterpretazione dei so gni . Lo stesso professore au-striaco che le edizioni Gallimard avrebbero presto ac-colto nel comitato di direzione di una rivista tantonotevole per intenzioni quanto effimera per durata:La Revue juive di Albert Cohen, che mise insieme, nel1925, i nomi di Sigmund Freud e Marcel Proust, Ben-

 jamin Crémieux e Max Jacob, Stefan Zweig e AlbertEinstein…Quella di Gallimard è la storia di una casa editrice ca-

pace di anticipare i tempi, ma è anche – a volte – lastoria di una casa editrice rimasta indietro, eppure ca-pace di riparare ai propri errori. Come quando, men-tre infuriava la Grande Guerra, fece ammenda conProust. Nel 1913, Gaston Gallimard aveva rifiutatoLa strada di Swann. Quattro anni dopo, convinseProust ad abbandonare Grasset e a pubblicare con lui

Sergio Luzzato, Il Sole 24 Ore , 15 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 28/46

il seguito della Re cherche . La mostra di Parigi esibiscefra i suoi cimeli la bozza grafica della versione «rico-pertinata» Gallimard del volume Grasset: soltanto gliimbecilli non cambiano mai idea. Altro errore famoso,la rinuncia a pubblicare, nel 1932, il Viaggio al ter-

mine della notte di Céline. E dire che il medico-scrit-

tore, inoltrando il manoscritto alleditore, non avevamancato di vantare – in una lettera magnifica persprezzatura – tutti i meriti del suo «coso»: cera lì den-tro «del populismo lirico, del comunismo conunanima», cera «del delitto, del delirio, del dostoev-skijsmo», cera «pane per un secolo intero di lettera-tura». Gallimard esita, Céline firma con Denoël. Matrentanni dopo Claude Gallimard, il figlio di Gaston,decide di riunire i libri maggiori di Céline nella col-lana più mitica della casa editrice, la «Pléiade». E Cé-

line, ormai vecchio, non serba rancore, anzi smania,quasi muore dalla voglia («rischio di essere decedutoprima di essere pleiadizzato»). Alla porta del grandeeditore, il grande autore suona sempre due volte.Come in tutti i luoghi di culto, il quel santuario delleidee che è il numero 5 della rue Sébastien-Bottin sicelebrano riti liturgici. Fra questi le riunioni del mer-coledì pomeriggio in cui i guardiani del tempio – icomponenti del cosiddetto «comite» – discutono deilibri da fare o da non fare sulla base di un codificato,

codificatissimo sistema di schede di lettura. Alla mo-stra parigina se ne possono scoprire parecchie, fra cuila scheda dei tardi anni Cinquanta che raccomandacon entusiasmo la traduzione dallamericano di Sulla

strada di Jack Kerouac. Il Kerouac che gli emissari diGallimard avevano incontrato a New York, dalle partidi Grand Central, accompagnato dalla mamma, e conin tasca «il libro di uno scrittore francese dal qualenon si separava mai»: neanche a farlo apposta, Viaggio

al termine della notte di Céline.

La ricetta editoriale di Gallimard ha compreso uningrediente particolare, che il catalogo della mostradefinisce come la disponibilità di «uomini doppi».

 Jean Paulhan, Ray mond Queneau, Dionys Mascolo,Maurice Blanchot, Roger Caillois: la dinastia deiGallimard ha potuto lungamente contare su figureche assommavano lidentità dellautore e lidentità

delleditor. Uomini che erano – insieme – scrittoriin proprio e responsabili di collane, e dunque cumu-lavano la funzione di produrre per il mercato e lafunzione di regolarlo.Impresa a tuttoggi familiare, come per una dispettosarivincita delleditoria indipendente, casa Gallimard

non si è mai vergognata di fare soldi. O piuttosto: sene è vergognata sempre meno a misura che leroe epo-nimo, Gaston, ha ceduto il bastone del comando alfiglio Claude, a sua volta rimpiazzato dal figlio An-toine. Sin dal 1933, quando da Jacques Schiffrin ri-presero la neonata «Pléiade» (luovo di Colombo del-leditoria, tanto imitato quanto insuperato: lopera diun autore in una confezione rilegata ed elegante, ep-pure maneggevole nel formato e abbordabile nelprezzo), i Gallimard hanno voluto e hanno saputo

stare sul mercato da capitalisti, senza snobismi intel-lettualistici. Lo disse bene il vecchio Gaston, in unalettera del 1946 a Paul Claudel: «State certo che ioresto fedele a me stesso, e che non mi piace essere co-stretto a fare il salumiere. Dico spesso a mio figlio chese potessi ricominciare a vivere sapendo quello cheadesso so, farei lidraulico o il grossista di farmacia,per poter essere editore soltanto di ciò che ammiro.Quel che da fuori vi sembra una dispersione è piut-tosto una necessità commerciale e contabile, a vantag-

gio di quel che conta davvero». Insomma: fare soldicon i prosciutti e con i salami della letteratura, per po-tersi permettere di pubblicare anche i romanzi e lepoesie dei premi Nobel.

28

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 29/46

Antonio Sellerio, non solo Montalbano

Dopo la morte della madre Elvira ora è lui a guidare la storica casaeditrice lanciata da Sciascia. Che in catalogo, oltre a Camilleri,ha tanti autori importanti

Nel 1959, in una Palermo animata dalle lotte studen-tesche ma minacciata dai tentacoli della Piovra mafiosa,in una Sicilia attraversata dai fermenti culturali ma incoda alle classifiche di vendite di libri, un gruppo di in-

tellettuali colti e raffinati fonda la casa editrice Sellerio.In questa avvincente avventura editoriale si buttaronoa capofitto Enzo Sellerio (fotografo figlio di un notoscienziato antifascista) e Elvira Giorgianni (funzionariapubblica e figlia dellex prefetto di Palermo).I coniugi Sellerio coinvolsero subito il «maestro di Re-galpietra» Leonardo Sciascia e lantropologo AntoninoButtitta, figlio del noto poeta Ignazio. Ognuno ebbeun ruolo importante: Enzo Sellerio ideò una graficainnovativa e accattivante; Elvira Giorgianni si occupò

dellorganizzazione manageriale e della scelta dei libri:Leonardo Sciascia rilanciò in grande stile la casa edi-trice con alcuni suoi bestseller; Nino Buttitta fu unvulcano di idee in qualità di consulente editoriale.Oggi, a distanza di oltre quarantanni, la casa editrice èun piccolo grande impero, conosciuto in tutto il mondoper il successo strepitoso dei libri di Andrea Camilleri edi tanti altri autori. Oltre a Camilleri, infatti, in catalogovi sono opere di scrittori molto noti: da Gesualdo Bu-falino a Giuseppe Banaviri, da Antonio Tabucchi a Lu-

ciano Canfora, da Vincenzo Consolo a Domenico Se-minerio, da Luisa Adorno a Alicia Gimenez-Bartlett, daGianrico Carofiglio a Santo Rianese.Dopo la recente scomparsa della madre Elvira, il re-sponsabile è Antonio Sellerio, 39 anni, laureato in Eco-nomia e specializzato in Amministrazione dimpresaallUniversità Bocconi di Milano. Alto, rosso di capelli,

riservato e dal modi garbati, il giovane Sellerio assomi-glia al padre Enzo, ma anche al nonno Antonio.Questultimo fu uno dei più noti fisici italiani di tutti itempi. Pioniere del reattore nucleare, denunciò in tempi

non sospetti i pericoli di guerre atomiche, che poi siconcretizzarono con le apocalissi di Hiroshima e Naga-saki. Nella sua brillante carriera scientifica Antonio Sel-lerio fu un tenace antifascista e si oppose alle leggi raz-ziali e agli altri provvedimenti autoritari del regime.Nella storica sede palermitana della casa editrice, invia Siracusa, a pochi passi dalla centralissima via Li-bertà, si respira il fascino della cultura e si avverte las-senza di Elvira, scomparsa nello scorso mese di agosto.Una donna forte, caparbia, intelligente e molto com-

petente in ambito letterario. Tra i tanti meriti, ElviraSellerio ebbe la lungimiranza di scovare talenti comeGesualdo Bufalino (lo scrittore di Comiso autore dellaDiceria dell’untore e di altri bestseller).Lattività della madre è portata avanti con profitto da

 Antonio, che ha una sorella cantante, Olivia, e un fra-tello, Enzo, che, invece, si dedica alla sua passione disempre – la fotografia – e alle collane darte.

Con Olivia, sin da bambini, frequentavate la sede della

casa editrice, dove incontravate un grande scrittore come Leonardo Sciascia. Che ricordi ha? 

I miei genitori si rivolsero subito a lui, che in manieradisinteressata diede la linea editoriale e limpronta deisuoi gusti e delle sue passioni. Insieme allantropologo

 Antonino Buttitta fu prodigo di consigli preziosi:anche relativi ad aspetti minimi.

Pietro Scaglione, Famiglia Cristiana , 15 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 30/46

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 31/46

L’ebook si sgonfia? «No, lo salviamo noi piccoli editori»

«Laffermarsi dellebook è una storia fatta a gradini. Si

è detto che il 2010 sarebbe stato lanno dellebook. Adesso si dice che il 2011 è lanno del suo fallimento.Il 2012 sarà di nuovo lanno dellebook?». Per GinoRoncaglia, esperto di nuovi media, autore di La

quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del li bro, bi-sogna prenderla con filosofia. Ma crederci.I più innovativi sono i piccoli editori. Di manualistica,scolastica, fumetti, che per loro natura sono predispo-sti a evolversi dalla carta e passare su ebook. «Per noilaspetto fondamentale rimane la digitalizzazione del

nostro patrimonio, che poi potrà essere riutilizzatosulla base di quelle che saranno le innovazioni del fu-turo» spiega Pietro Biancardi, fondatore di Iperborea.«Già adesso, con lesplosione del mondo delle app(applicazioni per tablet e smartphone) grazie al suc-cesso delliPad e delliPhone, si intravede che il ruolodelleditore cambia: diventa venditore di intratteni-mento digitale». Lorenzo Ribaldi (La Nuova Fron-tiera) si sfoga: «Nel mio lavoro mi trovo di fronte aenormi barriere generazionali. Chi non capisce il

mezzo elettronico vede pirati ovunque. Tuttavia oc-corre un nuovo modello economico: non è possibileche se un libro costa 25 euro, il corrispettivo in digi-tale ne costi 23». E Marco Cassini di minimum faxnon ha dubbi: «Nel momento in cui il digitale pren-derà piede, il libro cartaceo farà la fine del vinile».Intanto, tra sconti, cacce al tesoro e regali, per promuo-vere i loro prodotti gli editori di ebook al Salone del Librosi sono prodigati in offerte per mostrare di aver recepitola richiesta di un abbassamento dei prezzi. Perché, come

ha dichiarato Gian Arturo Ferrari, presidente del Centroper il Libro e la Lettura, «non dimentichiamo che lin-venzione della stampa fu un forte agente di promozionedella lettura, perché consentiva una drastica diminuzionedei prezzi. Lo stesso avverrà con queste nuove tecnologie».«Si stanno delineando diverse tendenze» sostiene MarcoFerrario, fondatore di BookRepublic (piattaforma di

Anna Masera, La Stampa , 16 maggio 2011

distribuzione di ebook) e di 40k, piccolo editore nativo

digitale che pubblica novellette, romanzi brevi e saggi-stica in più lingue. La prima tendenza, che anima ilprogetto editoriale di 40k, è che il digitale offre nuoveopportunità di crescita e di sviluppo per la forma breve,da sempre un investimento rischioso e trascurato nelsettore delleditoria cartacea. Riduce il tempo di lettura,concentra il contenuto, che non deve essere artificiosa-mente diluito per raggiungere la foliazione impostadalla tipografia tradizionale. E lapproccio multilinguerispecchia la prospettiva di uneditoria globalizzata, che

supera le barriere dei diritti territoriali. Gli autori 40k sono nomi premiati della letteratura internazionale, co-me Bruce Sterling, Mike Resnick e Jeff Vander Meer,o accademici come Derrick de Kerckhove, Peter Lu-dlow, Stephen Brown e Thierry Crouzet.Per coltivare la bibliodiversità offerta dalleditoria in-dipendente, «sleghiamo il contenuto dal contenitore eaiutiamo le librerie a vendere entrambi»: è la propostadi Antonio Tombolini di Simplicissimus, tra i primidistributori di dispositivi ebook in Italia, che produce

soluzioni per la gestione dei contenuti digitali. Al Sa-lone ha presentato «Ultima Books», un sistema peraiutare le librerie tradizionali a vendere ebook e chepermette al pubblico di scaricarli sul proprio lettore epagarli in contanti al libraio. Garantendo a questo ilguadagno anche quando i suoi clienti scelgono di sca-ricarsi i libri dal sito internet senza recarsi in negozio.BookRepublic si è unita a Libreria Rinascita e Rina-scita Informatica, che ha progettato e sviluppato il si-stema gestionale MacBook, adottato da circa 500 li-

brerie italiane, e ha lanciato il progetto «Ebook inlibreria» per facilitare lacquisto dei libri digitali.Infine, una tendenza che si sta affermando anche nelmondo degli ebook è quella delle comunità online perfidelizzare i lettori. Dopo Anobii, Bookish e Book-country, ne sta per nascere una nuova dedicata agliitaliani: «Zazie.it».

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 32/46

Inediti, l’industria del romanzo postumo

Da Nabokov a Tolkien a David Foster Wallace,il mercato editoriale punta sui manoscritti

Unironia sempre arguta, cui si sommava una lucidacapacità di analisi che faceva leva sullesplorazione deipiù minuti dettagli del quotidiano. Erano questi isegni distintivi dellinconfondibile stile di David Fo-

ster Wallace, autore ormai di culto della letteraturastatunitense contemporanea suicidatosi tre anni fa.Quando scelse di togliersi la vita non aveva ancora ul-timato The Pale King , romanzo in cui dà conto dellaquotidiana routine di alcuni impiegati del fisco nel-lAmerica degli anni Ottanta. Il libro è stato appenaproposto negli Usa e nel Regno Unito: delle oltremille pagine previste dal progetto originale ne ab-biamo oltre la metà e la critica lo ha accolto in ma-niera assai positiva, giudicandolo unopera che lascia

intravedere un senso compiuto e offre elementi utiliper meglio analizzare il complesso e variegato universonarrativo di Foster Wallace.La parte disponibile del romanzo inedito, osserva adesempio Francesco Piccolo, «permette di capire chesi sta solo intravedendo il piede di una statua gigan-tesca, di un vero e proprio monumento alla noia». Laframmentarietà del testo non disturba perché anchei volumi precedenti del narratore scomparso, spiegaHari Kunzru sul Financial Ti mes , presentano la me-

desima caratteristica. Sin dal 1987, quando esordìgiovanissimo con La scopa del sistema, Foster Wallacesi era imposto come il più talentuoso e geniale erededel postmoderno dei DeLillo e dei Pynchon grazie auna formidabile capacità di mescolare materiali e diintrecciare i generi. «Il mio modo di scrivere è quasisempre argomentativo in maniera non tradizionale

perché segue il mio carattere, il mio modo di essere.So che ogni aspetto dellesistenza ha molti volti e iocerco di rendere conto di ognuno. Ne risulta unacerta confusione, che mi auguro interessante», disse

in unintervista.Luscita di The Pale King (custodito per due anni nellacassaforte delleditore Little Brown per evitare fughedi notizie) costituisce lennesima prova dellesistenzadi una industria dellinedito che genera ottimi profittise lautore scomparso gode di una vasta notorietà in-ternazionale. In passato i capolavori di alcuni gran-dissimi poeti e narratori sono stati messi a disposi-zione del pubblico solo grazie alla tenacia di esecutoritestamentari fortunatamente infedeli rispetto al man-

dato ricevuto.Come dimenticare il caso del gesuita Gerald Manley Hopkins i cui versi, composti in epoca vittoriana e de-stinati a influenzare T.S. Eliot, furono resi noti dopola sua morte a causa lintransigenza dei superiori? Odi Franz Kafka che pregò lamico Max Brod di di-struggere quasi tutti i suoi manoscritti? Ora prevaleuna logica diversa. E così L’origi nale di Laura di Vla-dimir Nabokov, romanzo ancora in fase embrionalealla morte dello scrittore nel 1977, custodito per un

trentennio nel caveau di una banca svizzera, è appar-so nel 2010 per scelta del figlio. Pochi giorni primadella fine Nabokov aveva chiesto alla moglie di bru-ciare labbozzo in seguito proposto in contemporaneain America e in Europa per scelta di Dmitri Nabokov (in Italia lo ha stampato Adelphi), una decisione cheha suscitato feroci polemiche, in particolare negli Usa.

Roberto Bertinetti, Il Messaggero , 19 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 33/46

33

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

Contro Dmitri si è schierata Michiko Kakutani, au-torevole e influente firma del New York Times , perchéa suo giudizio «luscita di un inedito così rudimentaledel libro di un genio rende un pessimo servizio a unartista maniaco della precisione». Di parere oppostosi è detto invece Bryan Boyd, biografo di Nabokov,

certo che «grazie al coraggio di Dmitri sarà possibilecapire meglio il metodo di lavoro dello scrittore e itemi che lo ossessionavano durante la fase conclusivadella sua vita».È lo stesso Dmitri in una lunga nota che apre il volumea chiarire per quali motivi sua madre prima e, in se-guito, lui non seguirono le indicazioni di Nabokov.«Mio padre non desiderava davvero distruggere L’ori-

 ginale di Laura» af ferma «ma voleva soltanto vivere iltempo necessario ad aggiungere le ultime, poche

schede destinate a completare almeno la prima stesura.Non penso che mio padre o lombra di mio padre sisarebbero opposti alluscita di Laura una volta chefosse sopravvissuta al rumore del tempo giungendofino ai nostri giorni. Una sopravvivenza a cui ho forse

contribuito, motivata non da un gusto del gioco o dalcalcolo, ma da una forza altra, alla quale non potevoresistere. Merito la condanna o un ringraziamento?».Chi si è posto meno dubbi (forse perché consape-vole di meritare una severa condanna) è Christo-pher Tolkien, figlio dellautore del Signore degli 

anelli , che da anni centellina gli inediti del padre ene ricava buoni profitti. Gli ultimi in ordine ditempo sono I figli di Hurino (Bompiani in Italia) eThe Legend of Sigurd and Grudrun, testi messi in-sieme utilizzando frammenti di storie appena ab-bozzate che hanno venduto centinaia di migliaia dicopie in tutto mondo. Gli esperti di Tolkien si sonoindignati ma il largo successo commerciale ha con-vinto Christopher di essere sulla strada giusta e cosìaltri volumi seguiranno in futuro. Business is busi-

ness , dicono con il loro abituale pragmatismo gli in-glesi. Leditoria ha scoperto il valore degli inediti eli offre su un mercato disponibile a seguire le grandifirme della letteratura indipendentemente dal valoredelle opere pubblicate.

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 34/46

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 35/46

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 36/46

Niente distributori,ecco il libro a richiesta

Dario Pappalardo, la Repubblica , 20 maggio 2011

Distributori, addio. Gli editori di domani potrebberoconsegnare i libri direttamente nelle mani del libraio.Certamente lo farà da subito Sur, la nuova casa edi-trice dedicata alla letteratura sudamericana che na-scerà a ottobre da una costola di minimum fax. Di-stribuirà da sola i suoi titoli, raccogliendo leordinazioni attraverso il sito web e stabilendo in basea queste il numero di copie da tirare. Sarà un nuovomodo di concepire il rapporto tra editore e venditoreproprio mentre lavvento dellebook costringe a ripen-

sare i ruoli della filiera editoriale.«Non pensiamo che la distribuzione in sé sia un male,ma semplicemente è destinata a modificarsi» spiegaMarco Cassini, fondatore di minimum fax con Da-niele di Gennaro, che ha presentato liniziativa al Sa-lone del libro di Torino. «Incombe il moloch del-lebook che spinge a saltare una serie di passaggi e noivogliamo dire la nostra: ci interessa favorire la figuradel libraio indipendente, quella più penalizzata inquesto momento». La scommessa di Sur è realizzare

6-7 titoli all anno e, soprattutto, di non mandare almacero neanche una copia. Una formula che ricordaquella di The Way Things Are Publications , un marchioeditoriale indipendente di ispirazione ecologica natonel 2008 a Los Angeles, che propone alle librerie il«print on demand», la stampa su richiesta, per evitaresprechi, a partire dalla carta.I librai riceveranno in anticipo via email le schededelle novità, disponibili sia in versione cartacea che inebook, e potranno poi ordinare la quantità desiderata

su edizionisur.il con uno sconto minimo del 40 percento. Risparmio che, a seconda delle opzioni scelte– numero crescente di copie acquistate, termini di pa-gamento e, soprattutto, rinuncia al diritto di resa –può toccare il 51 per cento. «Il libraio diventa in qual-che modo “socio” della casa editrice. Cercheremo cosìdi allungare un po la vita dei libri nelle librerie: non

lasceremo mai passare meno di quattro mesi traluscita di un titolo e laltro», dice Cassini.Non mancano le incognite: la casa editrice dovrà ac-collarsi spese di spedizioni ed eventuali insoluti: «Larisposta dei librai contattati finora è positiva, ma ilnostro è ancora un test. Dobbiamo essere molto cauti:

alla fine del 2012 capiremo veramente come è andata.E comunque puntiamo a essere presenti anche nellegrandi catene».I librai non sono gli unici partner a cui mirano quellidi Sur. Attraverso forme di abbonamento e di mer-chandising (magliette e quadernetti con il nuovo logoda acquistate online) si punta a coinvolgere i poten-ziali lettori. «Chiederemo loro di contribuire ancheallacquisto di diritti di opere straniere», continua Cas-sini. «Punteremo a forme di azionariato popolare:

dopo 17 anni di minimum fax, avevamo nostalgia diunesperienza di editoria più piccola, che ci ricordassei nostri inizi. Sur si af fiancherà alla nostra etichettatradizionale, concentrandosi su riscoperte e novità la-tino-americane poco noti agli italiani. In principiopensavamo a una collana, ma poi abbiamo deciso difare una scelta più precisa. Con la casa madre, a partiredal 1994, abbiamo puntato sulla nuova letteraturanordamericana, che al momento batte un po la fiacca,e sulle scoperte italiane. Con la nuova nata, invece, ci

dirigeremo verso il Sud».I lettori troveranno in catalogo tanta Argentina, sindai tre titoli di partenza: Prima della fine , lautobio-grafia di Ernesto Sábato, scomparso quasi centenariolo scorso 30 aprile; Scene da una battaglia sotterranea

di Rodolfo Fogwill, romanzo ambientato durante laguerra delle Falkland, e il surreale I fantasmi di César

 Aira. Ma arriveranno anche le opere delluruguayano Juan Carlos Onetti (di cui Einaudi ha ristampato re-centemente il capolavoro La vi ta breve ), degli argen-

tini Ricardo Piglia e Alan Pauls e poi un inedito libro-intervista di Roberto Bolaño e gli scritti di AndrésCaicedo, colombiano anti-Márquez, figura di culto inColombia, morto suicida a 25 anni il giorno dellapubblicazione del suo romanzo di esordio. È giàpronta una programmazione editoriale di tre anni. Seandrà tutta in stampa, saranno i librai a deciderlo.

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 37/46

Operai, onore alle armiLa rivincita letteraria sui ceti medi trionfantiSempre più numerosi i romanzi dedicati alla classe lavoratrice, ormai esigua.Allo Strega si profila un duello fra Nesi e Desiati, con testientrambi dedicati a quel mondo, come lo era stato Acciaio nel 2010. quanto ainuovi ricchi, alle partite Iva, invece, all’affermazione sociale non corrispondealcuna gloria estetica

Secondo lo scrittore spagnolo Javier Cercas il franchi-smo ha sì trionfato sul piano militare instaurando unafosca e duratura tirannia, ma sul piano dellestetica,

della letteratura e della poesia i veri vincitori sono statiinvece i perdenti della storia. Il fascino estetico di Fe-derico García Lorca e di Antonio Machado è incom-parabilmente superiore al lugubre bigottismo del re-gime di Francisco Franco. Il franchismo ha riempitole galere. Ma la santa causa dellantifranchismo ha col-mato il mondo e la memoria collettiva di parole, versie immagini sublimi. Qualcosa di analogo è accadutonella lotta simbolica che ha diviso in due trincee op-poste la classe operaia e il ceto medio. La classe ope-

raia, sconfitta nella società, ha stravinto nel cielo dellaletteratura. Il ceto medio, socialmente vincitore, hainvece ignobilmente perduto sul terreno dellesteticae della poesia.Con ogni probabilità, nella nuova edizione del PremioStrega si affronteranno, insieme agli altri della cinquina,due romanzi che, in un modo o nellaltro, hanno nellalancinante nostalgia della classe operaia perduta il lorobaricentro emotivo: Storia della mia gente di EdoardoNesi (Bompiani) e Ternitti di Mario Desiati (Monda-

dori). Da una parte Prato e dallaltra la Puglia, i ro-manzi di Nesi e di Desiati raccontano il dramma, la de-solazione di ciò che resta di una storia esaurita edisperata e che pure ha conosciuto nellepopea indu-striale un momento di fulgore oramai smarrito.Non sono rappresentazioni della gloriosa epica ope-raia come fu, al tempo, Memoriale di Paolo Volponi,

una delle pietre miliari della cosiddetta «letteratura in-dustriale». Oppure della durezza anche psicologica diunepoca dominata dal conflitto di classe come ne Il 

 padrone di Goffredo Parise, che pure Adelphi ha de-ciso, con notevole tempismo, di ripubblicare in questigiorni.Sono piuttosto lelogio funebre della classe operaia.Una classe scomparsa, battuta, numericamente semprepiù sottile, sociologicamente sempre meno centrale (la«centralità operaia» di una volta, che fine ha fatto?).Guardando la prima pagina del manife sto del 28 aprile1971, che il quotidiano ha voluto riproporre per cele-brare i suoi primi quarantanni di vita, su Radio Radi-

cale Massimo Bordin è rimasto colpito da un numeroapparso nel titolo principale: «I centomila di Mira-fiori». Oggi gli operai di Mirafiori sono soltanto pochemigliaia, altro che limponenza epica dei «centomila».La classe operaia così come era conosciuta nella grandefabbrica fordista non esiste più. Gli operai sono Mam-

muth come suggerisce il titolo del romanzo che Anto-nio Pennacchi ha ripubblicato dopo aver vinto loStrega con Canale Mussoli ni (un altro monumento let-terario al lavoro e alla fatica, peraltro). Ancora il Pre-

mio Strega. Ancora gli operai. Mammuth, ma ancorafreschi e vigorosi nella letteratura.

 Anche Silvia Avallone, del resto, aveva gareggiato loscorso anno allo Strega, attraverso il suo romanzo in-titolato Acciaio, con la storia di una Piombino di-sgregata e slabbrata nel suo triste sfacelo post indu-striale. Le acciaierie di Piombino, i mammuth di una

Pierluigi Battista, Corriere della Sera , 22 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 38/46

classe sfinita, le malattie di cui muoiono gli operai, lapiccola industria pratese che vive nei ricordi della «miagente» di Nesi: deve esserci una relazione tra lo spiritodel tempo che si condensa nei romanzi presentati nelpalcoscenico di un prestigioso premio letterario e ilrimpianto della classe operaia.

O meglio: la classe operaia, sconfitta sociologica-mente, si prende la rivincita letteraria, attira su di séle emozioni, i simboli, i rimpianti, lammirazione chesi deve a qualcosa di nobile e di nobilmente sconfit-to. Un omaggio postumo a una classe che ha fatto lastoria e che è uscita dalla storia, diventando un fram-mento sociale tra gli altri, un atomo tra gli altri in ununiverso socialmente decomposto, destrutturato, li-quefatto. La letteratura si inchina al generoso combat-tente sconfitto, tanto più da rimpiangere quanto più

si impone nel panorama sociale lenorme, informe,amorfo, volgare esercito del nuovo ceto medio senzastoria e senza grandezza. E senza letteratura.Ecco, appunto: circola forse in Italia un romanzo, unfilm, unopera teatrale che glorifichi il «popolo dellepartite Iva» senza lobbligo (conformista) di sbertuc-ciarlo, denigrarlo, metterne in luce la volgarità, il gret-to attaccamento al denaro, i gusti grossolani, la dipen-denza dai feticci televisivi, la cronica e irredimibileincultura, la mancanza di serietà? Cè qualche scrit-

tore, qualche regista, qualche poeta che voglia tesserele lodi dei «Piccoli», dei micro imprenditori vessati dalfisco e dalle grandi oligarchie descritti da Dario DiVico? Il vincitore sociologico non ha la letteraturadalla sua parte. E non ce lha mai avuta. La culturaromantica mise a punto con la miserevole figura del«filisteo» la demolizione caricaturale, colma di disgu-sto estetico, del «piccolo borghese» meschino e por-tabandiera di ogni piccineria: il nemico numero unodella gloriosa bohème che riuniva invece gli spiriti ele-

vati refrattari al fascino demoniaco del denaro e ani-mati da un fervore puro per larte e la letteratura. «Chison»? dice Rodolfo a Mimì nella Bohème di Puccini,«Sono un poeta/ Che cosa faccio? Scrivo/ E comevivo? Vivo/ In povertà mia lieta/ Scialo da gran si-gnore/ Rime ed inni damore». Nelluniverso del ro-manticismo moderno lamore del denaro è lantitesi

dellamore per la poesia, dellamore per gli ideali,dellamore per le cose nobili e ammirevoli della vitadelle persone e della società.La «gente nova» deplorata da Dante, prigioniera diuna febbre malsana e ipnotizzata dai «subiti guadagni»conosce solo legoismo, la meschinità, langustia sof-

focante di unesistenza piccola piccola, esteticamenteriprovevole. Il commerciante, il «bottegaio», chi ma-neggia denaro senza nemmeno lo spirito di conquistadei grandi avventurieri, adagiandosi nella medietà diuna vita insulsa, e appagandosi della propria medio-crità, sembra proprio che non abbia meritato raffigu-razioni letterarie, lepica, la grandezza estetica. Fa ec-cezione la grande borghesia industriale, le grandidinastie industriali come I Buddenbrook descritti conaccorata maestria da Thomas Mann. Ma la borghesia

piccola e piccina ha sempre avuto larte e la letteraturacontro di sé.Nel Novecento è stata il bersaglio di tutte le avan-guardie artistiche, lo zimbello dei romanzi e delle poe-sie, la vittima dello sguardo corrosivo e sferzante dicineasti, drammaturghi, pittori, scrittori. Loperaiostritolato dalla disumanità meccanizzata della fabbri-ca alienante ha potuto trovare nel Charlie Chaplin diTempi moderni un suo potente riscatto simbolico, unprincipio di solidarietà universale. Ma il piccolo bor-

ghese, limpiegato umiliato e schiacciato può solo es-sere oggetto di dileggio, dallo straziato personaggio deIl cappotto di Gogol fino allepopea rovesciata di Fan-tozzi, protagonista involontario di disgrazie senzagrandezza.E anche la letteratura italiana non ha mai amato icommercianti, gli impiegati, i nuovi ricchi, limmensoceto medio figlio delletà del nuovo benessere. Il cine-ma italiano, poi, ha interpretato il passaggio dellItaliadalla povertà alla ricchezza diffusa come il rovescia-

mento di una condizione antropologica: dal poverima belli al ricchi, brutti e cattivi. Il pauperismo e ladenuncia delle ingiustizie che animò i capolavori delNeorealismo si trasformarono con quello straordina-rio fenomeno di autorappresentazione nazionale cheè stata la commedia allitaliana nella denuncia delnuovo cialtrone italiano, figlio del boom economico,

38

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 39/46

39

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

succube del denaro, ossessionato dalla propria ascesasociale, neofita di quellimmenso esercito di piccoliborghesi incantati dal benessere e dal consumismo.Dopo i poveri laceri ma fieri costretti a rubare bici-clette e gli anziani ridotti in miseria e costretti a chie-dere lelemosina come Umberto D., sono arrivati nel

cinema italiano i «mostri», raffigurati da quello che èil più geniale anatomista della nuova identità italiana:Dino Risi. Dai giovani gagliardi e idealisti che ave-vano combattuto insieme nelle montagne partigianee che nei primi anni del dopoguerra vivevano una de-corosa povertà sui tavoli del Re della mezza porzione 

si passa, nel C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, altradimento sociale ed esistenziale di Vittorio Gassmanche svende sé stesso e i propri ideali tra le carte truf-faldine di un palazzinaro spregiudicato e della di lui

figlia, talmente ignorante da considerare un indigeri-bile e complicatissimo «mattone» I tre Moschettieri .I migliori sceneggiatori italiani (forse tra i migliori sce-neggiatori al mondo, da Age e Scarpelli a Suso Cec-chi DAmico allo stesso Flaiano) crearono con la folladi piccoli borghesi dei loro film una commedia infini -tà in cui litaliano medio del ceto medio, finalmentebeneficiario di una media ricchezza, di un medio be-nessere e di un medio livello di consumi, tutto potevaapparire tranne che un eroe, una figura nobile e degna

di ammirazione. Ne Il borghese piccolo piccolo, il ro-manzo di Vincenzo Cerami poi portato in un film disuccesso interpretato da Alberto Sordi e diretto daMonicelli, il protagonista riscatta la propria medio-crità solo quando irrompe nella vita la tragedia e lacommedia si trasforma in un fosco dramma di mortee di dolore. Còlto nella sua normalità, il ceto medio,il piccolo borghese può essere artisticamente oggettosolo di uno sguardo beffardo e canzonatorio. Senzanessuna indulgenza, e misericordia artistica.

E non solo in Italia. «Labito grigio ben tagliato», «lescarpe nere con le stringhe», «la casa lustra e co-moda», la «moglie asessuata come una monacaanemica» di Babbit , il borghese ottuso e conformista(e naturalmente fedele elettore del Partito repubbli-cano) del romanzo del ’26 di Sinclair Lewis, diven-nero i simboli dellAmerica peggiore, infinitamente

peggiore di quella incarnata dagli operai, i disoccu-pati, i lavoratori manuali di Faulkner e Steinbeck du-rante la Grande Depressione. Babbit era tutto ciò chenon si doveva essere per non essere arruolati nelleser-cito immenso di un ceto medio invischiato senza pos-sibilità di salvezza nella propria grettezza. E se lAme-

rica democratica, fondata sul culto individualisticodel self made man, è stata così severa con il piccoloborghese, figurarsi se nellItalia in cui lindividuali-smo ha sempre alluso a un morbo da debellare conlausilio delle ideologice comunitarie e collettivistichepoteva attecchire una rappresentazione meno severadel ceto medio trionfante. La letteratura italiana, in-fatti, non si è mai occupata dei nuovi ricchi, se nonper vituperarli.Nel cinema, dagli anni Ottanta in poi, commercian-

ti, partite Iva, professionisti senza scrupoli, piccoli in-dustriali dediti senza tregua allevasione fiscale sonopiuttosto diventati i protagonisti dei «cinepanettoni»:soldi e volgarità, il binomio inscindibile. Mentre glioperai di una volta hanno ceduto ai nuovi «precari»la palma delle nuove vittime dellingiustizia. Salvo es-sere rievocati nostalgicamente nella nuova letteratura,pianti e rimpianti in una sconfitta storica che è anchela sconfitta di uno stile oramai perduto, battuto eschiacciato dai nuovi cafoni senza gusto e senza co-

scienza di sé. Socialmente vittoriosi ma esteticamentefallimentari. Pasta infinitamente inferiore, secondo icanoni letterari ed estetici più in voga, a quella deimammuth forgiatisi nellacciaio di un tempo, destina-tari del commosso omaggio della nuova letteratura.

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 40/46

The rise of digital devices has turned the page on the traditionalmodel of book publishers and retailers

If one of the purposes of trade fairs is to create buzz,the organisers of BookExpo America could not haveasked for a buzzier prelude to this weeks event.In the run-up to the Manhattan show, Amazon.com

announced its Kindle electronic book sales were out-stripping those of its paperback and hardback sales inthe US; Liberty Media made a surprise bid for a ma-

 jority stake in Barnes & Noble, the US bookstorechain; and, in the UK, a Russian billionaire agreed tobuy Waterstones bookstore chain.US ebook revenues grew 146 per cent in March, com-pared with the same month of 2010, according to the

 American Association of Publishers. For some com-mentators, this is the end of days. Yet, speaking at a

forum in London this week to launch the Financial Times and Goldman Sachs Business Book of the Year

 Award, Nigel Newton, founder and chief executive of publisher Bloomsbury, said: «We should reflect onhow lucky we are that we are winning this war andthat the public accept they should pay something forebooks. If you look how other industries have beenrav aged [by digital challenges], I think were in rela-tively good shape».

 Whether publishers subscribe to the apocalyptic or to

the ecstatic view, they know they cannot stand still.The rise of digital devices is rewriting their businessmodel. Both Barnes & Noble and ebook retailer Kobolaunched new touchscreen devices at BookExpo this

 week, upping the competition with the Kindle, iPadand other tablets. Publishers are having to seek differ-ent ways of linking author, editor. retailer and reader.

 At the FT forum, bookstores were urged to become«consultants», editors «curators», and publishers «cus-tomisers». Earlier this month, Markus Dohle, chair-man and chief executive of Random House, told staff 

the acquisition of digital media agency SmashingIdeas would allow the publisher, part of Bertelsmann,to develop «high-end, engaging interactive products.that will benefit from the re-imagining of the digitalcontent format». His memorandum used the word«book» only twice.The Random House deal is one sign that publishersare searching for opportunities as well as reacting tothreats. Cutting the cost of printing, shipping andstoring books releases funds for investment elsewhere

– although those activities represent only 10 per centof a books retail price, according to one publisher –but digital distribution also opens new markets andgives established houses more data about who is read-ing what.

 Yet, says Stefan McGrath, managing director of Pen-guin Press (part of Pearson, like the FT), many ebooks are similar to early films – staged like a play 

 with a static camera –- before «gradually, people re-alised what they could do to exploit the medium».

 Academic publishers have been the trailblazer. They recognised years ago that researchers, students andprofessionals would pay to download the parts of thebooks and journals they used. Springer, the scientificand technical publisher, expects to reap 90 per centof book revenues and 70 per cent of journal revenuesfrom electronic sources this year.

Andrew Hill, Financial Times , 26 maggio 2011

Ebooks rewrite an industry

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 41/46

41

Oblique Studio | Rassegna stampa maggio 2011

Childrens book publishers are also exploiting the po-tential of digital applications. One Random House;Smashing Media collaboration is – appropriately – amobile application for the original «touch and feel»book, Pat the Bunny , first published in 1940.Enders Analysis, the media and technology research

group, expects the transition to be «genre-driven», with travel books and business books ripe for trans-formation to tablet form. Kogan Page, an independ-ent UK-based publisher, recently launched Bold,Shaun Smith and Andy Milligans analysis of brand-ing case studies, in print and as an ebook alongside afree, complementary iPad app.One question is whether publishers have the rightskills to make these digital connections as fast as they should. At a Westminster Media Forum seminar on

ebooks last week, Hugh Look, non-executive directorof the Publishing Training Centre, pointed to gaps incompanies ability to manage change, projects andpartnerships, especially in information technology.«Dealing with geeks is a problem for many people inpublishing - ils not something they have to do.»Some publishers dispute this. Bigger ones can buy inthe skills they lack. Helen Kogan, managing directorof Kogan Page, points out that independent compa-nies are already used to forging partnerships – such as

its relationship with Spacebar Interactive, developerof the Bold app.

 Another challenge is «discoverability»: publishers willhave to spend more on marketing to prevent ebookssinking beneath an ocean of apps and online services.The biggest threats to the traditional industry comefrom aggressive pricing and the related risk of piracy.Caroline Michel, CEO of literary agents PFD, warnsthat «if we get the pricing wrong, we will see the sameproblems that they had in the music and video indus-

tries». Enders says the test is to «find the right scaleand the right cost structure to cope« as readers be-come their direct customers.One problem is ebooks lack of what Richard Mollet,CEO of the UK Publishers Association, calls the «on-the-foot-dropability factor», which means consumersfail to take account of the intangible cost of publish-

ing content, whether in digital or print. Il is a smallstep from this attitude to readers demanding booksshould be free, and seeking out both licit and illicitsources.

  Arguments that book publishing is less prone topiracy than the recording industry might be flimsier

than they seem. Il is said that readers will not try tocopy their existing library for sharing online - asmusic-lovers did with albums. But George Walkley,head of digital at Hachette UX, told the FT forumthat a surprising number of copyright infringementsstarted with people who laboriously scanned originalbooks. He says publishers must move towards sellingadditional services. «The product is easy to replicate,the service is more difficult».That is easier said than done for publishers of con-

sumer fiction. As Mr Newton says: «You wouldnt want to “customise” War and Peace », He is confident,however, that il would be hard to split publishers corefunctions –choosing books to publish, advancingmoney to authors, editing, marketing and positioningtheir work. Il would be «like splitting up heart surgery – going to one place for the anaesthetic and to an-other to be cut open». Something like this did happento the record industry, though. Music itself did notdie but some record companies lost a lot of blood.

Functional distinctions in publishing are already blur-ring, as online and digital sales rise. Amazons appoint-ment of Laurence Kirshbaum, a publishing veteran,to head its new general interest imprint was the talk of BookExpo earlier this week. Il is another sign thatthe digital battle to shape the 21st century publishingindustry has truly been joined.

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 42/46

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 43/46

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 44/46

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 45/46

«Granta» e il lavoro:l’esordio italiano con Rushdie e McCannNella versione edita da Rizzoli della rivista inglese, testi tradottiaccanto a scritti di autori come Walter Siti e Giorgio Vasta

«Se trovate interessante lidea di una piccola rivista let-teraria che parli di scrittori e di prosa, buttate via que-sta busta! Perché Granta è una rivista che odia la let-teratura…». Sono cambiati i tempi da quando il

giovane Bill Buford scriveva lettere provocatorie pervendere la «piccola rivista letteraria» che confezionavanella sua stanza di studente a Cambridge. Ma il sensodi Granta è rimasto lo stesso. La cosa peggiore che puòcapitare a una rivista letteraria è di essere troppo vicinaalla letteratura e troppo lontana dalla realtà. E tantoper ribadire questo concetto, il primo numero diGranta Italia è dedicato al tema del «lavoro». Chiaria-moci. Una cosa è Granta Italia (edita da Rizzoli) e unacosa è ledizione inglese (da qual-

che anno ce ne sono anche unaspagnola e una brasiliana). La no-stra sarà solo in parte la tradu-zione di quella anglosassone, cheè diretta dal giornalista letterarioamericano John Freeman e pub-blicata da una ricca e colta signorainglese che si chiama Rausing edè erede dellimpero Tetrapak.Questo significa che il compito

dei nostri curatori Francesca Cri-stoffanini, Stefano Magagnoli,Michele Rossi e Paolo Zaninonisarà per metà di commissionaread autori italiani racconti o repor-tage o memoir o servizi fotografi-ci o fumetti, su un tema partico-

lare scelto in origine da Freeman. E per laltra metàsarà di scegliere quali pezzi stranieri tra quelli checompongono il numero monografico originale – inquesto caso Granta «Work» – affiancare a quelli ita-

liani. Il risultato può essere suggestivo: Silvia Avalloneaccanto a Salman Rushdie, Giuseppe Catozzella,Colum McCann, Giorgio Vasta, Doris Lessing, Wal-ter Siti e via dicendo.

 Altra precisazione. Granta è una rivista letteraria chesembra un libro, e come un libro vorrebbe essere letta.Progetto ambizioso. Perché se è vero che il lettore èdisposto a perdonare qualche pagina stanca a un ro-manzo o a un saggio, è vero anche che non è altret-

tanto indulgente verso unantolo-

gia scritta a più mani. Ai lettori,dunque, individuare in questo nu-mero di Granta chi meglio superila prova tra Martin Kimani cheracconta il mestiere di uccidere inRuanda; Giuseppe Catozzellaquello di scaricare merci allorto-mercato di Milano; tra ColumMcCann che rievoca il padre capo-redattore di un quotidiano dubli-

nese negli anni Settanta; o WalterSiti che ci sbatte in faccia che oggi,per mantenere un livello di vita acui la sua famiglia ha fatto labitu-dine, un cassintegrato può arrivarea prostituirsi. Personalmente hotrovato toccante la rabbia che fa da

Livia Manera, Corriere della Sera , 31 maggio 2011

8/6/2019 Rassegna stampa Oblique maggio 2011

http://slidepdf.com/reader/full/rassegna-stampa-oblique-maggio-2011 46/46

motore al racconto dimmigrazione «Il mio umile pa-drone coreano», di Chang-rae Lee.E «racconto» è, in effetti, la parola chiave di questa ri-vista nata nel 1889 che ha preso il suo nome da unfiumiciattolo che scorre a Cambridge, ed è stata resu-scitata da Bill Buford (poi direttore letterario del The 

New Yorker ) nel 1979, per essere sparata come unrazzo sulle sonnacchiose postazioni delleditoria an-glosassone. Pensate: Granta n. 3 dichiarava «la fine delromanzo inglese» pubblicando per la prima volta larivoluzionaria prosa di Figli della mezzanotte di Sal-man Rushdie. Granta n.8 ha inventato letichetta«Dirty Realism», lanciando Richard Ford e RaymondCarver. E più tardi, quando la direzione del giornaleè passata da Buford a Ian Jack, allindomani dell11settembre, Granta è uscita col titolo «Cosa pensiamo

dellAmerica», raccogliendo interventi di scrittori – daOrhan Pamuk a Harold Pinter – che tanto bene nonne pensavano proprio. Lultimo di questi razzi, sparatoda John Freeman con tempismo perfetto, è il recen-tissimo Granta «Pakistan» in cui i maggiori autori pa-chistani contemporanei si fanno carico di illustrarelodio che sta avvelenando il loro paese: numero dellarivista che ha avuto lonore di essere recensito dal New 

York Times con lattenzione che si dedica ai documentiscottanti.

«Crediamo nel potere e nellurgenza del racconto»dice Freeman «e nella sua capacità suprema di descri-vere, illuminare e dare forma al reale». È una bellasfida, e ora è anche italiana. ═