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FOLGORI FUTURISTE A FERRARA DAGLI ANNI VENTI ALLO SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE. TATO, MARINETTI E IL GRUPPO FUTURISTA SAVARÈ TRA RIVISTE E AEROPITTURA RAFFAELLA PICELLO La seguente ricerca suggerisce alcune riflessioni utili a colmare il vuoto storiografico che, dagli anni Dieci ai Trenta del secolo trascorso, interessa la produzione artistica di un territorio, quello ferrarese, da cui presero le mosse artisti come Bonzagni, Funi, Adriana Bisi Fabbri, fortemente legati all’avanguardia futurista sin dal suo esordio. La fortuna di tali artisti è stata sfavorita, in misura non trascurabile, dalla damnatio memoriae che, in area emiliana così come altrove nella penisola, ha investito l’intero panorama culturale e artistico configuratosi in seno o in parallelo al regime fascista. Durante il ventennio la città di Ferrara, in special modo, lega il proprio nome alla figura di Italo Balbo e alla compagine di intellettuali facente capo alla redazione del «Corriere Padano»,

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"Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica", II, 2012, 2, pp. 195-220.

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FOLGORI FUTURISTE A FERRARA

DAGLI ANNI VENTI ALLO SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.

TATO, MARINETTI E IL GRUPPO FUTURISTA SAVARÈ

TRA RIVISTE E AEROPITTURA

RAFFAELLA PICELLO

La seguente ricerca suggerisce alcune riflessioni utili a colmare il vuoto storiografico che, dagli anni Dieci ai Trenta del secolo trascorso, interessa la produzione artistica di un territorio, quello ferrarese, da cui presero le mosse artisti come Bonzagni, Funi, Adriana Bisi Fabbri, fortemente legati all’avanguardia futurista sin dal suo esordio. La fortuna di tali artisti è stata sfavorita, in misura non trascurabile, dalla damnatio memoriae che, in area emiliana così come altrove nella penisola, ha investito l’intero panorama culturale e artistico configuratosi in seno o in parallelo al regime fascista. Durante il ventennio la città di Ferrara, in special modo, lega il proprio nome alla figura di Italo Balbo e alla compagine di intellettuali facente capo alla redazione del «Corriere Padano»,

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quotidiano fondato dal gerarca stesso e diretto da Nello Quilici. Malgrado l’evidente orientamento corporativo, tuttavia, tanto il «Padano» che il Sindacato Fascista di Belle Arti non ostacolarono la divulgazione e l’adesione ai nuovi fermenti emersi in campo artistico e, nella fattispecie, al linguaggio visivo e alla progettualità, disseminati dall’avanguardia futurista. Le preziose indicazioni documentarie fornite dagli archivi marinettiani in custodia presso la Beinecke Library dell’Università di Yale e il Getty Research Institute di Los Angeles, nonché da preziosi archivi italiani, quali l’Archivio del Futurismo del Mart, la Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara e l’Archivio Centrale di Stato di Roma, mi hanno convinto ad approfondire la ricerca estendendola al vaglio della pubblicistica e della stampa periodica del tempo, così come delle raccolte museali pubbliche e private. Ne è emerso un quadro alquanto variegato e denso di fermenti connessi al processo di modernizzazione che, in apertura del secolo, si andavano insinuando in una provincia prevalentemente vocata alla produzione agraria e arroccata su posizioni tese a preservare intatta l’egemonia di una classe sociale alto-borghese tendenzialmente avversa ai fermenti innovativi, tanto più se radicali, come quelli propugnati dai futuristi. Nella divulgazione della poetica futurista in città, tre eventi contrassegnarono il contesto culturale e politico locale: la serata futurista del 1911 al Teatro Bonacossi, strategica nel favorire l’incontro di intellettuali e pubblico con la corrente futurista della prima ora e nell’inserire la città padana nel circuito dei centri più ricettivi alle sue proposte. Stando alle cronache della serata reperibili su «La Provincia di Ferrara» e la «Gazzetta Ferrarese» (mentre, in concomitanza, «La Scintilla» pubblicava un elogio di Marinetti)1, a Ferrara si

1 Si vedano gli articoli La serata futurista al Bonacossi,1911; Serata futurista 1911; Marinetti a Ferrara 1911. Inoltre, l’episodio è ricordato da BALILLA PRATELLA 1971, p. 122; p. 124.

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presentano - oltre a Marinetti - Boccioni, Carrà, Russolo, Balilla Pratella e Palazzeschi, i quali pensano di predisporre gli animi della cittadinanza sfrecciando per le vie della città a bordo di un’automobile e poi illustrando le tematiche futuriste nella piazza del centro storico. In seconda battuta, si registra la pur fugace costituzione del «movimento futurista ferrarese» ad opera di De Pisis e la conseguente fondazione del Fascio Futurista Ferrarese ad opera di Olao Gaggioli e Attilio Crepas, mentre le scintille rivoluzionarie si disseminavano nei caffè cittadini ad opera di un Italo Balbo adolescente e dal futuro quadrumviro Michele Bianchi. Alla serata al Bonacossi, oltre a De Pisis, Govoni e altri giovani intellettuali e studenti, aveva assistito anche Olao Gaggioli. Gaggioli si era messo in luce in veste di ardito pluridecorato al valore durante il conflitto. Benché restino da chiarire le modalità della sua adesione al movimento futurista, una volta rientrato in città e spalleggiato da uno studente di origini veronesi, Attilio Crepas, egli diviene l’animatore del Fascio Futurista Ferrarese, il cui organo editoriale è il foglio «Ferrara Futurista»2, la cui prima uscita è datata 1 novembre 1918 (fig. 1). Dalla prima pagina si apprende che nel Direttorio figuravano, in qualità di «membri onorari», Mario Carli, teorico dell’arditismo e redattore di «Roma Futurista», Bruno Corra e Carlo Carrà. Non solo: in una corrispondenza inedita inviata da Ferrara da Attilio Crepas a Marinetti, contenente la richiesta di una ulteriore sovvenzione economica per finanziare la testata, compare parzialmente cancellato il nome di De Pisis al vertice della direzione della «Sezione Futurista Ferrarese»3. Al medesimo 2 Ferrara Futurista 1918. 3 CREPAS, s.d. Il testo complete recita: «Diretta da (Filippo De Pisis) e Attilio Crepas / MARCIARE NON MARCIRE /Caro Marinetti, / Ricevute £ 100 da Milano. Sono servite di anticipo per spese giornale, che / altrimenti non sarebbe venuto fuori. / Prossimamente lo Studio Editoriale Futurista Ferrarese, costituito da Noi, / pubblicherà qualche mio scritto sotto il titolo di “Vampe”. L’ho già / annunciato con una Vostra prefazione che mi invierete al più presto perespresso. / Il titolo del giornale sarà: / “Ferrara Futurista”. / Le nostre condizioni finanziarie si

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periodo permette di risalire un redazionale apparso l’11 settembre del 1918 sulla «Gazzetta Ferrarese», da cui si evince come il «movimento futurista ferrarese» rappresentasse un atto compiuto ad opera di Filippo De Pisis e Attilio Crepas, i quali avocavano a sé la direzione dell’iniziativa nell’intestazione di una cartolina-manifesto fatta circolare in città4.

sono ben poco rialzate, ma per qualche / settimana tireremo avanti. Una grande fede ci anima e speriamo. / Vi invierò il giornale, di formato poco più piccolo di “Roma Futurista” / ma di carta peggiore. / Ne stamperemo 1000 copie non essendoci stata concessa la carta di / maggiore tiratura. / Parlate di Noi e di Gaggioli su “Roma Futurista”: ce lo avete promesso. / A quando un nuovo aiuto da Milano? Spero presto. La Nostra attività / divora molto danaro, e molto ne divorerà. / Su 250 copie di “Roma Futurista” ne abbiamo vendute 83 il resto lo / abbiamo distribuito gratuitamente, ma le pagheremo tutte. / Da ora in poi, perché non faccia concorrenza molto dannosa al Nostro / giornale, ne ordineremo 50 copie. / Voi come state? / Mie condizioni materiali ottime, morali non tanto buone. / Sempre lo stesso. / Scrivetemi a lungo,Vostri scritti mi fanno molto bene, e mi stimolano a / perseverare nella mia opera. / A quando Voi a Ferrara? / Presto? / Saluti, auguri, affettuosità / Attilio Crepas / Via Giovecca 69 / Segretario Soldato - / Ferrara154». 4 Uno di noi 1918: « […] Ciò che da qualche giorno tiene sospesi gli animi dei concittadini di Ariosto è il «movimento futurista ferrarese». La cittadinanza ne è davvero impressionata per le colossali proporzioni che può assumere questo risveglio di coscienze che / ripudiano il passato, tollerano appena appena il presente ed accolgono a braccia aperte il futuro. Ho sul mio tavolo edazionale una cartolina di propaganda dalla quale rilevo che i direttori del movimento futurista cittadino rispondono ai / nomi di Filippo De Pisis e Attilio Crepas, due ragazzi rispettabilissimi e per nascita e per educazione. Sarebbero dei Marinetti a scartamento ridotto, dei Boccioni in miniatura. Credo non abbiano ancora abbandonato le aule scolastiche, però possono dar lezione della scienza del domani. Io mi aiuto col buon senso antico e cerco di spiegare le massime audaci che adornano la famigerata cartolina di propaganda: “Marciare non Marcire”. È un buon consiglio, non nuovo, che bisogna curare sia sempre messo in pratica. Siamo ancora nel campo della giustezza delle idee. È una teoria che applicata alla presente (non futura) guerra può esser fonte di proficui risultati. Questo lato: “In generale i seguaci del futurismo si trovano più spesso fra gli studenti e gli studenti, nella gran parte dei casi, è vero possano con coscienza dire: ho studiato (tempo passatista). Preferiscono piuttosto dire: studierò (tempo futurista). Di qui l’entusiasmo loro per le teorie marinettiane. I futuristi di Ferrara poi hanno il brevetto, stando sempre alla cartolina di propaganda, di una nuovissima massima che io chiamerei di stagione, non so però quanto destinata al successo”. Eccola: “Il cocomero è come il futurismo; il Rosso agli intelligenti

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È presumibile che il giornale non sia sopravvissuto al primo numero, mentre è di nuovo Crepas, di concerto con il giornalista e letterato ferrarese Alfredo Pitteri, a promuovere la pubblicazione di un successivo foglio intitolato «Il Sole»5, anch’esso inedito, recante la data del 5 aprile 1919. Nell’editoriale d’apertura si apprende che Ferrara è sede di un Segretariato d’Azione del Partito Futurista di cui fa ovviamente parte Gaggioli, che avrebbe avuto il compito di coordinare il Movimento Futurista del Veneto e dell’Emilia mediante la fondazione di ulteriori fasci futuristi e, dunque, rimarcando la precocità della sezione ferrarese a livello regionale e non solo. Né va dimenticata la decorazione della redazione del giornale «Corriere Padano», fondato dallo stesso Balbo e diretto da Nello Quilici, da parte del futurista Tato, nonché la copiosa attività pubblicistica svolta nel puntuale aggiornamento sui manifesti, le personalità, le manifestazioni e le mostre futuriste nell’arco di un quindicennio. Va poi considerata la rete di relazioni venutesi a consolidare verso i centri di Ravenna (grazie all’amicizia tra Govoni e, poi, De Pisis e Balilla Pratella, e alla mediazione di Mario Hyerace), Milano (ove sono attivi Bonzagni, la Bisi Fabbri e Funi, la cui

futuristi, il bianco e il verde al somaro passatista”. Ma come fanno allora, dico io, quegli studenti che si atteggiano a “intelligenti futuristi” a non essere scambiati per “somari passatisti” tutte le volte che si trovano al verde, il colore predominante fra i goliardi? “I futuristi di Ferrara” poiché questa è la firma che il motto reca in calce, / non ci dicono dove siano andati a finire i semi: se sieno [sic] stati sparsi al vento oppure servano per la riproduzione di altri cocomeri, riproduttori alla loro volta di altre massime. […] Sappiamo che i futuristi la [la guerra] amano, che Marinetti si è battuto e si batte valorosamente con altri satelliti, ma noi vorremmo che ora la vostra attenzione fosse rivolta esclusivamente alla guerra bandita non dal lato…igienico, ma in quanto essa rappresenta stavolta una dura necessità. Non turbiamo questa grande ora con dissertazioni cocomeri che: nel bianco, nel rosso e nel verde noi non vediamo i colori del saporito, per quanto indigesto frutto di stagione, ma quelli meno terreni ella bandiera italiana che abbraccia in una sintesi di poesia e di gloria il passato, il presente e il futuro». 5 “Il Sole” 1919, p. 1, Marinetti Papers Archive, Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University, GEN MS S 475/00987-01.

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produzione è divulgata alle esposizioni provinciali e regionali ferraresi, nonché il quasi stanziale Renato Resca), Bologna (primo avamposto della formazione di De Pisis, Govoni e dei fratelli Pozzati, ma anche della creatività fantasiosa e innovativa di Tato), Roma (nuova città d’elezione di Annibale Zucchini, Roberto Melli e, dal 1925, dello stesso Tato, ma anche scenario di proficue collaborazioni di De Pisis con Anton Giulio Bragaglia e con Enrico Prampolini), infine Monselice (piattaforma di lancio di un’interpretazione originale e aggressiva dell’aeropittura). Né vanno tralasciate le ripetute incursioni in città di Filippo Tommaso Marinetti, a decorrere dalla serata del 1911 e dai preparativi pomeridiani lungo le strade e la piazza principale, affiancato da Boccioni, Carrà, Mazza, Buzzi e Russolo. Fu sempre l’autore di Mafarka il futurista a tenere a battesimo la nuova sede del «Corriere Padano» nel 1927; a declamare la sua conferenza sull’Ariosto rilevandone le tangenze con la poetica futurista in occasione dell’Ottava d’Oro nel luglio del 19296, cui fece seguito Anton Giulio Bragaglia, autore di una conferenza sull’Ariosto «cinematografo»; a commentare alla radio la Crociera Atlantica di Balbo e a commemorarne la dipartita con un solenne discorso, nonché a presentare gli aeropittori che esposero alla mostra del 1940. Ad attestare l’azione seminale svolta da Marinetti nel ruolo di catalizzatore di ardori giovanili e divulgatore dell’avanguardia anche a Ferrara resta la corrispondenza intercorsa, oltre che con Govoni e gli artisti più noti, tra il caposcuola e Alfredo Pitteri, Attilio Crepas, Oreste Marchesi, Nello Quilici, Veronesi, Korompay. L’inestricabile saldatura tra l’élite culturale ferrarese e la dirigenza del PNF, forte del sostegno di Balbo assurto dal 1926 ai ranghi più alti del regime, non impedì in occasioni espositive in grado di assumere risonanza di livello nazionale il confluire nel

6 MARINETTI 1930. Il testo della conferenza è riportato anche in MARINETTI 1929, p. 5.

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capoluogo di esponenti della corrente e di opere futuriste, rispetto alle quali sia il gerarca che il podestà Renzo Ravenna si posero anche in veste di committenti. Ferrara, terra natale del Ministro dell’Aviazione, partecipa al clima di esaltazione delle imprese transoceaniche compiute dal trasvolatore, il quale ha nel frattempo varato un progetto culturale di recupero del Mito Estense a legittimazione delle glorie presenti attuate dal suo entourage politico in città. La corrispondenza tra i susseguenti sviluppi dell’arte futurista e la politica culturale perseguita dalle autorità fasciste, che a Ferrara si giovavano della cassa di risonanza delle iniziative intraprese dall’entourage intellettuale balbiano, si esplicò lungo l’intera decade che precedette lo scoppio del secondo conflitto bellico negli esiti dell’aeropittura. Anticipata da alcuni ritratti di gerarchi e di Mussolini appartenenti al catalogo di Tato, Remo Fabbri e Giorgio Gandini, la tematica aviatoria produsse il convergere in città delle prove di futuristi esterni come Giovanni Korompay e Magda Falchetto, oltre a Corrado Forlin e altri esponenti del Gruppo Futurista Savarè, sorto a Monselice e spalleggiato in prima persona da Marinetti. In questo senso, la scomparsa di Balbo nel 1940 concorse a catalizzare l’attenzione su Ferrara sollecitando una nuova ondata futurista nella produzione confluita alla mostra del Savarè allestita al Castello Estense in onore del trasvolatore, con la partecipazione di Veronesi, Korompay e verosimilmente di Antenore Magri. Sul piano della produzione artistica - reperita in raccolte pubbliche e private, o purtroppo tramandata soltanto attraverso documentazione fotografica, quando non desunta dalla stampa periodica - l’impatto che il futurismo, a dispetto della sua natura episodica, impresse sul tessuto artistico ferrarese innescò un’articolazione in più fasi e l’insorgere di una espressività plurima, puntualmente scandita dalla presenza o dall’influenza esercitata dai più noti futuristi e foriera di sollecitazioni feconde subito verificate nella prassi artistica. A ciò si aggiunga il confronto puntuale con l’avanguardia attuato in sede di importanti manifestazioni espositive tra Ravenna, Ferrara, Faenza, Milano e Venezia, in concomitanza con le Biennali.

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I riscontri inaugurali, databili all’apertura del terzo decennio del secolo, attestati dalle prove di Renato Resca a Alfredo Pitteri, purtroppo andati dispersi, sono indizio di una sostanziale predisposizione a indagare l’incidenza delle istanze nutrite di spiritualismo, teosofia e visionarietà sperimentate dal versante ravennate guidato da Arnaldo Ginna, nella volontà di trasporre sulla tela quel complesso di forme e colori definito «supersensibile», anticipatore di esiti astratti e debitore all’intuizione del primo Prampolini riguardo la necessità di sondare le forze dell’imponderabile. Questo dato affiora dai titoli e da talune descrizioni delle opere di entrambi gli artisti, ma soprattutto di Resca, presente alle mostre organizzate da Tato a Ravenna, Bologna e Salsomaggiore. Quasi in contemporanea è possibile riscontrare nella pittura di paesaggio, comprese le vedute urbane, la fisionomia dell’avanguardia futurista ferrarese più incline a una simbolizzazione lirica della realtà agreste di provincia, che non alla rielaborazione in termini di dinamismo plastico del dato di realtà. Di tale indirizzo si fece portavoce il copparese Oreste Marchesi, esponente di un futurismo consapevole della lezione del gruppo sottoscrittore del Manifesto tecnico della pittura futurista, ma con profonde radici nella terra natale. Marchesi è corrispondente di Balilla Pratella sin dalla seconda metà dei Dieci e successivamente di Marinetti, a fianco del quale lo si vede fotografato in due scatti risalenti alla Mostra d’arte futurista allestita al Winter Club di Torino nel 1922. Marchesi prende in seguito parte alla serata futurista organizzata da Tato al Teatro Verdi a Bologna nel 1924, di cui sono animatori Casavola, Silvio Mix, Prampolini, Diana Mac Gill, ferrarese di adozione, come lo stesso Marinetti rammenta nella prefazione alla raccolta poetica del copparese Iride Scapigliata. La produzione artistica di Marchesi, databile a partire dai primissimi anni Venti, appare legata a prototipi boccioniani e ispirati alla pittura di Carrà, nella trattazione di soggetti quali il treno, il ciclista, il cavallo in corsa, la luce naturale e artificiale. Nell’olio Al traguardo egli sperimenta la fusione della figura con il paesaggio circostante e la visualizzazione del moto in quanto

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tale con gli effetti che ne conseguono, ravvisabili nella perdita dei dettagli e nelle sciabolate diagonali del pennello che si sovrappongono alla parte inferiore della bicicletta. L’artista trattò poi in più versioni il soggetto del fulmine, di cui oggi conosciamo soltanto la versione qui riprodotta (fig. 2). La distesa vastissima di un cielo notturno, occupante i tre quarti della tavoletta, è squarciata dal convergere di due folgori che vanno a scagliarsi su un terreno agreste sollevando bagliori infuocati. Una fitta successione di tratti ad andamento obliquo procedenti da destra verso sinistra sta a indicare un abbondante acquazzone, oppure un forte vento, che si abbatte sulla campagna e si riverbera sugli oggetti circostanti illuminati dai riflessi della pioggia. Così Marchesi interpreta in un’ottica naturalistica il tema dinamico dell’elettricità accumulatasi durante un evento meteorologico, all’opposto ambientato in un contesto urbano da Luigi Russolo nella tela Lampi del 1910. Ne La giostra (fig. 3) il funambolico ellisse lungo il quale scorrono i veicoli appare immerso in una logica dinamica che abolisce le leggi di gravità, generando un corto circuito fra percezione sensoriale e dimensione spazio-temporale, che tocca la smaterializzazione dei corpi. I fasci di luce violenta, non più scomposti in piccole pennellate di varia intensità cromatica, abdicano al loro mandato originario per volgersi in linee-forza utili ad imprimere la scossa dinamica pluridirezionale emanata dal turbinio della giostra. Accanto a questo filone si delinea assai presto, forte dei contatti maturati con l’arte di Balla e Depero in manifestazioni espositive ambientate nella vicina Romagna, una produzione declinata nella direzione delle evocazioni analogiche teorizzate da questi futuristi nel manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo. Le opere di Balla conobbero, infatti, tempestiva circolazione nell’area emiliano-romagnola nel corso degli anni Venti, come ha ampiamente dimostrato Enrico Crispolti7. Saranno la personalità di Mario Guido Dal Monte e la frequentazione delle

7 CRISPOLTI 1986.

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botteghe faentine di Riccardo Gatti e Mario Ortolani da parte di Remo Fabbri a spostare nel territorio estense il fuoco dalle ricerche milanesi verso quelle perseguite dal polo romano. Tra le opere di punta di Fabbri si annovera il carboncino con il volto del fratello Edmondo (fig. 4) che si intuisce, dal copricapo e dagli occhiali, abbigliato da aviatore. L’immagine è frantumata in piani geometrici attraversati da raggi luminosi solidificati eppure trasparenti, mediante i quali l’artista concretizza la teoria dell’opacità dei corpi e delle vibrazioni di energia da cui è attraversato l’universo. Nell’Autoritratto (fig. 5) eseguito nel medesimo anno all’ispirazione orfica riscontrabile nei dischi colorati si unisce la vicinanza alle problematiche teosofiche circolanti presso gli ambienti futuristi romagnoli e a cui sembra essere informata la composizione nella citazione dei cerchi fluttuanti, essendo il cerchio elemento evocatore di elevata spiritualità, nel predominio dei gialli vividi, simbolo della luce, e del blu, colore che richiama l’attività della mente in termini di creatività superiore, così come di capacità di penetrare oltre la superficie materiale della realtà per comprenderne il significato più profondo. Alcune incursioni nella dimensione giocosa e fantastica si registrano nella produzione ceramica di Remo Fabbri e, con toni più eclatanti, nell’impresa decorativa realizzata nella nuova redazione del quotidiano «Corriere Padano» da Guglielmo Sansoni, in arte Tato, il quale propone formulazioni immaginative in cui coloratissimi equivalenti astratti del mondo naturale e industriale fungono da ottimistico fondale alla messa in scena di inarrestabili parate di regime. Dall’autunno del 1927 lungo le pareti della redazione del quotidiano sfilano cortei di studenti e camicie nere in allegro assetto di marcia scandito dal ricordo delle note di «Giovinezza», imprimendo nella mente dei visitatori e di coloro che presenziarono all’inaugurazione il

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ritmo frenetico dei piani sintetici e geometrizzati dalle tinte piatte e squillanti8. Parallelamente la locale Società Promotrice di Belle Arti «Benvenuto Tisi» inaugura una nuova stagione con la I Esposizione di Arte Ferrarese9, allestita nelle sale del Palazzo Arcivescovile nella primavera del 1920. L’intento degli organizzatori è quello di ufficializzare l’esistenza di una rinnovata scuola pittorica locale del XX secolo. Vi si includono le retrospettive di Bonzagni e della Bisi Fabbri e alcune opere di Roberto Melli, mentre si affacciano sulla scena cittadina i giovani Remo Fabbri e Mario Bellusi De Paoli, questi peraltro illustratore di numerose edizioni in prosa e poesia per conto della Casa Editrice Taddei, quando la direzione passa ad Alberto e Giulio Neppi. Il progetto di sprovincializzare l’arte ferrarese prosegue con l’allestimento nel 1928 della Mostra d’Arte Ferrarese10, inserita nell’ambito delle manifestazioni promosse a corollario del restauro della Torre della Vittoria, mausoleo dedicato ai soldati caduti durante la Grande Guerra. L’esposizione segna il passaggio del testimone tra la Benvenuto Tisi e il Sindacato Fascista di Belle Arti e si propone di tracciare un quadro il più possibile esaustivo della produzione artistica locale al fine di suggellare la realtà di una nuova scuola pittorica e di arti plastiche finalmente ricostituita. Tra gli artisti chiamati ad esporre vi si trovano di nuovo Remo Fabbri, Gaetano Sgarbi, Mimì Buzzacchi e Tato Sansoni, il quale dedica addirittura un quadretto scherzoso al podestà Renzo Ravenna, indice della dimestichezza venutasi a creare fra i due. La presenza di Tato non è casuale se si pensa che, assieme all’ingegnere-architetto Giorgio Gandini, era stato incaricato da

8 Il quotidiano dedica all’evento una serie di articoli, tra i quali L’inaugurazione ed il successo personale della Mostra personale di Tato futurista 1927, p. 5; GALASSI 1927, p. 3. 9 I Esposizione d’Arte Ferrarese 1920. 10 Mostra d’Arte Ferrarese 1928.

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Balbo di decorare la nuova redazione del quotidiano «Corriere Padano», inaugurata il 30 ottobre 1927 sotto gli auspici di Italo Balbo e alla presenza di Marinetti. L’evento segna un momento imprescindibile nell’apertura e nella diffusione del futurismo a Ferrara (fig. 6). Lo stesso quotidiano, diretto da Nello Quilici, dimostrò dal 1925 al 1940 un’attenzione assidua nei confronti del movimento pubblicando recensioni e opere afferenti alle diverse tematiche dell’avanguardia, oltre a interventi redatti da critici e dagli stessi artisti: da Tato a Prampolini, da Marinetti a Corrado Forlin, da Giuseppe Fabbri a Italo Cinti. Preceduta da una personale del futurista imolese Mario Guido Dal Monte nel 1931, nel 1933 si tiene la Mostra I d’Arte Moderna11, terza rassegna intersindacale collaterale rispetto alla più nota Mostra del Rinascimento Ferrarese nel novero delle celebrazioni per il IV Centenario Ariostesco. A Funi e a De Pisis vengono dedicate due personali, una retrospettiva a Bonzagni, mentre il percorso annovera opere di Amedeo Angilella, ferrarese operante a Milano ma spesso presente alle collettive ferraresi, di Mimì Quilici con la tela Il decennale dell’Armata Azzurra e un gruppo di opere di Tato, quali Marina piccola di Capri, La Madonna di San Luca, La coppa Schneider, Derapata, Dinamismo aereo e Fare la foglia. L’esposizione sancisce l’introduzione ufficiale della tematica aeropittorica in città, a sei anni dall’affresco con la Madonna dell’Aria, dipinto in un’ala della sede del «Corriere Padano». Proprio a Italo Balbo e ai suoi piloti era stata dedicata, infatti, la I Mostra di Aeropittori Futuristi, ospitata alla Camera degli Artisti di Roma nel 1931, alla quale Tato presenta una prima versione del dipinto Ali sull’oceano, celebrativo della trasvolata atlantica e oggi conservato presso la Pinacoteca Civica di Bondeno (fig. 7). Meritano attenzione, in apertura dei Trenta, alcune prove di Mimì Quilici Buzzacchi. Alla stessa pittrice si deve un nucleo di

11 Mostra retrospettiva d’arte moderna 1933.

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incisioni destinate alle copertine della «Rivista di Ferrara» incentrate su visioni architettoniche della città, ove geometrie e inquadrature di ascendenza futurista si coniugano ad atmosfere sospese, apprese dall’esperienza metafisica di cui fu testimone Ferrara nella seconda parte degli anni Dieci. Rispetto alla copertina dell’edizione di luglio, dominata dall’idrovolante di Balbo tutto sommato maggiormente vincolata da intenti propagandistici e pertanto pervasa di magniloquente schematicità geometrica, in L’aeroscalo di Ferrara (fig. 8) la Quilici trova ora spunti di allegra vitalità inventiva, pur nel rispetto dell’indirizzo corporativo della testata. Mimì sembra aver fatto tesoro dell’immediatezza giocosa di Tato e Depero – il quale tuttavia raramente affrontò il filone aviatorio – e dissemina la sua squadriglia aerea, schematizzata fino a rassomigliare a giocattoli plastificati, in un cielo evocato da uno sfondo uniforme color blu avio. I velivoli seguono un percorso unidirezionale porgendo un appiglio all’osservatore disorientato dalla prospettive multiple del foglio, dinamizzate, come mai prima d’ora nella Quilici, dai vettori segnaletici dell’aeroscalo convertiti in formidabili linee-forza. In Piazza Ariostea la pittrice licenzia ancora una visione di estrema modernità, consapevole delle tendenze delineatesi in campo nazionale, senza precedenti nella produzione artistica fiorita in città. L’inquadratura obliqua, da cui scaturisce la deformazione della piazza con il prolungamento sproporzionato dei lati convergenti nell’angolo acuto inferiore, lascia spazio all’ipotesi di una osservazione diretta goduta a bordo di un velivolo da parte della pittrice, al pari di quanto è ipotizzabile per la copertina eseguita per il numero del luglio 1934. Al contrario dei futuristi, l’artista non muove dal contesto urbano teatro della vita contemporanea, attraversato da tram, automobili e biciclette immersi nel fluire ininterrotto e caotico della vita economica e sociale in flagrante trasformazione. Ella sceglie, contro ogni aspettativa, un quartiere ‘fuori fuoco’ rispetto al centro, un simbolo, se vogliamo, persino tacciabile di passatismo secondo gli enunciati futuristi.

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L’unicità dell’incisione risiede proprio nell’innesto, operato su un soggetto a prima vista antimodernista, di parametri compositivi davvero sperimentali: questa non è una città che si percorre per vie terrestri, ma è divenuta un luogo simbolico che si sorvola in aereoplano; non è un quartiere affollato di edifici dalle altezze vertiginose, ma una metafora estetica che si guarda soltanto dopo aver compreso il concetto della relatività del punto di vista e dopo aver metabolizzato nuove abitudini percettive, come avrebbe fatto l’abitante della metropoli meccanicista. Nel frattempo, Ferrara, terra natale del Ministro dell’Aviazione, partecipa al clima di esaltazione delle imprese transoceaniche compiute dal trasvolatore. Neppure la scena artistica resta indifferente alle suggestioni aeropittoriche e, a corrispettivo di una schiera di artisti impegnati nel recupero di modelli della Roma imperiale o rinascimentali (si pensi a Capuzzo, Funi, Enzo Nenci, Ulderico Fabbri, Virgilio Guidi), si muovono alcune figure maggiormente propense ad operare individualmente, le quali rinsaldano i legami con Marinetti e avviano un sodalizio con il Gruppo Futurista Savarè, fondato nel 1936 a Monselice da Corrado Forlin e Italo Fasullo. Si tratta dell’aeropoeta Ugo Veronesi, del pittore Antenore Magri a cui si affiancano i futuristi provenienti da Venezia Giovanni Korompay e Magda Falchetto, giunti in città in quello stesso anno, i quali sono a stretto contatto con la cerchia del Padano. Ai loro nomi, nelle rassegne ferraresi tra il 1937 e il 1939, si aggiungeranno quelli di Gaetano Sgarbi, ancora di Mimì Quilici e di Giorgio Gandini, in veste di scultore. L’acme - che tuttavia ne segna anche l’epilogo - dell’attenzione rivolta all’aeropittura si verifica all’indomani della scomparsa nei cieli della Libia di Balbo e Nello Quilici, avvenuta nel giugno 1940. Alle cerimonie di commemorazione dell’eroe aviatore partecipa anche l’immancabile Marinetti, che ripercorre in un lungo e apologetico discorso le tappe salienti del suo sodalizio con il Maresciallo dell’Aria, nonché le sue imprese aviatorie.

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In autunno, come conferma una missiva indirizzata a Marinetti e firmata congiuntamente da Veronesi e Korompay, a Ferrara fervono i preparativi della IX Mostra dei Futuristi Aeropittori di Guerra del Gruppo Savarè, allestita in onore del trasvolatore ferrarese nelle sale del Castello Estense12 (fig. 9). Dal catalogo, e dagli articoli pubblicati primariamente dal «Corriere Padano», si ricava che vi esposero Forlin, Fasullo, Leonida Zen, Mario Menin, il bolognese Angelo Caviglioni (restauratore di alcune sale della Palazzina Marfisa), il sardo Baldo Morgana e Giovanni Korompay, ma il tenore dei contatti consolidati e comprovati tra Forlin, Korompay e Magri induce a ritenere che anche quest’ultimo, e magari Gandini e Magda Falchetto vi avessero presentato le loro opere. Magri, per parte sua, sarà infatti incluso con Caviglioni e Barbara nel novero di artisti presenti alla X Mostra di Aeropitture di Guerra al Circolo Mare Nostro13 a Milano nel 1941 e alla Biennale veneziana del 1942 facendo gruppo con Forlin e altri savaresi, Korompay e Falchetto. Tornando all’esposizione ferrarese, vale la pena soffermarsi su un nucleo di opere emblematiche delle tematiche affrontate: ovviamente Balbo, il Duce, raffigurato in tre scene celebrative, l’aeropittura, la guerra e l’opera di colonizzazione promossa dal regime. Su tutte, domina il ritratto di tre quarti di Balbo eseguito da Forlin (fig. 10): il gerarca è raffigurato non tanto come rappresentante del regime con i parafernalia militari ad esso connessi, bensì in tenuta da aviatore mentre si erge sorridente e avvolto da una alone luminoso, eletto a eroe del superamento dei limiti terrestri, peraltro vagheggiati anche da un ramo del secondo futurismo. L’atmosfera indistinta, eppure quasi solidificata della composizione è inoltre esemplificativa dell’«ardentismo pittorico» teorizzato da Forlin in forma di manifesto nel 1938 (di cui il Padano si fece divulgatore). Korompay è presente 12 Futuristi Aeropittori di Guerra 1940. 13 Un resoconto a chiusura della mostra è reperibile in La X Mostra di Aeropitture di Guerra 1941, p. 17.

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invece con Colonizzazione della Libia, tela che ricompone l’esaltazione delle forze di aria e di mare dell’esercito fascista e rende omaggio al ruolo di colonizzatore espletato dal Governatore della Libia. L’artista veneziano, di stazione nella città padana dal 1936 al 1944, coltiva in parallelo un filone che si esplica nella rappresentazione di paesaggi in cui il dato oggettivo è punto di partenza per figurazioni definite dalla critica precedente «di sapore surrealista», di cui sono emblematiche le chine Sintesi di paesaggio (fig. 11) in collezione Veronesi e il perduto Venere spaziale. In quest’ultimo disegno, una sagoma femminile si staglia in primo piano reclinata contro uno scoglio. Il titolo dell’opera ne associa l’identificazione con Venere, la dea condotta alla vita dal mare. Priva di volto, dalle membra flessuose e in totale simbiosi con i flutti e gli elementi naturali circostanti, la Venere di Korompay è senz’altro memore delle evocazioni muliebri rintracciabili nelle tele dei primi anni Trenta di Pippo Oriani e Prampolini, in cui il tema della maternità era rimando alle origini primordiali dell’uomo e al suo anelito a ricongiungersi all’armonia dell’universo. La sua essenza è eterea, parto della memoria o finzione alla quale si sovrappongono come ricordi frammenti architettonici di sapore quasi metafisico: delle arcate, una torre, un ponte. Poi dilagano il mare – immancabile in questi paesaggi ‘sintetici’ e allusione al mito della nascita della dea -, i monti e un cielo denso e contrastato. Non meno interessanti risultano, poi, le opere presentate a Ferrara da Forlin e Fasullo incentrate su personalità del mondo scientifico: l’astronomo Mattana e Guglielmo Marconi, in sintonia con la propensione ad esplorare un filone collaterale della pittura cosmica inaugurata da Prampolini, Fillia e Oriani, anch’esso teorizzato da Italo Fasullo nel manifesto Pittura dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo14, inserito nel catalogo della mostra.

14 FASULLO 1940, pp. 8-9.

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Quella che Fasullo definisce «cosmopittura» è volta a tradurre sulla tela le verità scientifiche pertinenti a campi diversi come la biologia, la chimica, lo studio dei moti molecolari ed elettronici e degli organismi unicellulari, oltre al dinamismo degli astri. L’attività del Gruppo Savarè, e con esso della produzione futurista degli affiliati ferraresi, conosce una brusca battuta d’arresto nel 1942 con la partenza di Corrado Forlin per il fronte sovietico, dal quale non avrebbe più fatto ritorno.

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Bibliografia BALILLA PRATELLA 1971 = F. BALILLA PRATELLA, Autobiografia,

Milano, 1971. CREPAS s.d. = Lettera di Attilio Crepas a F.T. Marinetti, s.d., Marinetti

Papers, Research Library, The Getty Research Institute, Series II, b. 7, f. 2, s.d.

CRISPOLTI 1986 = E. CRISPOLTI, Il futurismo in Romagna, Rimini, 1986.

FASULLO 1940 = I. FASULLO, Pittura dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, Futuristi Aeropittori di Guerra, Gruppo Futurista Savarè, IX Mostra di Aeropitture di Guerra, cat. della mostra, Castello Estense, Ferrara, 27 dicembre 1940 – 10 gennaio 1941, pp. 8-9.

Ferrara Futurista 1918 = Ferrara Futurista, novembre 1918, Ferrara, p. 1, Marinetti Papers Archive, Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University, Gen MSS 475 / 01349-01.

Futuristi Aeropittori di Guerra 1940 = Futuristi Aeropittori di Guerra, Gruppo Futurista Savarè, IX Mostra di Aeropitture di Guerra, cat. della mostra, Castello Estense, Ferrara, 27 dicembre 1940 – 10 gennaio 1941.

GALASSI 1927 = G. GALASSI, Il pittore: Tato, «Corriere Padano», A. I, 30 ottobre 1927, p. 3.

Il Sole 1919 = Il Sole, Ferrara, 5 aprile 1919, p. 1, Marinetti Papers Archive, Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University, GEN MS S 475/00987-01.

MARINETTI 1929 = F.T. MARINETTI, Una lezione di Futurismo estratta dall’Orlando Furioso, «Corriere Padano», 9 luglio 1929, p. 5.

MARINETTI 1930 = F.T. MARINETTI, Una lezione di Futurismo estratta dall’Orlando Furioso, in L’‘Ottava d’Oro’. Celebrazioni ariostesche di Italo Balbo, Ferrara, 1930.

Marinetti a Ferrara 1911 = Marinetti a Ferrara, «La Scintilla», 25 marzo 1911, p. 2.

Mostra d’Arte Ferrarese 1928 = Mostra d’Arte Ferrarese. Settimana Ferrarese, Ferrara Ottobre-Novembre 1928.

Mostra retrospettiva d’arte moderna 1933 = Mostra retrospettiva d’arte moderna. Mostre personali dei pittori G. Chierici, G. Mentessi, A. Pisa, G. Muzzioli, U. Martelli, A. Bonzagni, Palazzo Sant’Anna, Ferrara, maggio-giugno 1933.

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La X Mostra di Aeropitture di Guerra 1941 = La X Mostra di Aeropitture di Guerra, «Il Mare Nostro - Stirpe Italica», n. 2, marzo 1941, Milano, p. 17.

La serata futurista al Bonacossi 1911 = La serata futurista al Bonacossi, «La Provincia di Ferrara», A. XI, n. 83, 26 marzo 1911, p. 1

L’inaugurazione ed il successo personale della Mostra personale di Tato futurista 1927 = L’inaugurazione ed il successo personale della Mostra personale di Tato futurista. Il discorso di F.T. Marinetti nella casa del “Corriere Padano”, «Corriere Padano», II, 29 ottobre 1927, p. 5.

I Esposizione d’Arte Ferrarese 1920 = I Esposizione d’Arte Ferrarese Promossa dalla Società “Benvenuto Tisi da Garofalo”, Palazzo Arcivescovile, Ferrara Primavera, 1920.

Serata futurista 1911 = Serata futurista, in «Gazzetta Ferrarese», n. 83, 26 marzo 1911, p. 2

UNO DI NOI 1918 = UNO DI NOI, Da Ferrara a Ferrara. Il passato ed il futuro nel tempo presente, «Gazzetta Ferrarese», 11 settembre 1918, p. 1.

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Didascalie 1. Prima pagina di Ferrara Futurista, Ferrara, novembre 1918, Beinecke

Rare Book and Manuscript Library, Yale University. 2. Oreste Marchesi, Folgore II, 1923, Copparo, Biblioteca Civica. 3. Oreste Marchesi, La giostra, 1923. Copparo, Biblioteca Civica. 4. Remo Fabbri, Ritratto di Edmondo, 1928. Coll. priv. 5. Remo Fabbri, Autoritratto, 1928. Coll. priv. 6. Tato, Giovinezza, decorazione del «Corriere Padano» (distrutta),

pubblicata in «Corriere Padano», 31 ottobre, p. 2. 7. Tato, Ali fasciste sull’oceano, 1931, Bondeno, Pinacoteca Civica. 8. M. Quilici, L’aeroscalo di Ferrara, cm 25x34, Copertina della «Rivista

di Ferrara», n. 7, luglio 1934, Ferrara, Biblioteca Ariostea. 9. Futuristi Aeropittori di Guerra: Gruppo futurista Savarè, 9a mostra di

aeropitture di guerra in onore del trasvolatore Italo Balbo organizzata sotto gli auspici dell’ Ufficio stampa e cultura fascista, cat. della mostra, 27 dicembre 1940 - 10 gennaio 1941, Castello Estense, Ferrara, 1940, Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University.

10. C. Forlin, Il trasvolatore Italo Balbo, 1937 (disperso), Futuristi Aeropittori di Guerra: Gruppo futurista Savare, 9a mostra di aeropitture di guerra in onore del trasvolatore Italo Balbo organizzata sotto gli auspici dell’ Ufficio stampa e cultura fascista, cat. della mostra, p. 2.

11. G. Korompay, Sintesi di paesaggio, 1938. Ferrara, Coll. priv.

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